PERIFERIE - Circuito cinematografico

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3ª RASSEGNA CINEMATOGRAFICA IN CIRCUITO


CIRCUITO CINEMATOGRAFICO

Il circuito cinematografico Periferie nasce per favorire la diffusione della cultura cinematografica sul territorio sardo. Propone il cinema come strumento idoneo a rispondere al bisogno delle comunità di riappropriarsi di luoghi di confronto culturalmente vivaci e di spazi di aggregazione. Quest'anno si rivolge alle comunità parlando di periferie: periferie di grandi città, periferie del sud del mondo, periferie in senso lato, intese come luoghi dell'esclusione. Si interroga sul significato profondo della periferia e dell'essere "periferico": escluso dal centro ma non per questo privo di forza culturalmente propulsiva o di fertili stimoli che possano contaminare anche altri luoghi. La proiezione dei lungometraggi verrà anticipata e arricchita da cortometraggi del cinema indipendente con una particolare attenzione alle opere dei giovani registi sardi. Le opere scelte hanno ricevuto numerosi premi internazionali per la loro qualità e per l'attenzione al mondo giovanile all'interno delle periferie. Ideato dalle Associazioni CineIncontrArti e Spazio058-operatori di pace si realizza grazie al contributo della R.A.S. - Assessorato P.I. (L.R. 15/2006 art.15), dei comuni di Capoterra, Marrubiu, Nule, Nulvi, Osidda, Scano di Montiferro e del Sistema Bibliotecario Città Territorio di Abbasanta, Aidomaggiore, Boroneddu, Ghilarza, Norbello, Paulilatino, Santu Lussurgiu, Sedilo, Soddì e Tadasuni.


COUS COUS Titolo originale La Graine et le Mulet

Regia

Abdel Kechiche

Cast Habib Boufares, Hafsia Herzi, Faridah Benkhetache, Abdelhamid Aktouche, Bouraouïa Marzouk

Produzione Francia - 2007

Durata 151 min

Genere

Commedia

Slimane è un sessantenne che ha lavorato per ben trentacinque anni al cantiere del porto di Sète (Marsiglia). Poco disposto alla flessibilità che la nuova organizzazione impone, viene licenziato perché non più efficiente. Nel suo sguardo si legge un'intera vita fatta di lavoro, un passato che però non conta più nulla dinanzi ai nuovi ritmi produttivi e alle esigenze del ‘mercato'. Questa dura umiliazione spinge il protagonista ad intraprendere una strada colma di difficoltà e incertezze ma che gli permetterebbe di sentirsi ancora vivo e di poter dare ancora qualcosa alla società: aprire un ristorante di cous cous su di una vecchia barca. Con un finale decisamente diverso.


Se certe scene vi sembran lunghe, sappiate che nel primo montaggio erano ancora più lunghe. Venti minuti sono stati tagliati, prima di presentare il film a Venezia, [...]. Mai nella vita abbiamo avuto voglia di vedere un director's cut con le scene eliminate. Fa eccezione finora soltanto Orson Welles. "Cous cous" merita una seconda eccezione, per sapere fino a dove riesce a spingersi un regista geniale, capace di mettere in scena un pranzo che dura venti minuti (e cinquanta pagine di copione: tutto è scritto, tutti parlano contemporaneamente attorno al tavolo, alzando i toni per farsi sentire, due macchine da presa non si perdono neanche una lisca di pesce tra i denti) o una chiacchiera sullo scandaloso prezzo raggiunto sui pannolini. Mariarosa Mancuso - Il Foglio Cous cous, del regista franco tunisino Abdellatiffe Kechiche, è uno dei film più sorprendenti degli ultimi anni. Visto a Venezia, ha lasciato un segno indelebile e un ricordo vivo. La novità dell'opera (la terza, dopo Tutta colpa di Voltaire e La schivata) sta nel riscoprire il «segreto» del cinema, ovvero (citando Godard) che «nella vita, come nel cinema, non c'è nulla di segreto, nulla da chiarire, bisogna solo vivere e filmare». Sembra facile a dirsi. Ci vuole il tempo di una vita, quella di Kechiche e della sua famiglia, e il tempo per prenderne le distanze e trasformare quella vita in qualcosa di romanzesco, e cinematografico. Dario Zonta - L'Unità

