Brand Magazine per Fonit Cetra

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G ab r i e l e S a l vat o r e s Roberto Bolle Pierfrancesco Diliberto M o rga n B ab s i a S t e f a n o To r r e g r o s s a Roberto Benigni Stefania Sina G i u s e p p e Ve r d i Daniel Ek

Roberto Benigni



Putipù è uno strumento musicale della tradizione italiana, un tamburo a frizione usato soprattutto nella musica popolare. Questo termine un po’ curioso dà il nome alla nostra rivista. Raccontiamo storie di italiani che si sono inventati qualcosa di nuovo rivoluzionando una consuetudine. I nostri protagonisti, sia personaggi-icona sia persone della quotidianità, sono accomunati dal desiderio di riscoprire e diffondere i valori italiani. Le loro storie riguardano l’arte, la cultura, la musica e lo spettacolo, utilizzano un tono familiare senza mai risultare banali, per poter raggiungere ogni lettore indistintamente, renderlo partecipe della nostra passione e portarlo alla riscoperta della tradizione guidando il suo sguardo alla curiosità del diverso, del giovane, del nuovo. Prestiamo attenzione sia a chi ha la mente piena di progetti e si affaccia al mondo, sia all’esperienza di chi ha vissuto. Anche nell’impostazione grafica, la nostra rivista vuole proporre a tutti uno stile lineare e semplice ma non per questo banale, anzi ricercato ed innovativo.

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Un giorno da italiani. Il primo film girato da te.

Roberto Benigni

L’Italia è una patria meravigliosa.

Roberto Bolle

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Italy in a day

La danza per tutti.

Stefania Sina Un’artista d’altri tempi. Scopre il moderno. E le piace.


La mafia si racconta col sorriso.

Giuseppe Verdi Viva Verdi.

Mangiadischi

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Pif

Cibo per le orecchie. Musica, cucina e convivialitĂ .

Daniel Ek La musica è cambiata.





Italy n a day

Un giorno da italiani. Il primo film girato da te. Italy in a Day è il primo film collettivo girato dagli italiani, inviando un contributo video, qualcosa di personale, di significativo, che racconti l’Italia in un giorno. Il 26 ottobre è stato il giorno prescelto. Queste testimonianze, che descriveranno il Paese attraverso la bellezza delle sue differenze e dei suoi contrasti, comporranno un film come tante tessere di un mosaico. La selezione dei materiali, il montaggio e la scelta delle storie, in una parola, la regia, è affidata al premio Oscar Gabriele Salvatores. Sarà un film vero e proprio che ci restituirà l’istantanea

dell’Italia in un’epoca di forte cambiamento, un film prodotto da Indiana Production e Rai Cinema che uscirà come evento nelle sale cinematografiche e che andrà in seguito in onda sulle reti Rai. Il progetto muove i suoi passi dall’esperienza precedente di Life in a Day, ideata e realizzata dal grande regista Ridley Scott nel 2010, seguita poi da Britain in a Day e Japan in a Day, film collettivi realizzati in Gran Bretagna e Giappone che hanno avuto uno straordinario successo. In queste settimane una serie di “ambasciatori” come Rosario e Beppe Fiorello, Luciana

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GABRIELE SALVATORES, 63.

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e si rivolge attivamente agli utenti italiani per raccontare le diverse realtà che compongono il Paese. Il regista da Oscar che firma il progetto, Gabriele Salvatores, lo racconta con grande entusiasmo: “Quando mi è stato proposto da Indiana Production e Rai Cinema Italy in a day ho avvertito da subito il fascino dell’alto potenziale creativo, innovativo e perfino sociale del progetto. Un film da centinaia di filmati mandati dalla gente è un’i- Raccontare il presente dea futuribile, del nostro Paese con eccitante. Uno sguardo rivolto al futuro, s t ra b i l i a n t e in un’ esplosione di esperimento energia umana. democra tico di cinema del presente, in cui ho l’opportunità - unica - di invitare gli Italiani a filmare qualunque cosa. Raccontare il presente del nostro Paese con sguardo rivolto al futuro, in un’ esplosione di energia umana. Un progetto che è oltre la cinematografia e il documentario”.

