Travertino di Siena - Sienese Travertine

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Collana editoriale Material Design Comitato Scientifico Alfonso Acocella, Università di Ferrara Amedeo Belluzzi, Università di Firenze Alberto Campo Baeza, Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Madrid Fabio Gramazio, Eidgenössische Technische Hochschule Zürich Kengo Kuma, Keio University, Tokyo Sergio Poretti, Università Tor Vergata, Roma Direzione Alfonso Acocella

md material design

www.materialdesign.it


TRAVERTINO DI SIENA


Fondi DOCUP Obiettivo 2, anni 2000-2006

Unione Europea

Repubblica Italiana

Regione Toscana Giunta Regionale

Consorzio “Le Città delle Pietre Ornamentali”

© 2010 ALINEA Editrice s. r. l. Via Pierluigi da Palestrina 17-19 rosso, Firenze Tel. +39.(0)55.333428 Prima edizione 2010 Tutti i diritti sono riservati: nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo (compresi fotocopie e microfilms) senza il permesso scritto dell’Editore. L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte, nel caso non si fosse riusciti a reperirli per chiedere la debita autorizzazione (e per versare l’importo ad essi dovuto). Finito di stampare nel mese di luglio 2010 Stampa: Genesi Gruppo editoriale srl - Città di Castello (PG) First edition 2010 All rights reserved: no part may be reproduced in any way (including photocopies and microfilms) without the prior written consent of the Editor. The Editor would be pleased to hear from any copyright holders not acknowledged herein in order to obtain their permission (and pay copyrights). Printed in July 2010 in Città di Castello (Perugia) through Genesi Gruppo Editoriale srl.

La pubblicazione è realizzata nell’ambito del progetto della Regione Toscana per l’Innovazione e la ricerca Misura 1.7. Azione 1.7.1 condotta dal Consorzio “Le Città delle Pietre Ornamentali” di cui il Consorzio del Travertino di Rapolano è partner di progetto. Questa pubblicazione fa parte dei risultati del Progetto TI-POT 2 cofinanziato dalla Regione Toscana su fondi DOCUP, Obiettivo 2, anni 2000-2006. La Regione Toscana non è responsabile dei testi e di quant’altro inserito dagli autori e dai curatori nella presente pubblicazione. Project manager TI-POT 2: Cecilia Bonisoli This volume was created within the framework of the Regione Toscana project for Innovation and Research Measure 1.7, Action 1.7.1 undertaken by the Consorzio “Le Città delle Pietre Ornamentali” of which the Consorzio del Travertino di Rapolano is a project partner. This publication is a deliverable of the Project TI-POT 2 co-financed by the Regione Toscana with DOCUP funds, Objective 2, 2000-2006. The Regione Toscana is not responsible for the texts and other materials included by the authors and editors of this volume. Project manager TI-POT 2: Cecilia Bonisoli


TRAVERTINO DI SIENA Sienese Travertine

A cura di | Edited by

Alfonso Acocella e Davide Turrini

Contributi di | Essays by Alfonso Acocella, Alessandra Acocella, Luigi Alini, Sara Benzi, Alberto Ferraresi, Anna Maria Ferrari, Emanuela Ferretti, Davide Turrini, Raffaela Zizzari Disegni originali | Original drawings Alberto Ferraresi Progetto grafico e impaginazione | Graphic design and layout Veronica Dal Buono Traduzione inglese | English translation Arabella Fiona Palladino



INDICE 12

Presentazioni

Alfonso Acocella

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TRAVERTINO PIETRA ITALIANA I luoghi e i caratteri della materia Emanuela Ferretti

36

IDENTITÀ STORICA

Il travertino senese tra Medioevo ed Età Moderna Annamaria Ferrari

62

Dalla materia al materiale

Formazione, aspetto e caratterizzazione dei travertini Davide Turrini

96

TRADIZIONE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA La filiera produttiva del travertino di Siena Alberto Ferraresi

136

TRAME, MODI, APPLICAZIONI I dispositivi costruttivi del travertino Raffaela Zizzari

194

DESIGN PER ESTERNI

Monoliti per la città e il paesaggio Sara Benzi

206

ACQUA E PIETRA

Il travertino dall’ambiente termale alla sala da bagno Davide Turrini

222

DESIGN PER INTERNI

Pietre sensoriali per nuovi stili di vita Alessandra Acocella

242

TRA MONUMENTO E ARTE AMBIENTALE Il travertino nella scultura contemporanea Luigi Alini

258

MATERIA, FORMA, SOGNO

Architetture contemporanee in travertino Bibliografia Referenze fotografiche Autori Il Programma DOCUP 2000-2006 della Regione Toscana Il Consorzio del Travertino di Rapolano



INDEX 12

Prefaces

Alfonso Acocella

18

Travertine, an italian stone Location and characteristics of the material Emanuela Ferretti

36

Historical identity Sienese travertine from the Middle Ages to the Modern Period Annamaria Ferrari

62

From matter to material Formation, appearance and characterization of travertine Davide Turrini

96

TRADITION AND TECHNOLOGICAL INNOVATION Lines of production of the Sienese Travertine Alberto Ferraresi

136

PATTERNS, METHODS, APPLICATIONS Constructions in travertine Raffaela Zizzari

194

exterior design Monoliths for cities and landscapes Sara Benzi

206

Water and stone Water and stone. Travertine from spa to bathroom Davide Turrini

222

Interior design Tactile stones for new lifestyles Alessandra Acocella

242

Between monument and site-specific art Travertine in modern sculpture Luigi Alini

258

Material, form and dream Travertine in contemporary architecture General references Photo references Authors The DOCUP 2000-2006 Program of Regione Toscana The Consortium of Rapolano Travertine



TRAVERTINO DI SIENA

Ringraziamenti I dieci capitoli di cui è costituito il volume, pur all’interno del progetto generale e di una comune ricerca coordinata da Alfonso Acocella e da Davide Turrini, hanno ricevuto apporti e intonazioni di scrittura diversificati. Nello specifico è da ascriversi ad Alfonso Acocella il capitolo “Travertino pietra italiana”, ad Alessandra Acocella “Tra monumento e arte ambientale”, a Luigi Alini “Materia, forma, sogno”, a Sara Benzi “Acqua e pietra”, ad Alberto Ferraresi “Trame, modi, applicazioni”, ad Anna Maria Ferrari “Dalla materia al materiale”, a Emanuele Ferretti “Identità storica”, a Davide Turrini “Tradizione e innovazione Tecnologica” e “Design per interni”, a Raffaela Zizzari “Design per esterni”. Ad Alberto Ferraresi si deve l’elaborazione dei disegni originali, ad Enrico Geminiani la campagna fotografica dedicata al volume, a Veronica Dal Buono il progetto grafico e l’impaginazione, ad Arabella Fiona Palladino, infine, la traduzione in inglese. I curatori e gli autori del volume ringraziano per il fondamentale contributo di stimolo e di guida Cecilia Bonisoli, coordinatrice del progetto TI-POT 2 “Tecnologia e innovazione per le Pietre Ornamentali Toscane”, all’interno del quale è inscritta l’azione specifica della pubblicazione. Fattivo e produttivo è stato l’aiuto offerto al progetto da parte delle Aziende del Consorzio del Travertino di Rapolano, autorevolmente rappresentato dal Presidente Enzo Giganti. Un ringraziamento particolare per la preziosa collaborazione va anche a Marco Anselmi del Comune di Rapolano Terme e ad Enza Billi dell’Associazione Tradere. Si ringraziano infine Debora Giacomelli, Gaia Govoni e Paola Serventi per aver collaborato alla elaborazione dei disegni contenuti nel capitolo “Trame, modi e applicazioni”.

Acknowledgements Although the ten chapters comprising this volume are part of a project and research coordinated by Alfonso Acocella and Davide Turrini, they reflect different perspectives. In particular, Alfonso Acocella is the author of the chapter “Travertine, an Italian Stone”, Alessandra Acocella of “Between Monument and Site-Specific Art”, Luigi Alini of “Material, Form and Dream”, Sara Benzi of “Water and Stone”, Alberto Ferraresi of “Patterns, Methods, Applications”, Anna Maria Ferrari of “From Matter to Material”, Emanuele Ferretti of “Historical Identity”, Davide Turrini of “Tradition and Technological Innovation” and “Interior Design”, and Raffaela Zizzari of “Urban Design”. Alberto Ferraresi made the original drawings, Enrico Geminiani completed the photo shoot for this volume, Veronica Dal Buono was responsible for the graphic design and layout, and Arabella Fiona Palladino for the English translation. The editors and authors of this volume are grateful to Cecilia Bonisoli, coordinator of the TI-POT 2 project - “Technology and Innovation in Tuscan Ornamental Stone” (of which this publication is a part) for her guidance and support. The companies in the Consorzio del Travertino di Rapolano, and its President Enzo Giganti in particular, provided practical assistance. A particular note of thanks goes to Marco Anselmi of the Comune di Rapolano Terme and Enza Billi of the Tradere Association for their precious collaboration. We also thank Debora Giacomelli, Gaia Govoni and Paola Serventi for their help in realizing the drawings in the chapter “Patterns, Methods, Applications”.


Presentazione

Patrizia Baldaccini

Presidente del Consorzio “Le Città delle Pietre Ornamentali”

Il Consorzio “Le Città delle Pietre Ornamentali” è nato dalla volontà di unire le sinergie degli operatori del comparto delle pietre ornamentali (alabastro, pietra serena e travertino) promovendolo come settore unico. Nell’ultimo quinquennio, il Consorzio, attraverso la progettualità scaturita dall’unione delle esigenze degli imprenditori e dalla volontà degli enti pubblici, ha prodotto interessanti lavori (ricerche, studi, analisi) che si sono potuti concretizzare grazie ai contributi ottenuti dalla Regione Toscana. Tali operazioni sono state realizzate tenendo conto della compatibilità territoriale, dell’uso oculato delle risorse e delle esigenze del mercato globalizzato. In tale contesto, la pubblicazione di questo volume nasce dalla consapevolezza degli imprenditori del travertino che, in un momento di crisi come l’attuale nel settore edilizio, hanno ritenuto necessario ed indispensabile far conoscere tutte le potenzialità di questa pietra ornamentale e le molteplici modalità di utilizzo della stessa. Il volume in questione diventa quindi vero e proprio strumento di lavoro per tutti coloro (architetti, geometri, ingegneri, paesaggisti…) che operano nel settore dell’edilizia e può essere altresì importante veicolo di conoscenza per tutti coloro che sono interessati ad una pietra che ha una storia millenaria e che ha determinato, soprattutto a partire dal secolo scorso, lo sviluppo economico, sociale e culturale di intere comunità, compresa quella di Rapolano Terme.

The Consorzio “Le Città delle Pietre Ornamentali” (Consortium of Ornamental Stone Cities) was formed to combine the synergies of operators in the sector of ornamental stones (alabaster, pietra serena sandstone and travertine) for their promotion as a single entity. In the last five years the Consortium, through projects stemming from the needs of businessmen and the support of public institutions, has produced interesting works (research, studies, analyses) which have come to fruition thanks to funding by the Regione Toscana. These projects were completed with an eye to sustainability, the prudent use of resources and the needs of a global market. In this context, travertine businesses sustained the publication of this volume, as they were well aware that, at a critical moment in the construction industry such as the present one. This volume is therefore an actual tool for those (architects, surveyors, engineers, landscapers…) working in the building industry and can also be important for the history that has determined the economic social and cultural development of entire communities, including that of Rapolano Terme. Patrizia Baldaccini President of the Consortium of Ornamental Stone Cities

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Presentazione

Emiliano Spanu

Sindaco del Comune di Rapolano

Parlare di travertino e non pensare a Rapolano è come parlare di Palio e non pensare a Siena. Questo binomio ha accompagnato la nascita e la crescita di una comunità fin dai tempi degli antichi Romani. Per cui realizzare una pubblicazione su questa pietra vuol dire ripercorrere secoli di vita rapolanese e serrigiana. Un forte intreccio sociale ed economico che nel corso degli anni ha segnato i miei concittadini, rendendoli protagonisti di battaglie sociali e di importanti risultati economici che oggi permettono a me, nipote e bisnipote di quelle generazioni, di poter amministrare questo territorio caratterizzato da un’elevata qualità della vita. Proprio per questi motivi realizzare questo volume, permette di rendere merito ancor di più a queste persone ed a quelle realtà industriali che con i propri sforzi hanno reso importante questa pietra nel mondo. L’auspicio è quello di continuare e tramandare certi valori e di insistere in quella continua ricerca dell’innovazione, che ai nostri giorni ci permette di essere ancora protagonisti in un mercato sempre più difficile e competitivo.

To discuss travertine without mentioning Rapolano is like describing the Palio without naming Siena. This association has accompanied the birth and growth of the community since the time of the ancient Romans. Publishing a work on this stone means reviewing centuries of life in Rapolano and Serre di Rapolano. Over the years the strong social and economic fabric has left a mark on my fellow citizens, making them the protagonists of social battles and important economic results that now allow me, grandson and great-grandson of those generations, to administer a territory characterised by a high quality of life. For this very reason the present volume is a way of paying homage to those people and to that industrial reality that made travertine an important stone throughout the world. It is hoped that certain values will continue to be handed down through the generations while continuing to strive for innovation so as to remain the protagonists of an increasingly difficult and competitive market. Emiliano Spanu Mayor of Rapolano Terme

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Presentazione

Massimo Guasconi

Presidente della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Siena

In una fase, come l’attuale, in cui si tendono a valorizzare le risorse nazionali, quest’opera risponde egregiamente allo scopo, dal momento che richiama un’attenzione qualificata sul travertino, un materiale che da sempre ha identificato il territorio italiano ma soprattutto quello di Siena e dato lustro alla sua immagine. Innumerevoli testimonianze dell’importanza e della bellezza di questo elemento ci sono offerte dal patrimonio artistico delle nostre città dove, grazie alla versatilità di questo materiale ma soprattutto all’abilità di generazioni che nei secoli si sono tramandate le raffinate tecniche di estrazione e lavorazione, si possono ammirare capolavori unici al mondo. L’utilizzo del travertino non è tuttavia solo un vanto del passato: grazie alle sue molteplici applicazioni che spaziano dagli interni di design ad architetture per esterni il suo mercato rivela una grande vocazione all’esportazione e quindi più che al passato il travertino è un materiale che ci fa guardare ai giorni nostri ed al futuro per il contributo che apporta all’industria e all’artigianato del nostro territorio e per il grande valore economico con cui contribuisce allo sviluppo dell’economia provinciale. Ci troviamo, dunque, di fronte ad una produzione che mette in sinergia arte, professione, tradizione e occupazione qualificata. Per queste ragioni la Camera di Commercio di Siena, in collaborazione con gli altri Enti del territorio, è fortemente impegnata nella promozione e valorizzazione dei travertini di Siena.

At a time such as the present one, in which attempts are being made to make the most of national resources, this work makes its contribution by bringing travertine, a material which has always characterised Italy and Siena in particular, lending prestige to the city’s image, to the attention of a qualified readership.The artistic heritage of our cities provides innumerable examples of the importance and beauty of this stone. Thanks to the versatility of this material, but above all to the ability of generations which over the centuries have handed down their expertise in the extraction and working of travertine, one can admire some unique masterpieces.The use of travertine is not only relegated to the past: thanks to the varied possible applications ranging from interior design to urban architecture, it has shown itself to be of interest on the foreign market. Travertine means also an industry that creates synergies between art, profession, tradition and skilled labour. For these reasons the Siena Chamber of Commerce, in collaboration with other local institutions, is strongly engaged in the promotion and the enhancement of Sienese travertine. Massimo Guasconi President of the Siena Chamber of Commerce, Industry and Agriculture

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Presentazione

Enzo Giganti

Presidente del Consorzio del Travertino di Rapolano

Da quasi un secolo ormai, le aziende del travertino di Siena, concentrate nella zona di Rapolano Terme, accanto agli storici giacimenti di questo antico materiale da costruzione, lasciano testimonianza del loro lavoro in ogni parte del mondo.Dai paesi dell’estremo oriente agli Stati Uniti, dall’Australia, al continente europeo, le nostre capacità di lavorare e di interpretare questo materiale sono state riconosciute e apprezzate nel corso dei decenni, fino a sintetizzarsi in un’identità precisa. Abbiamo voluto questo volume affinché rappresenti e rafforzi questa identità nello scenario del mercato globalizzato, dove per la committenza diventa difficile distinguere nella moltitudine, spesso indifferenziata, di proposte e di operatori. Per fare questo, le pagine non si esauriscono in una mera elencazione di dati afferenti alla capacità produttiva o alle tecnologie disponibili, ma tentano di evocare nell’interlocutore le potenzialità espressive della materia che solo un’esperienza secolare ed una sentita tradizione territoriale possono generare. Affidiamo pertanto a questa opera, fatta di parole, ma anche di tante immagini, il compito di rappresentarci, ma soprattutto la speranza di stimolare nel tecnico, nel costruttore, nel promotore di idee, il desiderio di avvalersi di partners affidabili e capaci che concorrano con efficacia al successo dei loro progetti.

For almost a century the travertine dealers of Siena, concentrated in the area of Rapolano Terme, as well as the historical deposits of this ancient construction material, have left their mark the world over. From the Far East to the United States, from Australia to the European continent, our ability to work and interpret this material has been acknowledged and appreciated over the decades, becoming a trademark. We commissioned this volume in the hope that it may represent and enforce this identity on the global market, where clients have difficulty in selecting among the apparently similar multitude of offers. With this intent, the pages of this book do not merely report data on the productive capacity or available technology, but attempt to illustrate the expressive potential of the material that can only be drawn out by those with century-long experience and a longstanding tradition in this field. We trust that this volume, comprising both words and images, will not only represent us but also inspire technicians, builders and planners to see the consortium as a desirable, trustworthy and capable partner for the successful completion of their projects Enzo Giganti President of the Consortium of Rapolano Travertine

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Alfonso Acocella Curatore dell’opera

PIETRE DELL’IDENTITà

Attraverso il volume TRAVERTINO DI SIENA si è voluto portare in evidenza il valore di una precisa identità territoriale, quella senese, posta in relazione e in esplicita difesa rispetto agli “erosivi” processi di una società sempre più “uniformizzata”. Da tale assunto è scaturito un percorso – prima di ricerca, poi narrativo – che ha inteso identificare, interpretare e comunicare tale identità attraverso le peculiarità della struttura paesaggistica, geologica, insediativa, produttiva, architettonica e artistica che deve molto all’essenza della materia del luogo, quel travertino ceruleo e poroso riguardabile anche come una delle Pietre d’Italia più conosciute al mondo. Finalità del lavoro è stato ricondurre il “paesaggio di pietra” e le sue permanenze ad un orizzonte di intelligibilità, di riconoscimento, di visione e, infine, di messa in valore soprattutto in chiave contemporanea per continuare ad alimentare ed arricchire il concetto di identità non come stato ma come processo evolutivo. Il nuovo terreno di competizione delle società avanzate, oramai, è legato allo “sprigionarsi” di energie abilitanti le unicità territoriali (patrimoni materiali ed immateriali allo stesso tempo) facendo leva sui dispositivi culturali tradizionali senza trascurare quelli che l’innovazione e la new tecnology rendono oggi possibile aggiornando le modalità di fruizione dei contenuti. Molti dei valori intangibili delle economie contemporanee occidentali hanno a che fare con il contesto, con le tracce fisiche e simboliche espresse dai

THE STONES OF SIENA With the volume SIENA TRAVERTINE we wish to bring to light the value of a specific territorial identity, that of Siena, in relation and in explicit opposition to the “erosive” processes of an increasingly “uniform” society. This notion has formed the premise for a plan of research and a narrative course aimed at identifying, interpreting and communicating this identity in terms of the structural peculiarities of the landscape, the geology, the settlements, the production, the architecture and the art that owe a great deal to the essence of the local material, that cerulean, porous travertine which may also be considered the Italian stone most renowned in the world. The final aim of the research has been to reposition the “lapidary landscape” and its inherent characteristics within a recognizable, comprehensible visual framework, and finally to highlight its value in a contemporary key, in order to continue to nourish and enrich the concept of cultural identity not as a state of being but as an evolving process. The new competitive arena of advanced societies is, at this point, tied to the “unleashing” of the economic potential of those features unique to the territory (both the material patrimony and the intangible one) by relying on traditional cultural mechanisms without ignoring those which innovation and new technologies now make possible through an update of the methods of fruition of the material.

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luoghi attraverso i linguaggi delle città, dell’architettura, dell’arte, degli stili di vita, delle competenze e abilità sia artigianali che industriali accumulate nel tempo. Riguardato da questa prospettiva il territorio d’Italia non è secondo a nessuno quanto ad imponenza di testimonianze, quanto a qualità e saperi diffusi. Con il volume TRAVERTINO DI SIENA abbiamo tentato di rendere omaggio ad una delle più suggestive realtà paesaggistiche, ambientali, architettoniche d’Italia che nel suo cuore di charme contiene altresì forze produttive detentrici di elevate competenze come è il caso delle Aziende del Consorzio del Travertino di Rapolano che ringraziamo per averci dato la possibilità di proseguire la nostra ricerca su L’ARCHITETTURA DI PIETRA riverberata fra i dispositivi culturali tradizionali e i nuovi canali di diffusione della conoscenza. Ci auguriamo – intanto – di essere riusciti con risultato nell’impresa di produzione del libro e di guardare ora al futuro. Ci piacerebbe proseguire il progetto TRAVERTINO DI SIENA proiettandolo verso un’azione di promozione territoriale (non solo nazionale, evidente dalla stessa versione bibligue del volume) e, parallelamente, nello spazio immateriale della Rete e del canale di comunicazione di Architetturadipietra.it che gli stessi autori del libro promuovono liberamente in social networking.

Most of the intangible values of contemporary western economies have to do with context, with the physical and symbolic characteristics of places that are transmitted through the language of cities, architecture, art, lifestyles, craftsmanship and manufacturing skills and abilities cultivated over time. Viewed from this perspective, the Italian territory is second to none whether for the richness of the cultural evidence, or for the quality and widespread understanding of the material. The volume SIENA TRAVERTINE attempts to pay homage to one of the most suggestive architectural and natural landscapes in Italy, one that is characterised not only by its charm but also by the great skill of its forces of production, as in the case of the companies within the Travertine Consortium of Rapolano, which we thank for having given us the opportunity to continue our research on STONE ARCHITECTURE as reflected in traditional cultural devices and in the new channels for the diffusion of knowledge. We hope, in the meantime, to have succeeded in the task of realizing this volume. We would like to continue with the project SIENA TRAVERTINO, by making it a vehicle for the promotion of the territory (not just for national promotion, as the bilingual text suggests) and, at the same time, launching it into the virtual space of the Web and the communication channel of Architetturadipietra.it, which the same authors of this book eagerly promote in social networking. Alfonso Acocella, Editor of the book

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TRAVERTINO PIETRA ITALIANA I luoghi e i caratteri della materia


Alfonso Acocella

TRAVERTINO PIETRA ITALIANA I luoghi e i caratteri della materia

[1] Francesco Rodolico, “Introduzione”, p. 20, in Le pietre delle città d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1965, (ed. or. 1953), pp. 500.

Il nostro incipit intende, innanzitutto, rendere omaggio alla varietà e ricchezza litologica del Paese che s’irradia dalle Alpi alla lunga dorsale appenninica e agli altopiani pugliesi, riemergendo all’interno dell’orografia del tutto individuale delle Isole maggiori. Tale varietas ha offerto materiali molteplici all’azione costruttiva delle comunità ed ha contribuito a contrassegnare peculiarmente l’architettura urbana e rurale dei territori: «Anche fra le pietre che da sole improntano l’aspetto edilizio di qualche città – evidenzia Francesco Rodolico nel libro Le pietre delle città d’Italia – le differenze sono tali da colpire il viaggiatore più distratto: i calcari compatti di Trento, di Brescia, d’Assisi o di Sulmona, quelli teneri di Lecce o di Noto; il travertino di Ascoli Piceno; l’arenaria grigia di Cortona o quella giallastra di Volterra; gli gneiss di Bellinzona; il tufo vulcanico di Viterbo; la lava etnea di Randazzo. Né differenze di tanto rilievo si notano solo tra città lontane; l’accennato frazionamento geologico agisce anche sul breve spazio, differenziando città vicine, sotto questo particolare aspetto» [1]. La tradizione all’impiego delle pietre in architettura, com’è noto, ha registrato, soprattutto nella seconda metà del XX secolo, un forte ridimensionamento applicativo con una specializzazione d’uso che ha ricondotto spesso tali materiali alla funzione complementare di ornamentazione, sottoforma di lastre sottili per rivestimenti parietali o superfici orizzontali di calpestio. È forse il momento – in una fase attenta a rivalorizzare le risorse nazionali ed identitarie dei territori – di riprendere a studiare i lasciti tradizionali e, insieme a questi, i modi costruttivi tecnologicamente avanzati, ricercando anche soluzioni applicative innovative. D’altronde, salvo pochi casi, ogni regione d’Italia possiede integro, ancora oggi, un rilevante patrimonio di materiali lapidei che è pensabile poter rivalorizzare all’interno dell’architettura contemporanea, soprattutto a fronte delle nuove e potenziate tecnologie di trasformazione che investono la lavorazione della materia grezza di cava. Oggigiorno, se si escludono i marmi, materiali di pregio che oramai individuano una categoria indirizzata prevalentemente al rivestimento ornamentale, restano di potenziale utilizzo stereotomico – a fini strutturali o quantomeno fortemente collaborativi alla costituzione degli involucri architettonici – le pietre e i graniti che si offrono attraverso una variegata caratterizzazione e distribuzione geografica. È il caso, in particolare, dei materiali lapidei correnti dell’Italia centrale e meridionale – fra cui il travertino, oggetto specifico del nostro studio – che, oltre ad essere contraddistinti da parametri di economicità e di facilità alla riduzione in conci squadrati o in masselli, posseggono considerevoli requisiti di resistenza e di buon aspetto.

Travertine, an italian stone Location and characteristics of the material

Dettaglio del Palazzo delle Poste (1933-36) in via Marmorata a Roma, di Adalberto Libera. | p. 18. Detail of Palazzo delle Poste (1933-36) in Via Marmorata, Rome, by Adalberto Libera.

This introduction aims to above all celebrate the richness and variety of lithologies in Italy. These emerge in the Alps and through the long Apennine chain to the Puglia Tableland, reappearing within the peculiar topography of the country’s major islands (Sicily and Sardinia). The different varieties have provided a wide array of building materials, characterising the urban and rural architecture of these areas: “Even among the stones characterising the buildings in some cities”, states Francesco Rodolico in the

book Le pietre delle città d’Italia, “the differences are such that they are noticed by even the most distracted of travellers: the compact limestones of Trento, Brescia, Assisi or Sulmona, the soft ones of Lecce or Noto; the travertine of Ascoli Piceno; the grey sandstone of Cortona or the yellowish one of Volterra; the gneiss of Bellinzona; the volcanic tuff of Viterbo; the Etnean lava at Randazzo. Nor are such striking differences noticeable between distant cities only; the above-mentioned geological differences are also found locally, differentiating nearby cities in this particular aspect» [1]. The traditional use of stone in architecture has decreased significantly,

especially in the second half of the 20th century. This material now often serves merely ornamental purposes, used as thin slabs for wall cladding or floor paving. At a time when the focus is on careful promotion of national resources and territorial identity, the moment has come to study once again traditional heritage as well as technologically advanced methods of construction in the search for innovative applied solutions. With few exceptions, every Italian region still has a significant patrimony of stone materials that - thanks to the new, more powerful technologies for transforming quarried raw materials - may be exploited within the context

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Colosseo. Scorcio della facciata in travertino a tre ordini di arcate con attico sommitale.

The Colosseum. View of the travertine façade with three stories of superimposed arcades surmounted by an attic.

of contemporary architecture. Nowadays, if one excludes prized materials such as marble (a category mainly used for ornamental cladding), there remains the large group of stones and that of granites (characterised by varied typologies and geographic distributions) for possible stereotomic uses, i.e. for structural purposes or at least strongly contributing to the formation of architectural envelopes. This is the case of stone materials from central and southern Italy in particular and include travertine, the object of our study. Besides being economic and easily cut into blocks or thick slabs, it is considerably resistant and aesthetically pleasing.

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The group of rocks classified as travertine comprises a fairly homogeneous category of lithotypes. Variations and internal differences are limited to colouring and sedimentary position. One of the largest and most ancient travertine deposits is in Tivoli, near Rome. Travertine derives its name from this town, which was known as Tibur in ancient Roman times. The Latin name for this stone, “lapis tiburtinus”, meaning “Tibur stone”, was corrupted to travertine in the medieval period. The sites that provided the construction material for so many monumental buildings in Roman antiquity over a period spanning more than twenty centuries are still operative. They are

concentrated in the municipalities of Tivoli and Guidonia-Montecelio, where there are some thirty quarries. The uninterrupted supply of material from these sites has almost completely erased the more ancient traces of excavation. Barco and Fosse are the specific sites in which Roman travertine was quarried. Via Tiburtina divides the two areas. To the south, Barco (in the Municipality of Tivoli), from which most of the stone material used in Roman construction under the Caesars was derived, and to the north, Fosse (Municipality of Guidonia-Montecelio), where all the stone for the most important works of Papal Rome from the 16th century on,


[2] Giuseppe Cozzo, “Marmi e pietre” p. 53 in Ingegneria romana, Roma, Multigrafica Editrice, 1970 (ed. or. 1928), pp. 317. Per una trattazione sull’uso del travertino all’interno dell’architettura romana d’età imperiale si veda: Giuseppe Lugli, “Lapis Tiburtinus (travertino)” pp. 319-333 in La tecnica edilizia dei romani, Roma, Bardi, 1988 (ed. or. 1957), pp. 741. Per gli usi in epoca moderna e contemporanea si veda: Enrico Clerici, “Il travertino di Fiano Romano”, Bollettino del Regio Comitato Geologico nn. 3-4, 1887, pp. 2-27; Giuliano Bellezza, L’industria del travertino romano nella prospettiva geografica, Roma, Ferri, 1973, pp. 47; Il travertino romano di Tivoli, Roma, ANIS, 1984, pp. 119; Luciana Rattazzi (a cura di), Sulla pietra di Roma, Roma, Edizioni Kappa, 1995, pp. 120; Silvano Olezzante, Gli uomini del travertino: l’attività estrattiva nell’area di Guidonia e di Tivoli, Roma, Ediesse, 1998, pp. 78; Incontro tra l’architettura e l’artigianato: idee per l’uso del travertino romano, catalogo della mostra, Roma, Prospettive, 2002, pp. 93; Marco Ferrero, Architettura di pietra nella Roma del Novecento, Roma, Palombi editori, 2004, pp. 143.

Il colonnato della Basilica di San Pietro (1659-67) a Roma, di Gian Lorenzo Bernini. | pp. 22-23. The colonnade of St. Peter’s Basilica (1659-67) in Rome by Gian Lorenzo Bernini.

La famiglia delle rocce classificate come travertini individua una categoria di litotipi abbastanza omogenea, il cui campo di variabilità e differenziazione interna è limitato a ristretti fattori di cromia e giacitura sedimentaria. Il nome d’identificazione deriva dal termine latino “lapis tiburtinus” – ovvero “pietra di Tibur”, l’attuale Tivoli vicino Roma, dove è rinvenibile uno dei principali e più antichi giacimenti di questa pietra – che con “corruzione” lessicale, avvenuta in epoca medioevale, è stato tramandato come travertino. In particolare, le località di escavazione che hanno alimentato la costruzione di tanti edifici monumentali di Roma antica, lungo un arco cronologico di oltre venti secoli, sono ancora attive e si concentrano nei Comuni di Tivoli e di Guidonia-Montecelio dove operano una trentina di cave; l’approvvigionamento ininterrotto della materia da tali siti ha fatto scomparire quasi completamente le tracce delle lavorazioni più antiche. Barco e Fosse sono i luoghi specifici dove si estrae il travertino romano. La strada Tiburtina divide le due aree di escavazione storica: quella a sud, il Barco (nel Comune di Tivoli) da cui proviene gran parte del materiale litico impiegato per gli edifici della Roma dei Cesari; quella settentrionale, Fosse (Comune di Guidonia-Montecelio) dove è stata estratta la pietra per tutte le grandi opere della Roma papale dal XVI secolo in poi; basti qui richiamare il monumentale colonnato della basilica di San Pietro e la scalinata di Trinità dei Monti. Le dimensioni e la vastità di tali escavazioni danno l’idea dell’importanza conferita al travertino, a partire dal I sec. a.C. quando tale litotipo assurge al rango di “materiale rappresentativo” dell’architettura imperiale, dopo i secoli repubblicani che avevano visto l’impiego di pietre meno resistenti e durevoli (tufo, peperino, pietra gabina). Tali impressionanti tracce di escavazione richieste dalle fabbriche monumentali di Roma nei secoli sono evidenziate da Giuseppe Cozzo: «La maggior cava di travertino sfruttata dai romani è quella detta del Barco, da cui si estrae una pietra molto compatta e, perciò, di lavorazione molto laboriosa. L’ipotesi che essa sia stata, se non l’unica, certo la principalissima esercitata dai romani, è avvalorata dalla sua enorme ampiezza. Il senatore Lanciani, che ha avuto l’occasione di studiarla particolarmente, ne ha misurato la lunghezza tra le opposte pareti a picco in oltre due chilometri e mezzo; la sua superficie raggiunge i cinquecentomila metri quadrati ed il materiale estratto corrisponde a circa cinque milioni e mezzo di metri cubi di travertino» [2].



for example the monumental colonnade of St. Peter’s Basilica and the Spanish Steps, was quarried. The vastness and size of these quarries give an idea of the importance of travertine. In the 1st century BC this lithotype became the “representative material” of Imperial architecture, supplanting the less resistant and durable stones (tuff, peperine, Gabine stone) used for centuries in the Republican period. Such impressive traces of quarrying activity through the centuries for the monumental buildings of Rome are highlighted by Giuseppe Cozzo: «The largest travertine quarry used by the Romans was that of the Barco, from which a very compact stone, hard to work,

is extracted. Its enormous size sustains the hypothesis that it was if not the only, certainly the main quarry worked by the Romans. Senator Lanciani, who has had occasion to study it carefully, found that it was more than two and a half kilometres long between facing vertical walls. Its surface area reaches five hundred thousand square meters, and about five and a half million cubic meters of travertine have been quarried» [2]. The technical and aesthetic qualities of this stone are such that its use has always been suitable and gives striking results. Travertine is thus the architectonic material which characterises the city of Rome. First a symbol of the splendour of Imperial and

Papal Rome and now, in a sense, of Italy in the world. The industrial sector of Roman travertine preserves a certain prestige due to its longstanding tradition and the quality of workmanship. It currently comprises several dozen companies of medium to large size covering all aspects of travertine quarrying and processing for national and international markets, as well as small firms and artisan workshops. Leaving the area of “lapis tiburtinus” and looking to the more general geology of Italy, the availability of travertine and its use was much more varied and widespread in the ages subsequent to Antiquity. Giorgio Blanco, in his Dizionario

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Dettagli di architetture trecentesche in travertino ad Ascoli Piceno: in alto, le specchiature di facciata nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio; a lato, un portale della chiesa di San Francesco. | p. 24. Detail of travertine in 14th century architecture at Ascoli Piceno: above, the façade of the Church of S. Vincenzo and S. Anastasio; to the side, the portal of the Church of San Francesco.

Da sempre le qualità tecniche ed estetiche di questa pietra hanno reso conveniente e di effetto il suo impiego. Così il travertino è diventato il materiale architettonico caratterizzante della città di Roma, assurgendo a simbolo di magnificenza della romanità imperiale, papale e poi, in qualche modo, riferimento dell’italianità nel mondo. Attualmente il comparto industriale del travertino romano – che conserva un certo primato di tradizione e qualità nella lavorazione del prodotto – è costituito da alcune decine di aziende, di dimensioni medie o medio-piccole, le quali operano a tutto campo nell’estrazione e nella lavorazione della pietra per il mercato nazionale ed estero, a cui si aggiungono ulteriori piccole realtà produttive e laboratori artigiani. Allontanandoci dall’area del “lapis tiburtinus” e rivolgendo lo sguardo alla struttura litologica più generale del Paese, dobbiamo evidenziare come ben più ampia, variegata e diffusa sia la disponibilità dei travertini e la loro stessa valorizzazione avvenuta in epoche successive a quella antica. Giorgio Blanco, nel Dizionario dell’Architettura di pietra, elenca ventitré tipi di travertino, tutti estratti nel territorio italiano [3]; a tale varietà corrispondono, comunque, la concentrazione e la potenza di giacimenti in poche aree: lungo le valli dell’Arno, del Tevere, dell’Aniene, del Sacco. I principali bacini estrattivi nazionali – oltre al già citato comprensorio laziale di Tivoli e Guidonia Montecelio – sono localizzati nei territori di Ascoli Piceno in Abruzzo e di Siena (in particolare Rapolano Terme) in Toscana. Ad Ascoli il travertino viene cavato da secoli ed è il materiale dominante del ricco tessuto di centri storici dell’area. Tale litotipo è ancora oggi presente in discreta quantità nell’alta valle del Tronto, soprattutto nel tratto tra Ascoli e Acquasanta Terme, dove la formazione dei giacimenti è legata ai movimenti tettonici: l’anticrinale di Acquasanta, a causa di fratture profonde, ha dato origine a fuoriuscite di acque termominerali, responsabili della precipitazione del carbonato e quindi della formazione dei depositi di travertino. Grazie ad un’abbondante presenza, la pietra, dal cromatismo grigio-argenteo, è da sempre il principale materiale utilizzato per la costruzione di case, architetture rappresentative, infrastrutture e ha caratterizzato fra Medioevo e Rinascimento la maggior parte degli edifici monumentali di Ascoli, conferendo alla città un aspetto unico, ancora in gran parte conservato. Attualmente l’industria di estrazione e lavorazione del travertino piceno è impegnata in una fase di ripresa e di rilancio tentando di allargare il mercato di tale litotipo dalla dimensione locale a quella regionale e nazionale [4].

dell’Architettura di Pietra (Dictionary of Stone Architecture), lists twentythree different types of travertine quarried in Italy [3]. The largest travertine deposits and most of these varieties are concentrated in just a few areas: along the river valleys of the Arno, the Tevere, the Aniene and the Sacco. The major national areas of extraction – besides the districts of Tivoli and Guidonia Montecelio in Lazio previously mentioned – are located in the areas of Ascoli Piceno in the Abruzzi and of Siena (in particular Rapolano Terme) in Tuscany. At Ascoli Piceno, travertine has been quarried for centuries and is the dominant material in the rich fabric of historical centres in the area. This

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lithotype is to this day present in reasonable quantities in the upper valley of the River Tronto, especially in the stretch between Ascoli and Acquasanta Terme, where the formation of deposits is linked to tectonic motion. Thermomineral waters are discharged from the deep fractures in the Acquasanta anticline; these waters are responsible for carbonate precipitation and the formation of travertine deposits. Thanks to its abundance, this silvery grey stone has always been the main material used to construct homes, buildings of importance and infrastructures. Between the medieval period and the Renaissance, it characterised most of the monumental

buildings in Ascoli Piceno, giving the city a unique aspect that is largely intact to this day. Efforts are currently being made to revive and relaunch the travertine extraction and processing industry of Ascoli by widening its market from a local to a regional and national scale [4]. In contrast to the still modest processing capacity of the district of Ascoli, that of Tuscany is growing. Although some historical stones in the territory of Siena - yellow Siena marble, the black marble of Murlo, macigno sandstone – are increasingly rare, there are still considerable banks of travertine, as described by Francesco Rodolico: «The hilltop of Siena (characterized by three con-

[3] I tipi di travertino elencati da Giorgio Blanco sono: Travertino Ascolano (Ascoli Piceno), Travertino Bianco Spugnoso di Siena (Asciano, SI), Travertino della Selva (Poggio Moiano, RI), Travertino della Valpantena (Grezzana, VR), Travertino di Alcamo (Alcamo, TP), Travertino di Angera (Angera, VA), Travertino di Bagni di Lucca (Bagni di Lucca, LU), Travertino di Jano (Jano di Montaione, FI), Travertino di Latina (Fondi, LT), Travertino di Monsummano (Monsummano Terme, PT), Travertino di Orte (Orte, VT), Travertino di S.Casciano Bagni (S.Casciano Bagni, SI), Travertino Doré (Tivoli, RM), Travertino Ligure (Orco Feligno, SV), Travertino Maschio di Monte Nerone (Piobbico, PS), Travertino Montemarano (Montemarano, GR), Travertino oniciato di Poggio Moiano (Poggio Moiano, RI), Travertino romano (Tivoli, GuidoniaMontecelio, RM), Travertino Sabino (Poggio Moiano, RI), Travertino spugnoso colorato di Castiglione d’Orcia (Castiglione d’Orcia, SI), Travertino toscano (Rapolano, SI). Giorgio Blanco, “Travertino” pp. 218-221 in Dizionario dell’Architettura di pietra, Roma, Carocci, 1999, pp. 299. [4] Per il travertino piceno si vedano: Giovanni Poli, Il travertino, la pietra nobile ascolana, Ascoli Piceno, STE, 1952, pp. 46; Roberto Colacicchi, Carlo Boni (a cura di), Indagine geologica sui travertini della provincia di Ascoli Piceno, Ascoli Piceno, C.C.I.A.A., 1966, pp. 88; Giannino Gagliardi, Carlo Melloni, Carlo Paci, Ascoli Piceno: nel colore del suo travertino il calore di una città, Ascoli Piceno, APT, 1993, pp. 42; Travertino ascolano: storia, arte, artigianato, Acquaviva Picena, Fast Edit, 1998, pp. 67; Francesco Quinterio, Ianua Picena: materia e linguaggio nei fronti degli edifici di Ascoli, dal periodo preimperiale al Novecento, Ascoli Piceno, Istituto Cecco d’Ascoli, 2004, pp. 183; Pippo Ciorra e Stefano Papetti (a cura di), Ascoli città di travertino, in corso di stampa.


[5] Francesco Rodolico, “Siena” p. 287, in Le pietre delle città d’Italia, Firenze Le Monnier, 1965 (ed. or. 1953), pp. 500.

A fronte della capacità di trasformazione picena attualmente ancora ridotta, risulta notevolmente in crescita quella toscana. Nel territorio senese – rispetto alle sempre più rare pietre storiche: il giallo di Siena, il marmo nero di Murlo, il macigno – insistono ancora banchi consistenti di travertino così come descritti da Francesco Rodolico: «La collina dove sorge Siena (caratterizzata da tre crinali convergenti, a ciascuno dei quali corrisponde un “terzo” dell’abitato) appartiene alla serie dei rilievi, posti tra le valli dell’Arbia e dell’Elsa, costituiti da formazioni plioceniche marine, sabbiose in alto, argillose in basso. In particolare, la collina di Siena è tutta di sabbie giallastre sciolte od agglomerate, i tufi, come lo sono gran parte di quelle che si susseguono verso settentrione e verso ponente; a mezzogiorno invece, ed a levante, il paesaggio è dominato dalle argille biancastre, le crete. I terreni pliocenici, ricoperti talora da depositi di travertini quaternari (estesi soprattutto nei territori di Colle Val D’Elsa e di Rapolano), s’insinuano tra gruppi montuosi secondari, come quelli della Montagnola Senese, o terziari, come i monti del Chianti. Condizioni che certamente hanno favorito il prevalere dei laterizi nell’edilizia e nell’architettura di Siena, ma che d’altronde hanno concesso varietà e ricchezza di pietre ai costruttori d’una delle maggiori città d’arte d’Italia. (…) I travertini quaternari (…) a guisa di coltri orizzontali, spesse a volte qualche decina di metri, coprono qua e là i terreni pliocenici: un lembo d’oltre cinquanta chilometri quadrati trovasi presso Colle Val D’Elsa; un altro riveste, salvo qualche breve interruzione, il pliocene, dalla regione di Asciano a quella delle attuali sorgenti di Rapolano, cosicché, osserva un naturalista del Settecento, “si cammina sempre su un lastricato di travertino e di spugnone per il corso di quasi due miglia, estraendosi in varj luoghi di questo tratto i travertini, che sono d’uso per le fabbriche di Siena”. Difatti le tagliate delle cave mostrano spesso verso l’alto la roccia spugnosa più recente. Mentre i tipi migliori, per quanto sempre porosi od anche cellulari, stanno al basso. La durezza cresce nettamente dopo l’estrazione dalla cava; perciò riesce opportuna ed agevole la lavorazione della roccia appena tolta. Tale proprietà, insieme alle ottime doti di resistenza meccanica ed alla mancanza di gelività, spiegano la notevole diffusione del travertino senese, anche ai nostri tempi. Il colore della pietra, spesso gradevolmente zonata, va dal bianco al giallognolo; di rado è brunastro» [5]. All’interno di questo volume l’ampio saggio di Davide Turrini sul comprensorio estrattivo e trasformativo senese, fornisce dati e consegna testimonianze tangibili sull’attività storica ed attuale del Consorzio del Travertino di Rapolano che, insieme alla Regione Toscana, ha sostenuto

verging crests, each corresponding to one “third” of the city) is part of a series of hills between the Arbia and Elsa valleys consisting of Pliocene marine formations that are sandy at the top and clayey at the bottom. In particular, the hill of Siena consists entirely of loose or consolidated yellowish sands called tufo, as are most of the hills that continue to the north and west; to the south and east, instead, the landscape is dominated by the whitish clays of the crete. The Pliocene terrains, sometimes covered by Quaternary travertine deposits (especially in the areas of Colle Val d’Elsa and Rapolano), crop out between groups of Mesozoic hills, such as those of the Montagnola

Senese, or Cenozoic ones, like the Chianti hills. This setting certainly favoured the predominance of bricks in the buildings and architecture of Siena, at the same time providing a wide variety and wealth of stones to the builders of one of Italy’s major art cities (…). Here and there the Quaternary travertine (…), in horizontal layers of up to several tens of meters, covers the Pliocene terrains: a strip of more than fifty square kilometres lies near Colle Val d’Elsa. With only a few brief interruptions, another covers the Pliocene terrains from Asciano to the presentday springs of Rapolano. An 18th century naturalist commented, “one treads on a paving of Travertine and

Spugnone [a porous limestone] for almost two miglia, there being travertine quarries along this stretch that are used for construction in Siena”. The quarry cuts often show the more recent spongy rock towards the top. The best types, though always porous or even cellular, lie towards the bottom. The hardness [of travertine] increases markedly after extraction from the quarry, so that it is opportune and easier to work the freshly quarried rock. This characteristic, along with its excellent mechanical resistance and negligible frost susceptibility, explain the widespread diffusion of Sienese travertine to this day. The colour of the stone, which is often pleasantly striated, varies from

white to yellowish; it is rarely brownish» [5]. Within this book, the exhaustive essay by Davide Turrini on the quarrying and processing district of Siena provides data and tangible evidence of historic and current activity undertaken by the Consorzio del Travertino di Rapolano. Along with the Regione Toscana, this consortium has sustained research on the territory and the publication of this volume. For further information the reader can refer to this essay – and to that by Anna Maria Ferrari regarding travertine and its genesis [6].

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Cava di travertino senese a Serre di Rapolano.

Sienese Travertine quarry at Serre di Rapolano.

On travertine: the essence of the material. This lithotype may be considered a concretionary rock with a microcrystalline structure (formed through sedimentation near thermal waters, lakes, springs and waterfalls). It comprises different carbonate lithologies of chemical or biochemical origin: when the calcium bicarbonate dissolved in water precipitates, it forms calcium carbonate deposits that encrust objects of mainly plant origin. In other words, the formation of travertine is linked to the upwelling of thermomineral waters particularly rich in calcium carbonate that spring from the surface of the earth. Its genesis, due to a continuous and progressive

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accumulation of carbonate material from the zones of dissolution to those of precipitation, has led to the sedimentation of these rocks in parallel, horizontal layers sometimes characterised by marked variations in colour and widespread porosity. Note that, from a mineralogical standpoint, calcium carbonate (in the form of calcite) represents the main component of travertine (generally more than 95%). The accessory elements include some clay minerals, quartz, iron and manganese oxides and hydroxides, sulphur, gypsum, white mica and chlorites. The fossil moulds of vegetation give the material specific morphogenetic characteristics. During sedimenta-

tion, vegetation (e.g. stems, leaves, algae, twigs) is incorporated within the forming calcareous concretion; its subsequent decomposition produces numerous characteristic “incisions”, “wounds” and cavities, sometimes of centimetric size, in the stone material. Often striated, with its evident gaps and irregular pores, travertine invites us to decipher its formation history from the cut surface, to investigate the materials that were incorporated in its geological past. Vegetation or, more rarely, small organisms such as tiny terrestrial invertebrates or freshwater molluscs are returned to us in “latent” form when the rock is quarried or when it is mechanically

cut in a factory. The volumetric proportion of voids varies significantly from one deposit to another, as well as from one layer to another within the same rock bank. Due to this percent variation in pore volume the density of travertine varies from 2300 to 2700 Kg/m3. The quantity of pores generally ranges widely from 2 to 45% of the total rock volume. The less compact varieties, characterised by numerous macroscopic cavities, are commonly known as “sponge stones” or “calcareous tufa”; pores normally make up more than 20% of the total rock volume. Notwithstanding its porosity, travertine has low frost susceptibility, and good mechanical resistance and du-


[6] Per una trattazione specifca del travertino toscano di Rapolano si veda: Cristina Piersimoni (a cura di), Le pietre di Rapolano, Siena, Grafica Pistolesi, 1995, pp. 63; Consorzio Siena Export, Il travertino di Siena, Siena, Al. Sa. Ba., Grafiche, s.d., pp. 95.

la ricerca sul territorio e la stessa pubblicazione dell’opera. A tale saggio – insieme a quello di Anna Maria Ferrari relativo, specificatamente, al travertino e alla sua genesi – rimandiamo il lettore per ogni ulteriore approfondimento [6].

rability that make it particularly suited for construction. Marco Giamello explains the essential role played by the porosity of the material: «In particular, the porous structure common to all stone materials varies widely, even in materials with a similar mineralogical composition and consisting mainly of calcite (for example carbonate rocks, travertine, other limestones and marbles). For a given total porosity, defined as the percentage of pore volume with respect to the total volume, it is possible to have structures with different pore distributions as a function of pore diameter. The size of pores is important in favouring the capillary absorption of water and the

initiation of processes that lead to the physical-chemical degradation of the stone. In contrast to other lithotypes such as marble and sandstone, travertine has a high porosity mostly determined by the presence of macropores, i.e. pores of considerable size. Within this macroporosity, new crystals formed by precipitation of soluble salts and ice crystals have enough room to grow without putting pressure on the pore walls. Weathering processes linked to an increase in volume are thus annulled, and the formation of carbonate encrustations on the surface is limited. Thanks to this peculiarity, travertine has good durability, defined as the resistance

Del travertino: l’essere della materia. Tale litotipo, definibile come roccia concrezionata a struttura microcristallina (con genesi sedimentaria in corrispondenza di acque termali, bacini lacustri, sorgenti e cascate), raggruppa specie litologiche di natura carbonatica di origine chimica o biochimica, la cui formazione è avvenuta attraverso la precipitazione del bicarbonato di calcio disciolto nell’acqua, con successiva deposizione in carbonato di calcio su supporti prevalentemente vegetali. In altri termini la formazione dei travertini è da mettere in relazione alla risalita e fuoriuscita in superficie – in corrispondenza dello sbocco di sorgenti – di acque termominerali particolarmente ricche di carbonato di calcio. La genesi, dovuta ad un continuo e progressivo accumulo di materiale carbonatico dalle zone di dissoluzione a quelle di deposizione, ha comportato una sedimentazione di tali rocce secondo stratificazioni parallele orizzontali, a volte segnate da marcate variazioni di colore e da porosità diffuse.

to alteration in time» [7]. With respect to foreign travertine, characterized by particular, often vivid colours, Italian travertine forms a group of lithotypes with varied textural patterns but a rather “homogeneous” colour palette which ranges from light tonalities - such as white, silver, beige and hazelnut - to golden yellow, pinkish and brown. Through exposure to air and the passage of time the lighter coloured travertine develops an “outer skin”, i.e. a characteristic soft, yellowish patina due to the oxidation of iron salts in the stone. In particular, pyrite crystals scattered within the rock mass are transformed into limonite, which gives the stone a “blonde colour” typ-

ical of Roman travertine especially. The warm, homogeneous colour of the material, along with its vibrant surface under variable exposure to light (which interacts with the texture of pores), is such that travertine is greatly appreciated for its uniqueness. Along with this quality, historically the stone has been primarily valued as a massive, resistant building material which lends itself to be both shaped by the stoneworker (or sculptor) and moulded by the architect. The high durability and mechanical resistance (with a tensile strength of up to 120 MPa), along with the workability of the material, have helped affirm the use of travertine in

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Apparecchiature murarie e di rivestimento a spessore, lisce e “a spacco”. Walls and cladding with smooth and “natural-split” finishes.

Lavorazioni di superficie del travertino ottenute “ad urto”. | p. 28. Travertine finish obtained through “percussion”.

Italian and international architecture, well beyond the limited territories in which it is quarried. In particular, the relative ease with which it is worked and sculpted is due to the significant amount of water in the freshly quarried rock mass which makes it “docile” to utensils and all kinds of processing. As travertine dries it “changes state”: the progressive loss of water increases its solidity and hardness - parameters that in time reach very high values. In the last decades the structure of the Italian working of travertine - traditionally characterized by artisan quarrying and processing and mostly focusing on the production of solid elements (masonry blocks and ash-

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Padiglione tedesco per l’Esposizione universale di Barcellona (1929/1983-86), di Ludwig Mies van der Rohe. Prospettiva e dettaglio del muro in travertino. The German Pavilion by Ludwig Mies van der Rohe for the Barcelona Universal Exposition (1929/1983-86). Overall and detailed views of the travertine wall.

lar, sill courses, cornices, columns, slabs for facing, sculptures, products of urban design, etc.) - has been profoundly modified to produce more industrial items in series, thereby losing many of its traditional characteristics. As a result, even travertine - historically appreciated for its compact, solid nature and for its economic use in massive slabs - has been relegated to a “narrow” and “simplified” existence through its homologation in the modern serial and standardized production cycle. Typical products are the regular quarry blocks and the slabs that are stacked in great number and in precise order in the yards of companies while waiting to

Da un punto di vista mineralogico è da evidenziare come il carbonato di calcio (sotto forma di calcite, con un contenuto medio generalmente superiore al 95%) rappresenta il componente principale del travertino; elementi accessori sono, invece, alcuni minerali argillosi, il quarzo, ossidi e idrossidi di ferro e manganese, lo zolfo, il gesso, la mica bianca, le cloriti. Portatrici di specifici caratteri morfogenetici del materiale sono le impronte vegetali. Lungo le fasi di sedimentazione delle concrezioni la presenza e l’inglobamento, all’interno della massa litica in formazione, di essenze vegetali (quali steli, foglie, alghe, frammenti lignei) ha comportato, a seguito della loro decomposizione, il caratteristico assetto del materiale attraversato da numerose “incisioni”, “ferite”, cavità, a volte d’ordine centimetrico. Spesso striato, con le sue evidenti lacune e i suoi vacuoli irregolari, il travertino ci invita a leggere così sulle superfici di taglio la sua genesi formativa, a indagare su quelle presenze inglobate nel materiale in tempi geologici lontani: quei vegetali – o, più raramente, quei piccoli organismi: minuscoli invertebrati terrestri o molluschi d’acqua dolce – restituiti a noi in forma “latente” dopo il distacco dalla roccia o il taglio meccanico di fabbrica. L’incidenza volumetrica della tessitura vacuolare è significativamente variabile da giacimento a giacimento, come pure da strato a strato all’interno di una medesima bancata di roccia. In conseguenza di tale variazione percentuale dei vuoti si registrano valori di peso del materiale oscillanti fra i 2300 e i 2700 Kg/mc. In genere la quantità di vuoti si distribuisce all’interno di un range molto ampio: dal 2 al 45% del volume complessivo della roccia; le varietà meno

be used in increasingly standardized mass housing projects which do not make the most of the actual qualities of materials. The use of travertine as a resistant, plastic material able to confer solidity, volume and weight to architecture, through smooth or modelled wall facades, “rough” or ashlar surfaces with great chiaroscuro expressive value, has been assigned secondary importance. Its typical use in construction can be traced in the “travertine cities” – from those of the classical period, such as Rome or Perugia, to the medieval centres of Siena, Rieti, Ascoli Piceno, Ancona, etc. Architects should return to these cities to observe and fully understand

this material and absorb its markedly plastic, solid, rich personality. In other words, we would like to take advantage of this volume on Sienese Travertine to once again indicate the many possible uses of this building material, not only as thin slabs for lining, externally or externally, wall surfaces and pavements. Its continuous use recorded in some Italian cities no doubt makes it a material typical of Italian tradition; however, there are numerous examples of its international diffusion. In contemporary architecture – thanks to the aura derived from it having been the material of Roman magnificence – the use of travertine is toned down in the refined and essential forms

of Modernism found in works by Adalberto Libera, Mario Ridolfi, Mies van der Rohe, Louis Kahn, Carlo Scarpa and – more recently – in the architectural design of Alberto Campo Baeza, Richard Meier, Renzo Piano, Rem Koolhaas, David Chipperfield, Ortner & Ortner, 3N Architects, Mansilla + Tuñón Arquitectos (to name only a few protagonists of the international scene); these works have been critically discussed in the essay by Luigi Alini, to which the reader can refer for further details.

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compatte, caratterizzate da numerosi e macroscopici vacuoli, sono denominate nel linguaggio corrente “pietre spugne” o “tufi calcarei”; normalmente al loro interno l’incidenza dei vuoti è superiore al 20% del volume totale. I travertini, per quanto porosi, presentano buone caratteristiche di antigelività, di resistenza meccanica e di durevolezza che li rendono particolarmente indicati per le applicazioni costruttive. Marco Giamello ci fornisce elementi interpretativi sul ruolo fondamentale svolto dalla struttura vacuolare del materiale: «In particolare la struttura porosa, comune a tutti i materiali lapidei, varia entro ampi limiti anche in materiali che posseggono analoga composizione mineralogica, come ad esempio le rocce carbonatiche, il travertino, altri calcari e marmi, costituite prevalentemente da calcite. A parità di porosità totale, intesa come percentuale del volume dei vuoti rispetto al volume totale, si possono avere strutture con diversa distribuzione dei pori in funzione del loro diametro. Sono proprio le dimensioni dei pori che, per assorbimento capillare, favoriscono l’ingresso nella roccia di acqua e quindi l’inizio e il procedere dei fenomeni fisico-chimici che portano al degrado della pietra. Il travertino, a differenza di altri litotipi quali marmi e arenarie, possiede una elevata porosità, costituita per la maggior parte da macropori, ossia vuoti di notevoli dimensioni. All’interno di tale macroporosità, i cristalli di neoformazione per precipitazione dei sali solubili e i cristalli di ghiaccio hanno a disposizione spazio sufficiente per accrescersi, senza esercitare pressioni sulle pareti dei pori. Vengono così ad essere annullati gli effetti disgreganti dei processi alterativi legati ad aumenti di volume e viene limitata la formazione di incrostazioni carbonatiche sulla superficie. Questo peculiare comportamento fa sì che il travertino possegga una buona durevolezza, intesa come resistenza nel tempo ai processi alterativi» [7]. Rispetto ai travertini esteri, caratterizzati da cromatismi particolari e spesso esuberanti, i travertini italiani mettono a disposizione dell’attività costruttiva una famiglia di litotipi ben variati quanto a disegno tessiturale, ma abbastanza “omogenei” e “confrontabili” secondo una tavolozza cromatica che dai toni più chiari – quali bianco, argento, beige, nocciola – passa al giallo dorato, al rosato, al bruno. Con l’esposizione all’aria e il passare del tempo i tipi più chiari di travertino “fanno pelle”, ovvero assumono una caratteristica e morbida patina tendente al giallo dovuta, in genere,

NOTES [1] Francesco Rodolico, “Introduzione” p. 20, in Le pietre delle città d’Italia, Firenze Le Monnier, 1965 (ed. or. 1953), pp. 500 [2] Giuseppe Cozzo, “Marmi e pietre” p. 53 in Ingegneria romana, Roma, Multigrafica Editrice, 1970 (ed. or. 1928), pp. 317. For a discussion on the use of travertine in Imperial Roman architecture see: Giuseppe Lugli, “Lapis Tiburtinus (travertino)” pp. 319-333 in La tecnica edilizia dei romani, Rome, Bardi, 1988 (ed.or. 1957), pp. 741. For its use in the modern and contemporary period see: Enrico Clerici, “Il travertino di Fiano Romano”, Bollettino del Regio Comitato

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Geologico nn. 3-4, 1887, pp. 2-27; Giuliano Bellezza, L’industria del travertino romano nella prospettiva geografica, Roma, Ferri, 1973, pp. 47; Il travertino romano di Tivoli, Rome, ANIS, 1984, pp. 119; Luciana Rattazzi (edited by), Sulla pietra di Roma, Rome, Edizioni Kappa, 1995, pp. 120; Silvano Olezzante, Gli uomini del travertino: l’attività estrattiva nell’area di Guidonia e di Tivoli, Rome, Ediesse, 1998, pp. 78. [3] Giorgio Blanco lists the following types of travertine: Travertino Ascolano (Ascoli Piceno), Travertino Bianco Spugnoso di Siena (Asciano, SI), Travertino della Selva (Poggio Moiano, RI), Travertino della Valpantena (Grezzana, VR),

Palazzo delle Poste (1933-36) a Roma, di Mario Ridolfi. Facciata con il rivestimento “a liste” in travertino toscano. Palazzo delle Poste (1933-36) in Rome by Mario Ridolfi. Façade clad with “strips” of Tuscan travertine.

[7] Marco Giammello, “Impieghi nell’architettura senese e tipologie di alterazioni del travertino”, p. 55, in Cristina Piersimoni (a cura di), Le pietre di Rapolano, Siena, Grafica Pistolesi, 1995, pp. 63.


all’ossidazione dei sali ferrosi in essi contenuti; in particolare i cristalli di pirite – disseminati all’interno della massa del materiale – si trasformano in limonite che conferisce alla pietra un “color biondo”, così tipico soprattutto nel travertino romano. La tonalità calda e omogenea del materiale, unitamente all’epidermide vibrante nelle mutevoli condizioni di esposizione alla luce che agisce sulla tessitura dei pori, ha fatto del travertino una pietra molto apprezzata per l’originalità dei caratteri espressivi; a questa qualità si è aggiunto, storicamente, il valore eminentemente costruttivo di pietra massiva, resistente, disponibile sia alla mano dello scalpellino (e dello scultore) che alla formalizzazione plastica dell’architetto. Le elevate caratteristiche di durevolezza e di resistenza meccanica (con carichi di rottura che si spingono fino ai 120 MPa), unite alla lavorabilità del materiale, hanno contribuito a far affermare il travertino nell’architettura italiana ed internazionale, ben oltre le ristrette aree territoriali

Palazzo delle Poste (1933-36) in via Marmorata a Roma, di Adalberto Libera. Viste parziali della facciata e spaccato assonometrico dell’edificio (disegno di R. Capomolla). | pp. 32-33. Palazzo delle Poste (1933-36) in via Marmorata in Rome by Adalberto Libera. Partial views of the façade and axonometric cross-section of the building (drawn by R. Capomolla).

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di estrazione. In particolare la buona configurabilità e modellazione è dovuta alla significativa presenza di umidità nella massa rocciosa appena escavata che la rende “docile” agli utensili e ad ogni trattamento specifico. Non appena il travertino si asciuga, in relazione alla progressiva perdita del tenore acqueo, il materiale “cambia stato” con assunzione di maggiore solidità e durezza che diventano, con il tempo, veramente elevate. Negli ultimi decenni la struttura dei comparti trasformativi italiani del travertino – tradizionalmente caratterizzata da un’escavazione e lavorazione di tipo artigianale, indirizzata alla configurazione di elementi prevalentemente in solido: blocchi e bozze da muro, marcapiani, cornici, colonne, masselli da rivestimento, sculture, manufatti per il design urbano – è stata profondamente adeguata al settore delle produzioni più industriali e seriali, rinunciando a molte delle sue prerogative storiche. Conseguentemente anche il travertino – apprezzato storicamente per quel suo essere materiale corposo, solido e per le condizioni di economicità d’uso pur in spessori massivi – è stato avviato ad un’esistenza “riduttiva” e “semplificata”, registrando l’omologazione del ciclo produttivo contemporaneo di tipo seriale e standardizzato. Prodotti tipici sono i blocchi regolari di cava e gli elementi lastriformi che vengono accatastati, in gran numero e in rigido ordine, sui piazzali delle aziende in attesa di essere immessi nel circuito di un’edilizia di massa sempre più seriale e lontana da una progettualità architettonica valorizzativa dell’apporto sostanziale dei materiali. Quasi completamente respinto in secondo piano è l’uso del travertino quale materia resistente e plastica, capace di conferire solidità, volume, massa all’architettura attraverso piani murari lisci o sagomati, superfici “grezze” o a bugnato dal valore espressivo ancor più fortemente chiaroscurale. Gli architetti dovrebbero ritornare a guardare l’uso tipicamente costruttivo rintracciabile nelle “città del travertino” – da quelle d’età classica, come Roma o Perugia, ai centri medioevali di Siena, Rieti, Ascoli Piceno, Ancona – per capire appieno il materiale e per assimilarne la forte personalità plastica, solida, corposa. Vorremmo, in altri termini, di nuovo additare, attraverso l’occasione del volume sul Travertino di Siena, modi costruttivi del materiale non indirizzati unicamente verso il tema del rivestimento sottile con lastre che foderano, in esterno od interno, superfici parietali o pavimentali.

Travertino di Alcamo (Alcamo, TP), Travertino di Angera (Angera, VA), Travertino di Bagni di Lucca (Bagni di Lucca, LU), Travertino di Jano (Jano di Montaione, FI), Travertino di Latina (Fondi, LT), Travertino di Monsummano (Monsummano Terme, PT), Travertino di Orte (Orte, VT), Travertino di San Casciano Bagni (San Casciano Bagni, SI), Travertino Doré (Tivoli, RM), Travertino Ligure (Orco Feligno, SV), Travertino Maschio di Monte Nerone (Piobbico, PS), Travertino Montemarano (Montemarano, GR), Travertino oniciato di Poggio Moiano (Poggio Moiano, RI), Travertino romano (Tivoli, Guidonia-Montecelio, RM), Travertino Sabino (Poggio Moiano,

RI), Travertino spugnoso colorato di Castiglione d’Orcia (Castiglione d’Orcia, SI), Travertino toscano (Rapolano, SI). Giorgio Blanco, “Travertino” pp. 218221 in Dizionario dell’Architettura di pietra, Rome, Carocci, 1999, pp. 299. [4] For the travertine from Ascoli Piceno see: Alessandro Martelli, “Note geologiche e paleontologiche sul Travertino di Ascoli Piceno”, Rivista Italiana di Paleontologia n. 2, 1908, pp. 97-102; Giovanni Poli, Il travertino, la pietra nobile ascolana, Ascoli Piceno, STE, 1952, pp. 46; Roberto Colacicchi, Carlo Boni (edited by), Indagine geologica sui travertini della provincia di Ascoli Piceno, Ascoli Piceno, C.C.I.A.A.,

1966, pp. 88; Giannino Gagliardi, Carlo Melloni, Carlo Paci, Ascoli Piceno: nel colore del suo travertino il calore di una città, Ascoli Piceno, APT, 1993, pp. 42; Travertino ascolano: storia, arte, artigianato, catalogo del concorso nazionale per opere di scultura e di arredo urbano o sacro, Acquaviva Picena, Fast Edit, 1998, pp. 67; Francesco Quinterio, Ianua Picena: materia e linguaggio nei fronti degli edifici di Ascoli, dal periodo preimperiale al Novecento, Ascoli Piceno, Istituto Cecco d’Ascoli, 2004, pp. 183; Pippo Ciorra and Stefano Papetti (edited by), Ascoli città di travertino, in press.

Florence Le Monnier, 1965 (ed. or. 1953), pp. 500. [6] For a focused discussion of Tuscan travertine from Rapolano see: Cristina Piersimoni (edited by), Le pietre di Rapolano, Siena, Grafica Pistolesi, 1995, pp. 63; Consorzio Siena Export, Il travertino di Siena, Siena, Al. Sa. Ba., Grafiche, s.d., pp. 95. [7] Marco Giammello, “Impieghi nell’architettura senese e tipologie di alterazioni del travertino”, p. 55, in Cristina Piersimoni (edited by), Le pietre di Rapolano, Siena, Grafica Pistolesi, 1995, pp. 63.

[5] Francesco Rodolico, “Siena” p. 287, in Le pietre delle città d’Italia,

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Farnsworth House (1945-51) a Plano, di Ludwig Mies van der Rohe. Vista dal parco e dettaglio angolare del podio con pavimento in travertino. | pp. 34-35. Casa Farnsworth (1945-51) in Plano by Ludwig Mies van der Rohe. View from the park and detail of the corner of the deck paved in travertine.

La continuità d’uso che si registra in alcune città del Paese fanno del travertino un materiale tipico della tradizione italiana; ma numerosi sono gli esempi che evidenziano una veicolazione internazionale di tale pietra. Nell’architettura contemporanea – grazie all’aura che gli deriva dall’essere materiale della grandiosità romana – troviamo il travertino declinato attraverso forme raffinate ed essenzializzate della stagione del Moderno in opere di Adalberto Libera, Mario Ridolfi, Mies van der Rohe, Louis Kahn, Carlo Scarpa e – più recentemente – nelle architetture di Alberto Campo Baeza, Richard Meier, Renzo Piano, Rem Koolhaas, David Chipperfield, Ortner & Ortner, 3N Architects, Mansilla + Tuñón Arquitectos (solo per citare alcuni dei protagonisti della scena internazionale); opere interpretate criticamente nel saggio di Luigi Alini che chiude il volume e al quale rimandiamo il lettore per ogni approfondimento.

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IDENTITÀ STORICA Il travertino senese tra Medioevo ed Età Moderna


Emanuela Ferretti

IDENTITÀ STORICA Il travertino senese tra Medioevo ed Età Moderna

[1] Francesco Rodolico, Le pietre delle città d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1953, pp. 287-291; Roberto Bobbio, Stefano Musso, Siena: conservazione e trasformazione della città murata. Materiali, strutture edilizie e costruzione urbana, Genova, Università degli Studi, 1990; Roberto Parenti, “Fonti materiali e lettura stratigrafica di un centro urbano: i risultati di una sperimentazione non tradizionale”, Archeologia medievale, XIX, 1992, pp. 22-25; Duccio Balestracci, “Pietre e mattoni. I materiali costruttivi nella Siena medievale”, in Maurizio Boldrini (a cura di), I colori della città, Siena, Protagon, 1993, pp. 19-24; Marco Giamello et al., “I materiali litoidi nell’architettura senese: tipologia, distribuzione e stato di conservazione”, in Ivi, pp. 115-128; Roberto Parenti, “Approvvigionamento e diffusione dei materiali litici da costruzione di Siena e dintorni”, in Daniela Lamberini (a cura di), Le pietre delle città d’Italia. Atti della giornata di studi in onore di Francesco Rodolico, Firenze, Le Monnier 1995, pp. 87108; Duccio Balestracci, “La facciata medievale ovvero l’isola che non c’è”, in Francesca Tolaini (a cura di), Il colore delle facciate: Siena e l’Europa nel Medioevo, Atti del convegno, Ospedaletto, Pacini, 2003, pp. 71-77; Marco Giamello et al., “Lo studio dei materiali lapidei del centro storico di Siena”, Arkos, IV, 2003, 2, pp. 2229; Anna Gandin et al., “La pietra da torre nel centro storico di Siena”, Etruria Natura, V, 2008, pp. 82-94.

Palazzo Todeschini Piccolomini (14691500 c.a.) a Siena. Dettaglio del portale d’ingresso in travertino. | p. 36. Photo of Palazzo Todeschini Piccolomini (1469-1500 c.a.) in Siena. Detail of the travertine entrance portal.

I materiali e i colori dell’architettura sono protagonisti indiscussi nella definizione dell’immagine urbana di Siena e del suo territorio: il mattone, i marmi e le pietre – soprattutto i calcari – informano con la loro presenza la scena urbana e il paesaggio in una molteplicità di contributi che, nella stratificazione plurisecolare del costruito, definisce un rapporto identitario fra risorse naturali del territorio e tradizioni edificatorie, ideazione e realizzazione, committenza e maestranze. Limitandoci all’osservazione della città, e lasciando sullo sfondo il ricchissimo territorio senese, si può notare che una ricca letteratura ha analizzato puntualmente le valenze cromatiche e materiche dell’architettura fra Medioevo e Età moderna, delineando cronologie e periodizzazioni nell’affermazione di particolari materiali da costruzione e di tecniche edificatorie, ma portando anche nuove conoscenze sulle operazioni di finitura e sul colore dei dispositivi murari. Storici dell’architettura, conservatori e geologi hanno creato negli ultimi anni un corpus di conoscenze sulla facies urbana di Siena di grande valore [1] che vede svolgersi una positiva attitudine all’approccio interdisciplinare nello studio, conservazione e valorizzazione sia del singolo monumento che dell’edilizia ‘corrente’ del centro storico [2]. Pur nella complessità del quadro che è stato delineato, è possibile tracciare con sufficiente chiarezza uno schema “evolutivo” che si snoda intorno a tre temi materico-costruttivi principali: gli edifici più antichi della città, quelli dell’XI e del XII secolo, vedono prevalere il legno e il calcare cavernoso – la cosiddetta “pietra da torre” – con i quali vengono edificate torri e palazzi; tra la fine del XII e la metà del XIII secolo si realizza la parabola che vede una significativa diminuzione dell’uso del legno in favore di un crescente impiego del mattone, applicato come materiale unico ma anche, di frequente, alternato a paramenti lapidei; con i secoli successivi le soluzioni si fanno più articolate e, se da un lato il mattone diviene anche dal punto di vista normativo (Costituto del 1309-10) il materiale costruttivo più impiegato [3], la seconda metà del Quattrocento si caratterizza per l’introduzione dell’arenaria e del travertino, materiale quest’ultimo che diviene già dal Trecento la pietra maggiormente usata per elementi decorativi e modanature. Anche se estremamente diffuso, l’impiego del travertino non diviene comunque mai ubiquitario nell’edilizia, come era accaduto nei secoli precedenti per il calcare cavernoso, rimanendo legato – dal Rinascimento e per tutta l’Età moderna – a fabbriche civili e religiose di pregio, dove sembra connotarsi di precipue valenze sul piano della rappresentatività dello status sociale della committenza e dell’adesione a modelli e stili che guardano alle coeve esperienze romane di recupero e rielaborazione dell’Antico.

Historical identity Sienese travertine from the Middle Ages to the Modern Period

The image of Siena and its territory is undoubtedly defined by the materials and colours used in its architecture: bricks, marble and stone - especially limestone - characterise the urban fabric and the landscape; in the centuries-old stratification of buildings, they define the close ties between natural resources in the area and building tradition, between conception and creation, and between patron and workers. Considering the city alone, leaving aside the extremely rich Sienese territory, numerous published works

have undertaken a detailed analysis of the chromatic and material qualities of architecture from the Middle Ages to the modern period; these studies have delineated chronologies and periodizations in which particular construction materials and techniques were adopted, and have provided new insight into finishing operations and colours of the brickwork. In recent years architectural historians, curators and geologists have compiled an invaluable body of knowledge on the urban facies of Siena [1] through a positive interdisciplinary approach to the study, conservation and valorisation of both individual monuments and ‘contemporary’ buildings in the

historical centre [2]. Although the outlined scenario is highly complex, the “evolution” of three main material-construction units can be traced fairly clearly. The oldest buildings in the city, those of the 11th and 12th centuries, mainly consist of wood and cavernous limestone – the so-called “tower stones” – from which towers and palaces are built. Between the end of the 12th century to the mid13th century there is a significant decrease in the use of wood in favour of bricks, which are used alone or frequently alternated with stone decorations. In subsequent centuries the adopted solutions become more complex and if on

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[2] Per questi aspetti si ricordano soltanto i lavori sul Duomo e sul palazzo Pubblico: Francesca Droghini et al., “Le antiche finiture dei marmi della facciata del Duomo di Siena”, in Mario Lorenzoni (a cura di), La facciata del duomo di Siena: iconografia, stile, indagini storiche e scientifiche, Cinisello Balsamo, Silvana, 2007, p. 175-187; Stefano Camporeale, Alessandra Pais, “La facciata del Palazzo Pubblico di Siena. Le fasi costruttive: torrione, ala dei Nove, ala del Podestà”, Archeologia dell’architettura, VI, 2001, pp. 65-93. Per le cortine murarie in generale: Fabio Gabrielli, “Murature senza intonaco nelle facciate senesi in laterizi del Medioevo”, in Il colore delle facciate cit., pp. 101118; Le facciate delle case di Siena 1900 - 1902: i bozzetti del concorso del Monte dei Paschi di Siena. Catalogo della mostra, Siena, Protagon, 2007; Mattias Quast, Siena: banca dati delle facciate del centro storico, <http://db.biblhertz.it/siena/ siena.xq> [2008]. [3] Duccio Balestracci, “La facciata medievale” cit., p. 72. Palazzo Todeschini Piccolomini (1469-1500 c.a.) a Siena. Particolare della facciata con una finestra interamente realizzata in travertino. Palazzo Todeschini Piccolomini (1469-1500 c.a.) in Siena. Detail of the façade with a window made entirely of travertine.

the one hand, brick becomes from a legislative standpoint (Costituto of 1309-10) the most popular construction material [3], the second half of the 15th century is characterised by the introduction of sandstone and travertine, which already in the 14th century was the material most used for decorative elements and moulding. Although widespread, travertine never becomes as ubiquitous in the new constructions as was cavernous limestone in the preceding centuries. From the Renaissance to the modern period it remains linked to prestigious civilian and religious buildings, in which it seems to reflect the social status of the patron

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and the adoption of models and styles similar to those of Rome at this time, where there is a revival and renewal of Antiquity. Travertine recalls the architecture of Antiquity [4] and heightens the monumentality of façades when used alone as cladding in the second half of the 15th century, for example in Palazzo delle Papesse (1460-73) and Palazzo del Taia (1470-90). The former was commissioned by Caterina Piccolomini; her close link with the construction site and events in Pienza in terms of architectural tradition and funding of workshops and workmen led to the creation of a rich façade made entirely of travertine, a truly sum-

ptuous manifesto of the cultural and political prestige of the papal family in Siena [5]. At the same time, it attests to the significant influence of coeval Florentine architecture: the highly naturalistic rusticated masonry of the ground floor – according to Gabrielli, an ingenious expedient to increase the visibility of an otherwise almost unnoticeable façade due to the layout of the area – stands out in the urban context both for the highly original morphology of the ashlar facade, and to the presence of masons’ marks, a practice extraneous to Sienese tradition [6]. The context in which the singular architecture of all’antica Sienese palaces of the end of the 15th


[4] Roberto Gargiani, Principi e costruzione dell’architettura italiana nel Quattrocento, Bari, Laterza, 2003, pp. 201-206; Georgia Clarke, Roman House Renaissance palaces. Inventing antiquity in Fifteenth Century Italy, Cambridge, Cambridge University Press, 2003, p. 180 e sgg. [5] La bibliografia su questo palazzo è ormai stratificata e l’attribuzione oscilla fra Bernardo Rossellino e Antonio Federighi. Si ricordano in proposito: Francesco Paolo Fiore, “Siena e Urbino”, in Id. (a cura di), Storia dell’architettura italiana. Il Quattrocento, Milano, Electa, 1998, pp. 280-281; Rosario Pagliaro, “Bernardo Rossellino a Siena. Misure e proporzione dei Palazzi Piccolomini”, in Gabriele Morolli (a cura di), Le dimore di Siena. L’arte dell’abitare nei territori dell’antica Repubblica dal Medioevo all’Unità d’Italia. Atti del convegno, Firenze, Alinea, 2002, pp. 136-138; Lawrence A. Jenkens, “Caterina Piccolomini and the Palazzo delle Papesse in Siena”, in Sheryl E. Reiss (a cura di), Beyond Isabella: secular women patrons of art in Renaissance Italy, Kirksville, Truman State University Press, 2001, pp. 77-91; Fabrizio Nevola, “L’architettura tra Siena e Pienza: architettura civile”, in Alessandro Angelini (a cura di), Pio II e le arti, Cinisello Balsamo, Silvana, 2005, pp. 182-213; Fabio Gabrielli, “Il palazzo delle Papesse”, in Elisa Bruttini et al. (a cura di), Il palazzo delle Papesse a Siena, Asciano, Ali, 2006, pp. 16-36; Mattias Quast, “I Piccolomini committenti di palazzi nella seconda metà del Quattrocento”, in M. Raffaella De Gramatica, Enzo Mecacci, Carla Zarrilli (a cura di), Archivi, carriere, committenze; contributi per la storia del patriziato senese in età moderna. Atti del convegno, Siena, Accademia degli Intronati, 2007, pp. 376.

Il travertino evoca infatti architetture antiche [4] ed accentua la monumentalità delle facciate quando viene impiegato come rivestimento unitario negli edifici del secondo Quattrocento, quali il palazzo delle Papesse (1460-73) e Palazzo del Taia (1470-90). Nel caso del primo edificio in particolare, la committenza di Caterina Piccolomini, e il conseguente intimo legame con i cantieri e le vicende pientine in termini di cultura architettonica, di finanziamento delle fabbriche e di maestranze, portano alla realizzazione di un prezioso prospetto interamente in travertino, un vero e proprio sontuoso manifesto del prestigio culturale e politico della famiglia papale a Siena [5], attestando al contempo una significativa attenzione alle coeve esperienze fiorentine: il bugnato rustico, fortemente naturalistico, del piano terra – geniale espediente, secondo Gabrielli, per dare visibilità ad un prospetto altrimenti quasi invisibile per l’assetto dell’area – si distingue nel contesto urbano per la forte originalità morfologica del paramento a bozze, nonché per la presenza di contrassegni di scalpellini sulle bugne, pratica estranea alla tradizione senese [6]. Ancora da tracciare è invece il quadro delle vicende che portano alla edificazione di un’architettura singolare nell’ambito dei palazzi senesi all’antica della fine del Quattrocento, attribuita a Francesco di Giorgio Martini, quale palazzo del Taia [7]: in questo caso i conci isodomi in travertino, perfettamente spianati, vengono montati con giunti di malta finissimi, a creare una superficie unitaria. Pur recuperando temi e tecniche ampiamente sperimentate nei rivestimenti lapidei o marmorei delle grandi architetture medievali della città – dal palazzo Pubblico al Duomo, dal palazzo del Capitano all’Ospedale della Scala – la monocromia e le qualità materiche del paramento lapideo ne fanno un fronte che guarda all’antichità romana, mediata dalla lezione albertiana. Una precoce apertura della cultura architettonica senese alle coeve elaborazioni romane si riconosce nel peruzzesco palazzo Francesconi (1520-27), dove il tradizionale contrasto cromatico bianco-rosso, peculiare dell’architettura medievale senese, viene rivisitato sulla base dei modelli messi a punto da Bramante e Raffaello nelle prime decadi del Cinquecento: qui

century develops has yet to be reconstructed. These palaces are attributed to Francesco di Giorgio Martini [7]: in the case of Palazzo del Taia, the squared travertine blocks, perfectly levelled, are mounted with extremely fine mortar joints to create a uniform surface. Although reviving themes and techniques amply experimented in the stone or marble cladding of the imposing medieval architecture in the city – from Palazzo Pubblico to the Duomo, from Palazzo del Capitano to the Hospital of Santa Maria della Scala - the monochrome colour and material qualities of the stone make it a façade that looks to Roman Antiquity, rendered by the school of

the Accademia Albertina. An early opening of the Sienese architectural tradition to the coeval Roman one is seen in Palazzo Francesconi (1520-27), designed by Baldassarre Peruzzi; here the traditional chromatic contrast between white and red, peculiar to Sienese medieval architecture, is reinterpreted according to models developed by Bramante and Raffaello in the early decades of the 16th century. Travertine is juxtaposed to the perfect façade in polished brick, to define tympanums and window labels, sill courses and a projecting cornice; the unfinished state of the façade is exemplary of how the brickwork was linked to the ele-

ments in stone of the original windowed apertures of the piano nobile [8]. A similar material and chromatic contrast also characterises Palazzo Vescovi (1528-31), later named Celsi-Pollini, which however has a façade of ordinary, unpolished bricks with thin joints more in keeping with the Sienese rather than Roman style. The rectangular window openings are framed by travertine, according to a design which, in the central section, along with the projecting cornice, recalls the style of Francesco di Giorgio [9]. The imposing rusticated travertine cornices framing the windows and doors become a characteristic element of Sienese civilian

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Palazzo Piccolomini delle Papesse (1460-73) a Siena. Scorcio della facciata bugnata in travertino e dettagli dei marchi muratori scolpiti nelle bugne. | pp. 40-41. Palazzo Piccolomini delle Papesse (1460-73) in Siena. View of the rusticated travertine façade and detail of the mason marks in the rusticated blocks.

