Tesi Matilde Capacciola

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Progettare un libro visivo

Locus Solus raymond roussel

Elaborato di Laurea di Matilde Capacciola Relatore Prof. Mario Piazza Politecnico di Milano - Scuola del Design Corso di Laurea - Design della Comunicazione a.a. 2014/2015



Elaborato di Laurea di Matilde Capacciola Relatore Prof. Mario Piazza Politecnico di Milano - Scuola del Design Corso di Laurea - Design della Comunicazione a.a. 2014/2015



Progettare un libro visivo

Locus Solus raymond roussel


indice 0.

introduzione

p. 9

1.

analisi

p. 11

1.1 Raymond Roussel 1.2 Comment j’ai écrit certains de mes livres 1.2.1 la scrittura combinatoria 1.2.2 il metodo svelato - i procedé rousseliani

p. 13 p. 18 p. 20 p. 21

1.3 Locus Solus 1.3.1 le macchine dell’assurdo 1.3.2 supercultura e Subcultura 1.3.3 il metodo nascosto 1.3.4 la chiave nascosta 1.3.5 l’iperdescrizione ossessiva 1.3.6 comprendere il testo - le macchine e il metodo

p. 25 p. 27 p. 29 p. 30 p. 31 p. 33 p. 34


2.

concept

2.1 il libro visivo 2.1.1 scale e livelli - la struttura 2.1.2 continuità e casualità - il filo conduttore 2.1.3 il moto infinito - le macchine e il metodo 2.1.4 la cultura visiva - l’ispirazione 2.2 la forma come espressione

3.

progetto

3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6

4.

il formato il testo l’assenza dell’immagine la copertina la rilegatura, la carta e la stampa la fruizione

conclusioni

p. 37 p. 39 p. 41 p. 44 p. 46 p. 48 p. 53 p. 55 p. 57 p. 64 p. 68 p. 69 p. 72 p. 74 p. 93



introduzione

introduzione Questa relazione di tesi nasce con lo scopo di argomentare ed esplicare le scelte progettuali che hanno portato alla finalizzazione dell’elaborato oggetto del Laboratorio di Sintesi tenuto dal docente Mario Piazza, presso il Politecnico di Milano. Questo, si è basato sulla realizzazione di un libro visivo, una reinterpretazione di Locus Solus scritto da Raymond Roussel nel 1914. Pietra miliare nella letteratura nonsense, si può considerare una delle opere di massimo rilievo dell’autore, quella che dopo tanti fallimenti, ha portato fama al suo nome. È stato necessario, ai fini di una comprensione globale del progetto e dei molteplici aspetti dell’opera, suddividere questa tesi in tre parti principali: analisi, concept e progetto. Al fine di articolare al meglio tutti i passaggi e le motivazioni che hanno spinto alla realizzazione, come elaborato finale, di un “libro infinito”, ciascuna parte si fa contenitore dei punti essenziali alla comprensione, e per questo motivo centrali nella loro traduzione in spunti creativi e occasioni progettuali.

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analisi

analisi

1.1 1.2

Raymond Roussel Comment j’ai écrit certains de mes livres 1.2.1 la scrittura combinatoria 1.2.2 il metodo svelato - i procedé rousseliani

p. 13 p. 18 p. 20 p. 21

1.3

Locus Solus 1.3.1 le macchine dell’assurdo 1.3.2 supercultura e Subcultura 1.3.3 il metodo nascosto 1.3.4 la chiave nascosta 1.3.5 l’iperdescrizione ossessiva 1.3.6 comprendere il testo - le macchine e il metodo

p. 25 p. 27 p. 29 p. 30 p. 31 p. 33 p. 34

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Raymond Roussel parigi, 1877 - palermo, 1933

“Il più grande magnetizzatore dei tempi moderni„ - André Breton


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È stato uno scrittore, drammaturgo e poeta francese. Nasce a Parigi il 20 Gennaio 1877. All’età di 15 anni viene ammesso al Conservatorio di Parigi. Eredita poi una considerevole fortuna dal padre defunto e comincia a scrivere poesie per accompagnare le sue composizioni musicali. Negli anni successivi, abbandona la musica per dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Ha sempre avuto un atteggiamento dandistico nei confronti della vita, dovuto forse alla sua enorme ricchezza. Se per le opere cartacee preferiva edizioni di pregio su carta giapponese, a tiratura limitata, per le rappresentazioni dei suoi drammi affittava prestigiosi teatri a sue spese, per tenervi poi solo poche repliche. Il suo atteggiamento nei confronti della fama, fardello che lo ha perseguitato per tutta la sua vita, era duplice: da un lato ne soffriva la mancanza, dall’altro ostentava un atteggiamento snobistico nei confronti del pubblico che di certo non la agevolava.

“Ritorno sul sentimento che provai ogni volta vedendo come le mie opere urtavano contro una incomprensione ostile quasi generale„ - Raymond Roussel

Le sue opere infatti non furono né capite né tantomeno apprezzate dai contemporanei, facendo vivere Raymond Roussel nella paura di non essere compreso, portandolo addirittura al suicidio. Muore così nella camera del Grand Hotel Delle Palme a Palermo per un’overdose da barbiturici.

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“L’insuccesso mi causò uno choc di una violenza terribile. Ebbi l’impressione di essere precipitato fino a terra dall’alto di un prodigioso vertice di gloria„ - Raymond Roussel

Raymond Roussel, in tutta la sua carriera afferma di avere totale rispetto esclusivamente per Jules Verne, e lo descrive come il massimo esempio di estro ed intelletto (“Vorrei rendere omaggio all’uomo di incalcolabile genio che fu Jules Verne. [...] ha toccato le più alte cime che il verbo umano possa raggiungere”), dal quale però sostiene di non essere mai stato influenzato. Rifiuta così ogni fonte di ispirazione, affidandosi esclusivamente a se stesso. Se da un lato non si lascia ispirare, dall’altro diviene però, fuori da ogni suo interesse, ispiratore di un movimento importante come quello surrealista, primo a scoprire il genio di Roussel, che dei suoi libri ammira soprattutto la capacità di rielaborare in modo creativo immagini e parole che provengono dall’inconscio, con uno stile descrittivo che ricorda molto la scrittura automatica*. Roussel è considerato inoltre uno dei padri spirituali della Patafisica**, e della letteratura potenziale***.

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* è quel processo di scrittura di frasi che non arrivano dal pensiero cosciente dello scrittore. Può avvenire in stato di trance, oppure in maniera cosciente ma senza la consapevolezza di quello che si sta scrivendo. È stata utilizzata in psicoanalisi come possibile strumento per fare emergere conflitti inconsci. È uno degli strumenti più importanti della tecnica di scrittura surrealista. ** è quella scienza che si prefigge di studiare il particolare e le eccezioni, spiegando l’ipotetico universo supplementare al nostro. *** l’idea fondante è che il darsi regole o schemi a priori, ossia delle costrizioni artificiali, sia uno stimolo alla creatività spesso molto più efficace della libertà, considerata comunque illusoria: poiché non è possibile prescindere da alcune imposizioni culturali, vale la pena esplorarne le potenzialità dandosi dei vincoli scelti tra i più efficaci per l’elaborazione di un’opera d’arte.