È un esempio di cinema allo stesso tempo disimpegnato ed intelligente, ambizioso e popolare. (...) Kechiche riesce a fare una pellicola epica, che mescola il romantico alla cronaca sociale, il melodramma alla commedia, la trivialità del quotidiano all'ampiezza della tragedia. Un semplice pasto di famiglia diventa un pezzo d'antologia, un tavolo di vecchi immigrati un coro greco, una danza del ventre un vertice di vibrazione erotica e di tensione drammaturgica. Jacques Mandelbaum - Le Monde C'è la lezione del neorealismo in Cous Cous; vi si avverte lo stesso umanesimo, lo stesso amore per i personaggi (e per gli attori, che lo ricambiano "vivendo", più che recitare, la parte). E ci vuole un grande regista per mettere in scena un problema di cucina – riuscirà, o no, la famiglia allargata, a servire in tempo il cous cous al pesce? – facendoti trepidare come a un suspenser di Hitchcock. Roberto Nepoti - La Repubblica Il porto di Sète nel sud della Francia, il sogno di un vecchio barcone, La source (La sorgente), trasformato in ristorante di cuscus al pesce (semola e cefalo, come recita il titolo originale), la vita difficile eppure mai depressa di Slimane, sessantenne stretto fra due famiglie, quella formata da moglie e figli e quella con la nuova compagna. Il regista francese Abdellatif Kechiche ha già all'attivo un piccolo capolavoro, La schivata, e sa bene come correre sul filo sottile che separa il realismo puro dallo scatto fantastico. Piera Detassis - Panorama

RASSEGNA STAMPA - COUS COUS


GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA Titolo originale

The Loneliness of the Long Distance Runner

Regia

Tony Richardson

Cast Michael Redgrave, Tom Courtenay, Avis Bunnage

Produzione

Gran Bretagna - 1962

Durata

103 min - Bianco/Nero

Genere

Drammatico

Abbrutito dalla miseria, Colin Smith finisce in riformatorio. Ottimo atleta, è scelto dal direttore per partecipare a una gara con gli allievi di un aristocratico college. Nell'adattare il suo romanzo del 1959, Alan Sillitoe ha sottolineato ancora più enfaticamente la lotta del suo eroe contro l'autorità. Il riformatorio nel quale si ritrova finisce per rappresentare per Colin Smith la società ostile in genere. E' un film amaro e intelligente che analizza a fondo i contrasti sociali e generazionali dell'Inghilterra degli anni '60 e che cerca di mostrare che a medicare le piaghe di una società sbagliata non basta il paternalismo, né è giusto che si salvi solo chi ha le gambe buone per correre. Il finale è divenuto giustamente famoso.


Gioventù, amore e rabbia di Tony Richardson ripropone la questione di quello che sia stato e sia tuttora la “rabbia” inglese. E prima di tutto, la “rabbia” ha a che fare con la protesta marxista del nostro neorealismo? Diremmo di no. La protesta marxista aveva e ha caratteri più generici e più astratti; non si curava dei particolari, mirava alla questione di fondo che era, come tutti sanno, lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Così la borghesia diventava alla fine una astrazione contro la quale ci si batteva in maniera astratta; col risultato che i marxisti o coloro che si dicevano tali, accettavano usi e costumi della borghesia: tanto non importava, quello che importava era denunziare l’ingiustizia sociale. Alberto Moravia