[6] Fabio Gabrielli, “Il palazzo delle Papesse”, cit., p. 14. La soluzione del bugnato naturalistico al piano terra, sormontato da due registri di bugnato liscio (non si può qui entrare nel merito della valutazione delle modificazioni del secondo Cinquecento) è stato avvicinato al fronte di palazzo Medici e del palazzo dello Strozzino. Si tratta, soprattutto per quest’ultimo confronto, di un tema che meriterebbe ulteriori approfondimenti, alla luce delle novità in termini di datazione e configurazione originaria del palazzo fiorentino presentate in Gianluca Belli, “Il palazzo dello Strozzino”, in Gabriele Morolli (a cura di), Michelozzo di Bartolomeo, scultore e architetto (1396 - 1472). Atti del convegno, Firenze, Centro Di, 1998, pp. 35-44. [7] Fabrizio Nevola, “Per ornato della città: Siena’s Strada Romana and fifteenth-century urban renewal”, Art Bulletin, LXXXII, 2000, pp. 41-50; Mattias Quast, “Il linguaggio di Francesco di Giorgio nell’ambito dell’architettura dei palazzi senesi”, in Francesco Paolo Fiore (a cura di), Francesco di Giorgio alla corte di Federico da Montefeltro. Atti del convegno, Firenze, Olschki, 2004, II, p. 425 e p. 428 dove si data il cantiere fra il sesto e il nono decennio del Quattrocento e si ricordano i restauri ottocenteschi, nell’ambito dei quali si ha l’apertura delle botteghe al piano terra e gli oculi sopra le finestre del primo piano, mentre sembrano originali quelli del secondo piano.

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architecture between the Mannerist and Late Baroque periods, i.e. that style of architecture which starts with the works of Bartolomeo Neroni (1500 ca. - 1573), for example Palazzo Guglielmi or Palazzo Tantucci, and continues into the neo-16th century designs by Giacomo Franchini (1665-1736?), for example those of Palazzo della Ciaia and Palazzo Biringucci Landi Bruchi [10]. It is a type of façade – often bordered by ashlar blocks decorated with small grooves (achieved by the application of a metal comb) or by smooth pilaster strips – characterised by the regularity of the window axes, with cornices that protrude from

the plastered façade due to their particular moulding; especially in examples from the 18th century, this typology is enriched with decorative elements in travertine - or in travertine stucco [11] – such as the consoles of “kneeling windows”, jutting sill courses, cornices and, lastly, moulded doorways often surmounted by balconies, reproposing solutions elaborated between Rome and Florence in the second half of the 16th century [12]. Travertine was also significantly used in 17th-18th century religious architecture in Siena. When this stone is used as a dominant element or alone in the façades of churches in the city, it recuperates

the material qualities and colours of a significant part of the architectural tradition of the Sienese territory in the previous centuries [13]. Furthermore, in the new morphology of the LateRenaissance and Baroque façades – an architectonic order that makes for a highly ornate façade – it also becomes an explicit reference to the more modern Roman examples: in Santa Maria in Provenzano the references to the facades of the Chiesa del Gesù and that of Santa Maria in Valicella are still influenced by the Florentine style [14]; the façade of San Martino by Giovanni Fontana (1613) looks to the grand style of Rome in its transition from


Palazzo Tantucci (1548) a Siena. Dettagli dei bugnati a cuscino in travertino. | p. 42-43. Palazzo Tantucci (1548) in Siena. Detail of the rusticated blocks of travertine.

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[8] Giulia Ceriani Sebregondi, “L’architettura di palazzo Francesconi: Baldassarre Peruzzi tra Roma e Siena”, Bollettino d’arte, XCII, 2007, 141, pp. 4170: per l’esame della morfologia delle cornici e del timpano delle finestre, vedi in particolare p. 50, fig. 15. [9] Giulia Ceriani Sebregondi, “Fece molti disegni di case ai suoi cittadini: architetture e committenti di Baldassarre Peruzzi a Siena”, in Archivi, carriere, committenze: contributi per la storia del patriziato senese in età moderna, cit., pp. 376-377. Per il palazzo Vescovi, vedi anche i documenti fiscali trascritti in Cecilia Sani, Letizia Franchina, “Siena. Palazzo Celsi Pollini”, in Rilievi di fabbriche attribuite a Baldassarre Peruzzi, Catalogo della mostra, Siena, Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, 1982, pp. 287-295; per un quadro complessivo, Francesco Paolo Fiore, “Baldassarre Peruzzi a Siena”, in Christoph Luitpold Frommel (a cura di), Baldassarre Peruzzi, 1481-1536. Atti del convegno, Venezia, Marsilio, 2005, pp. 83-94. [10] Enrico Toti, “Notizie per un repertorio dell’Architettura barocca a Siena”, Storia. Architettura, VIII, 1985, 1-2, p. 100. [11] Roberto Bobbio, Stefano Musso, Siena: conservazione e trasformazione della città murata cit., p. 127, dove si nota che nel palazzo Della Ciaia le cornici delle aperture del piano terra e del piano nobile sono in travertino, mentre quelle del secondo piano e del piano sottotetto sono in stucco di travertino.

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troviamo infatti il travertino in abbinamento alle perfette cortine in mattoni arrotati, a qualificare mostre e timpani di aperture, marcadavanzali e uno sporgente cornicione; l’incompiutezza del fronte illustra poi, in modo esemplare, il sistema di connessione fra il dispositivo in laterizio e gli elementi in pietra delle originali aperture finestrate del piano nobile [8]. Analogo contrasto materico e cromatico caratterizza anche palazzo Vescovi (1528-31), poi Celsi-Pollini, che mostra tuttavia una cortina in mattoni ordinari – non ‘arrotati’ e con giunti sottili che appartengono ad uno stile più senese che romano – su cui vengono ritagliate aperture rettangolari incorniciate in travertino, secondo un disegno che, nella fascia centrale con la cornice sporgente, richiama i modi di Francesco di Giorgio [9]. Le possenti incorniciature bugnate in travertino di finestre e portali divengono, inoltre, elemento caratterizzante di una precisa linea di sviluppo dell’architettura civile senese fra manierismo e tardo barocco, quella cioè che prende le mosse dalle realizzazioni di Bartolomeo Neroni (1500 circa-1573) quali palazzo Guglielmi o palazzo Tantucci, per arrivare agli impaginati neo-cinquecenteschi di operatori come Giacomo Franchini (1665-1736?) riscontrabili ad esempio in palazzo Della Ciaia e in palazzo Biringucci Landi Bruchi [10]. Si tratta di un tipo di facciata – spesso racchiusa tra fasce di bugnato a pettine o tra lisce lesene – informata dalla regolarità degli assi finestrati, con cornici emergenti dal piano del fronte intonacato per la precipua plasticità; in particolar modo negli esempi settecenteschi, tale tipologia si arricchisce di ulteriori elementi decorativi in travertino – o in stucco di travertino [11] – come mensole di finestre inginocchiate, aggettanti marcadavanzali, cornicioni e, infine, portali plasticamente ornati e spesso sormontati da balconi a riproporre soluzioni elaborate fra Roma e Firenze nel secondo Cinquecento [12].

Mannerism characterised by the respect for Vignola’s Treatise to the Early Baroque [15]. In the 18th century Chiesa di San Giorgio, with the grandiloquent giant order of the façade and its particular internal layout, the material and architectonic language bear further witness to Siena’s adoption of Roman Baroque culture: from Maderno to Pietro da Cortona, from Bernini to Alessandro Galilei [16]. Of the above-mentioned ecclesiastical examples, the construction of Santa Maria in Provenzano, a building representing an architecture of great relevance in the Tuscany of Ferdinand I, stands out for the wealth of sources that document

the phases of construction, in particular the supply of materials from quarries to the building site [17]. In contemplating only those aspects closely pertinent to the discussion at hand, it is evident how the building skills and initiative of Lombard workmen - present in Siena since the Middle Ages and used to quarry stones for the cathedral [18] - here meet up with the experience of Sienese master mason Flaminio del Turco. The latter is called on to build a church (1595-97) designed by Carthusian Father Damiano Schifardini, «a good cosmographer and land surveyor, a perfect engineer, young Cosimo’s mathematics instructor» [19], which will host

a miraculous image of the Virgin Mary. Under the careful supervision of the Grand Duke, construction will also include Cosimo’s brother, Don Giovanni de Medici, who is involved in the geometry of the cupola and the complex layout of the area outside the church. At the end of the 19th century, having studied the documents in the Archives of the Opera della Madonna di Provenzano, Francesco Bandini Piccolomini wrote: «The workers were careful to ask the Rector of the [Hospital of Santa Maria della Scala] permission to quarry at Podere di Noceto in the territory of Serre [di Rapolano], belonging to the Grancia [the fortified


[12] Per Palazzo della Ciaia si veda Maria Antonietta Rovida, “Palazzo della Ciaia”, in Mario Bevilacqua, Carla G. Romby (a cura di), Atlante del Barocco in Toscana. Firenze e il Granducato, Roma, De Luca, 2007, p. 600. [13] Dal punto di vista del materiale si vedano gli esempi di architettura religiosa citati in Francesco Rodolico, Le pietre cit., pp. 292-296; per le considerazioni stilisticoarchitettoniche, Mauro Mussolin, “L’architettura tra Siena e Pienza: “cathedralis effecta est”. Il Duomo di Pienza e il rinascimento cristiano di Pio II”, in Pio II e le arti: la riscoperta dell’antico da Federighi a Michelangelo, cit., pp. 240-241. [14] Gabriele Morolli, “La regola gioiosa. Architetture senesi della prima metà del Seicento tra ortodossia classicista e novità barocche”, in Dimenticare Firenze. Teofilo Gallaccini (1564-1641) e l’eclisse presunta di una cultura architettonica, Catalogo della mostra, Siena, pp. 89-90; vedi anche Letizia Franchina, “La chiesa della Madonna di Provenzano in Siena dalle ordini alla traslazione dell’immagine nel tempio (15941611)”, in Leonardo Rombai (a cura di), I Medici e lo Stato Senese, 1555 - 1609: storia e territorio. Catalogo della mostra, Roma, De Luca, pp. 174-175. [15] Gabriele Morolli, “La regola gioiosa”, cit. [16] Enrico Toti, “Notizie”, cit., p. 102; Andrea Guerra, “Firenze e la Toscana dagli ultimi Medici ai Lorena”, in Giovanna Curcio, Elisabeth Kieven (a cura di), Storia dell’architettura italiana. Il Settecento, Milano, Electa, 2000, I, p. 348. Il progettista della chiesa, di origine medievale, è il lombardo Pietro Cremoni ormai senese di adozione, lavorando nella bottega dello scultore Giuseppe Mazzuoli; i lavori di rinnovamento coprono gli anni 1730-38. Scheda in Atlante del Barocco, cit.

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Palazzo Tantucci (1548) a Siena. Il grande portale con l’ordine rustico in travertino. | p. 44-45. Palazzo Tantucci (1548) in Siena. The large portal in travertine of the rustic Tuscan order.

[17] Sulla chiesa si veda da ultimo Cecilia Alessi, Marco Borgogni, Barbara Tavolari (a cura di), La collegiata di Santa Maria in Provenzano, Sovicille, Banca Cras, 2008, con bibliografia precedente. [18] Andrea Giorgi, Stefano Moscadelli, Costruire una cattedrale: l’Opera di Santa Maria di Siena tra XII e XIV secolo, Monaco, Deutscher Kunstverlag, 2005, p. 259. [19] Francesco Bandini Piccolomini, La Madonna di Provenzano e le origini della sua chiesa, Siena, Opera di Santa Maria in Provenzano, 1895, pp. 82-83; alcuni documenti di cantiere sono stati trascritti in Alfredo Barbacci, “L’architetto fra Damiano Schifardini e la chiesa di Santa Maria di Provenzano in Siena”, Bollettino d’arte, 1929-30, pp. 122-139; di grande interesse anche le fonti citate in Letizia Franchina, “La chiesa della Madonna di Provenzano”, cit. Il capitolato per la facciata è trascritto (1835) in Ettore Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi 1200-1800: opera manoscritta in tredici volumi, Firenze, S.P.E.S., 1976, vol. IX, p. 592 e sgg.

Il travertino trova poi un significativo impiego a Siena anche nell’architettura religiosa sei-settecentesca. Nei fronti delle chiese della città, quando viene utilizzata come presenza unica o preponderante, tale pietra recupera da un lato le qualità materiche e coloristiche di una parte significativa della tradizione del territorio senese dei secoli precedenti [13]; nella nuova morfologia della facciata tardo-rinascimentale e barocca – arricchita dalla presenza dell’ordine architettonico ad articolare la superficie del fronte – essa diviene al contempo esplicito richiamo ai più aggiornati esempi romani: se in Santa Maria in Provenzano i riferimenti ai fronti del Gesù e di Santa Maria in Valicella sono ancora mediati dal portato di ascendenza fiorentina [14], la facciata di San Martino – opera di Giovanni Fontana (1613) – guarda alla grande maniera dell’Urbe nel suo momento di passaggio da un Manierismo caratterizzato dal rispetto per la Regola vignolesca all’incipiente Barocco [15]. Nella settecentesca chiesa di San Giorgio, col suo magniloquente ordine gigante in facciata e la sua peculiare sistemazione interna, materia e linguaggio architettonico divengono ulteriore testimonianza dell’adesione senese alla cultura del Barocco romano: da Maderno a Pietro da Cortona, da Bernini ad Alessandro Galilei [16]. Fra gli esempi chiesastici citati, per la ricchezza delle fonti che documentano le fasi costruttive – e in particolare l’approvvigionamento dei materiali, dalle cave al cantiere – si distingue la fabbrica S. Maria in Provenzano, edificio che rappresenta un’architettura di grande rilevanza nella Toscana di Ferdinando I [17]. Soffermandoci in questa sede solo sugli aspetti strettamente attinenti al tema, si può rilevare come la capacità costruttiva e imprenditoriale delle maestranze lombarde – presenti a Siena fin dal Medioevo e impiegate nel cantiere della cattedrale in operazione di escavazione dei materiali lapidei [18] – si incontra qui con l’esperienza del capomastro senese Flaminio del Turco: questi è chiamato qui a eseguire un progetto (1595-97) concepito dal padre certosino Damiano Schifardini, «buon cosmografo, buon geometra, perfetto ingegnere, maestro di matematiche del giovane Cosimo» [19], per accogliere una miracolosa immagine mariana sotto l’attenta sorveglianza del Granduca, che coinvolgerà anche il fratello don Giovanni de Medici per la geometria della cupola e la complessa sistemazione dello spazio esterno alla chiesa. Francesco Bandini Piccolomini, studiando le carte dell’Archivio dell’Opera della Madonna di Provenzano, ha potuto scrivere alla fine dell’Ottocento:

granary in Serre of the Hospital of Santa Maria della Scala], all the travertine required to create the numerous architectonic ornaments for the Church, which Schifardini proposed to sculpt in that stone. Their requests were kindly granted. It was therefore arranged that master builder Flaminio should ensure that his quarrymen and stonecutters extracted the required stones. On 24 August 1597, Giovanni d’Antonio Grassi from Sinalunga was contracted to deliver the blocks to Siena. He was paid three piastre for every one thousand libra [of stone], but buffalos, carts, ropes, hemp cloth and ironware were at his expense, having stipulated that each block

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of stone should not weigh less than five hundred libra, excluding all pieces usually loaded on the back of a mule.» [20]. Travertine continues to be used in Siena even after the end of the Grand Duchy of Tuscany. Between the 19th and 20th century it is once again widely used both as cladding and as single decorative elements on façades and inner courtyards: thanks to its natural predisposition to be cut and worked as blocks with sharp edges, this material is particularly suited to interpret the clarity of Purism in the second half of the 19th century [21], as well as the new abstractions of 20th century rationalism [22]. Between the 19th and 20th

centuries, Sienese travertine, particularly that from Rapolano, is used in other Italian cities outside the province. We report here only two particularly significant examples: it is used to restore the façade of the Chiesa di Ognissanti in Florence (1871-72) [23], copying the design of the 17th century façade in sandstone, and to enlarge the Palazzo Montecitorio in Rome, designed by Ernesto Basile (1902-27) [24]. Note that, according to the city authorities, the use of travertine – a stone totally extraneous to the Florentine architectural tradition - is justified in the restoration of the Chiesa di Ognissanti due to its guaranteed resistance to atmospheric


[20] Bandini Piccolomini, La Madonna di Provenzano, cit., p. 82. [21] Maria Cristina Buscioni (a cura di), Giuseppe Partini architetto del Purismo senese. Catalogo della mostra, Firenze, Electa, 1981; Ettore Spalletti, “Il secondo Ottocento”, in Carlo Sisi, Ettore Spalletti, La cultura artistica a Siena nell’Ottocento, Milano, Pizzi, 1994, pp. 349-568; Mattias Quast, Rinascimento e neorinascimento: per una lettura del linguaggio neorinascimentale a Siena nella seconda metà dell’Ottocento, in Margherita Anselmi Zondadari (a cura di), Architettura e disegno urbano a Siena nell’Ottocento, Torino, Allemandi, 2006, pp. 105-129. Un esempio significativo è rappresentato dalla ristrutturazione del complesso di S. Vigilio per la nuova sede del’Università di Siena, ora del Rettorato, che fra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, vede un diffuso impiego del travertino di Rapolano sia in facciata che all’interno, ben documentato nel saggio Alessandro Leoncini, “Il

«Ebbero pure cura gli Operai di ottenere dal Rettore dello Spedale Grande, ampia facoltà di scavare nel podere di Noceto in corte delle Serre, appartenente alla Grancia ospedaliera di quel nome, tutto il travertino che doveva servire ai numerosi ornati architettonici della Chiesa, proposti dallo Schifardini in quella pietra e della loro richiesta vennero cortesemente accontentati. Allogarono quindi a maestro Flaminio di provvedere per i suoi cavatori e scalpellini all’estrazione delle pietre occorrenti. Per condurli a Siena fecero scrittura ai 24 di agosto 1597 con Giovanni d’Antonio Grassi da Sinalunga a ragione di tre piastre ogni migliaio di libbre, a gabella degli Operai, ma a tutte sue spese di bufali, carri, funi, canapi e ferramenti con la condizione che ciascun pezzo di pietra non fosse di peso inferiore a libbre cinquecento ed escludendo tutti i pezzi soliti a venire a schiena di mulo» [20]. La fortuna del travertino a Siena non si interrompe con la fine del Granducato di Toscana, ma conosce fra Otto e Novecento una nuova stagione di diffusione applicativa, sia in forma di rivestimento esteso, che di singoli elementi decorativi per fronti e cortili interni: grazie alla sua naturale predisposizione al taglio e alla lavorazione in pezzi dai bordi netti e definiti, il materiale, infatti, può ben interpretare il nitore del purismo del secondo Ottocento [21], al pari delle astrazioni del nuovo razionalismo novecentesco [22]. Fra XIX e XX secolo, i travertini senesi, e quello di Rapolano in particolare, superano la stretta pertinenza geografica della provincia per essere impiegati in altre città della penisola. Si ricordano qui soltanto due esempi particolarmente significativi: il rifacimento della facciata della chiesa di Ognissanti a Firenze (1871-72) [23], sullo stesso disegno della facciata seicentesca già realizzata in arenaria; le forniture per l’ampliamento del palazzo di Montecitorio a Roma, su progetto di Ernesto Basile (1902-1927) [24]. È importante sottolineare che nell’intervento di Ognissanti, l’utilizzo del travertino – pietra profondamente estranea alla cultura architettonica fiorentina – viene giustificato dalle autorità cittadine con la garanzia di inalterabilità agli agenti atmosferici, offerta dal materiale [25]. Le indagini dei geologi contemporanei sulle facciate del centro storico senese hanno in effetti dimostrato che solo il laterizio esprime un comportamento migliore del travertino sul piano del degrado, con prestazioni che per questo aspetto superano quelle del calcare cavernoso, dei marmi e delle arenarie [26]. Tutto ciò è ben dimostrato da una delle più emblematiche architetture senesi: la parte sommitale della Torre del Mangia (1338-49), la cosiddetta “rocca”, è infatti realizzata in travertino e le quattro lupe trecentesche, poste agli angoli della “seconda rocca”, furono sostituite soltanto nel 1829 e sono ancora oggi in situ [27].

agents [25]. Modern geological studies on the façades of the historical centre of Siena have shown that only bricks are more resistant than travertine to degradation; in this respect, travertine is superior to cavernous limestone, marble and sandstones [26]. This is well demonstrated by one of the most emblematic pieces of Sienese architecture: the top portion of the Torre del Mangia (1338-49), the so-called “stronghold”, is made of travertine, and the four 14th century she-wolves at the corners of the “second stronghold” were only replaced in 1829 and are still in situ [27].

The quarries in Rapolano reported in sources from the Renaissance to the modern age. Although the main quarries in the area around Siena have been identified, the literature has not allowed a precise reconstruction of the provenance of travertine used in the monumental urban constructions of the surrounding countryside between the medieval and modern periods. Interdisciplinary analyses, such as those completed on the “tower stones” or on the marble from the Montagnola [28], are lacking on this material. Travertine quarries are documented south of Colle Val d’Elsa - from Gracciano to Abbadia a Isola - and in the territory around

the Abbazia di San Galgano, which in the locality of Villanuova (near Frosini) had built a granary administrated by a magister lapidum (master in stone) [29]. Recent studies have found that in the 14th century the material for the Opera del Duomo di Siena was supplied by quarries in the Val di Merse, particularly the Filetta quarry near Sovicille (30]. In his architectural treatise, Trattati (1480’s), Francesco di Giorgio mentions the quarries of Bagno Vignoni in the Val d’Orcia, not far from Pienza, specifying that «all these travertines are suitable for fashioning ashlar blocks, for stonework and for making lime mortar» [31]. Vasari dedicates to Sienese

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Palazzo del Rettorato dell’Università di Siena (1815-2003)”, Annali di Storia delle Università Italiane, X, 2006, pp. 36-44. [22] Vedi le schede in Quast, Siena: banca dati, cit. [23] Luciano Berti, “Matteo Nigetti II”, Rivista d’Arte, XXVII, 1951/52, p. 103; Francesco Rodolico, Le pietre, cit., p. 11. [24] Franco Borsi, L’architettura dell’unita d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1966, p. 227. [25] Vincenzo Vaccaro, Il restauro della facciata di Ognissanti, Firenze, Polistampa, 2000, p. 7. [26] Giamello et al., I materiali litoidi, cit., tab. 3, p. 124. [27] Per la torre si veda da ultimo Letizia Galli, Sottile più che snella: la Torre del Mangia del Palazzo Pubblico di Siena, Livorno, Sillabe, 2005, pp. 50-59: nel resoconto dei più importanti restauri fra Quattrocento e Novecento, l’autrice ricorda interventi alle parti in travertino a partire dai primi anni del Settecento, con consistenti ulteriori opere fra il secondo e il terzo decennio dell’Ottocento.

La cella campanaria della Torre del Mangia (1338-49) a Siena. The belfry of the Torre del Mangia (1338-49) in Siena.

travertine only a short note. The Sienese architect, Pietro Cataneo, provides a detailed report on the travertine quarries in the territory around Siena in the third chapter of book II of his architectural treatise (1554): «Returning to our first discussion on the quarries for these different types of stone, we will first consider Travertine, which is generally very white, although it can sometimes also be yellowish, greyish, light bluish, or of other colour, and more constructions have been made from this stone than from any other type of stone, as in the case of the amphitheatre and the public treasury in Rome. The whitest and most beautiful

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of all is quarried at Tivoli on the [River] Teverone, and it is generally thought that it forms from earth and frozen water. It is also found in various sites within the dominion of Siena, for example at Rapolano, at Maciareto, at [A]Sciano, at Montalceto, at Sanprugnano, at Sancasciano dei Bagni and in other places within the territory, always very white and of good consistency, but the best is quarried at Rapolano, twelve miglia from the city, and at Sanprugnano, forty miglia from Siena» [32]. Modern geologists have found that most of the travertine used in Siena came from the quarries in Serre di Rapolano [33]. The Noceto quarry,

now known as Querciolaie, belonging to the Hospital of Santa Maria della Scala since the second half of the 15th century, lies In the latter district [34]: the travertine used in the previously mentioned construction of Santa Maria in Provenzano (from 1597) comes from this quarry [35]. The late 16th century evidence, until now ignored, of the use of travertine from Rapolano in constructing Santa Maria in Provenzano comes from Pietro Cataneo, although an even older citation dates quarrying activity in this area further back, to the 1460’s. Girolamo Macchi (1648-1734) - scrittore maggiore (an accountant) of the Hospital of Santa Maria della Scala and author


Le cave di Rapolano nelle fonti fra Rinascimento ed Età moderna Pur avendo individuato i principali siti di escavazione nel territorio intorno a Siena, la letteratura non ha ancora ricostruito con precisione la provenienza del travertino utilizzato nell’edilizia monumentale urbana e del contado fra Medioevo ed Età moderna. Mancano poi per questo materiale analisi interdisciplinari come quelle realizzate per la “pietra da torre” o per i marmi della Montagnola [28]. Per il travertino sono documentate le cave a sud di Colle Val del’Elsa – da Gracciano ad Abbadia a Isola – e una serie di siti estrattivi nel territorio intorno all’Abbazia di S. Galgano, che proprio in località Villanuova (presso Frosini) aveva costituito una grancia, amministrata da un magister lapidum [29]. Recenti ricerche hanno appurato che nel Trecento l’Opera del Duomo di Siena si serviva di alcune cave in Val di Merse, e in particolare di quella della Filetta, vicino a Sovicille [30]. A queste notazioni, si può aggiungere che nei Trattati di Francesco di Giorgio (ottavo-nono decennio del Quattrocento) sono ricordate le cave di Bagno Vignoni non lontane da Pienza, specificando che «tutti questi tiburtini sono atti a fare conci, a murare» [31]. Se il Vasari nell’Introduzione alle Vite dedica al travertino senese soltanto un cenno, è il trattatista Pietro Cataneo a fornire un articolato quadro delle cave di travertino del territorio intorno a Siena nel capitolo terzo del secondo libro della sua opera (1554): «Tornando hora al primo nostro ragionamento sopra le cave di tale variate sorti di pietre e prima del Tevertino, il quale comunemente è bianchissimo, ancora che talvolta se ne ritrovi del gialliccio, bigiccio e azzurriccio, e di altri colori e di tal pietra se ne sono fatte maggior fabbriche, che di qual si voglia sorte petrina, come per lo amphiteatro e per lo erario di Roma si dimostra. Cavasi il più bianco e bello di ogni altro a Tivoli in sul Teverone e si tiene per opinione commune che sia creato di terra e di acqua congelata. Trovasene ancora in più e diversi luoghi del dominio Senese come a Rapolano, a Maciareto, a Asciano, a Montalceto, a Sanprugnano, e a Sancasciano dei Bagni e in altri luoghi di tali territori, tutti bianchissimi e di buona pasta, ma i migliori si cavano a Rapolano vicino dodici miglia alla città e a Sanprugnano quaranta miglia discosto da Siena» [32]. È stato osservato dai geologi contemporanei che la maggior parte del travertino impiegato a Siena proviene dalle cave di Serre di Rapolano [33]. In quest’ultimo comprensorio si trova la cava di Noceto oggi nota come Querciolaie, di proprietà dell’Ospedale di Santa Maria della Scala dalla metà del Quattrocento [34]: da qui proviene il travertino utilizzato nel già ricordato

of precious manuscripts preserved in the State Archives of Siena - writes: «Palazzo de Papeschi in Siena [Palazzo Todeschini Piccolomini]: this palace in Siena, also known as Palazzo dei Papeschi dal Chiasso Largo, is in the street formerly known as Porrione da Santo Martino. Construction began on the 12th day of September 1469 by Misser Nanni Todeschini Piccolomini, the brother-in-law of Pope Pius II, and the stones of this palace were quarried at the Podere Noceto, part of the Grancia of Serre, belonging to the Hospital of Santa Maria della Scala, as requested by the pope before he died» [36]. In this case the reference is to the decorative

elements – the most outstanding of which is the large cornice that crowns the palace and the monolithic columns of the inner courtyard. It cannot be excluded that also one or more façades of this palace were meant to be made entirely of travertine (as in the Palazzo delle Papesse of Caterina Piccolomini mentioned earlier in this paper) instead of the cavernous limestone used on the side facing Via Banchi di Sotto, or the brick used in the other façades [37]. In the 18th century, doctor and naturalist Giovanni Targioni Tozzetti mentions travertine from the quarry in Rapolano belonging to the Hospital of Santa Maria della Scala:

«the white of the marbles used abundantly in Sienese constructions is... [sic] similar to the white of the Monti Pisani, and the black... [sic] is similar to the black of Pistoia, the yellow of the old quarry in Rosia is similar to the antique yellow and white travertine quarried on the lands of the Scala Hospital. This travertine is used to build and decorate the largest buildings in Siena, and the large quarried blocks resist the ravages of time extremely well, are resistant to chiselling, and can be used to create even thin cornices. When it is fresh from the quarry and in the first months of its wear in buildings, it is as white as that of Rome and similarly solid and compact» [38].

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Scorci della Grancia (XVI secolo) a Serre di Rapolano. In evidenza gli stemmi dell’Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena. | pp. 48-49. View of the Grancia (16th century) at Serre di Rapolano. Note the coat of arms of the Hospital of Santa Maria della Scala in Siena.

[28] Per la pietra da torre, vedi qui nota 1. Per la Montagnola senese, si ricordano: Massimiliano Micheluccini et al., I marmi della Montagnola senese, Siena, Amministrazione provinciale, 1981; David Gilbertson, “Progetto Montarrenti: an outline and synthesis of the geoarcheological development of the northern Montagnola senese, Tuscany”, Archeologia Medievale, XIV, 1987, pp 394-408. Per il travertino esistono soltanto i due volumi divulgativi: Le pietre di Rapolano cit. e Il travertino di Siena, Siena, Al.Sa.Ba, s.d. [29] Parenti, “Approvvigionamento e diffusione”, cit., p. 99. [30] Andrea Giorgi, Stefano Moscadelli, Costruire una cattedrale, cit., p. 69. [31] Francesco di Giorgio Martini, Trattati, Milano, Il Polifilo, 1967, II, p. 317. La datazione dei manoscritti di Francesco di Giorgio è questione alquanto complessa: si rimanda a Massimo Mussini, Francesco di Giorgio e Vitruvio, Firenze, Olschki, 2003, pp. 109-121. [32] Giorgio Vasari, Le Vite, a cura di Gaetano Milanesi, Firenze, Sansoni, 1906, vol. I, p. 122. Pietro Cataneo, I quattro primi libri di architettura, Venezia, Figli di Aldo Manunzio, 1554, p. 54. [33] Giamello et al., “Building materials in Siena architecture. Science and Technology for Culture Heritage, I, 1992, p. 63. [34] Giulio Pini, Casolari della campagna senese, Rapolano Terme, Associazione Pro Loco, 1998, I, pp. 241-242.

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The words of doctor Giuseppe Baldassari in his Osservazioni (1779) are also very suggestive: «Besides this, from the Strada Lauretana near Villa Poggio Pinci and before reaching Osteria della Violante, following the foot of the hills towards Serre di Rapolano, one treads on a paving of Travertine and Spugnone [a porous limestone], for almost two miglia, there being Travertine quarries along this stretch that are used for construction in Siena» [39]. Earlier, in the first half of the 18th century, even Giovan Antonio Pecci mentioned the Noceto quarry, although the extraction of travertine was among the minor activities in the area [40]. The absence of any

reference to travertine from Rapolano (and, in general, of travertine quarries in Tuscany) in the detailed outline that Bartolomeo Torricelli, “chief stonecutter of the Royal Gallery [of Florence]”, gives of the lithotypes quarried not only in Tuscany, but also in various parts of the Italian peninsula and in Europe (1714), can probably be ascribed to a gap in the artist’s empirical and first-hand knowledge [41] rather than to a radical decline in the importance of these quarries between the 17th and 18th centuries. The only travertine mentioned in the manuscript is that quarried at Spello, near Assisi, and that of «Marino, not far from Rome, and there are large buildings made

from this travertine» [42]. These eloquent but significant testimonials suggest that quarrying (between the 15th and 18th century) was linked to very important architectural commissions characterized by the presence of workers with considerable capacity and by particularly distinguished patrons: as quarrying is not continuous over long periods, unlike in the marble quarries of Versilia-the Apuan Alps in the modern period or in the macigno sandstone quarries north of Florence, a well organized production line run by locals never develops. The industrial inventory of 1813, commissioned by the Napoleonic


government for all of Tuscany, confirms this situation and lists the construction materials quarried in the area of Siena, i.e. in the Department of the Ombrone: ÂŤMarble: a marble called Fiorito di Siena is found at Montarrenti; yellow Spanocchia Marble belonging to Signor Giuseppe Spannocchi, Montalceta Red, Vallerano Black; Travertine: Spannocchia Travertine, Serre di Rapolano Travertine; Millstones: There is a good quarry near Serre di Rapolano belonging to Signor FranceschiniÂť [43]. The rich landowner Domenico Franceschini bought the quarry at Serre from the Hospital of Santa Maria della Scala at the start of the 19th century [44],

in the context of the divestment of properties depending from the Grancia of Rapolano, one of the oldest granaries, along with that of Cuna [45]. In his reply to the 1811-12 industrial survey involving the three Tuscan Departments (Arno, Ombrone and Mediterranean), the Maire of Rapolano also wrote: ÂŤSignor Prefect, in response to your round letter of 28th September last relating to metal, stone and marble quarries, I have the honour to inform you that: in the municipality there are some gold mines and many quarries in which stones called travertine, alberese and others are extracted. There is one gold mine and the others,

particularly the travertine [quarries] cover one sixth of the area of the municipality. The former is not managed by anyone because Signor Giovanni Gori of Florence, its owner in the last 50 years, found it to be so poor that the expense was far greater than the earnings. The [quarries] are not managed with continuity due to the lack of commissions. They are directed by the first comer when there is a demand for this stone. As these quarries are very common, they are hardly profitable. Since, as mentioned earlier, there is no director, we do not know what the expenses may amount to. The quality of the product is unknown because works are generally

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Palazzo Todeschini Piccolomini (1469-1500 c.a.) a Siena. Dettagli della facciata in travertino e calcare cavernoso. | pp. 50-51. Palazzo Todeschini Piccolomini (1469-1500 c.a.) in Siena. Detail of the travertine and cavernous limestone façade.

[35] Giamello et. al., I materiali litoidi cit., p. 122. Parenti, “Approvvigionamento e diffusione”, cit., p. 98 ; Emo Starnini, “Le cave”, in Le pietre di Rapolano, cit., p. 5. [36] Girolamo Macchi, Nota di più palazzi che sono in Siena, ASS, Ms D 106, c. 59v. trascritto in Fabio Bisogni, “Girolamo Macchi e la sua “Nota di più palazzi che sono in Siena” (1712-1727)”, in Le dimore di Siena, cit., p. 48. [37] Questa scelta potrebbe essere legata ad un drastico ridimensionamento del progetto, soprattutto dal punto di vista dell’impianto complessivo, a causa della morte di Pio II e della mancata conferma del lascito a favore dei nipoti da parte del successore, papa Paolo II: Fabrizio Nevola, Architettura civile, in Pio II e le arti cit., p. 206. Mattias Quast invece si chiede se nella scelta del calcare cavernoso si debba riconoscere la volontà di richiamare le possenti torri dei Piccolomini presenti nella stessa parte della città fra XII e XIII secolo: Mattias Quast, “I Piccolomini committenti di palazzi nella seconda metà del Quattrocento”, in Archivi, carriere, committenze, cit., p. 330.

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cantiere di Santa Maria in Provenzano (dal 1597), episodio ritenuto, fino ad ora, la prima attestazione dello sfruttamento delle cave in questa parte del territorio senese [35]. I riferimenti tardo cinquecenteschi del travertino rapolanese per la fabbrica di Provenzano vengono anticipati dunque dalla testimonianza di Pietro Cataneo, passata fino ad oggi inosservata, ma una citazione più antica, se pur indiretta, porta a retrodatare ulteriormente l’attività delle cave di quest’area fino al sesto decennio del Quattrocento. Girolamo Macchi (1648-1734) – scrittore maggiore dell’Ospedale di Santa Maria della Scala e autore di preziosi manoscritti conservati presso l’Archivio di Stato di Siena – così scrive: «Palazzo de’ Papeschi in Siena [Palazzo Todeschini Piccolomini]: questo palazzo in Siena detto dei Papeschi dal Chiasso Largo è nella strada già anticamente detta Porrione da Santo Martino. Fu il medesimo principiato il dì 12 settembre dell’anno 1469 da misser Nanni Todeschini Piccolomini e cognato di papa Pio II e le pietre di questo palazzo furono cavate nel podere detto Noceto dello Spedale Grande di S. Maria della Scala sotto alla Grancia di Serre e ciò fu ordinato dal detto pontefice avanti che morisse» [36]. Evidentemente in questo caso il riferimento è agli elementi decorativi – fra cui spicca il cornicione sommitale di grandi proporzioni – e alle monolitiche colonne del cortile interno; ma non si può escludere che fossero previsti anche per questo palazzo uno o più fronti interamente in travertino (come nel Palazzo delle Papesse di Caterina Piccolomini già menzionato in questo saggio), al posto del calcare cavernoso messo invece in opera nel prospetto su via Banchi di Sotto, o delle altre facciate in laterizio [37]. Nel Settecento è il medico e naturalista Giovanni Targioni Tozzetti a menzionare il travertino della cava dell’Ospedale di Santa Maria della Scala a Rapolano: «i marmi che abbondano nelle fabbriche di Siena sono il bianco di... [sic] simile al bianco dei monti pisani, e il nero di... [sic] simile al nero di Pistoia, il giallo di Rosia della cava vecchia simile al giallo antico e


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Palazzo Todeschini Piccolomini (14691500 c.a.) a Siena. Il cortile interno con le colonne monolitiche e le paraste in travertino. | pp. 52-53. Palazzo Todeschini Piccolomini (14691500 c.a.) in Siena. The inner courtyard with its monolithic columns and pilasters in travertine.

[38] Giovanni Targioni Tozzetti, Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana VII, Firenze, Stamperia granducale per Gaetano Cambiagi 1774, p. 129. L’autore torna sul tema del travertino anche in un’ altra parte delle sue relazioni, ricordando come il materiale sia presente in varie parti della Toscana, ma sopratutto nel Senese: «... nel Senese ve ne sono molti, assai spaziosi, da Staggia in là, per gran tratto della Montagnola e del Distretto di Siena; nella Maremma senese poi il Monte di Chiusdino et altri contigui del territorio di San Galgano, il Monte di Massa Marittima, et parecchi altri vicini»: Ivi, IX, 1776, p. 275. [39] Giuseppe Baldassarri, Osservazioni ed esperienze intorno al bagno di Montalceto, Siena, Luigi e Benedetto Bindi, 1779, p. 49. [40] ASS, Ms D 72, c. 214, citato in Giulio Pini, Sandro Rossolini, “Serre di Rapolano e il suo Statuto del 1656-57”, in Bullettino Senese di Storia Patria, LXXXIV-LXXXV, 1977-78, p. 182, nota 57. Negli statuti di Serre di Rapolano del 1656-57 non si trovano regolamenti o riferimenti espliciti alle cave di travertino, che non vengono menzionate neppure nella relazione del Gherardini sul contado senese (1676) in ASS, Ms. D 82.

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il travertino bianco, ne’ beni dello Spedale della Scala. Di questo travertino sono costruite ed ornate le più grandi fabbriche di Siena e se cavansi grandi saldezze che resistono benissimo alle ingiurie de tempi e reggono bene lo scalpello, tirate in corniciami anche sottili. Subito che si cava e nei primi mesi che si impiega nelle fabbriche è bianco quanto quello di Roma e similmente saldo e fitto» [38]. Di grande suggestione sono anche le parole usate dal medico Giuseppe Baldassari nella sue Osservazioni (1779), dove si legge: «Oltre a ciò dalla Strada Lauretana in vicinanza della Villa di Poggio Pinci e prima di giungere all’Osteria della Violante andando a seconda delle radici dei Monti verso le Serre di Rapolano si cammina sopra un lastricato di Travertino e di Spugnone, per il corso di quasi due miglia, estraendosi in vari luoghi di questo tratto i Travertini che sono d’uso per le fabbriche di Siena» [39]. Precedentemente, nella prima metà del XVIII secolo, Giovan Antonio Pecci ricordava la cava di Noceto, anche se l’estrazione del travertino veniva annoverata fra le attività minori della zona di Serre [40]. Il mancato riferimento al travertino di Rapolano (e più in generale alle cave toscane di questo materiale) nell’accurato quadro che Bartolomeo Torricelli, “primo scultore di pietre dure della Reale Galleria”, dà dei litotipi che si cavano non solo in Toscana, ma anche in

given on commission to a master stonecutter in Siena; the latter ensures that the stones are quarried and worked roughly to the required shape, and are then sent to Siena where they are refinished» [46]. In the present review of published and unpublished sources, it seems important to conclude with the highly relevant entry that Fillippo Baldinucci dedicates to travertine in his Vocabolario (1681). The material is discussed in its ‘Italian’, and in particular Tuscan, context: «Stone quarried at many Italian sites, that is in Siena, Pisa, Lucca and along the River Teverone at Tivoli; it is frozen water and soil, crudely formed and cold; and not only does the soil

freeze and turn into stone, but also the stumps and the leaves of trees; when it dries no water remains inside or out, leaving only this spongy, pitted stone. The stone has been used in the construction of the most prestigious ancient and modern buildings and in creating their foundations» [47]. These brief notes highlight a number of issues requiring further investigation: the role of Santa Maria della Scala in supplying travertine to Siena in the modern period, and ties between the hospital and the Piccolomini family; the weight of the presence of Lombard workmen – and their entrepreneurship – in the economic-

productive context of the medieval and modern city, with particular attention to the dynamics and management of the entire process of travertine procurement (from quarry to work site); the role of patrons and designers in promoting, from the second half of the 15th century onward, a material that was certainly present but not dominant in the context and tradition of medieval architecture in the city. The choice of travertine is therefore dictated by reasons that go beyond the material characteristics of the stone: it is linked to cultural and iconological motivations that look to the Rome of Antiquity and that of the modern period.


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Facciata della chiesa di Santa Maria in Provenzano (1595) a Siena. Vista generale e dettaglio delle cornici in travertino. | pp. 54-55. Façade of the Church of Santa Maria in Provenzano (1595) in Siena. General view and detail of the travertine cornices.

varie parti della penisola e in Europa (1714), si può probabilmente imputare ad una lacuna nelle empiriche e autobiografiche conoscenze dell’artista [41] piuttosto che ad una radicale perdita di importanza delle cave fra Sei e Settecento: qui gli unici travertini citati nel manoscritto sono quelli cavati a Spello, vicino ad Assisi, e quelli di «Marino non lontano di Roma e si vedono di gran fabbriche di pietrame di esso travertino» [42]. Il quadro che emerge da queste rapsodiche ma significative testimonianze evidenzia un’attività estrattiva (fra XV e XVIII secolo) legata ad alcune grandi commissioni architettoniche – caratterizzate dalla presenza di maestranze dalla spiccata capacità imprenditoriale e di una committenza particolarmente qualificata – che non assume dunque i caratteri della continuità nel tempo lungo, presupposto per la creazione di una filiera ben organizzata e gestita da operatori locali, come già doveva apparire in Età moderna il comparto marmifero versiliese-apuano o le cave di macigno a nord di Firenze. La Statistica industriale del 1813, ordinata dal Governo francese per tutta la Toscana, conferma tale situazione, ricordando in questo modo i materiali da costruzione che vengono cavati nel territorio di Siena, ovvero nella circoscrizione del Dipartimento dell’Ombrone: «Marmi: Marmo detto Fiorito di Siena si trova a Montarrenti; Marmo giallo di Spanocchia di pertinenza del Signor

NOTES [1] Francesco Rodolico, Le pietre delle città d’Italia, Florence, Le Monnier, 1953, pp. 287-291; Roberto Bobbio, Stefano Musso, Siena: conservazione e trasformazione della città murata. Materiali, strutture edilizie e costruzione urbana, Genova, Università degli Studi, 1990; Roberto Parenti, “Fonti materiali e lettura stratigrafica di un centro urbano: i risultati di una sperimentazione non tradizionale”, Archeologia medievale, XIX, 1992, pp. 22-25; Duccio Balestracci, “Pietre e mattoni. I materiali costruttivi nella Siena medievale”, in Maurizio Boldrini (edited by), I colori della

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città, Siena, Protagon, 1993, pp. 19-24; Marco Giamello et al., “I materiali litoidi nell’architettura senese: tipologia, distribuzione e stato di conservazione”, in Ivi, pp. 115-128; Roberto Parenti, “Approvvigionamento e diffusione dei materiali litici da costruzione di Siena e dintorni”, in Daniela Lamberini (edited by), Le pietre delle città d’Italia. Atti della giornata di studi in onore di Francesco Rodolico, Florence, Le Monnier 1995, pp. 87-108; Duccio Balestracci, “La facciata medievale ovvero l’isola che non c’è”, in Francesca Tolaini (edited by), Il colore delle facciate: Siena e l’Europa nel Medioevo, Atti del convegno, Ospe-

daletto, Pacini, 2003, pp. 71-77; Marco Giamello et al., “Lo studio dei materiali lapidei del centro storico di Siena”, Arkos, IV, 2003, 2, pp. 2229; Anna Gandin et al., “La pietra da torre nel centro storico di Siena”, Etruria Natura, V, 2008, pp. 82-94. [2] For these we only mention the works on the Duomo and on the Palazzo Pubblico: Francesca Droghini et al., “Le antiche finiture dei marmi della facciata del Duomo di Siena”, in Mario Lorenzoni (edited by), La facciata del duomo di Siena: iconografia, stile, indagini storiche e scientifiche, Cinisello Balsamo, Silvana, 2007, p. 175-187; Stefano Camporeale,

[41] Il manoscritto ASF, Mannelli Galilei Riccardi, 439 (una delle tre versioni note), è il risultato dei viaggi dello scultore ed è stata una delle fonti più consultate dai naturalisti del Sette e dell’Ottocento: Daniela Mignani, “Il Trattato delle pietre di Giuseppe Antonio Torricelli. Una fonte per i naturalisti toscani”, in Le pietre delle città d’Italia, cit., pp. 227-237. Il mancato riferimento al travertino di Rapolano nel prezioso testo Giorgio Santi, Viaggio secondo per le due provincie senesi: che forma il seguito del Viaggio al Montamiata, Pisa, Ranieri Prosperi, 1798, sembra essere legato ad un itinerario che non tocca il territorio più prossimo alla città. Nel testo si trovano preziose informazioni, già utilizzate da Rodolico, per i travertini dell’area di Pienza e della Val d’Orcia, di Montepulciano e del Grossetano (Pitigliano, Saturnia e San Casciano in Bagni). [42] ASF, Mannelli Galilei Riccardi, c. 18. Anche Agostino del Riccio (1597), mostra di conoscere solo il travertino laziale (Agostino Del Riccio, Istoria delle Pietre, a cura di Raniero Gnoli e Attilia Sironi,Torino, Allemandi, 1996).


Chiesa di San Martino (1613) a Siena. Vista e dettaglio della facciata in travertino. | pp. 56-57. Church of San Martino (1613) in Siena. View and detail of the travertine façade.

[43] ASS, Governo Francese, 235, c.n.n. [44] ASS, Archivio dell’Ospedale di Santa Maria della Scala, 3060 a, c.n.n. I poderi acquistati da Franceschini, sono “Noceto, Filicheto, Adegia”. La Grancia di Serre al principio del Settecento comprendeva ventitre poderi, diverse chiuse e terre spezzate, quattro mulini ai Bagni di Rapolano, una fornace, un romitorio con case e terre; molte case e botteghe a Serre. Nell’archivio dell’Ospedale della Scala, si conserva anche il bellissimo cabreo settecentesco della Grancia: ASS, Archivio dell’Ospedale di Santa Maria della Scala, 1441, schedato in Lorenzo Ginori Lisci, Cabrei in Toscana: raccolte di mappe, prospetti e vedute, sec. XVI-XIX, Firenze, Cassa di Risparmio, 1978, p. 307, scheda 181, e in Giuliana Cantucci, Umberto Morandi (a cura di), Archivio dell’Ospedale di S. Maria della Scala: inventario, Roma [Pubblicazioni degli Archivi di Stato], 1960, I, pp. 218-219.

Alessandra Pais, “La facciata del Palazzo Pubblico di Siena. Le fasi costruttive: torrione, ala dei Nove, ala del Podestà”, Archeologia dell’architettura, VI, 2001, pp. 6593. For facades in general: Fabio Gabrielli, “Murature senza intonaco nelle facciate senesi in laterizi del Medioevo”, in Il colore delle facciate cit., pp. 101-118; Le facciate delle case di Siena 1900 - 1902: i bozzetti del concorso del Monte dei Paschi di Siena. Exhibition catalogue, Siena, Protagon, 2007; Mattias Quast, Siena: banca dati delle facciate del centro storico, http://db.biblhertz.it/siena/siena.xq, [2008].

[3] Duccio Balestracci, “La facciata medievale” cit., p. 72. [4] Georgia Clarke, Roman House - Renaissance palaces. Inventing antiquity in Fifteenth Century Italy, Cambridge University Press, Cambridge 2003, p. 180 ff. [5] The bibliography on this palace is variuos, and its attribution oscillates from Bernardo Rossellino and Antonio Federighi. Note the following works: Francesco Paolo Fiore, “Siena e Urbino”, in Id. (edited by), Storia dell’architettura italiana. Il Quattrocento, Milano, Electa, 1998, pp. 280-281; Rosario Pagliaro, “Bernardo Rossellino a Siena. Misure e proporzione dei

Palazzi Piccolomini”, in Gabriele Morolli (edited by Le dimore di Siena. L’arte dell’abitare nei territori dell’antica Repubblica dal Medioevo all’Unità d’Italia. Atti del convegno, Firenze, Alinea, 2002, pp. 136-138; Lawrence A. Jenkens, “Caterina Piccolomini and the Palazzo delle Papesse in Siena”, in Sheryl E. Reiss (edited by), Beyond Isabella: secular women patrons of art in Renaissance Italy, Kirksville, Truman State University Press, 2001, pp. 77-91; Fabrizio Nevola, “L’architettura tra Siena e Pienza: architettura civile”, in Alessandro Angelini (edited by), Pio II e le arti: la riscoperta dell’antico da Federighi a Michelan-

gelo, Cinisello Balsamo, Silvana, 2005, pp. 182-213; Fabio Gabrielli, “Il palazzo delle Papesse”, in Elisa Bruttini et al. (edited by), Il palazzo delle Papesse a Siena, Asciano, Ali, 2006, pp. 16-36; Mattias Quast, “I Piccolomini committenti di palazzi nella seconda metà del Quattrocento”, in M. Raffaella De Gramatica, Enzo Mecacci, Carla Zarrilli (edited by), Archivi, carriere, committenze; contributi per la storia del patriziato senese in età moderna. Atti del convegno, Siena, Accademia degli Intronati, 2007, pp. 376-377. [6] Fabio Gabrielli, “Il palazzo delle Papesse”, cit., p. 14. The solution of rustication on the ground floor,

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Giuseppe Spannocchi, Rosso di Montalceta, Nero di Vallerano; Travertini: Travertino di Spannocchia, Travertino delle Serre di Rapolano; Pietre da Macine: Si trova una buona cava presso le Serre di Rapolano di pertinenza del signor Franceschini» [43]. Il ricco possidente Domenico Franceschini aveva acquistato la cava di Serre dall’Ospedale della Scala sul principio del XIX secolo [44], nell’ambito della dismissione dei beni dipendenti dalla Grancia di Rapolano, una delle più antiche con quelle di Cuna [45]. Nella risposta all’inchiesta industriale che nel 1811-12 aveva coinvolto i tre Dipartimenti toscani (Arno, Ombrone e Mediterraneo), il Maire di Rapolano aveva inoltre scritto: «Signor Prefetto, rispondendo alla sua lettera circolare del 28 settembre ultimo scorso relativamente alle cave di metalli, pietre e marmi ho l’onore di dirgli: Vi sono nella comune delle miniere d’oro e moltissime di pietra detta travertino, alberese ed altre. Quella d’oro è una e le altre particolarmente di travertino sono per la sesta parte circa dell’estensione del comune. Le prime non sono dirette da veruno perché fattone il saggio dal Signor Giovanni Gori di Firenze che ne era il proprietario circa cinquant’anni orsono fu trovata povera assai ed era più la spesa dell’utile. Per le seconde poi non vi è che le diriga decisamente per la mancanza dei lavori. Sono dirette dal primo venuto quando vi è domanda dei lavori di detta pietra. Essendo tanto comuni dette cave, danno piccolissimo prodotto ai proprietari. Siccome come si è detto non vi è nessun direttore non si sa neppure a quanto possono ascendere le spese. Il prodotto non si può sapere perché essendo generalmente domandati i lavori da chi ne ha bisogno a qualche capo scarpellino di Siena, questo fa cavare i sassi e ridotti approssimativamente alla figura che devono avere sono mandati a Siena e lì sono ripuliti» [46]. Nella rassegna proposta di fonti manoscritte e a stampa, appare di grande rilevanza ricordare, per concludere, la voce che Fillippo Baldinucci dedica al travertino nel suo Vocabolario (1681), materiale che appare nella sua dimensione ‘italiana’ e toscana in particolare: «Pietra che si cava in molti luoghi d’Italia, cioè in Siena, in Pisa, in Lucca e ‘n sul fiume del Teverone a Tivoli; ed è una congelazione d’acque e di terra, che per la crudezza e freddezza si fa; e non solo si congela e petrifica la terra, ma i ceppi e le medesime foglie degli alberi; e perché nell’asciugarsi rimane alcuna quantità d’acqua dentro e fuori, resta questa pietra spugnosa e bucherata. È servita questa pietra per fare le più nobili fabbriche antiche e moderne e per le fondamenta delle medesime» [47].

surmounted by two layers of ashlar blocks (the modifications made in the second half of the 16th century cannot be assessed herein) has been likened to the façade of Palazzo Medici and Palazzo dello Strozzino. It would be worthwhile further investigating the latter comparison in light of some novel dating and original layouts of the Florentine palace reported in Gianluca Belli, “Il palazzo dello Strozzino”, in Gabriele Morolli (edited by), Michelozzo di Bartolomeo, scultore e architetto (1396 - 1472). Conference proceedings, Florence, Centro Di, 1998, pp. 35-44.

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[7] Fabrizio Nevola, “Per ornato della città: Siena’s Strada Romana and fifteenth-century urban renewal”, Art Bulletin, LXXXII, 2000, pp. 41-50; Mattias Quast, “Il linguaggio di Francesco di Giorgio nell’ambito dell’architettura dei palazzi senesi”, in Francesco Paolo Fiore (edited by), Francesco di Giorgio alla corte di Federico da Montefeltro. Conference proceedings, Florence, Olschki, 2004, II, p. 425 and p. 428 where the work site is dated to somewhere between the 1460’s and 1490’s, and the 19th century restorations are recalled: these involve the aperture of shops on the ground floor and the creation of oculi above the first floor windows, whereas

those of the second floor seem to be original. [8] Giulia Ceriani Sebregondi, “L’architettura di palazzo Francesconi: Baldassarre Peruzzi tra Roma e Siena”, Bollettino d’arte, XCII, 2007, 141, pp. 41-70: for a morphologic analysis of the cornices and the window tympanums, see p. 50, fig. 15. [9] Giulia Ceriani Sebregondi, “Fece molti disegni di case ai suoi cittadini: architetture e committenti di Baldassarre Peruzzi a Siena”, in Archivi, carriere, committenze: contributi per la storia del patriziato senese in età moderna, cit., pp. 376-377. For Palazzo Vescovi, also see the fiscal

[45] Ivi, p. 249. [46] ASS, Governo Francese, 235, c.n.n. Il Maire di Asciano da parte sua scrive: «[...] quanto ai travertini una cava esiste nei beni del soppresso Convento delle Monache di S. Chiara di codesta città [di Siena] … ed una nei beni del signor Domenico Franceschini di codesta città [...]. Le altre cave di travertino per la mancanza di lavori ho avuta certa notizia che ora sono inoperose e non producono cosa alcuna al proprietario del suolo» (ibidem). [47] Filippo Baldinucci, Vocabolario toscano dell’arte del disegno, a cura di Severina Parodi, Firenze, S.P.E.S., 1975, ad vocem.

documents transcribed in Cecilia Sani, Letizia Franchina, “Siena. Palazzo Celsi Pollini”, in Rilievi di fabbriche attribuite a Baldassarre Peruzzi, Exhibition catalogue, Siena, Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, 1982, pp. 287-295; for a complete picture, Francesco Paolo Fiore, “Baldassarre Peruzzi a Siena”, in Christoph Luitpold Frommel (edited by), Baldassarre Peruzzi, 1481-1536. Conference proceedings, Venice, Marsilio, 2005, pp. 83-94. [10] Enrico Toti, “Notizie per un repertorio dell’Architettura barocca a Siena”, Storia. Architettura, VIII, 1985, 1-2, p. 100.


Facciata della chiesa di Ognissanti (XVII secolo/1871-72) a Firenze. Dettagli delle membrature in travertino di Rapolano. | pp. 58-60. Façade of the Church of Ognissanti (17th century/1871-72) in Florence. Detail of the frames in Rapolano travertine.

Queste brevi note evidenziano una serie di temi, ancora da approfondire, ma che delineano promettenti percorsi di ricerca: il ruolo di Santa Maria della Scala nell’approvvigionamento del travertino a Siena nell’Età moderna, con il corollario dei rapporti fra l’istituzione ospedaliera e i Piccolomini; il peso della presenza delle maestranze lombarde – con la loro peculiare capacità imprenditoriale – nel contesto economico-produttivo della città medievale e moderna, con particolare riguardo alle dinamiche della gestione dell’intero processo del reperimento del travertino (dalla cava al cantiere); il ruolo della committenza e del progettista nell’incentivare la scelta, dal secondo Quattrocento in poi, di un materiale certo presente ma non preponderante nel contesto e nella tradizione architettonica medievale della città, opzione quindi che si caratterizza per valenze che superano i caratteri materiali della pietra, aprendo ad intrecci culturali e iconologici che guardano alla Roma degli antichi e dei moderni.

[11] Roberto Bobbio, Stefano Musso, Siena: conservazione e trasformazione della città murata cit., p. 127, where it is noted that in Palazzo Della Ciaia the cornices framing the openings on the ground floor and the piano nobile are in travertine, whereas those of the second floor and of the attic floor are in travertine stucco. [12] For Palazzo della Ciaia see Maria Antonietta Rovida, “Palazzo della Ciaia”, in Mario Bevilacqua, Carla G. Romby (edited by), Atlante del Barocco in Toscana. Firenze e il Granducato, Rome, De Luca, 2007, p. 600.

[13] Regarding the materials, see the examples of religious architecture mentioned in Francesco Rodolico, Le pietre cit., pp. 292-296; for stylistic-architectonic considerations, Mauro Mussolin, “L’architettura tra Siena e Pienza: “cathedralis effecta est”. Il Duomo di Pienza e il rinascimento cristiano di Pio II”, in Pio II e le arti: la riscoperta dell’antico da Federighi a Michelangelo, cit., pp. 240-241. [14] Gabriele Morolli, “La regola gioiosa. Architetture senesi della prima metà del Seicento tra ortodossia classicista e novità barocche”, in Dimenticare Firenze. Teofilo Gallaccini (1564-1641) e l’eclisse

presunta di una cultura architettonica, Exhibition catalogue, Siena, pp. 89-90; see also Letizia Franchina, “La chiesa della Madonna di Provenzano in Siena dalle ordini alla traslazione dell’immagine nel tempio (1594-1611)”, in Leonardo Rombai (a cura di), I Medici e lo Stato Senese, 1555 - 1609: storia e territorio. Catalogo della mostra, Rome, De Luca, p. 174-175. [15] Gabriele Morolli, “La regola gioiosa”, cit. [16] Enrico Toti, “Notizie”, cit., p. 102; Andrea Guerra, “Firenze e la Toscana dagli ultimi Medici ai Lorena”, in Giovanna Curcio, Elisabeth Kieven (edited by),

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Storia dell’architettura italiana. Il Settecento, Milan, Electa, 2000, I, p. 348. The designer of the church of medieval origin is Lombard Pietro Cremoni, by then Sienese by adoption and employed in the workshop of sculptor Giuseppe Mazzuoli; restructuring took place in 1730-38. File in Atlante del Barocco, cit. [17] For the church, see most recently Cecilia Alessi, Marco Borgogni, Barbara Tavolari (edited by), La collegiata di Santa Maria in Provenzano, Sovicille, Banca Cras, 2008, and the preceding bibliography. [18] Andrea Giorgi, Stefano Moscadelli, Costruire una cattedrale: l’Opera di Santa Maria di Siena tra XII e XIV secolo, Munich, Deutscher Kunstverlag, 2005, p. 259. [19] Francesco Bandini Piccolomini, La Madonna di Provenzano e le origini della sua chiesa, Siena, Opera di Santa Maria in Provenzano, 1895, pp. 82-83; alcuni documenti di cantiere sono stati trascritti in Alfredo Barbacci, “L’architetto fra Damiano Schifardini e la chiesa di Santa Maria di Provenzano in Siena”, Bollettino d’arte, 1929-30, pp. 122-139; di grande interesse anche le fonti citate in Letizia Franchina, “La chiesa della Madonna di Provenzano”, cit. Il capitolato per la facciata è trascritto (1835) in Ettore Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi 1200-1800: opera manoscritta in tredici volumi, Florence, S.P.E.S., 1976, vol. IX, p. 592 ff. [20] Bandini Piccolomini, La Madonna di Provenzano, cit., p. 82.

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[21] Maria Cristina Buscioni (edited by), Giuseppe Partini architetto del Purismo senese. Exhibition Catalogue, Florence, Electa, 1981; Ettore Spalletti, “Il secondo Ottocento”, in Carlo Sisi, Ettore Spalletti, La cultura artistica a Siena nell’Ottocento, Milano, Pizzi, 1994, pp. 349-568; Mattias Quast, Rinascimento e neorinascimento: per una lettura del linguaggio neorinascimentale a Siena nella seconda metà dell’Ottocento, in Margherita Anselmi Zondadari (edited by), Architettura e disegno urbano a Siena nell’Ottocento, Turin, Allemandi, 2006, pp. 105-129. A significant example is the restoration of the San Vigilio complex for the new seat of Siena University, now of the Chancellery, which between the end of the 19th century and the first decades of the 20th century, saw the widespread use of travertine from Rapolano both on the façade and within the building, as well documented in the work by Alessandro Leoncini, “Il Palazzo del Rettorato dell’Università di Siena (1815-2003)”, Annali di Storia delle Università Italiane, X, 2006, pp. 36-44. [22] See the file in Quast, Siena: banca dati, cit. [23] Luciano Berti, “Matteo Nigetti II”, Rivista d’Arte, XXVII, 1951/52, p. 103; Francesco Rodolico, Le pietre, cit., p. 11. [24] Franco Borsi, L’architettura dell’unita d’Italia, Florence, Le Monnier, 1966, p. 227; Ernesto Basile a Montecitorio e i disegni restaurati della Dotazione Basile, Exhibition

Catalogue, Palermo, Novecento, 2000. Also see the comments by Davide Turrini in this volume. [25] Vincenzo Vaccaro, Il restauro della facciata di Ognissanti, Florence, Polistampa, 2000, p. 7. [26] Giamello et al., I materiali litoidi, cit., tab. 3, p. 124. [27] Lastly, for the tower see Letizia Galli, Sottile più che snella: la Torre del Mangia del Palazzo Pubblico di Siena, Livorno, Sillabe, 2005, pp. 50-59: in the report on the most important works of restoration between the 15th and 20th centuries, the author highlights the alterations on the travertine portions starting in the early 18th century, with other significant works undertaken between the 1820’s and 30’s. [28] For the tower stone, see this footnote. For the Montagnola senese, note 1: Massimiliano Micheluccini et al., I marmi della Montagnola senese, Siena, Amministrazione provinciale, 1981; David Gilbertson, “Progetto Montarrenti: an outline and synthesis of the geoarcheological development of the northern Montagnola senese, Tuscany”, Archeologia Medievale, XIV, 1987, pp 394-408. There are only two volumes on travertine for the general public: Le pietre di Rapolano cit. and Il travertino di Siena, Siena, Al.Sa.Ba, s.d. [29] Parenti, “Approvvigionamento e diffusione”, cit., p. 99. [30] Andrea Giorgi, Stefano Moscadelli, Costruire una cattedrale, cit., p. 69.


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[31] Francesco di Giorgio Martini, Trattati, Milan, Il Polifilo, 1967, II, p. 317. The dating of Francesco di Giorgio’s manuscript is very complex: see Massimo Mussini, Francesco di Giorgio e Vitruvio, Florence, Olschki, 2003, pp. 109-121. [32] Giorgio Vasari, Le Vite, edited by Gaetano Milanesi, Firenze, Sansoni, 1906, vol. I, p. 122. Pietro Cataneo, I quattro primi libri di architettura, Venezia, Figli di Aldo Manunzio, 1554, p. 54. [33] Giamello et al., “Building materials in Siena architecture”, Science and Technology for Culture Heritage, I, 1992, p. 63. [34] Giulio Pini, Casolari della campagna senese. Le vicende dell’insediamento sparso nel territorio del Comune di Rapolano Terme, Rapolano Terme, Associazione Pro Loco, 1998, I, pp. 241-242. [35] Giamello et. al., I materiali litoidi cit., p. 122. Parenti, “Approvvigionamento e diffusione”, cit., p. 98 ; Emo Starnini, “Le cave”, in Le pietre di Rapolano, cit., p. 5. [36] Girolamo Macchi, Nota di più palazzi che sono in Siena, ASS, Ms D 106, c. 59v. transcribed in Fabio Bisogni, “Girolamo Macchi e la sua “Nota di più palazzi che sono in Siena” (1712-1727)”, in Le dimore di Siena, cit., p. 48. [37] This choice may have been linked to the drastic revision of the project, especially of the overall layout, due to the death of Pius II and the failure on the part of his successor, Pope Paul II, to recognise the bequest in favour of Pius’s nephews: Fabrizio Nevola, Architettura civile, in Pio II e le arti cit., p. 206. Mattias Quast questions whether the choice of cavernous limestone is in relation to the desire to recall the imposing Piccolomini towers in the same part of the city between 12th and 13th centuries: Mattias Quast, “I Piccolomini committenti di palazzi nella seconda metà del Quattrocento”, in Archivi, carriere, committenze, cit., p. 330. [38] Giovanni Targioni Tozzetti, Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana VII, Florence, Stamperia granducale

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per Gaetano Cambiagi 1774, p. 129. The author returns to his discussion of travertine in another part of his report, noting that the material is present in various parts of Tuscany, especially in the area of Siena: «... in the area of Siena there are many, assai spaziosi, from Staggia on, for much of the Montagnola and of the district of Siena; in Sienese Maremma and the Hill of Chiusdino and others in the territory of San Galgano, the Hill of Massa Marittima, and many other neighbouring ones»: Ivi, IX, 1776, p. 275. [39] Giuseppe Baldassarri, Osservazioni ed esperienze intorno al bagno di Montalceto, Siena, Luigi and Benedetto Bindi, 1779, p. 49. [40] ASS, Ms D 72, c. 214, cited in Giulio Pini, Sandro Rossolini, “Serre di Rapolano e il suo Statuto del 1656-57”, in Bullettino Senese di Storia Patria, LXXXIV-LXXXV, 1977-78, p. 182, footnote 57. In the 1656-57 statutes of Serre di Rapolano there are no regulations or explicit references to the travertine quarries, nor are they mentioned in Gherardini’s report on the Sienese contado (1676) in ASS, Ms. D 82. [41] The manuscript ASF, Mannelli Galilei Riccardi, 439 (one of the three known versions), stems from the sculptor’s journeys and is one of the sources most consulted by the naturalists of the 18th and 19th centuries: Daniela Mignani, “Il Trattato delle pietre di Giuseppe Antonio Torricelli. Una fonte per i naturalisti toscani”, in Le pietre delle città d’Italia, cit., pp. 227237. The lack of any reference to the travertine of Rapolano in the important text by Giorgio Santi, Viaggio secondo per le due provincie senesi: che forma il seguito del Viaggio al Montamiata, Pisa, Ranieri Prosperi, 1798, seems linked to an itinerary that does not touch upon the lands nearest to the city. The text contains precious information, already used by Rodolico, on the travertine in the area of Pienza and the Val d’Orcia, Montepulciano and Grosseto (Pitigliano, Saturnia and San Casciano dei Bagni). [42] ASF, Mannelli Galilei Riccardi, c. 18. Even Agostino del Riccio (1597)

only knows the travertine from Lazio (Agostino Del Riccio, Istoria delle Pietre, edited by Raniero Gnoli and Attilia Sironi, Turin, Allemandi, 1996). [43] ASS, Governo Francese, 235, c.n.n. [44] ASS, Archivio dell’Ospedale di Santa Maria della Scala, 3060 a, c.n.n. The small holdings bought by Franceschini are “Noceto, Filicheto, Adegia”. In the early 18th century the Grancia of Serre comprised twenty-three small holdings, several enclosures and parcels of land, four mills at Bagni di Rapolano, one brickyard, one hermitage with homes and lands; many homes and workshops in Serre. The archives of the Hospital of Santa Maria della Scala also preserve the beautiful 18th century register of the Grancia: ASS, Archivio dell’Ospedale di Santa Maria della Scala, 1441, catalogued in Lorenzo Ginori Lisci, Cabrei in Toscana: raccolte di mappe, prospetti e vedute, sec. XVI-XIX, Florence, Cassa di Risparmio, 1978, p. 307, file 181, and in Giuliana Cantucci, Umberto Morandi (edited by), Archivio dell’Ospedale di S. Maria della Scala: inventario, Rome [Pubblicazioni degli Archivi di Stato], 1960, I, pp. 218-219. [45] Ivi, p. 249. [46] ASS, Governo Francese, 235, c.n.n. The Maire of Asciano writes: «[...] as for travertine, there is a quarry on the property of the former Clarissan Convent of this city [of Siena] … and there is another on the lands of Signor Domenico Franceschini of this city [...].I have received confirmation that, due to the lack of commissions, the other travertine quarries are inoperative and produce no profit for the owners of the lands» (ibidem). [47] Filippo Baldinucci, Vocabolario toscano dell’arte del disegno, edited by Severina Parodi, Florence, S.P.E.S., 1975, ad vocem.



Dalla materia al materiale Formazione, aspetto e caratterizzazione dei travertini


Anna Maria Ferrari

Dalla materia al materiale Formazione, aspetto e caratterizzazione dei travertini

[1] UNI 8458 Edilizia prodotti lapidei. Terminologia e classificazione. [2] EN 12670 Terminology of natural stone. [3] ASTM C 119 Standard definitions of terms relating to natural building stone. [4] ASTM C 503 Standard specification for marble dimension stone (exterior). I requisiti fisici richiesti nella tabella 1 della norma per poter definire un travertino “marmo travertinoso”, sono relativi all’assorbimento d’acqua (valore massimo 0,20%), alla densità (valore minimo 2305 kg/ m3), alla resistenza alla compressione (valore minimo 52 MPa), al modulo di rottura (valore minimo 7 MPa), alla resistenza all’abrasione (valore minimo 10) e alla resistenza alla flessione (valore minimo 7 MPa).

Se la più datata normativa italiana [1] definiva il travertino come roccia calcarea sedimentaria di deposito chimico, con caratteristica strutturale vacuolare, ed impiego preferenziale per costruzione e decorazione, sono le più aggiornate norme europee e americane a mettere in evidenza la complessità dell’aspetto e delle caratteristiche di tale materiale lapideo. Secondo la normativa europea [2], il travertino è definito scientificamente come un calcare concrezionale finemente cristallino che si forma per rapida precipitazione di CaCO3 dall’acqua. Estremamente poroso o spugnoso, è conosciuto come tufo calcareo, ma può essere costituito anche da calcite cripto cristallina per precipitazione lenta in ambienti carsici: in quest’ultimo caso il materiale si presenta traslucente, generalmente stratificato e con colori sfumati prevalentemente gialli, bruni e verdi; commercialmente è una pietra naturale che concorda nell’aspetto con la definizione scientifica e che può essere lucidata soprattutto nelle cosiddette varietà “oniciate”, laminate, compatte e costituite da strati colorati e trasparenti di calcite o aragonite. Per la normativa americana [3] il travertino consiste in una varietà di calcare cristallino o microcristallino che si contraddistingue per la sua struttura stratificata e dove pori e cavità sono comunemente concentrati in alcuni degli strati producendo una struttura aperta. Il materiale può anche essere definito “marmo travertinoso”, se risponde ad alcuni requisiti tecnici stabiliti dalla norma ASTM C503 [4] e se costituito da una calcite stratificata porosa o spugnosa, di origine chimica, parzialmente cristallina. In base alla norma americana il travertino si forma per la precipitazione da sorgenti di acqua calda, costituite da soluzioni ricche di carbonato solitamente in prossimità di specchi d’acqua bassa. Tutte le norme concordano quindi sulla genesi della roccia, sedimentaria e di origine chimicoevaporitica, e sull’aspetto vacuolare; si registra inoltre una piena concordanza anche sulla denominazione di “travertino”, nome internazionalmente accettato, derivante da quello con cui gli antichi romani indicavano la pietra che un tempo cavavano a Tivoli: lapis tiburtinus [5]. Con il termine di radice latina si continua ad indicare, da oltre duemila anni, scientificamente ma anche commercialmente, tutti i materiali del mondo che della pietra di Tivoli hanno le medesime caratteristiche estetiche, anche se altre terminologie possono essere localmente utilizzate, quali ad esempio calcareous tufa in inglese, o tuf calcair in francese, Kalktuff in tedesco, o ancora tufa, kalkar, sinter.

From matter to material Formation, appearance and characterization of travertine

Bancate di travertino in una cava a Rapolano Terme | p. 62. Travertine bench in a Rapolano Terme quarry.

The oldest Italian standard [1] defines travertine as a calcareous sedimentary rock, a chemical precipitate with a characteristic porous fabric, preferentially used in building and decoration, whereas the most recent European and American standards highlight the complexity of its appearance and characteristics. According to the European standard [2], travertine is scientifically, a finely crystalline concretionary limestone formed by rapid precipitation of CaCO3

from water; extremely porous or cellular is known as calcareous tufa. Also, translucent, generally layered, cryptocrystalline calcite with coloursin pasted shades, particularly yellow, brown and green formed by slow precipitation in karstic environments. From a commercial standpoint, it is a natural stone (as described above) that cannot be polished; it can also present itself as “onyx”, a compact banded variety consisting of coloured and transparent layers of calcite or aragonite that takes a polish. For the American standard [3] travertine is a crystalline or microcrystalline limestone

distinguishedby layered structure in which pores and cavities are concentrated in some of the layers, thereby producing an open texture. The material can also be defined as “travertine marble” if it meets the technical requisites specified by the ASTM C503 standard [4] and consists of a layered, porous or spongy, partially crystalline calcite of chemical origin. According to the American standard it is formed by precipitation from generally hot solutions of carbonated spring water, usually at the bottom of shallow pool. All the standards agree on the chemical-evaporitic origin of the sedimentary rock and on its porous

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[5] Giorgio Blanco, Dizionario dell’Architettura di Pietra, Roma, Carocci, 1999, pp. 299; Faustino Corsi, Delle Pietre Antiche, Verona, Zusi, 1991, pp. 224 (I ed. 1845); Enrico Dolci (a cura di), Il marmo nella civiltà romana. La produzione e il commercio, atti del convegno, Carrara, IMM, 1984, pp. 185; Patrizio Pensabene (a cura di), Marmi antichi. Problemi di impiego, di restauro e d’identificazione, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1993, pp. 255; Mario Pieri, I marmi d’Italia, Milano, Hoepli, 1964, pp. 435; Mario Pieri, Marmologia. Dizionario di marmi e graniti italiani ed esteri, Milano, Hoepli, 1966, pp. 693; Francesco Rodolico, Le pietre delle città d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1953, pp. 500.

Geode cristallino nella stratigrafia di un deposito travertinoso in una cava a Serre di Rapolano. Crystalline geode in the travertine deposit of a Serre di Rapolano quarry.

fabric; there is also complete agreement on the denomination “travertine”, the internationally accepted name derived from that used by the ancient Romans to indicate the stone quarried at Tivoli: lapis tiburtinus [5]. For more than two thousand years this term of Latin origin has been adopted as the scientific and commercial name of stones throughout the world with the same aesthetic characteristics as the stone from Tivoli, although other local terms may be adopted, for example calcareous tufa in English, tuf calcair in French, Kalktuff in German, or tufa, kankar, sinter. Another interesting basic definition of travertine is found

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in the exhaustive text by Allan Pentecost entitled “Travertine” [6]. According to the author, travertine can be defined as a chemicallyprecipitated continental limestone consisting of calcite or aragonite formed around seepages, springs and along streams, rivers and, occasionally, in lakes. With a low to moderate intercrystalline porosity and often a high mouldic or structural porosity, it originates within a vadose environment or, occasionally, in a shallow phreatic environment. Precipitation primarily occurs through the transfer of CO2 from or to a source of groundwater that becomes supersaturated in calcium carbonate, with nucleation


Un’ulteriore interessante definizione di base a cui rifarsi per iniziare l’indagine relativa ai travertini di area senese può essere ripresa dal testo magistrale di Allan Pentecost, intitolato non a caso “Travertine” [6]: secondo l’autore per travertino si può definire un calcare calcitico o aragonitico di ambiente continentale, formatosi per precipitazione chimica lungo aree di infiltrazione, sorgenti, torrenti, fiumi ed occasionalmente laghi. Di bassa o moderata porosità intercristallina, spesso con elevata concentrazione di porosità di impronta o strutturale, esso ha origine all’interno di ambienti vadosi o, occasionalmente, in ambienti freatici di acqua bassa, e la precipitazione avviene primariamente per il passaggio di CO2 da o verso una fonte d’acqua che comporta la sovrasaturazione del carbonato di calcio, con nucleazione e crescita dei cristalli in ambiente sommerso. Più semplicemente potremmo dire che esso è un calcare concrezionato che si forma grazie al potere incrostante del carbonato di calcio disciolto nelle acque. Ma come, e perché, è possibile trovare carbonato di calcio disciolto nelle acque? E inoltre, tale elemento è presente in tutte le acque? Indubbiamente tutte le acque dell’idrosfera hanno la caratteristica di agire da solvente in presenza di alcuni sali, e tra tutti i sali che costituiscono le rocce il carbonato di calcio (CaCO3) è sicuramente tra i più solubili. In genere la solubilità del carbonato di calcio è pari a 14 mg/litro, ma ben lungi dall’essere costante, varia al variare della concentrazione di CO2 disciolta nell’acqua, della pressione di scorrimento dei flussi idrici, dalla loro temperatura e dei valori del pH ed eH. L’anidride carbonica una volta disciolta nell’acqua forma un acido (“carbonico”) capace di attaccare il calcare che costituisce gli ammassi rocciosi.

[6] Allan Pentecost, Travertine, Berlino, Springer, 2005, p. 16.

CACO3 +CO2+H2O ↔ Ca2+ + 2(HCO3 )-

L’acqua quindi si comporta come un vero e proprio solvente, arrivando a disciogliere in maniera più o meno intensa la roccia carbonatica all’interno o sopra la quale essa scorre e, quando a causa di una variazione dei suoi parametri fisici essa si ritrova in sovrasaturazione a causa di una eccessiva concentrazione del carbonato di calcio disciolto, per riequilibrare i suoi parametri, provoca la precipitazione del CaCO3 che incrosta tutto ciò che incontra formando spessori più o meno rilevanti di travertino. La sovrasaturazione dell’acqua rispetto al CaCO3 può essere ottenuta in vari modi, ad esempio per l’azione indiretta di vegetali presenti nelle acque i quali depauperando di CO2 la soluzione provocano la precipitazione del CaCO3 disciolto (travertini formatisi da acque a temperatura

and growth of crystals occurring in an underwater environment. We could more simply state that it is a concretionary limestone formed thanks to the encrusting power of calcium carbonate dissolved in water. How and why is it possible to find calcium carbonate dissolved in waters? Furthermore, is this element present in all the waters? No doubt all the waters in the hydrosphere can act as solvents in the presence of certain salts, and of all the salts that make up rocks, calcium carbonate (CaCO3) is certainly the most soluble. Although the solubility of calcium carbonate is generally equal to 14 mg/litre, it is far from constant. It varies with

the concentration of CO2 dissolved in water, the flow pressure of water, water temperature, pH and eH values. Once dissolved in water, carbon dioxide forms an acid (“carbonic acid”) that can attack the limestone in rock masses. CACO3 +CO2+H2O ↔ Ca2+ + 2(HCO3)-

Water thus acts as a true solvent, dissolving the carbonate rock within which or above which it flows when, due to a variation in its physical parameters, it becomes supersaturated in calcium carbonate. To re-equilibrate its parameters it precipitates CaCO3, which encrusts all what it touches,

forming a layer of travertine. Waters supersaturated in CaCO3 can form in various ways. For example, the CO2 content of water decreases in the presence of vegetation, causing the precipitation of dissolved CaCO3 (travertine formed from waters at ambient temperature or “meteogene travertine”). Variations in water temperature are also important: a rapid increase in temperature determines an increase in CaCO3 salt concentrations in water, whereas a sudden decrease in temperature causes supersaturation and precipitation. As in the case of travertine from central Italy, the carbon dioxide

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Stratigrafia di sedimentazione in un deposito di travertino a Rapolano. Sedimentary stratigraphy of a travertine deposit in Rapolano.

ambiente o “travertini meteogeni”), oppure può essere indotta anche da variazioni della temperatura; un rapido aumento di quest’ultima comporta l’innalzamento della concentrazione del sale CaCO3 presente nell’acqua, mentre un calo improvviso provoca la sovrasaturazione con conseguente precipitazione. Ma accade anche, e questa è la causa genetica dei travertini del centro Italia, che l’anidride carbonica presente nel flusso idrico che percola nelle masse rocciose carbonatiche venga originata da processi di mineralizzazione legati ad eventi magmatici vulcanici della crosta terrestre che possono provocare un discioglimento del carbonato di calcio fino a dieci volte maggiore di quello ottenuto con anidride carbonica meteorica. È ovvio che questo fenomeno si traduce in depositi travertinosi (“travertini termogeni”) arealmente ampi che possono raggiungere anche spessori di qualche centinaia di metri. La loro formazione va quindi ricollegata ad una attività vulcanica più o meno profonda, più o meno attiva.

present in the water percolating through the carbonate rock mass may also originate through mineralization processes linked to magmatic/volcanic events. Such processes can determine an increase in the dissolution of calcium carbonate which is up to ten-fold that obtained with meteoric carbon dioxide. This phenomenon leads to the formation of widespread travertine deposits (“thermogene travertine”) with a thickness of up to several hundred meters. Their formation can therefore be linked to more or less active volcanism at variable depth.