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Comment j’ai Êcrit certains de mes livres raymond roussel - 1935


“Mi sono sempre proposto di spiegare in che modo avevo scritto alcuni dei miei libri. Si tratta di un procedimento molto particolare. E, questo procedimento, mi sembra che sia mio dovere rivelarlo, perchè ho l’impressione che qualche scrittore in futuro potrebbe forse sfruttarlo con successo„ - Raymond Roussel

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la scrittura combinatoria Luogo per eccellenza dell’interpretazione rousseliana, il cosiddetto procedé consiste in realtà in una serie di procedimenti diversi che gravitano intorno alla ricchezza di spaccature prodotte nel linguaggio dalla caoticità della sua evoluzione storica. L’incoscienza letteraria di Roussel è compensata così dall’estrema attenzione alla costituzione stratificata e combinatoria del segno linguistico, le cui irresoluzioni sono nella sua opera straordinariamente impiegate in senso costruttivo: sinonimi, omonimie, omofonie sono gli elementi cardine del suo processo compositivo. Il procedé è costituito da due operazioni, diverse tra loro: 1) creazione di frammenti di materiale narrativo (parole-chiave) mediante procedimenti di manipolazione del linguaggio; 2) assemblaggio delle unità linguistiche generate, mediante collegamento logico di gruppi di esse, che costituiscano brevi fabule da unire in un’unica cornice narrativa. Per procedimento Roussel intende entrambi i momenti, anche se si sofferma sulla descrizione del primo, più innovativo, composito e tecnicamente circoscrivibile, considerando il secondo come una semplice conseguenza dei primi presupposti. Ma i rapporti di forza tra queste azioni successive mutano dal primo al secondo procedimento, in cui Roussel trova finalmente un equilibrio ottimale, una funzionalità narrativa che sovrintende alla stesura delle sue opere maggiori.

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il metodo svelato i procedé rousseliani primo procedé “Sceglievo due parole quasi simili (sul tipo dei metagrammi). Per esempio billard [biliardo] e pillard [predone]. Poi vi aggiungevo parole simili ma prese in due sensi differenti, e ottenevo così due frasi quasi identiche. Per quanto riguarda billard e pillard le due frasi che ottenni erano queste: 1. Les lettres du blanc sur les bandes du vieux billard... 2. Les lettres du blanc sur les bandes du vieux pillard... Nella prima, lettres [lettere] era preso nel senso di «segni tipografici», blanc [bianco] nel senso di «gesso» e bandes [bande] nel senso di «sponde»: «le lettere tracciate col gesso bianco sulle sponde del vecchio biliardo». Nella seconda, lettres era preso nel senso di «missive», blanc, nel senso di «uomo bianco» e bandes nel senso di «orde guerriere»: «le missive inviate dall’uomo bianco a proposito delle orde del vecchio predone». Trovate le due frasi, si trattava di scrivere un racconto che potesse cominciare con la prima e finire con la seconda.„ Il primo procedimento rousseliano instaura il suo gioco a partire dalla convivenza di identità (nel significante) e differenza (nel significato) all’interno del segno linguistico, presenze che svolgono però funzioni diverse: è l’identità a formare la regola, in quanto costrizione che fissa i limiti necessari del racconto, stabilendone l’unità; ma è la differenza che rende la regola produttiva, creando l’apertura in cui si getta l’operosità rousseliana.

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Roussel non ha intenzione sperimentale, la sua adozione del procedimento è immediata e a carattere ossessivo, non teorico; infatti non mira a destare interesse a gruppi culturali come avviene per i surrealisti, ma al contrario, mira ad un successo popolare ed incondizionato, alla «gloire» universale. L’opera rousseliana procede così per due vie totalmente differenti in effetto della duplicità costitutiva della sua scrittura, e dell’apparente paradosso da essa generato: la meccanicità fondamentale del procedimento è in grado di generare un universo meraviglioso che non cessa di stupire e di disorientare, l’ipercodificazione delle tecniche narrative invece da vita alla scrittura dell’automatismo puro senza mediazione dell’autore. Vi è un attacco implicito ai valori culturali dell’Opera, che in lui si costituisce con un lavoro puntuale di assemblamento di materiali derivati da processi in parte casuali che si pretendono del tutto automatici e dell’Autore, dove si afferma che il procedimento compositivo è comunicabile e replicabile da altri autori, negando così l’unità del singolo. Il culto di Roussel si eleva quindi del tutto naturalmente sui fronti sperimentali dell’avanguardia letteraria, nonostante la controversia dello stesso. secondo procedé “Il procedimento ebbe un’evoluzione e fui spinto a prendere una frase qualsiasi, dalla quale traevo immagini scomponendola, un po’ come se si trattasse di estrarne disegni da rebus. Faccio un esempio, quello del racconto Le poète et la Moresque, in cui mi sono servito della canzone: «J’ai du bon tabac». Il primo verso: «J’ai du bon tabac dans ma tabatière» [ho del buon tabacco nella mia tabacchiera] mi ha dato: «Jade tube onde aubade en mat (objet mat) a basse tierce» [Giada tromba onda mattinata, oggetto opaco, ha bassa terza]. Si riconosceranno in quest’ultima frase tutti gli elementi dell’inizio del racconto.„

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Roussel trasferisce nella fase produttiva del procedimento delle dinamiche verso piani sempre più interni. La struttura reticolare diviene una scomposizione su piani diversi delle due componenti fondamentali della combinatoria: sul primo livello la scomposizione omofonica utilizza le virtù combinatorie regolate dalla codificazione fonetica del linguaggio; sui livelli successivi si situa invece l’altra accezione della combinatoria, la fusione di molteplici oggetti differenti in una macrostruttura, che non avviene però secondo modi formalmente definiti, ma secondo l’interazione di una supposta «logica di combinazione delle immagini»; sodalizio che preme per improntare invece sé le due fasi dell’assemblaggio: la prima, che dilata il senso degli atomi linguistici a disposizione fino alla loro fusione in uno spunto narrativo; la seconda, che s’ingegna a combinare tali motivi fra loro in una fabula dalle dinamiche non eccessivamente inverosimili.