Credo che siamo in tanti ad amare Truffaut. Ma nessuno, diceva saggiamente Billy Wilder, è perfetto. Neanche il grande François, che un giorno, in un momento di orgoglio gallico, se ne uscì a dire che l'espressione «cinema inglese» era una contraddizione in termini. Chissà come lo avranno amato per questo i registi di quella breve ma folgorante stagione del «cinema inglese» che è andata sotto il nome di Free Cinema: un cinema quasi coetaneo della Nouvelle Vague francese, legato intimamente alla generazione di giovani scrittori come John Osborne, Arnold Wesker, Alan Sillitoe, Harold Pinter, che divennero famosi come gli Angry Young Men, molto legato alla narrativa e al teatro, ribelle alle convenzioni di una «civiltà» britannica che stava perdendo il potere e il ruolo di potenza coloniale. Irene Bignardi

Ragazzo ribelle, Colin Smith (Tom Courtenay), dopo la morte del padre e dopo che la madre, vana e svanita, si mette con un tipo alla moda, compie una rapina e si ritrova in una casa di correzione. Il direttore (Michael Redgrave) dimostra interesse per il giovane e approfittando della sua passione per la corsa lo allena e lo prepara a una gara di corsa campestre. Il giovane [...] continua a ribellarsi alla società, che rifiuta anche quando assume l'aspetto paternalistico del direttore. Georges Sadou

Un giovane è internato in una casa di rieducazione. È uno spirito ribelle, duramente provato dal contatto con la società, vissuto in un ambiente povero e nella continua e caparbia speranza d’evasione dal ritmo convenzionale piccolo borghese e dallo squallido perbenismo di marca inglese. Abile corridore, viene allenato dal direttore della scuola per una gara con giovani di un college. È uno dei film più significativi del Free cinema. Alberto Abruzzese

RASSEGNA STAMPA - GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA


LA ZONA Titolo originale La Zona

Regia

Rodrigo Plà

Cast Daniel Giménez Cacho, Maribel Verdú, Carlos Bardem, Daniel Tovar, Alan Chávez

Produzione

Spagna, Messico - 2007

Durata 97 min

Genere

Drammatico

L’ossessione securitaria e la coscienza di un adolescente contro i "muri" dei padri. Un dramma sulle regole di due mondi tanto contigui quanto distanti. In un'abnorme Città del Messico, a ridosso di un'enorme favela sorge un complesso residenziale per ricchi, tutto protetto da filo spinato elettrificato. La sicurezza vacilla quando in una notte di temporale si crea una breccia nel filo spinato, consentendo il passaggio a tre ragazzini di strada che si intrufolano in quel regno inespugnabile.


Un tempo i dannati della Terra erano rinchiusi nei ghetti. Oggi capita l’opposto: sono i privilegiati a barricarsi in cittadelle fortificate (o in Suv da battaglia) per proteggersi dagli abitanti delle banlieue povere. La mutazione è raffigurata molto bene nella Zona, film messicano premiato a Venezia e Toronto. Città del Messico: durante un temporale tre ragazzi delle favelas penetrano della «zona» del titolo, quartiere residenziale protetto da mura e guardie private. [...] Roberto Nepoti - La Repubblica

La zona, del regista messicano Rodrigo Plá, è un film sulla paura. Anzi, addirittura sul terrore di perdere i propri privilegi, di doversi mischiare con gli altri, soprattutto se questi altri sono brutti, sporchi e cattivi. La zona è il nome di un quartiere residenziale tutto lindo e perbene, diviso dal resto del mondo da alte mura di cinta. Di qui tutto funziona, di là è l'inferno delle baracche, della violenza, della vita senza speranza. Naturale che chi abita di qui difenda con le unghie e con i denti i suoi privilegi, che arrivano fino ad avere la facoltà di amministrare una sorta di giustizia privata. Luigi Paini - Il Sole-24 Ore

Un piano sequenza con dolly ci presenta il contesto già dai titoli di testa. Bambini in divisa da collegio, prati verdi, aiuole curate, ville signorili, cani da guardia. Seguendo il volo di una farfalla, lo sguardo si alza e si sposta verso sinistra, fino ad incontrare un muro. Alto, ancora più alto, filo spinato, torretta, telecamera di sicurezza, quindi apparizione dell'esterno: un agglomerato urbano, immenso e accatastato come una favela, una colata di cemento graffiato dalla miseria. Dentro è "La zona", fuori il resto del mondo.