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Travertine typologies Travertine is therefore a rock of chemical origin formed through the precipitation of excess CaCO3 dissolved in waters, whose presence may be ascribed to various factors, the most important of which is linked to magmatic activity. The continental environment and conditions in which this carbonate precipitates - waterfalls, running waters, lakes or ponds, springs, sloping mounds, terraced mounds with basins of different size and fissure ridges – along with the type of encrusted organic material, determine the formation of different types of travertine. It is possible

to distinguish not only between meteogene and thermogene travertine, but also between autochthonous and allochthonous types. Autochthonous travertine forms through in situ CaCO3 precipitation and encrustation without the subsequent transport of the encrusted material. Depending on the encrusted material and the appearance of travertine, one speaks of autochthonous stromatolitic travertine (superimposed millimetric laminations ascribed to algal or bacterial activity), microhermal travertine (encrusted briophytes generating tiny branched tubular structures) or phytohermal


Tipologie dei travertini I travertini sono quindi rocce di origine chimica che si formano per la precipitazione del sovrabbondante CaCO3 disciolto in masse d’acqua, presente per svariate cause di cui la più importante è legata ad attività magmatiche. L’ambiente prevalentemente continentale e le condizioni in cui tale carbonato precipita – cascate, acque correnti, specchi lacustri o palustri, sorgive, cumuli pendenti, cumuli terrazzati con vasche di differenti dimensioni e dorsali fessurate – unitamente al supporto organico più o meno variabile, può dare origine a differenti tipologie di travertini, ed oltre alla suddivisione tra travertini meteogeni e termogeni, si ha anche la distinzione tra travertini autoctoni e alloctoni. Gli autoctoni si formano per precipitazione e incrostazione in situ del CaCO3 senza il successivo trasporto del materiale concrezionato. L’aspetto del materiale che si forma sarà strettamente condizionato dal supporto vegetale che cattura il carbonato. A seconda del supporto e dell’aspetto si parla di travertini autoctoni stromatolitici, (per sovrapposizione di lamine millimetriche imputabili ad attività di alghe o batteri); microermali (per incrostazioni su briofite che generano strutture a microtubuli ramificati) e di travertini fitoermali (per incrostazioni su micro e macrofite che formano impalcature rigide, quali possono essere ad esempio muschi e licheni).

I diversi aspetti tessiturali e cromatici dei travertini rapolanesi. The different textures and colours of Rapolano travertine.

travertine (encrusted microphytes and macrophytes, such as moss and lichens, which form rigid frameworks). Allochthonous or detrital travertine develops when encrustation occurs on organic or inorganic fragments that can be subsequently transported. They can have different grain sizes and, depending on the kinetic energy of water, may be deposited far from the source of encrusting waters. Given its process of formation, one can state that travertine is possibly the only material to form quickly in geological time: the continuous flow of supersaturated waters allows the formation of several

millimetres of rock per year. Climate factors can affect growth rates: the warm seasons as well as the alternation of day and night favour the deposition of CaCO3, whereas in cold periods, when vegetation is dormant, the decrease in the production of CO2 determines a decrease in the mineralization of water and precipitation of carbonates. Another characteristic aspect of this material is that it begins to evolve as soon as it forms: the organic matter it encrusts quickly decomposes, thereby generating widespread porosity. The salts more soluble than calcium carbonate possibly present in the mass may be dissolved, leading

to the formation of secondary porosities, and the percolation of supersaturated waters determines the total or partial recrystallization of primary porosities. This process is responsible for the generally spongy appearance of the upper layers and the normally less porous, more compact nature of the base of the formation. Colour is one of the most variable characteristics of travertine. Precipitated calcite is white and travertine tends to be of this colour, which can be modified by the presence of coloured pigments. Yellow travertine forms in the presence of limonitic oxides, and red travertine in the presence

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I travertini alloctoni o detritici si hanno invece quando l’incrostazione avviene su frammenti – organici o inorganici – che possono successivamente essere trasportati. Essi potranno avere dimensioni granulometriche differenti e, a seconda dell’energia cinetica dell’acqua, potranno essere posizionati a distanze anche rilevanti rispetto alla sorgente di acqua incrostante. Dato il suo processo di genesi è possibile affermare che il travertino è forse l’unico materiale che si forma a velocità elevata rispetto ai tempi geologici: il continuo apporto di acque soprassature permette la formazione di qualche millimetro di roccia all’anno, ed in qualche decennio l’uomo ne può apprezzare “crescite” anche centimetriche contemporaneamente condizionate anche da fattori climatici, in quanto le stagioni calde, ma parossisticamente anche l’alternanza del giorno e della notte, favoriscono la deposizione del CaCO3, mentre i periodi freddi, con l’arresto dello sviluppo vegetativo ed una minor produzione di CO2, provocano un calo della mineralizzazione dell’acqua e quindi della precipitazione dei carbonati. Un altro aspetto alquanto caratteristico del materiale deriva dal fatto che da quando si forma esso inizia immediatamente ad evolvere: la sua formazione per incrostazione di materiale organico è accompagnata dalla quasi contemporanea decomposizione del medesimo con la genesi di una diffusa porosità. La presenza nell’ammasso di sali più solubili del carbonato di calcio può comportare il loro discioglimento, con la formazione di porosità secondarie e la percolazione di acque soprassature, che provocano la ricristallizzazione totale o parziale delle porosità primarie. A questo va collegato un aspetto generalmente spugnoso degli strati sovrastanti mentre quelli alla base delle unità formative sono solitamente molto più compatti e poco porosi. Tra i fattori maggiormente variabili nell’aspetto dei travertini va annoverato il colore: la calcite di precipitazione è bianca ed i travertini hanno tendenzialmente questa sfumatura che la presenza di pigmenti colorati può modificare. Ecco quindi travertini gialli per la presenza di ossidi limonitici, rossi, per la presenza di ematite, neri quando la colorazione può essere imputabile a magnetite o a materiale organico che precipita assieme al CaCO3 o, ancora, travertini laminati per strutture e tonalità cromatiche differenti.

of hematite. Black travertine forms when magnetite or organic material precipitates along with CaCO3, whereas banded travertine develops due to the presence of different structures and shades of colour. Geology The travertine investigated herein is all thermogenic. Although it derives from different areas and is of variable thickness, its origin is always linked to magmatic activity within the context of Apennine orogenesis, responsible for the more or less intense Cainozoic volcanism throughout the area. The Apennine Mountains are a

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structurally complex orogenic belt that began to form in the Late Cretaceous and is still developing to this day. Its evolution [7] can be subdivided into different phases triggered by the migration of the African plate toward the European one, with an initially highly complex setting due to the presence of microplates between the two main ones. Two of these, the Iberia and Adria microplates, have affected Apennine orogenesis the most. In the Mid-Late Jurassic, the opening of the central Atlantic led to the eastward migration of the African Plate, which veered northward starting in the Late Cretaceous in response to the

opening of the North Atlantic Ocean. The Ligurian-Piedmont oceanic basin initially separated Europe and Iberia (at the time joined together), from the African promontory of Adria. About ninety million years ago, a series of break-ups and rotations separated the Iberia and Adria microplates, determining the consumption of the Ligurian-Piedmont Ocean, whereas Africa collided with Europe. As a result, tectonic units were stacked into a pile of increasing height within the area occupied by the present Apennines. Oceanic convergence terminated in the Late Eocene, accompanied by the suture and closure of the

Carte illustrative dei movimenti di rotazione e traslazioni dei grandi blocchi tettonici del Mediterraneo occidentale che hanno consentito la formazione del Bacino LigureProvenzale e di quello Tirrenico. Maps illustrating the rotation and translation of large tectonic blocks in the western Mediterranean that led to the formation of the Ligurian-Provencal and Tyrrhenian basins.


[7] AA.VV, Guide Geologiche Regionali. Lazio, Società Geologica Italiana (a cura di), Milano, Bema, 1998, pp. 377; AA.VV, Guide Geologiche Regionali. Appennino umbro marchigiano, Società Geologica Italiana (a cura di), Milano, Bema, 2001, 2 voll.; AA.VV, Guide Geologiche Regionali. Appennino tosco emiliano, Società Geologica Italiana (a cura di), Milano, Bema, 2004, pp. 331.

Geologia I travertini analizzati in questa sede possono essere tutti definiti termogeni. Essi infatti, pur provenendo da aree differenti e presentando spessori variabili sono strettamente connessi ad eventi magmatici che ben si inseriscono nel contesto geologico genetico della formazione della catena appenninica, che ha provocato in tutte le aree in analisi una attività vulcanica cenozoica più o meno attiva. L’Appennino è una catena orogenetica strutturalmente articolata che inizia a formarsi nel Cretaceo superiore, e la cui genesi continua ancora ai giorni nostri. La sua evoluzione [7] può essere suddivisa in fasi differenti che traggono origine dalla migrazione della placca africana contro quella europea, con una situazione iniziale molto complessa anche per la presenza di una serie di minuscole placche posizionate tra le due principali. Due di queste microplacche, l’Iberia e l’Adria, saranno quelle che condizioneranno in maniera più eclatante la genesi appenninica. Nel Giurassico medio superiore, l’apertura dell’Atlantico centrale provoca una prima fase di deriva verso est della placca africana, deviata verso nord a partire dal Cretaceo superiore quando si apre anche l’Atlantico settentrionale. Tra le due placche si trovava inizialmente un bacino oceanico denominato Oceano ligure-piemontese che separava l’Europa e l’Iberia, allora solidali, dall’Adria, promontorio dell’Africa. Circa novanta milioni di anni fa, una serie di disgiunzioni e rotazioni separano le placche Iberia e Adria, provocando la consunzione dell’Oceano ligure-piemontese mentre l’Africa converge direttamente contro l’Europa. In quella che sarà l’area occupata dai futuri Appennini inizia l’impilamento di unità tettoniche che tendono ad innalzarsi sempre più. Con l’Eocene superiore termina la convergenza oceanica accompagnata dalla sutura e chiusura dell’Oceano ligure-piemontese, dalla subduzione della placca Adria verso ovest-sud ovest, al di sotto di quella dell’Iberia, e l’impostazione di una serie di processi tettonici ad andamento estnord est associati all’orogenesi. Dall’Eocene superiore all’attuale, quindi, in questa che viene definita la zona di convergenza ensialica si ha, con l’evoluzione e l’impostazione dei tratti tipici della catena appenninica, la formazione del sistema catena-avanfossa deformata e avampaese indeformato prospiciente all’odierno mare Adriatico. Per quanto riguarda l’attuale mare Tirreno, esso viene interpretato come un bacino geologicamente definito di retro-arco in fase estensiva caratterizzato in affioramento da deboli strutture affiancate sollevate e depresse che richiamano, anche se in condizione ridotta, lo stile ad Horst e Graben allineate in sistemi a direzione

Ligurian-Piedmont Ocean, the west-southwestward subduction of the Adria plate below the Iberian plate, and the development of a series of east-northeast trending tectonic processes linked to orogenesis. From the Late Eocene to the present, the Apennine belt developed and evolved in the so-called zone of ensialic convergence, and the belt foredeep system and undeformed foreland developed adjacent to the present-day Adriatic Sea. The Tyrrhenian Sea is considered to be an extensional back-arc basin characterized by the juxtaposition of slightly raised and lowered structures that recall larger scale

horst and graben systems and are aligned in an Apennine direction interrupted by faults. The most important volcanic systems of central Italy developed along these structures. A study of the deep structure of the central Apennines confirms the presence of a thinned crust, with the Moho discontinuity at a depth of some twenty kilometres, and high thermal flows which can locally determine anomalous temperature gradients; for example, northeast of Rome the temperature at a depth of 3 kilometres reaches 150 - 300°C, i.e. it is five times higher than in other regions. The travertine of central Italy forms within a highly complex, volcanically

active geological setting. Areas under extension also experience a series of volcanic events that are not necessarily extrusive nor quiescent; their interaction with infiltrated surface water leads to mineralization processes, interaction with carbonate sediments and the formation of thermal travertine. Petrography and physicalmechanical characterization The present petrographic investigation focuses on eleven of the most representative types of travertine quarried or worked and commercialized by companies in the stonecutting

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appenninica, interrotte da faglie. È lungo queste strutture che si sarebbero poi impostati i più importanti sistemi vulcanici dell’Italia centrale. Uno studio dell’assetto profondo dell’Appennino centrale, conferma proprio in queste aree un ridotto spessore della crosta terrestre, la presenza della discontinuità di Moho ad una ventina di chilometri di profondità, ed elevati valori del flusso termico che possono comportare localmente, ad esempio a nord est di Roma, temperature anomale che già a 3 chilometri di profondità sono comprese tra 150 e 300°C, cioè fino a cinque volte più alte rispetto alle altre regioni. La genesi dei travertini dell’Italia centrale si inserisce quindi in un contesto geologico molto complesso e vulcanicamente attivo, con aree in fase di distensione accompagnate da una serie di fenomeni vulcanici non necessariamente in condizione effusiva e non necessariamente quiescenti, la cui interazione con acque di infiltrazione che provengono dalla superficie consente processi di mineralizzazione, d’interazione con i sedimenti carbonatici presenti e poi di genesi finale dei travertini termali. Petrografia e caratterizzazione fisico-meccanica Per lo studio petrografico oggetto di questo contributo è stata effettuata una campionatura di undici dei travertini più rappresentativi scavati, o comunque lavorati e commercializzati, dalle aziende del distretto lapideo rapolanese. In specifico quattro materiali provengono dalla zona di Rapolano, un travertino da San Casciano dei Bagni, due da Viterbo, uno da Saturnia e tre dall’area di Tivoli Guidonia. Per ogni litotipo sono state preparate due sezioni sottili [8] (tre nel caso del travertino Scabas di aspetto molto eterogeneo), al fine di garantire una adeguata rappresentatività delle parti analizzate. Per quanto riguarda la terminologia petrografica del materiale, si è deciso di utilizzare il termine classificativo “travertino” universalmente conosciuto; ove assolutamente riconoscibile e non fraintendibile si è aggiunta tra parentesi anche la denominazione secondo Folk [9]. Per ogni materiale si è riportata la provenienza, la descrizione macroscopica effettuata sul campione tal quale per mezzo di uno stereomicroscopio, e la descrizione microscopica [10] effettuata con uno strumento a luce polarizzata, lo schema geologico dell’area in analisi e le foto macro e micro del campione. Ove note in letteratura sono state riportate anche le caratteristiche fisicomeccaniche dei materiali, quelle che ancora una volta Pentecost sintetizza in un commento estremamente puntuale: «il suo uso negli edifici è il risultato della combinazione di resistenza e

district of Rapolano. In particular, four types come from the area of Rapolano, one from San Casciano dei Bagni, two from Viterbo, one from Saturnia e three from the area of Tivoli Guidonia. Two thin sections were prepared from each rock type [8] (three in the case of the very heterogeneous Scabas travertine) in order to guarantee the representativeness of the analyzed portions. As for the petrographic terminology, the universally known term “travertine” was adopted; in particularly obvious, straightforward cases, the terminology of Folk [9] was added in parentheses. The following information is reported for each rock type: its

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provenance, the macroscopic description of the whole specimen under a stereomicroscope, its microscopic description [10] under polarized light, the geological framework of the investigated area, and macro- and micro-photos of the specimen. When available from the literature, its physicalmechanical properties are also reported. As Pentecost expresses concisely, «its use in building results from a combination of strength with lightness by virtue of its high porosity. This porosity also provides low thermal conductivity, good sound insulation and easy cutting…» [11]. All tests were completed according

to the most recent European standards. Compared to older ones, these are more restrictive and targeted in order to adopt a consistent, methodologically identical approach in the study of different stone typologies. The tests, some of which are obligatory to obtain the CE mark of stone materials, are objectively important because they provide indispensable technical data for correctly calibrating projects as a function of the selected commercial variety. In a few cases European standards restrict the use of materials on the basis of frost and slip resistance. A material is considered to be resistant to frost

[8] Le sezioni sottili consistono in porzioni di materiale con dimensioni pari a 2x3cm e spessori di 20 micron. Tali sezioni, trasparenti alla luce trasmessa, vengono studiate con un microscopio a luce polarizzata che permette di verificare la struttura, la tessitura ed i costituenti della roccia in analisi. [9] R.L. Folk, “Practical petrographic classification of limestones”, Bulletin of the American Association of Petrology and Geology, n. 43, 1959, pp. 1-38. [10] A.E. Adams, W.S. Mackenzie, A colour atlas of carbonate sediments and rock under the microscope, Londra, Manson Publishing, 2001, pp. 180; A.E. Adams, W.S. Mackenzie, Atlante delle rocce sedimentarie al microscopio, Bologna, Zanichelli, 1992, pp. 104; Maurice E. Tucker, Sedimentary petrology. An introduction to the origin of sedimentary rocks, Oxford, Blackwell Science, 2001, pp. 262.


[11] Allan Pentecost, Travertine, Berlino, Springer, 2005, p. 22. [12] AA.VV, Carta geologica d’Italia. Foglio 121 - Montepulciano; AA.VV, Note illustrative della Carta geologica d’Italia. Foglio 121 Montepulciano, 1969.

leggerezza dovuta alla sua alta porosità. Tale porosità, inoltre, favorisce una bassa conduttività termica, un buon isolamento acustico, una facile segabilità» [11]. Tutti i test riportati sono stati eseguiti secondo la più recente normativa europea che, rispetto a quella più datata, è molto più restrittiva e mirata poiché appositamente elaborata per consentire un approccio costante e metodologicamente identico per ogni tipologia di lapideo. Tali test, alcuni dei quali obbligatori per la Marcatura CE dei lapidei, sono oggettivamente importanti poiché forniscono dati tecnici informativi indispensabili per realizzare progetti correttamente calibrati per l’uso in funzione della tipologia commerciale prescelta. Solo in limitati casi la normativa europea codifica vincoli per l’utilizzo, e cioè per quanto riguarda la resistenza al gelo e il valore relativo alla scivolosità. Nel primo caso, infatti, si afferma che un materiale è resistente al gelo (UNI EN 12371:2003) quando la sua resistenza alla flessione dopo 48 cicli di gelo e disgelo subisce una variazione minore del 20% rispetto alla prova effettuata in condizioni normali; nel secondo caso, invece, un materiale è considerato non scivoloso quando il suo valore SRV è maggiore di 35 (UNI EN 14231:2004). Osservando i dati tecnici riportati nelle tabelle dei vari travertini si nota innanzi tutto come essi siano in perfetta sintonia con i valori di materiali simili per composizione calcitica e porosità, ed inoltre come i sei travertini di cui si riportano i dati tecnici presentino una ottima resistenza al gelo, con quattro tipologie (Travertino Silver, Travertino Rapolano Chiaro, Travertino Rapolano Scuro, Travertino Nocciola Venato) che vedono un abbassamento del valore di resistenza minore del 20%, mentre per il Travertino Scabas e quello Etrusco, la resistenza alla flessione addirittura aumenta dopo i 48 cicli di gelo e disgelo. Anche per quanto riguarda la scivolosità, numerose finiture superficiale dei materiali hanno permesso di calcolare un valore SRV maggiore di 35, con la consapevolezza che comunque la composizione calcitica di questi litotipi porta nel tempo ad ammorbidire le forme più scabre e a lucidare le superfici più grezze.

(UNI EN 12371:2003) when its flexural resistance after 48 freeze/ thaw cycles decreases by no more than 20% with respect to normal conditions, whereas it is considered slip resistant when its SRV value is greater than 35 (UNI EN 14231:2004). The technical data for the various types of travertine reported in the tables agree perfectly with those reported for materials with a similar calcitic composition and porosity. Furthermore, reported data indicate that the six types of travertine have an excellent frost resistance, with four different typologies Silver Travertine, Rapolano Chiaro Travertine, Rapolano Scuro Travertine,

Nocciola Venato Travertine showing a less than 20% decrease in resistance after 48 freeze/thaw cycles, whereas the flexural resistance of Scabas and Etruscan travertine actually increases. As for slip resistance, numerous surface finishes can be used to attain SRV values greater than 35; however, in time the calcite composition of these rocks is such that rough morphologies are smoothed and coarse surfaces are polished.

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L’area di Rapolano Terme I travertini di quest’area [12] si sono depositati dopo gli eventi tettonici che hanno strutturalmente deformato le unità sottostanti (la serie Toscana, del Macigno e flyshoide). Sono di origine continentale e sono strettamente collegati alla presenza di una faglia ad andamento nord nord ovest-sud sud est e ad una serie di faglie ad essa vicarianti e con andamento obliquo. Lungo tali aree tettoniche si ha la presenza di numerose sorgenti termominerali ed infiltrazione di masse d’acqua che in profondità possono mineralizzarsi, generando in superficie depositi di travertino a litologia e giacitura assai differenziata, che spaziano da sottili veli non ancora diagenizzati, a potenti e più o meno estese placche afferenti alle sorgenti termomineraliche. Il loro spessore è di qualche decina di metri. Gli studi geologici hanno portato alla identificazione di quattro placche, di cui una è ubicata in vicinanza dell’abitato di Rapolano Terme, mentre le rimanenti tre sono posizionate a sud di Serre di Rapolano (Oliviera, Noceto Capanni, Filicheto). L’omogeneità dell’aspetto del materiale e delle sue caratteristiche litologiche, mostra nel tempo uniformità genetiche e costanza areale di deposizione, con la presenza di un litotipo chiaro regolarmente sedimentato al di sopra di uno più scuro.

The area of Rapolano Terme Travertine deposition in this area [12] was subsequent to tectonic events that structurally deformed the underlying units (the Tuscan, Macigno and flyschoid series). The travertine is of continental origin and closely linked to the presence of a NNW-SSE trending fault and to a series of faults directed obliquely with respect to the former. Along these tectonic areas there are numerous thermomineral springs and waters seeping deep down can be mineralized, generating surface travertine deposits with extremely variable lithology and position. These range from thin veils that have not yet undergone diagenesis to imposing sheets, some tens of meters thick and of variable extension, linked to the presence of thermomineral sources. Geological studies have identified four sheets, of which one lies near the village of Rapolano Terme, whereas the others are located south of Serre di Rapolano (Oliviera, Noceto Capanni and Filicheto). The material has an homogeneous appearance and lithological characteristics; its formation mechanism and area of deposition have remained constant over time, with the presence of a light coloured rock regularly deposited above a darker one.

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Carta geologica dell’area di Rapolano Terme (Carta Geologica d’Italia, foglio 121 - Montepulciano). Geological map of the Rapolano Terme area (Carta Geologica d’Italia, sheet 121 - Montepulciano).


Aspetto del Travertino Silver e delle varietà Silver Dorato e Silver Ocean Blu. Silver Travertine and the varieties Golden Silver and Silver Ocean Blue.

Travertino Silver Cava San Giovanni Descrizione macroscopica Litotipo sedimentario laminato di colore di insieme grigio-verde. Le lamine hanno spessori variabili da sub millimetrici, nel qual caso possono presentare anche andamento convoluto, a centimetrici dove tendono ad essere sub parallele. Sono presenti pori di dimensioni variabili – da sub millimetrici a centimetrici – con sviluppo isoorientato e generalmente concentrato all’interno di alcune lamine. Localmente il materiale si presentano in fase di ricristallizzazione. La roccia è sana e priva di colorazioni anomale che possano far pensare ad una fase incipiente di alterazione. Reagisce in presenza di acido cloridrico lasciando ipotizzare una composizione calcitica, e si riga con una lama metallica lasciando presupporre una durezza dei suoi costituenti pari a 3÷4 della scala di Mohs. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico-concrezionale, a composizione calcarea. Esso è costituito da micro strutture calcitiche particolarmente omogenee anche se localmente più o meno addensate. Il materiale è

composto da chiazze di micrite [13] con sviluppo dimensionale minore di 40 micron, attorniate da cristalli di micro sparite limpida con dimensioni minori di 30 micron. Le strutture micritiche sono differentemente compattate ed ispessite tanto da generare micrometriche laminazioni micritiche o, per loro diradamento, aree prevalentemente costituite da sparite [14] e porose. Rara la micrite addensata secondo strutture filiformi. Localmente le strutture laminari sono fratturate e caoticamente riorganizzate. La calcite, microsparitica, diventa isopaca nel rivestimento dei pori. Le porosità sono di varie tipologie: intergranulari, fenestrali, da frattura e da riparo e più raramente da impronta. Esse sono generalmente rivestite da calcite cristallina isopaca. Sono presenti rari bioclasti micritizzati – probabili frammenti di steli – mentre le caratteristiche strutturali della roccia lasciano ipotizzare la presenza originaria di cianobatteri ed alghe. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (Biolitite) Denominazioni commerciali Silver; Dorato; Ocean Blue

[13] Con il termine “micrite” si intende calcite a grana fine con diametro minore di 0,5 micron. [14] Con il termine “sparite” si intende calcite a grana medio grossolana con diametro maggiore di 5 micron. Microsparite comprende individui con dimensioni tra 5 e 35 micron, mentre la macrosparite ha dimensioni maggiori di 35 micron. [15] Soluzione A: (500±10) ml di acido solforoso (H2SO3) (soluzione con il 5÷6% di SO2) in (150 ±10) ml di acqua deionizzata o demineralizzata. Soluzione B: (150 ±10) ml di acido solforoso (H2SO3) (soluzione con il 5÷6% di SO2) in (500±10) ml di acqua deionizzata o demineralizzata.

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Caratteristiche fisico-meccaniche - Physical-mechanical properties NORMA

standard

UNI EN 12407:2001 UNI EN 12372:2001 UNI EN 1926:2000 UNI EN 13755:2002 UNI EN 1936:2001

INDAGINE

test

RISULTATO

results

Esame petrografico Petrographic examination

Travertino (calcare concrezionale) Travertine (concretionary limestone)

Resistenza a flessione sotto carico concentrato

Valore medio Rtf = 11,6 MPa Mean value Rtf = 11,6 MPa Deviazione standard s = 2,1 MPa Standard deviation s = 2,1 MPa

Flexural strength underconcentrated load

Resistenza alla compressione

Compressive strength

Assorbimento d’acqua a pressione atmosferica

Water absorption at atmospheric pressure

Massa volumica apparente e porosità aperta

Apparent density and open porosity

Valore medio Rm = 78 MPa Mean value Rm = 78 MPa Deviazione standard s = 13 MPa Standard deviation s = 13 MPa Coefficiente di variazione ν = 0,2 Coefficient of variation ν = 0,2 Valore medio = 0,8% Mean value = 0,8 % Massa volumica apparente, valore medio ρb= 2510 kg/m3 Apparent density, mean value ρb= 2510 kg/m3

Porosità aperta media p0= 4,81% Open porosity, mean value p0= 4,81 %

UNI EN 12371:2003

UNI EN 1925:2001

Resistenza al gelo con sollecitazione a flessione dopo 48 cicli di gelo disgelo

Determination of frost resistance: flexural strength under concentrated load after 48 freeze/thaw cycles

Coefficiente di assorbimento d’acqua per capillarità

Water absorption coefficient by capillarity

Resistenza all’invecchiamento dovuto a SO2 in presenza UNI EN 13919:2004 [15] di umidità Resistance to ageing by SO2 action in the presence of humidity

UNI EN 14066:2004

Resistenza all’invecchiamento accelerato tramite shock termici (20 cicli)

Resistance to ageing by thermal shock (20 cycles)

Valore medio Rtf = 9,8 MPa Mean value Rtf = 9,8 MPa Deviazione standard s = 1,8 MPa Standard deviation s = 1,8 MPa La resistenza a flessione diminuisce del 16% rispetto la flessione semplice There is a 16% decrease in flexural strength with respect to simple flexure

Valore medio C2 = 1,193 g/m2.s0,5 parallelo ai piani di anisotropia Mean value C2 = 1,193 g/m2.s 0,5 parallel to the anisotropy plane

(soluzione A) ∆m = - 0,10% Variazione di massa, valore medio Variation in mass, mean value

UNI EN 14157:2005

Resistenza allo scivolamento tramite apparecchiatura a pendolo sulle superfici. Valori medi delle varie finiture

Determination of the slip resistance by means of the pendulum tester. Mean values for different finishes

Resistenza all’abrasione Abrasion resistance

Struttura del Travertino Silver ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Structure of Silver Travertine under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Silver - the San Giovanni Quarry Macroscopic description A laminated sedimentary rock with an overall green-grey colour. Laminations have a variable thickness ranging from submillimetric, in which case they may be convoluted, to centimetric, in which case they tend to be subparallel. Pores are submillimetric to centimetric; they are iso-oriented, generally concentrated within certain laminations and are locally undergoing recrystallization. The rock is intact and has no colour anomalies suggestive of incipient alteration. It reacts with hydrochloric acid, suggesting a calcitic composition, and can be scratched with a metal blade, indicating a hardness of 3-4 on the Mohs scale. Microscopic description Calcareous sedimentary stone of chemical-concretionary origin. It consists of particularly homogeneous calcitic microfabrics that may be locally aggregated. The material consists of micrite patches [13] less than 40 microns in size surrounded by clear microspar crystals less than 30 microns long. The micritic fabrics have variable density and

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(soluzione B) ∆m = - 0,01% (solution B) ∆m = - 0,01%

Variazione di massa, valore medio ∆m= - 0,04% Variation in mass, mean value ∆m = - 0,04%

Levigata provino asciutto SRV = 76 UNI EN 14231:2004

(solution A) ∆m = - 0,10%

provino bagnato SRV = 58

Smoothed dry specimen SRV = 76

wet specimen SRV = 58

Polished

wet specimen SRV = 25

Lucida

provino asciutto SRV = 63

dry specimen SRV = 63

Piano sega Cut surface Bocciardata Bush-hammered Sabbiata Sandblasted

provino bagnato SRV = 25 provino bagnato SRV = 79 provino bagnato SRV = 78 provino bagnato SRV = 76

Valore medio = 20,2 mm Mean value = 20,2 mm

thickness, giving rise to micrometric micritic laminations or, when less compact, porous areas mainly consisting of spar [14]. Dense micrite in filamentous structures is rare. Laminar structures are locally fractured and chaotically reorganized. The calcite (microspar) lining pores is isopachous. Porosity is intergranular, fenestral, fissure, shelter and occasionally mouldic. Pores are generally lined with crystalline isopachous calcite. There are rare micriticized bioclasts - probably stem fragments – whereas the structural characteristics of the rock suggest the original presence of cyanobacteria and algae. The stone is autochthonous. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (Biolithite) Commercial names Silver; Dorato; Ocean Blue


Aspetto del Travertino Rapolano Chiaro e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Light Rapolano Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Rapolano Chiaro Descrizione macroscopica È un materiale di origine sedimentaria, disomogeneo nel colore e nella struttura in quanto da localmente laminato passa a strutture ad andamento convoluto. Ha colore di insieme beige e presenta tonalità cromatiche che variano dal color avorio, al beige al bruno - grigio. Le lamine che ne costituiscono la struttura hanno spessori variabili da pochi micron a millimetrici fino a centimetrici. La roccia è caratterizzata da pori di dimensioni che variano da micrometrici a centimetrici, di forma allungata e disposti sub parallelamente rispetto le lamine che hanno uno sviluppo relativamente lineare. È una roccia sana e priva di tracce di alterazione. Reagisce in presenza di acido cloridrico, lasciando ipotizzare una composizione calcitica, e si riga con una lama metallica lasciando presupporre una durezza dei suoi costituenti pari a 3÷4 della scala di Mohs. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico - concrezionale, a composizione calcarea con aspetto disomogeneo

per la presenza di microstrutture calcitiche di forme variabili. In alcune parti della sezione si osservano strutture dendritiche di dimensioni massime pari a 7 mm, localmente laminate e circondate da calcite spatica a mosaico limpido, talora intorbidito da minute granulazioni di opachi, mentre in altre aree tali biostrutture evolvono in calcite a cespugli (dimensioni minori 1 mm), fino ad avere zone costituite da cristalli sparitici con microgranulazioni di origine batterica addensati nel loro nucleo, sulla cui superficie, si possono osservare cristalli rombici di calcite di origine secondaria. Tali strutture, tra loro differenti e più o meno addensate, conferiscono una rilevante variabilità all’aspetto strutturale del materiale. La sparite è presente sia a mosaico, limpida, di dimensioni ridotte, prevalentemente presente attorno e all’interno delle strutture dendriformi, ed in coincidenza dei pori dove, prevalentemente come materiale di rivestimento o di riempimento, essa si presenta con forme differenti, isopaca, a palizzata, ad arco gotico, e più raramente fibrosa con inclusi di opachi.

I pori sono intergranulari o fenestrali, nel qual caso raggiungono dimensioni sub centimetriche con sviluppo allungato lungo un asse preferenziale parallelo alle lamine di sedimentazione. In netto subordine sono quelli di impronta. Nella maggior parte dei casi i pori sono rivestiti da calcite, talora anche in maniera asimmetrica (dripstone). Rare le tracce di bioclasti costituiti da frammenti di molluschi, da alghe o essenze vegetali e arbustive micritizzate o come porosità da impronta, non determinabili. Le strutture micritiche del materiale sono tipiche di un agglomeramento calcitico imputabile alla presenza di cianobatteri. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (Biolitite) Denominazioni commerciali Oniciato Bianco; Oniciato Gold; Oniciato Venato; Becagli Chiaro; Etrusco Capanni

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Caratteristiche fisico-meccaniche - Physical-mechanical properties NORMA

standard

UNI EN 12407:2001 UNI EN 12372:2001 UNI EN 1926:2000 UNI EN 13755:2002 UNI EN 1936:2001

INDAGINE

test

Esame petrografico Petrographic examination Resistenza a flessione sotto carico concentrato

Flexural strength underconcentrated load

Resistenza alla compressione

Compressive strength

Assorbimento d’acqua a pressione atmosferica

Water absorption at atmospheric pressure

Massa volumica apparente e porosità aperta

Apparent density and open porosity

RISULTATO

results

Travertino (calcare concrezionale) Travertine (concretionary limestone) Valore medio Rtf = 10,4 MPa Mean value Rtf = 10,4 MPa Deviazione standard s = 2,3 MPa Standard deviation s = 2,3 MPa Valore medio Rm = 62 MPa Mean value Rm = 62 MPa Deviazione standard s = 16 MPa Standard deviation s = 16 MPa Coefficiente di variazione ν = 0,3 Coefficient of variation ν = 0,3 Valore medio = 0,7% Mean value = 0,7 % Massa volumica apparente, valore medio ρb= 2458 kg/m3 Apparent density, mean value ρb= 2458 kg/m3

Porosità aperta media p0= 5,30% Open porosity, mean value p0= 5,30%

UNI EN 12371:2003 UNI EN 1925:2001

Resistenza al gelo con sollecitazione a flessione dopo 48 cicli di gelo disgelo

Determination of frost resistance: flexural strength under concentrated load after 48 freeze/thaw cycles

Coefficiente di assorbimento d’acqua per capillarità

Water absorption coefficient by capillarity

Valore medio Rtf = 9,7 MPa Mean value Rtf = 9,7 MPa Deviazione standard s = 1,3 MPa Standard deviation s = 1,3 MPa La resistenza a flessione diminuisce del 7% rispetto la flessione semplice There is a 16% decrease in flexural strength with respect to simple flexure

Valore medio C2 = 1,327 g/m2.s0,5 parallelo ai piani di anisotropia Mean value C2 = 1,327 g/m2.s 0,5 parallel to the anisotropy plane

Valore medio distanza foro-faccia nel punto di rottura d1 = 8 mm UNI EN 13364:2003

Carico di rottura in corrispondenza dei fori di fissaggio

Breaking load at dowel hole

Mean distance from the hole to the face in the direction of the force d1 = 8 mm

Valore medio distanza massima centro foro-bordo frattura bA = 36 mm

Mean maximum distance from the centre of the hole to the edge of the fracture bA = 36 mm

Valore medio del carico di rottura F = 1200 N Mean breaking load F = 1200 N

UNI EN 13919:2004 [15]

Resistenza all’invecchiamento dovuto a SO2 in presenza di umidità

UNI EN 14066:2004

Resistenza all’invecchiamento accelerato tramite shock termici (20 cicli)

UNI EN 14231:2004

UNI EN 14157:2005

Resistance to ageing by SO2 action in the presence of humidity

Resistance to ageing by thermal shock (20 cycles)

Resistenza allo scivolamento tramite apparecchiatura a pendolo sulle superfici. Valori medi delle varie finiture

Variation in mass, mean value

(soluzione A) ∆m = - 0,19% (solution A) ∆m = - 0,10%

(soluzione B) ∆m = - 0,33% (solution B) ∆m = - 0,33%

Variazione di massa, valore medio ∆m = - 0,34% Variation in mass, mean value ∆m = - 0,34%

Levigata provino asciutto SRV = 69

provino bagnato SRV = 50

Lucida

provino bagnato SRV = 33

Smoothed dry specimen SRV = 69 Polished

provino asciutto SRV = 62 dry specimen SRV = 62

wet specimen SRV = 50 wet specimen SRV = 33

Determination of the slip resistance by means of the pendulum tester. Mean values for different finishes

Piano sega Cut surface Bocciardata Bush-hammered Sabbiata Sandblasted

Resistenza all’abrasione Abrasion resistance

Valore medio = 20,1 mm Mean value = 20,2 mm

Travertino Rapolano Chiaro Macroscopic description A sedimentary rock with an inhomogeneous colour and structure, which locally changes from laminated to convoluted. Its overall colour is beige with variable shades of ivory to beige and brown - grey. Laminations have a variable thickness ranging from a few microns to millimetric or centimetric. The rock is characterized by elongated pores of micrometric to centimetric size sub-parallel to the relatively linear laminations. The stone is intact, showing no traces of alteration. It reacts with hydrochloric acid, suggesting a calcitic composition, and can be scratched with a metal blade, indicating a hardness of 3-4 on the Mohs scale. Microscopic description Calcareous sedimentary stone of chemical-concretionary origin with an inhomogeneous appearance due to the presence of calcitic microfabrics of variable shape. The thin section reveals dendritic

77

Variazione di massa, valore medio

structures up to 7 mm in size, locally laminated and surrounded by clear mosaic calcspar that is sometimes clouded by minute opaque granulations. In some areas these biostructures evolve into shrub calcite (less than 1 mm in size) or into zones consisting of spar crystals with microgranulations of bacterial origin in their nuclei and with rhombic calcite crystals of secondary origin on their surfaces. These different, more or less thickened fabrics give the material a significantly variable structural appearance. Spar is present as small, clear mosaic crystals mainly surrounding and within dendritic structures. Different forms (isopachous, palisade, gothic arch, or rarely fibrous with opaque inclusions) may also line or fill pores. Pores are intergranular or fenestral, in which case they are subcentimetric and elongated in the direction of the sedimentary laminae. Mouldic pores are decidedly subordinate. In most cases the pores are lined with

calcite, sometimes even asymmetrically (dripstone). There are rare traces of bioclasts consisting of mollusc fragments, algae, micriticized vegetation and shrubs, or mouldic pores of undetermined origin. Its micritic biofabrics are typical of those formed by cyanobacteria. The material is autochthonous. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (Biolithite) Commercial names Oniciato Bianco; Oniciato Gold; Oniciato Venato; Becagli Chiaro; Etrusco Capanni

provino bagnato SRV = 57 provino bagnato SRV = 70 provino bagnato SRV = 76


Aspetto del Travertino Rapolano Scuro e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Dark Rapolano Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

[16] Allan Pentecost, Travertine, Berlino, Springer, 2005, p. 37. [17] Secondo Pentecost.

Travertino Rapolano Scuro Descrizione macroscopica Litotipo sedimentario di colore bruno dall’aspetto eterogeneo per la locale alternanza di lamine e di straterelli che possono raggiungere anche spessori sub centimetrici di tonalità più o meno scura. Si notano frammenti di bioclasti anche millimetrici e la presenza di pori con dimensioni variabili da sub millimetrici a centimetrici, anche se la maggior parte di essi ha valori massimi pari al millimetro. Il loro sviluppo dimensionale è tendenzialmente sub parallelo alle lamine che costituiscono il materiale. La roccia si presenta sana, priva di tracce di alterazione. Reagisce in presenza di acido cloridrico, lasciando ipotizzare una composizione calcitica, e si riga con una lama metallica lasciando presupporre una durezza dei suoi costituenti pari a 3÷4 della scala di Mohs. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico - concrezionale calcareo con aspetto particolarmente omogeneo. Il materiale infatti ha composizione

prevalentemente a mosaico sparitico con variabilità dimensionale dei cristalli calcitici che possono passare da microsparite (dimensioni minori di 35 μm) a calcite isopaca fino a calcite a palizzata, fibroso allungata. La sparite a mosaico si presenta con una tonalità cromatica vagamente ambrata, sia per la presenza di inclusi opachi probabilmente limonitici, sia per la presenza di micrite più o meno dispersa. In alcune parti della sezione si apprezza la struttura radiale della calcite cristallina in coincidenza di nuclei talora micritici e talora costituiti da pori in alcuni casi ricristallizzati, tipici delle colonie algali, dove la calcite cristallizza attorno a filamenti microbici o a steli di piante. In alcuni punti della sezione si nota il processo della sparmicritizzazione in cui strati micritici estivi con cianobatteri posizionati tra strati colonnari, abiogenici di sedimentazione invernale, continuano il processo di incisione e trasformazione in micrite della sparite sottostante [16]. In ogni caso la micrite, molto dispersa, ha un aspetto a chiazze e talora filiforme ed è presente in percentuale

minore del 5%. I bioclasti sono dati da tracce di cianobatteri, da abbondanti diatomee e da bioclasti micritizzati non identificabili. I pori, circa il 15 % delle sezioni, hanno dimensioni arealmente ridotte da un accentuato processo di ricristallizzazione, che localmente mostra un andamento fortemente asimmetrico. Essi sono di impronta, intercristallini e fenestrali. Nel primo caso hanno forma sferica e dimensioni ridotte a poche micron, quando invece hanno una origine intercristallina o fenestrale, presentano dimensioni anche sub centimetriche con andamento variabile, sono solitamente assottigliati, e con locali ricristallizzazioni pari anche a 5 mm. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biosparite) (sinter calcareo [17]) Denominazioni commerciali Moka; Noce; Etrusco Noce Scuro

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Caratteristiche fisico-meccaniche - Physical-mechanical properties NORMA

standard

UNI EN 12407:2001 UNI EN 12372:2001 UNI EN 1926:2000 UNI EN 13755:2002 UNI EN 1936:2001

INDAGINE

test

RISULTATO

results

Esame petrografico Petrographic examination

Travertino (calcare concrezionale) Travertine (concretionary limestone)

Resistenza a flessione sotto carico concentrato

Valore medio Rtf = 13,4 MPa Mean value Rtf = 13,4 MPa Deviazione standard s = 1,5 MPa Standard deviation s = 1,5 MPa

Flexural strength underconcentrated load

Resistenza alla compressione

Compressive strength

Assorbimento d’acqua a pressione atmosferica

Water absorption at atmospheric pressure

Massa volumica apparente e porosità aperta

Apparent density and open porosity

Valore medio Rm = 121 MPa Mean value Rm = 121 MPa Deviazione standard s = 15 MPa Standard deviation s = 15 MPa Coefficiente di variazione ν = 0,1 Coefficient of variation ν = 0,1 Valore medio = 1,0% Mean value = 1,0 % Massa volumica apparente, valore medio ρb= 2441 kg/m3 Apparent density, mean value ρb= 2510 kg/m3

Porosità aperta valore medio p0= 6,87% Open porosity, mean value p0= 6,87 %

UNI EN 12371:2003 UNI EN 1925:2001

Resistenza al gelo con sollecitazione a flessione dopo 48 cicli di gelo disgelo

Valore medio Rtf = 11,8 MPa Mean value Rtf = 11,8 MPa Deviazione standard s = 1,8 MPa Standard deviation s =1,8 MPa

Coefficiente di assorbimento d’acqua per capillarità

Valore medio C2 = 2,064 g/m2.s0,5 parallelo ai piani di anisotropia

Determination of frost resistance: flexural strength under concentrated load after 48 freeze/thaw cycles Water absorption coefficient by capillarity

La resistenza a flessione diminuisce del 11% rispetto la flessione semplice There is an 11% decrease in flexural strength with respect to simple flexure Mean value C1 = 2,064 g/m2.s 0,5 isotropic material

Valore medio distanza foro-faccia nel punto di rottura d1 = 10 mm UNI EN 13364:2003

Carico di rottura in corrispondenza dei fori di fissaggio Breaking load at dowel hole

Mean distance from the hole to the face in the direction of the force d1 = 10 mm

Valore medio distanza massima centro foro-bordo frattura bA = 41 mm

Mean maximum distance from the centre of the hole to the edge of the fracture bA = 41 mm

Valore medio del carico di rottura F = 1300 N Mean breaking load F = 1300 N

UNI EN 13919:2004 [15]

Resistenza all’invecchiamento dovuto a SO2 in presenza di umidità

UNI EN 14066:2004

Resistenza all’invecchiamento accelerato tramite shock termici (20 cicli)

UNI EN 14231:2004

UNI EN 14157:2005

Resistance to ageing by SO2 action in the presence of humidity

Resistance to ageing by thermal shock (20 cycles)

Resistenza allo scivolamento tramite apparecchiatura a pendolo sulle superfici. Valori medi delle varie finiture

Determination of the slip resistance by means of the pendulum tester. Mean values for different finishes

Resistenza all’abrasione Abrasion resistance

Travertino Rapolano Scuro Macroscopic description A sedimentary rock with a heterogeneous colour due to the local alternation of brown laminae with thin, variably darker layers of up to subcentimetric thickness. Bioclast fragments may be up to millimetric. Pores are submillimetric to centimetric, although most are less than one millimetre in diameter, and tend to be subparallel to laminations. The stone is intact, with no traces of alteration. It reacts with hydrochloric acid, suggesting a calcitic composition, and can be scratched with a metal blade, indicating a hardness of 3-4 on the Mohs scale. Microscopic description Calcareous sedimentary stone of chemical-concretionary origin with a particularly homogeneous appearance. It mainly consists of a mosaic spar with calcite crystals of variable size ranging from microspar (less than 35 μm in diameter) to isopachous calcite and palisade calcite, fibrous and elongated. Mosaic spar

79

has a somewhat amber colour due to the presence of likely limonitic opaque inclusions and dispersed micrite. Some portions of the thin section reveal calcite crystals with a radial structure around micritic nuclei or pores, at times recrystallized, typical of algal colonies, where calcite crystallizes around microbial filaments or plant stems. There is evidence of sparmicritization, whereby summer micrite layers containing cyanobacteria positioned between the columnar abiogenic winter layers continue the process of incision and transformation of the underlying spar into micrite [16]. In any case, the widely dispersed micrite has a patchy appearance or is filamentous and represents less than 5% of the section. Bioclasts consist of traces of cyanobacteria, abundant diatoms and unidentifiable micriticized bioclasts. The pores, representing about 15% of the thin sections, are relatively small due to recrystallization, which is locally highly asymmetric. They

Variazione di massa, valore medio Variation in mass, mean value

(soluzione A) ∆m = - 0,05% (solution A) ∆m = - 0.05%

(soluzione B) ∆m = - 0,02% (solution B) ∆m = - 0.02%

Variazione di massa, valore medio ∆m = - 0,01% Variation in mass, mean value ∆m = - 0.01%

Levigata

campione asciutto SRV = 75

campione bagnato SRV = 70

Lucida

campione asciutto SRV = 63

campione bagnato SRV = 34

Smoothed Polished

dry specimen SRV = 75

dry specimen SRV = 63 Piano sega Cut surface Bocciardata Bush-hammered Sabbiata Sandblasted

Valore medio = 17,3 mm Mean value = 17,3 mm

are mouldic, intercrystalline or fenestral. Mouldic pores are spherical and just a few microns in size, whereas intercrystalline or fenestral pores may be subcentimetric and have a variable morphology, though generally elongated and with local recrystallization of up to 5 mm. The material is autochthonous. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (biosparite) (calcsinter [17]) Commercial names Moka; Noce; Etrusco Noce Scuro

wet specimen SRV = 70 wet specimen SRV = 34

campione bagnato SRV = 67 campione bagnato SRV = 74 campione bagnato SRV = 75


Aspetto del Travertino Nocciola Venato e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Veined Hazel Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Nocciola Venato Descrizione macroscopica Litotipo sedimentario venato costituito da lamine sub parallele prevalentemente piane, sovrapposte, di colore variabile da beige chiaro a bruno bruno nerastro, e di spessori variabili da millimetrici a pluricentimetrici. Il materiale è poroso e, come è tipico dei travertini, la distribuzione spaziale dei pori si presenta arealmente disomogenea all’interno di lamine preferenziali e con sviluppo sub parallelo nel caso presentino forma allungata. Sono anche evidenti pori di forma sub arrotondata che possono presentarsi parzialmente o completamente ricristallizzati o caratterizzati da locali concentrazioni di opachi. La roccia è sana, priva di tracce di alterazione. Reagisce in presenza di acido cloridrico, lasciando ipotizzare una composizione calcitica, e si riga con una lama metallica lasciando presupporre una durezza dei suoi costituenti pari a 3÷4 della scala di Mohs. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico - concrezionale, a composizione

calcarea con svariate strutture micritiche di dimensioni variabili a partire da piccole chiazze micritiche (minori di 200 μm) nel cui interno possono trovarsi cristalli rombici di calcite di origine secondaria. Tali strutture tendono localmente a diradarsi lasciando la roccia prevalentemente sparitica e con cristalli talora a struttura fibroso radiale. In altre porzioni della roccia si passa, in maniera sinuosa, a strutture dendritiche e arborescenti con dimensioni pari anche a 8÷10 mm. Localmente si nota la presenza di calcite fibrosa radiale che si sviluppa lungo una fitostruttura a cespuglio caratterizzata da andamento sferoidale fittamente laminata per l’alternanza di laminette micritiche (minori di 200 μm) che si contrappongono ad una ampia lamina sparitica millimetrica costituita da calcite a palizzata. I bioclasti sono riferibili ai cianobatteri che hanno provocato l’agglomeramento della micrite secondo le differenti biostrutture. Rari i modelli di bioclasti micritizzati e frammenti di molluschi. La calcite cristallina è presente come mosaicale, generalmente limpida, o più allungata con sviluppo isopaco fino a palizzata.

Attorno alle strutture micritiche essa presenta un andamento fibroso aciculare radiale ed è spesso associata a microcristalli di opachi non definibili che localmente, specie attorno alle strutture a cespuglio le conferiscono un aspetto particolarmente torbido. I pori, circa il 15 % del materiale, sono generalmente intergranulari e da riparo, e in netto subordine di impronta. Nella maggior parte dei casi risultano essere rivestiti da calcite mosaicale. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biolitite) Denominazioni commerciali Nocciola Venato di Rapolano; Moka Venato; Becagli Scuro

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Caratteristiche fisico-meccaniche - Physical-mechanical properties NORMA

standard

INDAGINE

test

RISULTATO

results

UNI EN 12407:2001

Esame petrografico Petrographic examination

Travertino (calcare concrezionale) Travertine (concretionary limestone)

UNI EN 12372:2001

Resistenza a flessione sotto carico concentrato

Valore medio Rtf = 8,6 MPa Mean value Rtf = 8,6 MPa Deviazione standard s = 2,4 MPa Standard deviation s = 2,4 MPa

UNI EN 1926:2000

Resistenza alla compressione

UNI EN 13755:2002

Assorbimento d’acqua a pressione atmosferica

UNI EN 1936:2001

Massa volumica apparente e porosità aperta

Flexural strength underconcentrated load

Compressive strength

Water absorption at atmospheric pressure

Apparent density and open porosity

Valore medio Rm = 41 MPa Mean value Rm = 78 MPa Deviazione standard s = 14 MPa Standard deviation s = 14 MPa Coefficiente di variazione ν = 0,3 Coefficient of variation ν = 0,3 Valore medio = 2,7% Mean value = 2,7 % Massa volumica apparente, valore medio ρb= 2340 kg/m3 Apparent density, mean value ρb= 2510 kg/m3

Porosità aperta valore medio p0= 11,07% Open porosity, mean value p0= 11,07 %

UNI EN 12371:2003

Resistenza al gelo con sollecitazione a flessione dopo 48 cicli di gelo disgelo Determination of frost resistance: flexural strength under concentrated load after 48 freeze/thaw cycles

UNI EN 1925:2001

Coefficiente di assorbimento d’acqua per capillarità

UNI EN 13919:2004 [15]

Resistenza all’invecchiamento dovuto a SO2 in presenza di umidità

UNI EN 14066:2004

Resistenza all’invecchiamento accelerato tramite shock termici (20 cicli)

UNI EN 14231:2004

UNI EN 14157:2005

Water absorption coefficient by capillarity

Resistance to ageing by SO2 action in the presence of humidity

Resistance to ageing by thermal shock (20 cycles)

Resistenza allo scivolamento tramite apparecchiatura a pendolo sulle superfici. Valori medi delle varie finiture Determination of the slip resistance by means of the pendulum tester. Mean values for different finishes

Resistenza all’abrasione Abrasion resistance

Travertino Nocciola Venato Macroscopic description A veined sedimentary rock consisting of superimposed subparallel, mostly planar light beige to brown – blackish brown laminations of millimetric to pluricentimetric thickness. The spatial distribution of pores is inhomogeneous, concentrating in certain laminations. Elongated pores are subparallel to the laminations, whereas subrounded ones may be partially or totally recrystallized or characterized by local concentrations of opaque crystals. The stone is intact and devoid of traces of alteration. It reacts with hydrochloric acid, suggesting a calcitic composition, and can be scratched with a metal blade, indicating a hardness of 3-4 on the Mohs scale. Microscopic description Calcareous sedimentary rock of chemical-concretionary origin with numerous micritic fabrics of variable size. Small micrite patches (less than 200 μm) sometimes containing

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rhombic crystals of secondary calcite tend to locally thin out, leaving a stone mainly consisting of sparite and sometimes containing crystals with a radial fibrous structure. Other portions of the rock gradually give way to dendritic and arborescent structures up to 8-10 mm in size. Radial fibrous calcite develops locally along a shrub phytostructure characterized by colloform banding crystal aggregates with closelyspaced small micritic laminae (less than 200 μm) which contrasts with a millimetric spar lamination consisting of palisade calcite. Bioclasts may be ascribed to cyanobacteria responsible for the aggregation of micrite in different biostructures. Micriticized bioclasts and mollusc fragments are rare. Calcite is present as generally clear mosaic crystals, or as elongated, isopachous to palisade crystals. The needles of fibrous calcite radially surrounding the micritic structures are often associated with indefinable opaque microcrystals which locally, especially around the shrub

Valore medio Rtf = 8,2 MPa Mean value Rtf = 8,2 MPa Deviazione standard s = 2,0 MPa Standard deviation s = 2,0 MPa La resistenza a flessione diminuisce del 6% rispetto la flessione semplice There is an 6% decrease in flexural strength with respect to simple flexure

Valore medio C2 = 1,431 g/m2.s0,5 parallelo ai piani di anisotropia Mean value C2 = 1,431 g/m2.s 0,5 isotropic material

Variazione di massa, valore medio Variation in mass, mean value

(soluzione A) ∆m = - 0,15%

(solution A) ∆m = - 0,15%

(soluzione B) ∆m = - 0,06% (solution B) ∆m = - 0,06%

Variazione di massa, valore medio ∆m = - 0,01% Variation in mass, mean value ∆m = - 0,01%

Levigata

Smoothed

Lucida

Polished

campione asciutto SRV = 62

campione bagnato SRV = 58

campione asciutto SRV = 45

campione bagnato SRV = 31

dry specimen SRV = 62

dry specimen SRV = 45 Piano sega Cut surface Bocciardata Bush-hammered Sabbiata Sandblasted

Valore medio = 20,5 mm Mean value = 20,5 mm

structures, give a particularly cloudy appearance. Pores make up about 15% of the rock mass. The porosity is generally intergranular and shelter, subordinately mouldic. In most cases pores are lined with mosaic calcite. The material is autochthonous. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (biolithite) Commercial names Nocciola Venato di Rapolano; Moka Venato; Becagli Scuro

wet specimen SRV = 58 wet specimen SRV = 31

campione bagnato SRV = 75 campione bagnato SRV = 76 campione bagnato SRV = 83


Area di Viterbo e Saturnia L’attività effusiva di questa area [18] è impostata su un territorio geologicamente legato alla presenza di tre complessi vulcanici (il vulsino, nella cui parte centrale attualmente si ha il lago di Bolsena, il vicano che accoglie il Lago di Vico, il cimino posizionato a sud est del capoluogo), ed ha generato una quantità di depositi chimicamente differenziati che interessano in maniera più o meno diffusa tutta l’area viterbese. Le Unità magmatiche sono frutto di attività che si sono modificate nel tempo e nella composizione, iniziate con la messa in posto di ignimbriti e domi di lave acide, seguite poi dalla risalita di un magma basico che ha determinato la formazione degli apparati vulcanici associati ad espandimenti ignimbritici e alla formazione delle caldere che oggi accolgono i laghi vulcanici. Tale evoluzione vulcanica può essere fatta risalire alla fine della orogenesi appenninica nelle sue fenomenologie acide, a cui sono seguite le effusioni basaltiche ritenute tardive rispetto all’orogenesi stessa. Queste Unità vulcaniche, lave ed ignimbriti litoidi e piroclastiti, sono sovrimposte alle rocce sedimentarie più antiche tra cui troviamo depositi pelitico-argillosi, calcari di varie tipologie, flysch argilloso-marnosi. A queste unità magmatiche sono interconnesse, generalmente tramite attività tettoniche più o meno intense che provocano l’interazione delle acque con l’attività magmatica ancora attiva nell’ambiente terrestre più profondo, le rocce sedimentarie recenti, la cui espressione più rappresentativa ed importante, è quella del complesso dei travertini. Essi infatti sono di origine idrotermale, spesso intercalati a depositi alluvionali e lacustri, con spessore massimo di circa un centinaio di metri, ancora alimentati a causa della notevole durezza dell’acqua e all’elevato contenuto di solfati prodotti dai residui fenomeni idrotermali.

Carta geologica dell’area di Saturnia e Viterbo (Carta Geologica d’Italia, foglio 136 - Tuscania). Geological map of the Saturnia and Viterbo area (Carta Geologica d’Italia, sheet 136 - Tuscania).

[18] AA.VV , Carta geologica d’Italia. Foglio 136 Tuscania; AA.VV, Note illustrative della Carta geologica d’Italia. Foglio 136 - Tuscania e Foglio 142 - Civitavecchia, 1970.

The Viterbo and Saturnia Area Extrusive activity in this area [18] is linked to the emplacement of three volcanic complexes - the Vulsini (with Lake Bolsena at the centre), Vicano (containing Lake Vico) and Cimino (southeast of Viterbo) - and has distributed chemically differentiated deposits throughout most of the Viterbo area. Magmatic activity has changed in type and composition through time. It began with the emplacement of ignimbrites and acid lave domes, followed by the ascent of a basic magma that led to the formation of volcanoes associated with ignimbrite flows, and ended with the formation of calderas now containing volcanic lakes. Acid magmatism occurred during and after the formation of the Apennine chain, and was followed by late-orogenic basaltic effusions. These volcanic units, lavas and lithic ignimbrites and pyroclasts lie above the more ancient sedimentary rocks comprising pelitic-clayey deposits, various types of limestone and clayey-marly flysch. These magmatic units are linked to the recent sedimentary rocks, the most important of which are the travertine complexes, generally through tectonic activity of varied intensity which leads to the interaction of waters with deep crustal magmatism. The travertine, of hydrothermal origin, is often intercalated with alluvial and lacustrine deposits and has a maximum thickness of about one hundred meters. It is still forming due to the remarkable hardness of water and the high sulphate content of the residual hydrothermal products.

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Travertino Diana Macroscopic description A beige-coloured rock characterized by local submillimetric to pluricentimetric subparallel laminations. It shows local variations in colour, ranging from light beige to brown. Locally the material has brecciated texture with mainly subrounded, centimetric grains. Pores are often millimetric and elongated. The rock is intact and devoid of traces of alteration. It reacts with hydrochloric acid, suggesting a calcitic composition, and can be scratched with a metal blade, indicating a hardness of 3-4 on the Mohs scale.

Aspetto del Travertino Diana e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. DianaTravertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Diana Descrizione macroscopica Si tratta di un litotipo di colore di insieme beige caratterizzato da locali laminazioni ad andamento sub parallelo, da sub millimetriche a pluricentimetriche, e di aspetto localmente disomogeneo con tonalità cromatiche variabili dal beige chiaro al bruno. Localmente il materiale ha una tessitura brecciata con granuli fino a centimetrici di forma prevalentemente sub arrotondata. Sono presenti porosità spesso millimetriche, allungate, preferibilmente allineate all’interno di alcune delle laminazioni costituenti la roccia. La roccia è sana, reagisce in presenza di acido cloridrico lasciando ipotizzare una composizione calcitica, e si riga con una lama metallica lasciando presupporre una durezza dei suoi costituenti pari a 3÷4 della scala di Mohs. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico - concrezionale, a composizione calcarea. Il materiale è particolarmente eterogeneo e con differenti temi strutturali compositivi. Local-

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mente si nota della micrite macrocristallina in grumi poco addensati o in strutture filiformi dovute a cianobatteri su cui si è agglomerata la micrite. Essi sono intercalati a sparite a mosaico di drusa limpida e a micro sparite. Si passa poi ad aree con micrite decisamente microcristallina molto più addensata e presente anche come peloidi di dimensioni massime pari a 5 mm, sia amorfi, sia costituiti da granuli aggregati tra cui si riconoscono tracce di bioclasti micritizzati e rari oncoidi con poche lamine di rivestimento. In altre parti della roccia si notano strutture calcitiche di tipo dendritico a forma piumata, anche esse di origine organica, contrapposte a lamine di micrite molto addensata o a lamine ad oncoidi. Tali laminazioni variano da 0,5 mm fino a qualche millimetro. Si nota inoltre la presenza di pori di impronta, di fusti di alghe o di steli di essenze arbustive ormai decomposti, con dimensioni comprese tra 100 e 700 micron parzialmente o totalmente ricristallizzati da cemento isopaco. Localmente si ha un aumento delle microgranulazioni limonitiche, mentre per quanto

riguarda la sparite, essa ha concentrazioni differenti nei diversi temi strutturali: scarsa nelle laminazioni con alternanza di cespugli e arbusti micritici ove è presente solo tra le ramificazioni, mentre nelle altre strutture è più abbondante poiché riveste i costituenti micritici e i pori (cemento isopaco). I pori possono arrivare al 20% con la loro presenza; sempre rivestiti da calcite isopaca, sono prevalentemente di impronta, di origine intergranulare e fenestrali. Generalmente quelli più grandi mostrano due diversi momenti di cristallizzazione con cemento calcitico, tra i quali si nota la presenza di micrite. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (Biolitite)

Microscopic description Calcareous sedimentary rock of chemical-concretionary origin. It has a particularly heterogeneous structure. Macrocrystalline micrite is found locally in low density clumps or filamentous structures formed by cyanobacteria. They are intercalated with mosaic sparite in clear drusy crystals and microspar. In other portions of the rock there are feather-like calcitic shrubs of organic origin, which contrast with the layers of very dense micrite or oncoid laminations. These laminations are 0.5 mm to several millimetres thick. Pores are mouldic, of algal stems or of the stems of decomposed shrubs, between 100 and 700 microns in size and partially or totally recrystallized as isopachous cement. Pores represent up to 20% of the total rock volume; they are always lined with isopachous calcite and are mainly mouldic, intergranular and fenestral. The material is autochthonous. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (Biolithite)


Aspetto del Travertino Etrusco e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Etruscan Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Etrusco Descrizione macroscopica Litotipo sedimentario dall’aspetto disomogeneo di colore di insieme beige, localmente passante a tonalità più o meno chiare. Esso è localmente caratterizzato da lamine ad andamento sub parallelo di spessore variabile anche se prevalentemente millimetrico e di colore beige - avorio. I pori, sub paralleli alle lamine e pur disomogeneamente distribuiti, hanno dimensioni solitamente ridotte anche se possono raggiungere dimensioni massime di alcuni millimetri. In alcune parti della roccia sono presenti venature generalmente ricementate che possono rimanere localmente beanti. La roccia si presenta sana, priva di tracce di alterazione. Reagisce in presenza di acido cloridrico per la sua composizione calcitica, e si riga con una lama metallica a causa della durezza pari a 3÷4 della scala di Mohs dei suoi costituenti.

Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico - concrezionale, calcareo e ad aspetto eterogeneo per la presenza di aree costituite da alternanza di lamine di sparite limpida a palizzata con sviluppo asimmetrico (dripstone) e spessore di circa 100 - 500 micron alternato a lamine costituite da micrite dendroide di origine batterica con spessori fino a 3 mm. Localmente le lamine sono costituite da variazione compositiva con maggiori o minori concentrazioni di micrite in chiazze ma anche in strutture a forma arbustiva di dimensioni più o meno grandi a cui è associata sparite isopaca. In mezzo a tali strutture micritiche ramificate, si nota la presenza di bioclasti micritizzati relitti talora associati a strutture fibrose raggiate con inclusi opachi. Lungo le lamine più sottili e chiare, costituite da sparite microcristallina, si ha la presenza di pori ad andamento irregolare ed allungati con dimensioni minori di 1 mm. In alcune parti della sezione la concentrazione della micrite è in netto subordine

rispetto alla sparite, è molto rada e talora ha andamento lineare; la sua origine è imputabile alla presenza di cianobatteri in coincidenza dei quali la micrite è precipitata e si è addensata. Tra i bioclasti si trovano, oltre ai cianobatteri causa delle differenti tipologie di biostrutture calcitiche presenti, frammenti di gusci di molluschi e tracce indirette di alghe o di steli di essenze arbustive e vegetali osservabili nelle forme dei pori di impronta sezionati perpendicolarmente allo sviluppo. Localmente si nota la presenza di cemento sparitico a sviluppo asimmetrico specialmente lungo i lati dei pori che, nella parte di gocciolio dell’acqua, ha generato cemento a palizzata di dimensione molto maggiore rispetto alla calcite sottostante. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biosparite)

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Caratteristiche fisico-meccaniche - Physical-mechanical properties NORMA

standard

UNI EN 12407:2001 UNI EN 12372:2001 UNI EN 1926:2000 UNI EN 13755:2002 UNI EN 1936:2001

INDAGINE

test

Esame petrografico Petrographic examination Resistenza a flessione sotto carico concentrato

Flexural strength underconcentrated load

Resistenza alla compressione

Compressive strength

Assorbimento d’acqua a pressione atmosferica

Water absorption at atmospheric pressure

Massa volumica apparente e porosità aperta

Apparent density and open porosity

RISULTATO

results

Travertino (calcare concrezionale) Travertine (concretionary limestone) Valore medio Rtf = 8,8 MPa Mean value Rtf = 8,8 MPa Deviazione standard s = 3,2 MPa Standard deviation s = 3,2 MPa Valore medio Rm = 61 MPa Mean value Rm = 61 MPa Deviazione standard s = 19 MPa Standard deviation s = 19 MPa Coefficiente di variazione ν = 0,3 Coefficient of variation ν = 0,3 Valore medio = 1,6% Mean value = 1,6 % Massa volumica apparente, valore medio ρb= 2428 kg/m3 Apparent density, mean value ρb= 2510 kg/m3

Porosità aperta media p0= 7,93% Open porosity, mean value p0= %

UNI EN 12371:2003 UNI EN 1925:2001

Resistenza al gelo con sollecitazione a flessione dopo 48 cicli di gelo disgelo

Determination of frost resistance: flexural strength under concentrated load after 48 freeze/thaw cycles

Coefficiente di assorbimento d’acqua per capillarità

Water absorption coefficient by capillarity

Valore medio Rtf = 9,1 MPa Mean value Rtf = 9,1 MPa Deviazione standard s = 2,8 MPa Standard deviation s = 2,8 MPa La resistenza a flessione diminuisce del 4% rispetto la flessione semplice There is an 4% decrease in flexural strength with respect to simple flexure

Valore medio C2 = 3,130 g/m2.s0,5 parallelo ai piani di anisotropia Mean value C2 = 3,130 g/m2.s 0,5 isotropic material

Valore medio distanza foro-faccia nel punto di rottura d1 = 9 mm UNI EN 13364:2003

Carico di rottura in corrispondenza dei fori di fissaggio

Breaking load at dowel hole

Mean distance from the hole to the face in the direction of the force d1 = 9 mm

Valore medio distanza massima centro foro-bordo frattura bA = 46 mm

Mean maximum distance from the centre of the hole to the edge of the fracture bA = 46 mm

Valore medio del carico di rottura F = 1100 N Mean breaking load F = 1100 N

Resistenza all’invecchiamento dovuto a SO2 in presenza UNI EN 13919:2004 [15] di umidità Resistance to ageing by SO2 action in the presence of humidity

UNI EN 14066:2004

UNI EN 14231:2004

UNI EN 14157:2005

Resistenza all’invecchiamento accelerato tramite shock termici (20 cicli)

Resistance to ageing by thermal shock (20 cycles)

Resistenza allo scivolamento tramite apparecchiatura a pendolo sulle superfici. Valori medi delle varie finiture

Determination of the slip resistance by means of the pendulum tester. Mean values for different finishes

Resistenza all’abrasione Abrasion resistance

Travertino Etrusco Macroscopic description An inhomogeneous beige-coloured sedimentary rock locally showing lighter hues. It is locally characterized by subparallel laminations of variable thickness, although mostly millimetric and of a beige-ivory colour. Pores show an inhomogeneous distribution subparallel to the laminations; although generally small, they can reach a few millimetres in size. Certain portions of the rock show veining that is generally recemented but can remain locally open. The rock is intact and devoid of traces of alteration. It reacts with hydrochloric acid, suggesting a calcitic composition, and can be scratched with a metal blade, indicating a hardness of 3-4 on the Mohs scale. Microscopic description Calcareous sedimentary rock of chemical-concretionary origin. It is heterogeneous for the presence of areas of clear palisade spar laminations with asymmetric growth

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(dripstone) and a thickness of about 100 - 500 microns alternating with dendritic micrite laminations of bacterial origin with a thickness of up to 3 mm. The laminations locally consist of compositional variations with variable concentrations of micrite in patches or more or less large shrub structures associated with isopachous sparite. Among these arborescent micritic structures, there are relic micritic bioclasts sometimes associated with radial fibrous structures containing opaque inclusions. Along the thinner, paler laminae consisting of microcrystalline sparite, there are irregular, elongated pores less than 1 mm in size. In some portions of the section micrite concentrations are markedly subordinate to those of sparite; micrite is extremely sparse, sometimes developing linearly, and may have been precipitated by cyanobacteria. Bioclasts not only comprise different types of calcitic biostructures formed by cyanobacteria, but also fragments of mollusc shells and in-

(soluzione A) ∆m = - 0,41% Variazione di massa, valore medio Variation in mass, Mean value

(soluzione A) ∆m = - 0,41%

(soluzione B) ∆m = - 0,02% (soluzione B) ∆m = - 0,02%

Variazione di massa, valore medio ∆m = - 0,05% Variation in mass, Mean value ∆m = - 0,05%

Levigata

provino asciutto SRV = 72

provino bagnato SRV = 67

Lucida

provino asciutto SRV = 68

provino bagnato SRV = 49

Smoothed Polished

dry specimen SRV = 72

dry specimen SRV = 68 Piano sega Cut surface Bocciardata Bush-hammered Sabbiata Sandblasted

wet specimen SRV = 67 wet specimen SRV = 49

provino bagnato SRV = 73 provino bagnato SRV = 77 provino bagnato SRV = 76

Valore medio = 21,1 mm Mean value = 21.1 mm

direct traces of algae or shrub twigs and plant stems seen in the mouldic pores sectioned perpendicularly to their direction of growth. Locally, sparite cement has developed asymmetrically, especially that lining pores. In the portion where water drips there is palisade cement of much greater thickness than the underlying calcite. The material is of autochthonous origin. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (biosparite)


Travertino Pian di Palma Macroscopic description A sedimentary beige-coloured rock with alternating light brown-ivory to dark brown heterogeneous laminations of millimetric to centimetric thickness. The rock shows a granular structure and constituents are submillimetric to millimetric. Pores, of up to centimetric size, are widespread throughout the material but tend to concentrate in certain laminations. Although locally very porous, it is a compact, resistant and apparently intact rock. It reacts with hydrochloric acid, suggesting a calcitic composition, and can be scratched with a metal blade, indicating a hardness of 3-4 on the Mohs scale.

Aspetto del Travertino Pian di Palma e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Pian di Palma Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Pian di Palma Descrizione macroscopica Litotipo sedimentario di colore di insieme beige laminato, con alternanza di lamine da millimetriche a centimetriche di colore variabile da bruno chiaro avorio a bruno scuro con aspetto eterogeneo. La roccia presenta struttura granulare ed i costituenti sono da sub millimetrici a millimetrici. I pori hanno dimensioni massime centimetriche, sono diffusi in tutto il materiale pur con un disposizione preferenziale lungo alcune lamine. Compatta e resistente anche se localmente molto porosa, la roccia ha un aspetto sano, reagisce in presenza di acido cloridrico, lasciando ipotizzare una composizione calcitica, e si riga con una lama metallica lasciando presupporre una durezza dei suoi costituenti pari a 3÷4 della scala di Mohs. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico-concrezionale, a composizione calcarea di aspetto eterogeneo poiché costituito da differenti biostrutture calcitiche.

Per quanto riguarda la micrite, essa è presente come chiazze irregolari non particolarmente addensate, mentre tra le strutture più complesse vi sono quelle ad arbusti e a cespugli più o meno ramificati con dimensioni variabili tra i 0,2 micron e i 3 mm. Sono presenti anche cristalli di calcite spatica centralmente intorbiditi da abbondanti inclusi micritici di origine batterica, circondati da sparite limpida, anche se si notano cristalli di sparite in cui la posizione degli inclusi micritici anziché essere centrale, è disposta radialmente lungo i bordi dei cristalli medesimi. Tutte queste biostrutture tendono ad essere associate a chiazze di micrite non strutturata. Abbondante la sparite, almeno il 60% rispetto la micrite, posizionata tra e attorno la micrite e le varie strutture dove si presenta limpida. È generalmente equidimensionale, localmente isopaca e può presentare un aspetto vagamente fibroso con andamento radiale con esili inclusi opachi. I pori hanno dimensioni variabili anche se le dimensioni massime nella

sezione sono di circa 2 mm. La loro percentuale è stimabile in circa il 20 % della roccia. La loro origine è varia, si riconoscono infatti porosità intercristalline nella maggior parte dei casi, da riparo anche legati alla formazione di calcite galleggiante e di impronta. Sono comunque in fase di ricristallizzazione ad opera di sparite isopaca. Il materiale è di origine autoctona.

Microscopic description Calcareous sedimentary rock of chemical-concretionary origin. It appears heterogeneous due to the presence of varied calcitic biostructures. Micrite is present in irregular, poorly aggregated patches; the more complex biostructures include variably ramified shrub and bush structures ranging from 0.2 micron to 3 mm in size. There are also sparry calcite crystals with cloudy nuclei due to the presence of abundant micritic inclusions of bacterial origin surrounded by clear sparite. The pores are of variable size, reaching up to 2 mm in diameter. They represent about 20 % of the rock volume. Porosity is mostly intercrystalline and subordinately shelter, sometimes linked to the formation of floating calcite and mouldic. Pores are recrystallizing into isopachous sparite. The material is of autochthonous origin. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (Biosparite)

Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (Biosparite)

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[19] AA.VV, Carta geologica d’Italia. Foglio 129 - S. Fiora; AA.VV, Note illustrative della Carta geologica d’Italia. Foglio 129 - Santa Fiora, 1967.

San Casciano dei Bagni Area The area [19] shows traces of protracted orogenic and tectonic events that led to the development of magmatism coeval with the formation of large fractures and intense, long-lived hydrothermal activity, allowing the local deposition of calcareous travertine deposits of sometimes remarkable thickness in the Holocene. The travertine in this area may therefore be directly ascribed to the volcanic activity that led to the formation of Mt. Amiata or to the tectonic activity that allowed the circulation and mineralization of water masses within volcanic environments.

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Area San Casciano dei Bagni Nell’area [19] si trova la traccia di azioni orogenetiche e tettoniche protrattesi per lungo tempo che hanno portato allo sviluppo di eventi magmatici in contemporanea con l’impostazione di grandi fratture in coincidenza delle quali l’attività idrotermale si è mantenuta vivace per lungo tempo, ed ha consentito la locale deposizione, nell’Olocene, di depositi calcerei travertinosi che possono presentare talora anche notevole potenza. Anche in questa area, quindi, i travertini possono essere collegati direttamente all’attività vulcanica che ha provocato la genesi del monte Amiata o possono esserne associati ad attività di tipo tettoniche che hanno permesso la circolazione di masse acquose all’interno di ambienti vulcanici provocandone la mineralizzazione.

Carta geologica dell’area di San Casciano dei Bagni (Carta Geologica d’Italia, foglio 129 - Santa Fiora). Geological map of the San Casciano dei Bagni area (Carta Geologica d’Italia, sheet 129 - Santa Fiora).


Aspetto del Travertino Scabas e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Scabas Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Scabas Descrizione macroscopica Si tratta di un litotipo sedimentario di colore beige con chiazze di tonalità gialla più o meno intensa, localmente rosato. Il materiale ha un aspetto particolarmente eterogeneo, con tracce di bioclasti dalle dimensioni variabili da sub millimetriche a centimetriche e, anche se in maniera vaga, la roccia presenta una parvenza di laminazione. I pori che la caratterizzano hanno dimensioni massime subcentimetriche e tendono ad essere concentrati lungo alcuni degli strati costituenti il materiale. Localmente sono ricristallizzati. La roccia si presenta sana, priva di tracce di alterazione. Essa reagisce in presenza di acido cloridrico, lasciando ipotizzare una composizione calcitica, e si riga con una lama metallica lasciando presupporre una durezza dei suoi costituenti pari a 3÷4 della scala di Mohs. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico - concrezionale, calcarea, abbondantemente clastico e ad aspetto particolarmente differenziato in

temi calcitici biostrutturali differenti poiché in alcune parti della roccia si notano chiazze micritiche localmente informi mentre in altre essi sono strutturati con aspetto a cespuglio e circondati da sparite prevalentemente fibroso-aciculare passante localmente a calcite mosaicale la quale in coincidenza dei pori diventa isopaca fino a palizzata. Abbondanti gli ooidi a sviluppo radiale e gli oncoidi e granuli aggregati costituiti da peloidi e ooidi. Abbondanti anche i bioclasti micritizzati presenti come modelli esterni di frammenti di steli, foglie, di molluschi e bivalvi. Il deposito, aspetto unico tra tutti i materiali analizzati, presenta abbondante materiale clastico tra cui quarzo monocristallino prevalentemente sub angoloso, selce millimetrica sub arrotondata presente anche come nucleo di ooidi, rara muscovite e microgranulazioni limonitiche. Localmente la roccia mostra struttura stromatolitica con sottili lineazioni micritiche la cui causa di precipitazione è batterica. L’andamento di queste strutture algali è generalmente sinuoso ed intercalato a lamine composte da

calcite sparitica localmente passante a palizzata, e in coincidenza delle quali si ha la presenza di pori di origine fenestrale. Le sinuosità stromatolitiche localmente avvolgono e racchiudono aree ad ooidi, intraclasti, abbondante quarzo terrigeno e frammenti di selce, ad indicare un continuo apporto in acqua corrente. Localmente si notano anche croste date da concentrazioni di opachi ematitici e limonitici. I pori, circa il 35% della sezione, sono di natura fenestrale e di impronta, oltreché di riparo. Possono raggiungere dimensioni anche centimetriche con sviluppo prevalentemente allungato, mentre quelli di impronta hanno solitamente dimensioni micrometriche e sono sub arrotondati. In entrambi i casi mostrano rivestimento superficiale dato da calcite spatica isopaca passante a palizzata che può localmente presentare un andamento fortemente asimmetrico (dripstone) permettendo di riconoscere la polarità del materiale. Il materiale è di natura detritica. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO

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Caratteristiche fisico-meccaniche NORMA

standard

UNI EN 12407:2001

INDAGINE

test

Esame petrografico Petrographic examination

UNI EN 12372:2001

Resistenza a flessione sotto carico concentrato Flexural strength underconcentrated load

UNI EN 1926:2000

Resistenza alla compressione Compressive strength

UNI EN 13755:2002

Assorbimento d’acqua a pressione atmosferica Water absorption at atmospheric pressure

UNI EN 1936:2001

Massa volumica apparente e porosità aperta Apparent density and open porosity

UNI EN 12371:2003

Resistenza al gelo con sollecitazione a flessione dopo 48 cicli di gelo disgelo Determination of frost resistance: flexural strength under concentrated load after 48 freeze/thaw cycles

UNI EN 1925:2001

Coefficiente di assorbimento d’acqua per capillarità Water absorption coefficient by capillarity

UNI EN 13364:2003

Carico di rottura in corrispondenza dei fori di fissaggio Breaking load at dowel hole

RISULTATO

results

Travertino (calcare concrezionale) Travertine (concretionary limestone)

Valore medio Rtf = 11,9 MPa Mean value Rtf = 11,6 MPa Deviazione standard s = 2,9 MPa Standard deviation s = 2,9 MPa

Valore medio Rm = 95 MPa Mean value Rm = 95 MPa Deviazione standard s = 15 MPa Standard deviation s = 15 MPa Coefficiente di variazione ν = 0,2 Coefficient of variation ν = 0,2 Valore medio = 0,6% Mean value = 0,6 % Massa volumica apparente, valore medio ρb= 2544 kg/m3 Apparent density, mean value ρb= 2510 kg/m3

Porosità aperta media p0= 4,68% Open porosity, mean value p0= 4,68 %

Valore medio Rtf = 12,5 MPa Mean value Rtf = 12,5 MPa Deviazione standard s = 1,5 MPa Standard deviation s = 1,5 MPa La resistenza a flessione diminuisce del 5% rispetto la flessione semplice There is a 5% increase in flexural strength with respect to simple flexure Valore medio C2 = 0.690 g/m2.s0,5 parallelo ai piani di anisotropia Mean value C2 = 0,690 g/m2.s 0,5 parallel to the anisotropy plane

Valore medio distanza foro-faccia nel punto di rottura d1 = 10 mm Mean distance from the hole to the face in the direction of the force d1 = 10 mm

Valore medio distanza massima centro foro-bordo frattura bA = 42 mm

Mean maximum distance from the centre of the hole to the edge of the fracture bA = 42 mm

Valore medio del carico di rottura F = 1400 N Mean breaking load

(soluzione A) ∆m = - 0,07%

UNI EN 13919:2004 [15]

Variazione di massa, valore medio Variation in mass, mean value

UNI EN 14066:2004

Resistenza all’invecchiamento accelerato tramite shock termici (20 cicli) Resistance to ageing by thermal shock (20 cycles)

Variazione di massa, valore medio ∆m = - 0,06% Variation in mass, mean value ∆m = - 0,06%

UNI EN 14231:2004

Resistenza allo scivolamento tramite apparecchiatura a pendolo sulle superfici. Valori medi delle varie finiture Determination of the slip resistance by means of the pendulum tester. Mean values for different finishes

UNI EN 14157:2005

Resistenza all’abrasione Abrasion resistance

Travertino Scabas Macroscopic description A beige-coloured sedimentary rock with yellow patches of variable intensity, locally rose-coloured. The material has a particularly heterogeneous aspect, with traces of bioclasts of submillimetric to centimetric size, and is roughly laminated. Pores can reach subcentimetric dimensions and tend to concentrate in certain layers. They are locally recrystallized. The stone is intact and devoid of traces of alteration. It reacts with hydrochloric acid, suggesting a calcitic composition, and can be scratched with a metal blade, indicating a hardness of 3-4 on the Mohs scale. Microscopic description Calcareous sedimentary stone of chemical-concretionary origin. It is highly clastic and characterized by areas of varied calcitic biostructure: in some parts of the stone there are shapeless micritic patches, whereas in others patches show a shrub structure surrounded by prevalently fibrous-acicular sparite or, locally,

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F = 1400 N

Resistenza all’invecchiamento dovuto a SO2 in presenza di umidità Resistance to ageing by SO2 action in the presence of humidity

mosaic calcite, which becomes isopachous or palisade in pores. Radial ooids as well as oncoids and aggregated grains formed by peloids and ooids are abundant. Micriticized bioclasts, including moulds of stems, leaves, molluscs and bivalves, are abundant. The deposit distinguishes itself from the other analyzed ones in the abundance of clastic material, which mainly comprises subangular monocrystalline quartz, millimetric subrounded chert (also present in the nucleus of ooids), rare muscovite and limonitic microgranulations. The stone locally shows a stromatolitic structure with thin micritic lineations due to bacterial precipitation. These algal structures are generally sinuous and intercalated with laminations consisting of spar or, locally, palisade calcite, and characterized by the presence of fenestral pores. The stromatolitic sinuosity locally envelop and enclose areas containing ooids, intraclasts, abundant terrigenous quartz and chert fragments, an indication of their continuous supply to running waters. Locally, there are crusts

(solution A) ∆m = - 0,07%

(soluzione B) ∆m = - 0,4% (solution B) ∆m = - 0,4%

Levigata

Smoothed

Lucida

Polished

provino asciutto SRV = 65

provino bagnato SRV = 53

provino asciutto SRV = 46

provino bagnato SRV = 20

dry specimen SRV = 65

dry specimen SRV = 46 Piano sega Cut surface Bocciardata Bush-hammered Sabbiata Sandblasted

wet specimen SRV = 53 wet specimen SRV = 20

provino bagnato SRV = 69 provino bagnato SRV = 76 provino bagnato SRV = 77

Valore medio = 19,9 mm Mean value = 19,9 mm

consisting of opaque hematite and limonite crystals. Porosity is fenestral, mouldic or shelter one. Pores, representing 35% of the section, can be up to centimetric in size and are mainly elongated, whereas mouldic pores are generally micrometric and subrounded. In both cases pores are lined by isopachous sparite, giving way to palisade calcite that locally develops asymmetrically (dripstone), thereby identifying the polarity of the material. The stone is of detrital origin. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE


Area di Tivoli Guidonia Ubicata a qualche decina di chilometri ad est di Roma, l’area estrattiva di Tivoli Guidonia [20] si sviluppa in una zona pianeggiante di circa 30 km2. La sua posizione è limitrofa al vulcano laziale e contemporaneamente al massiccio carbonatico della zona lucretile - tiburtino - cornicolano. Tale collocazione fa sì che le acque di questa zona abbiano tutte le condizioni ottimali per ritrovarsi mineralizzate grazie alla presenza delle attività vulcaniche che consentono la sedimentazione di travertini idrotermali. La formazione di questi depositi, che raggiungono spessori massimi di 80/90 metri, è stata favorita da una condizione geologica di basso strutturale delimitato da una serie di faglie che hanno svincolato tutta l’area di deposizione.