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Locus Solus raymond roussel - 1914


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Locus Solus, pubblicato nel 1914, è ritenuto non solo il libro più famoso dell’autore ma indubbiamente il sommo capolavoro. Incantato itinerario in sette capitoli o stazioni, Locus solus è costituito in pratica dalla minuziosa descrizione della straordinaria villa di un singolare erudito (vagamente autobiografico) di nome Martial Canterel, situata nei pressi della Parigi degli anni ’10, ma in realtà appartenente ad una dimensione del tutto surreale.

le macchine dell’assurdo Questo luogo solitario si articola infatti in una serie di tableaux che danno vita ad una sorta di museificazione del sapere e di quel mondo fantastico, ricordando per un verso le esposizioni universali, per un altro certe fiere itineranti delle meraviglie o certe bizzarre attrazioni circensi. La tecnica, molto schematica di Roussel, consiste nell’ esemplificazione di curiose macchine in cui l’ analisi minuziosa dei congegni mira ad oggettivizzarne l’assurdo. Privo di una trama vera e propria, il romanzo ripercorre la visita di un piccolo gruppo di esteti alla folle abitazione di Canterel. Si tratta dunque di una divagazione labirintica in cui si susseguono racconti e descrizioni, concatenate e congiunte, mediante la tecnica del “racconto nel racconto” Questi «quadri» rappresentano un’archeologia illusoria ed impossibile, rintracciabile nell’opera piranesiana che si nutre di un “orientalismo decadente e di un esoterico positivismo”.

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“La promenade è anche un piccolo manuale di zoologia fantastica, una miniera di pietre filosofali, un caleidoscopio di grottescherie, un microcosmo manicomiale regolato da tic e compulsioni, un grand-guignol sadomaso, un delirante presepe che annuncia la resurrezione dei morti e altre mirabilie di una magica tecnologia„ - Marcello Benfante

Queste macchine dell’assurdo possono variare da “la signorina”, un complicato apparecchio che mentre predice il tempo è capace di comporre un mosaico di denti umani a “la gabbia di vetro”, in cui i morti risuscitano temporaneamente grazie a magiche sostanze. Lo scopo di questi congegni diventa la salvezza della ripetitività del quotidiano e la creazione di questa “realtà”, di questo Luogo Solitario che sia frutto integrale dell’immaginazione.

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supercultura e subcultura Pur essendo un testo pressoché sconosciuto al grande pubblico, è proprio con Locus Solus, che la propagazione dell’opera rousseliana si divide irreversibilmente in due grandi bacini di utilizzo, quello superculturale e quello subculturale. Da un lato, infatti, si condensa attorno ai suoi lavori un gruppo di ferventi sostenitori, ovvero il futuro gruppo surrealista; dall’altro, la superficie visibile delle sue opere comincia a godere di un’ampia diffusione, anche se sotto il carattere dello scherno. Ed è proprio con Locus Solus che Raymond Roussel prova a raggiunge, con ogni mezzo, quella fama tanto bramata in tutta la sua vita. Ricorse infatti al teatro, e con l’aiuto di Pierre Frondaie, fece una riduzione teatrale di Locus Solus che rappresentò con grande fasto al Théâtre Antoine. Alla prima ci fu un tumulto indescrivibile. Ci fu una battaglia, poichè questa volta, se quasi tutta la sala era schierata contro Roussel, vi era almeno un gruppo di ferventi sostenitori. Il caso fece molto scalpore e il suo nome fu conosciuto da un giorno all’altro.

“Di nuovo mi trattarono da folle, da mistificatore; tutta la critica lanciò grida di indignazione. Ma finalmente un risultato era ormai ottenuto, il titolo di una delle mie opere era celebre„ - Raymond Roussel

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il metodo nascosto Riprendendo in breve sintesi il secondo procedimento creativo dell’autore, che a partire da frammenti di testi (che siano poesie, canzoni, opere teatrali o romanzi poco importa a Roussel), vengono generate nuove frasi simili nell’assonanza, ottenendo così parole foneticamente somiglianti alle originali ma non connesse tra loro. A partire da questi nuclei linguistici si genera il racconto. Ed è questa la forma definitiva del procedimento che verrà utilizzata per Locus Solus. In essa lo spazio di manovra si amplia ulteriormente per Roussel, per la nuova facoltà di scelta incondizionata delle frasi-genesi, e per l’evidente flessibilità del criterio di scomposizione omofonica, agevolata dalla malleabilità fonetica della lingua francese. La visibilità con cui le macchine rousseliane espongono il loro funzionamento, esplicitando il segreto della loro apparente assurdità, diviene fenomeno in grado di sconcertare e disorientare qualsiasi lettore, qualora non fosse in possesso della chiave predisposta dall’autore allo scardinamento di questo paesaggio narrativo. Rileggendo le pagine che sembravano non rimandare ad alcun significato, si ammette con stupore che esse non fanno altro che mimare il segreto che le ha generate. Ma l’interesse che suscita questa altrimenti banale operazione metanarrativa è nella segretezza del suo svolgimento, nascosto fino all’ultimo con un’accuratezza che potremmo definire maniacale.

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la chiave nascosta Rispetto alle categorie tradizionali della narrazione, la sovrapposizione metanarrativa del procedimento inverte il rapporto logico tra la superficie del testo e ciò che vi è dietro, il suo modo di produzione: il romanzo classico si prodiga per garantire la veridicità del suo mondo narrativo, riproduzione più o meno conforme dei rapporti logici che regolano le interazioni tra noi, gli altri e il mondo esterno. È la logica del mondo che regola i meccanismi dell’opera, atti a riprodurre verosimilmente la corretta articolazione di rapporti del reale. L’attitudine combinatoria di Roussel produce, all’opposto, delle narrazioni che infilano descrizioni di oggetti od azioni inverosimili in un tessuto consequenziale, frammentato ed artificioso, come risultato di un’operazione tecnica di assemblaggio calcolata nei minimi dettagli.

“Era del resto la caratteristica del procedimento far sorgere una specie di equazione di fatti che si trattava di risolvere logicamente„ - Raymond Roussel

L’innegabile culto di cui gode quest’autore è legato non ai contenuti qualitativi della sua opera, ma alla peculiare enigmaticità della foresta di richiami che egli stabilisce tra piani testuali ed extratestuali diversi.

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Entrando da qualsiasi lato del suo testo si è investiti da un insostenibile fardello di vacuità, che innesca il gioco dell’interpretazione e lo alimenta indefinitamente; la supposta “ingenuità” di Roussel lascia intravedere un ordine, una chiave risolutiva che non è mai situata sul livello dell’oggetto d’indagine, bensì in uno strato più profondo; ma il fenomeno si ripete per ogni livello successivo, determinando una deriva che regredisce ad infinitum.