Il quartiere del titolo è una linda isola benestante nel mare delle favelas di Città del Messico. Murata, sbarrata, videosorvegliata, protetta da filo spinato, egoismo, guardie armate e leggi privilegiate. Agli abitanti non basta. [...]

Roberta Ronconi - Liberazione

RASSEGNA STAMPA - LA ZONA

Alessio Guzzano - City


NON UNO DI MENO Titolo originale

Yi ge dou bu neng shao

Regia

Zhang Yimou

Cast Minzhi Wei, Huike Zhang, Zhenda Tian, Enman Gao

Produzione Cina - 1999

Durata 102 min

Genere

Drammatico

Gao Enman, il maestro di un piccolo villaggio rurale dello Shuixian, deve assentarsi per un mese poiché sua madre è gravemente malata e lui vuole andare a farle visita. Zhenda Tian, il capovillaggio, propone che a sostituirlo alla guida della pluriclasse sia una ragazzina di 13 anni, Wei Minzhi che, però, non riscuote la fiducia del maestro in quanto ritenuta incapace di tenere a bada la classe troppo turbolenta. Ma vista la necessità in cui si trova, Gao è costretto ad accettare la situazione. Così non gli rimane altro che avvertire Wei: nessun allievo affidatogli si deve ritirare. La sceneggiatura del film si basa su un racconto di Shi Xiangsheng riadattato per il cinema.


Intimidita, ma salda nel suo piccolo coraggio: così fronteggia la sguardo della televisione la maestra Wei (Wei Minzhi). Il suo volto si riga di pianto. Poi, in controcampo e in primo piano, Zhang Yimou inquadra l'obbiettivo della telecamera. [...] A questo interlocutore muto, che la scruta minaccioso, la supplente del maestro Gao (Gao Enman) affida la disperata speranza di ritrovare Huike (Zhang Huike). Potrebbe finire qui, Non uno di meno. Il cammino della tredicenne Minzhi s'é compiuto.

Cina rurale, dopo tutte le rivoluzioni e molto vicino alla globalizzazione (come si vedrà). Il maestro Gao abbandona la sua scuoletta per andare a trovare la mamma ammalata, incarica la ragazzina Wei Minzhi, che ha la faccia rotonda come la luna, tredici anni e nessuna esperienza, di occuparsi in sua assenza della scuola e, come nelle favole, le dice che non deve sognarsi di perdere neppure uno scolaro: perché (questo è il retroscena) le scuole cinesi tendono a spopolarsi, gli allievi le mollano, e i maestri si giocano il posto

Roberto Escobar - Il Sole-24 Ore

Irene Bignardi - La Repubblica

L'equilibrio è una magica poesia di forze che attraversano gli oggetti e li inchiodano a un momento di eternità, è la stasi del caos, una ragnatela che imprigiona le cose senza mai emozionarle, le suscita per poi immobilizzarle in una posizione. Non uno di meno, non una qualsiasi sottrazione che possa impaurire la composizione, renderla pericolosa, instabile, sfuggente. Così Yimou calcola le variabili di emozione, le incidenze di commozione, le applica allo spettatore, riporta di uno e moltiplica in quest'ultimo film che è un progetto calcolato, misurato, accurato, imbalsamato in una quadratura di forze cinico-etico-estetiche che garantiscono l'esito statico dell'opera rendendola levigata, bella ma irrimediabilmente strozzata dal Sospetto.