Carta geologica dell’area di Tivoli Guidonia (Carta Geologica d’Italia, foglio 150 - Roma). Geological map of the Tivoli Guidonia area (Carta Geologica d’Italia, sheet 150 - Roma).

[20] AA.VV, Carta geologica d’Italia. Foglio 150 - Roma.

The Tivoli Guidonia Area Located some tens of kilometres east of Rome, the Tivoli Guidonia area of extraction [20] covers about 30 km2 of a plain. It is positioned near the Lazio volcano and coeval with the carbonate massif of the Lucretili- Tiburtine – Cornicola Mts.. The waters in this area are highly mineralized thanks to the vicinity of volcanic activity, allowing the sedimentation of hydrothermal travertine. The formation of these deposits, which reach a maximum thickness of 80-90 metres, has been favoured by the geological framework consisting of a structural low delimited by a series of faults that have disrupted the area of sedimentation.

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Travertino Romano Classico Macroscopic description An inhomogeneous beige-coloured sedimentary rock with subparallel, sometimes undulated darker beige laminations of millimetric to centimetric thickness. It is a porous stone. Pores generally form within and are subparallel to laminations, although the centimetric ones are perpendicular to laminations. The rock is intact. It reacts with hydrochloric acid and can be scratched with a metal blade.

Aspetto del Travertino Romano Classico e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Classic Roman Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Romano Classico Descrizione macroscopica Litotipo sedimentario di colore di insieme beige con laminazioni a sviluppo sub parallelo, talora ondulato e di spessore variabile da millimetriche a centimetriche e di colore beige più o meno scuro. La roccia è porosa ed i pori presentano uno sviluppo spazialmente vincolato alla laminazione del materiale della quale essi sono generalmente sub paralleli come posizione e come allungamento. Non mancano però pori anche centimetrici ad andamento perpendicolare rispetto quello delle lamine. La roccia è sana. Reagisce in presenza di acido cloridrico e si riga con una lama metallica. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico - concrezionale, a composizione calcarea con aspetto eterogeneo. La roccia è caratterizzata da una evidente laminazione imputabile al differente sviluppo di biostrutture calcitiche. Localmente infatti essa è dovuta a laminazioni di micrite addensata con dimensioni massime di 1 mm alternate ad esili lamine

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sparitiche con dimensioni minori di 200 micron. Tali laminazioni possono presentare anche un andamento lobato e non continuativo, dato sempre da lamine micritiche (spessori massimi di 30 micron) alternate a sparite (spessori massimi 60 micron) che spesso racchiude porosità beanti. In altre parti della sezione, la micrite è presente in piccole strutture molto addensate di origine batterica che passano localmente a biostrutture di tipo arbustivo. Si notano inoltre peloidi amorfi con dimensioni massime di 2 mm. La sparite che caratterizza il materiale, circa il 40% rispetto alla calcite totale, è di differenti tipologie: a mosaico tra le strutture micritiche, di tipo isopaco in coincidenza dei pori. Per quanto riguarda questi ultimi, essi sono quasi sempre rivestiti da calcite cristallina ed hanno differenti origini, a partire da quelli fenestrali, di forma allungata e schiacciata che possono essere anche subcentimetrici, disposti lungo i piani sparitici, o in subordine pori da riparo e da impronta, sempre di dimensioni minori, anche sub arrotondati e in taluni casi completamente ricristallizzati. Molto

rare le tracce di impronte micritizzate di bioclasti. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biolitite) Caratteristiche fisico-meccaniche [21]

[21] I dati tecnici disponibili in letteratura relativi al Travertino romano classico sono incompleti, pertanto non si è ritenuto di riportarli in una tabella analitica ma sono stati riassunti di seguito: resistenza a flessione sotto carico concentrato (UNI EN 12372:2001) valore medio Rtf = 14,0 MPa; resistenza al gelo con sollecitazione a flessione dopo 48 cicli di gelo disgelo (UNI EN 12371:2003), valore medio Rtf = 7,5 MPa; resistenza allo scivolamento tramite apparecchiatura a pendolo sulle superfici (finitura non specificata) (UNI EN 14231:2004), valore medio provino asciutto SRV = 64, provino bagnato SRV = 34, resistenza all’abrasione (UNI EN 14157:2005), valore medio = 22,0 mm. Si veda anche L. Manfra, U. Masi, B. Turi, “La composizione isotopica dei travertini del Lazio”, Geologica romana, n. 15, 1976, pp. 127-174.

Microscopic description Calcareous sedimentary rock of chemical-concretionary origin with a heterogeneous appearance. The evident lamination is due to the presence of variable calcitic biostructures. It is locally determined by the alternation of dense, up to 1 mm-thick micrite laminations and thin (less than 200 micron) sparite laminae. These laminations may be lobed and discontinuous, in which case they consist of alternating micritic (up to 30 microns thick) and sparite (up to 60 microns thick) laminae, often including open pores. In other portions of the section, micrite is present in small, highly aggregated structures of bacterial origin which locally give way to shrub fabrics. Sparite, representing 40% of the total calcite content, forms mosaic aggregates between micritic structures and is isopachous within pores. Pores are almost always lined with crystalline calcite. The material is of autochthonous origin. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (biolithite)


Travertino Navona Alabastrino Macroscopic description Sedimentary rock of uniform ivory yellow colour. It is structurally heterogeneous for the presence of alternating highly compact though laminated - portions with porous ones. Pores are generally micrometric and subrounded, and are preferentially located in certain laminations. The rock is intact and unaltered. It reacts with hydrochloric acid and can be scratched with a metal blade.

Aspetto del Travertino Navona Alabastrino e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Navona Alabaster Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Navona Alabastrino Descrizione macroscopica Litotipo sedimentario di colore di insieme giallo avorio cromaticamente omogeneo anche se strutturalmente eterogeneo per l’alternanza di aree assai compatte e poco porose – pur se laminate – ad aree porose. Tali porosità sono generalmente micrometriche e sub arrotondate, con concentrazione preferenziale lungo alcune delle lamine costituenti. La roccia è sana, non alterata, reagisce in presenza di acido cloridrico, e si riga con una lama metallica. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico concrezionale, calcareo, di aspetto particolarmente omogeneo in quanto costituito da un mosaico microcristallino sparitico con dimensioni comprese tra 10 e 60 micron, intorbiditi nella parte centrale del cristallo da inclusi micritici sub microscopici di origine batterica e con un bordo di calcite limpida. Il materiale è caratterizzato da una laminazione poco evidente costituita da straterelli con spessori alternati pari a circa 1 e 0,5 mm, in cui la ritmicità è legata

al locale aumento della concentrazione di micrite all’interno dei cristalli sparitici (circa l’80% rispetto la calcite presente). In coincidenza delle laminazioni più sottili si notano cristalli con dimensioni leggermente maggiori con un più basso tenore di inclusi e con una maggior concentrazione di pori che tendono ad essere isoorientati alle lamine. Localmente la ritmicità laminare si interrompe e pur rimanendo la costanza strutturale dei costituenti il materiale, si nota una distribuzione molto più disomogenea dei cristalli. I pori sono caratterizzati da forme e dimensioni differenti, in quanto si possono presentare con dimensioni massime circa sub centimetri che; di forma sia sub arrotondata che allungata e appiattita, sono prevalentemente privi di ricristallizzazione spatica superficiale. La loro origine è legata a porosità intercristalline, molto più raramente da impronta in quanto sono rare le tracce micritizzate di frammenti di piante incrostate da calcite. Le porosità fenestrali sono probabilmente collegate alla fuga di sostanze gassose. In coincidenza

delle aree laminate la porosità è di circa il 5% che può salire al 15-20% nelle aree di roccia non laminate. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biosparite)

Microscopic description Calcareous sedimentary rock of chemical-concretionary origin. It is particularly homogeneous inasmuch as it consists of a mosaic of microcrystalline sparite 10 to 60 microns in size; the central portion of crystals is cloudy due to the presence of submicroscopic micritic inclusions of bacterial origin with a rim of clear calcite. The material is characterized by a subtle layering formed by rhythmically alternating 1 mm- and 0.5 mm-thick layers due to a local increase in the concentration of micrite within the sparite crystals. Pores can be of up to centimetric size with a subrounded or elongated and flattened morphology, and mostly lack a lining of recrystallized sparry calcite. Porosity is intercrystalline and less frequently mouldic, inasmuch as micritic traces of plant fragments encrusted with calcite are rare. Fenestral porosity is probably linked to degassing. The porosity in the laminated areas represents about 5% of the total rock volume, whereas it can increase to 15-20% in the unlaminated portions. The material is autochthonous. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (biosparite)

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Travertino Noce Romano Macroscopic description A rock characterized by local submillimetric to pluricentimetric laminations and layers. The stone has a variable brown-beige to dark brown colour and is characterized by a heterogeneous, even plurimillimetric grain size. It shows widespread porosity with pores of variable dimensions. The rock is intact, with no traces of alteration. It reacts with hydrochloric acid and can be scratched with a metal blade.

Aspetto del Travertino Noce Romano e struttura dello stesso materiale ingrandita allo stereomicroscopio e al microscopio a luce polarizzata. Roman Hazel Travertine and magnified view of its structure under the stereomicroscope and the polarized light microscope.

Travertino Noce Romano Descrizione macroscopica Litotipo sedimentario di colore beige bruno con alternanza di lamine e strati da millimetrici a pluricentimetrici. Il suo colore è variabile da bruno beige a bruno scuro e presenta granulometria eterogenea, anche plurimillimetrica. Diffusamente poroso, si può notare come i pori siano dimensionalmente differenziati: quelli più grossolani sono prevalentemente concentrati lungo le lamine scure, mentre quelli più sottili sono prevalentemente diffusi nelle aree più chiare. La roccia ha un aspetto sano, è priva di tracce di alterazione, reagisce in presenza di acido cloridrico, e si riga con una lama metallica. Descrizione microscopica Litotipo sedimentario di origine chimico - evaporitica a composizione calcarea concrezionale con aspetto eterogeneo e indistinto. Localmente infatti, è caratterizzato da micrite particolarmente disomogenea come concentrazione, in chiazze più o meno addensate e in strutture filiformi di origine batterica con an-

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damento sia lineare sia convoluto. Abbondante la sparite (circa il 60%), che circonda o anche penetra all’interno delle differenti strutture micritiche. In coincidenza di rare strutture mammellonari si nota una struttura fibrosa tipica dell’aragonite. Il materiale ha un rilevante contenuto in bioclasti micritizzati e presenti anche come porosità di impronta spesso ricementati da sparite per cui sono difficilmente riconoscibili, anche se è verosimile supporre la originaria presenza di frammenti di steli di varie essenze che in studi recenti sono stati classificati del tipo angiosperme (Cercis siliquastrum, Buxus sempervirens, Laurus nobilis, Planera ungeri) [22], ma anche alghe e cianobatteri, e tra gli organismi frammenti di molluschi con la struttura calcitica originaria dei gusci. Abbondanti anche le porosità presenti che, maggiormente concentrate in alcuni livelli del materiale, possono raggiungere anche dimensioni di 6-7 mm ed una presenza pari al 30 ÷40%. La loro genesi ha origini differenti potendo essere intergranulari, con dimensioni micrometriche,

da riparo, oppure di origine fenestrale nel qual caso raggiungono le dimensioni maggiori. Non si presentano necessariamente isoorientati, hanno forme solitamente irregolari ed allungate. Quando sono di impronta dati da sezioni di steli di piante, sono arrotondati. I pori sono comunque quasi sempre in fase di ricristallizzazione parziale o totale ad opera di microsparite limpida ed equidimensionale e di sparite isopaca localmente tendente a sparite a palizzata. I pori micrometrici e sub millimetrici risultano essere totalmente calcitizzati. Il materiale è di origine autoctona. Definizione petrografica (secondo EN12670) TRAVERTINO (biosparite)

Microscopic description Heterogeneous and indistinct concretionary limestone rock of chemical – evaporitic origin. It locally shows particularly inhomogeneous micrite concentrations in variably aggregated patches and in linear and convoluted filamentous structures of bacterial origin. Sparite (about 60%) is abundant and surrounds or even penetrates within the different micritic structures. The material has a high content of micriticized bioclasts which are also present as mouldic pores often recemented by sparite, in which case they are difficult to identify. They likely represent not only plant stems that recent studies have ascribed to angiosperms (Cercis siliquastrum, Buxus sempervirens, Laurus nobilis and Planera ungeri ) (21), but also algae, cyanobacteria and mollusc fragments showing the original calcitic structure of the shells. Pores are abundant and mostly concentrated in certain layers. The micrometric and submillimetric pores are totally calcitized. The material is autochthonous. Petrographic definition (according to EN12670) TRAVERTINE (biosparite)


FIRENZE

Siena Rapolano Terme

1

3 2 4 5 6 7 8 10

San Casciano dei Bagni Materiali e siti estrattivi di approvvigionamento del Consorzio del Travertino di Rapolano. Quarries providing material for the Travertine Consortium of Rapolano.

1

Cava “S. Giovanni”, Rapolano Terme (SI) - Travertino Silver

2

Cava “La Chiusa”, Serre di Rapolano (SI) - tutte le varietà del Travertino di Rapolano

3

Cava “Filicheto 1”, Serre di Rapolano (SI) - tutte le varietà del Travertino di Rapolano

4

Cava “Filicheto 2”, Serre di Rapolano (SI) - tutte le varietà del Travertino di Rapolano

5

Cava “Podere Sant’Andrea”, Serre di Rapolano (SI) - tutte le varietà del Travertino di Rapolano

6

Cava “Acquaviva Est”, Asciano (SI) - tutte le varietà di Travertino del Rapolano

7

Cava “Acquaviva Ovest”, Asciano (SI) - tutte le varietà di Travertino del Rapolano

8

Cava “Capanni”, Serre di Rapolano (SI) - tutte le varietà del Travertino di Rapolano

9

Cava “Pian di Palma”, Saturnia (GR) Travertino Pian di Palma

Grosseto 9

Saturnia

11 12

Viterbo

13

ROMA

Tivoli

10 Cava “Il Sassone”, San Casciano dei Bagni (SI) - Travertino Scabas

11 Cava “Macchia di Buoi”, Ischia di Castro (VT) - Travertino Etrusco

12 Cava “Fontanile della Doganella”, Canino (VT) - Travertino Diana

13 Cave del bacino di Tivoli (RM) -

Travertini Romano Classico, Navona Alabastrino, Noce Romano

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Notes [1] UNI 8458 - Building stone. Terminology and classification. [2] EN 12670 - Terminology of natural stone. [3] ASTM C 119 - Standard definitions of terms relating to natural building stone. [4] ASTM C 503 - Standard specification for marble dimension stone (exterior). The physical requirements listed in table 1 of the standard for defining a travertine as “travertine marble” include water absorption (maximum value of 0.20%), density (minimum value of 2305 kg/m3), compressive strength (minimum value of 52 MPa), breaking load (minimum value of 7 MPa), abrasion resistance (minimum value of 10) and flexural strength (minimum value of 7 MPa). [5] Giorgio Blanco, Dizionario dell’Architettura di Pietra, Rome, Carocci, 1999, pp. 299; Faustino Corsi, Delle Pietre Antiche, Verona, Zusi, 1991, pp. 224 (I ed. 1845); Enrico Dolci (edited by), Il marmo nella civiltà romana. La produzione e il commercio, Conference Proceedings, Carrara, IMM, 1984, pp. 185; Patrizio Pensabene (edited by), Marmi antichi. Problemi di impiego, di restauro e d’identificazione, Rome, L’Erma di Bretschneider, 1993, pp. 255; Mario Pieri, I marmi d’Italia, Milan, Hoepli, 1964, pp. 435; Pieri Mario,

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Marmologia. Dizionario di marmi e graniti italiani ed esteri, Milan, Hoepli, 1966, pp. 693; Francesco Rodolico, Le pietre delle città d’Italia, Florence, Le Monnier, 1953, pp. 500. [6] Allan Pentecost, Travertine, Berlin, Springer, 2005, p. 16. [7] AA.VV, Guide Geologiche Regionali. Lazio, Società Geologica Italiana (edited by), Milan, Bema, 1998, pp. 377; AA.VV, Guide Geologiche Regionali. Appennino umbro marchigiano, Società Geologica Italiana (edited by), Milan, Bema, 2001, 2 voll.; AA.VV, Guide Geologiche Regionali. Appennino tosco emiliano, Società Geologica Italiana (edited by), Milan, Bema, 2004, pp. 331. [8] Thin sections consist of portions of material measuring 2x3cm and with a thickness of 20 microns. These thin sections are transparent to transmitted light; they are studied under a polarized light microscope to determine the structure, texture and constituents of the analyzed rock. [9] R.L. Folk, “Practical petrographic classification of limestones”, Bulletin of the American Association of Petrology and Geology, n. 43, 1959, pp. 1-38. [10] A.E. Adams, W.S. Mackenzie, A colour atlas of carbonate sediments and rock under the microscope, London, Manson Publishing,

2001, pp. 180; A.E. Adams, W.S. Mackenzie, Atlante delle rocce sedimentarie al microscopio, Bologna, Zanichelli, 1992, pp. 104; Maurice E. Tucker, Sedimentary petrology. An introduction to the origin of sedimentary rocks, Oxford, Blackwell Science, 2001, pp. 262. [11] Allan Pentecost, Travertine, Berlin, Springer, 2005, p. 319. [12] AA.VV, Geological Map of Italy. Sheet 121 - Montepulciano; AA.VV, Explanatory notes for the Geological Map of Italy. Sheet 121 Montepulciano, 1969. [13] “Micrite” consists of finegrained calcite grains less than 0.5 micron in diameter. [14] “Sparite” consists of mediumlarge calcite grains more than 5 microns in diameter. Microsparite includes individuals 5- 35 micron in size, whereas macrosparite is more than 35 microns in size. [15] Solution A: (500±10) ml of sulphurous acid (H2SO3) (solution with 5-6% of SO2) in (150 ±10) ml of deionized or demineralized water. Solution B: (150 ±10) ml of sulphurous acid (H2SO3) (solution with 5-6% of SO2) in (500±10) ml of deionized or demineralized water. [16] Allan Pentecost, Travertine, Berlin, Springer, 2005, p. 37. [17] According to Pentecost. [18] AA.VV , Geological Map of Italy. Sheet 136 - Tuscania; AA.VV, Explanatory notes for the

Geological Map of Italy. Sheet 136 - Tuscania and Sheet 142 Civitavecchia, 1970. [19] AA.VV, Geological Map of Italy. Sheet 129 - S. Fiora; AA.VV, Explanatory notes for the Geological Map of Italy. Sheet 129 Santa Fiora, 1967. [20] AA.VV, Geological Map of Italy. Sheet 150 - Roma; AA.VV (2000) - Geological Map of Italy. Sheet 98 Vergato. [21] Available technical data from the literature on classical Roman travertine are incomplete and have not been reported in an analytical table. They may be summarized as follows: flexural strength under a concentrated load (UNI EN 12372:2001) mean value Rtf = 14.0 MPa; frost resistance: flexural strength under a concentrated load after 48 freeze/thaw cycles (UNI EN 12371:2003), mean value Rtf = 7.5 MPa; determination of slip resistance by means of a pendulum tester (unspecified finish) (UNI EN 14231:2004), mean value wet specimen SRV = 64, dry specimen SRV = 34; abrasion resistance (UNI EN 14157:2005), mean value = 22.0 mm. L. Manfra, U. Masi, B. Turi, “La composizione isotopica dei travertini del Lazio”, Geologica romana, n. 15, 1976, pp. 127-174.



TRADIZIONE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA La filiera produttiva del travertino di Siena


Davide Turrini

TRADIZIONE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA La filiera produttiva del travertino di Siena

[1] Si veda in proposito il contributo di Emanuela Ferretti in questo volume. Per alcune precisazioni sui caratteri non sistematici dell’escavazione del travertino nell’area di Rapolano e Serre in epoca leopoldina si veda Enzo Lecchini, Sandro Rossolini, Un popolo un castello. Storia delle Serre di Rapolano, Serre di Rapolano, Associazione Serremaggio, 1993, pp. 474-477. [2] Per una documentazione sulla situazione ottocentesca dell’attività estrattiva dell’area si rimanda a Enzo Lecchini, Sandro Rossolini, Un popolo un castello. Storia delle Serre di Rapolano, Serre di Rapolano, Associazione Serremaggio, 1993, pp. 522 e sgg. [3] Sulla industria lapidea rapolanese nei primi decenni del Novecento si veda l’imprescindibile Emo Starnini, “Le cave di travertino” pp. 105-110, in Enzo Lecchini, Doriano Mazzini, Rapolano e il suo territorio. Notizie e documenti, Rapolano Terme, Comune di Rapolano Terme, 1983, pp. 242.

La nascita e lo sviluppo del distretto lapideo rapolanese Sin dall’antichità la presenza del travertino ha influenzato in modo del tutto peculiare la cultura materiale, il lavoro e la vita quotidiana degli abitanti di Rapolano, Serre ed Asciano nella provincia di Siena. Tale profondo rapporto storico assume la connotazione di un autentico legame strutturale inscindibile in epoca moderna, quando le attività estrattive finalizzate all’approvvigionamento di grandi cantieri di architettura assumono un’importanza dapprima rilevante, poi preponderante, per l’economia locale. Pur legata a significative imprese architettoniche e ad una committenza particolarmente qualificata, tra la fine del XV e il XVIII secolo inoltrato l’escavazione non assume caratteri di continuità e non viene gestita e sistematicamente organizzata da operatori locali [1]; soltanto a partire dalla metà dell’Ottocento, essa inizia a configurarsi come un’attività proto-industriale connessa ad una filiera di scalpellini residenti che si occupano dei vari gradi di trasformazione dei materiali estratti [2]. Dai primi decenni del XX secolo, con un finale decisivo impulso derivato dalle ricadute dell’autarchia fascista, l’estrazione e la lavorazione dei travertini locali si afferma come attività industriale stabile, capace di garantire un ingente capitolo per l’economia dell’area caratterizzata fino a questo momento da una vocazione prevalente di tipo agricolo. Per tutti gli anni ’20 e ’30 del Novecento, fino all’apertura del secondo conflitto mondiale, una comunità di alcune centinaia di cavatori, scalpellini e manovali provenienti da Rapolano, da Serre e da Asciano, ma anche da Lucignano, Buonconvento e Sinalunga, dà vita a quello che inizia a configurarsi come un vero e proprio distretto lapideo rapolanese, organizzato in imprese familiari o in società cooperative di lavoratori [3], e impegnato nella fornitura di travertini per importanti edifici in Italia e all’estero. Tra i principali progetti di architettura che nei primi decenni del secolo hanno richiesto materiale lapideo proveniente da Rapolano si ricordano l’ampliamento del Palazzo di Montecitorio a Roma, la facciata della chiesa di Santa Maria degli Angeli ad Assisi e la chiesa di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo, la Manifattura Tabacchi e il Teatro Puccini a Firenze, il Palazzo delle Nazioni a Ginevra, il Palazzo della Borsa e la Stazione centrale di Milano, i colonnati per una Stazione ferroviaria mai realizzata a Berlino [4]. Se il progetto tedesco porta alla realizzazione di mastodontici rocchi di colonne bloccati negli scali merci delle cave dal crollo dello stato nazista, andando a costituire una rilevante occasione mancata per l’esportazione dei travertini di Rapolano, la Stazione milanese, disegnata da Ulisse Stacchini e portata a termine tra il 1925 e il 1931, rappresenta certamente per la

TRADITION AND TECHNOLOGICAL INNOVATION. Lines of production of the Sienese Travertine

Filagna di travertino senese modellata attraverso fresate ripetute. | p. 96. Strip of Sienese travertine modelled through repeated cuts.

The origin and development of the Rapolano stoneworking district The presence of travertine has influenced in an entirely unique way the material culture, work and daily life of the inhabitants of Rapolano, Serre and Asciano since antiquity. This profound historical tie became a truly indissoluble link in modern times, with quarries supplying the material for important building sites and gaining increasing importance in the local economy. Although

linked to significant works of architecture and to particularly distinguished patrons, between the end of the 15th century and the late 18th century quarrying was not a continuous activity, nor was it managed and systematically organized by local operators [1]; only starting in the mid 19th century did it become a proto-industrial activity with resident stoneworkers involved in the various phases of transformation of the extracted materials [2]. Starting in the first half of the 20th century, driven by the fascist aspiration to autarchy, the extraction and working of local travertine became a stable industrial activity able to guarantee an immense capital to

fuelling the local economy which up until then mainly depended on agriculture. Throughout the 1920s and ’30s and until the start of the Second World War, a community of several hundred quarrymen, stoneworkers and labourers from Rapolano, Serre and Asciano, as well as Lucignano, Buonconvento and Sinalunga, gave rise to the Rapolano stoneworking district. The family-run businesses or cooperatives [3] supplied travertine to important construction sites in Italy and abroad. The major architectural works in the early decades of the 20th century that employed stone material from Rapolano include the expansion of Palazzo Montecitorio in Rome, the

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[4] Le scarse e sommarie notizie sino ad ora rintracciate nella storiografia locale in relazione alle commesse di travertino rapolanese nelle architetture del Novecento dovrebbero essere precisate e arricchite attraverso approfondimenti di ricerca specifici, finalizzati ad indagare gli archivi storici aziendali e le memorie dirette dei lavoratori, con una contestuale rilettura delle fonti documentarie conservate per i singoli cantieri.

Taglio con filo elicoidale in una cava di Rapolano nel 1939. Helical wire sawing in a Rapolano quarry in 1939.

façades of the churches of Santa Maria degli Angeli in Assisi and Santa Maria delle Grazie in San Giovanni Rotondo, the Manifattura Tabacchi and Teatro Puccini in Florence, the United Nations office at Geneva, the Palazzo della Borsa and Stazione centrale in Milan, as well as the colonnades for a railroad station that was never completed in Berlin [4]. The German project led to the creation of mastodontic blocks for columns, which were abandoned in the goods depot of quarries after the collapse of the fascist state – the loss of a great opportunity for the export of Rapolano travertine. Milan Station, designed by Ulisse

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Stacchini and completed between 1925 and 1931, for the quantity of material used and the variety in the types of dressing certainly represents the best example of the historical use of this local stone. The Le Querciolaie and SocietĂ Paradiso stonecutting companies, both in Rapolano, provided more than two thousand cubic metres of travertine, which was mainly placed along the train platforms and in the ticket offices or was worked into slabs for cladding and into thick pieces for architectonic moulding and sculpted decorative elements [5]. After the Second World War the Rapolano stoneworking industry reached its greatest expansion and

became well known on the international market: in just a few decades the workers in the stone extraction and transformation sectors increased from 660 in 1951 to 2190 in 1971 [6]; the Rapolano district not only exported travertine to Europe, Asia and America but also dressed other stones from the whole of Italy. Throughout the 1980s the standard marketed products for cladding and flooring were light and uniformly coloured travertine tiles, spurring companies in the Rapolano district to extend quarrying activity to other sites in the provinces of Siena, Viterbo and Tivoli. Starting in the mid-1990s local industries began to redefine the peculiarity of their


Siti estrattivi, cavatori e scalpellini a Rapolano in alcune fotografie dei primi decenni del Novecento. | pp. 102-103. Photos from the early decades of the 1900s of extraction sites, quarrymen and stone-cutters in Rapolano.

[5] Il rapporto tra il cantiere milanese e le forniture di travertini di Rapolano è sino ad ora il meglio documentato grazie anche alla conservazione nelle aziende del luogo di importanti e suggestive testimonianze fotografiche storiche firmate dai fotografi Paoletti, Zani, Aragozzini e Giulio Galimberti. [6] Dati ufficiali dei censimenti ISTAT che evidenziano anche una contestuale riduzione degli occupati in agricoltura che passano dalle 1764 unità del 1951 alle 656 unità del 1971.

quantità di materiale messo in opera e per la varietà delle tipologie di lavorazione, l’esempio più emblematico di applicazione architettonica storica della pietra locale. Durante la costruzione dell’edificio la società di scalpellini Le Querciolaie e la consorella Società Paradiso, entrambe di Rapolano, forniscono oltre duemila metri cubi di travertino, collocato nella galleria di testa dei binari e nell’atrio delle biglietterie e lavorato in forma di lastre di rivestimento o in forti spessori per modanature architettoniche ed elementi scultorei decorativi [5]. Gli anni del secondo dopoguerra sono quelli in cui l’attività dell’industria lapidea rapolanese raggiunge il massimo sviluppo e diventa riconoscibile nello scenario produttivo internazionale: in pochi decenni nel territorio comunale gli occupati nel settore estrattivo e di trasformazione della pietra salgono dalle 660 unità del 1951 alle 2190 del 1971 [6], inoltre il comparto di Rapolano oltre a esportare i suoi travertini in Europa, in Asia e in America diventa un polo di lavorazione di altre pietre provenienti da tutta l’Italia.

product based on the reassessment of local travertine, which for its wealth of colour, varied degrees of veining became increasingly popular, at first with the diffusion of tumbled travertine, i.e. products finished using a particular mechanical abrasive process in which the local companies are specialised, and, especially in the last decade, with the high profile design of works having a strong natural connotation due to the use of local travertine of varied colour and veining. In recent years all the companies in the area, still mostly represented by local family-run businesses or longstanding cooperatives, have intensified internal renewal processes by

investing in the modernization of production plants, striving to innovate both the product and the process, and by redesigning showrooms and marketing strategies. All this has coincided with a generational change in management which has certainly fostered a politics of transformation, preserving the peculiar characteristics of the historical artisan know-how of Rapolano while adopting automated numerically controlled work processes. The recent industrial history of the area is marked by the establishment of the Consorzio del Travertino di Rapolano (Consortium of Rapolano Travertine) in 2001 which currently groups together the 8 ma-

jor stoneworking companies operating in the municipalities of Rapolano Terme and Asciano. The materials extracted and worked directly by the associated companies come from 21 quarries: from the ones still very rich in travertine located in the Province of Siena and from other extraction sites in the provinces of Grosseto, Viterbo and Rome. In 2007 the overall total revenue of the consortium was about 40 million Euros, with about 300 workers directly involved in stoneworking and another substantial group of employees in the induced economic activities. The organisation of production by companies embraces the entire pro-

100


Il Consorzio del Travertino di Rapolano Terme: risorse umane, cave, impianti, dotazioni tecniche The Consorzio del Travertino di Rapolano Terme: human resources, quarries, workshops, instrumentation Dipendenti in cava | Employed quarry workers

45

Dipendenti in stabilimento | Workshop employees

190

Dirigenti e dipendenti in ufficio | Managers and office employees

56

Uffici tecnici interni | Inner technical offices

6

Cave attive gestite da imprese del consorzio Active quarries managed by companies in the consortium

21

Stabilimenti | Workshops

13

Stabilimenti e uffici mq | Workshops and offices (sqm)

47.780

Piazzali scoperti mq | Work yards (sqm)

70.120

Macchine tagliablocchi | Disc cutters

17

Spaccatrici | Splitting machines

4

Telai diamantati | Diamond blade saws

9

Telai monolama | Single-blade cutters

16

Telai multilama | Multi-blade cutters

14

Macchine a filo diamantato | Diamond wire machines

12

Frese | Milling cutters

30

Torni | Lathes

9

Macchine a controllo numerico | Numerical control machinery

16

Waterjet | Water jets

3

Linee modulmarmo | Lines for marble tiles

9

Linee di anticatura | Lines for antique finishing

5

Linee di resinatura | Resin application lines

2

Stuccatrici | Grouting machines

13

Lucidatrici | Polishers

7

Bocciardatrici | Bush-hammers

5

Sabbiatrici | Sandblasters

6

Lucida coste | Edge polishing machines

8

Carri ponte | Bridge cranes

68

Automezzi | Vehicles

47

(dati Consorzio Travertino di Rapolano 2009, rielaborati dall’autore) (data from the Consorzio Travertino di Rapolano 2009 reworked by the author)

duction process, from quarrying to the transformation of travertine, with the consequent important savings on large scale production and the ability to check the quality of the finished product; the single companies then operate in different sectors of the market: some mainly produce and commercialize semi-finished products, others create paving and cladding components for important works of architecture, and still others transform the stone into items of interior and urban design. Within the consortium, about 10% of products are blocks, 20% slabs and other semi-finished products, and 70% are finished products; on average nearly 30% of total com-

101

mercialised products are exported. The most important markets for the Rapolano companies are Great Britain and Germany within the EC and the United Sates outside the EC; there are also important emerging markets such as the Russian one [7]. The original aim of the Consorzio del Travertino di Rapolano was to appoint a single spokesperson able to maintain relations with public administrations when dealing with issues linked to the extraction of materials and the disposal and recycling of waste from stoneworking. The consortium has achieved important results in this sense: it has established a common excavation plan and have established a trademark for the local


[7] I dati relativi a fatturati, produzione e mercati di riferimento sono stati rilevati direttamente dall’autore presso il Consorzio del Travertino di Rapolano. [8] Si tratta principalmente dei progetti “TI-POT I Tecnologia e innovazione per le pietre ornamentali toscane” finanziati dalla Regione Toscana su fondi DOCUP obiettivo 2, anni 2000-06, coordinati da Cecilia Bonisoli e realizzati in collaborazione con l’Università di Firenze.

Dopo la grande affermazione dei prodotti standard per rivestimenti e pavimentazioni, che per tutti gli anni ’80 del secolo scorso impongono sui mercati marmette realizzate con travertini chiari e di colore omogeneo e che induce le aziende del comparto rapolanese ad ampliare il loro bacino estrattivo ad altri siti della provincia di Siena, del viterbese o di Tivoli, dalla metà degli anni ’90 le realtà industriali locali iniziano un processo di ridefinizione delle loro peculiarità produttive basato sulla rivalutazione dei travertini locali che per la loro ricchezza di varianti cromatiche e di tessiture più o meno venate riscuotono un crescente successo, dapprima con la diffusione dei travertini anticati – cioè di prodotti caratterizzati da un particolare processo abrasivo di finitura meccanica in cui le aziende del comparto sono specializzate – poi, soprattutto nell’ultimo decennio, con l’affermazione nel settore del design di alto livello di lavorati che comunicano una forte immagine di naturalità, realizzati appunto con travertini locali dalla spiccata variatio cromatica e materica. Negli ultimi anni tutte le realtà produttive dell’area, perlopiù ancora caratterizzate dalle solide origini di un’imprenditoria familiare locale o di una natura cooperativa di lunga durata, hanno intensificato i processi interni di rinnovamento, investendo nell’ammodernamento degli impianti, nella ricerca per l’innovazione di processo e di prodotto e nel contestuale restyling degli show room e delle strategie di marketing. Tutto ciò è avvenuto in concomitanza con un diffuso cambio generazionale ai vertici delle dirigenze, che certamente ha favorito una politica di trasformazione capace comunque di conservare i caratteri peculiari del know how artigianale storico, tramandato ancora oggi a Rapolano accanto alle più aggiornate capacità operative legate ai processi di lavorazione automatizzati a controllo numerico. La storia industriale recente dell’area è caratterizzata dall’istituzione nel 2001 del Consorzio del Travertino di Rapolano che attualmente raggruppa le 8 principali aziende del settore lapideo attive nei comuni di Rapolano Terme e di Asciano. I materiali scavati e lavorati direttamente dalle realtà produttive associate provengono da 21 cave: da quelle ancora ricchissime di travertino localizzate nelle provincia di Siena e da altri siti estrattivi delle province di Grosseto, Viterbo e Roma. Nel 2008 il fatturato complessivo delle aziende consorziate è stato di circa 40 milioni di euro, il numero dei lavoratori direttamente impegnati nella filiera produttiva della pietra è attualmente di circa 300 unità, a cui si aggiunge un’ulteriore consistente gruppo di impiegati nell’indotto.

travertine; it has also undertaken experimental projects for the recycling of waste from the working of stone to produce innovative products [8]. The current aim of the consortium is to meet the challenges of the globalization of markets, identifying innovative strategies for promoting travertine and the entirely unique production process described herein, i.e. the four main phases (incision, the working of pieces, erosion and hybridization) required to transform the stone material into products for third millennium architecture and design.

Incision Incisions start as thin, deep grooves in the solid stone body; if the incision penetrates right through the block it becomes a cut that breaks off a smaller element from the larger stone mass. The subsequent phases of this process generally involve squaring the pieces so that they have geometrically defined faces, edges, corners, lines and planes. Incisions and cuts inevitably lead to the loss of a minimum portion of the material, which is pulverized and dispersed. Slabs, strips, rough blocks, ashlars, and tiles [9] represent the different groups of semi-finished and finished stone products produced through

the progressive sizing and squaring of stone. This process begins at the extraction site, where the stone is quarried: the stone is separated from the quarry front and blocks are cut away and squared-off into more or less regular volumes. The sheets of travertine, and therefore travertine extraction sites, are mostly located in plains, often in depressions in which the stone beds are no thicker than 12-15 meters. In particular, Sienese travertine is quarried by cutting and overturning benches about 150 cm wide, about 15 meters long, and from 8 to 15 meters high; the benches, similar in shape to large “slices” of stone material, are then divided into standard

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L’assetto produttivo delle imprese abbraccia tutta la filiera di escavazione e trasformazione dei travertini con conseguenti importanti economie di scala e capacità di controllo della qualità del prodotto finale; le singole realtà si rivolgono poi a settori di mercato diversificati: alcuni operatori producono e commercializzano principalmente semilavorati; altri realizzano componenti per pavimenti e rivestimenti da destinare ai grandi cantieri di architettura; altri ancora si occupano di trasformare la materia litica per prodotti di interior design e di urban design. All’interno di tutta la compagine del Consorzio il 10% circa della produzione è costituito da blocchi, il 20% da lastre e altri semilavorati e il 70% da prodotti finiti, con una media di export estero che sfiora il 30% della produzione totale commercializzata. I principali mercati UE di riferimento per le aziende rapolanesi sono la Gran Bretagna e la Germania, mentre nell’orizzonte extra UE il referente principale è rappresentato dagli Stati Uniti d’America a cui si affiancano importanti mercati emergenti come la Russia [7]. Il Consorzio del Travertino di Rapolano è nato con lo scopo iniziale di costituire un interlocutore unico, capace di rapportarsi con le pubbliche amministrazioni, in merito alle problematiche connesse alla estrazione dei materiali e allo smaltimenti e al riciclaggio dei rifiuti di lavorazione. I risultati raggiunti in tal senso sono stati importanti: ad un piano di escavazione condiviso, hanno fatto seguito un disciplinare per la definizione del marchio di origine per i travertini locali e alcuni progetti sperimentali per l’innovazione del prodotto lapideo ideati anche a partire da un riuso creativo degli scarti di trasformazione della pietra [8]. Oggi la priorità del Consorzio è di cogliere la sfida della globalizzazione dei mercati, individuando strategie innovative di promozione del travertino, nonché di comunicazione e valorizzazione di una filiera produttiva del tutto peculiare, che di seguito viene descritta attraverso le quattro azioni principali di incisione, scavo, erosione e ibridazione, necessarie per trasformare la materia lapidea in prodotto per l’architettura e il design del terzo millennio.

Stazione Centrale (1925-31) a Milano di Ulisse Stacchini. A fianco, la galleria di testa dei binari in una foto d’epoca scattata durante la messa in opera dei rivestimenti in travertino di Rapolano; in alto, dettagli dei rivestimenti a rilievo in travertino. Milan Central Station (1925-31) by Ulisse Stacchini. To the side, the concourse gallery in a period photo taken during the positioning of the Rapolano travertine cladding; above, details of the travertine moulding.

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Il fronte estrattivo di una cava a Serre di Rapolano con le diverse fasi di taglio e ribaltamento di una bancata di travertino. A quarry face in Serre di Rapolano and different steps in cutting and overturning a bench of travertine. Foro di avvio per il taglio di una bancata di travertino. | p. 105. Starting hole for cutting a travertine bench.

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Incisione L’azione dell’incisione si attua con una decisa penetrazione nel corpo solido della pietra, attraverso solchi sottili e profondi; se l’incisione è passante diviene taglio, cioè separazione, distacco di un elemento più piccolo a partire da una massa litica maggiore. I passaggi successivi di tale processo portano in genere ad una regolarizzazione dei pezzi attraverso la formazione di facce, bordi, spigoli, linee e piani geometricamente definiti. Incidendo e tagliando si asporta irrimediabilmente anche una minima parte di materia, che viene polverizzata e si disperde. Lastre, filagne, masselli, conci, marmette [9], vanno a costituire le diverse famiglie di semilavorati e prodotti finiti della filiera lapidea realizzati attraverso azioni di taglio e rappresentano, nel loro insieme, il risultato variegato di una metamorfosi che si sviluppa per progressive riduzioni e regolarizzazioni della pietra. L’avvio di tale processo si ha sul luogo di estrazione, nel giacimento dove la pietra viene dissepolta emergendo dal sottosuolo, allorquando essa viene separata dal fronte di cava e i blocchi vengono isolati e squadrati raggiungendo volumetrie più o meno regolari. I siti estrattivi dei travertini sono per la maggior parte situate in pianura e sono localizzati spesso in depressioni dove i banchi del litotipo non superano i 12-15 metri di altezza. Il travertino senese in particolare si cava mediante il taglio e il ribaltamento di bancate dello spessore di circa 150 cm, con una lunghezza indicativa di 15 metri per una altezza che va dagli 8 ai 15 metri; le bancate, assimilabili per forma a vere e proprie grandi “fette” di materiale lapideo, vengono poi suddivise in blocchi delle dimensioni commerciali massime di 300 cm di lunghezza, 150 cm di larghezza, 180 cm di altezza. Dopo aver operato la separazione della bancata dal giacimento attraverso tagli con fili diamantati e segatrici a catena, essa viene ribaltata, tramite l’inserimento alle sue spalle di martinetti o cuscini dilatatori, su di un letto di detriti che agiscono da strato ammortizzatore; cadendo, la bancata si frattura nei naturali punti di debolezza del materiale, e successivamente, dopo un’attenta analisi da parte del personale di cava della situazione strutturale e dell’aspetto dei pezzi che si sono formati, si procede ad un ulteriore frazionamento con la prima riquadratura dei blocchi da instradare verso le catene di trasformazione e lavorazione. In questo primo passaggio la selezione del materiale porta a scartare in genere una quota che va dal 60 al 70% del travertino staccato dal giacimento. Poi, per passare dal blocco al prodotto finito, si perde un ulteriore 50-60% di pietra a seconda della dimensione, del formato e della tipologia di finitura dell’elemento di arrivo.

blocks at most 300 cm long, 150 cm wide and 180 cm high. After separating the bench from the deposit using diamond wire and chain saw machines, jacks or dilator cushions are inserted at its back so that it overturns onto a bed of detritus that breaks its fall; the bench fractures along its natural points of weakness and once quarry workers have carefully inspected the structure and appearance of the formed pieces, a preliminary squaring of the blocks is completed. In this first phase from 60 to 70% of the quarried travertine is discarded during the selection process. In the transformation from block to finished product another 50-60% of the stone is lost, depend-

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ing on its size and shape and the type of finish. The transformation of the material continues with the primary cut. Mono and multi-blade cutters, wire cutters, or large disc cutters are used to cut the block into slabs; alternatively, block cutters or coordinated cutting centers are used to obtain strips, a first step in the formation of serial products (tiles). The orientation of the cutting plane is particularly important in this phase: it can be varied to produce slabs with profoundly different textural features, even from the same block. A cut normal to the sedimentary bedding plane is called a “vein-cut” because it highlights the veining

[9] Le specifiche dimensionali dei vari semilavorati e lavorati in travertino sono le seguenti: lastra, elemento planare caratterizzato da un rapporto tra lunghezza e larghezza compreso tra 1 e 8 e da un rapporto tra larghezza e spessore superiore a 10, con uno spessore attestato tra i 15 e i 40 mm, in genere le più diffuse dimensioni commerciali massime delle lastre dei travertini senesi sono di 300x150x150 cm o di 240x150x150 cm; filagna, pezzo con spessore molto minore delle altre due dimensioni e con larghezza molto inferiore alla lunghezza e comunque mai superiore ai 60 cm; massello, elemento a configurazione parallelepipeda o prismatica con spessore e larghezza simili e molto inferiori alla lunghezza; marmetta, prodotto standardizzato in genere di formato quadrato di dimensione uguali o multiple del piede americano (30,5×30,5 o 61×61 cm) con spessore uguale o inferiore ai 13 mm.

of the stone, whereas one parallel to the bedding plane is called a “fleuri cut” (or “cross cut”) because it produces slabs with flowery, often circular patterns. The difference in cut is obviously extremely important in the case of highly veined materials with marked variations in colour, whereas it is almost insignificant in low porosity travertine characterised by a uniform colour. Milling machines or cross cutters, splitters or range cutters are then used to complete the secondary cut. Through numerous calibrated cuts and trimming the travertine slabs and strips are shaped into the final product [9]. These operations, completed after finishing the


[10] Sotto la denominazione di tagliablocchi, attestatrici e scoppiatrici vanno diverse tipologie di macchine a uno o più dischi, perlopiù completamente automatiche, capaci di operare su lastre e filagne molteplici azioni di taglio longitudinale, trasversale o secondo lo spessore. [11] Per un approfondimento sui vari aspetti tecnologici e produttivi del taglio secondario cfr. Piero Primavori, “Trasformazione dei lapidei: il taglio secondario” pp. 134-187, in Directory 2005. Associazione Italiana Marmomacchine, Milano, Promorama, 2005, pp. 480.

La prosecuzione della metamorfosi del materiale avviene poi con il taglio primario: tramite telai mono e multilama, o macchine a filo, o ancora frese a disco gigante, si ha la segagione del blocco in lastre, oppure, attraverso tagliablocchi o centri di taglio coordinato è possibile ottenere filagne per avviare il ciclo di trasformazione che consente di dar forma ai prodotti seriali (marmette). È in questa fase che assume una particolare importanza la giacitura dei piani di taglio del materiale che può portare alla realizzazione di lastre profondamente diverse per aspetto tessiturale anche all’interno di uno stesso blocco di provenienza. Se infatti la segagione procede perpendicolarmente all’andamento stratigrafico sedimentario del litotipo, il taglio del materiale è detto “contro falda” (o anche “al contro”) e si ottiene una esaltazione della venatura della pietra; se il frazionamento è invece parallelo alla stratigrafia del deposito travertinoso il materiale è tagliato “in falda” (o anche “per falda”) e il suo aspetto sarà più fiorito e caratterizzato da una tessitura di areole nuvolate. Ovviamente tale distinzione è estremamente importante per i materiali fortemente venati e segnati da una consistente variatio cromatica, mentre è pressoché trascurabile per i travertini poco porosi e di cromia omogenea. Dopo il taglio primario, grazie all’impiego di frese o attraverso attestatrici, scoppiatrici, o taglierine brandeggiabili, si opera il cosiddetto taglio secondario, con cui, in diversi passaggi di taglio a misura e rifilatura, si convertono lastre e filagne di travertino nella morfologia dei manufatti finali [10]. Tali operazioni si attuano dopo le fasi di finitura superficiale dei semilavorati e possono pervenire alla realizzazione di lavorati standard, come anche di elementi singoli cut-to-size, cioè aventi uno specifico disegno di progetto, oppure ancora di pezzi da casellario, cioè caratterizzati da morfologie strumentali alla loro ricomposizione in un pattern originale di montaggio [11].

surface of semi-finished products, allow the production of standard or cut-to-size elements (i.e. for use in a specific project) or of elements that can be fit together to create original patterns [10]. In the mid 1960s production technologies involving the use of diamond blades to cut stone, quickly and completely supplanted the old techniques of hand sawing or sawing with helical wire, water and sand. Thanks to the perfected production methods of sintering [11] and electrolytic deposition of diamond crystals, in the last twenty years or so a vast range of diamond utensils such as linear blades, discs, wires [12] and heads of

various shape, able to make rapid, complex and increasingly precise cuts, have been employed in incision and cutting processes. Even the Rapolano stone working district has adopted the most advanced stone cutting technology, specialising in the use of diamond tools, as well as innovative, advanced information systems for programming, automated handling and ex-post control of processing. This has allowed the optimization of loading operations, the fastening of blocks to the workbench, the cutting velocity and product unloading, as well the reduction of trimmings. It has also accelerated production cycles and increased precision:

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Blocchi riquadrati di travertino e taglio di semilavorati con seghe a disco in uno stabilimento di Rapolano. | pp. 106-107. Squared blocks of travertine and working of semi-finished products with a disc saw in a Rapolano workshop.

special sensors and software allow the specification and control of even highly advanced operational parameters, such as the blade lowering velocity or the maximum threshold of engine power absorption, and enable the continuous statistical monitoring of machine productivity. This modernization of traditional working technologies has affected all phases of the primary cut and, above all, of the secondary cut, in particular the efficacy of machines such as block cutters, cross cutters and milling machines especially. The latter disc machines, which continue to be used in completing the secondary cut, are of two main types: bridge saws in which

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the cutting utensil is mounted on a trolley that slides along a raised track between two vertical supports; edge cutting machines, for greater flexibility in working products that are less standardized with respect to the former, in which the utensil is mounted on a mobile arm. In both types the workbench on which the piece is positioned may be fixed or self-mobile. Bridge saws can be used to work pieces up to 380Ă—350 cm in size with a maximum cut thickness of 40 cm. Pieces worked with edge cutting machines must be slightly smaller. Along with traditional milling machines, still largely used and nowadays mostly managed by informa-

tion systems, automated multiple disc cutters (up to 12 discs) are used to make continuous secondary cuts. The latter are characterized by scanners placed at the start of the cutting process that are able to read the conformation of slabs so as to optimize, using software, their placement and, consequently, size reduction through multiple runs, with a considerable decrease in edge trimmings. These instruments fall into two categories: the first has a set of fixed discs for longitudinal cuts and another set of blades on a mobile bridge for the final cross-cut, i.e. for cutting transversally; the second has a single set of discs and automated rotating benches.


Da sinistra: travertino di Rapolano tagliato contro falda e in falda; travertino Scabas contro falda e in falda. From the left: vein-cut and cross-cut Rapolano travertine; vein-cut and cross-cut Scabas travertine.

[12] La sinterizzazione è un trattamento baro-termico grazie al quale il diamante, generalmente mescolato a polveri metalliche e ad un legante naturale o artificiale (resina, o gomma lacca, o magnesite), si deposita sulle lame formando concreazioni fortemente aggregate. Tale tipologia di deposito fa sì che, durante i processi di taglio, il diamante usurato possa abbandonare la lama permettendo ai cristalli integri sottostanti di emergere in superficie. I processi produttivi delle lame diamantate sono oggetto di continui aggiornamenti e di studi finalizzati soprattutto ad abbattere l’usura degli utensili. In questo contesto assumono una particolare importanza le recenti sperimentazioni realizzate presso il Dipartimento di Studio del Territorio e delle sue Risorse dell’Università di Genova che legano l’analisi petrografica micro e meso tessiturale dei litotipi da lavorare con la messa a punto di specifiche morfologie degli utensili e composizioni di lame e abrasivi per ottimizzarne l’usura. Tali sperimentazioni hanno portato alla realizzazione di prototipi di utensili prodotti con la tecnologia metallurgica HPSHS (High Pressure Self-propagating High-temperature Synthesis). [13] Negli ultimi anni la tecnologia di produzione dei fili diamantati è stata sensibilmente perfezionata ed è pervenuta alla realizzazione di fili con un diametro compreso tra i 6 e gli 11 mm, dalla morfologia ad anello chiuso priva di punto di giunzione che permette un elevato tensionamento, con una conseguente migliore precisione soprattutto nelle operazioni di taglio in sagoma.

L’avvento, dalla metà degli anni ’60 del Novecento, delle tecnologie di produzione di lame diamantate per il taglio dei lapidei ha soppiantato totalmente e rapidamente le vecchie tecniche di segagione manuale, o con filo elicoidale, acqua e sabbia. Grazie a metodi produttivi sempre più perfezionati di deposizione elettrolitica dei cristalli di diamante e di sinterizzazione [12], i processi di incisione e taglio possono disporre da circa vent’anni di una vasta gamma di utensili diamantati quali lame rettilinee, dischi, fili [13], teste di varia morfologia, capaci di produrre tagli rapidi, complessi e sempre più precisi. Anche il distretto lapideo rapolanese ha fatto sue le tecnologie più aggiornate di taglio della pietra specializzandosi da un lato nell’impiego degli utensili diamantati e dall’altro nell’applicazione di innovativi sistemi informatici avanzati di programmazione, automazione gestionale e controllo ex-post delle lavorazioni, con notevoli ottimizzazioni in termini di concatenamento delle fasi di carico, fissaggio dei pezzi ai piani di lavoro, velocità di taglio, scarico dei lavorati e riduzione degli sfridi. L’introduzione di tutto ciò ha permesso un’accelerazione dei cicli produttivi e una aumento della precisione del lavoro, con la possibilità di impostare e controllare, attraverso sensori e software specifici, parametri operativi anche estremamente avanzati come la velocità di calata delle lame o la soglia massima di assorbimento della potenza del motore, come anche di ottenere un monitoraggio statistico in continuo della produttività delle macchine. Tale processo di aggiornamento delle lavorazioni tradizionali ha investito diffusamente tutte le fasi del taglio primario e, soprattutto, del taglio secondario, con una particolare concentrazione per ciò che attiene l’operatività di macchine come tagliablocchi, attestatrici e soprattutto frese. A continuare ad essere protagoniste del processo di taglio secondario sono infatti queste ultime macchine a disco, ancora distinguibili come in passato in due tipologie principali: le frese a ponte dove l’utensile è montato su di un carrello che scorre lungo un binario fissato “a ponte” tra due sostegni verticali; le frese a bandiera, per lavorazioni più flessibili e meno standardizzate rispetto alle precedenti, dove l’utensile è montato su di un braccio mobile. Per entrambe le tipologie il banco di lavoro su cui viene fissato il pezzo da tagliare può essere fisso o semovente. Le dimensioni massime dei pezzi lavorabili per le macchine a ponte sono di 380×350 cm con uno spessore limite di taglio di 40 cm. Per le frese a bandiera questi standard sono di poco inferiori.

In the latter case the pieces undergo a preliminary grazing under the set of blades and then, with the rapid rotation of the workbench, they are fed through the blades again for the edge cut. Both types of machinery can be placed at the head of others for packaging the finished products. The rock body can be incised not only with diamond blades of various shape but also using the water jet technology developed in the 1970’s. This innovative method for finishing surfaces and cutting and shaping materials can be applied to the aerospace, mechanical, car and electrical power industries, to the production of printed electronic

circuits and, in general, to the fragmentation of metals, plastic and fibrous composite materials, ceramics, glass, stone, paper, fabric, nonwovens and foodstuffs. The system is based on the emission of a high pressure jet of water, pure or containing abrasive powders, and does not entail the heating of workpieces, not even in the case of harder materials such as steel or titanium. The basic waterjet system consists of a pressure generator and a lance with a end nozzle from which water streams out at high pressure and with a supersonic velocity [13], a system for measuring and delivering the abrasive powder, a workbench with an water catch tank,

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Taglio di lastre di travertino senese con telai monolama e multilama.

Cutting slabs of Sienese travertine with single-disc and multi-disc saws.

Accanto alle frese tradizionali, ancora largamente utilizzate e perlopiù gestite oggi da sistemi informatici, si sono evolute catene automatiche multidisco (fino a 12 dischi) per il taglio secondario continuo, caratterizzate da scanner posti alla partenza del processo di lavorazione in grado di leggere la conformazione delle lastre per ottimizzarne poi, attraverso software, il posizionamento e conseguentemente per ottenerne la riduzione in passate successive con un notevole abbattimento degli sfridi. Tali attrezzature possono essere di due tipi: il primo dotato di una batteria di dischi fissa per il taglio longitudinale e di una ulteriore serie di lame su ponte mobile per l’attestatura finale, cioè per il taglio trasversale; il secondo con unica batteria di dischi e banchi automatici girevoli. In quest’ultimo caso i pezzi subiscono una prima strisciatura sotto la serie di lame e poi, con la rapida rotazione del piano di lavoro, possono essere ripassati per l’attestatura. Entrambi i tipi di catene possono essere completati in sequenza da linee di imballaggio dei prodotti finiti.

and an electronic unit for controlling processing operations. Workbenches are typically 3×2, 3×4, 3×6 or 2×4 meters, but custom made ones can be up to 7-8 metres long; it is even possible to create machines with circular, rotating worktables, with continuous roller conveyor belt and with multiple cutting heads (up to 4 nozzles). The thickness of materials that may be positioned under the water jet ranges from 0 to about 20 cm; the nozzles can move and rotate up to a maximum of 5 axes of freedom. The current continuous operation pressure limit for the water jet is about 4,000 bar. All water jets are guided by CAD/CAM [14] systems;

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the more advanced ones are also managed by software capable of automatically setting operational parameters based on the simple input of the type of material, its thickness and the desired type of cut. Although the water jet technology was developed to cut materials with a simple stream of water, nowadays siliceous, metallic or other synthetic abrasive powders are added to the water to increase the force and velocity of the jet of water. Note that lower feed rates produce cleaner cuts. Compared to traditional incision and cutting systems there are numerous advantages in applying the water jet machinery to stone working in


Una lastra di travertino incisa da una macchina water jet in uno stabilimento rapolanese. | p.111. A water jet system is used to cut a slab of travertine in a Rapolano workshop.

[14] La lancia delle macchine water jet si muove in genere su di una struttura a ponte o su di un braccio meccanico; l’ugello ha un diametro che va da 0,1 a 0,3 mm. [15] Computer Aided Drafting/Computer Aided Manufacturing.

general and travertine in particular. First of all, it is possible to cut or perforate all types of material, from the softest to the hardest, using a single utensil; there is a marked decrease in the tension induced in the stone and in microlesions, and the total absence of areas damaged or altered by the heat of friction (which is insignificant compared to the normal blade or wire sawing methods). Moreover, the process drastically reduces dust and noise emissions, entails very limited wear of utensils and, above all, guarantees an extremely high cutting precision of the order of ± 0.04 mm. If appropriately programmed, water jet machinery can not only be used

Oltre che con le lame diamantate di varia morfologia l’azione dell’incisione sul corpo della materia litica può essere praticata anche tramite la tecnologia water jet, sviluppata a partire dagli anni ’70 del secolo scorso come metodo innovativo di taglio, trattamento superficiale e deformazione dei materiali, applicabile all’industria aerospaziale, a quella meccanica, automobilistica ed elettrica, alla produzione di circuiti elettronici stampati e, più in generale, al frazionamento di metalli, materie plastiche, materiali compositi fibrosi, ceramiche, vetri, pietre, carta, tessuti, tessuti non tessuti, generi alimentari. Tale sistema si basa sull’emissione di un getto d’acqua ad alta pressione, semplice o additivato con polveri abrasive, senza necessitare di alcun apporto termico, neanche per i materiali più duri come l’acciaio o il titanio. Un impianto water jet di base è costituito da un generatore di pressione; da una lancia con ugello terminale da cui fuoriesce il flusso d’acqua ad alta pressione e a velocità supersonica [14]; da un sistema per il dosaggio e l’alimentazione della polvere abrasiva; da un piano di lavoro con sottostante vasca di raccolta dell’acqua e da una centralina elettronica per il controllo delle operazioni di lavorazione. Le dimensioni più usuali dei piani di lavoro sono di 3×2, 3×4, 3×6, 2×4 metri. In realtà le case di produzione rendono praticabile la personalizzazione di tali dimensioni fino addirittura a 7-8 metri di lunghezza e possono realizzare anche macchine con tavoli di lavoro circolari rotanti, con piani a rulli scorrevoli continui e con teste di taglio multiple (fino a 4 ugelli). Lo spessore dei materiali posizionabili sotto il getto va da 0 a circa 20 cm; gli ugelli si possono muovere e possono ruotare fino ad un massimo di 5 assi di libertà. Il limite attuale della più alta pressione operativa continua del getto è di circa 4.000 bar. Tutte le water jet sono guidate da sistemi CAD/CAM [15], quelle più avanzate inoltre sono gestite da software capaci di scegliere automaticamente i parametri di lavorazione a partire dal semplice inserimento del tipo di materiale, dello spessore e della qualità di taglio desiderata. Se la tecnologia water jet nasce per tagliare i materiali con il semplice flusso d’acqua, in realtà, oggi, per aumentare la forza e la velocità del getto, l’acqua viene usualmente additivata con polveri abrasive silicee o di altra natura sintetica o metallica. È importante sottolineare che quanto più elevata è la velocità di passaggio del getto, tanto maggiore è il peggioramento della precisione dei bordi del taglio. Se si analizza in specifico l’applicazione delle macchine water jet al settore dei lapidei in generale, e dei travertini in particolare, essa presenta numerosi vantaggi rispetto ai tradizionali sistemi di incisione e taglio. Innanzitutto con un solo utensile è possibile tagliare o perforare

to cut through materials but also to make partial incisions, grooves and scratches of variable width and depth. The most recent developments in the sector of water jet utensils have regarded the more precise alignment of the various components of water lances; this has enabled the formation of an even more coherent and concentric jet of water, thereby further improving the already minimal taper of the kerf so that the cut is perfectly linear and ultrathin even at depth. Furthermore, this machinery has made certain stone cutting processes much faster and repeatable, increasing the competitiveness of the productive system.

There are innumerable advantages with respect to traditional diamond blade technology. «Water jet technology can be used to cut complex shapes with small radii of curvature (as small as 1 mm) that cannot be cut using traditional technologies; processing waste is reduced by more than 50% by virtue of the 50% decrease in the kerf width (from 3 mm to about 1 mm). The quality of surfaces cut using the water jet technology meets the specific requirements for producing flooring and decorations in terms of both the taper of the kerf and the presence of splintering along the exposed corners, as well as size errors in the generated profile. A 100% increase

in the cut velocity of materials 10 mm thick (from 150 mm/min to 300-500 mm/min) allows a 60-80% decrease in work costs with respect to traditional technology. In short, the competitive advantages of using the abrasive waterjet technology are linked to the ability to create decorations characterized by complex, high quality profiles in a relatively short time» [15]. The reduction in the taper of the kerf does not hinder the subsequent juxtaposition of pieces forming mosaic designs, but minimises errors and therefore waste and makes water jets particularly useful in the creation of open-work decorations or inlay (for example created making

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L’ugello della macchina water jet crea un taglio circolare in una lastra di travertino senese. The nozzle of the water jet machine makes a circular cut in a slab of Sienese travertine.

tutte le tipologie di materiali dai più morbidi ai più duri; poi si assiste ad un notevolissimo abbattimento delle tensioni e delle microlesioni indotte sulla pietra, nonché all’assenza assoluta di zone rovinate o alterate dal calore d’attrito (che è del tutto trascurabile rispetto ai normali metodi di segagione con lame o fili). Inoltre il processo riduce drasticamente l’emissione di polveri e rumore, ha limitatissima usura degli utensili e, soprattutto, garantisce una altissima precisione dei pezzi tagliati con tolleranze dell’ordine di ± 0,04 mm. Se opportunamente programmate, le macchine ad idrogetto permettono non solo di effettuare tagli passanti ma anche di tagliare parzialmente lo spessore del pezzo litico in lavorazione, ottenendo incisioni, scavi e rigature di larghezza e profondità variabile. Le innovazioni più recenti nel settore delle macchine water jet hanno riguardato l’allineamento più preciso dei vari componenti della lancia di emissione dell’acqua; ciò ha permesso di ottenere un getto ancor

the most of the different shades of colour of Sienese travertine). Water jet technology has been refined to the point that it is now possible to create fretwork and inlay with an ever decreasing need to mechanically or manually finish pieces, even in the case of the most minute elements. This does not mean that one can set aside man’s creativity and skilled craftsmanship: selecting the colour of stone based on an understanding of its physical structure, distributing and arranging pieces according to a correct interpretation of textural veining, laying and juxtapositioning elements and, possibly, plastering them with a mixture of

the appropriate colour remains the exclusive prerogative of highly specialized and experienced workers. Modelling This section describes all the operations used to sculpt, model and smooth the stone, extensively and considerably reducing its thickness, generally by more than 10 mm. In order to complete the wide, deep removal of layers of material, these processes are frequently preceded by a rough cut and sometimes by repeated, closely spaced, more or less thin incisions. Pieces characterized by a more or less three-dimensional morphology are currently worked using Com-

puterized Numerical Control (CNC) machines guided by software that are able to carry out programmed processing sequences. These totally automated systems have fast processing times and allow the serial production of pieces, and their multifunctionality is such that a single machine can be used for different types of processing. To use these instruments the operator, who must necessarily have knowledge of computer programming, has to make a list of actions, verify their feasibility and exact sequence, and then start the production process. In the Rapolano Terme stoneworking district the transition from manual or mechanical processing

to the use of numerically controlled machinery has occurred gradually over the last decades. This has involved the progressive automation of all types of traditional machinery and the introduction of machines of completely new design such as multiple axis machining centers. A good example of how technological developments such as CNC have drastically modified the efficacy of traditional systems is seen in the recent evolution of milling cutters. They can nowadays move extremely quickly and operate along multiple, controlled axes; moreover, all parameters, as well as work processes and their combination with other, not necessarily cutting,

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più coerente e concentrico migliorando ulteriormente la già minima conicità del taglio che in tal modo procede in profondità nella pietra perfettamente rettilineo e ultrasottile. Tali macchine, inoltre, hanno reso certi processi di separazione della pietra molto più veloci e ripetibili, aumentando la competitività del sistema produttivo. I cospicui ordini di vantaggi rispetto alle tecnologie tradizionali delle lame diamantate sono indubbi: «La tecnologia water jet consente di tagliare forme complesse caratterizzate da raggi di curvatura non raggiungibili dalle tecnologie tradizionali (fino a 1 mm) con una riduzione maggiore del 50% degli scarti di lavorazione, conseguente alla riduzione del 50% della larghezza del solco di taglio (si passa da 3 mm a circa 1 mm in termini di larghezza del solco di taglio). La qualità delle superfici tagliate con la tecnologia water jet è in accordo con le specifiche richieste nella produzione di pavimenti e decorazioni, in termini sia di conicità del solco di taglio, sia di presenza di scheggiature lungo gli spigoli a vista, sia infine di errori dimensionali del profilo generato. L’incremento della velocità di taglio del 100% su spessori di 10 mm porta, di conseguenza, una riduzione dei costi di lavorazione pari al 60-80% rispetto alla tecnologia tradizionale (si passa da 150 mm/min a 300-500 mm/ min). In sintesi, dunque, i vantaggi competitivi connessi all’utilizzo della tecnologia di taglio a getto d’acqua ed abrasivo risiedono nella possibilità di realizzare decorazioni caratterizzate da sagome complesse, di elevata qualità ed in tempi estremamente contenuti» [16]. Proprio la riduzione della conicità del solco di taglio non compromette la successiva giustapposizione dei pezzi tagliati a formare disegni musivi, limitando gli errori e conseguentemente gli scarti, e rendendo l’applicazione dell’idrogetto ad alta pressione particolarmente utile per la realizzazione di elementi decorativi a traforo e ad intarsio, ad esempio realizzati sfruttando le diverse tonalità cromatiche dei travertini senesi. L’accelerazione nel perfezionamento delle water jet ha fatto sì che oggi si possano realizzare trafori e intarsi per i quali la necessità di rifinitura meccanica o manuale dei pezzi è sempre più ridotta, anche per ciò che riguarda gli elementi più minuti. Ciò non significa che in tali lavorazioni si possa comunque prescindere dall’intervento creativo e artigianale dell’uomo: la scelta cromatica delle pietre legata alla conoscenza della loro struttura fisica, la distribuzione e la composizione dei pezzi in base alla giusta interpretazione delle venature, il lavoro di montaggio e accostamento degli elementi e di successiva eventuale stuccatura con la predisposizione di un amalgama dall’adeguato tono colorico, rimangono appannaggio esclusivo di operatori specializzati, capaci di mettere in campo un elevato e consolidato magistero applicativo.

operations can be programmed. All these elements have significantly transformed milling machines into «multifunctional machines, capable of not only cutting, but also contouring, modelling, lathing and, therefore, of approaching [the functionality of] modern machining centers; the distinction between the two is nowadays blurred. The control of multiple axes has freed the machine from what was once essentially motion along three “fixed” Cartesian axes […], allowing rectilinear, nonrectilinear and inclined cuts, or cuts in any desired position […]; diamond disc interpolated cutting can be used to create pieces of complex geometry […]. Programming has

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been applied to innumerable processes: for establishing different cut heights to be repeated an infinite number of times; for electronic selflearning of the cut end stop and the return of the cutting head to the disc holder; for making complete or partial cuts; for creating any type of desired lateral profile directly at the computer keyboard […]. Motion is controlled by the high precision mechanics of prismatic and recirculating ball slides driven by motors of variable velocity; this system practically does away with the play that may arise in time due to wear and, above all, allows quick movements with very fast acceleration and deceleration. In practical terms, this

[16] L. Carrino, W. Polini, S. Turchetta, “L’idrogetto abrasivo e le pietre naturali”, L’informatore del marmista n.489, 2002, p. 69.

Taglio di un pezzo speciale in travertino con filo sagomatore in un laboratorio di Rapolano Terme. Cutting a special moulded piece in travertine with a profiling wire in a Rapolano Terme workshop.


Un operaio specializzato di un’azienda rapolanese modella un elemento tridimensionale in travertino. A specialised worker in a Rapolano workshop creates a three-dimensional element in travertine.

means that the time the machine is effectively in use increases considerably […]» [16]. Milling machines are today therefore used not only to cut stone but also increasingly as highly efficient roughing machines and milling machines to work and turn solid pieces thanks to the mounted discs or wheels with various profiles. Another example of the application of CNC systems to traditional instruments is the diamond wire milling machine with multiple axes, which is particularly useful in the creation of blocks and pieces with complex three-dimensional, irregular geometries. CNC machines can be used to

complete two main types of operations: contouring, for giving planar elements the desired outline and for the appropriate modelling of edge profiles; shaping to create outlines and turnings, taper, create curves and sculpt solid elements. Although they may also be used for normal cuts and rectilinear incision of slabs and blocks, the full potential of multiple axis numerically controlled machining centers is best realized on elements that tend to be planar and on solid three-dimensional pieces. These completely innovative machines consist of a base, or a work surface that can be tilted and with a maximum size of 350×300 cm on which the piece (with a maximum

thickness of 50 cm) is positioned, an electronic spindle, a utensil storage space capable of containing up to 40 utensil heads which the machine can automatically change during processing without the assistance of an operator, a command panel for programming and various hydraulic, oleodynamic and pneumatic systems that enable movement. The multiple functions of CNC machining centers can be used to create curved surfaces (even with particularly small radii of concavity or convexity), to produce relief decorations, outlines and profiles, and to perforate the stone. All this is possible thanks both to the extraordinary freedom of movement of the head

along the different axes (2 to 5) and to the possibility of mounting numerous types of diamond utensils such as bench or surface grinders, flat or profiled grinders, milling cutters, cylindrical and profiled bits, band drills. The operations for removing deep portions of stone include perforations and spot or linear excavation using machining centers or more traditional drills or through kerfing machines or slot perforators [17], with bits and discs for making grooves and hollows. For copying and reproducing more or less three-dimensional pieces with relief decorations the different machines may be integrated with various types of utensils: traditional

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Scavo Sotto la classificazione dello scavo si intendono descrivere tutte le azioni tese a scolpire, a modellare, a levigare la pietra con estese e consistenti riduzioni di spessore, in genere superiori ai 10 mm. Con lo scopo di pervenire ad una asportazione diffusa e profonda di strati di materia, tali operazioni sono frequentemente precedute da un taglio di sgrossatura e possono anche sfruttare l’azione di incisioni, più o meno sottili, ripetute e affiancate. Attualmente lo scavo di pezzi caratterizzati da maggiore o minore sviluppo tridimensionale viene perlopiù operato da macchine a Controllo Numerico Computerizzato (CNC), la cui meccanica è guidata da software in grado di portare a termine una sequenza di lavorazioni programmate. Le peculiarità di questi impianti sono la totale automazione, la notevole rapidità di esecuzione, la ripetibilità dei pezzi realizzati e la polifunzionalità che permette in genere di attuare, con una stessa macchina, diversi tipi di lavorazione. Per l’utilizzo di tali strumenti l’operatore, la cui formazione deve necessariamente sconfinare nel campo della programmazione informatica, deve predisporre una lista di azioni da svolgere, verificarne la fattibilità e l’esatta sequenza, per poi innescare l’avvio del processo produttivo. Anche nella filiera produttiva del distretto lapideo di Rapolano Terme il passaggio dalle lavorazioni manuali o meccanizzate all’impiego dei macchinari a controllo numerico è avvenuto in modo graduale nel corso degli ultimi decenni, attraverso l’automazione progressiva applicata diffusamente a tutte le tipologie di macchine tradizionali e grazie all’introduzione contestuale di attrezzature di totale nuova concezione come i centri di lavoro pluriassiali. Un esempio emblematico di come le tecnologie CNC hanno modificato radicalmente l’operatività degli impianti tradizionali è rappresentato dalla storia evolutiva recente delle frese che, rispetto al passato, sono oggi connotate da fattori innovativi quali la possibilità di eseguire spostamenti velocissimi e di operare secondo assi multipli e controllati, a cui si aggiunge la totale programmabilità dei parametri e dei cicli di lavoro e la combinazione con altre funzioni non necessariamente di taglio. Tutti questi elementi hanno sensibilmente trasformato le frese in «macchine polifunzionali, capaci non solo di tagliare, ma anche di contornare, di sagomare, di tornire e, quindi, di avvicinarsi sempre più ai moderni centri di lavoro rispetto ai quali il confine è ormai abbastanza mal definito. Il controllo di più assi ha svincolato la macchina da quello che era un sostanziale movimento secondo una “rigida” terna di assi cartesiani […] e consente di operare tagli rettilinei, non-rettilinei, inclinati in qualsivoglia posizione […]; le lavorazioni in interpolazione consentono

copiers with mechanical tracers, pantographs or more advanced systems for reading and copying based on optical or laser scanning devices [18]. Among the cutting and threedimensional modelling operations, the lathing of monolithic blocks into solids of revolution is particularly important. The lathes required for this type of operation are machines consisting of a workbench for holding the piece, a motor that imparts the required rotation for processing and by the sliding track of the utensil head, which has its own motor block. Lathes made specifically for stoneworking can be used to create pieces about 450 cm long and with

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a diameter of about 110 cm. Larger pieces (more than 5 m long) have been successfully created using industrial mechanical lathes. As an example of how stone materials are normally lathed, we hereafter describe how a monolithic travertine column with entasis is created. The production of a column 4 m high with a maximum diameter of 50 cm and final weight of about 1.5 tons involves the following steps: - squaring of the initial parallelepiped using single blade or wire cutters; - further cutting with a disc saw to remove more material and transform the parallelepiped into a prism with a hexagonal base, thereby

accelerating the subsequent lathing process; - positioning and fixing on the ends of the prism metallic plates that contain the hub for lodging the piece on the lathe; - loading the prism onto the machine and first rough hewing of the column. During this phase a diamond disc mounted on the lathe makes a sequence of cuts spaced 1.5 cm apart; the resulting laminas are then broken up by percussion so as to free the core from which to form the column; - further lathing, this time not with a disc but with a grinder which, using a mechanical contour follower to trace a metal template of the profile

Lastre e filagne di travertino senese con diverse finiture di bordo. Slabs and strips in Sienese travertine with different edge finishes.


Scavo di un lavabo in travertino con una macchina a controllo numerico.

Production of a washbasin in travertine using a numerically controlled machine.

[17] Piero Primavori, “Trasformazione dei lapidei: il taglio secondario” p. 164, in Directory 2005. Associazione Italiana Marmomacchine, Milano, Promorama, 2005, pp. 480.

di ottenere con il disco diamantato pezzi di forma complessa […]. La programmabilità dei cicli di lavoro si esplica in forma a dir poco infinita; alcuni esempi sono: la possibilità di impostare svariate quote di taglio, differenti tra loro, con ripetibilità all’infinito; l’autoapprendimento elettronico dei fine-corsa di taglio ed il ritorno della testa porta-disco; l’esecuzione di tagli passanti od interrotti; l’esecuzione di profili laterali qualsiasi impostabili direttamente dalla tastiera PC […]. Il governo dei numerosi spostamenti è affidato alla meccanica di alta precisione delle guide prismatiche e delle guide a ricircolo di sfere, mosse da motori a velocità variabile; questo sistema praticamente azzera i giochi che possono presentarsi col tempo a causa dell’usura e, soprattutto, consente degli spostamenti ad elevata velocità con rampe di accelerazione e decelerazione molto brevi. Tradotto in pratica, questo significa che il tempo di reale utilizzo della macchina è fortemente incrementato […]» [17]. È così che le frese, oltre ad essere impiegate per tagliare la pietra, sono utilizzate oggi, sempre più, come efficacissime macchine sgrossatrici e sagomatrici, per scavare e tornire pezzi massivi, grazie al montaggio degli usuali dischi o di mole di vari profili. Un ulteriore esempio di applicazione dei sistemi CNC ad attrezzature tradizionali è rappresentato dalle sagomatrici multiassiali a filo diamantato, particolarmente utili nella realizzazione di masselli e blocchi con forme tridimensionali articolate che si discostano da una geometria regolare.

of the finished column, removes increasingly thinner layers of material to produce the final piece; - surface smoothing. During this phase the column continues to rotate on the lathe while one or more operators manually spread progressively finer abrasives on the stone surface; - unloading and transport of the column; - possible coring to insert metal reinforcements in the centre of the column. For pieces less than 3 m long this is normally accomplished using a vertical core drill; in longer pieces the core can be drilled horizontally by mounting tubes with a diamond crown on a normal

bridge milling machine with a sliding bench. Along with the still widely used traditional lathes, numerical control systems have been used in the creation of automatic lathes for use with original programmes or for copying models; these lathes have three axes of motion and can work pieces 300 cm long and 120 cm in diameter. The manual artistic-artisanal working of stone to create architectonic and decorative elements, such as columns, pilasters, shelves, balustrades, moulding and cornices with complex profiles, is widely practiced in the Rapolano stoneworking district. Stonecutters have preserved

the ancient mastery so that they can create bas relief or full relief pieces in travertine, from ordinary edging to the more sophisticated modelling of architectonic or figurative decorations, with highly refined geometric or phytomorphic designs. These activities are nowadays still accomplished using totally manual instruments or small handheld electric utensils with cutting or abrasive discs, or milling heads of varied shape that rotate at high speed and can be used both to make rectilinear or curved incisions and to remove more or less deep portions of material. The manufacture of manually sculpted and finished pieces begins

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Fase iniziale di tornitura per la realizzazione di una sfera di travertino in un laboratorio di Rapolano. Turning travertine on a lathe to create a sphere in a Rapolano workshop.

Le operazioni che si possono attuare con le macchine a CNC possono essere classificate in due tipologie fondamentali: lavorazioni di contorno per conferire ad elementi piani il perimetro desiderato e l’opportuna modellazione del profilo delle coste; lavorazioni di forma per eseguire sagomature, torniture, rastremature, raggiature e scolpiture di elementi massivi. Utilizzabili anche per le normali operazioni di taglio e incisione rettilinea di lastre e masselli, i centri di lavoro pluriassiali a controllo numerico esplicano al meglio le loro potenzialità in entrambe le tipologie di scavo, su elementi tendenzialmente piani e su pezzi pieni tridimensionali. Tali macchine, di concezione completamente innovativa, sono costituite da un basamento, da un piano di lavoro in genere inclinabile e delle dimensioni massime di 350×300 cm su cui viene fissato il pezzo (dello spessore massimo di 50 cm), da un elettromandrino, da un magazzino utensili capace di contenere fino a 40 teste utensili che la macchina può intercambiare automaticamente durante la lavorazione senza l’intervento dell’operatore, da un quadro comandi per la programmazione e da un numero variabile di impianti idrici, oleodinamici e pneumatici per l’esecuzione dei movimenti. La molteplicità di funzioni dei centri di lavoro CNC si esplica nella realizzazione di superfici curve (anche con raggi di concavità o convessità particolarmente ridotti), nella esecuzione di rilievi, sagome e profili, e nella foratura della pietra. Tutto ciò grazie alla straordinaria libertà di movimento della testa su più assi (da 2 a 5) e alla possibilità di montare numerosissime tipologie di utensili diamantati quali, mole da sbanco o da ribasso, mole piane o sagomate, frese, punte cilindriche e a profilo, foretti a corona. Nel processo di metamorfosi della pietra per asportazioni profonde di materia si fanno rientrare anche le azioni tese a operare perforazioni e scavi puntuali o lineari, ottenibili ancora una volta con i centri di lavoro o con più tradizionali trapani o macchine kerfatrici o slottatrici [18], dotate di punte e dischi per la realizzazione di scanalature ed incavi. Per la copiatura e la riproduzione di pezzi a rilievo, più o meno spiccatamente tridimensionali, sono disponibili vari tipi di attrezzature integrabili con le diverse tipologie di macchine: si tratta dei più tradizionali copiatori con tastatore meccanico, dei pantografi o dei più avanzati sistemi di lettura e replicazione basati sull’utilizzo della scansione ottica o laser [19]. Tra le azioni di scavo e modellazione tridimensionale dei lavorati lapidei ha un particolare rilievo quella della tornitura di pezzi monolitici che presentano la conformazione volumetrica di solidi di rotazione. I torni necessari per tale tipo di lavorazione sono macchine costituite da un banco per l’alloggiamento del pezzo, da un motore che imprime la rotazione necessaria per la lavorazione e da un binario di scorrimento della testa utensile, dotata a sua volta di un ulteriore blocco motore.

in the technical offices of a company, where workers specialized in ornamental design develop and translate sketches and designs from architectonic projects and decorations into final graphic designs containing the dimensions and diagrams for joining pieces, often accompanied by minute details and templates for creating particularly complex relief decorations and the profile of cornices. The final design and specifications of pieces to be made are then brought to workshops where stoneworkers trace the designs of relief decorations on the semi-finished travertine pieces previously cut to size. Workers begin the modelling operations with

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stone-cutter’s chisels and milling cutters and complete the finishing operations using lime, hand-chisels, bush-hammers, or smoothing utensils and brushes. In the last decade numerous mechanical and electronic applications have been developed with the aim of reproducing, with different degrees of automation, the ancient skilled craftsmanship and artistry in hand sculpting stone elements. There instruments are of various types. The most basic machines are the so-called automatic electrohydraulic cutters unassisted by software. These generally allow the vertical placement of the full relief piece to be reproduced. A “tracer”

[18] Con la denominazione tecnica di kerf e slot si descrivono scavi lineari di sezione variabile eseguiti di norma sulla testa o sulla costa degli elementi lapidei per facilitare, durante la fase finale di posa in opera, l’integrazione di sistemi di fissaggio metallico. [19] Grazie ad una rapida evoluzione tecnologica il costo di un apparato per acquisire una forma tridimensionale è divenuto accessibile anche per le piccole e le medie imprese; per tale motivo in ambito industriale le attrezzature e le tecniche di scansione e digitalizzazione 3D sono sempre più richieste. Per una panoramica sui principi di funzionamento dei diversi sensori 3D disponibili sul mercato, sulle loro funzioni e prestazioni, nonché sulle fasi di postprocessing dei dati acquisiti che consentono di arrivare ad un modello tridimensionale completo cfr. Gabriele Guidi, Jean-Angelo Beraldin, Acquisizione 3D e Modellazione Poligonale / Dall’oggetto fisico al suo calco digitale, Milano, Poli. design, 2006, pp. 194.