“L’opera sarebbe allora costruita su tutta una disposizione a piani di segreti che si comandano, ma senza che nessuno di loro abbia valore universale o assolutamente liberatorio. Fornendo una chiave all’ultimo momento, l’ultimo testo sarebbe come un primo ritorno verso l’opera con una doppia funzione: aprire, nella loro architettura più esteriore, certi testi, ma indicare che per questi e per gli altri è necessaria una serie di chiavi delle quali ciascuna apre la propria scatola, e non quella più piccola, più preziosa, meglio protetta che vi si trova contenuta„ - Michel Foucault

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l’iperdescrizione ossessiva In Locus Solus la narrazione consiste esclusivamente nell’itinerario attraverso una sequenza di fenomeni straordinari, ognuno dei quali viene passato attraverso due stadi: una descrizione dell’evidenza dei fenomeni, su cui si concentra l’enigma, ed una spiegazione minuziosa, quasi desacralizzante delle meccaniche che li hanno determinati. Sono presenti incredibili fasi descrittive, sovrabbondanti, che hanno per oggetto le improbabili macchine suggeritegli dal procedé, descritte con irritante precisione. L’effetto indiretto di questa iperdescrizione è l’inversione del carattere tradizionale della stasi descrittiva, ovvero la naturalizzazione del paesaggio narrativo, la resa simulata delle informazioni connotative assicurate nella realtà dai dati sensoriali; qui l’eccessiva profondità dello sguardo descrittivo diventa invece straniante, amplificando sensibilmente l’improbabilità del paesaggio che evoca.tecnica di assemblaggio calcolata nei minimi dettagli.

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comprendere il testo le macchine e il metodo Il più frequente e riconosciuto oggetto di riflessione delle dinamiche di produzione è posto in atto nelle straordinarie macchine descritte; celeberrima è la “Demoiselle”, l’impensabile congegno che in Locus Solus costruisce un mosaico di denti umani in cui è raffigurata una scena predeterminata, sfruttando unicamente la forza delle variazioni meteorologiche. L’equazione che stabilisce è trasparente: un congegno interamente artificiale è in grado di produrre un’opera artistica grazie alla perfetta messa a punto del suo programma, come il meccanismo del procedimento è in grado di restituire le meraviglie dell’opera rousseliana.

“Questo procedimento, in fondo, è apparentato alla rima. Nei due casi c’è creazione imprevista dovuta a combinazioni foniche. E’ essenzialmente un procedimento poetico„ - Raymond Roussel

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Molti altri luoghi testuali costituiscono figure analoghe ma relative a differenti aspetti del procedé; ad esempio le scene compiute dai cadaveri nella grottesca gabbia di vetro di Locus Solus: essi ripetono meccanicamente una scena saliente della loro vita, depositata nella loro memoria, ma tale è l’esattezza con cui replicano i movimenti compiuti in quella passata azione, da rendere necessario un lavoro di riempimento dello spazio che li circonda con gli oggetti esatti con cui erano entrati a contatto in quella situazione. E’ evidente che questo lavoro di riempimento logico sotto costrizione d’uno spazio vuoto che circonda il soggetto virtuale della narrazione, rimandi all’analogo lavoro di riempimento dello spazio linguistico intorno alle parole-genesi. La combinatoria, non mira ad altro che all’eliminazione delle norme costituite, per far valere un altro ordine di rapporti, artificiale, fra gli elementi del linguaggio.

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concept

concept

il libro visivo 2.1.1 scale e livelli - la struttura 2.1.2 continuità e casualità - il filo conduttore 2.1.3 il moto infinito - le macchine e il metodo 2.1.4 la cultura visiva - l’ispirazione 2.2 la forma come espressione 2.1

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p. 39 p. 41 p. 44 p. 46 p. 48 p. 53



il libro visivo Di fronte alla progettazione di un libro visivo, è necessario in primo luogo delineare i punti di forza dell’opera presa in analisi, prima di dare avvio alla fase di ideazione del concept. Locus Solus, riflettendo tra le sue pagine la folle personalità dell’autore, offre molteplici spunti che si sviluppano su due piani distinti ma corresponsabili alla definizione del concept: quello della complessità strutturale da una parte e quello dei contenuti surreali, collocabili nella sfera letteraria del non-sense, dall’altra. L’obiettivo del progetto, si divide anch’esso in due punti: 1. smascherare il procedé rousseliano; 2. facilitare lettura e comprensione di fabula ed intreccio. A partire dall’obiettivo prefissato diviene quindi indispensabile andare ad indagare gli aspetti più significativi del romanzo, così da poter delinearne le caratteristiche e le peculiarità.


Grafico delle pagine totali per livello (dal primo al quarto) rapporto 1:1

Liv. 1

Liv. 2

Liv. 3

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Liv. 4


scale e livelli la struttura Il romanzo è strutturato mediante racconti che racchiudono altri racconti, tutti unificati nella struttura libro. La visita al Locus Solus, è composta da sette tappe, come sette sono i capitoli, dedicati ognuno ad una “struttura impossibile” appartenente allo scienziato Canterel, che ne fa da Virgilio. Ogni capitolo, oltre a contenere un’iniziale descrizione della macchina analizzata, si fa contenitore di altri racconti, che, livello dopo livello, divengono sempre più dettagliati, approfondendo e spiegando origini, storie e mitologie legate alla creazione. I livelli che si vanno a creare sono al massimo quattro. La peculiarità della struttura sta nella simmetria di tali livelli: dal primo livello si passo obbligatoriamente al secondo, senza poter passare direttamente al terzo o al quarto. La stessa regola viene applicata per “risalire in superficie”. Come scale salgono e scendono, facendo però iniziare e terminare ciascun capitolo nel primo livello, sulla superficie. Questa formula fa pensare quindi ad una sorta di contenitore, una Matrioska che obbliga il lettore a smontarla e rimontarla, per sette volte, per sette capitoli.

Questa meccanicità inizia così a riflettere il parallelismo tra metodo e contenuto. Lo stesso Roussel si fa infatti ottava “macchina”, ripetendo con continuità e automatismo il suo procedé. Lo stesso pubblico può divenire metafora di una nona invenzione dell’assurdo, costretto ad un percorso obbligato e del tutto meccanico. La spavalderia fantasmagorica presente in Locus Solus costringe infatti il lettore a serpeggiare questa narrazione labirintica ed esponenziale, promettendo un sovraccarico sensoriale ad ogni svolta di pagina, ad ogni punto di frase.

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Cap. 4 Cap. 3 Cap. 2 Cap. 1

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Grafico della composizione dei capitoli (pagine e livelli effettivi) rapporto 1:1

Cap. 7 Cap. 6 Cap. 5

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continuità e casualità il filo conduttore Raymond Roussel, mediante l’operazione di ricerca ed assemblaggio di frammenti (testi, frasi, strofe, ecc), tesse una trama interconnessa e allo stesso tempo casuale, ogni racconto ha significato singolarmente ed assume senso anche nella globalità dell’opera. Come i testi di partenza, gli stessi racconti che genera per assonanza e che vanno a comporre il romanzo adottano comportamento analogo: ogni livello risulta comprensibile singolarmente, ogni capitolo risulta indipendente dagli altri. Ed è nella ripetizione tematica, riscontrabile in Locus Solus, di fili, corde, nodi, e sistemi di rete, che la metafora prende vita. Mentre Roussel tesse tutte le storie insieme, da segmenti costantemente trasportati e riversati in altre storie, moltiplica contemporaneamente i segnali visivi per il lettore e crea un effetto a spirale, continuo ed infinito. Ed è proprio qui che la scaltrezza e la capacità dell’autore emergono: esso infatti si costringe ad unificare il tutto, a trovare il filo conduttore, unico, continuo.