Littizzetto, Gianna Nannini, Christian De Sica, Micaela Ramazzotti, Nicola Savino, Luca Parmitano stanno chiedendo agli italiani di prendere una telecamera, un telefonino, qualsiasi apparecchio elettronico e filmare qualcosa di sensazionale o di ordinario della loro vita e inviare i video alla piattaforma web Rai www.italyinaday.rai.it Per Italy in a day la Rai mette in campo tutte le sue forze in uno sforzo sinergico con pochi precedenti: Rai Cinema, Rai Net, le varie Reti tv e radio per il lancio, Rai 2 per la trasmissione del prodotto finito, la Direzione Commerciale per la distribuzione all’estero, la Direzione Comunicazione e Relazioni Esterne lavoreranno insieme con una visione cross mediale attraverso le diverse piattaforme di veicolazione dei contenuti. Per la Rai è un’occasione per comunicare le potenzialità di un servizio pubblico integrato e multipiattaforma, che sostiene un progetto culturale innovativo, trasversale e internazionale,

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ROBERTO BOLLE, 38.

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La danza per tutti Roberto Bolle. La danza per tutti. La danza in Piazza. La danza fuori dai teatri, dai templi del balletto, dai cartelloni tradizionali, dalle produzioni ufficiali. La danza per tutti. La danza anche per chi non l’ha mai incontrata e ancora non conosce il suo linguaggio. Con questo spirito e con questo approccio volutamente popolare Roberto Bolle, étoile tra le più luminose al mondo, ha creato i gala che portano il suo nome, raccolti sotto il titolo Roberto Bolle and Friends. Ormai una felice realtà nel panorama della danza italiana. L’idea trae ispirazione da una formula di spettacolo inaugurata da Rudolf Nurayev: il leggendario ballerino russo era solito raccogliere attorno a sé

ballerini di fama internazionale, per happening di danza rimasti indelebili nella memoria del pubblico. Una visione decisamente contemporanea della danza che con i Bolle and Friends da élitaria qual è sempre stata per storia e tradizione, acquista anche in Italia la nuova dimensione di grande intrattenimento popolare. I gala di Roberto Bolle stanno cambiando anche l’idea tradizionale del palcoscenico. Grazie alla sensibilità degli enti locali o al coinvolgimento di un’istituzione quale il FAI (il Fondo per l’Ambiente Italiano di cui Bolle è testimonial), la danza è arrivata recentemente in luoghi in cui non era mai stata prima:

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il maestoso sagrato di Piazza del Duomo a Milano, l’imponente Arena del Colosseo a Roma, la scenografica Piazza del Plebiscito a Napoli, la neoclassica Villa Manin a Udine, Piazza San Marco a Venezia, il Teatro antico di Taormina, la Reggia di Venaria a Torino, la Valle dei Templi di Agrigento.

lento e del sacrificio per intraprendere una professione nel mondo dello spettacolo, è diventato perciò quasi un obbligo per Bolle, a fronte di tanti giovani ormai vittime del modello televisivo del talent show e della logica “usa e getta”. La priorità oggi è il successo – gridano i giovani concorrenti che si sfidano in televisione – e bisogna ottenerlo attraverso la strada più facile e veloce. Così questi programmi creano nel pubblico l’illusione che la danza sia una strada infinitamente più facile e veloce di quella che realmente è. Quasi scomparsa invece dalla televisione è la danza vera: chimera a notte fonda o privilegio delle pay-tv.

Un Role Model per i più giovani. La danza intesa come modello positivo, percorso meritocratico, esperienza formativa in cui il talento e l’impegno possono venire premiati. È questo in sostanza il messaggio che Bolle vuole diffondere tra i giovani, attraverso la sua figura e con la sua influenza. “Manca la Ad aiutarlo ha alcuconsapevolezza ni assi nella manica che l’investire nella che fanno colpo sulle cultura è un valore nuove generazioni: imprescindibile uno status internaper l’identità della zionale, l’interesse dei mass media e il nazione” glamour della propria immagine. Assolutamente limpida e senza scorciatoie, la sua carriera è un esempio ideale da proporre come parabola positiva. Lanciare un messaggio forte e chiaro sul valore del ta-

Se la cultura va in crisi. Da ambasciatore della cultura e dell’arte italiana nel mondo qual è, Roberto Bolle ha sempre sentito il bisogno d’intervenire nell’acceso dibattito sulla crisi che le investe, soprattutto ora che la grande depressione mondiale impone di tagliare drasticamente i fondi concessi agli enti teatrali e non solo. “Il problema è che noi italiani ci fermiamo al nostro glorioso pas-