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Nei torni dedicati alla filiera produttiva dei lapidei si può arrivare a realizzare pezzi della lunghezza di circa 450 cm per un diametro di circa 110 cm, ma esperienze di lavorazione di pezzi più grandi (oltre i 5 m di lunghezza) sono state fatte con ottimi risultati utilizzando torni industriali meccanici. Per esemplificare un normale processo di tornitura del materiale lapideo si descrive di seguito l’esecuzione di una colonna in travertino monolitica con entasi, alta 4 m, con un diametro massimo di 50 cm, e del peso finale di circa 1,5 tonnellate. Il processo di produzione del pezzo è riassumibile nelle seguenti fasi: - riquadratura del parallelepipedo di partenza con tagliatrici monolama o a filo; - ulteriore processo di taglio con sega a disco per passare dal blocco parallelepipedo ad un prisma di base ottagonale in modo tale da asportare altro materiale accelerando così la successiva tornitura; - posizionamento e fissaggio sulle teste del prisma di placche metalliche che recano il mozzo per l’alloggiamento del pezzo sul tornio; - installazione del prisma sulla macchina e primo passaggio di sgrossatura della colonna. Il tornio in questa fase monta un disco diamantato che pratica tagli successivi e ravvicinati ogni 1,5 cm sul blocco; le lamelle che si vengono così a formare sono poi spezzate a percussione in modo da liberare il torsolo ancora grezzo da cui si ricaverà poi il fusto; - ulteriori passaggi di tornitura non più con il disco ma con una mola che, seguendo con un tastatore meccanico una dima metallica del profilo della colonna finita, asporta strati sempre minori di materiale fino all’ottenimento del pezzo definitivo; - levigatura superficiale. In questa fase il fusto continua a girare sul tornio mentre uno o più operatori passano manualmente abrasivi con grane sempre più fini sulla superficie litica; - smontaggio e movimentazione della colonna; - eventuale carotatura interna per l’inserimento di rinforzi metallici nel fusto. Tale lavorazione abitualmente eseguita con trapani verticali a pozzo per pezzi entro i 3 m di lunghezza, per elementi più lunghi può essere realizzata in orizzontale, grazie al montaggio di tubi a corona diamantata su normali frese a ponte con banco scorrevole. Accanto ai torni tradizionali, ancora largamente impiegati, l’applicazione dei sistemi a controllo numerico rende disponibili anche torni automatici che possono operare con programmazione originale o per copiatura da modelli, con tre assi di movimento e su pezzi delle dimensioni massime di 300 cm di lunghezza e 120 cm di diametro.

passes over the profile of the model to be copied and reproduces the piece in two phases: a first rough cut is made by applying disc utensil heads; the second, finishing phase is completed using grinders of varied morphology. The maximum workable diameter is 120 cm, the maximum height of the piece is 200 cm. Automated CNC sculpting machines with up to 8 utensil heads are more sophisticated: pieces are generally positioned horizontally, able to create bas relief at most about 180×120×40 cm in size, sculptures and full relief pieces 150 cm long and with a maximum diameter of 50 cm. In this sector, among the most inno-

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vative, state-of-the-art machines are those that go under the commercial name of Robostones. These are true numerical control machining centers with 6 axes and a jointed robot arm that are guided by CAD/ CAM software to reproduce in stone any three-dimensional model using laser scanners integrated in the system. Various types of interchangeable utensil heads can be mounted on this machinery; once the rough cut piece is positioned, the machinery can be used for three-dimensional milling, stripping of blocks, and the creation of basrelief, shaped pieces and full-relief pieces. The arms can usefully operate on pieces up to 300 cm high

Elementi torniti in travertino di Rapolano. | pp. 116-117. Rounded elements in Rapolano travertine.

and 600 cm in diameter. Although Robostones represent one of the most fascinating developments in the stoneworking sector, they currently still have limitations linked to the repeatability and precision of workmanship that hinder their widespread use in the field in which they could best be employed, i.e. in the creation of large-scale reproductions of more or less threedimensional pieces. The flexure of arm structures divided by joints into several self-moving segments still leads to rather high size error margins, so that such machines are not recommended for creating serial pieces characterized, for example, by very low coupling tolerances.


Modani e distinte di lavorazione per la realizzazione di un grande camino decorato in travertino senese. Patterns and specifications for the creation of a large fireplace decorated with Sienese travertine.

All’interno del comparto lapideo rapolanese sono diffusamente praticate anche lavorazioni artistico-artigianali finalizzate a scolpire manualmente elementi architettonici e decorativi quali colonne, lesene, mensole, balaustre, modanature e cornici dai profili complessi. La conservazione dell’antico magistero di lavoro degli scalpellini porta alla realizzazione di pezzi in travertino a rilievo o a tutto tondo, dalle più comuni lavorazioni di bordo alle più sofisticate modellazioni di decorazioni architettoniche o figurate, con motivi geometrici o fitomorfi di grande raffinatezza. Oggi tali attività vengono effettuate ancora con strumenti totalmente manuali o con l’ausilio di piccoli utensili elettrici portatili dotati di dischi taglienti o abrasivi, o di teste fresanti di diversa morfologia che ruotando ad alta velocità possono praticare incisioni rettilinee o curve, o vere e proprie asportazioni di materiale più o meno profonde.

These specific operational issues must be considered in the context of a more general assessment of the intrinsic value of artisan and artistic technical culture: although stone carving machines and Robostones, after further improvements, may in the future represent the preferred alternative to manual working in the repeated reproduction of three-dimensional serial pieces (except for the first rough hewing), they will never substitute the inimitable mastery of a sculptor in “breathing life” into the starting material of a complex work in stone. Erosion Numerous industrial stone finishing

processes tend to reproduce in an accelerated and controlled manner the effects of natural erosion by atmospheric agents. As seen earlier, cuts are generally made in a determined and ordered way typical of the sculpting process, so that a clear cut is made in the solid volume of the stone, whereas erosion involves processes that abrade the upper (10 mm) surface layer of the material, with a only a small decrease in the volume of the workpiece. In nature, the wind, temperature excursions and water break down the more or less deep rock layers, remodelling rock facies; likewise, the industrial erosion processes de-

scribed herein wear down the material through continuous energetic mechanical impact or contact such as percussion, abrasion or friction, or by working the stone surface with concentrated abrasive high pressure jets of water or air and sand. A minimum quantity of material must be removed not only to create a rough or semi-rough stone surface but also to finely smooth and polish the material. The various possible surface finishes have an important, complex and essential role in determining the use of stone in contemporary architecture. Different degrees of roughness, or furrows and grooves of various depth, or smoothing and more or less high

lustre polishing can make the most or least of the application potential of a material; likewise, they can enhance or dull its expressive potential. Surface erosion finishes the stone material in terms of highlighting the pattern of veining, enhancing or homogenising the contrast in grain, intensifying the wide range of hues, opacifying, highlighting surface roughness and relief, varying its appearance according to the incidence angle of light, and highlighting or masking structural characteristics such as marks, inclusions and porosity. Depending on its use stone must satisfy certain technical-functional (control of slip, impermeability,

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Il processo produttivo dei pezzi scolpiti e finiti manualmente inizia negli uffici tecnici delle aziende, dove lavorano disegnatori specializzati in ornato che si occupano di sviluppare e tradurre schizzi e disegni di partiti architettonici e decorazioni in elaborati grafici esecutivi, dotati di quote dimensionali e schemi di connessione dei pezzi, e spesso corredati da dettagli al vero e modani per la realizzazione di rilievi particolarmente complessi o dei profili delle cornici. Il progetto esecutivo e le distinte dei pezzi da realizzare passano poi al laboratorio, dove gli scalpellini ricalcano i disegni dei rilievi sui semilavorati in travertino precedentemente tagliati a misura e iniziano le operazioni di modellazione con scalpelli, subbie e frese per giungere, infine, alle operazioni di finitura realizzate con lime, gradine, bocciarde, o utensili leviganti e spazzole. Nell’ultimo decennio numerose applicazioni meccaniche ed elettroniche sono state finalizzate alla realizzazione di impianti capaci di riprodurre, secondo gradi diversi di automazione, l’antico magistero artistico-artigianale dello scolpire manualmente elementi litici. Tali attrezzature si suddividono in varie tipologie. Le macchine più rudimentali sono le cosiddette scolpitrici automatiche elettro-idrauliche non assistite da software; esse consentono di posizionare in genere verticalmente i pezzi a tutto tondo da riprodurre, hanno un “tastatore” che passa sul profilo del

Disegno esecutivo e fasi di lavorazione del camino in un laboratorio di Rapolano Terme. Design and working of the fireplace in a Rapolano Terme workshop.

maintainability, ability to take polish) and formal requisites. The former can be codified through laboratory tests and subsequently assessed using the numerical parameters of reference norms, whereas the latter are difficult to precisely define because they are highly subjective. Moreover, interaction between the two performance categories is often highly problematic because a technical specification may be met at the expense of aesthetics or viceversa. The study and careful design of surface erosion is particularly important in giving new meaning to the material in the numerous fields of application of contemporary architecture; this is particularly evi-

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dent for materials such as Sienese travertine characterized by a rich, variable and complex chromatic, textural and structural appearance. The most traditional mechanical processing of travertine surfaces involves simple splitting or bushhammering, chiselling and scoring; this was once accomplished manually using different utensils such as chisels, hammers and picks, but nowadays special machines that percuss the material with interchangeable utensil heads are used to produce various types of finishes characterized by more or less closely alternating peaks and troughs. Processing may also involve more or less dense scoring,

with marks uniformly or variably distributed, through repeated milling, possibly accompanied by further abrasion. In the Rapolano Terme stonecutting district this type of processing has reached high levels of perfection and creativity, representing an added-value able to enrich the travertine with a peculiar and original surface pattern that is particularly appreciated in the field of interior design. Another mechanical process is brushing, which is not accomplished through percussion but by rubbing abrasive brushes made of flexible and foldable wires or straps [19]. This process can be used to obtain a satin finish, smooth but not shiny,


Un artigiano rapolanese scolpisce una mensola decorata in travertino. | p. 122-123. A Rapolano artisan sculpts a decorated shelf in travertine.

modello da copiare e riproducono il pezzo in due fasi: una prima operazione di sgrossatura avviene con l’applicazione di teste utensili a disco; una seconda fase di finitura è realizzata grazie al montaggio di mole di varia morfologia. Il diametro massimo lavorabile è di 120 cm e l’altezza massima del pezzo è di 200 cm. Molto più avanzate sono le scolpitrici automatiche CNC fino a 8 teste di lavoro, con pezzi posizionati in genere in orizzontale, capaci di realizzare bassorilievi delle dimensioni massime indicative di 180×120×40 cm, e sculture e pezzi costruttivi a tutto tondo di 150 cm di lunghezza e 50 cm di diametro massimo. In questo settore, sulle frontiere dell’innovazione più d’avanguardia, si collocano le macchine che hanno la denominazione commerciale di Robostone. Si tratta di veri e propri centri di lavoro a controllo numerico a 6 assi, dotati di un braccio snodabile robotizzato, guidato da software CAD/CAM per riprodurre in pietra un qualsiasi modello tridimensionale attraverso scanner laser integrati all’interno dell’impianto. Potendo montare svariate tipologie di teste utensili intercambiabili tali attrezzature, con un solo piazzamento del pezzo grezzo, possono realizzare fresature tridimensionali, sbancature su masselli, bassorilievi, pezzi sagomati e a tutto tondo. Il campo utile di lavoro dei bracci può raggiungere i 300 cm di altezza e i 600 cm di diametro. Se le Robostone costituiscono uno dei più affascinanti scenari di sviluppo futuribile del settore lapideo, allo stato attuale esse presentano ancora criticità operative relative alla ripetibilità e alla precisione delle lavorazioni, tali da pregiudicarne l’impiego diffuso in quello che dovrebbe essere il loro campo applicativo d’elezione, cioè la replicazione su larga scala di pezzi più o meno spiccatamente tridimensionali. I fenomeni di flessione della struttura a braccio, separata in più tronchi semoventi con giunture, producono margini di errore dimensionale ancora alti, rendendo sconsigliabili tali impianti allorquando si devono realizzare pezzi seriali caratterizzati, ad esempio, da tolleranze di accoppiamento molto basse. Tali problematiche operative specifiche vanno inoltre considerate nel contesto in un giudizio più generale, che riguarda i valori intrinseci della cultura tecnica, artigianale ed artistica: se, infatti, scolpitrici e Robostone, grazie ad ulteriori perfezionamenti, potranno rappresentare in futuro nella sgrossatura un’alternativa privilegiata al lavoro manuale per la riproduzione di pezzi seriali tridimensionali, non riusciranno mai a sostituire il magistero inimitabile di uno scultore nel “dar vita” al modellato originale di un rilievo o di un’opera litica a tutto tondo.

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Dall’alto: travertino di Rapolano con finitura stuccata e levigata, bocciardata, sabbiata, spuntata. From the top: Rapolano travertine with filled and smoothed, bush-hammered, sandblasted, and chiselled finishes.

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Dall’alto: travertino di Rapolano con finitura spazzolata, levigata e rigata, rigata e spazzolata, rigata e sabbiata. Starting at top: Rapolano travertine with different finishes: brushed, smoothed and scored, scored and brushed, scored and sanded.

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Erosione Numerosi processi industriali di finitura della pietra tendono a riprodurre in modo accelerato e controllato, gli effetti dell’azione erosiva naturale causata dagli agenti atmosferici. Se lo scavo, analizzato in precedenza, avviene in genere con lavorazioni di asportazione decisa e ordinata, tipiche dell’atto dello scolpire, pervenendo ad una scalfittura netta nella struttura solida del pezzo litico, le metamorfosi erosive si esplicano attraverso processi che abradono la superficie del materiale, con una riduzione contenuta della massa da lavorare, entro i 10 mm di spessore superficiale. Come l’acqua, il vento e le escursioni termiche in natura disgregano strati lapidei più o meno profondi rimodellando la facies degli ammassi rocciosi, così i processi erosivi industriali che si vogliono descrivere in questa sede investono la materia con una energia meccanica d’urto o di contatto continuato, con operazioni di percussione, graffiatura o sfregamento, oppure sottopongono la superficie litica alle azioni abrasive concentrate di getti idrici o d’aria e sabbia ad alta pressione. Una minima asportazione di materiale è necessaria non solo per conferire una consistenza ruvida, o semiruvida alla superficie dei prodotti lapidei ma anche nelle finiture tese a levigare finemente e a lucidare la materia. I molteplici trattamenti superficiali possibili sono portatori di un’influenza complessa e fondamentale sul ruolo che la pietra può assumere nell’architettura contemporanea. Gradi differenti di rugosità, o rigature e scanalature diversamente approfondite, o ancora lisciature e lucidature più o meno specchianti, possono sfruttare appieno o negare le potenzialità applicative di un materiale, come anche possono esaltarne o smorzarne le possibilità espressive. L’erosione superficiale fissa l’aspetto finale della materia litica in termini di definizione del disegno delle venature, di esaltazione o omogeneizzazione del contrasto di grana, di intensificazione o stonalizzazione cromatica, di opacizzazione, di maggiore o minore esaltazione della rugosità superficiale e del rilievo, di mutevolezza dell’aspetto in funzione della luce al variare dell’angolazione di incidenza, di visibilità o occultamento di caratteri strutturali quali macchie, inclusioni, porosità disomogee. La pietra, infatti, a seconda del contesto di impiego, deve soddisfare sia requisiti tecnico-funzionali (controllo della scivolosità, impermeabilità, manutenibilità, pulibilità) che formali, e se i primi possono essere codificati con test di laboratorio e successivamente valutati attraverso i parametri numerici di una normativa di riferimento, i secondi sfuggono ad un inquadramento

of varied intensity. The brushing units can be manual and made to rotate around an axis (for special pieces), or automated and fixed (for standard semi-finished products) and equipped with special soundproof work rooms and having the capacity to produce more than 100 square metres per day. A similar process is antique finishing, or tumble finishing, in which travertine is tumbled in barrels containing some abrasive grit of various nature, or is brushed and the corners are irregularly bevelled to take on a “worn” look, as though worn down through use over the years. Polishing is also accomplished by rubbing, i.e. treating the stone

with extremely fine-grained abrasives that confer shine and gloss to already smooth surfaces. This finishing process is currently the most evolved one in terms of industrialization and automation. Two main types of machinery are used: manual or automatic stationary bench polishers with one bit can hold pieces up to 200×350 cm in size; polishers and straight tunnel edge polishers with a series of 12-18 operating heads and with a workbench consisting of a conveyor belt. The latter machinery is almost always included in multifunctional, complex production lines in which scanners can automatically record

an image of each semi-finished product emerging from the finishing process; these images can be used in quality control to check for defects and colour and in the compilation of an on-line digital inventory that assists the commercialization of products. There are also automatic polishers for lathed objects that can finish pieces with a maximum diameter of 50 cm and 100 cm long. The abrasive polishing heads of all the utensils described mostly consist of diamond crystals or silicon carbide bonded with magnesium carbonate. Polishing can also be accomplished by mounting special polishing grinders on the CNC machining centers.

In the past, the dry stone surfaces were rubbed manually with small abrasive blocks to give polish. Nowadays sanding is done by applying a jet of compressed air mixed with sand, metal grit, corundum or glass beads. By pointing the abrasive jet, with or without water, on the stone material it is possible to produce an extremely fine pitting corrosion that gives the travertine surface a particular “velvety” soft feel and appearance. By controlling the energy of the jet of water it is possible to obtain various types of stone surface finishes while removing only a few millimetres of material. The parameters that determine variations in the final

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Spazzolatura di una lastra di travertino senese. Brushing a slab of Sienese travertine.

definito e assumono caratteri di forte soggettività. Inoltre, l’interazione tra le due categorie di performance è spesso altamente problematica poiché un requisito tecnico può essere soddisfatto a discapito di un aspetto espressivo o viceversa. Così lo studio e l’attenta progettazione della metamorfosi erosiva superficiale assume un valore particolare nella risignificazione della materia litica nei numerosi campi applicativi dell’architettura contemporanea, e ciò è particolarmente evidente per materiali come i travertini senesi caratterizzati da un aspetto cromatico, tessiturale e strutturale così ricco, variabile e complesso.

result are the jet pressure, the flow velocity, the abrasive load, as well as the distance from the nozzle to the surface. Recent experimental specialist studies have identified predictive curves for the final result of processing, i.e. the width and depth of the pit created by the jet as a function of variations in the above-mentioned parameters [20]. The possible finishes obtained through the application of a jet of water to the travertine surface are similar to those obtained through sandblasting or mechanical bushhammering; with respect to these traditional operations, water jets limit the percussion energy transmitted to the material and therefore

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reduce stress on and the risk of damage to the stone, allowing the processing of slabs even less than 1 cm thick. Moreover, in contrast to traditional sanding and bushhammering, water jets can be used to process even limited areas less than 1 cm wide, slightly enhancing or dulling the porous structure of the material. Hybridization In recent decades, in a growing number of sectors within the broad context of stone production, stone has been the object of hybridization processes which have juxtaposed and intimately linked it to other materials to meet the requirements

of thinness and lightness and to improve its structural and aesthetic properties. Such positive material syncretism may be necessary to improve the strength and workability of brittle stones or of stones with a discontinuous texture. During the resin application procedure, liquid synthetic resins first fill the alveolar or cracked structure of the stone, penetrating the innermost microscopic pores; once dried and hardened, they are imprisoned and become an integral part of the stone. Industrial resin application machines, for the automatic processing of blocks, slabs and strips represent the most up to date application in this sector, allowing


Lastre di travertino senese con finitura anticata e lavorazione di burattatura del travertino in uno stabilimento di Rapolano Terme. | pp. 128-129. Slabs of Sienese travertine with an antique finish and antique finishing of travertine in a Rapolano Terme workshop.

I più tradizionali trattamenti meccanici delle superfici travertinose sono quelli del semplice spacco o della bocciardatura, spuntatura e rigatura; un tempo applicati manualmente attraverso differenti tipologie di attrezzi, quali scalpelli, martelli e picconi, essi sono perlopiù realizzati attualmente con apposite macchine capaci di percuotere il materiale con teste utensili intercambiabili, per produrre vari tipi di finitura caratterizzati da alternanze di fossette e rilievi più o meno fini. A tali trattamenti si aggiungono lavorazioni di rigatura più o meno fitta, con ritmi costanti o variabili, realizzate tramite fresature ripetute, poi eventualmente combinate con ulteriori trattamenti abrasivi; si tratta di interventi che nel comparto produttivo di Rapolano Terme hanno raggiunto particolari livelli di perfezionamento e creatività, andando a rappresentare un vero e proprio valore aggiunto capace di arricchire il travertino di un surface design peculiare e originale, particolarmente apprezzato nel campo dell’architettura d’interni.

combined results in terms of strengthening, enhanced workability and improved aesthetic qualities. Certain particularly prized types of travertine characterized by a varied, highly veined textural pattern are among the numerous stones benefiting from consolidation with resins; in the Rapolano stoneworking district blocks are consolidated by applying a layer of epoxy resin or polyurethane. The consolidating substance is sprayed onto the surfaces of the block, which can then be cut into slabs framed by a resin which increases the solidity of the material. For travertine with slight structural defects it is enough to consolidate slabs through the

so-called netting process, in which resins are used to glue a synthetic net a few millimetres thick onto the back portion of the piece which will remain hidden. It can be affirmed that in the case of stones with high porosity but essentially good structural compactness, such as travertine, hybridization not only resolves real consolidation problems but also improves the workability and ability to take polish of materials. This is the case of the mortar applied to 80% of travertine products in order to stop up the pores in the stone so that the surface is homogeneous and compact and therefore easier to work and polish. The mortars used

as filling mainly consist of a cement material enriched with oxides so that it blends in with the dominant colour of the travertine to which it is applied. When a cement bonding agent is used, the stopping process takes several days, as the stucco must dry and harden between each application. The travertine stopping process is nowadays only semiautomated, because the characteristic porosity of the material can vary in size, distribution and depth and must always be analyzed by an expert operator. Moreover, once the machinery applies the stucco uniformly to the surface of semifinished products, a final manual touch up is almost always required.

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Un ulteriore procedimento meccanico è la spazzolatura, che non viene realizzata a percussione ma grazie allo strofinamento di spazzole abrasive costituite da fili o piattine di natura flessibile e pieghevole [20]. Tale trattamento permette di ottenere effetti satinati, lisci ma non specchianti, di diversa intensità. Le unità per l’esecuzione della spazzolatura possono essere manuali e brandeggiabili (per pezzi speciali), o automatizzate e fisse (per semilavorati standard) con la dotazione di apposite camere di lavorazione insonorizzate e la possibilità di produzioni giornaliere di oltre 100 mq di superficie. Della stessa tipologia di interventi fa parte la cosiddetta anticatura, o burattatura, tramite la quale il travertino, passando in cilindri con inerti abrasivi di varia natura, o in catene produttive con successive azioni di spazzolatura delle superfici e sbozzatura irregolare degli spigoli, assume un aspetto “vissuto”, quasi come se fosse consumato dal passare tempo e dall’utilizzo. Sempre per sfregamento si attua la lucidatura, cioè il rasamento della pietra con abrasivi a grana finissima che conferiscono polimento e brillantezza a superfici già levigate. Tale processo di finitura è quello attualmente più evoluto dal punto di vista dell’industrializzazione e dell’automazione e si esplica con apposite macchine di due principali tipologie: le lucidatrici a lastra fissa ad una testa, manuali o automatiche con banchi di lavoro che possono alloggiare pezzi di dimensioni massime di 200×350 cm; le lucidatrici e lucidacoste rettilinee a tunnel, con batteria di 12-18 teste operatrici, e con piano di lavoro costituito da un nastro scorrevole. Questi ultimi impianti entrano quasi sempre a far parte di linee produttive polifunzionali e complesse, dove possono essere seguiti da scanner capaci di rilevare in automatico ogni semilavorato che esce dal processo di finitura; le immagini così ottenute possono essere impiegate nel controllo di qualità dei difetti e del colore e nella composizione di un magazzino digitale on-line che agevola la commercializzazione dei prodotti. Esistono inoltre lucidatrici automatiche per oggetti torniti che possono operare la finitura su pezzi del diametro massimo di 50 cm e della lunghezza di 100 cm. Le teste abrasive lucidanti di tutte le attrezzature sopra descritte sono perlopiù costituite da cristalli di diamante o da carburo di silicio legato con carbonato di magnesio. La lucidatura può essere effettuata anche grazie al montaggio di apposite mole lucidanti sui centri di lavoro CNC. In passato ottenuta strofinando manualmente a secco la superficie della pietra con blocchetti abrasivi, la sabbiatura viene invece eseguita oggi con l’applicazione di un getto di aria compressa miscelata a sabbie, o graniglie metalliche, o corindone, o palline di vetro.

Other examples of the hybridization of travertine are the numerous chemical processes that can be applied to the finished products. These aim to correct the aesthetic appearance of the material, or to enhance and brighten the material and colour texture of the stone with colour enhancers, opacifying or brightening agents, and varnishes that give a “wet look”, or to protect travertine from weathering agents through waterproofing and protective coatings of various nature.

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NOTES [1] See the essay by Emanuela Ferretti in this volume. Further details on the varying characteristics of travertine quarrying in the areas of Rapolano and Serre during the Leopoldina period are found in Un popolo un castello by Enzo Lecchini and Sandro Rossolini. Storia delle Serre di Rapolano, Serre di Rapolano, Associazione Serremaggio, 1993, pp. 474-477. [2] The 19th century status of quarrying activity in the area is documented by Enzo Lecchini and Sandro Rossolini in Un popolo un castello. Storia delle Serre di Rapolano, Serre di Rapolano, Associazione Serremaggio, 1993, pp. 522 and ff.

[20] Le spazzole possono essere metalliche (a base di carburo di silicio o ossido di alluminio) o realizzate con appositi materiali sintetici che vanno sotto la denominazione commerciale di “tynex”.


Lastre di travertino di Rapolano variamente scanalate e rigate producono diversi effetti chiaroscurali e materici. | pp. 130-131. Slabs of Rapolano travertine variably incised and scored to produce different chiaroscuro and textural effects.

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La preparazione della malta e le diverse fasi di stuccatura automatizzata e manuale del travertino senese. | p.133. Preparation of the mortar and various phases of automatic and manual filling of pores in Sienese travertine.

[21] L. Carrino, W. Polini, S. Turchetta, “L’idrogetto abrasivo e le pietre naturali”, L’informatore del marmista n.489, 2002, pp. 65-67.

Proiettando il flusso abrasivo, additivato o meno con acqua, sulla materia litica si produce un finissimo tracciamento erosivo puntiforme che conferisce alla superficie del travertino una particolare “vellutata” morbidezza al tatto e agli effetti della luce incidente. Attraverso il controllo dell’energia del getto idrico è poi possibile utilizzare le macchine water jet per ottenere varie tipologie di trattamento superficiale della pietra con l’asportazione soltanto di pochi millimetri di materiale. I parametri che permettono di variare la tipologia finale del risultato sono la pressione del getto, la sua velocità di scorrimento, la portata di abrasivo, nonché la distanza dell’ugello dalla superficie. Aggiornati studi sperimentali specialistici hanno individuato curve di previsione dell’effetto finale del trattamento, cioè della larghezza e della profondità del cratere creato dal getto, in funzione della variazione dei parametri sopra elencati [21]. L’effetto dei trattamento che si possono ottenere con l’applicazione superficiale della water jet al travertino è simile a quello dei trattamenti di sabbiatura o bocciardatura meccanica; rispetto a tali operazioni tradizionali, la water jet limita l’energia di percussione trasmessa al materiale e quindi riduce lo stress sullo strato lapideo, consentendo di trattare anche lastre di spessore inferiore ad 1 cm che altrimenti sarebbero soggette a sollecitazioni critiche con rischi di lesioni. Inoltre, al contrario della sabbiatura e della bocciardatura tradizionale, la water jet consente di intervenire su areole di superficie anche molto limitata, con larghezze inferiori ad 1 cm, ottenendo effetti più o meno “morbidi” di lieve enfatizzazione o più accentuata scorticatura della tessitura porosa del materiale. Ibridazione Negli ultimi decenni, in un crescente numero di settori del vasto ambito produttivo dei lapidei, la pietra è stata oggetto di processi di ibridazione nei quali è stata accostata e intimamente legata con altri materiali per soddisfare esigenze di assottigliamento, alleggerimento e di miglioramento delle sue proprietà strutturali ed estetiche. Tale positivo sincretismo materico può essere necessario per migliorare le qualità di resistenza e lavorabilità di lapidei fragili o con tessitura discontinua; esso si attua con i cosiddetti procedimenti di resinatura in cui la pietra accoglie al suo interno resine sintetiche che dapprima, allo stato liquido, ne impregnano la struttura alveolare o fessurata, penetrandone gli spazi interni più microscopici, poi, essiccandosi e solidificandosi, entrano a far parte della materia litica stessa rimanendone imprigionate. Gli impianti industriali di resinatura, idonei al trattamento automatico di blocchi, lastre e filagne,

[3] For further information on the Rapolano stoneworking district in the early decades of the 20th century see the important work by Emo Starnini, “Le cave di travertino” pp. 105-110, in Enzo Lecchini, Doriano Mazzini, Rapolano e il suo territorio. Notizie e documenti, Rapolano Terme, Comune di Rapolano Terme, 1983, pp. 242. [4] The scant information available in local historiography on the commissioning of Rapolano travertine for 20th century works of architecture should be improved and enriched through specific research focusing on the historical archives of companies and the recollections of

workers, along with a rereading of documents on the single construction sites. [5] The link between the Milanese construction site and the provision of Rapolano travertine is to date the best documented, also thanks to the important and suggestive historical record in photographs by Paoletti, Zani, Aragozzini and Giulio Galimberti preserved by the local companies. [6] Official census data from ISTAT highlight a parallel decrease in agricultural workers from 1764 in 1951 to 656 in 1971. [7] The Consorzio del Travertino di Rapolano provided the author with

data on revenue, production and major markets. [8] Mainly the “TI-POT I - Tecnologia e innovazione per le pietre ornamentali toscane” project financed by the Regione Toscana su fondi DOCUP objective 2, 2000-06, coordinated by Cecilia Bonisoli and undertaken in collaboration with Florence University. [9] The size specifications of the different semi-finished and finished travertine products are as follows: slab, planar element characterized by a length/width ratio ranging from 1 to 8 and a width/thickness greater than 10, with a certified thickness of 15 to 40 mm, the maximum size

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Stuccatura e levigatura di bordo realizzata in un laboratorio rapolanese su di una lastra in travertino.

Pore stopping and edge smoothing of a slab of travertine in a Rapolano workshop. Lastra di travertino di Rapolano rinforzata con retinatura. | p.135.

Slab of Rapolano travertine reinforced with netting.

of slabs of commercial Sienese travertine is generally 300x150x150 cm or 240x150x150 cm; strip, piece whose thickness is greatly inferior to the two other dimensions and whose width is much lower than its length and is greater than 60 cm; block, a parallelepiped or prism whose thickness and width are comparable and markedly shorter than its length; tile, a standard, generally square piece whose sides are equal to or multiples of the American foot (30.5×30.5 or 61×61 cm) and with a thickness equal to or less than 13 mm. [10] Block cutters, cross cutters and splitters comprise different types of machines with one or more discs,

rappresentano l’applicazione più aggiornata del settore che consente di conseguire risultati combinati per ciò che riguarda il rafforzamento, la lavorabilità e il miglioramento delle qualità estetiche. Tra le numerose pietre che traggono beneficio dal consolidamento con resine si trovano anche alcune tipologie di travertino particolarmente pregiate e caratterizzate da un disegno fortemente venato; nella filiera produttiva del distretto rapolanese esse vengono sottoposte a processi di consolidamento tramite incamiciatura dei blocchi con uno strato costituito da resine epossidiche o poliuretaniche. Tale processo, realizzato per spruzzatura del consolidante sulle facce del blocco, consente poi di ridurre l’elemento in lastre che risultano così incorniciate da un frame di resina capace di rendere la compagine del materiale molto più solida. Per travertini con problemi strutturali più lievi è sufficiente realizzare un consolidamento delle lastre attraverso il cosiddetto processo di retinatura, nel quale una rete sintetica di pochi millimetri di spessore viene incollata tramite resine sulla faccia tergale del pezzo destinata a non rimanere a vista. In generale è possibile affermare che per pietre con porosità elevata ma con sostanziale buona compattezza strutturale, come i travertini, gli effetti dell’ibridazione risolvono sì reali problemi di consolidamento ma molto più diffusamente migliorano la lavorabilità e la lucidabilità dei materiali.

mostly totally automated and capable of making multiple longitudinal, transversal or vertical cuts in slabs and strips. [11] For further discussion of the various technological and productive aspects of secondary cuts see Piero Primavori, “Trasformazione dei lapidei: il taglio secondario” pp. 134-187, in Directory 2005. Associazione Italiana Marmomacchine, Milan, Promorama, 2005, pp. 480. [12] Sintering is a high pressure thermal process in which diamond, generally mixed with metal powders and a natural or artificial bonding agent (resin, shellac or magnesite), deposits on blades in highly

aggregated concretions. During the incision process this type of deposit allows the worn down diamond to fall off the blade so that the underlying intact crystals can surface. Processes for producing diamond blades are continuously improved, and research aims to decrease the wear of utensils. In this context recent experiments by the Dipartimento di Studio del Territorio e delle sue Risorse (Department for the Study of the Territory and its Resources) of Genova University are particularly important: research focuses on adapting the morphology of utensils and composition of blades and abrasives to suit the micro- and meso-textural properties

of the processed material and minimise wear. Research has led to the creation of instrument prototypes produced through metallurgical HPSHS (High Pressure Self-propagating High-temperature Synthesis) technology. [13] In recent years the technique for producing diamond wire has been perfected, allowing the creation of wires with a diameter of 6 to 11 mm and a ring morphology with no suture so that it can be stretched taunt, thereby increasing precision especially during contouring. [14] The lance of water jets generally moves on a bridge structure or a mechanical arm; the

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è il caso del processo di stuccatura con malte che viene applicato all’80% dei prodotti in travertino ed è finalizzato a chiudere i pori della pietra per rendere la superficie del materiale omogenea, compatta e quindi meglio lavorabile e lucidabile. Le malte impiegate per la stuccatura hanno legante perlopiù cementizio e sono arricchite con ossidi per raggiungere la tonalità cromatica dominante del travertino a cui vanno applicate. L’utilizzo del legante cementizio fa si che il processo di stuccatura si sviluppi in più giorni attraverso diverse fasi successive interrotte dai tempi di asciugatura e indurimento dello stucco. Oggi i processi di stuccatura del travertino sono semi-automatizzati: l’apporto umano tuttavia è sempre necessario poiché la porosità caratteristica del materiale può essere assai variabile per dimensione, diffusione e profondità, e deve quindi sempre essere analizzata da un operatore esperto; le macchine che agiscono distribuendo lo stucco in modo omogeneo sulla superficie dei semilavorati non compiono quindi un lavoro che si può ritenere definitivo, un ultimo passaggio di ritocco manuale è quasi sempre necessario. Ulteriori azioni di ibridazione dei travertini sono rappresentati dai numerosi trattamenti chimici che possono essere applicati ai prodotti finiti e che mirano a conferire al materiale una correzione dell’aspetto estetico, o a rendere più “profonda” e brillante la tessitura materica e colorica della pietra con esaltatori cromatici, opacizzanti o brillantanti, vernici ad “effetto bagnato”, o ancora a difendere il travertino da agenti di degrado con idrorepellenti e protettivi di varia natura.

nozzle diameter varies from 0.1 to 0.3 mm. [15] Computer Aided Drafting/Computer Aided Manufacturing. [16] L. Carrino, W. Polini, S. Turchetta, “L’idrogetto abrasivo e le pietre naturali”, L’informatore del marmista n.489, 2002, p. 69. [17] Piero Primavori, “Trasformazione dei lapidei: il taglio secondario” p. 164, in Directory 2005. Associazione Italiana Marmomacchine, Milan, Promorama, 2005, pp. 480. [18] The kerf and slot technique is used to make linear incisions of variable width usually on the base or the flank of stone elements to

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facilitate the integration of metal anchoring systems when laying the stone. [19] Thanks to a rapid technological evolution, instrumentation for creating three-dimensional objects are now affordable for even small and medium-sized companies; for this reason, in the industrial sector there is increasing demand for instrumentation and 3D scansion and digitizing techniques. For an overview of the functional principles of the different 3D sensors available on the market, on their functions and performance, as well as on the post-processing of acquired data which allow the creation of

complete three-dimensional models see Gabriele Guidi, Jean-Angelo Beraldin, Acquisizione 3D e Modellazione Poligonale / Dall’oggetto fisico al suo calco digitale, Milan, Poli. design, 2006, pp. 194. [20] The brushes can be metallic (consisting of silicon carbide or aluminium oxide) or made of special synthetic materials under the commercial name tynex. [21] L. Carrino, W. Polini, S. Turchetta, “L’idrogetto abrasivo e le pietre naturali”, L’informatore del marmista n.489, 2002, pp. 65-67.



TRAME MODI APPLICAZIONI I dispositivi costruttivi del travertino


Alberto Ferraresi

TRAME, MODI, APPLICAZIONI I dispositivi costruttivi del travertino

[1] Vitruvio, Architettura, paragrafo VII, 1-2, (traduzione di Silvio Ferri), Milano, Rizzoli, 2002.

Muri Il travertino può costituire materia prima per ogni famiglia nota di elementi costruttivi: può essere infatti impilato in massi a contenere le spinte orizzontali del terreno, polverizzato a costituire graniglia per intonaci, tagliato in blocchi a sostenere forti compressioni, oppure in lastre a protezione epidermica di qualsivoglia contenuto costruito. Tecnicamente si rende disponibile a questo compito con le distintive sue caratteristiche di resistenza e durata, da sempre. È facile per il travertino il rimando al mondo romano, così come è facile da qui il richiamo alle pagine tecniche dei manuali di Vitruvio. Il senso di durata è allora forse il tema più presente dietro le parole vitruviane del secondo libro del De Architectura: «Queste pietre hanno caratteristiche svariatissime e opposte. Alcune sono molli, come presso Roma le Rubre, le Pallensi, le Fidenti, le Albane; le altre mediane come le Tiburtine (travertini), le Amiternine, le Sorattine e simili; alcune dure come le silicee. (…) I travertini invece e le pietre consimili resistono bene al carico e alle ingiurie atmosferiche...». Che l’interesse di Vitruvio sia qualitativo e non a quantificare le resistenze caratteristiche con fare scientifico, lo si percepisce poco dopo – nel medesimo libro al paragrafo VIII, 8 – dove si raccomanda nelle stime per la valutazione di opere in muratura lapidea, in considerazione del tempo di vita della pietra a risentire degli agenti atmosferici, l’applicazione di coefficienti di detrazione al valore economico totale in funzione degli anni di vita del muro. La prima distinzione fra pietre molli, medie e dure è dunque eseguita in funzione delle loro caratteristiche di durata. A sua volta per Vitruvio, il collegamento logico fra pietra e muro risulta immediato, naturale, senza necessità di spiegazioni ulteriori. Il motivo è forse quello della maggiore vicinanza di Vitruvio rispetto a noi, al tempo d’origine della stessa parola “muro”, imparentata nella sua radice a quanto indichi opere di rafforzamento e consolidamento delle fortificazioni; o forse il motivo consta più semplicemente nell’accostamento visivo diretto al mondo naturale, al materiale delle prime costruzioni per l’uomo in pareti di roccia e mobilio di frasche. Dal punto di vista di una sua possibile definizione, il muro singolarmente si rivela come una sorta di “numero primo” matematico: per spiegarlo non si riesce quasi mai a semplificarne il concetto per scomposizione, ma si deve invece in ogni occasione raccontarlo avvalendosi di argomenti a loro volta affacciati su altre realtà. Tipicamente infatti lo si descrive come una struttura di forma prismatica con le due dimensioni parallele e verticali prevalenti rispetto a quella dello spessore.

PATTERNS, METHODS, APPLICATIONS. Constructions in travertine

Parete traforata costituita da elementi tridimensionali verticali in travertino. | p. 136. Openworked wall consisting of vertical threedimensional element in travertine.

Walls Travertine may be the raw material for any of the known groups of construction elements: it can be used as boulders in cages to contain horizontal ground pressures, added as grit to plaster, and cut into blocks that resist strong compressions or into slabs as a protective layer for any kind of construction. Its resistance and durability are such that it has always been suitable for these purposes. Travertine naturally brings to mind the Roman period and the treatise on

architecture by Vitruvius. The concept of durability is perhaps the most important theme in Book II of De Architectura (On Architecture): “These stones have varied and contrasting characteristics. Some are soft, such as those in the neighbourhood of Rome, in the countries of the Rubrae, the Pallensi, the Fidenates and the Albaneae; others have intermediate characteristics, such as Tiburtine stone (travertine), the Amiternine, the Soractine and the like; some as hard as flint. (…) Tiburtine stones and those of a similar nature resist great weights no less than the action of the weather...” paragraph VII, 1-2. That Vitruvius was concerned with qualitative characteristics and did not

scientifically determine resistance becomes apparent thereafter – in paragraph VIII, 8 of the same book – where he recommends that in assessing masonry, considering that atmospheric agents are detrimental to the lifespan of the rock, a coefficient that is a function of the age of the wall should be subtracted from the total economic value of the work. The first distinction of soft, intermediate and hard stones is thus made on the basis of their durability. For Vitruvius, the logical link between stone and wall is immediate, natural and requires no further explanation. The reason is perhaps that Vitruvius is nearer in time to the origin of the actual word “wall”, which originally

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Muro rustico in travertino di Rapolano con rinforzo angolare in elementi bugnati.

Rustic wall in Rapolano travertine with corners reinforced by rusticated ashlar blocks.

indicates a work which reinforces and consolidates fortifications; perhaps the real reason is simply the direct visual juxtaposition with the natural world and the material used in the first stone-wall dwellings furnished with fronds. As for a possible definition, an individual wall is a kind of mathematical “prime number�: it is almost never possible to explain the concept by breaking it down and simplifying it. Each time one must describe it referring to other disciplines. It is typically described as a prismatic structure in which the two parallel and vertical dimensions are greater than its thickness. Both the presence of a structure and

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that of a prismatic shape strongly imply a human component. Will or intentionality is able to critically intervene through the choice of structure and shape. The former is linked to technical construction solutions, the latter to aesthetic-expressive choices; the two are sometimes closely interwoven, each one contributing in different proportion, so that the boundary between the two is sometimes subtle or hidden. Returning to the meaning of words, inner wall, wall and masonry identify three distinct entities. The first is linked to the home, in particular its interior, and can simply refer to a dividing surface. The second, as discussed earlier, originally refers to


Muro tradizionale in conci squadrati di travertino rapolanese. | p. 139. Traditional wall with squared blocks of Rapolano travertine.

Sia la presenza della struttura, sia quella della forma prismatica sottendono la componente umana. Entra dunque in campo la volontarietà o l’intenzionalità, capace d’intervenire criticamente ad operare scelte sul tipo di struttura e sul tipo di forma. Il primo dei due mondi afferisce all’ambito delle scelte tecnico costruttive, mentre il secondo all’ambito delle scelte estetico espressive; ma pure, esse s’intrecciano, fissando rapporti di forza ogni volta differenti, tanto da rendere talvolta sottile o nascosto il confine fra i due. Ripartendo sempre dal significato delle parole, parete, muro ed opera muraria individuano allora tre entità ben distinte. Se la prima presenta accezioni legate alla sfera abitativa e particolarmente degli spazi interni, così da valere anche come sola superficie di un divisorio, la seconda, lo si è visto, si riferisce in prima battuta alle strutturazioni solide del mondo della guerra. L’ultima delle tre espressioni però, conferisce in aggiunta all’oggetto cui si rivolge un sicuro spessore in senso etico ed estetico: essa infatti intende di per sé una struttura ben riconoscibile nella sua superficie e nello stesso tempo costruttivamente efficace, in virtù dei medesimi elementi – i conci – affioranti in affaccio. Come il diverso spessore del filo e la specifica scelta dell’intreccio caratterizzano il tessuto, così le peculiarità del concio lapideo e l’individuazione della concatenazione fra elementi delineano l’opera muraria. Nasce pertanto un connubio, per così dire, fra tessitura e stereotomia: esso rivive ogni qualvolta la scorza esterna e la struttura muraria portante non siano separate, ma anzi mostrate sinceramente in affaccio nel vivo della loro reciproca dipendenza. Gli esempi applicativi a seguire scelgono e rappresentano alcune materializzazioni di questo connubio, in cui il travertino entra con la ricchezza delle sue possibilità di colore, di vena e di finitura superficiale. Il percorso parallelo allo sfogliare delle pagine può esser letto in progressivo assottigliamento di spessore dei conci, ovvero in costante allentamento dell’impenetrabilità delle frontiere murarie. Il muro infatti, dapprima propaggine naturale dell’anfratto roccioso, poi barriera massiccia di fortificazione, quindi opera più pacificamente urbana ed abitativa, ha da sempre individuato nello spazio a qualche titolo l’entro e l’oltre. Le scelte dunque di tessitura e di stereotomia del confine murario sempre palesano, o così dovrebbero fare, il rapporto emozionale cercato fra i due ambiti.

elements of solid military constructions. The last of the three refers not only to the object but also to an ethical and aesthetic dimension: it is a structure that is easily identified from its surface and is a well made construction by virtue of its elements – blocks – in face view. Just like the different thickness of the thread and the selected weave characterise cloth, so the peculiarities of the stone blocks and the way in which they are joined define the masonry work. An alliance, so to speak, is formed between structure and stereotomy: it is revived each time the outer surface and the sustaining wall structure are not separated but freely display their mutual dependence.

The following describes some practical examples of this alliance, to which travertine contributes with its rich variety of colours, veining and surface finishes. We will focus on progressively thinner blocks, i.e. on progressively less impenetrable wall barriers. Walls, initially the natural extension of rocky ravines, subsequently a massive barrier for fortification and then a more peaceful domestic construction, has always helped identify an interior and an exterior. The chosen structure and stereotomy of the boundary wall always manifests, or so it should, the desired emotional link between the two.

NOTES [1] Vitruvio, Architettura, translated by Silvio Ferri, Biblioteca Universale Rizzoli, 2002

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Blocchi di travertino in una cava di Rapolano Terme. Blocks of travertine in a Rapolano Terme quarry.

Muri di contenimento in elementi ciclopici di travertino senese: sezioni tipo e vista d’insieme. | pp. 142-143. Containment walls in cyclopic elements of Sienese travertine: type section and panoramic view.

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Muri di travertino. Apparecchiature regolari isodome e pseudoisodome a blocchi squadrati. | pp. 144-145. Travertine walls. Regularly spaced isodome and pseudo-isodome walls with squared blocks.

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Muri di travertino con apparecchiature a blocchi squadrati bugnati e variati. | pp. 145-146. Travertine walls with squared rusticated and varied blocks.

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Muri compositi nelle soluzioni a superficie pareggiata e a ricorsi aggettanti. | pp. 148-149. Composite walls with an even surface or with jutting courses.

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Rivestimenti di forte spessore in elementi bugnati di travertino. | pp. 150-151. Thick travertine rusticated cladding.

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Dispositivi murari traforati in blocchi di travertino lisci o bugnati. | pp. 152-153. Openwork walls in smooth or rusticated blocks of travertine.

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Dispositivi murari traforati in elementi lastriformi di travertino. | pp. 154-155. Openwork walls in slab-like elements of travertine.

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Dispositivi murari traforati in elementi lastriformi di travertino. | pp. 156-157. Openwork walls in slab-like elements of travertine.

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Diaframmi traforati in elementi modulari di travertino. | pp. 158-159. Openwork diaphragm in modular elements of travertine.

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Rivestimenti tradizionali in travertino posati con malta. Soluzione con liste a spessore e dispositivo a lastre sottili. | pp. 160-161. Traditional travertine cladding laid with mortar. Thick strips and thin slabs different solutions.

Rivestimenti Il motivo per il quale storicamente il muro in opera isodoma lascia spazio a soluzioni composite ed ibride, oltre a valutazioni di puro costo e reperibilità delle materie prime, risiede in gran parte nell’avanzamento tecnico e nello sviluppo di talune tecnologie. Le possibilità plastiche e tutto sommato anche di resistenza caratteristica del materiale, quando l’architettura cerchi estensioni dimensionali inusitate e superamenti agli orizzonti disciplinari, portano il mondo romano ad esperire le tecniche dei muri compositi, particolarmente di quelli a sacco, che trovano alleato principe nelle applicazioni di riempimento cementizio. Il ruolo prettamente funzionale delle pareti di contenimento di questa pratica muraria ed il conseguente ridotto interesse alla loro resa esteriore, apre all’opposto il campo alla variegata possibilità di rivestimento delle pareti stesse. L’architettura romana è inoltre disciplina di spazi continui tra loro legati, senza soluzioni od interruzioni; è opera di sviluppi plastici ben raccordati. Il trilite, quando necessario per aspetti tecnici, è frequentemente celato e sormontato dal rivestimento, poiché inadatto al racconto spaziale prescelto. Alcuno di questi argomenti impone quale materiale per il rivestimento la pietra; ma rispetto ad esempio ad un intonaco essa è preferita, poiché tecnicamente offre maggiore resistenza meccanica alle intemperie in esterno e comunque pure all’umidità ed all’usura negli interni. Fra le grandi opere pubbliche romane ci riferiamo specialmente alle terme; venendo ai giorni nostri pensiamo alla minuziosa attenzione lapidea testimoniata invece negli spazi per la cura del corpo ed il bagno. Il passaggio fondamentale nella storia del rivestimento lapideo costituito dall’opus sectile, determina nel tempo commistioni con la pittura, ottenendone in cambio l’accoglimento della sfida rappresentativa di figure di foggia pittorica, eseguite mediante la pratica dell’intarsio. Ed è l’affinamento stesso della tecnica per la messa in opera dei decori lapidei alle pareti costruite, a presentarci i primi casi di commistione fra applicazione tradizionale ed applicazione mediante inserti metallici, con ammorsature vincolate alla parete ospitante, a migliore supporto dell’azione delle malte cementizie. Non ci siamo davvero spostati di molto da qui, in talune applicazioni odierne: in funzione della dimensione in termini di superficie della lastra decorativa e del suo spessore, ancora oggi frequentemente la posa verticale avviene mediante colle o malte, cui eventualmente si associa l’inserimento di aggrappaggi metallici per la maggior tenuta. Appena

Cladding Historically, walls made from squared blocks have been built adopting composite and hybrid solutions, depending on costs and the availability of raw materials and, above all, on technical and technological advancements. Its workability and, all things considered, the characteristic strength of the material (when architecture seeks unusual dimensional extensions or aspires to go beyond disciplinary horizons) are such that the Roman world developed the technique of composite walls, particularly cement core walls, one of the main applications of cement fillings. The merely functional role of containing walls and the little interest in their

outer appearance created an opening for the various possible types of wall cladding. Roman architecture is also characterised by linked continuous spaces, without breaks or interruptions; it is a work of well-connected plastic constructions. When a trilith is required for technical reasons, it is often masked and clad because not suited to the envisioned design. None of these arguments call for stone in particular, but it is preferred to plaster, for example, because, technically, it offers greater mechanical resistance to weathering outdoors and to humidity and wear indoors. Spas are among the important public works of Roman architecture; to this

day their choice of stone testifies to their attention to detail in areas dedicated to care of the body and baths. The opus sectile represents an important phase in the history of stone cladding; in time it blends with painting, leading to the pictorial representation of figures through inlay. The actual refinement of the technique for fixing stone decorations to constructed walls represents the first case of mingling between traditional laying, and laying using metal inserts, with toothing to improve the hold of the cement mortar to the wall. We have not really progressed from here in certain current applications: depending on the dimensions in terms of area and thickness of the decora-

tive slab, the vertical laying of slabs to this day still frequently makes use of glue or mortar, which are sometimes used together with metal clips to strengthen the hold. There are two other traditional methods for laying: using mortar alone, so that the cladding becomes a whole with the supporting surface, or by using mechanical, typically metal, clips. The almost excessive diffusion of thin stone cladding in ancient Roman times coincides with a historic period in which, perhaps more than in any other period, the decorative apparatus was a means for determining the social standing of the client. In the most classic examples the linguistic and communicative nature of the

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Rivestimento in lastre quadrate di travertino posato a secco; prospetto, sezione schematica e abaco delle diverse lavorazioni delle coste per il fissaggio degli agganci metallici. | p. 163. Cladding in square, dry-laid slabs of travertine; overview, schematic section and abacus of the various edge profiles for fixing the metal clips.

[1] Josep Maria Montaner, Dopo il Movimento Moderno, pag. 167, Bari, Laterza, 1996, pp. 308. [2] Alfonso Acocella, “Superfici di pietra”, Vincenzo Pavan (a cura di), Nuova estetica delle superfici, pag. 8, Faenza, Faenza Editrice, 2005, pp. 160.

architectonic piece is expressed to the full. At an extremely distant moment in time, but with an interest in surface cladding equal to that of the Romans, first Adolf Loos prima and then Robert Venturi (although with contrasting views regarding the adopted strategy in the design of indoor and outdoor spaces) become foremost interpreters, theorizing on various autonomous elements to be applied to the surface of constructions. «In Complexity and Contradiction in Architecture Venturi attempts to combine attention to the impact of the façade with the tension of the inner space, but in the 70’s he begins to sustain a different approach. According to

oltre quest’applicazione ibrida, si aprono i due mondi ancora contemporanei della posa tradizionale mediante sole malte, a render tutt’uno il rivestimento con la superficie di supporto, od al contrario l’applicazione mediante fissaggi meccanici, tipicamente metallici. La diffusione quasi smodata del rivestimento lapideo sottile d’età romana antica, coincide con la fase storica in cui forse più che in tutte le altre l’apparato decorativo assurge a strumento di determinazione dello status sociale del committente. Secondo l’esempio più classico si mostra in questo modo appieno la natura linguistica e comunicativa del fatto architettonico. Lontanissimi nel tempo, ma accomunati alla fase storica romana dal condiviso interesse agli apparati superficiali, Adolf Loos prima e Robert Venturi poi, seppur con visioni contrapposte riguardo le strategie d’approccio progettuale rivolte agli interni ovvero agli esterni, si fanno interpreti primari e teorizzatori dei vari dispositivi, autonomi, applicati in superficie di costruzione. «Se in Complexity and Contradiction in Architecture Venturi tentava di unire in un tutto le preoccupazioni per gli effetti della facciata e la tensione dello spazio interno, durante gli anni Settanta passa a difendere una nuova opzione. Secondo Venturi ci sono due vie per fare in modo che un edificio sia comunicativo: che nella sua forma esprima una funzione – come fa una cattedrale gotica o un ristorante a forma di papero – o che sia semplicemente un decorated shed (riparo decorato), un edificio funzionale con un cartello gigantesco» [1]. Stiamo dunque ad altra scala parlando del distacco e dell’autonomia concettuale di ciò che si mostra, rispetto a ciò che sta oltre e lo sostiene. Alla scala del dettaglio ci stiamo riferendo all’indipendenza acquisita ed all’autodeterminazione raggiunta dalla veste, ora lapidea e particolarmente calcarea, rispetto al muro che la supporta, qualunque ne sia la natura. In un’applicazione in cui la pietra – il travertino – è chiamata ad essere sottile, il tema della profondità assume rilevanza speciale. A metterla in risalto – o a metterla a nudo – sono ad esempio le soluzioni d’angolo, le dimensioni della fuga fra elementi, l’eventualità superficiale dell’incisione e dei rilievi, oltre a quella dell’assenza di un concio a sfondare visivamente un piano diversamente bidimensionale. Quando così non fosse ci occuperemmo di sola superficie. Ed appunto: «Se il tema è quello della superficie litica, lo svolgimento si snoda attraverso il percorso interpretativo della sua restituzione in forma di rivestimento, di ricoprimento di altre materie, di altri elementi dell’organismo costruttivo.» [2]

Venturi there are two ways to make a building communicative: its form should either express a function – like a gothic cathedral or a restaurant in the shape of a duck – or simply be a decorated shed, a functional building with an immense signpost» [1]. We therefore refer to another dimension when we speak of detachment of the conceptual autonomy of that which is revealed with respect to that which lies beyond and sustains. In particular, we refer to the acquired independence and autodetermination of the cladding, in this case of travertine stone, with respect to the sustaining wall of any nature. For applications in which travertine stone must be cut thin, the issue of

depth is particularly important. Elements that can enhance the stone – or reveal it – are, for example, the finish of corners, the size of the joint between elements, possible surface incisions or relief, as well as the use of ashlar to make a visual impact on an otherwise two-dimensional plane. If this were not so we would be dealing with surface alone: «If the theme is that of the stone surface, its completion occurs through an interpretative path expressed in the form of cladding, which covers other materials and elements of the structure» [2].

NOTES [1] Josep Maria Montaner, Dopo il Movimento Moderno, p. 167, Bari, Laterza, 1996, pp. 308 [2] Alfonso Acocella, “Superfici di pietra”, Vincenzo Pavan (edited by), Nuova estetica delle superfici, p. 8, Faenza, Faenza Editrice, 2005, pp. 160.

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Schemi compositivi di rivestimenti con aperture regolari. | pp. 164-165. Compositional layouts for cladding with regular openings.

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Centro direzionale del Monte dei Paschi (1996-99) a Siena, di Augusto Mazzini. Scorci dei rivestimenti in lastre di travertino rapolanese. | pp. 166-167. Monte dei Paschi Bank Headquarters (1996-99) in Siena, by Augusto Mazzini. View of cladding in slabs of Rapolano travertine.

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Rivestimenti sottili. Soluzioni compositive in funzione dei formati delle lastre e delle varietĂ del travertino. | pp. 168-169. Thin cladding. Compositional patterns depend on the shape of slabs and the type of travertine.

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Rivestimenti sottili. Soluzioni compositive in funzione dei formati delle lastre e delle varietĂ del travertino. | pp. 170-171. Thin cladding. Compositional patterns depend on the shape of slabs and the type of travertine.

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Il “Muro della memoria” nel monastero di Santa Gemma Galgani (2007) a Lucca, di Pietro Carlo Pellegrini. Viste parziali dell’opera realizzata in travertino senese e schizzo ideativo. | pp. 172-173. “Muro della memoria” (“Memory Wall”) of the monastery of Saint Gemma Galgani (2007) in Lucca by Pietro Carlo Pellegrini. Partial view of the work in Sienese travertine and project sketch.

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Rivestimenti sottili per interni in travertino. | pp. 174-175. Thin travertine cladding for interior walls.

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Rivestimenti sottili e diaframmi parietali per interni in travertino. | pp. 176-177. Thin cladding and inner wall diaphragms in travertine.

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Trattamenti superficiali delle lastre di travertino per pavimentazioni. | p. 179. Surface finishes of travertine slabs for flooring.

Type section of flooring in slabs of travertine for exteriors and interiors, lain with mortar or on a bed of sand.

Pavimentazioni Il muro acquisisce spazio all’ambiente incontaminato esterno agendo nella terza dimensione, quella dell’altezza, ritagliando volumi d’aria e luce utili agli usi dell’uomo; ma è comunque al suolo che si gioca in termini lapidei la competizione più diretta con la preesistenza naturale. È del resto improprio far coincidere una pavimentazione con il solo materiale di sua finitura superficiale, poichè il piano pavimentale pone a sistema una serie di strati sottostanti, di cui la miscela equilibrata delle componenti e più in generale la fattura a regola d’arte, incidono decisamente sulla complanarità finale, sulla tenuta nel tempo, sulla resistenza alle maggiori compressioni e dilatazioni dello strato di usura, a contatto con i calpestii pedonali o con gli usi carrabili. Il supporto dei lastricati lapidei può essere tradizionalmente continuo, come nel caso di getti, malte o sabbie, con inerti di diverse granulometrie, oppure discontinuo, come nelle occasioni solitamente pedonali, sollevato su sostegni di varia natura, a creare una separazione areata fra vero calpestio e base naturale. Nel primo caso gli spessori delle lastre, pur sempre necessariamente rapportati per dimensione ai carichi caratteristici da sostenersi, trovano un alleato prezioso nella buona composizione degli strati sottostanti; nel secondo invece le maggiori responsabilità ricadono sulle capacità della sola lastra, sui suoi spessori e resistenze specifici. La progettazione dei piani pavimentali richiede dunque particolare attenzione e precisione tecnica, se non vero e proprio calcolo, a partire dalla natura del suolo prima ancora di arrivare alla lastra tagliata dal blocco. La precisione è inoltre condizione necessaria del progetto pavimentale poiché, anche nei casi delle pose apparentemente meno complesse, o di quelle in cui addirittura si ricorra al materiale non ancora ricondotto a lastra e magari spontaneamente posato senza vero e proprio disegno predefinito, sono molteplici le specificazioni ineludibili, specialmente per gli spazi esterni. Ne sono alcuni esempi le eventuali diversità degli strati di supporto, le particolarità geometriche e dimensionali delle superfici d’intervento, gli usi riservati ad utenze differenziate, le pendenze naturali od artificiali sempre necessarie per la raccolta delle acque meteoriche, i salti di quota, i pezzi speciali per bordure o per compluvi, le attenzioni particolari per utenze con difficoltà motoria e localizzativa, l’integrazione d’elementi d’arredo altrettanto lapidei oppure naturali, le combinazioni con materiali altri. Tutte queste variabili riconducono quasi sempre il progetto pavimentale lapideo alla redazione di un casellario o quantomeno di un abaco, in cui ogni lastra è definita in dimensione e finitura superficiale, sia dei suoi piani sia delle sue coste.

Flooring A wall takes space from the uncontaminated outside environment by acting on the third dimension, that of height, carving out volumes of air and light for man; the competition between stone and the pre-existing natural surface is more direct on the ground. It is inappropriate to equate flooring with the material forming its surface alone, since the floor surface lies above a series of layers in which an equilibrated mixture of components and their perfect manufacture ensures the evenness of the surface and its durability and the resistance of the pavement to increasing compression and dilation due to wear by pedestrians or vehicles.

The support of stone paving is traditionally either continuous, as in the case of casting, mortar or sand, with aggregates of varying grain size, or discontinuous, as generally in the case of pedestrian paths, raised by supports of various nature to create an air space between the actual surface course and the natural base. In the first case, although the thickness of the slabs must be adequate to sustain characteristic loads, the appropriate composition of the underlying layers is a precious ally; in the second case, instead, large part of the responsibility falls upon the strength of the slab alone, its thickness and specific resistance. The design of flooring requires particular

Sezioni tipo di pavimentazioni in lastre di travertino per esterni e per interni, posate con malta o su letto di sabbia.

care and technical precision, if not actual calculations, and must consider the nature of the ground before cutting the slab from the block. Precision is also a requisite for the design of floor surfaces because, even in apparently straightforward cases or when the material is not even cut into slabs and is lain without any real studied pattern, there are many constraints, especially in outdoor areas. For example, the possible diversity of the supporting layers, the geometric and dimensional peculiarities of the involved surface, different end-users, the natural or artificial slopes required to drain rainwater, sudden changes in the height of the ground, special

pieces for edging or compluviums, particular designs for the physically or visually impaired, the integration of stone or natural decorative elements, and combinations with other materials. The flooring project almost always takes into account all these variables by designing raised floors or at least an abacus, in which every single slab (both its face and sides) is defined in size and surface finish. Travertine floor inlays are pervasive in the historic centers of several important Italian cities, particularly those closest to the most renown quarries. Especially the centers of Rome, Siena, Ascoli Piceno and L’Aquila contain extensive stone walkways which are consequently

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Formati geometrici e schemi compositivi per pavimentazioni in travertino. | p. 181. Geometric shapes and compositional patterns for travertine flooring.

[1] Gio Ponti, “Antica casa all’italiana”, in Amate l’architettura, Genova, Vitali e Ghianda, 1957, pp. 303. [2] Francesco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Torino, Einaudi, 2006, pp. 167.

associated with not only the local context but also a typical Italian style in urban centers. As for individual homes, a typically Mediterranean and most definitely Italian approach to floor design is that of overstepping the boundary between the interior and exterior of the home, so that porches and patios extend the day area of the home outdoors, or vice-versa, areas normally located outdoors are extended indoors. The technical difference between laying an indoor stone floor and an outdoor one is that the former is generally planar and calls for the use of the thinnest possible slabs in relation to the supports, which are generally reliable, known

Gli intarsi pavimentali travertini segnano così in modo preponderante i centri storici di alcune importanti città italiane, particolarmente le più prossime alle vene di cava maggiormente note. Ci riferiamo specialmente ai cuori di Roma, Siena, Ascoli Piceno, L’Aquila, i cui estesi e preziosi calpestii lapidei, per traslato, vengono di conseguenza associati idealmente ad un modo non solo locale, ma del tutto italiano, d’intervenire nei centri cittadini. Scendendo dalla scala urbana a quella abitativa, un modo mediterraneo d’approccio al tema pavimentale, e pure consecutivamente senz’altro italiano, è quello degli sconfinamenti inter-esterni, secondo cui verande e patii estendono all’aperto le zone per le attività diurne delle residenze, od al contrario i soggiorni abitativi estendono negli interni gli spazi vivibili normalmente collocati all’aria aperta [1]. La differenza tecnica nella posa di un pavimento lapideo destinato ad un interno anziché all’uso esterno, risiede nella generale condizione planare e nei minori spessori di lastra possibili in funzione dei supporti, solitamente affidabili, noti e resistenti. Ciò consente anche, per i fissaggi, di poter alternativamente ricorrere a collanti speciali anziché alle malte di natura cementizia, così come di poter eventualmente ridurre ai minimi percepibili a vista le dimensioni di giunti e fughe fra lastre, in funzione delle minori escursioni termiche e delle minori dilatazioni attese entro ambienti chiusi, prestazionalmente controllati. Da un punto di vista spaziale, l’ulteriore differenza rispetto alla pavimentazione d’esterni è costituita dalla perimetrazione mediante mura od elementi d’involucro come vetrazioni: all’aria aperta infatti il bordo delle superfici di progetto pavimentale può anche non essere verticalmente predefinito in modo altrettanto marcato. Nella fase attuale in cui il camminare, azione connaturata all’uomo e che da sempre ne ha determinato l’idea di misura geometrica ed il tempo d’acquisizione dello spazio [2], pare essere attività indebitamente sempre più confinata, esperita nei soli spazi aperti alla volta delle scoperte visive dei paesaggi costruiti ovvero di quelli naturali, i luoghi interni si sono tramutati sempre più in spazi dello stare, spazi via via dimensionalmente contenuti, nei quali si è raggiunti o si raggiunge qualcuno o qualcosa senza doversi spostare. In parallelo, alle superfici pavimentali lapidee anche interne possono allora dischiudersi possibilità e ruoli di maggiore impegno scenografico, ad aggiornare le più tipiche soluzioni del tutto e soltanto planari primariamente vocate alla deambulazione e, quanto a finitura superficiale, di piatta incontaminazione dell’epidermide levigata e liscia, in favore di scelte di maggiore variabilità e maggiore contenuto espressivo. La ricchezza di cromie e di vene dei travertini senesi implementa il ventaglio di possibilità d’accostamento, secondo le molteplici geometrie di posa.

and resistant. This also allows the use of special glues instead of cement mortar to anchor the slabs. Moreover, visible joints and seams between slabs can be minimised in view of the lower temperature variations and dilation in controlled indoor environments. From a spatial standpoint, another difference with respect to outdoor pavements is the definition of the boundary using walls or envelopes such as glass partitions: the limit of the paved outdoor area is not necessarily as well defined vertically. At the present moment in which walking, an action innate to man that has always influenced his idea of geometric measure and the time

required to cover an area, seems to be an activity that is unduly increasingly confined and practiced only in open spaces in order to visually discover manmade or natural landscapes, interiors have increasingly decreased in size and become spaces in which to reside, in which one can be reached or can reach others without having to move. At the same time, even the surface of inner stone floors can take on increasingly important scenographic roles: typically flat surfaces primarily devoted to walking and with an uncontaminated smooth, polished finish can be abandoned in favour of more varied and expressive solutions. Sienese travertine, with its

rich variety of colours and veining, can be used to create a wide range of effects, depending on how it is laid. NOTES [1] Gio Ponti, “Antica casa all’italiana”, in Amate l’architettura, Genova, Vitali e Ghianda, 1957, pp. 303. [2] Francesco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Torino, Einaudi, 2006, pp. 167.

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Pavimentazioni in “opus quadratum” ad elementi di travertino modulari o variati. | pp. 182-183. “Opus quadratum” flooring with modular or varied elements in travertine.

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Schemi compositivi di pavimentazioni in travertino con lastre quadrate e rettangolari. | pp. 184-185. Compositional layout of flooring in square and rectangular slabs of travertine.

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Schemi compositivi di pavimentazioni in travertino con lastre rettangolari posate “a correre”. | pp. 186-187. Compositional layout of flooring in travertine with “free-length” rectangular slabs.

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Piazza Garibaldi (2003-04) a Cetona, di Davide Benedetti e Stefano Borsi. Viste d’insieme della piazza e disegno della tessitura del campo pavimentale. | pp. 188-189. Piazza Garibaldi (2003-04) at Cetona, by Davide Benedetti and Stefano Borsi. Panoramic view of the square and sketch of the floor pattern.

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Schemi compositivi di pavimentazioni in travertino con listelli di varie pezzature. | pp. 190-191. Compositional patterns of travertine flooring in strips of varied size.

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Schemi compositivi di pavimentazioni in travertino e laterizio. | pp. 192-193. Compositional pattern of flooring in travertine and brick.

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DESIGN PER ESTERNI Monoliti per la cittĂ e il paesaggio


Raffaela Zizzari

DESIGN PER ESTERNI Monoliti per la città ed il paesaggio

I consistenti processi trasformativi di fine millennio che hanno investito i tessuti urbani e il forte ripensamento sulle condizioni dell’abitare contemporaneo rappresentano una grande opportunità per una riflessione cosciente sui modi d’uso dello spazio urbano. La creazione delle grandi periferie e la terziarizzazione dei centri storici sono evidenti conseguenze di un impiego indiscriminato del territorio, che soprattutto in Italia ha portato a pensare agli spazi aperti come semplici luoghi di transito, come superfici residue tra edifici trasformate senza regole e programmazione. Una nuova presa di coscienza di tali problematiche da parte della classe amministrativa e l’influenza dei media che, a tratti, agiscono come promotori di nuovi valori culturali, estetici e sociali, stanno permettendo di riscoprire e valorizzare l’immagine della città attraverso la progettazione urbana, intesa come frutto di un’azione interdisciplinare e sistematica che porta alla ri-identificazione tra città e cittadino. Sia da un punto di vista prestazionale, che estetico, la qualità di una città scaturisce anche da un progetto di “arredo urbano” consapevole e coerente che, nel rispetto del genius locale, sia concepito come strumento per la realizzazione di uno spazio pubblico significativo e pregnante. Così il progetto dell’arredo urbano contemporaneo si basa sempre più sulla concezione di elementi capaci di conferire agli spazi tutti i caratteri che possono migliorare la qualità di vita dell’individuo nella fruizione della città, e affronta temi che investono molteplici aspetti dello sviluppo di prodotto: dalla semplice definizione tipologica, alla difficile scelta strategica dei materiali più appropriati per la realizzazione. Dietro l’apparente semplicità formale di alcuni oggetti come panchine, portarifiuti e fioriere si cela una sostanziale “complessità caratteristica” di tali elementi, data dai requisiti che devono essere soddisfatti per rispondere coerentemente ad impieghi specifici. Parlare di complessità, in questo caso, significa riuscire a compendiare esigenze spesso tra loro contrastanti, quali durata e contenimento dei costi, qualità estetica ed unificazione dei componenti, innovazione formale e permanenza dei contenuti simbolici, resistenza agli atti vandalici e facilità di manutenzione. E, del resto, in una condizione storica dove è in atto un sostanziale ripensamento della forma urbis, l’arredo urbano costituisce uno strumento fondamentale per tale trasformazione non solo da un punto di vista espressivo e prestazionale, ma anche da quello della sostenibilità ambientale dei processi produttivi, e della eventuale dismissione degli elementi alla fine del loro ciclo di vita utile.

EXTERIOR DESIGN. Monoliths for cities and landscapes

Seduta in travertino di Rapolano disegnata dallo Studio Paladini. | p. 194. Seat in Rapolano travertine designed by Studio Paladini.

The important processes of transformation that at the end of the millennium have invested the urban fabric and the rethinking of modern ways of living represent an excellent opportunity for reflecting on the use of urban space. An indiscriminate use of the territory has led to the development of large suburban areas and the concentration of services in the city centre. Especially in Italy, open spaces are considered simple areas of transit, as residual surfaces between buildings that are transformed without rules or planning.

A new awareness in the administrative class of these problems and the influence of the media, which sometimes advocates new cultural, aesthetic and social values, are allowing the rediscovery and promotion of the image of the city. Urban design, in the sense of the outcome of an interdisciplinary and systematic approach, leads to the renewed identification between city and citizen. From the standpoint of both performance and aesthetics, the quality of a city also stems from a conscious and coherent “urban design”, which while respecting the local character, is conceived as an instrument for creating a significant and meaningful public space. Modern urban design

is thus increasingly based on the conception of elements able to imbue an area with all the characteristics that can improve the quality of life of those living in the city. It addresses issues that touch on various aspects of product development: from the simple definition of the typology to the difficult strategic choice of suitable construction materials. The apparent formal simplicity of certain objects such as benches, litter bins and planters veils the “characteristic complexity” of these elements due to the requisites that must be satisfied to meet specific uses. In this case the complexity regards how to satisfy often

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Movimentazione di blocchi di travertino in uno stabilimento di Rapolano Terme. Handling of travertine blocks within a Rapolano Terme work yard.

contrasting needs, such as durability and containment of costs, aesthetic quality and uniformity of components, formal innovation and preservation of symbolic contents, resistance to vandalism and easy maintenance. In a historic moment when people are rethinking the layout of cities, urban design is an essential instrument for this transformation, not only from the standpoint of expressiveness and performance, but also from that of the environmental sustainability of production processes and the divestment of elements at the end of their useful life cycle. The design of “friendly” objects characterized by reassuring forms

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and languages common to our culture under both a topologic and material profile is undoubtedly more appreciated by the public than the conception of objects with futuristic shapes, which are often unable to evoke the right mix between emotion and reason, and between modernity and nostalgia. Through the filter of memories, the old are more easily inserted in the urban scene. In the creation of such “friendly” objects, the selection of materials is of utmost importance and should clearly favour natural ones. The capacity to express the identity of a place through the elements of construction is also important. It is no coincidence that, in the collective

imagination, the idea of construction is often associated with traditional solid materials such as stone: the latter is the material that best characterises open spaces, “narrating” the sites and expressing their identity, and is the choice material for historic public architecture. These considerations have led the author, a member of the firm Studio Paladini, to experiment with the use of stone in the production of street furniture components. Results have shown that the quality of a project aiming to reinterpret an urban context is given by the skilled and deliberate use of a single lithotype – in this case of travertine – with excellent functional and expressive


Grandi blocchi di travertino pronti per la trasformazione in una cava di Serre di Rapolano. These large blocks of travertine in a Serre di Rapolano quarry are ready to be worked.

performance and sustainability of production. As for the latter aspect, note how the use of quarry waste represents a novelty with considerable advantages: the use of a non-renewable resource such as stone, the greater efficiency of the production process through the increased ratio of used versus quarried material, and the virtuous diffusion of an eco-compatible business philosophy. The waste material often consists of second or third quality travertine blocks that differ from the first quality ones only in their lack of chromatic homogeneity, the presence of voids or excessively marked veining. Careful design has transformed

these discriminatory characteristics into peculiarities. The selection of travertine to create seats, bollards, planters, litter bins and modular wall devices for fencing and barriers is justified not only on the grounds of the performance characteristics of the stone such as mechanical resistance and durability, but also, and especially, on the basis of the physicality of the material. Instead of being regarded as defects, the expressiveness of its imperfections and inhomogeneities, the continuous variations in colour animated by gaps and areas of slight disintegration, must be considered valuable features that reveal the natural primitive struc-

ture of the lithotype. In the case of travertine, these are all true added values: its surfaces seem a textile fabric designed and decorated by the slow process of lithogenesis. Every single little bit of stone has a peculiar history, colour and fabric, and gives an indication of the innumerable coloured oxides that have become a part of its markedly porous structure. The small fossil moulds it contains are of animals or small plants that bear witness to the changes, pauses and accelerations in the evolution of this stone before it was quarried and worked. The initial lack of homogeneity of the block remains a peculiar characteristic of travertine even when it

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Seduta in travertino massello firmata da Studio Paladini. Solid seat in travertine designed by Studio Paladini.

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La progettazione di oggetti “friendly”, caratterizzati da forme e linguaggi rassicuranti e comuni alla nostra cultura, sia sotto il profilo tipologico che materico, è indubbiamente più apprezzabile per il pubblico rispetto alla ideazione di oggetti misteriosi contraddistinti da forme avveniristiche, spesso incapaci di evocare il giusto mix tra emozione e ragione, tra modernità e nostalgia di cose passate che, attraverso il filtro della memoria, risultano più facilmente inseribili nel contesto della scena urbana. Affinché ciò si verifichi risulta di fondamentale importanza la scelta dei materiali impiegati, con una chiara predilezione per quelli naturali; importante è poi la capacità di esprimere l’identità di un luogo attraverso gli elementi costruttivi. Non a caso nell’immaginario collettivo l’idea di costruzione si identifica spesso con materiali tradizionali e corposi come la pietra: quest’ultima è infatti la materia che meglio caratterizza gli spazi aperti, “raccontando” i luoghi ed esprimendone l’identità come presenza materica d’elezione per le architetture pubbliche storiche. Tali riflessioni hanno portato chi scrive, unitamente allo Studio Paladini, a sperimentare in questi anni l’utilizzo del materiale lapideo per la produzione di elementi per arredo urbano che hanno dimostrato come la qualità di un progetto mirato alla reinterpretazione del contesto abitato può essere individuata nell’uso abile e consapevole di un unico litotipo – nel caso specifico del travertino – con ottime prestazioni funzionali, espressive e in termini di sostenibilità della filiera produttiva. In relazione a quest’ultimo aspetto, infatti, va sottolineato come tali sperimentazioni, in modo del tutto innovativo, reimpieghino scarti di cava con notevoli vantaggi rappresentati dallo sfruttamento ragionato di una risorsa non rinnovabile come la pietra, dall’aumento


Dissuasori, portabiciclette e sedute in travertino di Rapolano disegnati da Studio Paladini e Raffaela Zizzari. | pp. 200-201. Bollards, bicycle rack and seats in Rapolano travertine designed by Studio Paladini and Raffaela Zizzari.

dell’efficienza del processo produttivo con l’incremento del rapporto tra materiale utilizzato e materiale estratto, e dalla diffusione virtuosa di una cultura d’impresa eco-compatibile. Spesso il materiale di scarto è costituito da blocchi di travertino di seconda o terza scelta che differiscono dalla prima solo per una forte stonalizzazione cromatica, o per la presenza di vuoti o, ancora, per venature troppo accentuate. L’attenta azione progettuale ha trasformato tali caratteristiche discriminanti in peculiarità. La scelta del travertino per dar vita a sedute, dissuasori, fioriere, portarifiuti e dispositivi murari modulari per recinzioni e setti di contenimento, va infatti giustificata non solo in base a caratteristiche prestazionali della pietra quali la resistenza meccanica e la durevolezza, ma anche, e soprattutto, in base alla fisicità del materiale, alla capacità espressiva delle sue disomogeneità, al continuo variare della sua colorazione animata da vacuoli e punti di lieve disgregazione che, invece di essere riguardati come difetti, sono da considerare come veri e propri motivi di pregio che denunciano la struttura primigenia del litotipo. Sono tutti questi aspetti a determinare per il travertino un autentico valore aggiunto: le sue superfici sembrano intrecci tessili, disegnati e decorati dal lento procedere della litogenesi del banco roccioso.

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Ogni più piccola frazione di materia litica ha la sua storia, i suoi colori e la sua trama, e ci parla degli innumerevoli ossidi colorati che sono entrati a far parte della sua struttura marcatamente porosa; le piccole impronte che vi si rintracciano ricordano fossili animali o piccole piante, segni del mutamento, pause e accelerazioni nel percorso fatto da questa pietra prima di essere cavata e sottoposta a lavorazione. La disomogeneità iniziale del blocco rimane caratteristica peculiare del travertino anche quando esso assume forme plastiche, architettoniche o di design, ed entra a far parte di una realizzazione progettata dove l’espressione formale si fonde, così, con l’imprevedibilità della natura. Così, le peculiarità formali del materiale conferiscono alle tipologie tradizionali degli arredi per la città un valore estetico inusuale; l’uso di questa pietra, non certo inedita, ma per lungo tempo dimenticata nella progettazione dello spazio pubblico, dona di volta in volta una “personalità” diversa ai pezzi pensati per una riproduzione in piccola serie o in collezioni comunque personalizzabili. Di fatto ogni elemento si differenzia rispetto agli altri a causa delle trame e dei cromatismi cangianti del materiale.

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Grande seduta in travertino senese in Piazza Risorgimento a Quarrata. Fioriere e sedute modulari in travertino firmate da Raffaela Zizzari. | pp. 202-203. Large seat in Sienese travertine in Piazza Risorgimento at Quarrata. Planters and modular seats in travertine designed by Raffaela Zizzari.