“Ma bisogna saperlo adoperare. E come con le rime si possono fare buoni o cattivi versi, con questo procedimento si possono fare buone o cattive opere„ - Raymond Roussel

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“Occorre crearsi delle costrizioni, per potere inventare liberamente. Le costrizioni sono fondamentali per ogni operazione artistica. Sceglie una costrizione il pittore che decide di usare l’olio piuttosto che la tempera, la tela piuttosto che la parete; il musicista che opta per una tonalità di partenza (poi modulerà, modulerà, ma è a quella che dovrà pur tornare); il poeta che si costruisce la gabbia della rima baciata o dell’endecasillabo. [...] Il bello della storia è che ti devi creare delle costrizioni, ma devi sentirti libero nel corso della stesura a cambiarle„ - Umberto Eco

Ed è proprio la costrizione lo strumento che amplifica le possibilità di raggiungere soluzioni originali, insolite: l’essere «costretti» a seguire certe regole induce uno sforzo di fantasia; la costrizione non restringe l’orizzonte delle strategie narrative dello scrittore, al contrario, come dice Calvino, ne allarga le «potenzialità visionarie», paradossalmente è «un inno alla libertà d’invenzione», capace, come «il meccanismo più artificiale», «di risvegliare in noi i demoni poetici più inaspettati e più segreti».

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il moto infinito le macchine e il metodo Il parallelismo tra metodo e contenuto prosegue qui mettendo a confronto le costruzioni fantastiche e l’iter progettuale di Raymond Roussel. Le macchine rousseliane sono caratterizzate da un moto perpetuo che tende ad infinitum, un loop spazio-temporale in cui agiscono con meticolosità, ripercorrendo istante dopo istante ciò per cui sono state programmate. Lavorano serenamente in una circolarità di gesti in cui si afferma la gloria silenziosa del loro automatismo. Nessun simbolo, nessun geroglifico viene innalzato in tutto questo agitarsi minuscolo, misurato, ricco di dettagli ma avaro di ornamenti. Gli stessi protagonisti che si animano all’interno di esse sono destinati ad un ciclo continuo ed instancabile, alienati dalla ridondanza dei gesti, esaltata dalle prolisse descrizioni, così minuziose che paradossalmente confondono e disorientano. L’autore infatti attua questo automatismo così da creare una successione di piani, un sali e scendi continuo, una scala infinita che fluttua e ripercorre instancabilmente un itinerario, il viaggio nel Luogo Solitario. L’equazione che stabiliscono è evidente: un congegno interamente artificiale, grazie alla perfetta messa a punto del suo programma, svolge accuratamente il suo compito, così come il meccanismo del procedé è in grado di restituire le meraviglie dell’opera autoriale. Nel Locus Solus troviamo macchine per ripetere le cose nel tempo, per prolungarle con un’esistenza monotona, circolare e vuota, per introdurle nel cerimoniale di una rappresentazione, per mantenerle, come la “testa disossata di Danton”, nell’automatismo di una resurrezione senza vita. Come se un linguaggio così ritualizzato non potesse accedere che a cose già morte e sgravate dal loro tempo; come se non potesse giungere all’essere delle cose, bensì alla loro vana ripetizione e a quel duplicato in cui esse

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si ritrovano fedelmente ma senza mai ritrovarvi la freschezza del loro esistere. Il racconto, che il procedimento scava dall’interno, comunica con cose che la morte scava dall’esterno, separandole in tal modo da se stesse: da una parte, l’apparato impietosamente descritto della loro ripetizione, dall’altra la loro esistenza definitivamente inaccessibile. Esiste dunque, al livello del «significato», uno sdoppiamento simmetrico a quello che separa, nel «significante», la descrizione delle cose e l’architettura segreta delle parole. Si delinea una struttura a quattro termini: racconto, procedimento, evento, ripetizione. L’evento è sepolto – presente e nel contempo irraggiungibile – nella ripetizione, come il procedimento lo è nel racconto (lo struttura e vi sparisce); allora l’esistenza iniziale, nella sua freschezza, ha la stessa funzione dell’artificiosa macchinazione del procedimento; ma, inversamente, il procedimento gioca lo stesso ruolo degli apparati di ripetizione. E all’incrocio di questi quattro termini, il cui gioco determina la possibilità del linguaggio – il suo artificio meravigliosamente aperto –, la morte serve da collegamento e da limite. Da soglia, poiché separa con una distanza infinita l’evento e la sua iterazione quasi identica, facendoli comunicare in una vita paradossale, allo stesso modo in cui ha separato, nel linguaggio di Roussel, il racconto e il procedimento invisibile, facendoli vivere, una volta scomparso lo scrittore, di una vita enigmatica.

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la cultura visiva l’ispirazione Gli immaginari evocati in Locus Solus rimandano ad immaginari esotici, quasi mistici. Possono essere riconducibili alle illustrazioni piranesiane, un binomio di rovina ed invenzione, un connubio tra storia e scienza. In Locus Solus sono citati molteplici paesi stranieri, terre lontane, personaggi mitologici. Il romanzo sembra una sorta di guida a nuovi paesaggi ed atmosfere. L’iperdescrizione appare come una descrizione del reale, di un qualcosa sicuramente esistito. Ma il lettore non deve lasciarsi trarre in inganno, seppur i riferimento appaiano, nella loro assurdità, realistici non per questo sono reali. Ed è proprio Raymond Roussel a negare ogni forma di influenza, di ispirazione.

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“Ho viaggiato molto. Ho fatto il giro del mondo attraverso le Indie, l’Australia, la Nuova Zelanda, gli arcipelaghi del Pacifico, la Cina, il Giappone, e l’America. Conoscevo già i principali paesi d’Europa, l’Egitto e tutto il Nord Africa; più tardi visitai Costantinopoli, l’Asia Minore e la Persia. Ma, da tutti questi viaggi, non ho mai ricavato nulla per i miei libri. Mi è sembrato che la cosa maritasse di essere segnalata tanto dimostra chiaramente che per me l’immaginazione è tutto„ - Raymond Roussel

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“Un’idea di letteratura come gioco combinatorio che segue le possibilità implicite nel proprio materiale, che non si risolve in un problema d’ispirazione discesa da chissà quali altezze, d’intuizione pura o di rispecchiamento delle strutture sociali o di presa diretta della psicologia del profondo, come vogliono le varie estetiche del novecento„ - Italo Calvino

E se tutto nasce dal caso, tutto è immaginazione, la mente umana risulta essere ancora più sconcertata, abbandonata all’enigma da risolvere all’interno di un libro, incomprensibile nella forma e apparentemente evocativo nei contenuti, un intreccio inestricabile senza un riferimento al reale.