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ROBERTO BOLLE PER UNICEF.

realtà è ancora più duro, persino spiazzante. “Lo faccio con gli strumenti che mi sono propri, e cioè attraverso la mia arte” spiega “credo che ogni artista abbia il dovere di lanciare segnali”.

sato e invece dovremmo guardare con più decisione al futuro. Manca la consapevolezza che l’investire nella cultura è un valore imprescindibile per l’identità della nazione”. Ambasciatore di umanità Del profilo pubblico e per certi versi politico di Roberto Bolle fa parte anche il ruolo di Goodwill Ambassador (Ambasciatore di buona volontà) per l’Unicef, portato avanti nel corso di undici anni con impegno e responsabilità. Dopo anni sul palcoscenico ad interpretare principi ed eroi, il contatto con la

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PIERFRANCESCO DILIBERTO, 41.

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La mafia

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si racconta col

sorriso Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif. La mafia si racconta col sorriso. C’è poco da fare: o ce l’hai o non ce l’hai. È un (rarissimo) dono naturale. Forse non sarà d’accordo Rosy Bindi - secondo lui inadeguata al ruolo di presidente della Commissione Antimafia - ma, per il resto, giudizio unanime: la simpatia di Pierfrancesco Diliberto è irresistibile. Ribattezzato Pif quando lavorava a Le Iene, è diventato un idolo giovanile (e non solo) grazie a Il testimone su Mtv: armato di telecamerina, gira l’Italia e il mondo per raccontare storie e persone con curiosità, intelligenza e humour. “Antropologo light”, lo defi

nisce Aldo Grasso: affronta temi parecchio seri, però con il sorriso. La stessa cifra che ha scelto per l’esordio alla regia, La mafia uccide solo d’estate, la formazione di un bambino nella Palermo insanguinata tra gli anni ’ 70 e i ’ 90. Un bambino che ha per guru sentimentale Giulio Andreotti e che, dopo ogni omicidio, crede alla spiegazione ricorrente: «È solo una questione di femmine». Lei è cresciuto proprio lì, possibile ci fosse tanta inconsapevolezza? Incredibile, però è così. La “questione di femmine”, il “se l’è andata a cercare”

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IL TESTIMONE, PIF.

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nasce da una necessità di sopravvivenza. Se ammetti che la mafia ammazza, devi ammettere che la mafia ti influenza la vita. Un meccanismo che funziona a ogni latitudine. Questa estate ero in Messico e c’è stata una sparatoria. Io e la mia fidanzata (Giulia Innocenzi, che lavora anche con Michele Santoro a Servizio pubblico, ndr) abbiamo chiesto all’albergatrice, e lei: «Ci sono le gang, però se ne state lontano siete tranquilli...». Questo film l’ho girato adesso, a 41 anni, non a caso, il tempo ti rende

oggettivo. Qual è stata la “sveglia” per Palermo? Le stragi del ’ 92. Le morti di Falcone e Borsellino hanno dato una sberla forte. Oggi quasi tutti i mafiosi della generazione di Riina - se sono vivi - sono in carcere. È la prova che lo Stato, quando ci si mette, vince. Non bisogna mai abbassare la guardia, però di sicuro Cosa Nostra non è potente quanto una volta, non ha agganci politici eclatanti quali un Salvo Lima. Non sarà troppo ottimista? Mi limito ai fatti. Le troupe

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cinematografiche a Palermo dovevano pagare il pizzo, io non sono stato costretto. Oggi ci sono oltre 800 negozianti che aderiscono al movimento “Addiopizzo” e non hanno subito ritorsioni. Una rivoluzione, impensabile fino a dieci anni fa. Come diceva Falcone, nes“Come diceva suno pretende Falcone, nessuno che un cittadipretende che un no vada a caccittadino vada a caccia cia di latitanti, di latitanti, bensì che bensì che faccia faccia il suo. ” il suo. Con questa pellicola cosa è il “suo”? Spiegare agli italiani che rapporto avevamo con Cosa Nostra, paradossalmente, può essere un insegnamento per la gente del Nord, per quei politici che - per orgoglio o collusione negano le infiltrazioni mafiose. Ha scoperto l’impegno da ragazzino? No. Un professore al liceo (andavo male, sono pure stato bocciato) mi definì perfettamente. «Suo figlio» disse a mamma «l’acqua lo