Un ragionato concept formale e produttivo, messo a punto dai designer in stretta collaborazione con la realtà aziendale che ha realizzato la linea, è riuscito a coniugare le istanze di un processo di disegno industriale di terzo millennio con le qualità artigianali inscindibilmente legate alla tradizione delle lavorazioni lapidee e, soprattutto, con il rispetto e la valorizzazione della naturalità della materia litica. L’impiego del travertino in forme monolitiche dai profili rigorosi ed essenziali, prive di laboriosi trattamenti superficiali e di assemblaggi con collanti o giunti di qualsiasi tipo, ha consentito di semplificare le procedure di approvvigionamento e movimentazione del materiale e di accorciare in modo sostanziale la filiera produttiva ridotta ai due soli passaggi della sagomatura con filo diamantato a controllo numerico e della finitura degli spigoli. Inoltre il disegno dei pezzi, di frequente ottenuti per parti in positivo e in negativo da uno stesso blocco, ha portato ad un pressoché totale azzeramento degli scarti di lavorazione. Oltre a garantire economie di ciclo produttivo ed evidenti ottime prestazioni in termini di durevolezza, la monoliticità che caratterizza l’arredo urbano in travertino, restituisce alla pietra la sua giusta autorità dimensionale, e la rende portatrice di valori estetici e traslati connessi ad una città stabile, sobria, accogliente, priva di sovrastrutture superflue ed effimere. La pietra insomma, vista, toccata, fruita, nella sua verità fisica, fatta di gravità, spessore e tessitura materica naturale disposta ad invecchiare senza disgregarsi, è interpretata come elemento fondante e non puramente decorativo di uno spazio pubblico che deve soddisfare le esigenze primarie della collettività senza cadere nella ridondanza semantica e figurale.

is sculpted, used in architecture or design; it becomes part of a work in which the formal expression merges with the unpredictability of nature. The formal peculiarities of the material thus confer an unusual aesthetic value to the traditional typologies of street furniture. Although the use of this stone is not novel, it has long been forgotten in the design of public spaces; it gives a unique “personality” to each piece in a small production line or in collections that can be personalised. Every single element differs from the others due to the variable patterns and colouring of the material. A well thought-out formal concept of

production, refined by the designers in close collaboration with the firm that created the product line, has succeeded in combining the requirements of third millennium industrial design with the craftsmanship indissolubly linked to the stoneworking tradition and especially with respect for and valorisation of natural stone materials. The use of travertine in monolithic forms characterised by severe and essential profiles, without the application of complex surface treatments or assemblage with any kind of glue or joints, has allowed the simplification of procedures for supplying and transporting materials and the substantial shortening of

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La conoscenza profonda delle qualità fisico-meccaniche del travertino ha portato al design nitido e rigoroso di volumi rettificati o lievemente sinuosi in cui la pietra è libera di esprimersi dal punto di vista estetico e trova una piena valorizzazione delle sue elevate prestazioni di resistenza all’usura e all’azione degli agenti atmosferici e inquinanti. Il linguaggio della linea di arredo in pietra non scaturisce quindi da un manierismo minimalista, bensì da un profondo rispetto della materia litica stessa, modellata per dar vita a elementi capaci di soddisfare le singole istanze dell’utente, contemplando la possibilità di personalizzare le composizioni dei pezzi o di concepire tipologie di oggetti completamente nuove ed esclusive, accentuando così l’unicità e l’identità di un luogo. Tutto ciò è scaturito da una concezione progettuale di tipo integrato, finalizzata a dare risposta sia alle esigenze di chi sceglie, sia a quelle di chi usa i prodotti di arredo, puntando sulla versatilità e sulla possibilità di innumerevoli giochi compositivi tra i diversi elementi modulari di muri, sedute, dissuasori, fioriere. Dunque flessibilità, capacità di trasformazione, componibilità: tutte caratteristiche che tracciano uno scenario evolutivo, determinando una nuova frontiera della progettazione sì urbana ma anche del paesaggio. Infatti, la presenza degli oggetti in travertino ha forse trovato la sua massima espressione in un’opera di landscape design realizzata di recente a Lajatico, nella parte meridionale della provincia di Pisa: si tratta del Teatro del Silenzio, un luogo destinato ad accogliere manifestazioni di arte, musica e danza, sullo sfondo della morbida orografia della Valdera.

production to only two operations: shaping with numerically controlled diamond wire machines and finishing of edges. Furthermore, the design of pieces, often complementary parts obtained from a single block, is such that there is almost no waste in processing. Besides guaranteeing savings in the production cycle and excellent durability, the monolithic nature of travertine street furniture restores the stone to its rightful dimensional authority, making it the bearer of the aesthetic values and associated metaphors of a stable, sober, inviting city with no superfluous or shortlived superstructures. The stone, seen, touched and enjoyed in its

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physicality, i.e. its weight, thickness and natural material texture able to age without crumbling, is interpreted as an essential, not purely decorative element of a public space that must meet the primary needs of collectivity without becoming semantically and symbolically redundant. A profound knowledge of the physical-mechanical qualities of travertine has led to the severe, sharp design of rectified or slightly sinuous volumes in which the stone is free to express itself from an aesthetic point of view, and its high resistance to wear, atmospheric agents and pollutants is fully valorised. The language of stone furnishings does


Chaise longue in travertino di Rapolano disegnata da Augusto Mazzini. Chaise longue in Rapolano travertine designed by Augusto Mazzini.

Il progetto si esplica attraverso pochi e mirati interventi tesi a esaltare l’espressività intrinseca del territorio e trova la sua maggiore qualità nel misurato e rispettoso rapporto con l’esistente. L’unico segno architettonico è costituito da un anfiteatro costruito con blocchi di travertino che con le loro consistenti dimensioni e il loro aspetto rustico e naturalistico vogliono restituire simbolicamente il valore di eternità dell’opera d’arte. La quinta litica, creata sfruttando la naturale conformazione di una collina, presenta una disposizione a semicerchio di monoliti con finitura superficiale a spacco, che danno vita ad un palcoscenico fortemente caratterizzante. Al centro dello spazio “teatrale” si erge una imponente scultura raffigurante un volto umano eseguita da Igor Mitoraj. L’opera d’arte da oggetto di ammirazione di dimensioni contenute, collocato in una realtà architettonica, assume dimensioni territoriali e paesaggistiche; è il luogo stesso a trasformarsi in opera d’arte, plasmato dalle mani dell’artista che in questo modo lo concettualizza. In quest’ottica il landscape design, come l’urban design, rappresenta oggi un’evoluzione del concetto moderno di progettazione paesaggistica o urbana e, affrontando un luogo come un campo d’indagine, esso può diventare uno strumento potente, aperto a varie esperienze progettuali tese a riscoprire, o a ripensare, l’identità degli spazi in cui viviamo nel segno di un connubio armonico tra rispetto della storia e della natura e innovazione formale e tecnologica. Nell’era della globalizzazione, in cui sempre più spesso tensioni omologanti appiattiscono e banalizzano i paesaggi urbani e naturali, il progetto dello spazio aperto torna ad essere strategico per la conservazione e la rigenerazione delle tante identità cittadine e territoriali che rappresentano, soprattutto per il nostro Paese, un carattere storico irrinunciabile e, al contempo, un’opportunità di valorizzazione culturale e turistica.

not therefore derive from minimalist mannerism, but from a profound respect for the stone itself, sculpted to produce elements able to satisfy the individual needs of the public and allowing for personalisation in the arrangement of components or the conception of completely new and exclusive object typologies, thereby enhancing the uniqueness and identity of a place. All this stems from an integrated design concept which aims to satisfy the needs of both the client and the end-user, focusing on the versatility and possibility to rearrange at will the different modular components of walls, seats, bollards and planters. Flexibility, transformation

capacity and modularity are thus all characteristics indicating a trend, determining a new frontier in urban and landscape design. Travertine objects have perhaps found their best expression in a work of landscape design recently completed at Lajatico, in the southern part of the province of Pisa: the Teatro del Silenzio, a theatre for hosting art, music and dance events with the backdrop of the gentle Valdera topography. The project entailed a few focused interventions aimed at enhancing the intrinsic expressivity of the territory and has the merit of having maintained a measured and respectful relationship

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Blocchi di travertino rapolanese fanno da sfondo a una grande scultura di Igor Mitoraj nel Teatro del Silenzio (2005) di Lajatico. Blocks of Rapolano travertine serve as a backdrop for a large sculpture by Igor Mitoraj in Lajatico’s Teatro del Silenzio (2005).

with the existing features. The only architectonic element is an amphitheatre consisting of travertine blocks which with their considerable size and their rustic, natural appearance symbolically give the work of art a quality of timelessness. The stone façade, created taking advantage of the natural conformation of a hill, consists in a semicircle of monoliths with a natural split finish that strongly characterise the stage. At the centre of the “theatre” stands an imposing sculpture of a human face by Igor Mitoraj. Once placed in an architectonic scenario, the work of art, an object of admiration of modest size, becomes an

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element characterising the territory and landscape; the site itself is transformed into a work of art, shaped by the hands of the artist, who thereby conceptualizes it. In this context landscape design, like urban design, today represents an evolution of the modern concept of landscape or urban planning. Considering a site as a study area, landscape design can become a powerful tool, open to various projects aimed at rediscovering or rethinking the identity of the spaces in which we live in order to find an equilibrium between respect for heritage and nature and formal and technological innovation. In this period of globalization, in

which increasing pressures to standardise level out and trivialise the urban and natural landscape, the design of open space is once again strategic for the conservation and the renewal of the many urban and territorial identities which characterise Italy and represents, at the same time, an opportunity to promote cultural heritage and tourism.



ACQUA E PIETRA Il travertino dall’ambiente termale alla sala da bagno


Sara Benzi

ACQUA E PIETRA Il travertino dall’ambiente termale alla sala da bagno Il fatto che in molte cave scaturisca dalla pietra l’acqua sulfurea di colore bianco-azzurrino, rafforza la sensazione che la pietra altro non sia che il liquido rappreso, il sedimento solido di quel fiume di latte fetido che la terra produce in abbondanza. Solo quando, separato dal banco e tagliato in blocchi, il travertino perde il contatto con la sua matrice, esso indurisce e sbianca. Paolo Portoghesi, “Qual è il merito del travertino romano?” [1].

[1] Paolo Portoghesi, “Qual è il merito del travertino romano?” p.7, in Il Travertino romano di Tivoli, Roma, ANIS, 1984, pp.119.

La genesi della materia La materia fluida si sedimenta, per poi solidificarsi in pietra; un’interpretazione, quella di Paolo Portoghesi, capace di leggere la natura intrinseca del travertino, presenza litica che, oltre a caratterizzare il paesaggio romano, appartiene storicamente alle terre senesi che proprio nella origine carbonatica di tale litotipo, e nel suo legame con la fluidità dell’acqua, riconoscono la propria vocazione termale. Durante il processo di litogenesi successivo alla sedimentazione dei carbonati di calcio presenti nelle acque si formano inclusioni gassose diffuse, che creano la porosità irregolare del materiale, unico e mutevole in ogni suo frammento. L’inscindibile legame tra travertino e ambiente termale e, più in generale, tra pietra e acqua, riflesso nel mondo dell’architettura e del design del benessere, è il tema di questo breve saggio. L’acqua, elemento generatore di vita, simbolo per l’uomo di sopravvivenza ma anche di sacralità, mistero e bellezza, segna le origini del territorio toscano in un rapporto antico e concreto che delinea le forme stesse del paesaggio e i caratteri della materia della quale esso è composto. I sali termali, dalle riconosciute proprietà benefiche, prima di solidificarsi in pietra sono indispensabili per tutte quelle pratiche curative ed estetiche cui gli stili di vita contemporanei stanno ponendo sempre maggiore attenzione. L’attenzione rivolta alla cura del corpo, accentuata in questo avvio di millennio, è la conseguenza di un’evoluzione culturale avvenuta nel corso degli ultimi due secoli di storia. Gli attuali luoghi dedicati al benessere, sia nell’ambiente pubblico che in quello privato, sono il risultato della graduale trasformazione dei costumi della civiltà contemporanea che, fin dall’Ottocento, ha elaborato uno specifico sviluppo tipologico e tecnologico dei servizi e degli ambienti dedicati all’igiene e alla cura dell’individuo. All’interno di questa dinamica ha un ruolo di primo piano la cultura termale che, seppur conosciuta fin dall’antica Roma, rimane prerogativa di pochi fino alla fine del Settecento, quando comincia ad essere gradualmente riscoperta da parte della società borghese nei cui centri abitati aumenta la presenza di luoghi pubblici dedicati alle pratiche idroterapiche. Tali stabilimenti, antecedenti dei bagni pubblici, contribuiscono alla diffusione di una nuova attenzione nei confronti della cura del corpo oltre che di una moda del viaggio terapeutico, portando in un secondo tempo all’introduzione nell’abitazione di uno specifico luogo dedicato all’igiene e poi ancora alla cura estetica dell’individuo: la stanza da bagno.

Water and stone Travertine from spa to bathroom

Cava di travertino senese a Serre di Rapolano. | p. 206. Photo of Sienese travertine quarry at Serre di Rapolano.

The origin of the material «The fact that in many quarries sulphuric waters of a bluish-white colour spring forth from the rock strengthens the perception that the stone is just a condensed liquid, the solid sediment of that river of fetid, milky fluid which the Earth produces in abundance. Only when separated from the rock face and cut into blocks, does travertine lose contact with the matrix: it becomes harder and whitens.» [1]. The fluid material deposits and then hardens into rock; in his interpretation Paolo Portoghesi perceives the

intrinsic nature of travertine, a stone characterising the Roman landscape that is also historically associated with the territory of Siena, an area of spas thanks to the carbonate nature of this lithotype and its link to the flow of waters. During the process of lithogenesis, subsequent to the sedimentation of calcium carbonate present in the water, numerous gaseous inclusions form; these create the irregular porosity of this material, whose every single fragment is unique. The inextricable link between travertine and thermal spas and, in general, between stone and water, as reflected in the world of architecture and of design for wellbeing, is the

theme of this brief essay. Water, the element originating life, a symbol not only of survival but also of sacredness, mystery and beauty, marks the origin of the Tuscan territory: an ancient and tangible relationship that delineates the actual morphology of the landscape and the characteristics of the materials which shape it. Thermal salts, which have widely acknowledged beneficial properties, before they solidify as rock, are indispensable for all those curative and aesthetic practices to which contemporary society pays ever greater attention. The focus on the care of one’s body, particularly since the start of this millennium, is a result of the cultural

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Concrezioni calcaree formate da un flusso di acqua termale. Limestone concretions formed by flowing thermal waters.

evolution that occurred in the last two centuries. The current centres dedicated to wellbeing, both in the public and private sector, are the result of the gradual transformation of the customs of contemporary society. Starting in the 19th century, specific technologies and types of services and environments dedicated to personal hygiene and care of the body have been developed. Within this context, spa culture has a prominent role; although known since ancient Roman times, spas remain the prerogative of just a few until the end of the 18th century, when they are gradually rediscovered by the upper classes and the presence of public areas dedicated

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to hydrotherapy increases in urban centres. These establishments, a development of public baths, help to both focus attention on care of the body and create a fashion for health resorts, later leading to the introduction of a specific room in the house dedicated to personal hygiene and aesthetic care: the bathroom. Nowadays the need to escape from ever more frenetic lifestyles has led to the development of spaces reserved for rituals connected to total physical and mental wellbeing, thus becoming a widespread expression of global culture. In such “regenerating environments� people search for new iconic-sensory harmonies, and architecture and design

are once again the ideal means for the expression of this equilibrium. The growing importance given by modern society to a new hedonism and cult of the body is linked to the awareness of the inescapable need for sustainable development within a globalized world; this is linked to new models that enhance the value of territorial assets, both environmental and socio-cultural [2]. Thanks to this relationship, developed particularly in recent years, modern society is rediscovering the value of the natural qualities of this rock and of the areas in which it forms, placing it in relationship to areas dedicated to wellbeing. The latter become silent natural temples


Oggi la necessità di fuga dai ritmi di vita sempre più intensi ed il relativo sviluppo di spazi riservati alle ritualità di un benessere fisico e mentale integrale, sono espressione diffusa della cultura globale. In tali “ambienti di rigenerazione” l’uomo cerca nuove armonie iconico-sensoriali e l’architettura e il design ritornano ad essere forme espressive ideali per la ricerca di questi equilibri. La crescente importanza attribuita dalla società odierna ad un nuovo edonismo e al culto del corpo si relaziona con la consapevolezza dell’imprescindibile necessità di uno sviluppo sostenibile del mondo globalizzato legato a nuovi modelli che esaltano il valore del patrimonio territoriale, sia ambientale che socio-culturale [2]. Grazie a tale relazione, sviluppatasi in particolare negli ultimi anni, la contemporaneità sta riscoprendo il valore della naturalità della materia litica e dei luoghi in cui essa nasce, relazionandola anche agli spazi dedicati al benessere, che si trasformano in veri e propri templi naturali silenziosi dove, tra le pietre, sgorga acqua benefica. Questi ultimi diventando i nuovi “giacimenti di beni materiali ed immateriali” per le economie locali, che si indirizzano verso inedite forme di politiche territoriali e di imprenditoria turistica coniugata spesso a pratiche etiche di utilizzo sostenibile delle risorse ambientali [3]. Spazi e architetture termali Nella prassi contemporanea l’ambiente termale subisce una metamorfosi e si trasforma sempre più di frequente in un luogo del benessere articolato e complesso, così come la stanza da bagno privata si arricchisce di inedite connotazioni spaziali, materiche e funzionali, con l’introduzione di elementi di design che sono il frutto di un sapiente lavoro artigianale supportato dalle potenzialità

[2] Per un approfondimento sul tema si veda Donatella Furia, Nicola Mattoscio, “Il capitale ambientale come valore strategico dello sviluppo locale” pp.33-49, in Antonio Marano (a cura di), Design e ambiente La valorizzazione del territori tra storia umana e natura, Milano, POLIdesign, 2004, pp.215. [3] Si veda anche Stefania Camplone, “Il turismo ispirato alla sostenibilità ambientale” pp.51-67, in Antonio Marano (a cura di), Design e ambiente - La valorizzazione del territori tra storia umana e natura, Milano, POLI-design, 2004, pp.215.

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Stratigrafie di travertino nel Parco Termale dell’Acqua Borra a Castelnuovo Berardenga. | pp. 210-211. Travertine strata in the Parco Termale dell’Acqua Borra at Castelnuovo Berardenga.

where beneficial waters spring up among the stones. These waters have become a new “material and immaterial resource” for local economies, which focus on novel forms of territorial politics and of a tourist industry often embracing the practical ethic of sustainable use of natural resources [3]. Space and spa architecture In modern practice the spa environment undergoes a metamorphosis, becoming increasingly a complex, articulated area of wellbeing; likewise, the private bathroom is enriched with new spatial, material and functional connotations. The introduction of elements of design

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are the result of expert artisan workmanship sustained by the productive potential of the most innovative technological instruments. These changes are accompanied by new project and technological solutions, through which the stone regains its natural identity and is once again the focus of designers. Cities host an increasing number of centres dedicated to “wellbeing” that provide a momentary respite from hectic urban life, whereas smaller places scattered throughout the territory, where the relationship with nature remains a tangible reality, now represent true modern temples of wellbeing accessible to an ever wider range of social classes.

In most cases the inextricable link between natural landscape and spa leads to the use of local stone, as seen in one of the most important examples of modern spa architecture: the Vals Spa in Switzerland designed between 1993 and 1996 by architect Peter Zumthor. Three thousand cubic meters of Valser gneiss, laid out in overlapping layers, form a compact, homogeneous monolithic volume from which the walls, pavements, pools and stairwells are derived, describing a continuous stone surface only interrupted by the aperture facing the Grison Alps. Zumthor himself believes that this spa «expresses the silent, primal experience of



Cascate di acque terapeutiche nelle Terme San Giovanni a Rapolano Terme. | pp. 212-213. Thermal waterfalls at the Terme San Giovanni spa in Rapolano Terme.

produttive dei mezzi tecnologici più innovativi. In tali fenomeni di mutazione si assiste a soluzioni progettuali e tecnologiche nuove, grazie alle quali il materiale lapideo riscopre la sua naturale identità e ritorna al centro dell’attenzione dei progettisti. Se le città accolgono sempre più numerosi luoghi dedicati allo “star bene” in cui trovare una pausa momentanea nell’incessante susseguirsi della routine urbana, località più piccole, diffuse sul territorio, dove il rapporto con l’ambiente naturale rimane realtà tangibile, offrono oggi veri e propri templi del wellness moderni e accessibili a sempre più ampie fasce sociali. L’imprescindibile binomio tra paesaggio naturale e terme porta nella maggior parte dei casi all’utilizzo della pietra locale, come è possibile constatare in uno degli esempi più importanti che l’architettura termale contemporanea ci offre: le terme di Vals in Svizzera progettate, tra il 1993 e il 1996, dall’architetto Peter Zumthor. Tremila metri cubi di gneiss di Vals, disposti in lastre sovrapposte, formano un volume monolitico compatto e omogeneo nel quale pareti, pavimentazioni, vasche e vani scala si sviluppano come superficie litica continua, interrotta solo dalle aperture verso l’orizzonte alpino dei Grigioni. Lo stesso Zumthor sostiene che queste terme «esprimono la silenziosa, primaria esperienza del bagnarsi, del rilassarsi nell’acqua, del contatto del corpo con la pietra e con l’acqua a diverse temperature in differenti situazioni» [4].Rivisitazione in chiave tutta contemporanea dell’architettura tradizionale in pietra locale delle valli elvetiche, queste terme possono essere considerate come uno dei modelli più rappresentativi del possibile dialogo fra paesaggio e architettura, fra pietra e acqua. Anche nella penisola italiana il legame tra architettura termale e pietre naturali locali è estremamente evidente e, soprattutto nell’Italia centrale, tale dialogo è diffusamente suggellato dalla presenza del travertino.

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[4] Peter Zumthor, 1995, cit. in Emilio Faroldi, Francesca Cipullo, Maria Pilar Vettori, Terme e Architettura - progetti tecnologie strategie per una moderna cultura termale, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2007, p.87.


Vasche d’acqua e depositi calcarei nello stabilimento termale Antica Querciolaia a Rapolano Terme. Pools and limestone deposits in the Antica Querciolaia spa in Rapolano Terme.

bathing, of relaxing in water, of bodily contact with stone and water at different temperatures in different contexts» [4]. A thoroughly modern interpretation of traditional architecture in the local stone of the Swiss valleys, this spa may be considered one of the most representative models of the possible dialogue between landscape and architecture, between stone and water. Even in the Italian peninsula there is a very clear link between spa architecture and local stone. Especially in central Italy, the use of travertine widely marks this relationship. In Tuscany, evidence of spas built from this material starts in the north, at the foot of the Pistoia Ap-

ennines: the Montecatini Spa, since the 18th century a historical destination for hydrotherapy tourism. The buildings of the Leopoldine and Tettuccio spas were designed in the 1770’s by Gaspare Maria Paoletti and restructured in 1926 by Ugo Giovannozzi; they are made entirely of a local golden travertine which shapes the severe neoclassical columns, exedras, baths, fountains and walls adorned with frames and moulding. At Montecatini, along with the celebration of the smooth fluidity of this material caressed by water, its solid monumental value and precious decorations are embellished with reproductions of traditional plastic figures in ancient

Roman spas. Further south lies the “thermal heart” of Tuscany, represented by numerous sites in the Grosseto area and, more importantly in the area of Siena: at Bagni di Petriolo, Saturnia, Bagni San Filippo, Chianciano, Bagno Vignoni, San Casciano dei Bagni and, in particular, at Rapolano Terme travertine is an omnipresent material that springs forth from the earth in solidified flows, pools and natural terraces set in the landscape and modelled by the continuous flow of this liquid material. From nature to architecture: travertine, with its porosity and irregular striations that enliven its characteristic white, ochre and

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In Toscana, l’evidenza dei siti termali costruiti con questo materiale parte da nord, ai piedi dell’Appennino pistoiese, con gli stabilimenti di Montecatini Terme, meta storica di un turismo terapeutico attivo sin dal XVIII secolo. Gli edifici delle terme Leopoldine e del Tettuccio, costruiti negli anni settanta del Settecento su progetto di Gaspare Maria Paoletti e ristrutturati nel 1926 da Ugo Giovannozzi, sono interamente realizzati con un dorato travertino locale che dà vita alle rigorose forme neoclassiche di colonne, esedre, vasche, fontane e quinte murarie animate da cornici e modanature. A Montecatini, accanto alla celebrazione della levigata fluidità di questa materia accarezzata dall’acqua, si assiste all’esaltazione del suo valore solido, monumentale e della sua preziosità decorativa, con una riproposizione delle figure plastiche tradizionali delle antiche terme romane. Scendendo verso sud si giunge al “cuore termale” della Toscana rappresentato dai numerosi siti grossetani e, principalmente, senesi: a Bagni di Petriolo, Saturnia, Bagni San Filippo, Chianciano, Bagno Vignoni, San Casciano dei Bagni ma soprattutto a Rapolano Terme il travertino è una presenza materica totalizzante che fuoriesce dalla terra in colate solidificate, vasche e gradoni naturali incastonati nel paesaggio e ancora modellati dal fluire continuo dell’elemento liquido. Dalla natura all’architettura: il materiale travertinoso con le sue porosità e le sue irregolari striature che animano le caratteristiche colorazioni bianche, ocracee e argentee, dà vita a spazi e stabilimenti che sono oggi suggestivi centri benessere capaci di garantire alti standard di qualità ricettiva. Nei complessi termali rapolanesi, di recente rinnovati, il travertino fodera senza soluzione di continuità gli ambienti e le vasche interne dove si praticano le terapie; anche gli edifici sono rivestiti con la pietra locale e, costruiti secondo i principi del minimo impatto ambientale, sono circondati da piscine calde all’aperto che invitano i fruitori alla contemplazione del dolce paesaggio collinare circostante. In questi luoghi il travertino si offre all’uomo nella percezione visiva, tattile, uditiva della sua massività spugnosa, delle sue tinte e delle sue grane superficiali arricchite dall’interazione con i colori, le temperature, i suoni e gli odori dell’acqua, che ha compartecipato alla sua genesi; nell’atmosfera termale, dove ha trovato la sua origine, la pietra senese dimostra la sua adattabilità ad una contemporaneità applicativa unica e preziosa che prosegue negli spazi di un interior design del tutto originale e di elevatissima qualità produttiva.

silver colouring, creates spaces and establishments that are now suggestive spas guaranteeing high quality services. In Rapolano’s recently renovated spas, travertine lines without interruption the rooms and indoor tubs where treatments take place; even the buildings are covered with the local stone and, built following a criterion of minimum environmental impact, they are surrounded by warm outdoor pools that invite bathers to contemplate the surrounding gentle hilly landscape. In these areas the massive, porous travertine stone provides a visual, tactile and auditory stimulus, its hues and its surface texture en-

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riched by the interaction with the colour, temperature, sound and smell of the waters from which it originated; in the thermal environment, where it formed, the Sienese stone shows its adaptability to unique and particular modern applications and to a thoroughly original interior design of extremely high production quality. The modern bathroom Architecture provides continuous and renewed confirmation of the link between stone and water and of its suggestiveness; numerous fascinating works, including those not strictly linked to bodily care, demonstrate that the great masters

of modern architecture have often considered this mysterious and seductive relationship, linked to the geological origins of the world, a focal point of their projects: the Barcelona Pavilion, designed by Mies van der Rohe in 1929, the extension of the Canova Plaster Cast Gallery in Possagno, designed by Carlo Scarpa between 1955 and 1957, the Salk Institute at La Jolla completed in 1959-65 and the Kimbell Museum in Forth Worth built in 1966-72, both designed by Louis I. Kahn, the Beyeler Foundation in Basle, designed by Renzo Piano in 1991, with their pools of water in stone basins, are only some of the many important examples that may


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Rivestimenti e lavabi in travertino senese nel Salone Sensoriale (2006) delle Terme di Chianciano. | pp. 216-217. Cladding and washbasins in Sienese travertine in the Salone Sensoriale (2006) of the Terme di Chianciano spa.

La sala da bagno contemporanea L’architettura fornisce continue e rinnovate conferme dello stretto legame che sussiste fra la pietra e l’acqua e delle molteplici suggestioni che esso produce; numerose e affascinanti opere, rintracciabili anche al di fuori delle tipologie strettamente dedicate alla cura del corpo, dimostrano che i grandi maestri del Contemporaneo hanno spesso interpretato questa misteriosa e seducente relazione, connessa alle origini geologiche del mondo, come punto di forza dei loro progetti: il Padiglione di Barcellona, disegnato da Mies van der Rohe nel 1929, l’ampliamento della Gipsoteca Canoviana di Possagno, progettato da Carlo Scarpa tra il 1955 e il 1957, il Salk Institute a La Jolla del 1959-65 e il Kimbell Museum a Forth Worth del 1966-72 di Louis I. Kahn, la Fondazione Beyeler di Basilea, firmata da Renzo Piano nel 1991, con i loro specchi d’acqua contenuti in bacini di pietra, sono solo alcuni dei tanti importanti esempi del felice incontro pietra-acqua che potremmo citare in proposito [5]. Quasi sempre in tali opere, il confine tra il concetto di “elemento architettonico” e quello di “oggetto di design” appare labile, se non addirittura indistinguibile. La pietra viene plasmata in pezzi di dimensioni e morfologie diverse, che qualificano con la loro presenza gli spazi, dando vita a vasche, fontane, sedute, setti parietali, campi pavimentali, bordi rilevati. Il nostro avvicinamento al design induce, comunque, attraverso un salto di scala, a spostare l’attenzione dallo spazio pubblico dell’architettura termale a quello privato della stanza da bagno, un ambiente a funzione specializzata introdotto all’interno dell’abitazione solo a partire dall’inizio del Novecento, quando si è cominciato a precisarne e razionalizzarne la conformazione ed a standardizzarne gli elementi. Rispetto ai materiali più convenzionali ed economici l’impiego della pietra nei bagni privati è da sempre sinonimo di ricchezza e prestigio: la materia litica ha rivestito le superfici verticali e orizzontali delle sale da bagno di importanti residenze patrizie a partire dalla civiltà romana imperiale ed è stata anche impiegata per la realizzazione di elementi destinati alla pulizia e cura del corpo unici e originali in epoca contemporanea. Fra fine Ottocento e inizio Novecento Adolf Loos e Josef Hoffmann progettano per i propri facoltosi committenti stanze da bagno arricchite da preziose lastre di marmo, trasformando questi ambienti in spazi raffinati e lussuosi di uso esclusivo dei proprietari. Nel 1903, lo psichiatra viennese Theodor Beer affida a Loos l’incarico di ristrutturare la sua villa sul lago di Ginevra, La Maladaire. Nell’ampliamento e nel rifacimento interno dell’edificio, chiamato successivamente Villa Karma, l’architetto opta per

be cited of the happy encounter between stone and water [5]. In these works the boundary between “architectonic element” and “designer object” is nearly always blurred, if not indistinguishable. The stone is moulded into pieces of different size and shape, defining with their presence spaces, forming pools, fountains, seats, walls, pavements and raised edgings. When considering design one must change the scale of observation and shift the focus of attention from the public realm of spa architecture to the private one of the bathroom, a room with a specific function introduced in homes only starting in the early 20th century, when it began to

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have a precise, rationalized layout and standard components. With respect to more conventional and economic materials, the use of this stone in private bathrooms has always been a synonym of wealth and prestige: starting in the Roman Imperial Age, the stone was used to line the vertical and horizontal surfaces of bathrooms in important Patrician homes, and in modern times, to create original, unique components for personal hygiene and care of the body. Between the end of the 19th century and the start of the 20th century Adolf Loos and Josef Hoffmann designed bathrooms decorated with precious marble slabs for their wealthy clients, transforming

these rooms into refined, luxurious spaces for the exclusive use of the homeowner. In 1903, Viennese psychiatrist Theodor Beer commissions Loos to restructure his villa on Lake Geneva, La Maladaire. For the extension and internal restructuring of the building, later named Villa Karma, the architect decides to decorate a bathroom with black marble and white plaster, turning it into one of the most monumental environments of the home, a true temple of personal pleasure and of care for the body. The large rectangular room develops lengthwise through the juxtaposition of two areas at different levels, differentiated by tetrastyle Doric

[5] Per il ruolo assunto dall’acqua nell’architettura di Carlo Scarpa si veda Renata Giovanardi, Carlo Scarpa e l’acqua, Venezia, Cicero, 2006, pp.199.


La sala da bagno di Villa Karma (1903) a Ginevra di Adolf Loos e il bagno di Palazzo Stoclet (1905-11) a Bruxelles di Josef Hoffmann. The bathroom of Villa Karma (1903) in Geneva by Adolf Loos and of Palazzo Stoclet (1905-11) in Bruxelles by Josef Hoffmann.

la realizzazione di una stanza da bagno in marmo nero e intonaco bianco, concependola come uno degli ambienti più monumentali dell’abitazione, un vero e proprio tempio del piacere individuale e della cura del corpo. Il grande vano rettangolare si sviluppa in lunghezza con la giustapposizione di due spazi, posizionati a differenti livelli, distinti da un sistema tetrastilo di colonne doriche. Le pareti sono rivestite da lastre di marmo nero accentuatamente venato, che si modellano in specchiature contornate da cornici a rilievo. Superiormente, il marmo lascia spazio alla superficie neutra dell’intonaco bianco che si modella in una volta a botte. L’ambiente sembra scavato in un blocco di marmo, dal quale Loos ricava la scatola muraria, le colonne, i lavabi dalle linee curve, le vasche quadrangolari. Una placcatura in materiali litici pregiati caratterizza anche il bagno che Josef Hoffmann progetta per Palazzo Stoclet, costruito a Bruxelles fra il 1905 e il 1911. La stanza da bagno diventa uno scrigno prezioso; uno spazio intimo di trentaquattro metri quadrati dedicato al benessere del committente. L’ambiente è un volume stereometricamente definito, trasfigurato grazie al rivestimento lapideo in un padiglione di “stoffa pietrificata” poggiato su un bacino d’acqua. La stanza è delimitata da grandi pannelli rettangolari di marmo statuario bianco venato di grigio, con piccoli inserti quadrati di mosaico policromo, decorazioni in malachite e bordature rettilinee in marmo nero. Metafore di teli appesi e giustapposti, le lastre sono sormontate da una seconda fascia dalle valenze tessili, una tappezzeria a righe verticali in rilievo che riveste la parte superiore delle pareti. La funzione della stanza induce Hoffmann ad accrescerne le implicazioni simboliche per le quali, oltre all’accurata scelta dei materiali, si avvale di uno studiato gioco di rapporti fra pareti e pavimento. Quest’ultimo viene rivestito di marmo belga blu scuro, quasi a voler smaterializzare la superficie in specchio acquatico dal quale far sorgere la stanza, un nuovo ulteriore sacello appartato e prezioso per i riti della cura del corpo. Non si comprende la profondità dell’acqua, ma pareti ed elementi di arredo vi appaiono immersi; il loro limite inferiore viene quasi “tagliato”, come mostra la bordatura dei pannelli, assente in corrispondenza della pavimentazione. Nel bagno di Palazzo Stoclet vasca e lavabi sono i protagonisti della stanza; al centro sorge la vasca, maestosa protagonista, che domina l’ambiente. Se in villa Karma le due vasche erano quasi nascoste da un diaframma divisorio, qui l’imponente massa solida di marmo bianco invade lo spazio abbandonando la tradizionale collocazione longitudinale, contigua alla parete, per disporsi perpendicolarmente verso il centro della stanza. Essa è un parallelepipedo tagliato

columns. The walls are lined with slabs of heavily veined black marble set, mirror-like, in a raised frame. Above, the marble gives way to the neutral surface of the white plaster fashioned into a barrel arch. The room seems to have been dug from a marble block, out of which Loos fashions the masonry shell, the columns, the curved washbasins, and the quadrangular tubs. The bathroom designed by Josef Hoffmann for the Stoclet Palace, built in Brussels between 1905 and 1911, is also lined with prestigious stone materials. The bathroom becomes a precious casket; an intimate space of thirty-four square meters dedicated to the wellbe-

ing of the owner. The room is a stereometrically defined volume transformed, thanks to the stone panelling, into a pavilion of “petrified cloth” resting on a pool of water. The room is delimited by the large rectangular panels of statuary white marble with grey veining, small square polychrome mosaic inserts, malachite decorations and rectilinear borders in black marble. Metaphors of hanging, juxtaposed sheets, the panels are surmounted by a second strip of textile connotation, a tapestry with raised vertical stripes that covers the upper portion of the walls. The function of the room leads Hoffmann to emphasize its symbolic implications, for which,

besides the careful selection of materials, he studiedly plays with the relationship between wall and floor. The latter is covered with dark blue Belgian marble, almost in an attempt to dematerialize the floor, thus transforming it into a water surface from which the room emerges and creating another secluded, precious sanctuary in which to complete the rituals of the care of the body. The depth of the water cannot be understood, but walls and furnishings seem to be immersed in it; their bases are almost “cut”, as suggested by the lack of a frame where the panels meet the floor. The tub and washbasins are the protagonists of the bathroom in the

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Vasca in travertino senese disegnata dallo Studio Padrini. Tub in Sienese travertine designed by Studio Padrini.

inferiormente dalla superficie del pavimento; internamente il vuoto destinato ad accogliere l’acqua per il bagno ha una forma sinuosa e smussata che appare come il frutto di un lavorio di levigatura prodotto dall’elemento liquido stesso. Il monolito si riflette sulla superficie pavimentale lucida e scura, rivolgendosi frontalmente verso la sorgente di luce delle finestre che si aprono verso il giardino della casa. A partire da questi esempi di riferimento fortemente elitari e lussuosi, per tutto il corso del Novecento, le abitazioni della ricca borghesia accolgono ampi locali rivestiti di pietre pregiate e arredati con lavabi e vasche scavate in blocchi litici. Se progettisti come i francesi Pierre Chareau, negli anni Venti, e Emile-Jacques Ruhlmann, negli anni Trenta, disegnano bagni da sogno dove l’utilizzo della pietra diviene pura ostentazione della ricchezza e della ricerca del piacere da parte dei committenti, a partire dagli anni Quaranta, l’utilizzo della materia litica nel design per il bagno comincia ad assumere connotazioni diverse, che vedono una graduale riappropriazione dei valori di naturalità e tradizione.

Stoclet Palace; the tub stands at the centre, a majestic presence that dominates the room. While in Villa Karma the two tubs were nearly hidden by a dividing screen, here the imposing solid mass of white marble invades the space, abandoning its traditional position parallel to the wall, to be placed perpendicularly, so that it is projected towards the centre of the room. It is a parallelepiped cut at the base by the floor; the inner surface of the tub has a sinuous, smooth shape, as though it had been sculpted by water. The monolith, reflected in the dark, shiny floor surface, faces the source of light from the windows that give onto the garden.

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Starting from these highly elite and luxurious reference examples, throughout the 20th century, wealthy upper class homes had large rooms with precious stone panelling and furnished with washbasins and tubs dug in blocks of stone. French designers such as Pierre Chareau, in the 1920’s, and EmileJacques Ruhlmann, in the 1930s, create dream bathrooms in which the use of stone is purely an ostentation of wealth and for the personal pleasure of the client; starting in the 1940’s, the use of stone in bathroom design begins to have different connotations, with a gradual return to the values of naturalism and tradition.

Between 1939 and 1942 Adalberto Libera designs a fascinating and original home for writer Curzio Malaparte on a promontory of the Island of Capri. Malaparte writes: «it seemed clear from the start that not only the line of the house, its architecture, but also the materials with which it was to be built would have to fit in with the wild and delicate natural surroundings. Not bricks, not cement, but stone and only that local stone which makes up the promontory» [6]. Even the interior design is essentially based on the use of stone, which in the bathroom, besides referring to the material identity of the site, may be interpreted as a symbol of classi-


[6] Curzio Malaparte, “Ritratto di pietra” (relazione autografa), 1940, cit. in Marida Talamona, Casa Malaparte, Milano, Clup, 1990, p.32 e sgg.

Tra il 1939 e il 1942 Adalberto Libera progetta per lo scrittore Curzio Malaparte un’affascinante e originale abitazione su un promontorio dell’Isola di Capri. Scrive Malaparte: «mi apparve chiaro fin dal primo momento che non solo la linea della casa, la sua architettura, ma i materiali con cui l’avrei costruita, avrebbero dovuto essere intonati con quella natura selvaggia e delicata. Non mattoni, non cemento, ma pietra, soltanto pietra, e di quella del luogo, di cui è fatta la roccia, il monte» [6]. Anche la progettazione degli interni si basa essenzialmente sull’utilizzo della pietra che, nella stanza da bagno, oltre a rappresentare un riferimento all’identità materica del luogo è interpretabile come simbolo di classicità e mezzo per la riproposizione in chiave domestica di un ambiente termale romano. La stanza ha pareti rivestite per tre quarti con ampi pannelli in marmo dalle venature poste verticalmente secondo un disegno che Malaparte studia insieme al pittore caprese Raffaello Castello. In corrispondenza di uno dei lati maggiori, una struttura muraria crea una nicchia sormontata da una volta ad arco ribassato; sotto di essa la pavimentazione viene scavata in forma di vasca, anch’essa rivestita dello stesso materiale e contornata superiormente da un pronunciato bordo marmoreo bianco. Risale agli anni Settanta, invece, il bagno in marmo progettato da Carlo Scarpa per Casa Ottolenghi, costruita a Bardolino sul lago di Garda. La stanza si configura come una cellula semicilindrica che funge da cerniera fra il soggiorno e la camera da letto padronale; il bagno diventa così snodo centrale dell’abitazione e riprende, in versione cava, il modulo ripetuto dalle nove colonne in rocchi di pietra e calcestruzzo che caratterizzano lo sviluppo dell’edificio. Ma se Scarpa sceglie di inserire nelle colonne alcuni rocchi di pietra locale, il biancone di Prun, per l’ambiente del bagno opta per un rivestimento in marmo bianco arabescato e accostato a superfici in stucco rosato lucido, opera di Eugenio De Luigi. L’ambiente si trasforma ancora una volta in un prezioso riferimento alla tradizione dell’architettura termale, in un luogo intimo e raccolto per la cura del corpo e per la meditazione, realizzato con le più raffinate tecniche artigianali di allestimento degli spazi e delle superfici. Tutte le opere sin qui citate, nonostante le diverse interpretazioni compositive e formali, sono accomunate dall’impiego della pietra, scelta evidentemente come presenza materiale intimamente connaturata allo scaturire dell’elemento liquido. La materia lapidea assume poi, in ogni caso, un ruolo di medium valoriale connesso ai concetti di naturalità e di tradizione artigianale del costruire.

cism and a means for revisiting the Roman thermal bath in a domestic context. The room has walls which are lined for three-quarters of their height with wide marble panels, with the veining placed vertically according to a design that Malaparte studies together with Capri painter Raffaello Castello. On one of the longer sides, a wall creates a niche surmounted by a vault with a low arch; below it the floor is dug out in the shape of a tub lined with the same material and with a marked border of white marble. The marble bathroom designed by Carlo Scarpa for Casa Ottolenghi at Bardolino, on Lake Garda, dates to the 1970’s. The room develops as

a semi-cylindrical cell that acts as a connecting space between the living room and the master bedroom; the bathroom thus becomes a central point of the home, recalling, quarry-like, the module repeated by the nine columns consisting of blocks of stone and concrete that characterise the layout of the house. Although Scarpa decides to include some blocks of local stone (biancone di Prun) in the columns, he lines the bathroom with white arabesque marble juxtaposed with shiny pinkish stucco surfaces, the work of Eugenio De Luigi. Once again, with a rich reference to the tradition of spa architecture,

the room is transformed into an intimate, collected space for the care of the body and meditation, constructed using the most refined artisan techniques for fitting out spaces and surfaces. All the above-mentioned works, notwithstanding the different compositional and formal interpretations, are similar in their use of stone, which is apparently chosen as an element intimately associated with the springing waters. In each case the stone becomes a means for embracing the nature and aspects of artisan tradition in construction. This expressivity of stone is the focus of modern design, of industrial development based on

the conception and production of simple, essential elements for the bathroom characterised by severe geometries; such elements, derived from massive stone blocks, add a new perspective to rooms dedicated to personal care. In this context, even Sienese travertine is a protagonist of this phenomenon. The uniqueness of its chromatic and natural material characteristics, with its differing shades and porosity, becomes an enrichment, an added value that makes it unsurpassable in its potential use for creating original, unique objects. In the fluid and bevelled shapes of stone design for the modern bathroom, travertine finds and reinforces

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Lavabo in travertino senese disegnato dallo Studio Padrini.

Washbasin in Sienese travertine designed by Studio Padrini.

Questa espressività della pietra è al centro dell’attenzione del design contemporaneo, in una filiera di sviluppo basata sulla concezione e sulla produzione di elementi per il bagno semplici ed essenziali, dalle geometrie rigorose scavate in pezzi lapidei massivi, capaci di conferire una inedita qualificazione agli ambienti per la cura del corpo. Anche i travertini senesi sono protagonisti di questo fenomeno proprio perché, in tale contesto, l’unicità delle loro caratteristiche cromatiche e materiche naturali, fatte di sfumature e porosità sempre diverse, diviene una peculiarità arricchente, un valore aggiunto che li rende insuperabili nel dar vita a oggetti originali e di volta in volta irripetibili. Nelle forme fluide e smussate del design litico per il bagno contemporaneo il travertino ritrova, e rinsalda, l’antico legame con l’acqua, e l’uomo riconquista un contatto diretto con gli elementi primigeni delle sue origini.

its ancient link with water, and man re-establishes direct contact with these primeval elements. NOTES [1] Paolo Portoghesi, “Qual è il merito del travertino romano?” p. 7, in Il Travertino romano di Tivoli, Rome, ANIS, 1984, pp. 119. [2] For a more detailed discussion see Donatella Furia, Nicola Mattoscio, “Il capitale ambientale come valore strategico dello sviluppo locale” pp. 33-49, in Antonio Marano (edited by), Design e ambiente - La valorizzazione del territori tra storia umana e natura, Milan, POLI-design, 2004, pp. 215.

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[3] Se also Stefania Camplone, “Il turismo ispirato alla sostenibilità ambientale” pp. 51-67, in Antonio Marano (edited by), Design e ambiente - La valorizzazione del territori tra storia umana e natura, Milan, POLI-design, 2004, pp. 215. [4] Peter Zumthor, 1995, cited in Emilio Faroldi, Francesca Cipullo, Maria Pilar Vettori, Terme e Architettura - progetti tecnologie strategie per una moderna cultura termale, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2007, p. 87. [5] The role of water in Carlo Scarpa’s architectural design is discussed in Carlo Scarpa e l’acqua by Renata Giovanardi, Venezia, Cicero, 2006, pp. 199.

[6] Curzio Malaparte, “Ritratto di pietra”, 1940, edited in Marida Talamona, Casa Malaparte, Milan, Clup, 1990, p. 32.



DESIGN PER INTERNI Pietre sensoriali per nuovi stili di vita


Davide Turrini

INTERIOR DESIGN Pietre sensoriali per nuovi stili di vita

[1] Per un punto sul dibattito contemporaneo relativo al design litico si veda Maria Antonietta Esposito, Non c’è pietra nel design o non c’è design nella pietra?, http:// www.architetturadipietra.it/ wp/?p=264, 26 ottobre 2006. Sull’esperienza di Officina, su Erminio Cidonio a capo della Henraux e sulle conseguenti linee di sviluppo del design litico italiano tra gli anni ’60 e gli anni ’80 del secolo scorso si vedano: Anna Vittoria Laghi, “Cidonio, 1963-1965: cronaca di un’utopia” pp. 280-285 e Claudio Giumelli, “Pier Carlo Santini e il design del marmo” pp. 377-412, entrambi in Anna Vittoria Laghi (a cura di), Il primato della scultura. Il Novecento a Carrara e dintorni, catalogo della X Biennale Internazionale Città di Carrara, Carrara, Artout, 2000, pp. 423; Lara Conte, “L’Henraux: i progetti, i protagonisti (1956-1972)” pp. 36-49, in Costantino Paolicchi, Manuela Della Ducata (a cura di), Henraux dal 1821: progetto e materiali per un museo d’impresa, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2007, vol. II, pp. 87.

Il dibattito teorico e l’attenzione critica sul design dell’oggetto in pietra appaiono oggi affievoliti, e in modo particolare in Italia dove invece sono stati estremamente significativi dal secondo dopoguerra fino a tutti gli anni ’80 del secolo scorso, allorquando alcuni importanti progettisti si sono impegnati nell’ideazione di prodotti dall’alto valore formale e funzionale, connotati da una capacità espressiva contemporanea declinata attraverso processi tecnologici innovativi, nel più rigoroso rispetto delle caratteristiche della materia litica. Emblematica di questa situazione è stata l’esperienza culturale e operativa di Officina, nata a Pietrasanta, ma sviluppatasi in una prospettiva di contatti internazionali in cui si sono intrecciate le storie personali di Erminio Cidonio – a capo della sede apuo-versiliese della multinazionale dei lapidei Henraux per tutti gli anni ’60 – con quella di critici militanti come Pier Carlo Santini, di galleristi orientati tra Roma e New York come Carla Panicali titolare della Marlborough, ed infine, con quella di designer e artisti del calibro di Angelo Mangiarotti, Gastone Novelli, Alicia Penalba, Arnaldo e Giò Pomodoro. Cidonio, guru di una breve ma intensa stagione di sintesi tra creatività e spirito imprenditoriale, invita al cantiere d’arte di Officina rappresentanti di ogni tendenza creativa, che operano nella più ampia libertà, utilizzando forme complesse e processi tecnologici inabituali con l’obiettivo di rinnovare e riqualificare l’oggetto in marmo. La mostra collettiva Forme 67, che si tiene nel 1967 a Pietrasanta, è il risultato di tale attività e raccoglie prototipi di oggetti d’uso di Gino Cosentino, Lorenzo Guerrini, Franco Libertucci, Francois Stahli, oltre che di Mangiarotti, dei Pomodoro e della Penalba [1]. Nel fertile contesto che si delinea a partire dalle sperimentazioni di Officina prendono avvio singoli percorsi progettuali, come quelli di Mario Bellini, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Angelo Mangiarotti, Enzo Mari, Renato Polidori e Tobia Scarpa, che portano a consistenti risultati in termini di innovazione formale e tecnologica del prodotto e che ancora oggi rappresentano un riferimento metodologico e operativo vivo e attuale per eventuali ricerche presenti e future sul design dell’oggetto litico. Tra tutti questi percorsi quello di Mangiarotti è di particolare rilevanza per la quantità e la qualità dei progetti approdati ad un effettivo instradamento verso le linee produttive. Sin dagli esordi negli anni ’50, l’attività dell’architetto milanese è contrassegnata da una particolare attenzione ai materiali e al problema della produzione industriale. Ripercorrendo l’ampio catalogo delle realizzazioni mangiarottiane nell’ambito dell’architettura, del design come

INTERIOR DESIGN. Tactile stones for new lifestyles

Grande vasca in travertino di Rapolano disegnata dallo Studio Gargano Fagioli. | p. 222. Large tub in Rapolano travertine designed by Studio Gargano Fagioli.

The theoretical debates and critical attention that once surrounded the design of the object have become progressively less noticeable. This is especially true in Italy where, beginning after the second world war up through the 1980’s, such discussions were of the utmost relevance, as influential designers engaged in the creation of products of the highest functional and aesthetic value, defined by a modern sensibility that was achieved through the latest technological processes, in the most rigorous respect for the stone material.

Emblematic of this situation is the cultural and operational experience of Officina. Although founded in Pietrasanta, its growth has been defined by an increasingly international perspective, the result of the intertwined personal stories of Erminio Cidonio - head of the Apuan Alps-Versilia affiliate of the lapidary multinational Henraux throughout the 1960’s - and of militant critics such as Pier Carlo Santini, of gallery owners based between Rome and New York, such as Carla Panicali, head of Marlborough, and finally, of designers and artists of the calibre of Angelo Mangiarotti, Gastone Novelli, Alicia Penalba, Arnaldo and Gio Pomodoro.

Cidonio, guru in a brief but intense moment of synthesis between the creative and the entrepreneurial spirit, invites to the workshop of Officina representatives of every artistic tendency, who operate with the utmost freedom, utilizing complex forms and unusual technical processes with the aim of renewing and redefining the marble object. The group show, Forme 67, held in Pietrasanta in 1967, is the result of such activity, bringing together prototypes of functional objects by Gino Cosentino, Lorenzo Guerrini, Franco Libertucci, Francois Stahli, in addition to those by Mangiarotti, the Pomodoros and Penalba [1]. The fertile atmosphere created by

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Superfici in travertino senese e in marmo Portoro negli interni dell’Apogee luxury apartments building (2008) a Miami Beach. Surfaces in Sienese travertine and Portoro marble inside the Apogee luxury apartments building (2008) at Miami Beach.

the experimentations of Officina provides the ground for the emergence of singular career paths such as those of Mario Bellini, Achille and Pier Giacomo Castiglioni, Angelo Mangiarotti, Enzo Mari, Renato Polidori and Tobia Scarpa. Consistently innovative in form and technology, their production remains to this day - in all present and future research on the design of the stone object - a viable and pertinent reference point for methodology and execution. Among all of them, the career of Mangiarotti is especially relevant by virtue of the quality and quantity of projects effectively aimed at realization in production lines.

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From the outset of his career in the 1950’s, the activity of the Milanese architect is defined by a particular attention to the materials and problems of industrial production. Reviewing Mangiarotti’s vast output in the realms of architecture and design, as well as his sculptural experiments, there clearly emerges a guiding principle dictating that the solution to functional, ergonomic and structural problems be sought, inevitably, in the analysis of formal details and of the properties intrinsic to the material. Mangiarotti “arrives at the product’s final design from an architectural perspective; more specifically, through the example of industrial prefabrication and dry

mounting techniques, resolving structural problems with engineering. The focus of his interest is, in fact, the process of industrialization: basing himself on the techniques of the various systems of assembly, he develops construction modules and joints that are applicable to both architecture and design, especially the design of architectural interiors […]. The logic of his approach is based on a consideration of the function and usage of the object whose final form, however, is not simply the result of an orthodox rationalism, the fruit of a rational use of the right materials and the relative techniques of construction. Mangiarotti’s logic is much more


Marble sculpture (1980 c.a.) by Angelo Mangiarotti.

anche della ricerca scultorea, emerge con evidenza un filo conduttore secondo cui la soluzione dei problemi funzionali, ergonomici e strutturali parte inevitabilmente dalla analisi di un dato formale e delle proprietà intrinseche della materia: Mangiarotti «arriva al design di prodotto attraverso l’architettura, più in particolare attraverso la prefabbricazione industriale e le tecniche di montaggio a secco, risolvendo i problemi di statica mediante l’ingegnerizzazione. L’oggetto principale del suo interesse è infatti l’industrializzazione: dalle tecniche dei vari sistemi di assemblaggio egli fa nascere moduli e giunti applicabili sia all’architettura che al design, specie al design destinato all’architettura d’interni […]. La sua logica di progetto trae fondamento dalla funzione e dall’uso dell’oggetto finale, la cui forma tuttavia non è il puro e semplice risultato di un razionalismo ortodosso, il frutto dell’uso razionale del materiale giusto e delle relative tecniche di costruzione. La logica mangiarottiana è molto più complessa e tiene conto anche di altri fattori, come la composizione fisica dei materiali, la quale influenza la forma che verrà alla luce. […] Un’altra caratteristica da ricordare è la capacità di Mangiarotti di esaltare l’aspetto sensuale degli oggetti attraverso la giusta scelta dei materiali, sostenuta da una sensibilità formale, intuitiva e fortemente espressiva che situa i suoi lavori, in egual misura, nell’ambito della razionalità e in quello della soggettività. Una delle qualità che fanno di lui un designer attuale è il suo dono di saper stare al passo con le tecniche più avanzate in uso nel campo della cultura materiale, lavorando per esempio sul taglio della pietra con l’ausilio di macchine a controllo numerico. Dalla sua capacità di applicare a un settore le conoscenze acquisite in un altro settore nasce una pratica trasversale che si estende a tutti i campi nei quali egli opera: ambiente, architettura, architettura d’interni, design di prodotto, arte» [2]. Le opere di Mangiarotti diventano allora, di volta in volta, nei vari settori applicativi, modelli di riferimento per i loro aspetti di razionalità concettuale, di modularità assemblativa, di essenzialità e originalità formale. Per stare alla produzione in cui egli impiega i materiali litici, le serie dei tavoli modulari Eros (1971), Incas (1978) e Asolo (1981) – realizzate rispettivamente in marmo, pietra serena e granito – rappresentano l’apice di una ricerca assolutamente innovativa sui mobili con incastri a gravità, perfettamente calibrati alla scelta del litotipo impiegato che suggerisce particolari soluzioni, lavorazioni e finiture. Nella seduta per esterni Clizia (1990) il progettista esplora poi le potenzialità delle lavorazioni con macchine a controllo numerico: da un unico blocco di marmo, attraverso sagomatori a filo CNC che consentono il taglio preciso di complessi pezzi special moulded, è possibile ottenere elementi di seduta dove il profilo superiore coincide

complex, taking into account other factors as well, such as the physical composition of the materials, which will influence the form’s creation […] Another characteristic to be noted is Mangiarotti’s ability to highlight the sensual aspect of objects through the right choice of materials; an ability that is sustained by an intuitive sensitivity to form and a strong power of expression that place his works, in equal measure, in the realms of both rational and subjective experience. One of the qualities that make him a contemporary designer is his gift for being able to keep pace with the most advanced techniques in use in the field of material culture, by working on the cut-

ting of stone, for example, with the aid of numerical control machines. His capacity to apply the knowledge gained in one sector to another results in the intersection of construction procedures across all the areas of his activity: environmental design, architecture, architectural interiors, product design, art” [2]. The works of Mangiarotti in the various applied sectors become, time and again, reference models for their rationality of concept, modular assembly, essentiality and originality of form. To confine our discussion to the production in which he makes use of stone materials, worthy of note are the series of modular tables Eros (1971), Incas (1978) and

[2] Francois Burkhardt, “Sul design” p. 220, in Beppe Finessi, Su Mangiarotti. Architettura Design Scultura, Milano, Abitare Segesta, 2002, pp. 240. Sul design litico di Angelo Mangiarotti si veda anche il catalogo della mostra a cura di Beppe Finessi, Mangiarotti, Mantova, Corraini, 2009, pp. 120.

Scultura in marmo (1980 c.a.) di Angelo Mangiarotti.

Asolo (1981), realized, respectively, in marble, pietra serena sandstone, and granite. These works represent the culmination of an absolutely innovative research into the design possibilities of furniture with gravity joint construction; their forms are perfectly suited to the adopted stone, which determines particular solutions, methods of execution and finishes. Subsequently, in the outdoor seating project Clizia (1990), the designer explores the potential of numerical control cutting machines; using CNC wire shapers that allow for the precise cutting of complex special mould pieces, it is possible to obtain, from a single block of marble, seating elements

in which the upper profile coincides with the lower one, thus reducing the amount of scrap, as well as cost and production time. The most advanced stone cutting technologies also underlie the design of a coherent series of sculptures realized by Mangiarotti over the course of twenty years of research and experimentation with stone materials. These works may be viewed at once as abstract sculptural creations and prototypes for design pieces, rationally conceived and brought to completion thanks to industrial methods of cutting and programmed assembly. Setting aside this brief digression on the recent, at once cultivated

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Lavabo e mobile contenitore in travertino di Rapolano disegnato dallo Studio Gargano Fagioli. Washbasin and console in Rapolano travertine designed by Studio Gargano Fagioli.

and experimental past of stone design in this country - and in particular on the exemplary work of Angelo Mangiarotti, which anticipates some of the present aspects of this sector - it is time to return to the main theme of this chapter: the current situation and the future prospects of stone design, with a special focus on production in Tuscan travertine. We begin with a reflection on the field of application to be analyzed in the development of this argument. If, as suggested earlier, the interest and the theoretical-critical debate on the specific topic appear to be waning, both on the local and international levels, stone design is more than ever present in modern

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life; not so much with respect to the creation of functional objects as in interior design, a sector in which the use of natural stone has for several years enjoyed a period of renewed popularity and in which it has been made the object of unprecedented and extremely interesting experimentation. Responsible for having rekindled, over the last few years, the interest of the global market in the application of stone design in all those architectural interiors which assume a particular symbolic and functional significance in contemporary society are the sensory, chromatic, and textural characteristics of the material, and the complex set of trans-

ferred intellectual values that it preserves in the collective imaginary. It is clear, then, that in approaching this topic attention should be focused not so much on the design of the product as a process, but on the product as a fundamental component of the spatial, social and, in the final analysis, cultural context of which it is part and from which it effectively derives its origin; all this from a synoptic perspective that takes into consideration the character of the contemporary design project and the physical dimension of the viewer and consumer in the third millennium. The flux of communication in the present global environment, from

large circulation magazines to television and from the most refined image politics of luxury brands to the more summary mass publicity campaigns, has a tendency, in fact, to heavily influence the cognitive sphere of the subject; referring with ever increasing frequency and in always more far-reaching ways to the bodily sphere or to that of psycho– physical well-being. The products and practices devoted across the board to the care of body and mind become the distinctive signs of a new organicism, capable of radically altering the sensorial and emotional experiences of man. The explanation for such a cultural and fashion phenomenon, which


Elementi in travertino senese per l’ambiente bagno disegnati dallo Studio Gargano Fagioli. | pp. 228-229. Bathroom fixtures in Sienese travertine designed by Studio Gargano Fagioli.

con quello inferiore, riducendo scarti, costi e tempi di produzione. Le più avanzate tecnologie di taglio della pietra stanno alla base anche della concezione di una consistente serie di sculture realizzate da Mangiarotti nel corso di oltre vent’anni di ricerca e sperimentazione su corpi litici che sono riguardabili al contempo come opere scultoree astratte e come prototipi di pezzi di design, progettati razionalmente ed eseguiti grazie ad processi industriali di taglio e assemblaggio razionalizzato e programmato. Abbandonando la breve digressione sul recente passato, colto e sperimentale, del design di pietra nel nostro Paese, ed in particolare sull’esemplare opera di Angelo Mangiarotti che prefigura alcuni caratteri dello scenario attuale di tale settore, il ritorno al tema portante di questo capitolo, cioè la situazione presente e le prospettive future del design litico con un’attenzione privilegiata per il prodotto in travertino toscano, si apre con una riflessione su quello che deve essere il campo applicativo da analizzare nello sviluppo dell’argomentazione. Se infatti, come anticipato, l’attenzione e il dibattito teorico-critico sul tema specifico appaiono deboli, sia a livello locale che nel panorama internazionale, il design litico è più che mai presente nella contemporaneità, non tanto per ciò che attiene la progettazione di oggetti d’uso, quanto piuttosto nell’interior design, settore in cui la pietra naturale da alcuni anni vive una stagione di rinnovato successo e in cui è fatta oggetto di sperimentazioni inedite ed estremamente interessanti. Sono le caratteristiche sensoriali cromatiche, tessiturali, materiche ed il complesso portato di valori intellettuali traslati che la materia lapidea conserva per l’immaginario collettivo, ad aver riacceso da alcuni anni l’interesse del mercato globale per il design di pietra nell’architettura di

obviously assumes in this context a particular significance since it brings us back directly to the planning and production of designs for objects and architectural interiors, is of course manifold: the attainment of well-being and the adhesion to sophisticated life styles are the manifestation of a truly acquired, or at least desired or vaunted, economic satisfaction; the freedom to shape one’s own body is again made possible by the loosening of the ideological , doctrinal and dogmatic tenets of western religions that place the carnal dimension exclusively within an inscrutable divine design; the philosophy of the third millennium is characterized

by a strong anthropocentric and humanist component which tends to endow the body with connotations of the serial and replicable. Through countless practices of dieting, bodybuilding, massage therapy hydrotherapy and steam baths, chromo and aromatherapy, tattoo art and piercing, cosmetology and make-up, and hair styling, the body can thus be stimulated, designed and redesigned, manipulated and enhanced by artificial signs superimposed over its natural facies, so that it may act increasingly as a vehicle of pleasure and, above all, transform itself into an object of communication and commoditization, in a phenomenological uni-

verse that was absolutely unthinkable until a few decades ago [3]. The environments assigned to the care of the body undergo a substantial transformation in image and structure: first among them, the bathroom which, in the context of both the private residence and in public places, becomes increasingly the space assigned to activities of wellness and body care whose value goes beyond the realm of simple hygiene, to assume therapeutic functions and those leading to the aesthetic metamorphosis of the subject. As has already happened in the past for other functional interiors, the bathroom is opened up and

expanded, the concept of threshold falls away, the interior becomes sophisticated and elaborate, merging, for example, with the bedroom, its partitions become fewer, and it becomes a place for entertainment subject to the same design considerations traditionally reserved for living rooms and recreation areas. If in the past it was the most private part of the house, today it is a fully visible room; it is, in the final analysis, setting and at the same time protagonist of a multisensory theatrical display. The objects of personal hygiene inside the bathroom are also expanded; washbasins become sculptural objects; bathtubs grow larger and are hybrids

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tutti quegli spazi che assumono un particolare significato funzionale e simbolico per la società contemporanea; è chiaro quindi come, nell’affrontare questo tema, l’attenzione debba ricadere non tanto sul prodotto di design come processo, quanto sul prodotto come elemento costitutivo fondamentale del contesto spaziale, sociale, e in ultima analisi culturale, di cui fa parte e, di fatto, da cui esso trae origine; e tutto ciò in una prospettiva di osservazione sinottica tra i caratteri del progetto di design contemporaneo e la dimensione corporea dell’osservatore e del fruitore del terzo millennio. I flussi comunicativi dello scenario globale attuale, infatti, dalla stampa periodica ad alta tiratura all’informazione televisiva, dalle più raffinate politiche d’immagine dei marchi del lusso alle più sbrigative campagne pubblicitarie di massa, tendono a plasmare pesantemente la sfera cognitiva del soggetto riferendosi con sempre maggior frequenza, e in modo sempre più capillare, alla sfera della corporeità o del benessere psico-fisico; i prodotti e le pratiche dedicati a tutto campo alla cura del corpo e della mente diventano i segni distintivi di un nuovo organicismo, capace di ridisegnare radicalmente le esperienze sensoriali ed emotive dell’uomo. La spiegazione di tale fenomeno culturale e di costume, che ovviamente assume in questa sede un significato particolare per le sue inevitabili ricadute dirette sul progetto e sulla produzione del design degli oggetti e dell’architettura d’interni, è ovviamente multidisciplinare: la conquista del benessere e l’adesione a stili di vita sofisticati sono la rappresentazione di una soddisfazione economica realmente acquisita o comunque desiderata o millantata; la libertà di plasmare il proprio corpo è una conquista possibile grazie all’allentamento dei riferimenti ideologici, dottrinali

between the normal bath water container and a swimming pool; the shower basins are enlarged to become the flooring of true and proper rooms. Is the washbasin, therefore, a simple hydraulic device or part of the furnishings? Is the tub an appliance for personal hygiene or a sculpture? The quality demanded of the new design of such objects thus becomes hard to measure, barely definable just by a functional assessment of the object, but is based on the relationship, difficult to replicate, between subject and object. In the final synthesis it is manifest as a “quality of life” factor in which the product takes its place within a

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complex material and experiential universe [4]. It is easy to understand how in this scenario, consisting of multisensory stimuli and of environmental spectacularization, the stone material finds a privileged application, displaying its qualities to the full not only visually but also on a tactile, audible and olfactory level in private bathrooms, spas, autonomous centres for wellbeing or those integrated in the more complex structures of hotel accommodation or congressional centres. In architecture the sense involved in a privileged relationship with the material is sight, whereas in the new interior design of spaces for the care of the body

there are new frontiers of interaction between the individual and the synaesthetic universe of stone: stone cladding or floors to be used in contact with the naked body in tubs or at pool edges may be coarse or smooth, hot or ice-cold, dry and rough or wet and slippery; hollowed or massive stones may sound different depending on whether the water laps against them delicately, drop by drop or as in a shower, or pelts down like a waterfall; in closed collected environments, stones that are very hot, washed-out or enveloped by water vapour can stimulate our sense of smell. The stone material, observed, touched, smelled, “listened to” in the sound

effects it produces, activates a wide range of emotional and perceptive stimuli and is suggestive of values and ancestral memories linked to the identity of human origins. While the temples of wellbeing are designed as complex, increasingly artificial, multipurpose and multisensory habitats, products such as washbasins, bathtubs and other stone sanitary fixtures increasingly adapt themselves to essential, rigorous, unobtrusive languages that never give way to ostentation but establish an easy rapport with the consumer, involving him in embracing, sinuous forms that are stereometric, pure and clearly legible, welcoming him in “soft”, smooth


[3] Sulla lettura sociale e culturale che rifiuta il concetto di cura di sé come sintesi dinamica tra corpo e anima in favore di una visione del corpo contemporaneo declinato come tema progettuale, come oggettoimmagine-simulacro, come testo e schermo della rappresentazione sociale, si rimanda a Umberto Galimberti, Il corpo, Milano, Feltrinelli, 2005, (I ed. 1983), pp. 599 e in particolare alle parti “Fenomenologia del corpo: l’ingenuità” (pp. 113-266), “Sociologia del corpo: l’iscrizione” (pp. 369-476), “Semiologia del corpo: l’ambivalenza” (pp. 477-578).

e dogmatici delle religioni occidentali che inscrivono la dimensione carnale esclusivamente in un imperscrutabile disegno divino; la filosofia del terzo millennio è caratterizzata da una forte componente antropocentrica e umanistica che tende a dare al corpo connotati di entità seriale e ripetibile. Attraverso innumerevoli pratiche di dietologia, body building, masso-fisioterapia, idroterapia e bagni di vapore, cromo ed aromaterapia, tatoo art e piercing, cosmetica e make-up, hair styling, il corpo può così essere stimolato, progettato e riprogettato, manipolato e arricchito di segni artificiali sovrascritti sulla sua facies naturale, per agire sempre più da tramite di piacere e, soprattutto, per trasformarsi in strumento di comunicazione e mercificazione, in un universo fenomenologico assolutamente impensabile fino a pochi decenni fa [3]. Ecco allora che i luoghi deputati alla cura del corpo subiscono mutazioni sostanziali nella struttura e nell’immagine: primo fra tutti il bagno che sempre più spesso, sia nel contesto residenziale privato, che nei luoghi di frequentazione pubblica, diventa lo spazio dedicato a pratiche di wellness e di body care che superano le sole valenze igieniche per sconfinare in funzioni terapeutiche e di metamorfosi estetica del soggetto. Come già è accaduto in passato per altri ambienti funzionali, anche il bagno si apre e si espande, il concetto di soglia del vano di servizio cade, l’ambiente diventa sofisticato e complesso e si fonde ad esempio con la camera per il riposo, le sue partizioni si rarefanno, esso diventa luogo di entertainment destinatario di cure progettuali pari a quelle tradizionalmente dedicate alle zone di soggiorno e rappresentanza, e se in passato era la parte della casa non visibile, oggi è ambiente di esposta visibilità, è, in ultima analisi, allo stesso tempo scena e protagonista di una esibizione polisensoriale spettacolarizzata. Anche gli oggetti al suo interno, i sanitari, si espandono: i lavabi diventano oggetti scultorei; le vasche aumentano di dimensione e sono ibridi tra il normale contenitore dell’acqua per il bagno e la piscina; i piatti doccia si ampliano e pavimentare veri e propri vani abitabili. Il lavabo è quindi semplice dispositivo idraulico o complemento d’arredo? La vasca è attrezzatura igienica o scultura? La qualità che si impone al nuovo design di tali oggetti diventa così scarsamente misurabile, inscrivibile a fatica in una oggettivazione prestazionale, ma è una qualità di relazione tra soggetto e oggetto, difficilmente replicabile, in estrema sintesi si configura come una “qualità della vita” in cui il prodotto si colloca all’interno di un universo oggettuale ed esperienziale complesso [4].

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[4] Per un approfondimento sul legame tra mutazione del corpo umano nel terzo millennio e trasformazione tipologica del bagno contemporaneo si veda l’imprescindibile Gianluca Sgalippa, Post-bagno. Corpo, ambiente e design nell’età delle mutazioni tipologiche, Milano, Tecniche Nuove, 2006, pp. 151.

Il lavabo Jet firmato dallo Studio Padrini durante le fasi di lavorazione ed esposto in uno showroom di Rapolano Terme. | pp. 230-231. Production of the Jet washbasin designed by Studio Padrini and the washbasin on display in a Rapolano Terme showroom.

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Rivestimenti e pavimentazioni in travertino senese nel Teresita Wellness Club (2006) di Viareggio. | pp. 232-233. Cladding and floors in Sienese travertine in the Teresita Wellness Club (2006) at Viareggio.

È facile comprendere come in tale scenario, fatto di stimoli plurisensoriali e di spettacolarizzazione ambientale, la materia litica trovi un’applicazione privilegiata dispiegando le sue qualità a tutto campo, a livello visivo, ma anche tattile, sonoro e olfattivo, nei bagni privati, nelle SPA, nei wellness center autonomi o integrati in strutture più complesse di ospitalità alberghiera o di centri congressi. Se di norma in architettura il senso coinvolto in una relazione privilegiata con i materiali è la vista, nel nuovo design d’interni degli spazi per la cura del corpo si aprono inedite frontiere di interazione tra l’individuo e l’universo sinestetico della pietra: rivestimenti o pavimenti lapidei da praticare con il corpo nudo nelle vasche, o ai bordi delle piscine, possono presentarsi scabri o lisci, caldi o gelidi, secchi e ruvidi o bagnati e scivolosi; pietre cave o massive possono risuonare diversamente a seconda che l’acqua le lambisca delicatamente, o le colpisca goccia a goccia, o a pioggia, o scrosciando a cascata; o ancora, in ambienti chiusi e raccolti, pietre arroventate, dilavate, o avvolte dal vapore acqueo, possono contribuire alla sollecitazione olfattiva. La materia litica osservata, toccata, odorata, “ascoltata” negli effetti sonori che produce, attiva una vasta gamma di stimoli emozionali e percettivi e induce suggestioni di valori e memorie ancestrali, legati all’identità delle origini umane. E se i nuovi templi del benessere si configurano come habitat complessi, sempre più artificiali, multifunzionali e poliesperienziali, per contro la tipologia di prodotti quali lavabi, vasche e altri sanitari litici si adegua a linguaggi sempre più essenziali, rigorosi, a basso impatto visivo che non cedono mai all’esibizionismo impiantistico ma instaurano con il fruitore un rapporto friendly, coinvolgendolo in forme avvolgenti e sinuose, stereometriche, pure e chiaramente leggibili, accogliendolo in superfici “morbide” e levigate, o proponendogli sensazioni tattili di stimolante rugosità. Tali linee di sviluppo del design litico per l’ambiente bagno contemporaneo sono compiutamente interpretate in alcune collezioni in travertino senese disegnate dallo Studio Padrini e dallo Studio Gargano-Fagioli. In forma di catini o vassoi monolitici, scavati con le più innovative macchine a controllo numerico e rifiniti con sapienti tecniche artigianali dalla mano dell’uomo, la pietra toscana, con i suoi cromatismi chiari o terrosi, le sue venature e le sue vibranti porosità, è così presente nell’arcipelago di elementi tecnici, funzionali e simbolici che dà vita al sistema-bagno per materializzare idee di solidità, purezza e naturalità ma, in un concetto di total design dello spazio, spesso ricopre anche le superfici che definiscono l’ambiente in forma di rivestimenti o di pavimentazioni in cui può dispiegare le sue più pregnanti caratteristiche materiche e sensoriali. È anzi proprio la

surfaces, or offering him tactile sensations of stimulating roughness. Such lines of development in stone design for contemporary bathrooms are fully interpreted in some collections in Sienese travertine designed by Studio Padrini and Studio Gargano-Fagioli for Vaselli Marmi. In the shape of monolithic basins or trays, sculpted with the most innovative numerical control machines and hand finished using artisan techniques, Tuscan stone, with its light or earthy colours, its veining and vibrant porosity, is thus present in the vast world of technical, functional and symbolic elements that make up the bathroom system, giving the idea of solidity, purity

and naturalness. In the context of total spatial design, it often covers even those surfaces that define the environment; in cladding or flooring it reveals its most significant material and sensory characteristics. It is just this capacity of travertine to suggest a series of subtle, indirect physical and psychological sensations, to become a material means for the exploration of new aesthetic and emotional horizons that places this stone within the sphere of a new luxury design conceived not just to “appear” but also to actually improve the quality of life of those who possess or use it. Stone, and travertine in particular, has historically embodied prestige,

richness, splendour and magnificence, today – as the Vaselli collections demonstrate – it is often called on convey the idea of luxury based on alternative values of wellbeing, of sensory fulfilment, of true physical and mental pleasure, in an axiom based on the concept of naturalness enhanced by creativity and technology. In the third millennium the “precious” stone object must convey the idea of interpreting the most intimate desires of the customer. In the final analysis, it must satisfy him in perceptive and introspective terms [5]. The above considerations on the presence of stone material in spaces for the care of the body can be

extended to other places in which the presence of stone interior design is progressively affirming itself, always in the context of the revised concept of contemporary luxury. This is the case, for example, of high-quality hotel accommodation based on the unprecedented idea of reception matured in recent years and entailing a continuous expansion of collective spaces, of traditional ones for reception or waiting, of bars and restaurants, but above all of new environments such as spas, fitness centres for beauty care and gymnastics, centres for meditation or meeting places, shopping malls, and spaces for cultural or mundane events such as exhibi-

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tion halls, food plazas, lounge bars. Many hotels have thus become complex centres for total wellbeing containing a vast range of integrated comforts and services, emerging as chic and costly temporary residences of a new intellectual and physical nomadism, as theatrical hyperspaces rich in symbolism and aggregative meanings that can themselves become the end of a narrative path even prior to becoming a real movement; in the final analysis, it can rise to the status of obligatory destination for a specific type of tourism that is both cultural and emotional. In this mutation, hotels become “autonomous cities� characterized by hybridization and

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a myriad of functional programs, all overlapping and simultaneously developed in the same spatial structure. A similar phenomenon of functional syncretism currently characterizes even the new retail spaces more or less exclusively linked to certain brands, to more or less widespread chain stores. The principle objective of store design has always been that of attracting customers and of creating a strong, engaging and convincing representation of goods to be placed on the market. In the new commercial forms and spaces, beyond the confines of traditional shopping, design does more than simply define these characteristics:

it ensures that the client not only appreciates the qualities of the brand but identifies with it - with the experience, the atmosphere and lifestyles linked to the production, acquisition or use of the offered product or service. In concept and flagship stores, architecture and interior design are persuasive, engaging messengers of a brand, they speak a forceful language able to attract and guide the attention of the consumer, to create a series of expectations and an excitation linked to the desire to discover and internalize a set of values associated with a brand; lastly, they put at ease the client making a selection by offering comfortable

and welcoming environments. Like the centres for wellbeing or for hotel accommodation, even retail spaces are thus becoming a complex, articulated multifunctional container, a destination for visitors who go there not only to acquire a product, but most of all to adhere to an idea and be the protagonists of an exclusive experience [6]. Even in the processes of typological, functional and aesthetic transformation of the interior design of hotels and retail spaces, Sienese travertine plays a strategic role and is used either as a dominant presence or associated with other prized Italian stones to characterize tourist leisure centres throughout


Tavolo e sedute in travertino di Rapolano disegnati da Fadia Bechara. Table and chairs in Rapolano travertine designed by Fadia Bechara.

[5] Si rimanda in proposito a Giovanni Cutolo, Lusso e Design. Etica, estetica e mercato del gusto, Milano, Abitare Segesta, 2003, pp. 130.

capacità del travertino di trasferire all’individuo una serie di sottili e mediate sensazioni fisiche e psichiche, di poter diventare medium materico per l’esplorazione di nuovi orizzonti estetici ed emotivi, che colloca tale pietra nella sfera di un nuovo luxury design, non fatto per “apparire”, ma pensato per innalzare effettivamente la qualità della vita di chi lo possiede e lo pratica. Infatti, se la materia litica, e il travertino in particolare, hanno storicamente incarnato i valori di prestigio, ricchezza e splendore, di uno sfarzo esibito e vistoso, oggi sono spesso chiamati a dar corpo alle qualità di un lusso fondato sui valori alternativi del benessere, della fruizione sensoriale, del piacere reale fisico e mentale, in un assioma che si regge sul concetto di naturalezza esaltata dalla creatività e dalla tecnologia. L’oggetto “prezioso” in pietra del terzo millennio deve trasmettere un’idea di avvicinamento ai desideri più intimi di chi lo acquista, deve, in ultima analisi, “soddisfare il soggetto in termini percettivi e introspettivi” [5]. Le considerazioni sin qui diffusamente condotte sulla presenza della materia litica negli spazi per la cura del corpo possono essere estese ad altri luoghi in cui la presenza dell’interior design in pietra si sta progressivamente affermando, sempre nel contesto del rinnovato concetto di lusso contemporaneo. È il caso ad esempio dell’hotelery di alto livello basata su di un’inedita idea di accoglienza maturata negli ultimi lustri e portatrice di una continua espansione degli

the world, from the large American and Asiatic resorts, to the refined, luxury European accommodation facilities. It is perhaps in this boundary area that, along with the design of the ”stone environment” consisting of flooring and cladding, it can reacquire particular significance in the design of a single stone object, of a single technical, formal, symbolic unit in an enriched vision of the number of objects that can be used in support of the functional elements for bodily care and hygiene. The Dei Line collection by Fadia Bechara for Travertini Paradiso is emblematic; the series comprises seats, stone bases for padded furniture, tables, shelves, supports, vases and con-

tainers characterized by markedly horizontal linear geometries with sharp edges. The pieces were produced by mounting basic thick slabs or monoliths with smooth, opaque finishes that enhance the texture of travertine, for a product concept based on the idea of essentiality, durability and, above all, the naturalness of stone. Conceived to establish a link with the liquid element in bathrooms spas and pools, or to be placed in a privileged position in sites of contemporary luxury, third millennium stone design reveals a new face of stone, a dual identity consisting of traditional solidity intrinsic to the structure of the material and, at the same time,

of a fluidity, a dynamic and flexible receptiveness to applied polymorphism and contamination, ensured by the highly innovative digital technologies in automated design and production. In this sense the presence of stone can embody the spirit of our times and is able to efficiently respond to the general requirements of contemporary design clearly identified by Ezio Manzini: «contemporary society seems to lose solidity: its organization becomes plastic, the life forms that develop become fluid, each project tends to be flexible and every decision is reversible. Consequently, the best metaphors to describe [this society] derive from the physics of fluids rather than that of solids, more

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spazi collettivi, di quelli tradizionali della reception, dell’attesa, del bar e del ristorante, ma soprattutto di nuovi ambienti quali SPA, fitness center per cure estetiche ed esercizi ginnici, luoghi di meditazione o di incontro, gallerie per lo shopping, spazi per eventi culturali o mondani quali exhibition hall, food plaza, lounge bar. Molti alberghi divengono in questo modo centri di benessere globali e complessi, dotati di una vasta gamma di comforts e servizi integrati al loro interno, configurandosi come le residenze temporanee chic e costose di un nuovo nomadismo intellettuale e fisico, come iper-spazi teatrali carichi di simboli e di significati aggregativi in grado di diventare essi stessi mete di un iter narrativo ancor prima che di un reale spostamento; capaci, in ultima analisi, di assurgere allo status di destinazioni obbligate per un turismo specifico, culturale ed emozionale allo stesso tempo. In tale mutazione gli hotel diventano “città autonome”, caratterizzate dall’ibridazione e dalla molteplicità di programmi funzionali tutti insistenti, sovrapposti e contemporaneamente sviluppati nella medesima struttura spaziale. Un analogo fenomeno di sincretismo funzionale caratterizza oggi anche i nuovi spazi commerciali legati a brand più o meno esclusivi, a catene più o meno diffuse. Da sempre il principale obiettivo della progettazione dei negozi è quello di attrarre i consumatori e di costruire una rappresentazione forte, accattivante e convincente dei beni da collocare sul mercato. Nelle nuove forme e nei nuovi spazi del vendere, al di là dei confini dello shopping tradizionale, il progetto va oltre la semplice definizione di queste caratteristiche, per far sì che il cliente non solo apprezzi le qualità del marchio ma si identifichi con esse, con le esperienze, le atmosfere, gli stili di vita connessi alla produzione, all’acquisto e all’utilizzo del prodotto, o del servizio, che è oggetto della compravendita. Nei concept store e nei flagship store, l’architettura e il design degli interni sono messaggeri persuasivi e accattivanti del brand, parlano un linguaggio dal forte impatto capace di attrarre e guidare l’attenzione del consumatore, di creare in esso una serie di aspettative e una sorta di eccitazione legata alla voglia di scoprire e di interiorizzare un insieme di valori legati al marchio; infine mettono a proprio agio il cliente nel momento della scelta, offrendo spazi e ambientazioni confortevoli e accoglienti. Così anche lo spazio commerciale, come i luoghi per la cura del corpo, o dell’accoglienza alberghiera, si sta trasformando in un contenitore multifunzionale complesso e articolato, in una meta per visitatori che vi si recano oltre che per acquistare un prodotto, soprattutto per aderire ad un’idea e per essere protagonisti di un’esperienza esclusiva [6].

from living systems than from mineral ones. There is nothing really new in philosophical terms: we are simply returning to the fluid world of Democritus and Lucretius, to the world of Venus rather than that of Mars […]. While there is nothing new in philosophical terms, everything changes in practical terms. The “normal” vision of the world, at least in western culture, has been built starting from a philosophy in which “reality” is considered a set of forms and functions immersed and frozen in solid materials. A vision which began in the Neolithic period with the agricultural revolution, was inherited by industrial society, and has been adopted to this day […]. It is in this context

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that design originated and developed, building its own culture and traditional conceptual and operative instruments. Today, nearly a century later, that seemingly solid, simple and unlimited world no longer exists. Its solidity has dissolved into the fluidity of information. […] The depth and velocity of change necessarily shaken the culture and tradition of design. Starting from its very foundations. This is now totally clear. It is perhaps less obvious that in this phase, as in all moments of crisis, the crisis itself opens new, unexplored possibilities by destabilizing the existent» [7]. Design in the fluid world has already overcome the crisis of the scientific-mechanical paradigm and

now seems projected towards new possibilities, placing itself in new phenomenological scenarios within a particularly complex context, refining new instruments so that it is highly sensorial and sustainable, to explore new creative territories. Stone, thanks to the modern technologies that enhance the many sensory qualities, can fully take part in this voyage. While in the old culture of industrial design it never really affirmed itself on a large scale, it now seems a new choice material for destandardized, personalized contemporary design based on limited series or unique objects [8]. Such design, far from an abstract rationality of use, is closer

[6] Tra i numerosi contributi sull’hotelery contemporanea si vedano: David Collins, New hotel. Architecture and design, Londra, Conran Octopus, 2001, pp. 224; Donald Albrecht, New hotels for global nomads, Londra, Merrel Publishers, 2002, pp. 160; Gianluca Peluffo, Hotel. Architetture 1990-2005, Milano, Motta, 2003, pp. 279. Sugli spazi commerciali del terzo millennio si rimanda invece a: Maria Cristina Martinengo, Consumatore e luoghi d’acquisto, Milano, Guerini, 1998, pp. 162; Vanni Codeluppi, Lo spettacolo della merce. I luoghi del consumo dai passages a Disney World, Milano, RCS, 2000, pp. 242; Valeria M. Iannilli, Riflessioni e scenari innovativi nel progetto dl punto vendita, Bologna, Editrice Esculapio, 2002, pp. 220; Otto Riewolot (a cura di), Brandscaping. Worlds of experience in retail design, Basilea, Birkhäuser, 2002, pp. 208; Corinna Dean, The inspired retail space. Attract customers, build branding, increase volume, Gloucester, Rockport Publishers, 2003, pp. 165. Inoltre, per un inquadramento sulle problematiche connesse al design esteso, alla brand identity e al corporate design, cfr. Marco Turinetto, Be Different. Il valore attrattivo del brand-design nelle imprese moda, Milano, Polidesign, 2006, pp. 127.