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“Le speciali combinazioni di simboli allestite nei libri di Roussel paiano fatte apposta per sconcertare la nostra ragione: il caso favorisce l’eccezione, di fronte alla quale la ragione amica della norma, si sente a disagio„ - Gian Carlo Roscioni

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Questo labirinto di parole, costruito sulla base di un’architettura inaccessibile e riferito soltanto al proprio gioco, è nel contempo un linguaggio positivo: senza vibrazioni, sottile, discreto, testardamente legato alle cose, vicinissimo ad esse, fedele fino all’ossessione ai dettagli, alle distanze, ai colori, agli impercettibili intoppi che sono loro propri, è il discorso neutro degli oggetti stessi, privo di complicità e di ogni rapporto affettivo, come assorbito interamente da quel che è esteriore. Teso su un mondo di forme possibili che vi scavano un vuoto, tale linguaggio è prossimo, più di ogni altro, all’essere delle cose. Ed è appunto per questa via che ci si avvicina a ciò che c’è di realmente «segreto» nel linguaggio di Roussel: il fatto che sia così aperto mentre la sua costruzione così chiusa, che abbia tanto peso ontologico quando la sua morfologia è così aleatoria, che prenda visione di uno spazio dettagliato e discorsivo, mentre, deliberatamente, si è rinchiuso in una piccola fortezza. Un tale linguaggio con artificio incorporato è un linguaggio che, fedelmente, fa vedere. Il segreto nel segreto è così quello di poter far apparire se stesso, mentre si nasconde in un movimento fondamentale che comunica col visibile, e si accorda, senza problemi né deformazioni, con le cose.

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la forma come espressione In questo modo, accettando gli spunti offerti dallo stesso autore, si è giunti al completamento del concept. Il libro visivo, tema di questo progetto e soggetto del concept, si presenta come un artefatto che esplora il procedimento letterario compiuto da Raymond Roussel, sottolineando l’importanza del dualismo che è in grado di generare tra metodo e contenuto. Si è deciso di porre l’accento su una rappresentazione basata esclusivamente sulla forma dell’oggetto-libro, in grado di avvicinare il lettore al procedé ed al racconto in unicum che rimanda alle sperimentazioni rousseliane, negando così ogni forma di rappresentazione visiva, ricordandosi dunque che: “l’immaginazione è tutto”



progetto il formato il testo l’assenza dell’immagine la copertina la rilegatura, la carta e la stampa la fruizione

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p. 57 p. 64 p. 68 p. 69 p. 72 p. 74

progetto

3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6



il formato Il punto di partenza per la concretizzazione del progetto è rappresentato dal formato del libro, argomento di rilevanza fondamentale ai fini realizzativi. In questo senso, dare vita al concept risulta una sfida molto interessante per quanto riguarda la sfera della leggibilità del libro, della sua fruibilità e comodità di utilizzo e non di meno della sua economicità costruttiva.


La prima necessità è stata quella di far prendere vita alle scale che scandiscono la narrazione, disorientando, senza avvertire il lettore di ogni cambio di piano. Con l’obiettivo di rendere la lettura più fluida e comprensibile, si è deciso di utilizzare quattro diversi formati di pagina, come quattro i livelli. Ricavato il primo formato con il rapporto della sezione aurea, riflettendo il carattere patafisico del romanzo, fondato sul continuo connubio di scienza e pazzia, sono stati ricavati gli altri scalando la lunghezza del lato corto (b) per cui:

Lbx = Lbx-1 - 15 mm

Liv. 1 140b x 210h

Liv. 2 125b x 210h

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Liv. 3 105b x 210h

Liv. 4 90b x210h


Grafico della composizione del libro (assemblaggio mediante diversi livelli)

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Passando da un piano all’altro, in base al livello di narrazione in cui ci troviamo, a libro aperto, si è di fronte ad una vera e propria scala; un sali e scendi continuo, incessante, instancabile, che punta a far immerge il lettore in un loop infinito, come intrappolato in un’opera firmata Maurits Cornelis Escher, incisore e grafico olandese, conosciuto principalmente per le sue litografie che tendono a presentare costruzioni impossibili, esplorazioni dell’infinito, tassellature del piano e dello spazio e motivi a geometrie interconnesse che cambiano gradualmente in forme via via differenti. Le opere di Escher, amate da scienziati, logici, matematici e fisici che apprezzano il suo uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche ed interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza, sovente per ottenere effetti paradossali.

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House of Stairs (1951) - M.C. Escher

Up and Down (1947) - M.C. Escher

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Ed è proprio dal suo lavoro che trae ispirazione la particolare conformazione del libro. Il pensiero progettuale si è focalizzato sulla realizzazione di una struttura “impossibile”, così da rendere l’oggetto-libro una macchina rousseliana, un fantasmagorico marchingegno che avesse come attributo imprescindibile il concetto di moto infinito. Il libro si presenta sotto forma di fisarmonica, sviluppandosi nel tempo e nello spazio crea un ciclo infinito in cui il lettore rimane coinvolto, un po’ come i personaggi delle litografie escheriane di cui il destino sembra ormai scritto: percorrere una scala infinita, in un moto circolare, sferico, in cui inizio e fino diventano indistinguibili, inesistenti. Assemblati i singoli capitoli in modo concatenato, come libri individuali assemblati in una struttura unica, una volta letti i primi quattro, occorre proseguire l’iter di lettura sull’altro lato del libro, senza dover però capovolgere il romanzo.

All’apparenza quindi, il libro manterrà una forma e delle dimensioni formali (150x210 a libro chiuso), permettendo al lettore di sfogliarlo e leggerlo convenzionalmente. Una volta aperto però, l’artefatto si potrà distendere nella sua intera lunghezza.

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Grafico del’assemblaggio della struttura (le parti vengono assemblate seguendo la fisarmonica)

Grafico della struttura assemblata (la fisarmonica è pronta per contenere le pagne componenti i capitoli)

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il testo Per la formattazione della pagina e del testo si è voluta mantenere una sobrietà estetica così da non sovrastare la struttura, senza però rinunciare alle volontà dell’autore che amava libri preziosi ed eleganti. La griglia di impaginazione del testo, è molto basica ed essenziale, mantenendo i margini costanti per tutti e quattro i formati, si è andanti esclusivamente a modulare l’ingombro del testo (margini interni ed esterni = 20 mm; margini superiori ed inferiori = 25 mm). Il testo, giustificato a pacchetto, è posto al centro della pagina. Non si è reso necessario pertanto nessuno sviluppo della griglia di impaginazione considerando sufficiente l’utilizzo della baseline-grid per l’allineamento del testo tra le pagine.