bagna e il vento l’asciuga ». In pratica subivo. Ero timido. Timido? E come è arrivato a Le Iene? Ho iniziato come autore, solo dopo sono passato in prima linea. Ma ogni volta era come buttarsi da un elicottero nel vuoto. In realtà sognavo di diventare regista, che poi è lo stesso mestiere di mio padre. Da adolescente il sabato non andavo in discoteca, mi divertivo a giochicchiare al montaggio. È stato aiuto-regista di Franco Zeffirelli per Un tè con Mussolini. Mah, aiuto-regista... Ricordo un’intera mattinata ad accendere e spegnere l’aria condizionata. Il tuo debutto nel mondo del cinema lo vedi come un punto di arrivo o come un’esperienza circoscritta? Da sempre il mio sogno è stato quello di fare regista cinematografico, poi ho fatto tv ed è andata bene. Nel futuro? L’ideale sarebbe fare un programma televisivo tra un film e l’altro.

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Mangiadisch Cibo per le orecchie. Musica, cucina e convivialità.

C’era una volta un panino… quello da addentare famelicamente prima/dopo/durante il concerto del vostro artista preferito. Un panino dagli ingredienti di dubbia provenienza, cucinato in “cucine” di dubbia pulizia e senza troppi riguardi per la salute di chi lo consumava. C’era… una volta! Il Mangiadischi, con l’aiuto del Molino Quaglia e di 15 coppie di chef e panificatori, ha deciso che era il momento di raccontare un panino diverso, un panino sano e gourmet! A sostenerci in questa sfida c’è l’arte (non solo musicale) di Andy e del suo progetto Fluon. Il Mangiadischi, cibo per le orecchie “Non conosco un’occupazione migliore del mangiare,

cioè, del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il direttore che dirige la grande orchestra delle nostre passioni”, che Gioacchino Rossini fosse un gran gourmet non è una cosa poco nota, anzi, citare questa sua frase dimostra quanto il cibo fosse il mezzo per sdrammatizzare le negatività e creare armonia e ordine nelle sue creazioni musicali. Musica e cibo, due elementi della nostra quotidianità, due realtà di cui l’anima non può non saziarsi: si canta quando si prepara un buon piatto, si sente della musica per trovare un’ispirazione culinaria, si sperimenta, si crea e si lavora con passione in entrambi gli ambiti. Quando

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COVER “IL MANGIADISCHI”.

poi il mondo della musica e della cucina d’autore si uniscono nella realizzazione di un progetto che celebra la creatività e l’amore per il Made in Italy nasce Il Mangiadischi, format gastro-musicale che prevede uno scontro-incontro tra due ambienti così distanti, eppure così vicini. Il progetto nasce grazie a Morgan Babsia di Aromi Creativi, agenzia di comunicazione specializzata in ambito food e proprietaria della testata online Mychef.Tv, e Stefano Torregrossa, creativo e designer dietro Onice Design. Un giorno Stefano decide di registrare una pagina di Facebook, chiamata “ilmangiadischi” ma dedicata esclusivamente alla musica,

Morgan la nota e gli viene l’intuizione per un nuovo progetto in ambito food. Dopo qualche giorno insieme anche a Mattia Cinacchi, Riccardo Orlandi, Ezio Zigliani, Carlo Spinelli e tutto il team di Aromi decidono di sviluppare il Mangiadischi, il primo cooking show e showcase musicale. Come funziona? In ogni puntata, uno o più artisti musicali e uno o più chef conversano tra loro partendo da un tema predefinito. L’interazione è moderata da Carlo Spinelli, scrittore, antropologo del cibo, conosciuto anche come Doctor Gourmeta che, a sua volta, partecipa attivamente con gli ospiti supportato anche dalle domande di Nicolò Vecchia, voce di spicco

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STAFF DEL MANGIADISCHI.