Sedute in travertino senese firmate da Fadia Bechara. | pp. 236-237. Seat in Sienese travertine by Fadia Bechara.

to the person and tries to blend with the environment, reassessing the constructive role of natural causality; it increasingly loosens the link between form and function and appreciates the density and depth of materials; it loves not only sharp, rectilinear or sinuous edges but also irregular, jagged ones; in the final analysis, it wants just those porous surfaces that improve with aging, those inclusions and textural inhomogeneities that, in the vast universe of stone lithologies, are best expressed by Sienese travertine [9].

NOTES [1] Maria Antonietta Esposito, Non c’è pietra nel design o non c’è design nella pietra?, http://www.architetturadipietra. it/wp/?p=264, 26 october 2006. For further details on the experience of Officina, on Erminio Cidonio as head of Henraux and on the consequent lines of development in Italian stone design between the 1960’s and 80’s see: Anna Vittoria Laghi, “Cidonio, 1963-1965: cronaca di un’utopia” pp. 280-285 and Claudio Giumelli, “Pier Carlo Santini e il design del marmo” pp. 377-412, both in Anna Vittoria Laghi (edited by), Il primato della scultura. Il Novecento a Carrara e dintorni, catalogo della X Biennale Internazionale Città di

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Carrara, Carrara, Artout, 2000, pp. 423; Lara Conte, “L’Henraux: i progetti, i protagonisti (1956-1972)” pp. 36-49, in Costantino Paolicchi, Manuela Della Ducata (edited by), Henraux dal 1821: progetto e materiali per un museo d’impresa, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2007, vol. II, pp. 87. [2] Francois Burkhardt, “Sul design” p. 220, in Beppe Finessi, Su Mangiarotti. Architettura Design Scultura, Milan, Abitare Segesta, 2002, pp. 240. [3] For a social and cultural interpretation that rejects the concept of wellbeing as a dynamic synthesis of body and soul in

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[7] Ezio Manzini, “Il design in un mondo fluido” pp. 15-16, in Paola Bertola, Ezio Manzini (a cura di), Design multiverso, Milano, Polidesign, 2004, pp. 256. [8] Per un inquadramento sul design artigianale di terzo millennio, sul tema del pezzo unico fuori serie o della serie limitata e diversificata si rimanda a: Andrea Branzi, “Un museo diverso”, Interni n. 583, 2007, pp. 49-51; Alfonso Acocella, “Il design litico” pp. 49-54, in Palladio e il design litico, catalogo della mostra, Chiampo, Consorzio Marmisti Chiampo, 2008, pp. 106; Claudia De Giorgi, Claudio Germak (a cura di), Manufatto. Artigianato, comunità, design, Milano, Silvana, 2008, pp. 159. [9] Sui caratteri di destandardizzazione, organicismo, vicinanza all’osservatore e al fruitore dell’oggetto postindustriale si veda Francesca La Rocca, Il tempo opaco degli oggetti. Forme evolutive del design contemporaneo, Milano, Franco Angeli, 2006, pp. 157.

Anche nei processi di trasformazione tipologica, funzionale ed estetica dell’architettura d’interni di alberghi e spazi commerciali il travertino senese ricopre un ruolo strategico e con flessibilità è impiegato come presenza prevalente, o in associazione con altre pregiate pietre italiane, per caratterizzare i luoghi del leisure turistico mondiale, dai grandi resort americani e asiatici, alle raffinate strutture ricettive europee di alto livello. Ed è forse in questi territori di confine che, accanto al design dell’”ambiente litico” fatto di pavimentazioni e rivestimenti, può riacquistare un particolare significato anche il progetto del singolo oggetto in pietra, della singola unità tecnica, formale, simbolica, in una visione arricchente del numero di classi oggettuali che possono andare ad affiancare quelle degli elementi funzionali per la cura e l’igiene del corpo. Emblematica in proposito è la collezione di arredi disegnata da Fadia Bechara e interamente realizzata in travertino rapolanese; la serie è costituita da sedute, basi lapidee per imbottiti, tavoli, mobili di appoggio, vasi e contenitori caratterizzati da geometrie lineari di marcata orizzontalità e dagli spigoli netti. I pezzi sono realizzati tramite il montaggio elementare di lastre spesse o monoliti dalle finiture superficiali lisce e opache, che esaltano le tessiture del travertino per un concept di prodotto basato sulle idee di essenzialità, durata e, soprattutto, naturalità della pietra. Ideato per innescare un rapporto con l’elemento liquido nei bagni, nelle terme e nelle piscine, o per una collocazione privilegiata nei luoghi del lusso contemporaneo, il design litico del terzo millennio mostra un nuovo volto della pietra, un’identità bifronte fatta ancora della tradizionale solidità connaturata alla struttura della materia e, al contempo, di una fluidità, di una dinamica e flessibile disponibilità al polimorfismo applicativo e alle contaminazioni, assicurata da tecnologie digitali fortemente innovative di progettazione e produzione automatizzata. In tal senso la presenza lapidea può incarnare lo spirito del nostro tempo ed è in grado di rispondere con efficacia alle esigenze generali del design contemporaneo identificate con chiarezza da Ezio Manzini: «la società contemporanea sembra perdere di solidità: le sue organizzazioni diventano plastiche, le forme di vita che in essa hanno luogo diventano fluide, ogni progetto tende ad essere flessibile ed ogni scelta si propone come reversibile. Ne deriva che le migliori metafore da utilizzare per descriverla vengano dalla fisica dei fluidi, più che da quella dei solidi, più dai sistemi viventi che da quelli minerali. Nulla di veramente nuovo in termini filosofici: stiamo semplicemente ritornando al mondo fluido di Democrito e di Lucrezio, al mondo di Venere contro quello di Marte […]. Ma se pur nulla è poi così nuovo in termini filosofici, tutto cambia in termini pratici. La “normale” visione del mondo, almeno per quel che riguarda la cultura

favour of a contemporary vision of the body as a project theme, as an object-image-simulacrum, as a text and screen for social representation, see Umberto Galimberti, Il corpo, Milan, Feltrinelli, 2005, (1st ed. 1983), pp. 599 and in particular the sections “Fenomenologia del corpo: l’ingenuità” (pp. 113-266), “Sociologia del corpo: l’iscrizione” (pp. 369-476), “Semiologia del corpo: l’ambivalenza” (pp. 477-578). [4] For a detailed discussion of the link between third millennium changes in the human body and the typological transformation of the contemporary bathroom see Gianluca Sgalippa, Post-bagno.

Corpo, ambiente e design nell’età delle mutazioni tipologiche, Milan, Tecniche Nuove, 2006, pp. 151. [5] See Giovanni Cutolo, Lusso e Design. Etica, estetica e mercato del gusto, Milan, Abitare Segesta, 2003, pp. 130. [6] The numerous works on contemporary hotel accommodation include: David Collins, New hotel. Architecture and design, London, Conran Octopus, 2001, pp. 224; Donald Albrecht, New hotels for global nomads, London, Merrel Publishers, 2002, pp. 160; Gianluca Peluffo, Hotel. Architetture 19902005, Milan, Motta, 2003, pp. 279. For more on third millennium

retail spaces see: Maria Cristina Martinengo, Consumatore e luoghi d’acquisto, Milan, Guerini, 1998, pp. 162; Vanni Codeluppi, Lo spettacolo della merce. I luoghi del consumo dai passages a Disney World, Milan, RCS, 2000, pp. 242; Valeria M. Iannilli, Riflessioni e scenari innovativi nel progetto dl punto vendita, Bologna, Editrice Esculapio, 2002, pp. 220; Otto Riewolot (edited by), Brandscaping. Worlds of experience in retail design, Basel, Birkhäuser , 2002, pp. 208; Corinna Dean, The inspired retail space. Attract customers, build branding, increase volume, Gloucester, Rockport Publishers, 2003, pp.

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occidentale, è stata infatti costruita a partire da un modello di pensiero in cui la “realtà” viene considerata come un insieme di forme e funzioni immerse e congelate in materiali solidi. Un modo di vedere iniziato nell’epoca neolitica, con la rivoluzione agricola, ereditato dalla società industriale ed utilizzato fino ad ora […]. Ed è in questo contesto che il design è nato e si è sviluppato costruendo la propria cultura ed i propri tradizionali strumenti concettuali ed operativi. Oggi, quasi un secolo dopo, quel mondo che appariva solido semplice e illimitato non esiste più. La solidità si è sciolta nella fluidità delle informazioni. […] La profondità e la velocità del cambiamento avvenuto non può che mettere in crisi la cultura e la prassi del design. A partire dai suoi stessi fondamenti. Questo è oggi del tutto chiaro. Forse meno chiaro è che, in questa fase, come in tutti i momenti di crisi, è la crisi stessa che, destabilizzando l’esistente, apre anche nuove, impensate possibilità» [7]. Il design del mondo fluido ha già superato la crisi del paradigma scientifico-meccanicista e appare oggi lanciato nel percorrere le strade aperte da tali possibilità, inserendosi in nuovi scenari fenomenologici, calandosi in un quadro di particolare complessità, affinando inediti strumenti per essere altamente sensoriale e sostenibile, per esplorare nuovi territori creativi; la pietra, grazie alle tecnologie contemporanee che ne esaltano le molteplici qualità sensoriali, può a pieno titolo partecipare a questo viaggio, e se nella vecchia cultura del disegno industriale non si è mai sostanzialmente affermata su larga scala, oggi sembra poter essere uno dei materiali d’elezione per un design contemporaneo de-standardizzato, personalizzabile, basato sulla piccola serie o sull’oggetto unico [8]. Tale design, lontano da un’astratta razionalità d’uso per essere più vicino alla persona, cerca la reintegrazione nell’ambiente e rivaluta il ruolo costruttivo della casualità naturale; esso vede allentarsi sempre più il legame tra forma e funzione ed apprezza la densità e la profondità dei materiali; ama i bordi netti, rettilinei o sinuosi, ma anche quelli irregolari e frastagliati; vuole, in ultima analisi, proprio quelle superfici porose disposte ad impreziosirsi con l’invecchiamento, quelle inclusioni e quelle disomogeneità tessiturali che, nello smisurato universo litologico, il travertino senese, massimamente, ci mostra [9].

165. Furthermore, for an overview of issues linked to extended design, brand identity and corporate design, cf. Marco Turinetto, Be Different. Il valore attrattivo del branddesign nelle imprese moda, Milan, Polidesign, 2006, pp. 127. [7] Ezio Manzini, “Il design in un mondo fluido” pp. 15-16, in Paola Bertola, Ezio Manzini (edited by), Design multiverso, Milan, Polidesign, 2004, pp. 256. [8] For an overview of third millennium artisan design, in which advanced working technologies coexist with the traditional know-how of craftsmen, of unique custom-built pieces or of limited, diversified series

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see: Andrea Branzi, “Un museo diverso”, Interni n. 583, 2007, pp. 49-51; Alfonso Acocella, “Il design litico” pp. 49-54, in Palladio e il design litico, exhibition catalogue, Chiampo, 2008, pp. 106; Claudia De Giorgi, Claudio Germak (edited by), Manufatto. Artigianato, comunità, design, Milan, Silvana, 2008, pp. 159. [9] For the characteristics of destandardization, organicism, vicinity to the observer and the enduser of the object see Francesca La Rocca, Il tempo opaco degli oggetti. Forme evolutive del design contemporaneo, Milan, Franco Angeli, 2006, pp. 157.


Schizzi progettuali, viste e dettagli di una grande vasca per idromassaggio in travertino di Rapolano disegnata dallo Studio Gargano Fagioli. | pp. 239-241. Project sketches, views and details of a large travertine whirlpool tub in Rapolano travertine designed by Studio Gargano Fagioli.

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TRA MONUMENTO E ARTE AMBIENTALE Il travertino nella scultura contemporanea


Alessandra Acocella

TRA MONUMENT0 E ARTE AMBIENTALE Il travertino nella scultura contemporanea L’arte non è una geometria fantastica, oppure una topologia più complessa: è invece legata al peso, alla densità, alla luce, al colore. Henry Focillon, Vita delle forme (1943)

[1] Henry Focillon, “Le forme nella materia”, p. 51 in Vita delle forme seguito da Elogio della mano, Torino, Einaudi, 1990, pp. 134 (ed. or. Vie des formes suivi de Éloge de la main, Paris, Presses Universitaires de France, 1943).

Ogni opera d’arte si rivela a noi osservatori nella sua dualità tra materia e forma. Queste due nozioni, sin dalle antiche teorie dell’arte e dell’estetica, sono state per lo più considerate come antitetiche, designando col termine materia ciò che si trova in natura allo stato passivo, bruto, indeterminato, mentre con quello di forma l’aspetto intenzionalizzato ed esteriore delle cose: delineato, preciso, conchiuso. Henry Focillon, nel celebre saggio La vita delle forme (1943), ci invita – invece – ad abbandonare quest’antinomia e a considerare materia e forma legate in un accordo indissolubile e irriducibile nel loro equilibrio finale e particolare dell’opera, nel quale nessuna delle due entità domina sull’altra: la forma non è univocamente indotta dal materiale impiegato, così come quest’ultimo non è deterministicamente assoggettabile a qualsiasi volontà creatrice. La materia, nonostante il suo essere sostanza amorfa, bruta, indistinta, possiede – comunque – essa stessa una propria “vocazione formale” (determinata da specifiche caratteristiche d’origine quali consistenza costitutiva, peso, colore, grana, ed altre ancora) che “richiama” e “alimenta” l’ideazione e la successiva realizzazione della forma artistica. Di contro la materia, plasmata dal pensiero e dalle mani fino ad approdare alle forme d’artificio, subisce una profonda trasformazione tale da essere separata irreversibilmente da quell’informe mondo d’origine al quale era appartenuta: «Il legno della statua non è il legno dell’albero; il marmo scolpito non è più il marmo della miniera; l’oro fuso è un metallo inedito; il mattone, cotto e messo in opera, è senza rapporto con l’argilla della cava» [1]. E così il legno, il metallo, il mattone, la pietra, ricevono dalle diverse creazioni artistiche una nuova vita, un cambiamento del loro decorso naturale. La materia è trasformata in qualcosa di altro. L’azione scultorea volta a scalfire, manipolare, plasmare la materia nelle varie forme plastiche si lega imprescindibilmente all’innata aspirazione dell’uomo a lasciare nel mondo segni tangibili, atti a rappresentare indelebilmente e a tramandare nel corso del tempo idee, pulsioni, poetiche, accadimenti. Il concetto di artefatto plastico si connette così a quello più astratto e impalpabile di ricordo, di memoria, di monumento (dal latino monēre, richiamare alla mente, ricordare) con cui si designa qualsiasi opera d’arte – sia architettonica che scultorea – eretta come memento, come testimonianza fattiva di un qualcosa che si vuole “imprimere” indelebilmente nello scorrere del tempo.

Between monument and site-specific art. Travertine in modern sculpture Art is not simply a kind of fantastic geometry, or even a kind of particularly complex topology. Art is bound to weight, density, light and colour. Henri Focillon, The Life of Forms in Art (first English translation 1942)

Paolo Schiavocampo, Labirinto, Rapolano Terme, 1994. | p. 242. Photo by Paolo Schiavocampo, Labirinto, Rapolano Terme, 1994.

Each work of art is revealed to us in its duality of matter and form. Starting from the ancient theories of art and aesthetics, these two concepts have generally been considered antithetic. Matter is that which is found in nature in a passive, unrefined, undetermined state, whereas

form is the intentional, exterior appearance of things: delineated, precise, complete. In his famous essay The Life of Forms in Art (first published in France in 1934), Henri Focillon invites us to abandon this contrast and to consider matter and form as indissolubly and irreducibly linked in the final equilibrium of the work, in which neither of the two entities dominates the other: form is not univocally determined by the material used, nor can the latter be shaped at will. Although matter is an amorphous, unrefined, indistinct substance, it nonetheless possesses a characteristic “formal vocation” (determined by its specific original characteristics

such as density, weight, colour, grain, etc.) which “suggests” and “directs” the conception and subsequent creation of form (the work). On the other hand matter, shaped by ideas and hands into a work of art, undergoes a profound transformation, such that it is irreversibly separated from its original informity: «The wood of the statue is no longer the wood of the tree; sculpted marble is no longer marble from the quarry; gold that is cast and hammered out is a metal without precedent; the brick that is baked and constructed bears no relationship to clay from the clay pit.» [1]. In the different artistic creations, wood, metal, brick and stone thus

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Gian Lorenzo Bernini, Fontana dei Fiumi, Roma, 1648-51. Gian Lorenzo Bernini, Fontana dei Fiumi, Rome, 1648-51.

receive new life, a change from their natural course. Matter is transformed into something different. The sculptor’s attempt to incise, manipulate and model the material into its various plastic forms is inextricably linked to man’s innate desire to leave a tangible mark on the world, an indelible impression in order to hand down to posterity ideas, drives, poetics, events. The concept of plastic artefact is therefore linked to the more abstract, impalpable idea of recollection, memory and monument (from the Latin monēre, to remind, recall) associated with any work of art – architectonic or sculptural – erected to commemorate and bear witness to

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something intended to be indelibly “impressed” in time. The logic of a monument – at the origin of the extremely abundant traditional sculptural production – has repeatedly promoted certain characteristics which have been codified through the centuries: a large scale, symbolic value, emphasis on the site, permanence and durability. It is in virtue of the latter aspect that the choice material of artists for creating monuments– besides metal for casting – has generally always been stone, with its great bulk, strength and hardness, resistant to the inexorable passage of time. With the start of the avant-garde cultural movement in the early 20th

century, a long list of new mediums were added to the those traditionally used in sculpture. Through the centuries, this list has come to include a wide variety of elements: machines, neon, water, soil, ice, fire, electricity, scraps of cloth, closed-circuit videos, photographs, etc.. Nowadays anything can be included in “the expanded field” of modern sculpture. In this context the words of Umberto Boccioni appear prophetic. In the 1912 Technical Manifesto of Futurist Sculpture he declares: «It is necessary to destroy the pretended nobility, entirely literary and traditional, of marble and bronze and deny squarely that one must use a single material for a sculptural ensemble.


Louise Bourgeois, Number Seventy-Two (The No March), Storm King Art Center, New York, 1972. Louise Bourgeois, Number Seventy-Two (The No March), Storm King Art Center, New York, 1972.

Even twenty different materials may contribute to a single work for the sole purpose of eliciting a plastic emotion. We list a few: glass, cardboard, iron, cement, horsehair, leather, cloth, mirrors, electric lights, etc.» [2]. Although stone – in particular traditional stone– is no longer the only possible choice of material for an artist to physically represent his ideas, its use throughout the 20th century and at the start of the 21st century, even in the context of innovative research, must not be underrated or ignored. In the first half of the 20th century, marble and other stones continued to be the choice material for both

La logica del monumento – all’origine dell’abbondantissima produzione scultorea tradizionale – ha promosso ricorrentemente specifiche caratteristiche, codificatesi poi nel corso dei secoli: grande scala, valenza simbolica, enfatizzazione del luogo, volontà di permanenza e di durata. Ed è proprio in virtù di quest’ultimo aspetto che, da sempre, i materiali scelti dagli artisti per erigere monumenti – oltre quelli metallici, di fusione – sono stati prevalentemente quelli lapidei, dalla mole estesa, forte e dura, resistenti allo scorrere inesorabile del tempo. Con l’azione culturale rivoluzionaria aperta dalla stagione delle avanguardie di inizio Novecento, ai materiali di tradizione si sono aggiunti tutta una serie di nuovi medium che nel corso del secolo hanno finito per abbracciare un repertorio molto variegato di elementi (macchine, neon, acqua, terra, ghiaccio, fuoco, elettricità, scarti di tessuti, video a circuito chiuso, fotografie…). Oggi tutto può entrare a far parte di questo “campo artistico allargato” quale è la scultura contemporanea. Profetiche a questo proposito appaiono le parole di Umberto Boccioni che già nel “Manifesto tecnico della scultura futurista” del 1912 proclamava: «Distruggere la nobiltà tutta letteraria e tradizionale del marmo e del bronzo. Negare l’esclusività di una materia per la intera costruzione d’un insieme scultorio. Affermare che anche venti materie diverse possono concorrere in una sola opera allo scopo dell’emozione plastica. Ne enumeriamo alcune: vetro, cartone, ferro, cemento, crine, cuoio, stoffa, specchi, luce elettrica, ecc. ecc.» [2]. E così, nonostante oggi i materiali lapidei – ed in generale quelli tradizionali – non siano più l’unica possibilità che l’artista ha per dare un corpo solido alle proprie idee, non va sottovalutato o trascurato il loro utilizzo nel corso del XX secolo e in avvio del XXI, anche nell’ambito di ricerche innovative. Infatti nella prima metà del Novecento i marmi e le altre pietre hanno continuato a svolgere il ruolo di materiali d’elezione sia per gli artisti legati al “ritorno all’ordine” degli anni Venti e Trenta dalla vocazione neo-tradizionalista quali, in Italia, Arturo Martini, Marino Marini, Adolfo Wildt, sia per coloro che hanno attuato un forte rinnovamento della concezione plastico-scultorea come Costantin Brancusi, Amedeo Modigliani, Jean Arp, Henry Moore, solo per citarne alcuni. Inoltre anche nell’ambito delle radicali ricerche intraprese a partire dagli anni Sessanta, i materiali lapidei sono stati rivalutati da numerosi artisti dell’area minimale e processuale (Carl Andre, Sol Le-Witt, Robert Morris, Richard Serra, Louise Bourgeois), dell’Arte Povera italiana (in

artists with a neo-traditionalist vocation linked to the “return to order” of the 1920’s and 30’s (for example, in Italy, Arturo Martini, Marino Marini and Adolfo Wildt) and those advocating a strong renewal of the plasticsculptural conception (Costantin Brancusi, Amedeo Modigliani, Jean Arp and Henry Moore, among others). Furthermore, even in the context of the radical experimentation which began in the 1960’s, stone has been revalorized by numerous artists working in the fields of minimal and process art (Carl Andre, Sol Le-Witt, Robert Morris, Richard Serra and Louise Bourgeois), of Italian Arte Povera (in particular Giovanni Anselmo, Giuseppe Penone

and Michelangelo Pistoletto) and by those who have contemplated the sculpture medium in a purely environmental context, taking advantage of its strong “naturalistic” presence and its durability. Although episodic and fragmentary, it is just this “history” of the encounter between an ancient, rightly famous material such as travertine and some artistic forms which we will attempt to reconstruct herein, bearing witness to the significant use which has continued to be made of this stone in modern times. Travertine, with its original and imposing porous solidity, has a particularly strong vocation, lasting and monumental, by virtue of its

excellent durability and resistance to atmospheric agents: the passage of time affects it only imperceptibly; light reveals its variegated texture as well as marks and colours; rain, which can deposit in the surface fissures, recalls the “aquatic origin” of this stone. Numerous historical monuments, for centuries subject to the incessant action of atmospheric agents (water, wind, thermal stress, pollution), stand at the centre of ancient squares or in front of majestic palaces, revealing to the passer-by the bulk and resistance of the material from which they are made. Famous among these is the Fontana dei Fiumi (1648-1651) by Gian Lorenzo

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[2] Umberto Boccioni, “Manifesto tecnico della scultura futurista” p. 171 in Laura Mattioli Rossi (a cura di), Boccioni: pittore scultore futurista (catalogo dell’esposizione, Milano, Palazzo Reale, 6 ottobre - 7 gennaio 2007), Milano, Skira, 2006, pp. 191. [3] Rosalind Krauss, “La scultura nel campo allargato”, pp. 283297 in L’originalità dell’avanguardia e altri miti modernisti, Roma, Fazi, 2007, pp. 333 (ed. or. The Originality of the Avant-Garde and Other Modernist Myths, Cambridge, MIT Press, 1985).

Costantin Brancusi, Porte du baiser, Tirgu Jiu, Romania, 1937-38. Vista generale e particolare. Costantin Brancusi, Porte du baiser, Tirgu Jiu, Romania, 1937-38. General view and detail.

particolare Giovanni Anselmo, Giuseppe Penone e Michelangelo Pistoletto) e da tutti coloro che hanno sviluppato una riflessione sul medium scultoreo in direzione prettamente ambientale, sfruttandone la forte presenza “naturalistica” e la resistenza al tempo. Ed è proprio la “storia”, seppur episodica e frammentaria, dell’incontro tra una materia antica, giustamente famosa – quale è il travertino – ed alcune forme artistiche che tenteremo qui di ricostruire, a testimonianza del significativo uso che se n’è continuato fare nel corso dell’epoca contemporanea. Il travertino, con la sua originale e possente consistenza litica porosa, possiede una vocazione particolarmente forte, durativa e monumentale, in virtù dell’ottimo rapporto che instaura con il tempo e l’atmosfera: il tempo scorre scalfendolo solo impercettibilmente; la luce ne rivela la sua variegata tessitura insieme a segni e colori; la pioggia, in grado di depositarsi nelle fessure superficiali, sembra ricordare di questa materia la sua “origine acquatica”. Numerosi monumenti del passato, da secoli soggetti all’incessante opera degli agenti esterni (acqua dilavante, vento, stress termici, inquinamento), si stagliano al centro di antiche piazze o di fronte a grandiosi palazzi, manifestando agli occhi dei passanti la mole e la resistenza della materia di cui sono fatti. Tra questi un celebre esempio è la Fontana dei Fiumi (1648-1651) di Gian Lorenzo Bernini che domina piazza Navona col suo grande scoglio di travertino atto a ospitare i quattro giganti di marmo (personificazioni dei fiumi dei continenti allora noti) e a sorreggere l’obelisco coronato da una colomba con un ramoscello d’ulivo: una grandiosa macchina scenica volta a simboleggiare la pace regnante in tutto il mondo sotto il pontificato di Innocenzo X Pamphili, committente dell’opera. Ma se l’arte del passato appare ricca di sculture-monumento dalla mole pietrosa e dura, atte a “solidificare” luoghi pubblici restituendone rappresentazioni simboliche, solenni e grandiose, al contrario quella contemporanea può essere letta come un orizzonte diverso contrassegnato da un progressivo – anche se mai totale – allontanamento da questa vocazione monumentale. Seguendo la tesi della critica Rosalind Krauss, esposta nel celebre saggio “La scultura nel campo allargato”(1978) [3], l’artista che ha sancito la definitiva rottura tra scultura e monumento tradizionalmente inteso è stato il rumeno Costantin Brancusi. Numerose sue opere dalle forme pure e perfettamente levigate, non possiedono più nessuna caratteristica degli artefatti celebrativi del passato: ogni aderenza al contesto reale in cui l’opera si inserisce è stata abolita (persino

Bernini which dominates Piazza Navona; a large travertine block sustains the four marble giants (personification of the great rivers of the four known continents known at the time) and the obelisk crowned by a dove holding an olive branch. This is a majestic scenic work to symbolize the reign of world peace under the pontificate of Pope Innocent X Pamphili, by whom it was commissioned. Artwork from the past is rich in monumental sculptures fashioned from hard stone, used to “give emphasis” to public spaces, providing solemn and majestic symbolic representations, whereas modern works have progressively departed from, though never entirely,

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this monumental vocation. Following the thesis of critic Rosalind Krauss, explained in the famous work “Sculpture in the Expanded Field” (1978) [3], the artist who sanctioned the definitive break between sculpture and traditional monument is the Romanian Costantin Brancusi. Many of his works with pure, perfectly smooth forms no longer possess any of the characteristics of the celebrated works of art from the past. Any reference to the real context in which the work is placed is abolished (even the pedestal, a mark of its “connection” to a specific location, is absorbed and cancelled in the actual sculpture), any symbolic, rhetorical or conven-


Costantin Brancusi, Table du silence, Tirgu Jiu, Romania, 1937-38. Vista generale e particolare. | pp. 248-249. Costantin Brancusi, Table du silence, Tirgu Jiu, Romania, 1937-38. General view and detail.

il piedistallo, segno della “saldatura” ad un luogo specifico, viene assorbito e annullato nel corpo stesso della scultura), ogni significato simbolico, retorico o convenzionale cancellato; la scultura assume forme libere di astrazione. A ben riflettere, però, negli ultimi anni della sua vita Brancusi sembra allontanarsi dalla concezione delle precedenti sculture con la realizzazione di un complesso scultoreo a Tirgu-Jiu (1937-1938), in Romania, il quale manifesta una spiccata tendenza al monumentale. La materia che Brancusi sceglie per realizzare due opere di questo insieme scultoreo è il travertino, in virtù della sua capacità di vibrare all’unisono con l’ambiente, mutando il suo aspetto a seconda dell’incidenza della luce e della quantità di ombre restituite dal suo tessuto vacuolare nelle varie ore del giorno. Nella Porte du baiser – simbolica soglia d’entrata al tempio immaginario dell’amore – ciò che a prima vista colpisce l’osservatore è l’armonico contrasto tra la severa struttura trilitica e la finezza della decorazione. Il portale, composto da due massicci pilastri sormontati da un architrave altrettanto poderoso, si rivela così in tutta la sua solenne arcaicità. Questo viene impreziosito da un disegno plastico maggiormente scavato nei sostegni ed appena inciso nella parte superiore che riprende, in maniera radicalmente stilizzata, il motivo dei due amanti abbracciati della celebre scultura del Baiser. La profondità dei tagli nella pietra è stata

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[4] Costantin Brancusi, “Aforismi”, p. 35 in Paola Mola (a cura di), Costantin Brancusi. Aforismi, Milano, Abscondita, 2001, pp. 130.

accuratamente studiata da Brancusi in base al contrasto tra luce ed ombra che questi avrebbero generato; scelta posta a testimoniare la forte attenzione dello scultore verso l’interazione tra la porosa matericità del travertino e il dato atmosferico. La seconda opera, sempre appartenente al complesso monumentale di Tirgu-Jiu ed interamente realizzata in travertino, è la Table du silence, una grande tavola circolare intorno alla quale sono disposti dodici sgabelli formati da due semisfere sovrapposte. Tale scultura – in virtù dell’essenzialità e solennità della forma – sembra appartenere ad un tempo mitico, assoluto e atemporale, che corrisponde per Brancusi alla dimensione della meditazione, del silenzio nel quale «sia la vita che la morte, come la materia, si fondono» [4]. Così come è avvenuto nel percorso artistico di Brancusi, anche la fase matura di Henry Moore è caratterizzata da un progressivo abbandono del piccolo e medio formato scultoreo per abbracciare la scala monumentale, prevalentemente in funzione della collocazione all’aperto dell’artefatto plastico. L’occasione di realizzare la scultura più grandiosa di tutta la sua carriera arriva per l’artista inglese nel 1955 quando l’UNESCO gli commissiona una grande opera da collocare davanti alla sua sede parigina. La scelta prioritaria per questa scultura riguarda l’individuazione del materiale, che in questo caso ricade sul travertino, impiegato frequentemente dall’artista nelle opere di piccole dimensioni e non sul bronzo come richiedeva il committente, in modo che la mole chiara, dal colore caldo, dell’artefatto si stagliasse in maniera netta rispetto al moderno edificio di acciaio e vetro scuro.

tional significance is cancelled, and the sculpture assumes free, abstract forms. In the last years of his life Brancusi seems to distance himself from the conception of previous sculptures: the sculptural ensemble he creates at Tirgu-Jiu (1937-1938), in Romania, greatly resembles the traditional monument. To create two of the works in this sculptural ensemble Brancusi selects travertine because of its capacity to vibrate in unison with the environment, changing its appearance according to the direction of light and the number of shadows produced by its porous texture in the different hours of the day. In Porte

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du baiser – symbolic threshold to an imaginary temple of love – that which first strikes the observer is the contrast between the severe trilithon structure and the fine decoration. The gate, consisting of two massive pillars surmounted by an equally massive architrave, thus shows itself in all its archaic solemnity. It is embellished with a plastic design that is more incised in the pillars, and to a lesser extent above, which recalls, in a radically stylized manner, the motif of the famous Baiser sculpture: two lovers embracing. The depth of incisions in the stone and the contrast they create between light and shadow was carefully studied by Brancusi;

this testifies to the sculptor’s careful attention to the interaction between the porosity of travertine and atmospheric conditions. The second work, again belonging to the Tirgu-Jiu monumental ensemble and entirely sculpted in travertine, is the Table du silence, a large round table surrounded by twelve stools formed by two superimposed semispheres. This sculpture – by virtue of the essentialness and solemnity of its form – seems to belong to a mythic temple, absolute and timeless. This, for Brancusi, corresponds to the dimension of meditation, of the silence in which «both life and death, like matter, merge» [4].


Henry Moore nei laboratori apuani di Querceta; Moore durante la realizzazione dell’opera Reclining Figure. Henry Moore in the Querceto (Apuan Alps) workshop; below, Moore at work on his Reclining Figure.

Henry Moore, Reclining Figure, Parigi, 1957-58. | p. 251. Henry Moore, Reclining Figure, Paris, 1957-58.

Una volta individuata la materia, lo scultore si applica sulla forma da far emergere in questo gigantesco blocco di travertino che meglio interpretasse il tema assegnato dalla committenza: “L’assistenza dell’umanità attraverso l’educazione e la scienza”. Dopo varie ipotesi prevale l’idea della Reclining Figure, personale interpretazione della scultura tolteco-maya del dio della pioggia Chac-Mool, più volte ripresa dallo scultore. La divinità maschile, dall’originale posizione supina, viene trasformata in una archetipica figura femminile a cui viene assegnato il ruolo di grande madre protettrice ed educatrice. Per scolpire le sessanta tonnellate di travertino Moore si reca in Toscana presso il laboratorio Henraux di Querceta, in quegli anni diretto in maniera illuminata da Erminio Cidonio che apre ad un’originale collaborazione con numerosi artisti italiani e stranieri. Qui lo scultore inglese può avvalersi della preziosa collaborazione di alcuni maestri scalpellini che sbozzano l’enorme blocco e lo assistono mentre finisce di scolpire e modellare l’opera con le sue mani. Distesa su di un piedistallo-piattaforma anch’esso di travertino, la possente Reclining Figure prende distanza dallo scuro fondale architettonico a composizione ortogonale – progettato da Marcel Breuer e Pier Luigi Nervi – non solo per la differente tonalità cromatica del materiale, ma anche per l’immaginario figurale organico al quale essa allude, molto lontano dalla razionale e meccanicistica modernità simboleggiata qui dall’edificio. Prima di identificarsi come figura umana, la scultura di Moore sembra rivendicare il suo statuto di roccia levigata, grazie alle sue forme stondate, flessuose, continue, che non sembrano scolpite dagli utensili dell’uomo, ma originate dal vento e dalle carezze modellanti dell’acqua. Questo carattere naturalistico ed organico della scultura, questo suo essere prima di tutto pietra, è una diretta conseguenza della forte attenzione che l’artista ripone alla varietas delle forme della materia litica. Prima di pensare alla figurazione da assegnare al blocco prescelto, egli riflette sulle sue caratteristiche costitutive d’origine e, dunque, nel caso specifico del travertino, alla sua monolitica massività, alla sua calda tonalità e discontinua porosità, così come al modo in cui esso ha reagito alle forze naturali, poiché queste nel corso del tempo ne hanno generato le sue intime qualità: «La pietra – afferma Moore – è dura, densa e non dovrà essere snaturata dandole l’aspetto e la morbidezza delle carni. È importante non contraddire la logica interna del materiale, non forzarlo mai fino al punto in cui, stravolgendone la struttura, se ne provocherebbe l’indebolimento» [5].

As in the case of Brancusi, Henry Moore’s later years are characterised by a progressive abandonment of sculptures of small and medium size for ones of monumental scale, mostly in relation to their being positioned out of doors. In 1955 Moore has the occasion to create the most majestic sculpture of his entire career: the UNESCO commissions him to create a large work to be placed in front of its seat in Paris. The most important choice in this sculpture regards the selection of material- in this case travertine (often used by the artist in his smaller works) and not bronze, as requested by the client - so that

the warm, light colour of the work stands out against the steel and dark glass of the modern building. Once the material is selected, the sculptor applies himself to shaping the gigantic block of travertine so that it reflects the theme assigned by the client: “Assistance to humanity through education and science”. After considering various hypotheses, the idea of a Reclining Figure is finally accepted; it is a personal interpretation of the Toltec-Mayan sculpture of the rain god Chac-Mool, a primary motif of Moore’s sculpture. The male divinity, originally in a reclining position, is transformed into an archetypal female figure to which is assigned

the role of great protective mother and educator. In order to sculpt the sixty tons of travertine, Moore travels to Henraux di Querceta’s workshop in Tuscany, in those years directed by the enlightened Erminio Cidonio, who welcomes original collaborations with numerous Italian and foreign artists. Here the English sculptor can avail himself of the precious collaboration of some master stone-cutters who rough-hew the enormous block and assist him while he finishes sculpting and modelling the work with his own hands. Reclining on a travertine pedestalplatform, the powerful Reclining Figure stands out against

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[5] Henry Moore, “Le qualità della scultura”, p. 12 in Alessandra Salvini (a cura di), Henry Moore. Sulla scultura, Milano, Abscondita, 2002, pp. 71.

E così la Reclining Figure di Parigi si rivela a noi come una donna semisdraiata le cui membra non nascondono ma, al contrario, esaltano la materia di cui sono fatte: le sue cavità vacuolari non sono riempite, la sua scabrezza non viene levigata ed il suo colore caldo e chiaro viene esaltato grazie al contrasto con la brunita facciata dell’edificio retrostante che fa da sfondo. Nell’ambito della scultura in travertino, le opere realizzate da Costantin Brancusi e Henry Moore sono indubbiamente tra gli esempi più celebri. Nonostante la novità del loro lessico formale, i due artefatti appartenenti al complesso di Tirgu-Jiu e la Recling Figure di Parigi ripropongono le vocazioni monumentali proprie della scultura tradizionale: grande scala, valenza simbolica, intenso e sottolineato rapporto con l’ambiente all’aperto in cui sono collocati e fruiti.

the dark architectonic backdrop with its orthogonal composition - designed by Marcel Breuer and Pier Luigi Nervi - not only for the different chromatic tonality of the material, but also for the imaginary organic figure to which it alludes, very far from the rational and mechanical modernity symbolised by the building. Before revealing itself to be a human figure, Moore’s sculpture seems to claim its status of smooth stone, thanks to its rounded, pliant and continuous forms, which don’t seem to have been sculpted by human instruments but by the wind and the caressing waters. This naturalistic and organic characteristic of sculpture, its stone

essence, is a direct consequence of the artist’s careful attention to the variety of shapes of stone materials. Before deciding on the shape to assign to the selected block, he reflects on its original constitutional characteristics and, in the specific case of travertine, its monolithic massiveness, its warm tonality and discontinuous porosity, and how it has reacted to natural forces, because these, through time, have generated its inherent qualities: «Stone – states Moore – is hard, dense and must its nature must not be compromised by giving it the appearance and softness of flesh. The inner logic of the material must not be contradicted, or forced to the

point the structure is distorted and weakened» [5]. Thus the Reclining Figure in Paris reveals itself as a semi-reclining woman whose limbs do not hide but, on the contrary, emphasize the material of which they are made: the pores are not filled in, its roughness is not smoothed and its warm, pale colour is highlighted through the contrast with the burnished facade of the building in the background. In the context of travertine sculpture, the works of Costantin Brancusi and Henry Moore are no doubt the most famous examples. Notwithstanding the novelty of their formal lexicon, the two works


Il Parco dell’Acqua a Rapolano Terme.

The Parco dell’Acqua at Rapolano Terme. Paolo Schiavocampo, Labirinto, Rapolano Terme, 1994. | p. 253. Paolo Schiavocampo, Labirinto, Rapolano Terme, 1994.

In Italia, numerosi altri artisti si sono confrontati – soprattutto dalla seconda metà del Novecento – con la solida materia porosa, storicamente legata al nostro Paese in virtù dei numerosi siti d’estrazione, fra cui i principali nella Toscana, nel Lazio, in Umbria e nelle Marche. Tra tutti lo scultore che ha fatto del travertino il suo materiale d’elezione è stato indubbiamente Pietro Cascella, impiegandolo in opere di grandi dimensioni collocate in contesti ambientali particolari quali Arco della Pace a Tel Aviv (1971), Nascita dell’uomo nuovo a Sasso Marconi (1971), Cento anni di lavoro a Parma (1979-1982), Monumento ai Caduti (1989) a Pescara, solo per citarne alcuni. Tali sculture sembrano aderire con forza alla logica antica dei monumenti posti a segnare inequivocabilmente i luoghi attraverso rappresentazioni spiccatamente celebrative, come ad esempio l’opera Cento anni di lavoro, realizzata per commemorare il centenario di attività dell’industria Barilla, dove possenti figure di travertino dalle forme arcaicizzanti – collocate all’interno di una vera e propria piazza quadrata in continuum materico – alludono simbolicamente alla ciclicità della vita e alla fertilità della terra. Numerosi altri artisti contemporanei italiani hanno continuato ad impiegare il travertino in contesti esterni – consapevoli, anch’essi, della sua spiccata qualità a resistere e a dialogare con il tempo – ma, a differenza di Pietro Cascella, si sono o allontanati dalla tendenza monumentale o, quantomeno, hanno tentato dare un’interpretazione fortemente innovativa dell’idea stessa di monumentalità. Nel distanziamento dalla concezione di monumento tradizionalmente inteso si inserisce la ricerca dello scultore di origini siciliane Paolo Schiavocampo, che a Rapolano Terme ha realizzato due progetti entrambi incentrati sull’impiego del travertino locale e sulla sua interazione col dato ambientale: Progetto Ambiente (1980-1985) presso i giardini del Piazzone e Labirinto (1994), collocato davanti alle terme dell’Antica Querciolaia. Per comprendere a pieno i lavori di Schiavocampo, è necessario introdurre il concetto di Arte ambientale, evidenziando come questa abbia rivoluzionato sostanzialmente l’idea stessa dell’artefatto scultoreo monumentale e lo stesso rapporto fra l’opera e il luogo entro cui viene installata. A partire dai primi anni Settanta un gran numero di artisti, per lo più americani – quali Robert Smithson, Michel Heizer, Richard Serra, Walter De Maria, Robert Morris… – scelgono di confrontare il loro lavoro con il contesto paesaggistico, realizzando non più oggetti scultorei esposti in gallerie o musei, o isolatamente eretti in forma di monumenti “singolari”, bensì allestendo veri e propri luoghi all’aperto attraverso costruzioni denominate site-specific. Per

belonging to the Tirgu-Jiu ensemble and the Reclining Figure in Paris recall the monumental vocation of traditional sculpture: a large scale, symbolic value, an intense and marked relationship with the outside environment in which they are displayed. In Italy, particularly in the second half of the 20th century, numerous other artists measured themselves against the solid porous material historically linked to this country by virtue of the numerous quarries, mainly in Tuscany, Lazio, Umbria and Marche. Without doubt, of these sculptors, it is Pietro Cascella who has made travertine his material of choice; he has used it

in his large-scale works on display in particular contexts, for example Arco della Pace in Tel Aviv (1971), Nascita dell’uomo nuovo at Sasso Marconi (1971), Cento anni di lavoro in Parma (1982), Monumento ai Caduti (1989) in Pescara, among others. These sculptures seem to distinctly follow the ancient logic of placing monuments to mark sites with clearly celebrative representations. For example, in Cento anni di lavoro, created to commemorate the centenary of Barilla industrial activity, the imposing travertine figures that recall archaic forms– placed within a square lined with the same material –symbolically allude to the cyclicity of life and Earth’s fertility.

Numerous other contemporary Italian artists have continued to use travertine in outdoor contexts – fully aware of its high durability and capacity to resist weathering; however, in contrast to Pietro Cascella, they have distanced themselves from monumental sculpture or they have at least attempted to give a highly innovative interpretation of the idea of monumentality. Studies by Sicilian sculptor Paolo Schiavocampo also distance themselves from the traditional conception of a monument. The sculptor completed two projects in Rapolano Terme, both using local travertine and focusing on its interaction with the existing landscape: Progetto Am-

biente (1980-1985) in the gardens of the Piazzone (the main square) and Labirinto (1994), in front of the Antica Querciolaia spa. In order to fully understand the works of Schiavocampo, one must introduce the concept of sitespecific art, highlighting how it has substantially revolutionized the idea of monumental sculpture and the relationship between a work and the area in which it is displayed. Starting in the 1970’s many (mostly American) artists, for example Robert Smithson, Michel Heizer, Richard Serra, Walter De Maria and Robert Morris, choosing to insert their work within the context of the environment, created sculptures

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gli artisti precedentemente citati – e per tutti coloro che continueranno a muoversi in questa direzione – operare all’interno del paesaggio non assume il significato della presa di possesso o della “simbolizzazione” del luogo reale attraverso una rappresentazione scultorea, solenne e grandiosa propria dei monumenti tradizionali. Realizzare costruzioni site-specific equivale ad intervenire direttamente sulla topologia del sito ambientale, interpretandola e valorizzandola attraverso nuovi segni capaci di entrare in sintonia sensibile ed equilibrata con il contesto in cui si interviene. È quello che accade a Rapolano con il Progetto Ambiente coordinato da Schiavocampo: una serie di artefatti in travertino collocati in un’area verde e realizzati dal tedesco Rainer Irgang e dai giapponesi Kosei Maeda, Jashito Fujibe, Kiwame Kubo. Tra le finalità principali di questo intervento vi è senza dubbio quella di connettere l’operare plastico con le preeesistenze ambientali della suggestiva pietra locale – il tipico travertino di Rapolano – e con tutto l’inestimabile patrimonio di sapienza artigiana delle lavorazioni litiche, arricchendo così il tessuto urbano di significative presenze scultoree «che fungessero da memoria antropologica del materiale stesso» [6]. Da questa esperienza è nato inoltre il progetto di Cooperativa di Scalpellini, di cui Paolo Schiavocampo è stato direttore dal 1981 al 1985. Sempre in travertino rapolenese è il Labirinto realizzato da Schiavocampo e permanentemente installato nella città termale. L’artista descrive così le motivazioni che lo hanno portato a scegliere per questa sua grande opera ambientale la suggestiva pietra porosa: «[Considero il travertino] un materiale naturale, selvaggio, frutto di una stratificazione calcarea recente, che quando si essicca rimane poroso, con cavità, punti vuoti ed asperità che lo rendono molto adatto per le grandi opere da collocare all’aria aperta; una pietra solare, perché si esalta proprio con la luminosità della luce. Ed il suo colore, la sua struttura, la sue porosità si adattano benissimo per le opere all’aperto» [7]. Il labirinto di Schiavocampo si compone di nove grandi lastre litiche alte oltre due metri, disposte verticalmente sul terreno; di queste una è collocata al centro, mentre le rimanenti posizionate, a due a due, alle estremità. Tali “pareti” verticali sono tutte infisse direttamente nel terreno; caratteristica, questa, che si distanzia totalmente dalla tradizionale “saldatura” al luogo propria dei monumenti attraverso la cerniera del piedistallo, presentando, invece, un’evidente analogia con quella dei complessi neolitici – primo fra tutti Stonehenge – i cui vari monoliti sono intenzionalmente posizionati e innalzati direttamente dal suolo.

not to be displayed in galleries or museums or as single isolated monuments but in specific outdoor sites. In the case of the abovementioned artists and for all those working in this direction – operating within the environment does not mean that the actual site is taken over or “absorbed” by the sculpture, solemn and majestic, as in the case of traditional monuments. The creation of site-specific works requires direct intervention on the topology of the site, interpreting and enhancing it through works in substantial harmony and equilibrium with the environment in which one operates. This is the case of the Progetto Ambiente in Rapolano coordinated by

Schiavocampo: a series of travertine works by the German Rainer Irgang and by Japanese sculptors Kosei Maeda, Jashito Fujibe and Kiwame Kubo to be displayed in a park area. One of the main aims of this project is no doubt that of linking the plastic work to the preexisting presence on the site of the suggestive local stone– Rapolano’s typical travertine – as well as to the expertise and longstanding artisan tradition in stone-working. The urban fabric is thus enriched with expressive sculptural works «providing an anthropological record of the material itself» [6]. The Stoneworkers’ Cooperative, directed by Paolo Schiavocampo from 1981 to

1985, also stems from this project. Schiavocampo again used Rapolano travertine to create Labirinto, a work permanently on display in the spa town. The artist explains his reasons for choosing the suggestive porous stone for this large site-specific work as follows: «[I consider travertine] a natural material, primitive, the fruit of recent calcareous stratification, which when it dries remains porous, with cavities, voids and asperities that make it highly suited for large works to be installed outdoors; a solar stone, because it is enhanced by the luminosity of light. Its colour, structure and porosity are perfectly suited to outdoor works» [7].

[6] Cristina Piersimoni, “Il travertino nella scultura”, p. 28 in Cristina Piersimoni (a cura di), Le Pietre di Rapolano, Siena, Stampa Grafiche Pistolesi, S.A., pp. 63. [7] La citazione di Paolo Schiavocampo è stata tratta da Michele Taddei, “Da Rapolano ad Hattingen”, pp. 9-10 in Paolo Schiavocampo. Sculture per una città termale (catalogo dell’esposizione, Rapolano, Terme Antica Querciolaia, 27 agosto-30 ottobre 1994), Maschietto & Musolino, 1994, pp. 46.

The labyrinth by Schiavocampo consists of nine large stone slabs more than two meters high placed vertically on the ground; one of these is positioned at the centre, whereas the others are placed two by two at the extremities. These vertical “walls” are all directly anchored to the ground, breaking completely from the traditional “link” to a site through the use of a pedestal; this innovative aspect shows a clear analogy with the Neolithic complexes – first and foremost Stonehenge – in which the different monoliths are intentionally positioned on and raised directly from the ground. The labyrinth-like space created by

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Igor Mitoraj, Dea Roma, Roma, 1997. Viste generali e particolari. | pp. 254-255. Igor Mitoraj, Dea Roma, Rome, 1997. General view and detail.

Schiavocampo in Rapolano is not narrow and tortuous like those often created by certain contemporary artists (above all by the American Robert Morris), but is an open space intended for both contemplation and play. The sculptor himself states that the idea behind this labyrinth is not that of an introverted path (of which complex, dangerous mazes are a symbol) but that of play, which he defines «man’s most natural activity» [8]. This playful spirit is found in another plastic work sculpted in travertine: Leoncini by Michelangelo Pistoletto. The sculpture, on permanent display in the inner gardens of the Palazzo di Giustizia in Turin, was

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derived from a single stone block (the artist began to use stone materials in the second half of the 1980’s to transpose small works in rigid polyurethane onto a larger scale), sculpted so that two small lions resting on a rectangular base lie plastically one on top of the other. Notwithstanding the similarity with ancient statues of felines placed at the entrance of churches or historical palaces to symbolize the strength and custody of power, the Leoncini by Pistoletto move in a diametrically opposite direction. The artist substitutes the fierce marble lions in a canonical rampant pose of traditional monuments with two small animals tenderly

crouching one on top of the other; he uses travertine, a monumental but discrete material to highlight this intentional diversity. The Leoncini embody the idea of “antimonumental lightness” mentioned in an interview by Germano Celant: «I took on the sculpture as a dead, inert monumentality, and placed it in a condition of instability, of lack of control, weight and significance, to then revive and relive it both in cut of the present and the immobility of the past» [9]. Germano Celant concludes that the Pistoletto’s remark is not merely destructive, aimed at declaring “the death of the monument”, but proposes – in an ironic and refined

manner – a new idea of disjointed, light, unstable monumentality in keeping with the modern age. Michelangelo Pistoletto has attempted to overturn the logic of historical monuments through some kind of “plastic miniaturization”, whereas sculptor Igor Mitoraj proposes their nostalgic evocation, well aware of the deep fracture dividing the modern vision of monuments from the myth of Antiquity. A profound lover and connoisseur of stone materials, Mitoraj – of Polish origin but resident in Tuscany since the 1980’s – could not escape the fascination of Italian stones, and of travertine in particular, for which he


[8] La citazione di Paolo Schiavocampo è stata tratta da Michele Taddei, “Da Rapolano ad Hattingen”, p.18 in Paolo Schiavocampo. Sculture per una città termale (catalogo dell’esposizione, Rapolano, Terme Antica Querciolaia, 27 agosto-30 ottobre 1994), Siena, Maschietto & Musolino, 1994, pp. 46.

Lo spazio dedalico ricreato da Schiavocampo a Rapolano non è quello angusto e tortuoso più volte realizzato da alcuni artisti contemporanei (primo fra tutti dall’americano Robert Morris), ma un luogo aperto, atto ad essere vissuto in maniera empatica e ludica dai vari fruitori. Ed infatti è lo stesso scultore ad indicarci che l’idea sottesa al suo labirinto non è quella di un percorso introverso (di cui i dedali intricati e pericolosi sono simbolo) ma quella del gioco, che egli definisce «l’attività più naturale dell’uomo» [8]. Tale spirito ludico è rintracciabile in un altro artefatto plastico in travertino: i Leoncini di Michelangelo Pistoletto. La scultura, collocata permanentemente nei giardini interni del Palazzo di Giustizia di Torino, è stata ricavata da un unico blocco litico (l’artista inizia ad impiegare i materiali lapidei a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta per trasporre in grande scala gli artefatti più contenuti in poliuretano rigido), modellato in modo tale da far emergere due piccoli leoni composti plasticamente l’uno sull’altro e adagiati su un basamento rettangolare. Nonostante la somiglianza con le antiche statue di felini poste all’entrata di chiese o palazzi storici a simboleggiare la forza e la custodia del potere, i Leoncini di Pistoletto si muovono in una direzione diametralmente opposta. Ai fieri leoni marmorei in posa rampante canonici della tradizione monumentale, l’artista sostituisce due piccoli animali accovacciati teneramente l’uno sull’altro, e se si avvale del travertino, materiale monumentale e discreto allo stesso tempo, è proprio per accentuare tale diversità intenzionale. I Leoncini incarnano quell’idea di “leggerezza anti-monumentale” a cui accenna in un’intervista rilasciata a Germano Celant: «Ho assunto la scultura come monumentalità morta, inerte, per metterla in condizione di instabilità, di mancanza di controllo, di peso, di significato, quindi risuscitarla e riviverla nel taglio del presente e l’immobilità del passato» [9]. Alla luce di questa riflessione si evince come il discorso di Pistoletto non sia meramente distruttivo, volto a denunciare “la morte del monumento”, ma propositivo e pronto a rilanciare – in modo ironico e raffinato – una nuova idea di monumentalità frammentaria, lieve, instabile, capace di aderire all’epoca contemporanea. Se Michelangelo Pistoletto ha tentato di ribaltare attraverso una sorta di “miniaturizzazione plastica” la logica propria dei monumenti del passato, lo scultore Igor Mitoraj ne ha proposto una rievocazione nostalgica, ma pur sempre consapevole della profonda frattura che separa la visione monumentale contemporanea dal mito dell’Antico.

gave a brief but vibrant definition in a recent interview: «[Travertine is a stone] full of asperities, cavities, fissures, but it is these very characteristics that give it its strength and charm. Its pores and vacuoles, absorb and reflect the light, allowing free interplay between light and shadow. It is a stone that lives, throbs, vibrates, breathes, transpires» [10]. A material with a pulsating surface full of life and that – like human skin – is never uniformly smooth or continuous, but has asperities, porosity, fissures. Mitoraj makes the most of these intrinsic qualities of the stone to create the majestic heads of heroes such as Tindaro

(1997) and Eroi di luce (1997); however, only in Dea Roma (1997) does travertine become – as he himself admits – extremely familiar, due to the long time required to complete the work (about two and a half years), lived in close contact with the material: enjoying it, investigating it, “testing it” in its specific reaction to working and surface treatments. The work represents an enigmatic face of colossal size, about six meters high, placed on a triangular-shaped body of water in which it is reflected and from which it receives indirect light, thereby dominating the open space between the tree-lined

Michelangelo Pistoletto, Leoncini, 1993. Modello dell’originale conservato a Torino. Michelangelo Pistoletto, Leoncini, 1993. Copy of the original preserved in Turin.

walls of Piazza Monte Grappa in Rome. A heroic head which aspires to be first of all a personal homage to the Eternal City, one comparable to the majestic monuments in travertine, which, with their imposing size, attempt to defy the passage of time, aspiring to eternity. Despite the aspiration to permanence and duration, the modern statue by Mitoraj is just a fragment, a finding of “imaginary archaeology”, not unlike the colossal Late-Roman head of Constantine, which time has mutilated and detached from the remaining limbs. A “fragmented monumentality”, which in the work of Mitoraj seems

to nostalgically observe the overwhelming distance that divides us from Antiquity – which may only be understood through evocation, mythicization, citation – and allude for an instant, as though in a dream, to man’s ability to defy time by raising imposing monuments in stone; these, however, «through alternating phases of adoration, admiration, love, contempt or indifference, and successive degrees of erosion and wear» [11], are bit by bit returned to the state of unformed mineral mass out of which the sculptors had taken them.

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Da profondo amante e conoscitore dei materiali lapidei, Mitoraj – di origini polacche ma residente dagli anni Ottanta in Toscana – non poteva sfuggire al fascino delle pietre d’Italia e del travertino in particolare, di cui consegna una sintetica ma vibrante definizione in una recente intervista: «[Il travertino è una pietra] gremita di asperità, caverne, fessure, ma proprio da queste caratteristiche trae la sua forza e il suo fascino. Per i suoi pori e i suoi vuoti, assorbe e riflette la luce, consentendo il libero gioco della luce e dell’ombra. È una pietra che vive, freme, vibra, respira, traspira» [10]. Una materia, dunque, dalla superficie pulsante e carica di vita che – al pari della pelle dell’uomo – non appare mai omogeneamente liscia e continua ma si rivela in tutte le sue asperità, porosità, screpolature. Ed è proprio esaltando le qualità intrinseche di questa pietra che Mitoraj dà vita a grandiose teste eroiche quali Tindaro (1997) ed Eroi di luce (1997), anche se è solo con Dea Roma (1997) che il travertino diventa – per sua stessa ammissione – estremamente familiare, in relazione alla lunga fase di realizzazione dell’opera (durata circa due anni e mezzo) vissuta a stretto contatto con la materia: fruendola, indagandola, “saggiandola” nelle sue specifiche disponibilità di lavorazione e di trattamento superficiale. L’opera restituisce un enigmatico volto dalle dimensioni colossali, circa sei metri di altezza, installato su uno specchio d’acqua dalla forma triangolare in cui si riflette e riceve luce indiretta, dominando così lo spazio aperto tra le quinte arboree di Piazza Monte Grappa a Roma. Una testa eroica che vuol essere prima di tutto un personale omaggio alla Città Eterna, capace di confrontarsi con i suoi grandiosi monumenti di travertino, i quali, con la loro mole corposa, intentano una sfida allo scorrere del tempo, anelando all’eternità. Eppure nonostante il suo profondo desiderio di permanenza e durata, la moderna statua di Mitoraj si rivela già come un frammento, un reperto di “archeologia fantastica”, non dissimile dalla colossale testa tardo romana di Costantino, consegnataci dal tempo mutila e staccata dalle restanti membra. Una “monumentalità frammentaria” che nell’opera di Mitoraj sembra nostalgicamente guardare all’incolmabile distanza che ci separa dall’Antico – afferrabile solo per evocazioni, mitizzazioni, citazioni – e alludere ancora per un istante, come in un sogno, alla possibilità per l’uomo di sfidare il tempo innalzando possenti monumenti di pietra, salvo poi questi, «attraverso un alternarsi di adorazione, di ammirazione, di amore, di spregio o indifferenza, per gradi successivi di erosione e di usura» [11], essere riconsegnati a quella informe materia a cui lo scultore li aveva sottratti.

NOTES [1] Henry Focillon, “Le forme nella materia”, p. 51 in Vita delle forme seguito da Elogio della mano, Torino, Einaudi, 1990, pp. 134 (ed. or. Vie des formes suivi de Éloge de la main, Paris, Presses Universitaires de France, 1934). [2] Umberto Boccioni, “Manifesto tecnico della scultura futurista” p. 171 in Laura Mattioli Rossi (edited by), Boccioni: pittore scultore futurista (exhibition catalogue, Milan, Palazzo Reale, 6 October -7 January 2007), Milan, Skira, 2006, pp. 191 [3] Rosalind Krauss, “La scultura nel campo allargato”, pp. 283-297 in L’originalità dell’avanguardia e altri miti modernisti, Roma, Fazi, 2007, pp. 333

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(ed. or. The Originality of the AvantGarde and Other Modernist Myths, Cambridge, MIT Press, 1985) [4] Costantin Brancusi, “Aforismi”, p. 35 in Paola Mola (edited by), Costantin Brancusi. Aforismi, Milano, Abscondita, 2001, pp. 130 [5] Henry Moore, “Le qualità della scultura”, p. 12 in Alessandra Salvini (edited by), Henry Moore. Sulla scultura, Milano, Abscondita, 2002, pp. 71 [6] Cristina Piersimoni, “Il travertino nella scultura”, p. 28 in Cristina Piersimoni (edited by), Le Pietre di Rapolano, Siena, Stampa Grafiche Pistolesi, S.A., pp. 63

[9] Germano Celant e Michelangelo Pistoletto, “Monumentalità senza peso”, p.182 in Germano Celant, Pistoletto, Milano, Fabbri editori, 1990, pp. 250. [10] Costanzo Costantini, Igor Mitoraj, “La materia domata”, p. 139 in Costanzo Costantini, Conversazioni con Igor Mitoraj. L’enigma della pietra, Roma, Il Cigno, 2004, pp. 189. [11] Marguerite Yourcenar, “Il Tempo, grande scultore”, p. 51 in Marguerite Yourcenar, Il Tempo, grande scultore, Torino, Einaudi, 1994, pp. 214 (ed. or. Marguerite Yourcenar, Le Temps, ce grand sculpteur, Paris, Éditions Gallimard, 1983).

[7] The quote by Paolo Schiavocampo was taken from Michele Taddei, “Da Rapolano ad Hattingen”, pp. 9-10 in Paolo Schiavocampo. Sculture per una città termale (exhibition catalogue, Rapolano, Terme Antica Querciolaia, 27 August-30 October 1994), Maschietto & Musolino, 1994, pp. 46

[9] Germano Celant and Michelangelo Pistoletto, “Monumentalità senza peso”, p. 182 in Germano Celant, Pistoletto, Milan, Fabbri editori, 1990, pp. 250

[8] La citazione di Paolo Schiavocampo è stata tratta da Michele Taddei, “Da Rapolano ad Hattingen”, p. 18 in Paolo Schiavocampo. Sculture per una città termale (catalogo dell’esposizione, Rapolano, Terme Antica Querciolaia, 27 August-30 October 1994), Maschietto & Musolino, 1994, pp. 46

[11] Marguerite Yourcenar, “Il Tempo, grande scultore”, p. 51 in Marguerite Yourcenar, Il Tempo, grande scultore, Torino, Einaudi, 1994, pp. 214 (ed. or. Marguerite Yourcenar, Le Temps, ce grand sculpteur, Paris, Éditions Gallimard, 1983) Esiste la traduzione inglese del libro: That Mighty Sculptor, Time (Farrar Straus).

[10] Costanzo Costantini, Igor Mitoraj, “La materia domata”, p. 139 in Costanzo Costantini, Conversazioni con Igor Mitoraj. L’enigma della pietra, Rome, Il Cigno, 2004, pp. 189



MATERIA FORMA E SOGNO Architetture contemporanee in travertino


Luigi Alini

MATERIA, FORMA E SOGNO Architetture contemporanee in travertino Un grande sognatore obbedisce ai sogni intimi d’una sostanza magica; se ascolta con attenzione le confidenze mormorate dalla materia. Gaston Bachelard, Il diritto di sognare (1975) [1].

[1] Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Bari, Dedalo, 1975, p. 51 (tit. or. Le droit de rever, Presses Universitares de France, 1970). [2] Cfr Henri Focillon, Vita delle forme, Torino, Einaudi, 2002 (tit. or. Vie des Formes, 1943), pp. 130. [3] Sergio Givone “Arte e tecnica”, p. 11, in Maria Chiara Torricelli e Antonio Lauria (a cura di), Ricerca, tecnologia, architettura. Un diario a più voci, Pisa, ETS, 2008. [4] Louis Kahn, “Architettura: silenzio e luce”, p.138, (tit. or. “Silente and light”, The Royal Architectural Institute of Canada Journal, n. 10, 1957) ora in Maria Bonaiti, Architettura è. Louis Kahn, gli scritti, Milano, Electa, 2002, p. 175.

L’opera di architettura pone l’architetto progettista dinanzi ad una sfida: da un lato la materia con la sua “sostanza”, la sua “gravità”, la sua natura terrena; dall’altro il mondo delle idee, delle forme che nella materia s’inverano [2]. Questa costante “lotta” rientra in un sistema di relazioni complesse e non sempre riconducibili a dati razionali. Se da un lato le connessioni materia-forma sono riferibili a “quantità misurabili” (costo, prestazioni, tecniche, ecc.) dall’altro lato alcuni aspetti sfuggono a una valutazione oggettiva e rientrano in una sfera dell’imponderabile, si muovono nell’alveo insondabile del “sogno”, delle motivazioni personali, intime, non “spiegabili”, non “dicibili”. La forma come eidos – parola greca che rimanda all’idea, all’immagine – ci riconduce alla natura interna e invisibile delle cose, alla materia come condensazione di una sostanza: «l’eidos è ciò che causa ad una cosa quel che è, cosa è, e senza la quale perde significato» [3]. Nel momento in cui mettiamo in relazione forma e materia non distinguiamo più l’una dall’altra, non rileviamo più una separatezza tra una realtà oggettiva di partenza (la materia), ed una fase d’arrivo (la forma); riconosciamo nella dualità forma-materia un accordo biunivoco di fatto. La forma non è più principio esterno che agisce sulla “massa passiva” della sostanza materica. Il travertino all’interno della varietas delle pietre è quella che per connotazioni storiche e simboliche si presta, più di altre, ad una riflessione di questo tipo. Cosicché, l’indagine compiuta sulle architetture contemporanee in travertino, più che essere una rassegna o un repertorio storicocronologico, è soprattutto il tentativo di individuare le motivazioni che hanno spinto i progettisti verso tale risorsa litologica. Materia, forma e sogno agiscono all’unisono: «l’idealità della forma segue il desiderio di realizzare un sogno o una fede e parla di cose inseparabili» [4]. Questa affermazione di Louis Kahn ci propone un punto di vista in cui le architetture – di là del contingente – rimandano ad analogie possibili, evidenziano quel sottile filo che unisce idealmente edifici anche temporalmente distanti fra loro. Ed è questo il percorso interpretativo che abbiamo provato a seguire, nel tentativo di rintracciare le “matrici generative” che nel caso del travertino e delle sue molteplici declinazioni ci è parso di cogliere a partire da due capolavori dell’architettura contemporanea: il Padiglione tedesco all’Esposizione di Barcellona del 1929 e il Kimbell Art Museum a Fort Worth nel Texas del 1966, rispettivamente di Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969) e Louis I. Khan (1901-1974).

materiaL, Form AND DREAM Travertine in contemporary architecture A great dreamer obeys the intimate dreams of a magical substance if he listens carefully to the confidential murmuring of the material [1].

Padiglione tedesco per l’Esposizione universale di Barcellona (1929/1983-86), di Ludwig Mies van der Rohe. Scorci interni con il pavimento in travertino in primo piano. | pp. 258, 261. The German Pavilion for the l’Esposizione universale di Barcelona (1929/1983-86), di Ludwig Mies van der Rohe. Scorci interni con il pavimento in travertino in primo piano.

An architectural work is a challenge for the designer: the “substance” and “gravity” of a material and its earthly nature is juxtaposed with the realm of ideas and of shapes that then take on a reality [2]. This constant “contrast” is part of a system of complex relationships that cannot always be ascribed to rational data. The link between material and form

can be ascribed to “measurable quantities” (cost, performance, techniques, etc.), whereas some aspects cannot be objectively assessed and fall into the realm of the imponderable, moving in the unfathomable realm of “dreams” and of personal, intimate, “inexplicable”, “unmentionable” motivations. Eidos – a Greek word referring to ideas, images – brings us back to the inner, invisible nature of things, to material as a condensation of a substance: «eidos is that which gives a substance its identity, without which it loses significance» [3]. The moment we establish a link between shape and material, we no longer distinguish one from

the other, we no longer discern between the initial objective reality (the material) and the final phase (form); in the duality form-material we identify an existing biunivocal agreement. Form is no longer an external factor acting on the “passive mass” of the material substance. Among the different types of stone, travertine is that which due to its historical and symbolic connotations best lends itself to this type of reflection. The completed investigation of travertine in contemporary architecture, more than an overview or a historical-chronological report, represents an attempt to identify the motivations that spurred designers

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to use this lithological resource. Material, form and dream act in unison: «the ideality of form follows the desire to fulfil a dream or a faith and speaks of inseparable elements» [4]. With this affirmation Louis Kahn suggests that architecture – irrespective of circumstances – expresses possible similarities and highlights the fine line ideally connecting even temporally distant buildings. We have followed this interpretative path in an attempt to trace the “formation matrix”, which in the case of travertine and its various forms seems to be found in two masterpieces of contemporary architecture: the German Pavilion for the 1929 Barcelona Expo by Ludwig Mies van der

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Rohe (1886-1969), and the Kimbell Art Museum in Fort Worth, Texas, completed in 1966 and designed by Louis I. Kahn (1901-1974). Examining the essential characteristics of these two works, we looked for analogies and associations with other significant contemporary architectural works in travertine [5]. We use travertine to “trace” the factual dimension of architecture in which the realm of ideas and that of forms converse through dreams, a charter of an “original material” belonging to an “ontology of the imaginal” [6]. Travertine, a “primordial material”, takes on a sense and meaning that goes beyond practicality. The architect as creator not only

solves functional, social and economic issues: his work is part of a figurative study in which the material is a source of “poetic intentionality”. The tangible substance of travertine, its grain, porosity and usage, show analogies and differences, suggesting the persistence and evolution of the inner “linguistic properties” of the technological culture of the project. Although Mies’s Pavilion and Kahn’s Kimbell Art Museum are built from the same material, they differ in their philosophy, reverie and dreams expressed by the material: that which represents surface and plane for Mies is mass and hollow for Kahn. All that is lightness in the works of Mies is gravity in those of Kahn. In


Dai caratteri fondativi di queste due opere, si sono poi ricercate analogie e associazioni tra altre significative architetture contemporanee in travertino [5]. Abbiamo assunto il travertino come “traccia” della dimensione fattuale dell’architettura in cui il mondo delle idee e delle forme dialoga tramite il sogno; statuto di una “materia originaria” inscritta in una “ontologia dell’immaginale” [6]. “Materia primordiale”, il travertino, assume un senso ed un significato che sopravanza la ragione pratica. L’architetto, in qualità di creatore, non è solo un risolutore di necessità funzionali, sociali, economiche, la sua azione è parte di una ricerca figurativa in cui la materia è sorgente di “intenzionalità poetiche”. La sostanza tangibile del travertino, la sua grana, la sua porosità, i modi d’uso, nell’insieme rivelano analogie e differenze, indicano il permanere e l’evolversi di “caratteri linguistici” interni alla cultura tecnologica del progetto. Le differenze tra il Padiglione di Mies e il Kimbell Art Museum di Kahn, pur dove permane la stessa materia, sono l’esito di un diverso pensiero, di una rêverie, di sogni accolti nella materia: quello che per Mies è superficie e piano per Kahn è massa e scavo. Ciò che nell’opera di Mies è leggerezza in Kahn è gravità. Diversamente da Mies, «Kahn è, nei fatti, classico, per la solidità e la simmetria delle sue forme (…). Applica con convinzione i più avanzati strumenti tecnologici, ma questo non gli impedisce affatto di usare la pietra come elemento portante (…). Ha un culto da razionalista della stereometria» [7]. Nel Padiglione di Barcellona Mies solidifica i capisaldi del modernismo. La superficie-piano, sia nello spazio interno sia in quello esterno, è omogenea, ininterrotta, anche nel suo sviluppo verticale, che in continuità col piano orizzontale è parte di un unico registro: superficie scritturale “sfuggente”, “neutra”, silente. La presenza e la grana del travertino, la sua natura porosa si rivela nella relazione materia-luce, sotto l’azione della luce. La superficie guadagna profondità quando la luce la inonda e per estensione inonda anche la nostra immaginazione materiale: «l’immaginazione afferma che ciò che illumina vede. La luce vede» [8]. Tra la continuità delle superfici architettoniche e la discontinuità del tessuto litico poroso del travertino si genera un’assonanza misteriosa. Quello che appare a distanza continuo, omogeneo, ad una indagine ravvicinata rivela la sua natura geologica, porosa, con la sua ricchezza di fori tessiturali di varia forma, dimensione, dislocazione: la materia è “parlante, significante e nascondente” (Eraclito). È lo sguardo che esercitiamo su di essa a fare la differenza.

[5] Le opere prese in esame nella nostra indagine sono: Salk Institute a La Jolla in California (1959) di Louis Kahn; Fondazione Querini Stampalia a Venezia (1963) di Carlo Scarpa; Centre de Cultura Contemporània di Barcellona (1993) di Albert Viaplana & Helio Piñón; Paul Getty Center a Los Angeles (1995) di Richard Meier; Centro Balear de Innovaciòn Tecnologica a Maiorca (1998) di Alberto Campo Baeza; Auditorio de la Ciudad de León (2002) di Luis Moreno Mansilla e Emilio Tuñón; Nasher Sculpture Museum (2003) a Dallas e County Museum of Art-LACMA (2008) a Los Angeles, di Renzo Piano; Nuova Biblioteca dell’Università di Dresda (2003) di Ortner & Ortner; Casa della Musica (2005) a Porto di Rem Koolhaas; Lotus House (2005) di Kengo Kuma; Museum Ritter a Waldenbuch (2005) di Max Dudler Architekt; Jakob Synagogue a Monaco (2006) di Hoefer + Lorch; Horten Headquarters a Copenaghen (2009) di 3XN Architects. [6] Cfr. Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Bari, Dedalo, 1975, p. 75.

contrast to Mies, «Kahn is in actual fact classic in the solidity and symmetry of his forms (…). He applies advanced technological instruments with conviction, but this does not prevent him from using the stone as a load-bearing element (…). He has a cult of a rationalist of stereometry» [7]. In the Barcelona Pavilion Mies reinforces the cornerstones of Modernism. The surface-plane in both inner and outer spaces is homogeneous and continuous. Even in its vertical extension, in continuity with the horizontal plane, it is part of a single theme: a “fleeting”, “neutral”, silent record. The presence and grain of travertine and its porous nature is

revealed in the relationship material-light under the effect of light. The surface gains depth when flooded by light, which consequently also inundates our material imagination: «imagination asserts, that which illuminates sees. Light sees» [8]. A mysterious assonance develops between the continuity of architectonic surfaces and the discontinuity of the porous fabric of travertine. That which seems continuous, homogeneous, on closer inspection reveals its geological, porous nature. Through the pores of various shape, size and position the material “speaks, is significant and conceals” (Heraclites). It is our gaze that makes the difference .

Light-shadow heightens the transition from the two-dimensionality of the surface plane to the threedimensionality of the wall surface, which Mies enhances in the pavilion through the use of massive elements, both at the head of the wall and the “floor fold” by the pool of water. The size of the slabs of the wall surface doubles with respect to that of the slabs used in the planar floor surface. This ambiguous relationship between mass-gravity and surface-lightness generates a suspension, such that the reflection of the wall panels in the water is that of a vibrant, elusive, suspended stone material, producing «a dialectic of reflection and depth. Its as

[7] Nicola Braghieri, Buoni edifici, meravigliose rovine. Louis Kahn e il mestiere dell’architettura, Milano, Feltrinelli, 2005, p. 11. Queste differenze sono particolarmente interessanti se collocate anche in una prospettiva storiografica: sono gli anni in cui lo Stile Internazionale produce una sorta di “frattura” con la tradizione. Nel 1932 la mostra Modern Architecture: International Exhibition curata da Philip Johnson e HenryRussell al MOMA di New York celebra la tendenza dominante.

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Kimbell Art Museum (1967-72) a Forth Worth, di Louis I. Kahn. Vista, laterale e prospettica, del “modulo navata” con volta a botte. Kimbell Art Museum (1967-72) at Forth Worth, by Louis I. Kahn. Lateral and perspective view of the barrel-vaulted ceiling.

Nel suo intervento al congresso del CIAM del 1959, in pieno modernismo, Kahn manifestò tutta la sua perplessità sull’architettura funzionalista. Kahn non aderì mai all’estetica dominante dell’International Style, la storia, la tradizione, la continuità tematica costituirono per lui un modello operativo. Col suo lavoro contribuì a mettere in crisi la concezione modernista di un azzeramento dell’espressività materica a vantaggio di superfici piatte ed omogenee. Kahn era difficilmente inquadrabile entro categorie. Egli «affrontava i temi della atemporalità della materia e della purezza dei metodi di costruzione (…). Le osservazioni di Kahn sui materiali sono fondamentali nella sua ideologia essenzialista, che ha consentito al suo lavoro di essere radicalmente progressista eppure sorprendentemente contestuale e radicato nell’antichità» (Joseph Rosa, Kahn, Colonia, Taschen, 2007, p.15). È pertanto evidente che la distanza tra Mies e Kahn non è solo temporale, il comune interesse che questi due interpreti del Novecento hanno manifestato per il travertino incarna una posizione “ideologica” ma anche due diverse ‘categorie dello spirito’, un modo di interpretare la materia.(Cfr. Maria Bonaiti, Louis Kahn, gli scritti, Milano, Electa, 2002). [8] Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Bari, Dedalo, 1975, p. 75.

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though an obscure material rose up from the water bottom to feed the reflection» [9]. The water surface is a boundary through which the real can communicate with the imaginary, substance, material and dream. Although Mies adopts classicist canons (proportion, rhythm, sequence and interval), he also “betrays” them: he applies these compositional principles within a renewed, transformed lexicon. The wall panels are placed around an empty, evocative space that amplifies the presence of a mysterious internal centrifugal force. «If on the one hand emptiness is the bearer of the individuality of parts, on the other hand it ensures a subtle game

of visual relationships, revealing the true, original essence of the work. No element (…) has an intrinsic value; at the first, sudden perception of individuality the wider fabric of relationships within the work manifests itself, acting visually on the neutral backdrop of the travertine floor» [10]. Kahn addresses these same themes giving a different interpretation of substance-material, and of its symbolic value of “inherited memory”. In the Kimbell Art Museum the expressive force goes beyond the factual dimension. The monumental “vocation” of Kahn, with his emphasis on gravity, robustness and permanence, con-

trasts with the emerging concepts of lightness and transparency found in the work of Mies. He borrows from the past to develop a new idea of monumentality, that spiritual quality which explicates the “eternal” character of the construction. In his famous 1944 essay, “Monumentality”, Kahn states: «monumentality is an enigma; it cannot be created intentionally and not even [the use of] the most noble materials can guarantee that a work possesses the characteristics of monumentality». Kahn sets the vision of the open, fluent, instable space of the Barcelona Pavilion against that of a stable, unitary space, a monumental interpretation of emptiness


[9] Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Bari, Dedalo, 1975 (tit. or. Le droit de reve, 1970), p. 12.

La luce-ombra esalta il passaggio dalla bidimensionalità del piano-superficie alla tridimensionalità della superficie-muro, che il Mies del Padiglione sottolinea attraverso l’uso di elementi massivi, sia nella testata del muro sia nella “piega pavimentale” in corrispondenza della vasca d’acqua. La dimensione delle lastre della superficie-muraria si raddoppia rispetto a quella utilizzata per il piano-superficie pavimentale. Quest’ambigua relazione tra le intonazioni di massagravità e di superficie-leggerezza genera una sorta di sospensione, tanto più che i setti murari, riflessi sullo specchio d’acqua, mostrano una sostanza litica vibrante, inafferrabile, sospesa. Si produce così «una dialettica del riflesso e della profondità. È come se dal fondo acquatico un’oscura materia salisse ad alimentare il riflesso» [9]. La superficie dell’acqua – piano liminare – mette in comunicazione reale ed immaginario, sostanza, materia e sogno. Mies pur ricorrendo ad un codice classicista (proporzione, ritmo, sequenza, intervallo) opera un “tradimento”; declina questi principi compositivi all’interno di un lessico rinnovato, trasfigurato. I setti murari sono posti intorno ad un vuoto, uno spazio evocativo che amplifica la presenza di una misteriosa forza centrifuga interna. «Se però il vuoto, da un lato, è portatore di individualità delle parti, dall’altro assicura un sottile gioco di relazioni visive, disvelando la vera ed originale essenza dell’opera. Nessun elemento (…) assume un valore in se stesso; alla prima, subitanea, percezione di individualità si manifesta la trama di relazioni più ampia dell’opera che agisce in senso ottico sul fondo neutro del pavimento in travertino» [10].

based on the contribution of the force of mass, of the weight of gravity, of the chiaroscuro relationship between light and shadow. Light falls from the zenith and floods the lower levels, producing a solemn atmosphere in his buildings. In this context travertine is well suited for the creation of monuments, for “translating” a “lofty, free” dream. In the Kimbell Art Museum the theme of the stone surface is resolved within the more general theme roof-ceiling. The barrelvaulted ceiling recalls the traditional image of the silos that once characterized the rural area of Fort Worth, and also recalls the Roman vaults

of the opus caementicium. The building has an elongated rectangular plan: sixteen longitudinal low vaults define three blocks of tunnels. The entrance is on one of the long sides, where a portico acts as the transition between the internal and external environments. The resulting view is enhanced by the dynamic perception of the covering roof when one crosses the stairs by the main entrance. The portico walkway is defined by travertine slabs that “design” submultiples of the basic structural module. The wall cladding “breaks out” into the exhibition area at the glass entrance, which opens onto the two wide pools of water. Trav-

ertine monoliths along the portico act as voluminous seats, contrasting with the two-dimensionality of the wall surface. Light, reflected in the pool, illuminates the concrete roof cover so that the travertine walls shimmer and gain depth. «This side of the building reveals the choices made regarding the [use of] materials. Reinforced concrete is used to sustain things. The supports are separated one from the other. The gaps must be filled without making use of the load-bearing material. Travertine is an infill material, a suitable material for a wall, a closure» [11]. The vertical continuity of the travertine surface is interrupted at the vault springer, thereby highlighting the

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Salk Institute (1959-65) a La Jolla, di Louis I. Kahn. Vista e dettagli della piazza con la pavimentazione, le sedute e la vasca di raccolta delle acque in travertino. | pp. 264-265. Salk Institute (1959-65) in La Jolla by Louis I. Kahn. View and details of the courtyard showing the travertine floor, seats and water drainage basin.

[10] Alfonso Acocella, “Tempo lineare, tempo circolare”, p. 12, in L’Architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.