Il carattere scelto, il DTL Fleischmann, disegnato da Erhard Kaiser nel 1997, ispirato al carattere originale del 1728 di Johann Michael Fleischmann, è caratterizzato da una elevata leggibilità frutto del disegno delle grazie accentuate e preziose, prestandosi perfettamente per la composizione di lunghi testi. La sua eleganza e la sua scorrevolezza nella lettura agevolano il lettore nell’affrontare le 380 pagine componenti Locus Solus. Dopo svariati esperimenti in merito, il corpo del carattere è stato fissato a 10 pt, per tutto il testo, in ogni livello, esclusi i numeri di capitolo (16 pt) e i numeri di pagina (8 pt). L’interlinea invece è stata posta a 13 punti. Delle molteplici varianti a disposizione per quanto riguarda lo stile del carattere e il suo peso la scelta è ricaduta sul DTL Fleischmann Regular, utilizzato nella sua versione corsiva, l’Italic, per alcune parti all’interno del testo, mantenendole fedeli all’edizione Einaudi.

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DTL Fleishmann T Erhard Kaiser (1997)

regular regular italic

medium medium italic

bold bold italic

È al Locus Solus che Canterel passa quasi tutto l’anno. È al Locus Solus che Canterel passa quasi tutto l’anno.

È al Locus Solus che Canterel passa quasi tutto l’anno. È al Locus Solus che Canterel passa quasi tutto l’anno.

È al Locus Solus che Canterel passa quasi tutto l’anno. È al Locus Solus che Canterel passa quasi tutto l’anno.

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Una peculiarità del libro ricade sull’utilizzo dei numeri di pagina. Posti nel margine esterno, centrati nella pagina, si fanno portatori del metodo rousseliano, sintetizzando metaforicamente il suo procedé: grazie al formato differente dell singole pagine, a libro aperto, i numeri di pagina creano un filo che taglia in orizzontale il libro. Il simbolismo risiede nel fatto che, essendo le pagine di dimensioni differenti, spesso ci possiamo trovare ad avere affiancati numeri in ordine casuale, crescente ma non continuo: ogni numero rappresenta un frammento di brano, testo o poesia che lo stesso autore sceglieva, assemblandolo con gli altri, creando così una continuità del racconto, un filo unico ma frammentato, casuale e continuo.

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l’assenza dell’immagine Ricordando la negazione di Raymond Roussel ad ogni tipo di ispirazione ed immaginario, la scelta di eliminare qualsiasi forma si linguaggio visivo è stata immediata. Il volume infatti è privo di qualsivoglia elemento grafico, ad eccezione di due pentagrammi musicali, già presenti nel testo originale. Si è voluto pertanto mantenere ciò che era dettato dalla volontà autoriale, senza apporre ulteriori immagini, fotografie, grafiche. Ciò permette al lettore di crearsi nella propria mente un personale viaggio al Locus Solus, un itinerario intrigante e surreale, dove le macchine sono totalmente, eccessivamente descritte che, affiancate ad un’immagine il rischio di cadere in un duplice errore era inevitabile: da un lato sarebbe stato impossibile rappresentare le macchine dello scienziato Canterel, così come quelle nate nella mente dell’autore, dall’altro, si avrebbe privato il pubblico di quella magia, lasciando campo libero all’immaginazione.


la copertina Bisogna iniziare con l’anticipare che il libro possiede una copertina ed una sovracopertina, poichè è stato necessario, per una questione tecnica, costruire una scatola aperta su due lati per contenere il volume, così da proteggerlo e rendere il tutto più stabile. Detto questo, la questione che si apre al momento della progettazione della copertina porta alla luce tutte le difficoltà nel coniugare la scelta dell’assenza dell’immagine e la necessità di trasmettere, al primo sguardo, la struttura ed i livelli, nel tentativo di rendere il libro accattivante ed interessante per il lettore.


Ciò ha spinto verso la ricerca di un metodo astratto e sobrio, elegante ed enigmatico, riflettendo così la personalità di Raymond Roussel. L’ispirazione si è così lasciata guidare dall’opera di Armin Hoffmann, uno dei massimi esponenti dello stile svizzero. All’interno di una delle sue pubblicazioni più famose, Graphic Design Manual (1965), è stato possibile attingere a molte delle sue creazioni, risalendo agli elementi cardine del suo lavoro: egli frammenta la composizione in principi fondamentali quali il punto, la linea, la forma, la composizione, la tipografia. Si è optato quindi per una sovracopertina in cui si è giocato con l’elemento geometrico della linea per anticipare le dimensioni dei vari livelli, poste in verticale. Titolo, autore e casa editrice sono stati formattati con lo stesso carattere tipografico utilizzato all’interno del libro, il DTL Fleischmann; il retro, presenta inoltre una breve sinossi del romanzo, il prezzo ed il codice a barre. Andando poi a sintetizzare ulteriormente, la copertina, una volta tolto il box protettivo, possiede esclusivamente le linee verticali. Tale scelta nasce dall’esigenza di orientare il pubblico suggerendo l’inizio del libro, senza però disturbare il passaggio dal quarto al quinto capitolo, momento in cui il libro si capovolge. Le coste dei vari capitoli, presentano inoltre, nella stessa posizione dei numeri di pagina interni, ovvero esattamente a metà altezza, il numero di capitolo.

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Graphic Design Manual (1965) - A. Hofmann

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la rilegatura, la carta e la stampa La rilegatura scelta per l’assemblaggio del libro è una copertina continua, che si sviluppa per tutti e sette i capitoli, cartonata con cartoncino vegetale e rivestita, con i singoli capitoli rilegati per sedicesimi a brossura a filo refe. Il materiale di rivestimento scelto è una simil pelle nera, per mantenere l’aspetto di eleganza e preziosità spesso menzionato da Raymond Roussel. La carta utilizzata nel progetto doveva rispondere ad alcuni prerequisiti funzionali. Vista la tipologia di libro era importante porre l’accento sulla grammatura della carta che, per motivi di cordonatura ottimale, di spessore finale e solidità era necessario non scendesse sotto i 90 gr/ m2 e non superasse i 110 gr/m2. A queste considerazioni tecniche era necessario affiancare un’idea di progetto, che vedeva nella carta un ulteriore mezzo comunicativo da sfruttare. Per questo, la carta scelta, la FLORA Gardenia 100 gr/m2, è caratterizzata da un colore pallido, un bianco puro, non troppo acceso, in grado di agevolare la lettura e la visione del progetto donando una profondità ideale senza riflettere eccessivamente la luce.