di Radio Popolare, gourmet e profondo conoscitore del mondo della musica indie. Gli artisti culinari e musicali rispettivamente suonano e cucinano: chi fa suonare i propri dischi, chi prepara dei grandi piatti. Un canovaccio fisso che lascia spazio alla fantasia e alla filosofia di chi crea per deliziare pancia e orecchie. Scenario: appartamento figo in zona Brera a Milano. Protagonisti delle prime tre puntate: Marianna Vitale, chef del ristorante “Sud”, Napoli, con Dargen D’amico, rapper colto e cantautore eretico; Fabio Pisani e Alessandro Negrini, de “Il Luogo di Aimo e Nadia”, Milano, insieme a Aloscia Bisceglie, cantante e leder dei Ca-

sino Royale; Mathias Perdomo de “Il Pont de Ferr”, Milano, al fianco di Andrea Appino, compositore, chitarrista e cantautore del gruppo The Zen Circus. E ancora Davide Scabin, Moreno Cedroni, Omar Pedrini, Pierpaolo Capovilla, Massimo Martellotta e Roy Paci. “La musica aiuta a realizzare un momento perfetto più che un piatto” – ci dice Marianna Vitale – “Ascolto musica quando penso che un’idea, una combinazione di elementi, abbia preso una buona strada ed è qui che i suoni o le parole cominciano a fare effetto. Spesso rassicurano, imbrogliano, spiazzano. La musica ti mette in gioco le idee, la percezione dei sensi, spingendoti oltre e portandoti altrove fino a immaginarti

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il piatto che, inaspettatamente, ti sembrerà perfetto solo perché quello che ascolti te lo conferma. Poi provi il piatto e non è perfetto quanto volevi, ma per cinque minuti, per un momento lo è stato”. “La musica in cucina, per me, è fondamentale” – dice Mathias Perdomo – “Noi la ascoltiamo tutto il giorno. Certo, quando iniziamo il servizio, la musica non la sentiamo più, ma nel frattempo ci ha aiutato a viaggiare con la mente ed è motivante nel lavoro”. “Parlare di musica in cucina è complesso” – affermano Alessandro Negrini e Fabio Pisani – “nel senso che nella nostra cucina non c’è una radio o un lettore cd. Questo perché siamo convinti che la vera musica sia già nelle nostre vene. E la stessa cosa accade a chi porta avanti il proprio lavoro con passione”. Brevi riflessioni o flussi di coscienza di chi giornalmente impasta, cucina, realizza, ma che in quest’occasione ottiene l’opportunità di cogliere una nuova ispirazione, una diversa linea guida, per la preparazione di piatti nati da una speciale unione tra fantasia e musica. UNA SCENA DELL’EVENTO.

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“L’Italia una

ROBERTO BENIGNI, 61.

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patria meravigliosa.” Roberto Benigni. “L’Italia è una patria meravigliosa.” presenze nelle tre edizioni dello spettacolo a Firenze. Roberto Benigni, che spiega e declama i versi del sommo poeta, è riuscito a restituire a questa opera letteraria, attraverso un’importante impresa divulgativa non comune, l’originaria vocazione popolare. Insieme a lui migliaia di persone affascinate e rapite dall’esegesi dei canti hanno riscoperto la grandezza poetica e l’attualità delle tematiche custodite nell’opera dantesca. Lo spettacolo è stato rappresentato nelle piazze, nei palasport e negli stadi italiani per un totale di 130 repliche con un’affluen-

“L’Italia è l’unico luogo al mondo dove è nata prima la cultura e poi la Nazione. Dobbiamo andar fieri di questo, è una cosa meravigliosa”. Roberto Benigni, grazie ad iniziative per la divulgazione della cultura italiana, si fa portatore dei valori nazionali, ne racconta le storie con l’obiettivo attualizzarli, renderli popolari, rafforzando l’orgoglio e il senso di appartenenza alla nostra cultura. Nel corso di dodici serate, piazza Santa Croce è stata cornice di un evento unico al mondo ed ha accolto oltre 50mila spettatori, per un totale di 180mila

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PIAZZA SANTA CROCE, FIRENZE.

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za di pubblico attorno al milione di spettatori. A questi vanno aggiunti gli oltre 10 milioni di telespettatori che hanno seguito lo spettacolo televisivo “Il Quinto dell’Inferno” trasmesso da Rai Uno il 29 novembre 2007 con replica su Rai International nei giorni “È stato un lavoro successivi. meraviglioso, questa A partire esperienza la conserverò dal dicemcome uno dei ricordi più bre 2008, si importanti ed emozionanti è svolta una tournée indella mia vita” ternazionale di Tutto Dante, in giro per l’Europa, gli Stati Uniti, il Canada e l’America del Sud.