Questi stessi temi in Kahn si concretano per il tramite di una diversa interpretazione della sostanza-materia, del suo valore simbolico di “memoria ereditata”. Nel Kimbell Art Museum la forza espressiva travalica la dimensione fattuale. La “vocazione” al monumentale di Kahn manifesta una posizione in controtendenza rispetto agli emergenti concetti di leggerezza, trasparenza riscontrabili nell’opera di Mies, ai quali preferisce quelli di gravità, robustezza, permanenza. Attingendo al passato perviene ad una nuova idea di monumentalità, quella qualità spirituale che esplicita il carattere “eterno” della costruzione. Nel famoso saggio “Monumentality” del 1944 afferma: «la monumentalità è un enigma; non la si crea intenzionalmente e neppure i materiali più nobili, da soli, possono garantire a un’opera i caratteri della monumentalità». Alla visione dello spazio aperto, fluente, instabile del Padiglione di Barcellona, Kahn contrappone quella di uno spazio stabilizzato ed unitario, una interpretazione monumentale del vuoto che si basa sull’apporto della forza della massa, del peso della gravità, della relazione chiaroscurale tra luce e ombra. La luce cade zenitalmente dall’alto ed inonda i livelli inferiori conferendo un’atmosfera solenne ai suoi edifici. In quest’azione la materia litica del travertino ben si presta all’artificio monumentale, alla possibilità di “tradurre” un sogno “alto e libero”. Nel Kimbell Art Museum il tema della superficie litica è risolto all’interno del più generale tema tetto-soffitto, declinato come volta a botte, rivisitazione della tradizionale immagine dei silo che un tempo segnavano l’area rurale di Fort Worth, ma anche riguardabile come memoria delle volte romane in opus caementicium. L’opera ha uno sviluppo planimetrico di forma rettangolare allungata: sedici volte ribassate, a sviluppo longitudinale, definiscono tre blocchi di gallerie. All’edificio si accede da uno dei lati lunghi, in corrispondenza del quale una galleria funge da spazio di mediazione tra l’interno e l’ambiente esterno. La visione fruitiva è esaltata dalla percezione dinamica delle coperture quando si attraversano le scale dell’ingresso principale. Il piano di calpestio della galleria è scandito da lastre di travertino che “disegnano” sottomultipli del modulo strutturale di base. Il rivestimento “sfonda” nello spazio espositivo in corrispondenza della vetrata d’ingresso, che si apre sulle due ampie vasche d’acqua. Lungo la galleria monoliti di travertino fungono da sedute volumetrizzate, contrappunto alla bidimensionalità della superficie delle pareti. La luce, riflessa dalle vasche di acqua, rischiara la copertura di calcestruzzo facendo vibrare le pareti di travertino che guadagnano profondità. «Questo lato dell’edificio rivela le decisioni prese riguardo ai materiali. Il cemento armato lavora per tenere su le cose. I sostegni sono separati l’uno dall’altro. Gli intervalli devono essere riempiti senza

autonomy of the wall and the structural independence of the vaulted surface. A grazing light penetrates from the “slit” in the roof which generates long shadows that enhance the relationship between the two-dimensionality of the surface plane and the depth of the threedimensional elements in travertine leaning against it. The use of stone elements with a “plastic character” was previously tested by Kahn in the plaza-agora of the Salk Institute in La Jolla [12]. For this building Kahn had initially thought of a tree-lined square. He eventually opted for an uninterrupted stone surface thanks to the intuitions of Luis Barragan, who

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suggested: «I would not put a tree or blade of grass in this space. This should be a plaza of stone (…) If you make this a plaza, you will gain a façade, a façade to the sky» [13]. The starkness of the courtyard recalls a timeless space. The sequence of compositional rhythms and the layout of buildings clearly alludes to Hellenistic agora (Corinth, Ephesus): the auditorium is a theatre, the connecting corridor a gymnasium, the rooms nymphaeums. The horizontal ground is in natural stone, the vertical architecture in artificial stone (reinforced concrete). Two stones are confronted: the natural artifice of travertine and the

naturalized artifice of concrete. The theme of the stone surface is explored more fully; the last layer of the stone surface refers to not only that which surfaces but, by extension, also that which lies at depth: «materials allow us to view their depths by showing us their surface» [14]. The duality surface-depth in the courtyard-agora of the Salk Institute is enhanced by the stream of water in the drainage channel, which transfers water from the upper to the lower level of the large fountain. The element that “interrupts” the stone floor surface is the medium, the link between that which occurs above and below, where monolithic travertine blocks – three-dimensional


Fondazione Querini Stampalia (1961-63) a Venezia, di Carlo Scarpa. Dettaglio del giardino. | p. 267. Fondazione Querini Stampalia (1961-63) in Venice, by Carlo Scarpa. Detail of the garden.

[11] Louis Kahn, “Kimbell Art Museum”, p. 168 (tit. or. Kimbell Museum Dedication, Forth Worth, 1972), ora in Maria Bonaiti, Architettura è. Louis Kahn, gli scritti, Milano, Electa, 2002, p. 175. [12] Il Salk Institute fu completato un anno prima del Kimbell Art Museum. [13] Louis Kahn, “Talks with Students”, Architecture at Rice, n. 26, 1969, pp. 53. [14] James Hillman, “Dialogo”, p.63, in James Hillman e Carlo Truppi, L’anima dei luoghi, Milano, Rizzoli, 2004, pp.152.

ricorrere al materiale cui è affidato il lavoro pesante. Il travertino è un materiale di riempimento, un materiale adatto per un muro, per il tamponamento» [11]. La continuità della superficie di travertino s’interrompe, in verticale, all’imposta della volta sottolineando l’autonomia della parete e l’indipendenza strutturale della superficie voltata. Dal “taglio” operato zenitalmente penetra una luce radente, che genera lunghe ombre esaltando la relazione tra la bidimensionalità del piano superficie e la profondità degli elementi tridimensionali in travertino ad essa addossati. L’uso di elementi litici a “carattere plastico” è una soluzione già sperimentata da Kahn nella piazza-agorà del Salk Institute a la Jolla [12]. Per questo edificio Kahn inizialmente aveva pensato ad una piazza alberata, successivamente risolta come ininterrotto piano litico, grazie ad un’intuizione di Luis Barragan, che alla domanda rivoltagli da Khan rispose: «non metterei assolutamente degli alberi e neppure un prato a riempire questo spazio. Deve essere una piazza di pietra (…) Se costruirai una piazza, otterrai una facciata, una facciata che guarda il cielo» [13]. Il vuoto assoluto della piazza rimanda ad uno spazio senza tempo; la sequenza dei ritmi compositivi e la disposizione degli edifici è una chiara allusione alle agorà ellenistiche (Corinto, Efeso): l’auditorium è un teatro, la galleria di collegamento un ginnasio, le sale ninfei. L’orizzontalità del suolo è pietra naturale, la verticalità dell’architettura è risolta con pietra artificiale (calcestruzzo armato). Due pietre si confrontano, la naturalità-artificio del travertino e l’artificio-naturalizzato del calcestruzzo. Il tema della superficie litica è svolto entro un’esplorazione più ampia; l’ultimo strato dell’epidermide litica rimanda non solo a quello che affiora quant’anche, per estensione, a quello che è in profondità: «i materiali ci permettano di vedere “dentro” la loro profondità mostrandoci la loro superficie» [14]. La dualità superficie-profondità nella piazza-agorà del Salk Institute è esaltata dallo scorrere dell’acqua lungo il canale di raccolta, che trasferisce l’acqua dal piano superiore a quello inferiore della grande fontana. L’elemento di “rottura” della superficie litica pavimentale è medium, connessione tra quello che avviene in alto e quello che avviene in basso, dove blocchi monolitici di travertino, elementi tridimensionali scavati, mettono in campo ulteriormente le qualità del materiale. Il ricorso ad elementi litici architettonici scultorei è un tema che aveva esplorato qualche anno prima anche Carlo Scarpa nella Fondazione Querini Stampalia a Venezia. Nella sistemazione del piano terra, inutilizzabile a causa della periodica acqua alta, Scarpa ricorre a blocchi

hollowed elements – further reveal the qualities of the material. The use of architectonic sculptural stone elements is a theme that Carlo Scarpa had also explored a few years earlier in his Fondazione Querini Stampalia in Venice. In the layout of the ground floor, unserviceable due to the periodic flooding, Scarpa uses three-dimensional blocks of stone that act as “barriers” to the water, which is then made to flow outside through drainage channels. In the conference room, separated from the entrance-hall by a glass partition, the stone mass thins and becomes a surface: «two superimposed strips of Rapolano travertine separated by a brass

profile, contain the lighting» [15]. The massive stone is again used in the entrance door to the conference room: a monolithic slab of hollowed, modelled travertine. Likewise, the stone elements in the garden reveal their massive nature, their real vocation, in their “conversation” with water and other materials: here the smooth surface of the natural stone is juxtaposed with the artificial concrete stone treated so that it has a rough, coarse surface. The modelled rustic stone represents a theme with numerous analogies and links between past and contemporary architectural works. History has handed down a patrimony of stone buildings and

artefacts whose rough surfaces often provide a record of the advancement of works, and of instruments and techniques used by man. Man’s hollowing and rough-hewing of stone acts on both the mass and surface. A subtraction which “imitates” that which nature produces in geological time: the action of wind, rain and natural elements have slowly roughened the flanks of hills, irregularly modelled the hard rock, creating an image of a “natural wall” that has become a part of our archetypal heritage, a “powerful” mark in the landscape. «Among the primordial walls we can certainly include the “shapeless” stone elements (…).

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tridimensionali di pietra che fungono da “barriera” all’acqua, fatta poi defluire all’esterno tramite canali di raccolta. Nella sala conferenze, separata dall’atrio di ingresso da una vetrata, la massa litica si assottiglia, si fa superficie: «due fasce sovrapposte di travertino di Rapolano, separate da un profilo di ottone, contengono anche l’illuminazione» [15]. La presenza massiva della pietra si manifesta nuovamente nella soluzione della porta di accesso alla saletta dei conferenzieri mediante una lastra monolitica di travertino scavato e sagomato. Allo stesso modo nel giardino gli elementi litici nel “dialogo” con l’acqua e con gli altri materiali rivelano la loro natura massiva, la loro più autentica vocazione: qui alla superficie liscia della pietra naturale fa da contrappunto la pietra artificiale del calcestruzzo trattata attraverso superfici scabre, rustiche.

Il modellato litico rustico rappresenta, nello specifico, un tema attraverso cui si moltiplicano le analogie e le connessioni tra le architetture del passato ed opere contemporanee. La storia ci ha consegnato edifici e manufatti in pietra la cui scabrosità della superficie restituisce spesso lo stato di avanzamento delle lavorazioni, degli strumenti, delle tecniche con cui gli uomini hanno operato. La mano dell’uomo nella sua azione di escavazione, di sbozzatura della pietra grezza ha agito sia sulla massa sia sulla superficie. Un’azione di sottrazione che ha “imitato” ciò che la natura ha prodotto nella lunghissima durata geologica: il vento, la pioggia, gli elementi naturali con la loro lenta azione hanno reso scabri i fianchi delle colline, hanno modellato irregolarmente la dura roccia restituendoci un’immagine di “muro naturale” che è divenuta parte del nostro patrimonio archetipale, un “potente” segno nel paesaggio. «Fra i muri primordiali sicuramente possiamo inscrivere quelli in elementi litici “informi” (…). Le murature con materiale informe possono essere state all’origine del gusto dell’opera muraria a ‘bugnato rustico’; si tratta in questi casi di un trattamento della materia che si alimenta della forza seducente delle valenze libere della pietra – quale roccia nel suo farsi costitutivo, geologico – quasi che il disegno del muro si formi nel seno di una materia resistente e refrattaria alla forza modellante dell’ordine geometrico» [16].

Walls built with formless material may have inspired the taste for rusticated masonry- a type of stonework that increases the seductive force of natural stone – in its geological essence– so that the design of the wall takes shape within a material resistant and refractory to the modelling force of the geometric order» [16]. In contemporary times this concept “takes on” an ambiguous connotation. Powerful technical devices can be used to obtain artificially the intrinsic geological properties of the stone material. The capacity to control the cut and then the “split” of the block determines an irregular and rustic conformation of the

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exposed surface. This is what both Richard Meier in the Getty Center in Los Angeles (1984 - 1997) and in the Museo dell’Ara Pacis in Rome (1995 - 2006) and Hoefer + Lorch in the Jakob Synagogue in Munich (2003 - 2006) seem to aspire to: a contemporary spatial language is used to create a possible linguistic union with the material culture of tradition [17]. Square blocks laid in offset courses are dominant in the case of Meier, vertically elongated blocks with parallel joints in the case of Hoefer + Lorch. To substantiate the image of gravity, designers resort to the self-sustaining use of stone to create a very thick,

continuous cladding. The theme of the rustic wall is expressed as a travertine wall made of thick blocks, whose asperities are highlighted by the comparison with the smooth surfaces of other materials and architectonic choices. The solidity of the wall, its stereotomic compactness is only interrupted by the joints between blocks, which are deliberately left open. The traces of the cut surface in the large travertine blocks of the façade reveal the use of new technical apparatus, which become an expression and instrument of the design process. This represents a renewed interest in the tactile, visual qualities of rusticated ashlar

[15] Sergio Los, Carlo Scarpa, Colonia, Taschen, 1994, p. 107. [16] Alfonso Acocella, “La costruzione muraria”, p. 45, in L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp.624.


walls which recall archaic cyclopic works; in contemporary works the “naturalness of the material” is revisited through a “naturalization of artifice”. The natural effects of the passage of time are produced artificially. Traditional rusticated ashlar, with the typical “marks” chiselled into the stone by the worker, is made to conform to the potential of new machinery that breaks the stone elements with precision, elements whose asperities are enhanced by the relationship between light and shadow. In the Getty Center, Meier clearly makes use of a “classicist matrix” of Roman derivation that «has

generated that particular aspect of the project that would ceaselessly evoke the relationships between Rome and the Getty: the stone, an essential element selected for cladding. From his first visits, Meier was struck by the intensity of light in Los Angeles and he most certainly considered stone to be the most suitable material for emphasizing the intensity of the light. Travertine was used in a “primitive” but technologically new way: pieces split, square and 13 centimetres thick convey the idea of weight and gravity of the material and, at the same time, its intrinsic non-structural, porous nature. The derived forms are magnificent and their vision under

the California light is a memorable experience. The stone used in the gardens together with water is no less sculptural, as in the circular fountain, south of the central courtyard, where enormous river stones are laid out in oriental style, and in the more intimate one closed off by 13 meter-high travertine walls between the second and third group of galleries» [18]. The complex built by Hoefer + Lorch in Munich, includes not only the synagogue but also a museum and a community centre. The three volumetrically distinct blocks relate thanks to their affinity and attraction; the use of travertine in its various forms (slab, rough-cut,

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Getty Center (1984-97) a Los Angeles, di Richard Meier. Rivestimenti in bugnato rustico di travertino “a spacco” nella torre del giardino pensile e nella terrazza del ristorante. | pp. 268-269. The Getty Center (1984-97) in Los Angeles, by Richard Meier. Rusticated travertine cladding in the tower of the hanging garden and in the restaurant terrace.

Nella contemporaneità questo concetto si “veste” di un’ambigua connotazione. Potenti dispositivi tecnici consentono di ottenere con un artificio quelle intrinseche valenze costitutive, geologiche, della materia litica. La capacità di controllo del taglio e poi dello “spacco” del blocco è tale da determinare una irregolare e rustica conformazione della superficie a vista. Ed è quanto sembrano volerci manifestare sia Richard Meier nel Getty Center a Los Angeles (1984 - 1997) e nel Museo dell’Ara Pacis a Roma (1995 - 2006) sia Hoefer + Lorch nella Jakob Synagogue a Monaco (2003 - 2006): ad un linguaggio spaziale contemporaneo fanno corrispondere una possibile saldatura linguistica con la cultura materiale della tradizione [17]. S’impongono, con forza, conci a reticolo quadrato e tessitura a ricorsi sfalsati nel caso di Meier, conci a sviluppo verticale e giunti paralleli nel caso di Hoefer + Lorch. Per sostanziare l’immagine di gravità i progettisti ricorrono ad un uso auto-portante della pietra, utilizzata come rivestimento continuo a forte spessore. Il tema del muro rustico è declinato attraverso una cortina di travertino in forma di spessi blocchi, le cui asperità sono esaltate nel confronto con le superfici lisce di altri materiali e partiti architettonici. La solidità della massa muraria, la sua compattezza stereotomica è interrotta solo dalle commessure tra i blocchi, volutamente lasciate aperte. Le tracce di spacco sui grandi blocchi di travertino del paramento rivelano l’attualità di nuovi apparati tecnici cui si è fatto ricorso, apparati che si fanno linguaggio, strumento dell’azione progettuale. Si tratta di una riabilitazione dell’interesse tattile, visivo, per muri a bugnato che ricordano opere ciclopiche arcaiche; nella contemporaneità la “naturalità della materia” è riproposta attraverso una sorta di “naturalizzazione dell’artificio”. Ciò che si produce spontaneamente con l’azione del tempo qui è ottenuto artificialmente. I rustici bugnati della tradizione, con i tipici “segni” lasciati sulla pietra dall’uomo che l’ha sbozzata a mano rivivono, si con-formano alle potenzialità di nuove macchine utensili che spaccano con precisione gli elementi lapidei, le cui asperità sono esaltate nelle relazioni tra luce e ombra. Nel Getty Center, Meier ricorre ad una chiara “matrice classicista” di derivazione romana che «ha generato quel particolare aspetto del progetto che avrebbe evocato per sempre i rapporti tra Roma e il Getty: la pietra, elemento cruciale nella scelta del rivestimento degli edifici. Fin dai primi viaggi, Meier era stato colpito dall’intensità della luce di Los Angeles e aveva sicuramente in mente la pietra come il miglior materiale per evidenziare l’intensità della luce. Il travertino è stato usato in maniera “primitiva” ma tecnologicamente nuova: pezzi tagliati a spacco, quadrati e con spessori di 13 centimetri a trasmettere l’idea del peso e della gravità del materiale e,

split, smoothed, polished, sawn, sandblasted) represents a unifying element [19]. In contrast to the temple, the adjacent museum is a “dual inversion” of the synagogue. The ground floor, like a “showcase window”, opens onto the square while the rise is closed by compact cladding. The different functional volumes of the complex relate with different intensities through “variations on the theme”: the base of the synagogue, a “rough block of stone”, is lined with slabs of ‘split’ travertine, that of the museum with ‘sandblasted’ slabs, the facade of the community centre with ‘sawn’ slabs. In the project of the synagogue

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Hoefer + Lorch explicitly refer to archaic imagery: the temple is ‘Jacob’s curtain’. «The circular base is the ‘protective shell’ of the internal prayer spaces, the projecting volume serves as a skylight, and its almost filigreed appearance brings to mind the tent as a mobile, light temple characteristic of Judaism [20]. The circular base, a continuous wall of reinforced concrete, 30 cm thick and 8 metres high, is dry lined with travertine blocks 8-12 cm thick. The split slabs are anchored to the concrete walls with threaded steel rods. A 5 cm air gap separates the travertine slabs from the 12 cm insulating panel that lines the reinforced concrete wall. In an evident reference

to Solomon’s Temple, the concrete wall is lined internally with multilayered cedar wood panels fixed to a framework with 8-10 cm-thick stringers and beams. The base of the compact body clad with natural stone encircles the prayer space, protecting it. Above, the slender steel structure of the lantern-shaped roof stands out. The shadows projected with the varying intensity of light become patterns on the inner walls [21]. In the Centro Balear de Innovaciòn Tecnologica at Inca, Majorca (19951998), the potential of light and gravity is interpreted by Alberto Campo Baeza in an ideal continuity with the spatial conception codified

[17] Kenneth Frampton, “Una acrópolis cultural” Arquitectura Viva, n. 24, 1992, pp. 18-23; Yukio Futagawa, “Getty Center, Los Angeles, CA.”, GA Document, n. 55, 1998, pp. 8-49.

by Mies in the Barcelona Pavilion. Campo Baeza juxtaposes different surface planes: that of the travertine floor, of the exposed cement ceiling, and of the glass “walls”. The floor surface acts as a diffuser: it collects the light, amplifies and distributes it. The luminosity of the stone floor surface is compensated by the absorbing opacity of the concrete ceiling. In the relationship between opposites, Campo Baeza uses his creative drive to enhance the duo gravity-light: «Gravity constructs Space, Light constructs Time. These are the key issues in architecture: control of Gravity and the dialogue with Light» [22]. The Spanish architect seems to want


Jewish Synagogue (2003-06) a Monaco, di Hoefner + Lorch. Vista generale, scorcio di facciata e soluzione angolare del rivestimento in travertino. | pp. 270-271. Jewish Synagogue (2003-06) in Munich by Hoefner + Lorch. Panoramic view, view of the façade and corner of the travertine cladding.

[18] Florencia Costa, “The Getty Center”, Abitare, n. 371, 1998, p. 146 -148. [19] Hoefer + Lorch hanno precedentemente progettato anche la Sinagoga di Dresda, la prima ad essere costruita nel territorio dell’ex Germania Orientale dopo la riunificazione del 1990. [20] Daria Ricchi, “The Jewisch Synagogue in Münich”, Materia, n. 59, 2008, p. 120. [21] Roland Pawlitschko, “Synagoge in München”, Detail n. 1/2, 2007, p. 24. Si veda anche Carlotta Tonon, “Nel cuore della città”, in Casabella, n. 758, 2007, p. 31.

contemporaneamente, la sua natura intrinseca non strutturale e impermeabile. Le forme derivate sono magnifiche e la loro vista sotto la luce californiana è una vera esperienza. La pietra riusata nei giardini insieme all’acqua non è meno scultorea, come nella fontana circolare, a sud del cortile centrale, dove sono poste alla maniera orientale enormi pietre di fiume, e in quella più raccolta chiusa da muri di travertino alti 13 metri tra il secondo e il terzo gruppo di gallerie» [18]. Il complesso costruito da Hoefer + Lorch a Monaco, oltre alla Sinagoga comprende anche un Museo ed un centro polifunzionale. I tre blocchi, volumetricamente distinti, dialogano tra loro per affinità, per sim-patia; il travertino nelle sue differenti declinazioni (a lastre, tagliato grezzo, a spacco, levigato, lucidato, a filo sega, sabbiato) è elemento unificante [19]. Diversamente dal Tempio, l’adiacente Museo è una “inversione duale” della Sinagoga. Il piano terra come una “finestra espositiva” si apre sulla piazza mentre l’alzato è chiuso da un rivestimento compatto. Il dialogo tra i diversi volumi funzionali del complesso avviene per “variazioni sul tema” e con intensità diverse: il basamento della Sinagoga, un “blocco di pietra grezza”, è rivestito con lastre di travertino ‘a spacco’, quello del Museo con lastre sabbiate, la facciata del polifunzionale con lastre tagliata a ‘filo di sega’. Nel progetto della Sinagoga Hoefer + Lorch si rifanno esplicitamente ad immagini arcaiche: il tempio e la ‘tenda di Jacobbe’. «L’anello di base è il ‘guscio protettivo degli spazi di preghiera, il tempio sul quale si erge il volume lucernaio che col suo aspetto e le soluzioni costruttive a filigrana rimanda alla tenda come tempio mobile e leggero, tipico del giudaismo» [20]. L’anello di base, un muro continuo in calcestruzzo armato, spesso 30 cm e alto 8 metri, è rivestito a secco con blocchi di travertino di spessore variabile tra gli 8-12 cm. Le lastre, ottenute a spacco, sono ancorate alla parete in calcestruzzo con barre filettate di acciaio. Un’intercapedine di 5 cm separa le lastre di travertino dal pannello coibente di 12 cm che ricopre la parete di calcestruzzo armato. All’interno la parete di calcestruzzo è rivestita con pannelli multistrato di legno di cedro, evidente rifermento al tempio di Salomone, fissati ad un telaio con correnti e traversi da 8-10 cm. Il basamento del corpo compatto rivestito in pietra naturale cinge lo spazio liturgico proteggendolo. Al di sopra, spicca l’esile struttura di acciaio della copertura a lanterna. Le ombre proiettate col variare dell’intensità della luce divengono motivo sulle pareti interne [21].

to surprise us by inverting expectation: he shifts the mass above and lightens the load below, catching us unprepared and generating a sense of suspension of the mass, a sensation that is heightened in the evening light. The building has a triangular plan and is protected by a continuous wall, an enclosure «arranged on a podium that raises the ground with respect to the outside, reaching eye-level, materializing the line of the horizon. A reference to and celebration of the precision of the podium of the Parthenon created by Iktinos and Kallicrates, but also of the horizontal plane “raised in midair” of Farnsworth House by Mies

van der Rohe» [23]. Mies of Farnsworth House and the Barcelona Pavilion is unquestionably a point of reference for Campo Baeza. In the Centro Balear de Innovaciòn Tecnologica, as in the pavilion, the base is a slate on which the different levels follow one upon another, penetrating each other. In both works the large glass panes continuously break through space, creating a boundary between here and elsewhere. Between the floor surface plane and the wall-enclosure there is continuity in the adoption of travertine material. Baeza works by assonance between the two “materials”, allowing us to take part in an intimate dialogue, a form

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Centro Balear de Innovaciòn Tecnologica (1995-98) a Inca, di Alberto Campo Baeza. Scorcio del muro perimetrale rivestito in travertino. | p. 273. Centro Balear de Innovaciòn Tecnologica (1995-98) at Inca, by Alberto Campo Baeza. View of the enclosing wall clad in travertine.

[22] Alberto Campo Baeza cit. in Gabriele Lelli, “Centro Balear de Innovacòn Tecnologica a Inca”, p. 441, in Alfonso Acocella, L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Firenze, LucenseAlinea, 2004, pp. 624. [23] Gabrielel Lelli, Op. cit.,

Nel Centro Balear de Innovaciòn Tecnologica a Inca, Maiorca (1995-1998) le potenzialità di luce e gravità sono interpretate da Alberto Campo Baeza in una ideale continuità con la concezione spaziale codificata da Mies nel Padiglione di Barcellona. Campo Baeza pone a confronto diversi piani-superfici: quello del pavimento di travertino, quello del soffitto in calcestruzzo a vista, quello dei vetri di chiusura. La superficie pavimentale agisce come diffusore: raccoglie la luce, la distribuisce, la amplifica. La luminosità della superficie litica del pavimento è bilanciata dall’opacità assorbente della soletta di calcestruzzo di copertura. Nella relazione tra gli opposti Campo Baeza esalta la spinta creativa verso la valorizzazione della coppia duale gravitàluce: «la Gravità costruisce lo Spazio, la Luce costruisce il Tempo. Ecco le questioni centrali dell’Architettura: il controllo della Gravità e il dialogo con la Luce» [22]. L’architetto spagnolo sembra volerci sorprendere nel capovolgere un dato consolidato dell’esperienza comune, sposta la massa in alto ed alleggerisce in basso, capovolge, spiazza, genera un senso di sospensione della massa, sensazione esaltata in condizione di luce notturna. L’edificio si sviluppa entro un lotto di forma triangolare ed è protetto da un muro continuo, un recinto « organizzato su un podio che innalza il suolo, rispetto all’esterno, fino all’altezza degli occhi, fisicizzando la linea dell’orizzonte. Un riferimento ed un omaggio alla precisione del podio del Partenone di Iktinos e Kallicrates, ma anche al piano orizzontale “librato a mezz’aria” della Farnsworth House di Mies van der Rohe» [23]. Il Mies della Farnswort House e del Padiglione di Barcellona è il riferimento inequivocabile di Campo Baeza. Nel Centro Balear de Innovaciòn Tecnologica, come nel Padiglione, il basamento è superficie scritturale su cui i diversi piani si succedono e si compenetrano. In entrambe le opere le grandi vetrate determinano un continuo sfondamento spaziale, soglia liminare tra il qui e l’altrove. Tra il piano-superficie del calpestio ed il muro-recinto c’è continuità materica risolta attraverso l’adozione del travertino. Baeza lavora per assonanza tra le due “materie”, ci rende partecipi di un dialogo intimo, manifesta una forma di partecipazione emotiva in quanto organo di una “logica dell’analogia” . Dispone le lastre del piano orizzontale secondo un ordito a maglia quadrata – come Mies nel Padiglione – lasciando le commessure a giunto aperto, mentre nelle superfici-pareti le lastre hanno forma rettangolare e dimensione doppia rispetto a quelle disposte orizzontalmente.

of emotive involvement inasmuch as it is part of a “logic of analogy”. He places the slabs of the horizontal plane in a square mesh – as does Mies in the pavilion – leaving the joints open, whereas the slabs lining the wall surface are rectangular and double the size of those placed horizontally. The relationship between the dimensional aspects of individual stone elements and weight with respect to light in the Centre de Cultura Contemporània in Barcelona (1990-1993) by Albert Viaplana & Helio Piñón is expressed in the cladding of the internal space and the connecting ramp with massive three-dimensional elements that frame longitudinal

cladding slabs. Travertine is used almost exclusively in the flooring and walls. The same concept is expressed by Luis Moreno Mansilla and Emilio Tuñón in the Auditorio de la Ciudad de León (1996-2002) as a continuous, homogeneous surface interrupted at the openings only. The travertine façade converses with the adjacent sculpted concrete façade consisting of large window panels. In the Museum Ritter at Waldenbuch (2003-2005) by Max Dudler Architekt the surface continuity is expressed as a “fold”: travertine slabs of uniform size mark continuous surface planes, enhanced by the almost

total absence of connecting joints between slabs. The building is a large ‘stone box’ from which the architects seem to have “subtracted” precisely cut volumes. The stone finish is continuous and homogeneous both inside and out, where the similarity between the travertine floor surface and the ceiling-slab (also lined with travertine of similar texture) creates a sense of disorientation, a sensation that is amplified by the wide incisions that allow the penetration of natural light, generating chiaroscuro modulations that enhance the different shades of colour of the stone. Likewise, in the Nasher Sculpture Museum

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(1993-2003) in Dallas, Renzo Piano creates a smooth, homogeneous and continuous travertine surface: «I have brought Arcadia to the heart of Texas. I used perfectly aged travertine to give the idea of an ancient find (…). The travertine was worked in Massa Carrara with very high pressure water jets which “eroded” it and aged it as would two thousand years of wind and rain. It possesses the quality of antiquity, which is unusual and unexpected here. In that stone there is an idea of history» [24]. This statement informs us of an intentionality which goes beyond technical and constructive reasons or performance; it reveals an aspi-

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ration to associate the material with the idea of memory, permanence, classicism. It is as though time has helped accumulate and deposit a sense of “antiquity” in this material. The building, shaped as a tunnel, has a longitudinal plan characterized by seven reinforced concrete supports lined with travertine that sustain a very delicate ceiling made of steel and glass: travertine, as a veil, filters the light that penetrates from above, revealing the «magic of architecture which allows the transition from the technical plane (how to do things) to the desired poetic final. This splendid light of the Far West is an extraordinary but excessive resource. The ultraviolet rays

of southern light are too intense. Using numerous small sources of light, like minute sunflowers, I captured only the rays from the north. It is a roof with an almost organic fabric, like a vibrating membrane. This results in a natural luminosity that varies throughout the day and allows you to even feel the effect of a passing cloud, introducing a sense of time» [25]. It represents an attempt by Piano to “entrap the material”, which he reproposes in the project for the County Museum of Art-LACMA (2003-2008) in Los Angeles. Piano seems to be fascinated by the ‘substance’ of materials, by the theme of memory intrinsic to


Museum Ritter (2003-05) a Waldenbuch, di Max Dudler. Atrio d’ingresso. | p. 275. Museum Ritter (2003-05) in Waldenbuch, by Max Dudler. Entrance hall.

[24] Federico Rampini, “Intervista a Renzo Piano”, La Repubblica, 14 ottobre 2003.

La relazione tra aspetti dimensionali dei singoli elementi lapidei e gravità della massa nella sua relazione con la luce nel Centre de Cultura Contemporània a Barcellona (1990-1993) di Albert Viaplana & Helio Piñón è espressa nelle soluzioni di rivestimento dello spazio interno e nella rampa di collegamento, risolta con elementi massivi tridimensionali che incorniciano lastre di rivestimento a sviluppo longitudinale. Il travertino è utilizzato quasi in forma esclusiva sia per le pavimentazioni sia per le pareti. Lo stesso concetto è declinato da Luis Moreno Mansilla e Emilio Tuñón nell’Auditorio de la Ciudad de León (1996-2002) come superficie omogenea continua, interrotta solo in corrispondenza delle aperture. Il rivestimento di travertino della facciata dialoga con la adiacente scultorea facciata di calcestruzzo formata da grandi pannelli finestra. Nel Museum Ritter a Waldenbuch (2003-2005) di Max Dudler Architekt la continuità di superficie è espressa, invece, come “piega”: lastre di travertino di dimensioni costanti segnano piani-superfici continui, esaltati dalla quasi totale assenza di giunti di connessione tra le lastre. L’edificio è una grande ‘scatola di pietra’ da cui i progettisti sembrano aver “sottratto” volumi secondo tagli netti. Il trattamento materico è continuo, omogeneo, all’esterno come all’interno, dove la corrispondenza tra la superficie pavimentale in travertino ed il soffitto-soletta (rivestito anch’esso di travertino con analoga tessitura) genera un senso di spiazzamento, sensazione amplificata dagli ampi tagli che lasciano entrare la luce naturale, generando modulazioni chiaroscurali che esaltano le diverse tonalità cromatiche della pietra. Analogamente, nel Nasher Sculpture Museum (1993-2003) a Dallas, Renzo Piano propone una superficie di travertino liscia, omogenea continua: «ho portato l’Arcadia nel cuore del Texas. Ho usato travertino invecchiato ad arte per dare l’idea del reperto antico (…). Il travertino è stato lavorato a Massa Carrara con getti ad altissima pressione che lo hanno “abrasivato”, lo hanno invecchiato come avrebbero fatto duemila anni di vento e pioggia. Porta in sé la nozione di antichità, che qui appare così insolita, inattesa. In quella pietra c’è un’idea della storia» [24]. Questa dichiarazione ci consegna una intenzionalità che travalica le ragioni tecniche, costruttive, prestazionali; ci svela una aspirazione associando una materia ad un’idea di memoria, di permanenza, di classicità. È come se il tempo avesse contribuito ad accumulare, sedimentare dentro questa materia un senso di “antico”.

travertine. «The simple volumes of the LACMA do not speak the language of Cicerone, nor do they attempt to allude to the subtle fascination of Villa Adriana. And yet the material (…) inevitably introduces the theme of the memory of antiquity. This stone has significant symbolical meaning and is challenging (…)» [26]. Large slabs of travertine are used for cladding. The walls reach the ground lightly: a thin “shadow line” produced by a visible steel profile imperceptibly offsets the true nature of the cladding. The imposing stone surface gives the idea of a mass that assumes, in its totality, a plastic-symbolic value which

both follows and contradicts the principles of classical tectonics. The stone mass is artificially subtracted from the force of gravity. In the project for Horten Headquarters (2009) in Copenhagen by the Danish group 3X Nielsen Architects, the theme of the ventilated stone façade is linked to that of sustainability. Travertine slabs are coupled with a composite panel consisting of numerous functional layers: a stone honeycomb. The optimization of relationships between the opaque shell and the glass one is solved as a “three-dimensional surface”. The composite technological system acts as a large thermal moderator,

a filter-screen: 4 cm-thick travertine slabs are coupled with two fibreglass panels and a 120 mm layer of polyurethane foam to define a three-dimensional façade, a surface with “infinite folds”. The complex geometry of the shell is “governed” by an “inner geometric order”, in which the interplay of reflections and shadows determines an equilibrated compromise between that of the need to screen and that of allowing the penetration of indirect light. The architectonic work is conceived as though it were a large urban sculpture. In continuity with the Scandinavian concept of “functional beauty”, the building proposes

a fascinating combination of the tectonic concept of an exoskeletal structural system and the stereotomic vision of the travertine façade. Three-dimensionality expressed as a surface with double curvature is the intrinsic challenge of the large suspended plaza of the Casa della Musica in Porto (1999-2005) by Rem Koolhaas. The ground, interpreted as a large urban sculpture, places the hardness of the stone in relation to the softness of the plastic, sinuous forms used by Koolhaas. The surface, continuous in the use of a single material, changes constantly, rises in concave forms and then drops into convex ones, forming

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County Museum of Art-LACMA (2003-08) a Los Angeles, di Renzo Piano. Vista generale e dettaglio del muro cortina in travertino in prossimità della copertura. | pp. 276-277. County Museum of Art-LACMA (2003-08) in Los Angeles by Renzo Piano. General view and detail of the travertine enclosing wall next to the roof cover.

[25] Federico Rampini, “Intervista a Renzo Piano”, La Repubblica, 14 ottobre 2003. [26] Stefano Fera, “County Museum of Art-LACMA”, Casabella n. 721, 2004, p. 28.

L’edificio, in forma di galleria, ha uno sviluppo longitudinale ed è caratterizzato da setti portanti in calcestruzzo armato, rivestiti di travertino, che sostengono un’esilissima copertura d’acciaio e vetro: il travertino come una sorta di velario fa riverberare la luce che entra dall’alto svelandoci quella «magia dell’architettura che consiste nel passare dal piano della techne – del come fare le cose – all’elemento poetico che desideri ottenere come risultato finale. Questa splendida luce del Far West è una risorsa formidabile ma anche eccessiva. La luce del Sud ha un contenuto di raggi ultravioletti troppo intenso. Con tante piccole prese di luce, come dei minuscoli girasoli, ho catturato solo l’illuminazione che viene da Nord: è un tetto con una trama quasi organica, come una membrana vibrante. Il risultato è una luminosità naturale che cambia tutto il giorno, ti fa sentire anche la nuvola che passa, introduce il sentimento del tempo» [25]. Si è di fronte al tentativo di “intrappolare nella materia” che Piano trasferisce anche nel progetto del County Museum of Art-LACMA (2003-2008) di Los Angeles. Piano sembra essere incuriosito dalla ‘sostanza’ della materia, dal tema della memoria che inevitabilmente il travertino porta con sé. «I semplici volumi del LACMA non parlano la lingua di Cicerone né tantomeno cercano allusioni al sublime fascino di Villa Adriana. Eppure il materiale (…) introduce inevitabilmente il tema della memoria dell’antico. Questa pietra ha una valenza simbolica non da poco e implica una sfida ardua (…)» [26]. Il travertino, in forma di lastre di grandi dimensioni, funge da rivestimento. Le pareti sono dei “muri-non-muri” che toccano il suolo con leggerezza: una sottile “linea d’ombra” prodotta da un profilo di acciaio a vista genera un’impercettibile risega denunciando la vera natura del rivestimento. L’imponenza della superficie lapidea porta con sé tuttavia un’idea di massa capace di assumere, nell’insieme, un valore plastico-simbolico che avvalora e contraddice nello stesso tempo i principi della tettonica classica. La massa lapidea si sottrae con un artificio figurativo alla forza di gravità. Nel progetto dell’Horten Headquarters (2009) a Copenaghen del gruppo danese 3X Nielsen Architects, il tema della facciata ventilata in pietra si salda a quello della sostenibilità. Il travertino, impiegato in lastre, è accoppiato ad un pannello composito formato da diversi strati funzionali - Stone honeycomb. L’ottimizzazione dei rapporti tra involucro opaco e involucro vetrato, è risolto in forma di “superficie tridimensionale”. Il sistema tecnologico composito funziona come un grande moderatore termico, uno schermo-filtro: lastre di travertino di 4 cm, accoppiate a due pannelli in fiberglass con interposto uno strato di 120 mm di schiuma poliuretanica, definiscono una

shelters, “primordial refuges”, seats and access ramps to the areas below. The “softness” of the square contrasts with the angular geometry of the building, expression of a relative density and of a different material, but also of the way in which light “slips” or “pauses” in the infinite surface variations of travertine. «Considering the building as a solid mass from which to eliminate the two concert halls and other public spaces, the project proposes a hollowed block able to elicit emotions in those observing from either the outside or inside» [27]. The two couples light-shadow and solid-void in the design of Lotus House (2003-2005)

by Kengo Kuma are expressed as screens-veils. Katzura’s lesson is reinterpreted by Kuma. He adopts an ancient material, travertine, in the structure of meditation areas. The architecture “embraces” the landscape, creates conditions for listening to and integrating with the natural environment. A sequence of overlapping planes and thin diaphragms provide “depth”, not only visual. The building, situated next to an clearing intersected by a river, is oriented in the direction of the helio-thermal axis in order to efficiently exploit the passive cooling system. A pool of water with lotus flowers, fed by the nearby watercourse, lies adjacent

to the long, south-facing side of the building, onto which all the living quarters open. The living area develops around a doubleheight covered courtyard; from this courtyard one gains access to the upper floor containing a sauna and to the covered terrace. The building has no single façade but many overlapping ones. The travertine checkerboard façade is a partition between the house and the environment. There is continuity between the horizontal plane of the ground and the vertical one. The external mass of the travertine floor initially continues compactly as a wall surface, but progressively loses consistence above, becoming

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fragmented and parcelled. Homogeneity and continuity prevail below, a sense of material discontinuity and of diaphanous lightness above. The water of the artificial pond adds further levels of visual enjoyment, reflecting an image that is not specular but fragmented, uncertain and evanescent. The architectonic figures multiply. Everything is amplified and suspended in the air. The diaphragms of the travertine filter surface were created by mounting thin slabs on a stainless steel framework whose components are reciprocally hinged in order to guarantee a certain degree of freedom. The modular structure,

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alternating solid panels with rectangular openings, filters the view and allows breezes to flow through house, thereby creating another link between nature and architecture. Kuma achieves a progressive destabilization of the object by creating an anti-object that is subtracted from the force of gravity conversing, in its solid portions, with light and – in the cavities – with the unfathomable depths of space [28]. In the Saxon State and University Library in Dresden by Ortner & Ortner, the depth of the stone surface is expressed as cavities, erosion. The façade shows a cladding with vertical modular that are again proposed in the floor surface of the

large hypostyle reading room [29]. The building, with a surface area of almost 45,000 m2, stems from the merging of the Saxon Federal Library, the Public Library and the Dresden University Library. The building’s position within the delicate environmental context of the adjacent park led the designers to partially build it underground, a decision that has also favoured more efficient thermal insulation. The two blocks containing the small reading rooms, the refectory, the periodicals department and the deposit emerge from the ground as rigid cubic volumes. The underground portion is marked externally by the skylight covering the large reading room: an


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Casa della Musica (1999-2005) a Oporto, di Rem Koolhaas. Vista della grande piazza-scultura e scorcio dell’edificio in corrispondenza dell’ingresso. | pp. 278-279. Casa da Musica (1999-2005) at Oporto by Rem Koolhaas. View of the large courtyardsculpture and of the entrance to the building.

[27] OMA Rem Koolhaas, “Casa da musica Porto”, Casabella, n. 721, 2004, p. 37.

facciata tridimensionale, una superficie dalle “infinite pieghe”. La complessa geometria dell’involucro è “governata” da un “ordine geometrico interno”, in cui il gioco dei riflessi e delle ombre determina un equilibrato compromesso tra la necessità di schermare e quella di far entrare luce indiretta. L’opera architettonica è pensata come una grande scultura urbana. In continuità con un’idea di “bellezza funzionalista” di matrice scandinava, l’edificio propone un’intrigante sintesi tra una concezione tettonica del sistema strutturale esoscheletrico ed una visione stereotomica della facciata in travertino. La tridimensionalità come superficie a doppia curvatura è la sfida intrinseca alla grande piazza sospesa della Casa della Musica a Porto (1999-2005) di Rem Koolhaas. Il suolo, interpretato come una grande scultura urbana, mette in relazione la durezza della pietra con la morbidezza della forma plastica e sinuosa cui ricorre l’architetto. La superficie, continua nella sua monomatericità, muta costantemente, si solleva in forme concave e poi cede a forme convesse, che accolgono ripari, “rifugi primordiali”, sedute e rampe di accesso agli spazi sottostanti. La “morbidezza” della piazza fa da contrappunto alla geometrica spigolosità dell’edificio, espressione d’una densità relativa, di una sostanza materica diversa, espressa anche dal modo in cui la luce “scivola” o “indugia” nelle infinite differenziazioni di superficie della materia travertino. «Considerando l’edificio come una massa solida da cui eliminare le due scale da concerto e altre strutture pubbliche, nel progetto si propone un blocco scavato in grado di suscitare emozioni sia in chi lo osserva dall’esterno sia in chi vi si trovi all’interno» [27].

empty space, full height, surrounded by smaller thematic rooms ranging from book deposits to services. The reading room, the fulcrum of the entire complex in both size and functional layout explicitly refers to the solemnity of the Saint Geneviéve Library in Paris by Labrouste and to the Stockholm Public Library by Asplund [30]. The complex, in contrast to the contemporary tendency to highlight functions externally, has an introverted character; it is almost impossible to discern the usage from the outside. The two volumes that “emerge” from the ground – two “blocks of stone” measuring 47x16.5 metres and 19

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m high – are characterized by small openings that alternate with the compact material of the travertine façade, «recalling a bar code, a material metaphor for the digital recording of data. The walls of the reading room are lined with cherry wood panels, but the basic design is found in the travertine façade » [31]. The travertine slabs of the cladding measure 120x90 cm and are 6 cm thick. A 6-cm air space separates the stone slab from the 80 mm insulating panel that lines the rear concrete structure. The external travertine shell is secured to the concrete structure through the use of steel anchor devices. In order to create a compact image

like that of a quarry face, the joints between slabs are 5-8 millimetres wide [32]. The peculiar design of the stone slabs was achieved by milling the material for a variable width of 4 to 16 cm and a depth of 2 cm, thereby generating a system of shadows that enhances the design of the façade. On closer inspection the signs of milling “surface”, representing in filigree a “hidden order”, a figural state that in the interval between material, form and dream provides the key to a multitude of images that aspire to birth, a ‘dream acting’ on the architectonic space.


Lotus House (2003-05) in Giappone, di Kengo Kuma. Vista dell’edificio dal giardino con la facciata traforata in lastre di travertino. | p. 281. Lotus House (2003-05) in Japan by Kengo Kuma. Garden view of the building and its travertine checkerboard façade.

[28] Kengo Kuma, Anti-Object: The dissolution and disintegration of Architecture, Londra, AA Pubblications, 2008, pp.151; si vedano anche Luigi Alini, Kengo Kuma. Opere e progetti, Milano, Electa, 2005, pp.248; Luigi Alini, Kengo Kuma. Da Stone Museum a Stone Pavilion, Melfi, Libria, 2008, pp.93.

Le coppie duali luce-ombra, massa-vuoto nel progetto di Lotus House (2003-2005) di Kengo Kuma è declinata come schermo-velario. La lezione di Katzura è rielaborata da Kuma riabilitando un materiale antico, il travertino, nella strutturazione di spazi di contemplazione. L’architettura “accoglie” il paesaggio, realizza condizioni di ascolto, s’integra allo spazio naturale. Una sequenza di piani e di esili diaframmi si sovrappongono generando una “profondità”, non solo visiva. L’edificio, posto a ridosso di una radura attraversata da un fiume, è orientato lungo la direzione dell’asse elio termico per sfruttare più efficacemente sistemi di raffrescamento passivo. Una vasca d’acqua con fiori di loto, alimentata dal vicino corso d’acqua, è posta in aderenza al lato maggiore, rivolto a sud, dove si aprono tutti gli ambienti di vita. La zona giorno è organizzata attorno alla grande corte coperta a doppia altezza; da questa corte si accede al piano superiore, dove è posta la sauna e un tetto-terrazza. L’edificio non ha una facciata ma molte facciate che si sovrappongono, che slittano una sull’altra. La superficie-filtro in travertino è medium tra la casa e l’ambiente. Tra il piano orizzontale del suolo e quello verticale c’è continuità. La massa estesa del pavimento di travertino prosegue in elevazione compatta, prima, come superficie-parete; poi nel suo sviluppo ulteriore verso l’alto riduce progressivamente la sua consistenza, si frantuma, si parcellizza. In basso prevale l’omogeneità e la continuità, in alto un senso di discontinuità materica, di diafana leggerezza. L’acqua dello stagno artificiale aggiunge ulteriori livelli di fruibilità visiva, ci rimanda ad un’immagine che non è speculare, ma frantumata, incerta, evanescente. Le figure architettoniche si moltiplicano. Tutto si amplifica e libra nell’aria. I diaframmi della superficie filtro in travertino sono realizzati montando lastre sottili su un’intelaiatura di acciaio inossidabile, le cui componenti risultano reciprocamente incernierate in modo da garantire un certo grado di liberta. La trama modulare, alternando lastre piene a specchiature vuote, permette non solo allo sguardo, ma anche al vento, di attraversare la parete, stabilendo un ulteriore corrispondenza tra natura e architettura. Kuma perviene ad una progressiva destabilizzazione oggettuale del manufatto, ad un anti-oggetto che si sottrae alla forza di gravità dialogando, nei pieni, con la luce e – nei vuoti – con le insondabili profondità dello spazio [28].

NOTES [1] Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Bari, Dedalo, 1975, p. 51 (original title: Le droit de rever, Presses Universitares de France, 1970). [2] Cf. Henri Focillon, Vita delle forme, Torino, Einaudi, 2002 (original title Vie des Formes, 1943), pp. 130. [3] Sergio Givone “Arte e tecnica”, p.11, in Maria Chiara Torricelli and Antonio Lauria (edited by), Ricerca, tecnologia, architettura. Un diario a più voci, Pisa, ETS, 2008. [4] Louis Kahn, “Architettura: silenzio e luce”, p. 138, (original

title “Silence and light”, The Royal Architectural Institute of Canada Journal n. 10, 1957) now in Maria Bonaiti, Architettura è. Louis Kahn, gli scritti, Milano, Electa, 2002, p. 175. [5] The works considered in the present study are: Salk Institute in La Jolla, California, (1959) by Louis Kahn; Fondazione Querini Stampalia in Venice (1963) by Carlo Scarpa; Centre de Cultura Contemporània in Barcelona (1993) by Albert Viaplana & Helio Piñón; Paul Getty Center in Los Angeles (1995) by Richard Meier; Centro Balear de Innovaciòn Tecnologica in Majorca (1998) by Campo Baeza; Auditorio de la Ciudad de León (2002) by Luis Moreno

Mansilla and Emilio Tuñón; Nasher Sculpture Museum (2003) in Dallas and County Museum of Art-LACMA (2008) in Los Angeles by Renzo Piano; New University Library in Dresden (2003) by Ortner & Ortner; Casa da Musica (2005) in Porto by Rem Koolhaas; Lotus House (2005) by Kengo Kuma; Museum Ritter in Waldenbuch (2005) by Max Dudler Architekt; Jakob Synagogue in Munich (2006) by Hoefer + Lorch; Horten Headquarters in Copenhagen (2009) by 3XN Architects. [6] Cf. Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Bari, Dedalo, 1975, p.75.

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[7] Nicola Braghieri, Buoni edifici, meravigliose rovine. Louis Kahn e il mestiere dell’architettura, Milano, Feltrinelli, 2005, p.11. These differences are particularly interesting when considered in a historiographic context: this is the period in which the International Style marks a break with tradition. In 1932 the International Exhibition of Modern Architecture by Philip Johnson and Henry-Russell at New York’s MOMA celebrated this dominant trend. In his speech at the 1959 CIAM conference, at the height of Modernism, Kahn expressed his perplexity regarding functional architecture.

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Kahn never adhered to the dominant aesthetics of International Style; history, tradition and thematic continuity were for him an operative model. His works challenge the Modernist concept of the annulment of material expressivity in favour of smooth, homogeneous surfaces. It was difficult to place Kahn in any particular category. He «he addressed the theme of the timelessness of materials and of the purity of building methods (…). Kahn’s observations on materials are fundamental in his essentialist ideology, which has made his work radically progressive yet surprisingly contextual and rooted in Antiquity» (Joseph Rosa, Kahn,

Colonia, Taschen, 2007, p. 15). It is therefore evident that the distance between Mies and Kahn is not only temporal: the interest that these two 20th century protagonists showed in travertine embodies not only an “ideological” stand but also two different ‘categories of the spirit’ or ways of interpreting the material (Cf. Maria Bonaiti, Louis Kahn, gli scritti, Milano, Electa, 2002). [8] Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Bari, Dedalo, 1975, p. 75. [9] Gaston Bachelard, Il diritto di sognare, Bari, Dedalo, 1975, p. 12. [10] Alfonso Acocella, “Tempo lineare, tempo circolare”, p.12, in L’architettura di pietra. Antichi e


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Lotus House (2003-05) in Giappone, di Kengo Kuma. Lo schermo traforato in travertino in alcuni disegni esecutivi e in una vista ravvicinata dall’interno della casa. | pp. 282-283. Lotus House (2003-05) in Japan by Kengo Kuma. The travertine checkerboard façade in some plans and in a close-up view from the interior of the house.

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nuovi magisteri costruttivi, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.

L’anima dei luoghi, Milano, Rizzoli, 2004, pp. 152.

[11] Louis Kahn, “Kimbell Art Museum”, p. 168 (original title Kimbell Museum Dedication, Texas, Fort Worth, 1972), now in Maria Bonaiti, Architettura è. Louis Kahn, gli scritti, Milano, Electa, 2002, p. 175.

[15] Sergio Los, Carlo Scarpa, Colonia, Taschen, 1994, p. 107.

[12] The Salk Institute was completed a year before the Kimbell Art Museum. [13] Louis Kahn, “Talks with Students”, Architecture at Rice, n. 26, 1969, pp. 53. [14] James Hillman, “Dialogo”, p.63, in James Hillman and Carlo Truppi,

[16] Alfonso Acocella, “La costruzione muraria”, p. 45, in L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624. [17] Kenneth Frampton, “Una acrópolis cultural”, Arquitectura Viva, 1992, pp. 18-23; Yukio Futagawa, “Getty Center, Los Angeles, CA.”, GA Document, n. 55, 1998, pp. 8-49. [18] Florencia Costa, “The Getty Center”, Abitare, n. 371, 1998, p.146148.

[19] Hoefer + Lorch also designed the New Synagogue in Dresden, the first to be built in former East Germany after reunification in 1990. [20] Daria Ricchi, “The Jewish Synagogue in Münich“, Materia, n. 59, 2008, p. 120. [21] Roland Pawlitschko, “Synagoge in München”, Detail, n. 1/2, 2007, p. 24. See also Carlotta Tonon, “Nel cuore della città”, Casabella, n. 758, 2007, p. 31. [22] Alberto Campo Baeza in “Centro Balear de Innovacòn Tecnologica a Inca” by Gabriele Lelli, p. 441, Alfonso Acocella, L’architettura di pietra. Antichi e


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Nuova Biblioteca dell’Università di Dresda (1999-2002), di Ortner & Ortner. Vista generale e dettagli del rivestimento in travertino. | pp. 284-285. The new university library in Dresden (19992002) by Ortner & Ortner. General view and detail of the travertine cladding.

[29] Cfr. David Cohn, “Saxon State Library”, Architectural Record, n. 2, 2003, pp. 21-27. [30] Cfr. Ortner & Ortner, “Nuova biblioteca nell’Università di Dresda”, L’industria delle Costruzioni, n. 387, 2006, p. 37. [31] Ortner & Ortner, “Sächsische Landesbibliothek – Staats und Universitätsbibliothek in Dresden”, Detail, n. 11, 2003, p. 15. [32] Giunti così esigui hanno imposto precisione assoluta, sia durante la fase di produzione degli elementi lapidei fuori opera, sia durante le operazioni di montaggio in cantiere. I giunti tra le lastre sono stati sigillati con malta ad elevata elasticità, successivamente “sabbiata” con miscela di quarzo e polvere di pietra per “ripristinare” la continuità cromatica.

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Nella Nuova Biblioteca dell’Università di Dresda di Ortner & Ortner, la profondità della superficie litica è declinata come escavazione, erosione. La facciata evidenzia un rivestimento a moduli verticali, riproposto anche nella superficie pavimentale della grande sala ipostila di lettura [29]. L’edificio di quasi 45.000 mq di superficie, nasce in seguito alla unificazione della Biblioteca Regionale Sassone, della Biblioteca Civica e di quella dell’Università di Dresda. L’inserimento dell’edificio nel delicato contesto ambientale del parco circostante ha spinto i progettisti ad interrarlo parzialmente, scelta che ha favorito anche un più efficace isolamento termico. I due blocchi dove sono state ubicate le piccole sale di lettura, la caffetteria, l’emeroteca e il deposito emergono dal suolo con rigorosi volumi cubici. La parte ipogea è segnalata all’esterno dal lucernario che copre la grande sala di lettura: uno spazio vuoto a tutta altezza circondato da sale tematiche più piccole, dai depositi dei libri e dai servizi. La sala di lettura, fulcro dell’intero complesso, per dimensioni e organizzazione funzionale è un esplicito riferimento alla solennità della Biblioteca di Saint Geneviéve a Parigi di Labrouste e alla Biblioteca di Stoccolma Asplund [30]. Il complesso, diversamente da una tendenza tutta contemporanea indirizzata alla enfatizzazione delle funzioni verso l’esterno, ha un carattere introverso; viene quasi “negata” la possibilità di individuare dall’esterno la destinazione d’uso. I due volumi che “emergono” dal terreno – due “blocchi di pietra” di 47x16,5 metri in pianta, alti 19 m – sono caratterizzati da piccole aperture che si alternano all’interno di una trama materica compatta di facciata in travertino «che ricorda un codice a barre, metafora mediale per la registrazione digitale dei dati. Mentre le pareti della sala di lettura sono rivestite con pannelli di ciliegio, la trama di base si materializza in facciata con il travertino» [31]. Le lastre di travertino del rivestimento misurano 120x90 cm e sono spesse 6 cm. Un’intercapedine d’aria di 6 cm separa la lastra litica dal pannello coibente di 80 mm che riveste la struttura di calcestruzzo retrostante. L’involucro esterno in travertino è reso solidale alla struttura di calcestruzzo mediante dispositivi di ancoraggio d’acciaio. Allo scopo di restituire un’immagine compatta come quella di un fronte di cava perforato dalle attività estrattive, le fughe tra le lastre sono state contenute tra i 5 e gli 8 millimetri [32]. Il particolare design delle lastre litiche è ottenuto mediante fresatura della materia per una larghezza variabile tra i 4 e i 16 cm e una profondità di 2 cm, generando un sistema di ombre che esalta il motivo della facciata. Ad una visione ravvicinata i segni della fresatura “affiorano”, ci restituiscono in filigrana un “ordine nascosto”, un stato figurale che proprio nell’intervallo tra materia, forma e sogno ci restituisce la chiave di accesso ad una folla di immagini che aspirano a nascere, un ‘sogno agente’ sullo spazio architettonico.


Nuova Biblioteca dell’Università di Dresda (1999-2002), di Ortner & Ortner. Facciata e disegni esecutivi. | pp. 286-287. The new university library in Dresden (1999-2002) by Ortner & Ortner. View and plans of the façade.

nuovi magisteri costruttivi, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624. [23] Gabrielel Lelli, Op. cit.. [24] Renzo Piano interviewed by Federico Rampini, La Repubblica, Oct. 14, 2003. [25] Renzo Piano interviewed by Federico Rampini, La Repubblica, Oct. 14, 2003. [26] Stefano Fera, “County Museum of Art-LACMA”, Casabella, n. 721, 2004, p.28. [27] OMA Rem Koolhaas, “Casa da musica Porto”, Casabella, n. 721, 2004, p. 37. [28] Kengo Kuma, Anti-Object:

The dissolution and disintegration of Architecture, Londra, AA Publications, 2008, pp.151; See also Luigi Alini, Kengo Kuma. Opere e progetti, Milano, Electa, 2005, pp. 248; Luigi Alini, Kengo Kuma. Da Stone Museum a Stone Pavilion, Melfi, Libria, 2008, pp.93. [29] Cf. David Cohn, “Saxon State Library”, Architectural Record, n. 2, 2003. [30] Cf. Ortner & Ortner, “Nuova biblioteca nell’Università di Dresda”, L’industria delle Costruzioni, n. 387, 2006, p. 37.

Universitätsbibliothek in Dresden”, Detail, n. 11, 2003, p. 15. [32] Such slender joints require absolute precision, both during the production of pre-fabricated stone elements and during assemblage at the construction site. The joints between slabs were sealed with highly elastic mortar that was subsequently “sanded” with a mixture of quartz and stone flour to “restore” the chromatic continuity.

[31] “Ortner & Ortner, Sächsische Landesbibliothek – Staats und

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REFERENZE FOTOGRAFICHE

Alfonso Acocella: pagg. 18, 21, 22, 23, 24, 27, 29, 31, 32, 33, 206, 242, 253, 254, 255. Antonio Acocella: pag. 271. The Art Archive: pag. 248. Archivio Hoefner + Lorch: pag. 270. Archivio Kengo Kuma: pagg. 281, 283. Archivio Richard Meier: pagg. 268, 269. Archivio fotografico Scala Group: pag. 245. Mario Ciampi: pagg. 172, 173. Arrigo Coppitz: pag. 104 in basso. Flickr.com: pagg. 34, 35, 247, 249, 251, 267 (Raphael Franca), 275 (Janorama), 276, 277 (T. Scott Carlisle), 278, 279 (David G. Neguillo). Enrico Geminiani: copertina, pagg. 3, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 36, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 65, 67, 104 in alto, 105, 106, 107, 109, 111, 112, 114, 115, 116, 118, 119, 127, 128, 129, 130, 131, 133, 135, 142, 199, 210, 211, 212, 213, 214, 230, 252. Stafano Lanzardo: pag. 256. David Lees / Corbis: pag. 250 in alto. Gabriele Lelli: pagg. 30, 258, 261. Stefan Mßller: pagg. 284, 286. Elena Mussinelli: pagg. 263, 264, 265. Querciolaie Rinascente s.c.r.l.: pagg. 103 in basso a sinistra, 209, 216, 217. Roberto Schezen / Esto Mamaroneck: pag. 218 in alto. Sitem s.r.l.: pagg. 232, 233. Studio Paladini: pag. 143. Hisao Suzuki: pag. 273. Gerry L. Thompson: pag. 246. Travertini Paradiso s.r.l.: pagg. 225, 234, 236, 237. Travertino Sant’Andrea - Giganti Renato s.r.l.: pagg. 113, 166, 167, 188, 194, 197, 200, 201, 202, 204, 205. Davide Turrini: pagg. 96, 103 in alto a destra, 117, 120, 121, 122, 123, 134, 139, 141, 226. Vaselli Marmi s.n.c.: pagg. 62, 198, 219, 221, 222, 227, 228, 229, 231, 240, 241. cortesia Nadir Casagli e Enzo Lecchini: pagg. 99, 100, 101. Le foto riportate di seguito sono tratte da: Moderne Bauformen, n. 13, 1914: pag. 218 in basso. Alessandra Salvini (a cura di), Henry Moore. Sulla scultura, Milano, Abscondita, 2002: pag. 250 in basso.

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AUTORI

Alessandra Acocella Storica dell’Arte, Firenze

alessandraacocella@libero.it

Alfonso Acocella Professore ordinario, Università di Ferrara alfonso.acocella@unife.it

Luigi Alini Ricercatore, Università di Catania lalini@unict.it

Sara Benzi Architetto, Firenze

sarabenzi@tiscali.it

Anna Maria Ferrari Geologa, Volargne (VR) ferrari.a@tenax.it

Alberto Ferraresi Architetto, Cento (FE) mail@aaferraresi.com

Emanuela Ferretti Professore incaricato, Università di Firenze emanuela.ferretti@unifi.it

Davide Turrini Assegnista di ricerca, Università di Ferrara davide.turrini@unife.it

Raffaela Zizzari Architetto e designer, Firenze raffaela.zizzari@tin.it

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IL PROGRAMMA DOCUP 2000-2006 DELLA REGIONE TOSCANA Ambrogio Brenna

Assessore all’Artigianato, Industria, PMI, Internazionalizzazione del Sistema Produttivo, Innovazione e Cooperazione della Regione Toscana

Il sistema toscano dell’innovazione si articola come un eterogeneo complesso di eccellenze tecnologiche, espresse attraverso il connubio di specializzazione produttive e saperi scientifici di rilievo internazionale. Tale sistema costituisce in Toscana un importante volano di conoscenza e di innovazione tecnologica, nella misura in cui riesce a coordinarsi con le infrastrutture materiali e immateriali dell’innovazione, rappresentate dal sistema del trasferimento tecnologico e dei servizi avanzati alle imprese. Con il DOCUP 2000-2006 la Regione Toscana ha rinnovato il proprio ruolo di facilitatore delle dinamiche di innovazione, proponendo la sperimentazione di modelli organizzativi flessibili e destrutturati che sapessero valorizzare i processi di trasferimento tecnologico ancorandoli a specifiche opportunità di business. Il forte orientamento alle dinamiche di mercato rafforza la sostenibilità dei processi di trasferimento tecnologico ed in tal senso i processi di propagazione della conoscenza si confermano come importante driver di business. Le cosiddette “reti” hanno visto finanziare idee progettuali che si sviluppano sull’intero territorio regionale, avvicinando soggetti del sistema tradizionale a imprese ad alto contenuto tecnologico, con particolare attenzione alle PMI. In tal senso il modello di specializzazione produttiva toscano, basato prevalentemente sul Made in Italy, ma con importanti nicchie sui settori che crescono velocemente, si rinnova affiancando eccellenze tecnologiche e competenze produttive, vincendo le criticità dimensionali e superando i gap culturali legati allo sviluppo ed implementazione dei processi innovativi. I fenomeni di propagazione della conoscenza, le soluzioni di informazione tecnologica e modelli condivisi di governance valorizzano le specifiche identità del territoriali consolidano il posizionamento competitivo delle imprese sui mercati internazionali. L’impresa diventa così luogo di propagazione e valorizzazione del capitale umano, confermando la propria natura di sistema aperto e facendo leva su asset strategici, condivisi e coordinati. Infatti, le dinamiche di governance dell’innovazione impongono alle imprese un’attenzione sempre maggiore ad una gestione condivisa dei segmenti della catena del valore a più alto contenuto di conoscenza. Le attività integrate di R&S e co-design, la gestione della proprietà intellettuale ed il coordinamento dei processi produttivi, logistici e commerciali sono soltanto alcune delle fasi che i nuovi modelli di riorganizzazione e riposizionamento delle imprese sono chiamati a gestire. Questa ultima filiera di finanziamento delle “reti” vuol essere quindi un momento di verifica significativa in materia di politiche di agglomerazione della conoscenza, posizionando il sistema produttivo verso forme organizzative maggiormente orientate al mercato ancorando i processi di trasferimento tecnologico a specifiche opportunità di business.

The Tuscan system of innovation is a heterogeneous complex of technological excellence, expressed through the union between specialized production and the scientific know-how of international prestige. In Tuscany this system is an important driving force for the diffusion of knowledge and technological innovation. With the SDP 2000-2006 the Regione Toscana has renewed its role as a facilitator of innovation, promoting the experimentation of flexible, destructured organizational models that enhance processes for transferring technological know-how by anchoring them to specific business opportunities. The so-called “networks” have received funding for projects involving the entire regional territory, bringing traditional businesses into contact with hi-tech industries and focusing on SMEs. In this respect the Tuscan model for specialized productions, mainly based on Made in Italy, but with important niches in rapidly growing sectors, is revitalized by flanking technological excellence and expertise, overcoming handicaps of size and of cultural gaps linked to the de-

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velopment and implementation of innovation processes. The transfer of know-how, the solutions of information technology and shared models of governance enhance the specific identity of the territory and consolidate the competitive position of businesses on the international market. The integrated activities of R&S and co-design, the management of intellectual properties and the coordination of production, logistic and commercial processes are only some of the phases that the new models for reorganizing and repositioning businesses must manage. This last funding of “networks” aspires to be a significant test of policies for the agglomeration of knowledge, positioning the production system towards more market-oriented forms of organization, anchoring the technology transfer processes to specific business opportunities. Ambrogio Brenna Councillor for Cottage Industries, Industry, SME, Globalization of Production Systems, Innovation and Cooperation of the Regione Toscana


Simone Sorbi Responsabile del Settore politiche regionali dell’innovazione e del trasferimento tecnologico Direzione generale sviluppo economico della Regione Toscana

Con il DOCUP 2000-2006 la Regione Toscana ha compiuto il passaggio da una logica di strutturazione del sistema di relazioni ricerca-impresa secondo prassi cosiddette “dall’alto” (top down) a quelle bottom up, attente alle sollecitazioni provenienti dal basso. Si è inteso così valorizzare le specificità produttive e le eccellenze tecnologiche che il territorio stesso può offrire, rinnovando per l’amministrazione regionale il ruolo di facilitatore delle dinamiche di propagazione della conoscenza. Lo spazio regionale delle relazioni tra ricerca e impresa ha in tal senso vissuto negli ultimi anni una rilevante crescita, sia culturale che tecnologica, con il superamento di logiche lineari di sviluppo dell’innovazione, non solo nei progetti ma anche nella pratica quotidiana delle imprese, a favore di modelli di sviluppo sistemici nei quali tutti i protagonisti dell’innovazione sono coinvolti e i paradigmi della open innovation sono posti in essere. Ciò è particolarmente significativo se consideriamo che il nostro sistema produttivo è composto da oltre 350.000 PMI la cui occupazione media è al di sotto delle 5 unità; in tale contesto il lavoro svolto rappresenta un tentativo di evoluzione del sistema produttivo verso forme nuove di aggregazione e in vista di ulteriori opportunità di crescita produttiva, manageriale e commerciale, oltre che in rapporto ad una più efficace competitività sotto il profilo dell’innovazione di prodotto e di processo. Con oltre 240 milioni di euro per investimenti, pari ad oltre il doppio del contributo concesso, l’amministrazione regionale è riuscita a dare una significativa svolta per tale crescita produttivo-culturale, cercando anche di fornire nuova linfa al rapporto tra grande, media e piccola impresa. Il ruolo delle medie imprese è prezioso in quanto volano di business e di crescita sistemica e sostenibile. In Toscana esistono infatti circa settemila imprese di dimensioni medie, che rappresentano l’eccellenza dinamica, su cui fondare lo sviluppo produttivo regionale. La spinta economica e la vivacità che esse manifestano in vari settori confermano la loro importanza per l’intero panorama economico e per un reale consolidamento dei processi di terziarizzazione dell’industria. Le reti di trasferimento che si sono formate a seguito di questo ultimo bando – con cui la Regione Toscana ha inteso sostenere la realizzazione della Azione 1.7.1. “Reti per il trasferimento tecnologico” prevista dalla Misura 1.7 “Trasferimento dell’innovazione alle P.M.I.” del DocUP. Ob.2 anni 2000 - 2006 – hanno consentito scambi di prospettive e di confronto tra mondo dell’impresa e mondo della ricerca; e tra organismi appartenenti a filiere, segmenti produttivi e territori differenti, facendo così cadere le barriere che possono frenare l’innovazione, non solo tecnologica ma anche culturale.

Through the Single Programming Document (SPD) 20002006 the Regione Toscana has completed the transition from a top down to bottom up structure of research-business relations, focusing on inputs from below. The aim was to make the most of Tuscany’s manufacturing identity and technological excellence, renewing the role of the regional administration as a facilitator for the transfer of know-how. Within the region, links between research and business have increased significantly in recent years, overcoming the linear logic of innovation, not only in projects but also in the daily life of companies, in favour of systems in which all the protagonists of innovation are involved and the paradigms of open innovation are applied. With more than 240 million euro available for investment, i.e. more than double the granted financial assistance, the regional administration has contributed significantly to this productive-cultural growth, at the same time revitalising ties among large, medium and small businesses. The role of medium-sized businesses is important because they prosper on sustainable and systematic business and growth. In

Tuscany, there are some seven thousand thriving mediumsized business enterprises on which to base regional production development. The transfer networks that have formed through the abovementioned incentives – which the Regione Toscana has used to support Action 1.7.1. “Networks for transferring technological know-how” within the context of Measure 1.7 “Transfer of Innovation to SMEs” of SPD Objective 2 for 2000-2006 – have allowed the exchange of ideas and debate between business and research and among organisms belonging to varied sectors and areas of production and different territories, so as to overcome barriers hindering not only technological but also cultural innovation. The dynamics linked to the sustainability of technology transfer processes have been enhanced, in keeping with the VINCI Regional Program for Innovation. This program aims to facilitate experimentation as well as the creation of organizational models which, with the help of customized information technology solutions, are able to overstep the territorial and dimensional boundaries of enterprises, and to

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Sono state inoltre valorizzate le dinamiche legate alla sostenibilità dei processi di trasferimento tecnologico, coerentemente con il Programma Regionale delle Azioni Innovative VINCI. Tale programma si è prefisso lo scopo di agevolare la sperimentazione nonché la creazione di modelli organizzativi che, con l’ausilio di soluzioni informatiche dedicate, riescano a superare i limiti territoriali e dimensionali delle imprese, oltre che valorizzare ulteriormente le specifiche abilità e competenze distintive. In particolare, l’attenzione è stata rivolta alle Virtual Enterprise e alle Virtual Organisation Le prime, fortemente connotate in modo imprenditoriale, sono decisamente orientate al mercato; si tratta di organizzazioni reticolari, costituite soprattutto da imprese che definiscano sistemi di governance tali da massimizzare l’efficienza e l’efficacia organizzativa, finalizzando le attività di trasferimento tecnologico a specifiche esigenze di mercato. Le virtual organisation, invece, sono riconosciute come organizzazioni reticolari formate da imprese e soggetti no profit che mirano a finalizzare le attività di trasferimento tecnologico verso specifiche esigenze del sistema impresa toscano. Ritengo utile evidenziare che, grazie alle “reti”, è stato anche possibile dare un ulteriore sostegno all’idea di responsabilità sociale delle imprese, intesa non solo come rispetto delle politiche energetico-ambientali e per la salvaguardia della dignità sociale ma anche per la promozione di una nuova e più equilibrata distribuzione della ricchezza. L’aver discusso in questi anni di scelte su differenti modelli organizzativi industriali, seppur necessario, ha determinato comunque una evidente perdita di competitività originata anche da un mancato momento di sintesi circa le determinati dello sviluppo dei nostri settori produttivi. Tradotto in parole povere è stata debole la direzione strategica del sistema politico- amministrativo e delle rappresentanze di categoria che uniformasse le differenti risorse economiche e finanziarie attivabili per concorrere sinergicamente ad obiettivi comuni. Le “reti” rappresentano insomma il punto d’incontro tra associazioni datoriali, imprese rappresentative del sistema produttivo, mondo della ricerca e talvolta della pubblica amministrazione, nel quale la discussione e il confronto possono condurre alla definizione di scelte importanti, in vista di più ampie linee strategiche, per la realizzazione di una politica regionale non riduttiva e capace di sostenere le prove impegnative e complesse dei tempi presenti. Ciò non significa infine che non debbano essere prese in considerazione nuovi modelli di sviluppo che nascono da rinnovati posizionamenti di sistemi locali produttivi dove non solo l’impresa ma anche la caratterizzazione territoriale contribuiscono all’incremento del processo produttivo. La “spazio regionale dell’innovazione e della ricerca“ ovvero il sistema regionale dell’innovazione si configura quindi come una piattaforma di dialogo che assume connotati dove la discussione diviene strategica ai fini della generazione di nuove scelte sia produttive che di posizionamento sul mercato.

further enhance specific abilities and distinctive expertise. In particular, attention has focused on Virtual Enterprises and Virtual Organisations. The former are decidedly marketoriented enterprises; they are networks of businesses with a system of governance that allows maximum efficiency and effectiveness in the transfer of technology to meet specific market requirements. Virtual organizations, instead, are organized networks of businesses and non-profit organizations that transfer technological know-how to meet the specific requirements of the Tuscan business community. Thanks to these “networks”, it has been possible to further promote the concept of social responsibility of businesses, not only in respecting energy-environmental policies and safeguarding the social fabric but also in sustaining a new and more equilibrated distribution of riches. Discussion in these past years regarding different industrial organization models, determined an evident loss of competitiveness, in part due to the lack of an agreed strategy for the development of local sectors of production. These “networks” represent the meeting point of employers’ associations, busi-

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nesses representative of the production system, research institutes and, sometimes, public administrations. Through discussion and comparison, important choices are made within the context of broader strategies for establishing a regional policy that can meet the challenges and complexities of the present economic scenario. This does not mean that one should not consider new development models stemming from the renewed positioning of local production systems, whereby not only the business enterprise but also the specificity of the territory help enhance the production process. The “regional space for innovation and research”, i.e. the regional system for innovation, therefore becomes a platform for discussing and developing new strategies for both manufacture and positioning on the market. Simone Sorbi Responsible for the Sector of regional policies for innovation and the transfer of technological know-how - Directorate General for Economic Development of the Regione Toscana



Il Consorzio del Travertino di Rapolano

La Grancia, 53040 Serre di Rapolano (SI) www.travertinorapolano.com Il Consorzio del Travertino di Rapolano sorto nel 2001 è formato da un gruppo di imprese attive nelle diverse fasi della filiera produttiva lapidea che va dalla escavazione alla realizzazione di prodotti finiti in formato standard o su disegno. Il Consorzio è sorto con l’obiettivo di operare affinché le specializzazioni e le competenze qualificate di ciascuno divengano parte coordinata di un’ offerta innovativa e più competitiva ed al contempo si attenuino le barriere, tra cui quella della soglia dimensionale, per l’avvio di processi di innovazione tecnologica e di programmi di sviluppo e ricerca. Del Consorzio fanno parte le seguenti realtà produttive: Arredo di Pietra s.r.l., Querciolaie Rinascente s.c.r.l., Sitem s.r.l., Travertini Paradiso s.r.l., Travertino Sant’Andrea - Giganti Renato s.r.l., Travertino Toscano s.p.a., Vanni s.r.l., Vaselli Marmi s.n.c.. The Consorzio del Travertino di Rapolano was created in 2001 by a group of companies operating in different sectors of stone production ranging from quarrying to the creation of standard or made-to-measure finished products. The consortium aims to make the specialization and expertise of each member become a coordinated part of an innovative, more competitive offer. In this way limitations such as size are overcome, so that the processes of technological innovation, development and research may be initiated. The following companies belong to the consortium: Arredo di Pietra s.r.l., Querciolaie Rinascente s.c.r.l., Sitem s.r.l., Travertini Paradiso s.r.l., Travertino Sant’Andrea - Giganti Renato s.r.l., Travertino Toscano s.p.a., Vanni s.r.l., Vaselli Marmi s.n.c.

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Arredo di Pietra s.r.l. Via dei Tessili 7, Località Sentino, 53040 Serre di Rapolano (SI) www.arredodipietra.it L’azienda, nata negli anni ’50 come bottega della lavorazione artistica del travertino, cresce negli anni fino ad inaugurare nel 2004, la nuova sede, pur continuando nel segno dell’attenzione e della cura per l’artigianalità della produzione. Nel 2008 è stata rilevata da Travertino Sant’Andrea Giganti Renato s.r.l. Oggi la realtà produttiva è specializzata nei lavorati per l’arredamento di interni, per l’edilizia residenziale e commerciale; la sua presenza sui mercati internazionali offre inoltre una linea di oggetti e pavimentazioni esclusive per gli esterni e per l’urban design, proposta con il marchio Arredo di Pietra. The company was founded in the ’50s as a workshop specialised in travertine. Although it has since grown, so that a new seat was inaugurated in 2004, it continues to take particular care in the artistry and craftsmanship of products. In 2008 it was acquired by Travertino Sant’Andrea Giganti Renato Srl. The company now specializes in products for interior design, and in residential and commercial buildings; it is present on the international market with an exclusive line of objects and flooring for exteriors and urban design under the brand name Arredo di Pietra.

Querciolaie Rinascente s.c.r.l Via delle Cave, 53040 Serre di Rapolano (SI) www.querciolaierinascente.com La società, nata dalla fusione delle cooperative “Le Querciolaie” e “Rinascente”, realtà produttive storiche con esperienza pluriennale nel settore lapideo rapolanese, fornisce travertino estratto in cave di proprietà e garantisce lavorazioni estremamente accurate grazie all’impiego di macchine moderne tecnologicamente avanzate. Le opere realizzate da Querciolaie Rinascente in tutto il mondo testimoniano il valore dell’organizzazione societaria, la qualità dei suoi impianti e la competenza dei suoi lavoratori. The company was born from the merger between the two cooperatives “Le Querciolaie” and “Rinascente”, both historic establishments in Rapolano with longstanding experience in stoneworking. It provides travertine from its own quarries and guarantees highly precise workmanship thanks to the use of modern hi-tech machinery. The works undertaken by Querciolaie Rinascente the world over are proof of a well-run company, of the quality of its production plants and the skill of its workers.

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Sitem s.r.l. Strada Statale 73, 53040 Rapolano Terme (SI) www.sitemrapolano.it La Sitem è nata nel 1958 ed oggi è una realtà produttiva presente sui principali mercati esteri del settore lapideo, dove ha acquisito una posizione di rilievo. Impiegando maestranze qualificate, materiali di prima scelta e tecnologie di lavorazione avanzate, l’azienda si è specializzata nella produzione di mattonelle per pavimenti e rivestimenti, a misura o su disegno, nonché di lavorati per l’architettura commerciale e residenziale. Sitem was established in 1958 and is currently present on the major foreign markets, where it holds a position of prominence. Using skilled workers, first class materials and high-tech machinery, the company is specialised in the production of cut-to-size or made-to-measure tiles for flooring and cladding, and of items for commercial or domestic architecture.

Travertini Paradiso s.r.l. Via delle Cave, 53040 Serre di Rapolano (SI) www.gruppodei.com Il gruppo Dei è composto da tre aziende del settore lapideo tra le più antiche per tradizione ed esperienza, che lavorano con le tecniche più moderne il travertino delle proprie cave. Il gruppo ha realizzato importanti commesse in tutto il mondo e si qualifica nella produzione di piastrelle attraverso sofisticati processi di lavorazione; in particolare l’azienda Travertini Paradiso è specializzata in lavori “cut to size”. The Dei group comprises three companies with the longest tradition of and greatest experience in stoneworking. They all work the travertine from their own quarries using the most modern techniques. The group has completed important works for clients the world over and is expert in the production of tiles using technically advanced work processes. In particular, the Travertini Paradiso company is specialised in producing items cut to size.

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Travertino Sant’Andrea - Giganti Renato s.r.l. Via delle Cave, 53040 Serre di Rapolano (SI) www.travertinosantandrea.it La famiglia Giganti da tre generazioni è impegnata nell’estrazione, lavorazione e valorizzazione di un materiale senza tempo come il travertino. L’azienda, con i materiali delle proprie cave, realizza una produzione vasta che va dai semilavorati ai prodotti finiti, unendo la tradizionale competenza nelle lavorazioni manuali con l’alta specializzazione nei processi meccanizzati di trasformazione. For three generations the Giganti family has been involved in the extraction and working of travertine, enhancing the value of this timeless material. Using stone from its own quarries, the company produces a vast range of semi-finished to finished products, as well as a new line of urban design objects under the brand name of Arredo Dipietra.

Travertino Toscano s.p.a. Via Stazione 31, 53040 Serre di Rapolano (SI) www.travertinotoscano.it La società Travertino Toscano opera nel settore dell’estrazione e della lavorazione del travertino senese dal 1934. Di proprietà dello stesso gruppo familiare dal 1954, l’azienda si caratterizza per il continuo impegno di razionalizzazione dei processi produttivi che consente di offrire ai clienti un’ampia gamma di prodotti sempre nuovi pur nella continuità della tradizione e dell’alto livello qualitativo del materiale lapideo. The Travertino Toscano company began to extract and work Sienese travertine in 1934 and has belonged to the same family since 1954. The company is characterised by its continuous efforts to rationalize production processes, thereby allowing it to offer clients a wide range of new products, always in keeping with tradition and using high quality stone materials.

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Vanni s.r.l. Via dei Manufatti, località Sentino, 53040 Serre di Rapolano (SI) vannisrl@vannisrl1.191.it L’impresa, nata circa vent’anni fa, lavora travertini e marmi realizzando opere su commessa e di fattura particolarmente ricercata, anche tramite lavorazioni di scalpellatura a mano. Attualmente l’azienda lavora anche per il mercato estero, in particolare per quello americano, con la fornitura di colonne, portali, archi e balaustre. The company, established some twenty years ago, works travertine and marble, creating particularly refined items, even through hand dressing of the stone, that are made-toorder. The company now also works for the foreign market, in particular the American one, providing it with columns, portals, arches and balustrades.

Vaselli Marmi s.n.c. Località Sentino, 53040 Serre di Rapolano (SI) www.vaselli.com L’azienda, fondata nel 1994 dai fratelli Vaselli, coniuga da sempre artigianalità ed innovazione nella realizzazione dei propri prodotti in cui le qualità formali e comunicative del travertino vengono valorizzate senza trascurare gli aspetti funzionali e la ricerca nell’ambito del design contemporaneo. The company, founded in 1994 by the Vaselli brothers, has always joined craftsmanship with innovation in the creation of its products of contemporary design in which the formal and communicative qualities of travertine are enhanced without sacrificing functionality.

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