Derivata da elementi naturali, intuibile dal nome stesso, non solo si è prestata ad una tenuta dell’inchiostro buona ma richiama, concettualmente, il giardino in cui si svolge tutta la narrazione, tutto il percorso nel Locus Solus. Le impressioni tattili rimandano ad una sensazione di naturalezza, frutto della produzione della carta stessa che coniuga pura cellulosa, carta riciclata e cotone. Per la fase di stampa sono stati preparati quartini impaginati su formato universale per la stampa A4, fronte retro in b/n, seguendo i formati dei diversi livelli, rifilati successivamente la rilegatura, così da poter evitare differenti lunghezze di pagine, facendo sì che il libro potesse risultare omogeneo nel profilo delle pagine. Il box è stato poi realizzato con un cartonato che non presentasse il lato destro e sinistro, così da far emergere le coste dei vari capitoli, rivestito con la stessa simil pelle nei lati superiore ed inferiore ed infine, tramite l’utilizzo di una colla ad alta tenuta, si è potuto applicare la copertina stampata in fogli singoli in monocromia.

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la fruizione Nonostante la spiccata particolarità di questo libro, la sua usabilità rimane pressoché invariata rispetto ad un libro convenzionale. Bisogna tuttavia distinguerne gli utilizzi possibili, perché il progetto è aperto a molte configurazioni. Bisogna semplicemente seguire l’andamento spontaneo del libro, con la particolarità della sua ciclicità infinita. Ipoteticamente è un libro che può non avere una fine, continuando a sfogliare i singoli capitoli, le singole pagine. Allo stesso modo però il libro diventa una struttura fisica vera e propria, si può muovere nello spazio andando ad ampliare la fisarmonica, rimarrà dunque in piedi, creando continuamente un gioco di scale e di livelli che appassionerà e guiderà il lettore in questo mondo meravigliosamente assurdo. In questo modo si intraprende un processo di scoperta, che rende i fruitori protagonisti e testimoni di un’esperienza fisica e dimensionale.


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conclusioni Affrontare la progettazione di un libro innesca automaticamente l’attenzione verso la sfera interpretativa dell’opera. Le scelte intorno alla copertina, alla carta, al carattere utilizzato corrono sempre il rischio di fuorviare il lettore da quella che è l’identità di uno scritto. Pensare ad un libro visivo, ne aumenta considerevolmente il rischio. In esso infatti è il progettista stesso a trasformare l’opera in una sua rilettura, nel tentativo di facilitare l’immedesimazione e la comprensione della narrazione, attraverso un’interpretazione che, come designer, ritiene più fedele all’identità del libro.

conclusioni

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In questo caso, alla complessità tecnico-interpretativa del progetto si aggiungono le forti peculiarità di Raymond Roussel, trovandosi ad affrontare, parallelamente, un aspetto di procedimento ed uno di contenuto. L’interpretazione data al romanzo vuole essere l’occasione per chiarire al lettore alcuni aspetti meno comprensibili del libro e affascinarlo di fronte al procedé rousseliano, cercando di svelare il metodo senza però togliere quell’aspetto surreale ed incantevole. Da un iniziale straniamento dovuto alla lettura del libro, l’analisi critica e la fase creativa hanno portato ad un concept articolato e coerente sia con la richiesta di progetto sia con l’identità del volume. La scelta di realizzare una struttura così complessa, fondamentale in questo progetto, ha portato alla luce sia aspetti positivi sia negativi: da un lato si è dimostrato adatta nel ruolo di protagonista di una narrazione basata su livelli differenti, dall’altro lato però ha costretto ad attuare scelte progettuali tecniche spesso complesse da portare a termine. Nonostante ciò, le finalità della domanda di progetto, che miravano alla realizzazione di un libro in un’edizione arricchita, vengono qui soddisfatte: questa personale interpretazione di Locus Solus, che continua, ogni volta che viene sfogliato ad offrire e suggerire una moltitudine di aspetti significanti, estranianti, inusuali ed interessanti, risulta esplicativa e completa di tutti i punti che erano stati scelti come approfondimento ed analisi.

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bibliografia Locus Solus Raymond Roussel, Paris, 1914 (trad. it. di Paola Dècina Lombardi, Torino, Einaudi, 1975);

Comment j’ai écrit certains de mes livres Raymond Roussel, Paris, 1935 (trad. it. di Paola Dècina Lombardi, Torino, Einaudi, 1975);

Raymond Roussel Michel Foucault, Parigi, 1963 (Ombre Corte, collana Cartografie)

Dire et voir chez Raymond Roussel Michel Foucault, Paris, 1963 (trad. it. di Cappelli, 1978, Verona)

Atti relativi alla morte di Raymond Roussel Leonardo Sciacsia, Palermo, 1971 (La rosa dei venti n. 1, 2009)


Petit dictionnaire de “Locus solus” Patrick Besnier, Pierre Bazantay, 2004 (Rodopi)

L’arbitrio letterario. Uno studio su Raymond Roussel Gian Carlo Roscioni, Torino, 1985 (Einaudi - collana Saggi);

Vie de Raymond Roussel François Caradec, Parigi, 1877-1933 (Fayard)

Dossiers sur Raymond Roussel, Revue Europe n. 714, ottobre 1988 (Revenue Littéraire, mensile) L’art romanesque de Raymond Roussel Carolyn A. Durham, 1982 (French Literature Publications Co.)


www. ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/ repubblica/2007/03/09/dodici-libri-di-roussel-allhotel.html angelomainardi.it/Raymond%20Roussel.html amandalynneaston.blogspot.it/2013/02/week-3-locussolus-fates-knots-and.html andreamartines.com museoreinasofia.es/multimedia/joao-fernandesfrancois-piron-sobre-exposicion-locus-solus radio.museoreinasofia.es/IMG/article_a372 it.wikipedia.org/wiki/Raymond_Roussel noveporte.it/dandy/documenti/roussel.htm


treccani.it/enciclopedia/raymond-roussel/ bombmagazine.org/article/6260/raymond-roussel variant.org.uk/15texts/Roussel.html en.wikipedia.org/wiki/Locus_Solus gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k109252r/f8.image capitanswing.com/libros/locus-solus/ sites.sas.upenn.edu/jtresch/files/in_a_solitary_place youtube.com/watch?v=Zj7ZPjJ4sQ0 artnest.it/perfo/images4/locus%20solus.html goodreads.com/book/show/507725.Locus_Solus



Grazie, a chi c’è da sempre, a chi è presente da poco, a chi lo è stato raramente, a chi non è stato mai presente, a chi lo sarà per sempre.



progetto grafico Matilde Capacciola (794352) stampa e rilegatura Grafiche Mainardi carta Canson bianco/papavero 160 gr carton vegetale 0,2 mm carta Vellum 100 gr tipografia Sentinel light, light italic, medium, medium italic



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