Tutti gli spettacoli registrati in piazza Santa Croce a Firenze nell’estate 2006 e 2013, sono stati trasmessi da Rai 1 con un indice di ascolto altissimo. Degli stessi spettacoli è stata fatta la versione in DVD che ha battuto tutti i record di vendita per uno spettacolo teatrale. Roberto Benigni ha definito il tutto esaurito “un piccolo miracolo” e si è così espresso riguardo all’accoglienza dello spettacolo da parte del pubblico: “È stato un lavoro meraviglioso, questa esperienza la conserverò come uno dei ricordi più importanti ed emozionanti della mia vita”.

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LETTURA DELLA DIVINA COMMEDIA.

Che cosa le piace di più di questa avventura? «Rinnovare il miracolo: è questa la cosa bellissima. Credo che in nessuna parte del mondo avvenga una cosa del genere, non lo dico perché lo faccio io. È la cima di qualsiasi bellezza della letteratura, non solo occidentale ma di tutti i tempi». Come ci si comporta lassù, tra tutta quella bellezza? «Ci si mette davanti con reverenza e anche con un pochino di cialtroneria, quella da ragazzi, per affrontarla in maniera meno severa e cercare di farla entrare dentro». Con questo spirito, in prima

serata al Festival di San Remo 2011, Benigni ha compiuto la stessa operazione che ha reso celebre la sua lettura della ‘Divina Commedia’ anche sul testo di Mameli: ha fatto notare che il nostro Paese “è l’unico luogo al mondo dove è nata prima la cultura e poi la Nazione” facendo un’analisi trascinante parola per parola, per ricordare a tutti “quanti ragazzi nel Risorgimento sono morti per la patria perché noi potessimo vivere per la patria”. E per rifuggire alla retorica ha messo in guardia dagli eccessi del patriottismo. Benigni ha inoltre ammonito: “Un Paese che non proclama

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LETTURA DELLA COSTITUZIONE.

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“Ringraziare tutti gli italiani e i vertici della Rai per la possibilità di realizzare una serata bella su un argomento che più bello non si può”

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meli agli italiani, l’attore comico e Premio Oscar si è dedicato alla Costituzione italiana con La più bella del mondo. Oltre 12 milioni di spettatori hanno guardato in Tv lo spettacolo, evento teatrale di circa due ore, senza interruzioni pubblicitarie, acquistato dalla Rai e trasmesso anche in diretta streaming sul sito rai.it. Due ore in cui Benigni ha raccontato al pubblico la nascita della Carta costituzionale, contestualizzata nel periodo storico, approfondendone gli aspetti articolo per articolo con aneddoti e curiosità. Roberto Benigni si è concentrato sulla modernità della Costituzione. Ad inizio trasmissione il premio Oscar ha voluto “ringraziare tutti gli italiani e i vertici della Rai per la possibilità di realizzare una serata bella su un argomento che più bello non si può”. Al termine dello spettacolo il messaggio di Roberto Benigni agli italiani: “La Costituzione è un regalo che ci hanno lasciato, ma ciò che si riceve in eredità deve diventare nostro, bisogna conquistarlo”.

con forza i propri valori è pronto per l’oppressione”. In occasione della chiusura delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia ha aggiunto con entusiasmo “È una patria meravigliosa, piena di eroi”. Portando avanti questo percorso, dopo aver raccontato Dante e aver ‘insegnato’ l’Inno di Ma-

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STEFANIA SINA, 85.

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Un’artista d’altri tempi. Scopre il moderno. E le piace. Entrando a Casa Verdi mi sono sentita finalmente “a riposo”. Tra virgolette, perché qui abbiamo tantissime cose da fare. La ginnastica, il giorno alla Scala, i concerti. Quando vengono scolaresche o gruppi di persone a visitare Casa Verdi, un ospite suona il violino, l’altro il pianoforte, un altro ancora canta una romanza per loro. E questo ci tiene vivi, veramente. Noi pensiamo al futuro, non al passato. Un giorno ho espresso un desiderio, mi sarebbe piaciuto dipingere e l’assistente sociale, è venuta in camera, ha visto i miei quadri fatti tempo addietro e dopo 4 o 5 mesi ho avuto la felicità di avere un locale adibito a studio di pittura dove tengo anche lezioni per gli Ospiti della casa. Queste sono le parole di Stefania Sina, classe 1928, cantante lirica contralto, solista nel coro della Rai e del teatro La Scala

fino al 1983. Una vita immersa nella musica e nell’arte, e anche oggi, nonostante l’età, non rinuncia alle sue grandi passioni. Nel 1999 ha deciso di creare uno spazio virtuale dove tutti gli ospiti della Casa di Riposo per Musicisti potessero esprimersi e rispolverare ricordi del loro passato. “Quasi ottantenne mi sono messa ad imparare ad usare il computer, a spillare e fotocopiare tutto; solo grazie a questo è stato possibile coinvolgere (non senza difficoltà) gli anziani per dare loro voce. Da poche copie, in dieci anni di costante impegno, siamo arrivati ad una tiratura di 1250 per il gradimento riscontrato e per far fronte alle numerose richieste. Questo impegno ci ha ringiovanito di tanti, tanti anni, caricandoci di quell’entusiasmo che solo da giovani si prova”. La signora Sina è attratta dalle novità e si mette in gioco an-

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STEFANIA SINA ESPONE LE SUE OPERE.

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cora oggi. Nel 2003 ha accettato con entusiasmo di dare un giudizio sulla musica moderna. Ha ascoltato Tiziano Ferro, ma dopo un solo minuto di verso dice: “è più che sufficiente. è monotono, se lo “Questo impegno ascoltassi tutci ha ringiovanito di to dopo dieci tanti, tanti anni, minuti mi addormenterei”. caricandoci di quell’entusiasmo che Tiziano viene mandato a casa solo da giovani a cercare ciò si prova” che gli manca, ovvero “il genio delle note”. Damon Albarn si salva appena: “Non è più bravo dell’al-

tro, ma ha ritmo. Peccato che è un po’ stonato”. Poi chiede di sentire qualcosa di veramente tremendo, ascolta impassibile gli Anthrax e chiude la porta al metal: “Tutto qua? Meglio il rock&roll”. Ascoltando i Massive Attack dice “Questa è una novità. Se il moderno è nuovo va bene, se rifà solo le cose vecchie non ha senso”. Infine promuove a pieni voti Kid A dei Radiohead: “è consolante. Questa è musica”.

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GIUSEPPE VERDI.

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uno sguardo al passato

Giuseppe Verdi: duecento anni dalla sua nascita. Il 10 ottobre del 1813 nasceva a Roncole di Busseto Giuseppe Verdi, uno dei compositori italiani più celebri e celebrati, autore di alcuni tra i melodrammi più famosi della storia operistica italiana e non solo. Duecento anni e la sua musica incanta ancora platee e loggioni, fa inchinare studiosi, esecutori e interpreti, appassiona giovani e meno giovani di tutto il mondo. Le sue opere e i suoi componimenti sono tutt’altro che memoria, tanto che nel Bicentenario della nascita del grande artista tutti i Paesi del globo fanno a gara per celebrarlo. “La mia fama non durerà più di 15 o 20 anni dopo la mia morte” aveva confidato una volta Verdi ad alcuni amici, e invece oggi per omaggiare il suo genio senza tempo c’è pronto un calendario di eventi in pompa magna. Oltre 4.000 sono state, infatti, nel corso dell’anno le recite esegui-

te nei teatri di tutto il mondo, guidate dalla Traviata, che è andata sulla scena per ben 815 volte in 159 città. L’Italia celebrando il compositore ha celebrato anche sé stessa. Perché Verdi ha raccontato, e continua a raccontare, l’Italia e gli italiani, per quello che sono, con tutti i difetti e le qualità. Per questo motivo è bello celebrarne lo spirito, che continua a vivere tra noi, ed è ancora capace di rappresentarci al meglio. Durante l’occupazione austriaca, pare che i patrioti scrivessero Viva Verdi, per inneggiare segretamente a Vittorio Emanuele Re d’Italia, e con lui all’Italia libera ed unita. In questa giornata riprendiamo, allora, questo motto e trasformiamo quel viva in un imperativo presente, con la speranza che il genio di Busseto possa continuare ancora a lungo a vivere nel cuore degli italiani.

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DANIEL EK, 30.

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musica è cambiata Daniel Ek. La musica è cambiata. Nel 2008 Daniel Ek ha lanciato in Europa Spotify, il servizio che mette a disposizione più di 20 milioni di canzoni in streaming. Gli ci è voluto molto tempo per convincere le case discografiche a concedere le licenze per la riproduzione delle loro canzoni negli USA, ma nel 2011 è riuscito, finalmente, nell’impresa. A marzo, quando c’è stato l’ultimo aggiornamento, il servizio aveva 24 milioni di utenti attivi e 6 milioni di abbonati. Ek ha ricevuto la sua prima chitarra all’età di 4 anni, il suo primo computer a 5 e ha fondato la sua prima azienda a 14 anni. Cresciuto a Ragsved, un quartiere di Stoccolma piuttosto difficile, ha cominciato per caso a progettare siti web e a

insegnare ai compagni di classe nozioni di Photoshop e di programmazione, in modo che fossero in grado di aiutarlo. Spendeva ai videogiochi tutti i soldi che guadagnava, “ma, dopo un po’, era diventato noioso”. Ben presto è stato costretto a registrare l’azienda, perchè le autorità fiscali iniziarono a fare domande sulla provenienza di tutti quei soldi. A 16 anni guadagnava più di suo padre e sua madre insieme. Più o meno in quel periodo Ek ha sentito parlare di un motore di ricerca chiamato Google e ha pensato che gli sarebbe piaciuto lavorare per loro, ma venne scartato perché non aveva ancora una laurea. “All’epoca ero piuttosto ribelle e non ero dispo-

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uno sguardo sul mondo


DANIEL EK.

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sharing chiamato uTorrent. Gestire un sito di download pirata non era il modo migliore per conquistarsi la fiducia delle etichette discografiche, i cui profitti erano crollati anche a causa del file sharing. Nonostante questo, nel giro di poco tempo Ek è diventato l’amministratore delegato di uTorrent, mentre Strigeus cominciava a costruire Spotify. Lanciare un servizio di streaming musicale dopo le battaglie dell’industria discografica condotte contro servizi simili era per Ek più una questione di diritti che tecnica. Si presentò da loro dicendo che

sto e non ero disposto ad accettare un no come risposta, quindi ho pensato di fondare un’azienda con cui gli avrei fatto concorrenza. É stato molto più difficile di quanto credessi”. Poco dopo Ek ha avviato una ditta di marketing online, con i cui profitti finanziava i suoi esperimenti di indicizzazione in rete. Nel 2006 ha venduto la sua azienda alla TradeDoubler, ma lavorare per altri non faceva per lui. Insieme a Lorentzon, fondatore della TradeDoubler, ha conosciuto Ludvig Strigeus, uno sviluppatore che aveva realizzato un programma di file

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avrebbero dovuto permettere alle persone di ascoltare la musica gratuitamente, nella speranza che alla fine qualcuno avrebbe pagato. Era convinto che, accompagnando la musica gratuita con gli annunci pubblicitari sulla visione per computer, molti “La più grande utenti sarebbero stati disposti a trasformazione accaduta all’industria pagare per la comodità di poter musicale ascoltare le loro dall’invenzione della canzoni preferite registrazione” senza pubblicità sui loro iPhone. Ek è stato un grande sostenitore della Apple, ma è convinto che Steve Jobs si sbagliasse sulla musica in abbonamento. “La mia è stata la prima generazione a trascorrere l’adolescenza su internet. Per questo ho capito tutto dieci anni prima degli altri”. Nonostante questo, il fondatore di Spotify è consapevole che c’è una nuova generazione che preme alle sue spalle. “Penso ancora a me stesso come a un ragazzo in sintonia con quello che succede nel mondo, ma mi rendo conto del fatto che in realtà non lo sono”, dice. Suo fratello, che lavora a

Spotify, ha appena compiuto 20 anni. “E ha un’idea completamente diversa dalla mia riguardo a quale sia un comportamento socialmente accettabile su internet”. Daniel Ek prevede che nei prossimi tre anni un altro miliardo di persone si connetterà a internet, e aggiunge: “Siamo solo all’inizio di questo viaggio. È il momento di investire”. Le vendite di Spotify sono passate da 190 milioni di euro nel 2011 a 435 milioni nel 2012. “Per come la vedo io non crei un’impresa musicale se pensi che diventerai schifosamente ricco. Attualmente destiniamo agli artisti il 70 per cento dei soldi che guadagnamo”. Il pioniere dello streaming musicale a pagamento si considera al centro di quella che definisce “la più grande trasformazione accaduta all’industria musicale dall’invenzione della registrazione”. Spera ancora di convincere i suoi idoli musicali che Spotify sta dalla loro parte.

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