Gessetti e talkshow. Periferia e centro. Silenzi antichi e strade brulicanti. Letti di fortuna e ciotole di noodles. Negozi, ristoranti, stazioni ferroviarie semimoderne e un universo rurale povero, dimenticato, governato ancora da un bonario e severo capo villaggio. La Cina continua a rimanere sospesa tra un presente confuso e difficile (moderno?) e un passato fatto ancora di vecchie canzoni (maoiste?). Quando Zhang Yimou ci accompagna nella campagna cinese si ha la sensazione di vedere un film in costume, di premere il tasto rewind della storia e di essere coinvolti, come spettatori, in una messa in scena in cui la finzione sfuma nella cronaca, nell'impegno civile, nel dibattito politico e nel documentario. Enrico Magrelli - Film TV

Stefania Mignoli - Duel

RASSEGNA STAMPA - NON UNO DI MENO


PICCOLE STORIE Titolo originale Historias minimas

Regia

Carlos Sorin

Cast Javier Lombardo, Antonio Benedictis

Produzione

Argentina - 2002

Durata 92 min

Genere

Commedia

Migliaia di chilometri a sud di Buenos Aires. Tre persone intraprendono un viaggio lungo le strade deserte della Patagonia. Tre piccole storie di periferia dell’altra parte del mondo, tre piccole storie della Patagonia, raccontate con estrema delicatezza: quella di Don Justo, un pensionato ottantenne, ex proprietario di una drogheria diretta ora da suo figlio, che vuole allontanarsi da casa per ritrovare il suo cane scomparso; quella di Roberto, un commesso viaggiatore di quarant'anni che sta trasportando un carico difficile; e quella di Maria Flores che giovanissima e povera è arrivata in finale ad un concorso televisivo il cui premio è un computer. Ognuno viaggia per conto suo ma, negli inevitabili momenti di sosta, le vite, le storie e le illusioni.


Carlos Sorin, cineasta argentino di Piccole Storie, appartiene alla generazione precedente a quella della nuova onda [...]. Le historias minimas che racconta questa volta, piccole storie che iniziano in modo futile come le storie di tutti e via via implodono in drammatici risvolti inespressi, sono ambientate anche queste in provincia tra il villaggio di Fitz Roy e San Juan in Patagonia. I personaggi di Sorin non giocano con le parole, non usano neologismi o nonsense, sono apparentemente insignificanti ma si muovono con grande emotività, in un crescendo di tensione costruito con rara bravura. Piccole storie mostra con divertimento e candore ben calcolato che non c'entrano per nulla le ricchezze con l'educazione, il senso dell'onore, la solidarietà, l`amore e l'affetto, tutti elementi di cui nei paesi cosiddetti poveri c'è grande abbondanza. Silvana Silvestri Il Manifesto Tre strani destini, commoventi e bizzarri, legati da un fattore umano in comune: la ricerca di qualcosa di straordinario, una profonda insoddisfazione, il sospetto della solitudine. Tre storie misurate e non retoriche, che ci chiamano complici e testi ma senza battere la gran cassa, esprimendo comunque molto bene il modo di vivere e pensare di una parte di questo per noi grande e sconosciuto paese.

Tre storie intrecciate e ambientate in Patagonia, dalla campagna verso la città. Il vecchio don Justo, che ha uno sperduto emporio sulla strada;[...] Roberto, commesso viaggiatore, affronta un lungo viaggio (forse di lavoro, forse d’amore) in compagnia di una torta a forma di pallone. María Flores, timida abitante di un villaggio, affida la sua fortuna alla partecipazione a un gioco a premi. Sorin rimane fedele a un’ispirazione che trae nutrimento dalle atmosfere del “realismo magico” di tanta letteratura argentina, rendendolo meno aspro, più blandamente “lunare”. Enrico Magrelli FilmTv Piccole Storie è un film decisamente interessante [...] grazie alle doti di ottimo narratore di Carlos Sorin, snocciola le sue storie che trovano proprio nella loro semplicità la cifra che le nobilita rendendole emozionanti e divertenti. Storie di confine, di solitudine, dove il paesaggio, sapientemente ripreso da Sorin, diventa il tuo compagno di viaggio, il tuo interlocutore. Piccole storie i cui personaggi sono interpretati, a parte Javier Lombardo (Roberto), da attori non professionisti diretti magnificamente da Sorin. Un piccolo, grande film che non vi deluderà.

Maurizio Porro Corriere della Sera

RASSEGNA STAMPA - PICCOLE STORIE

Daniele Sesti Filmfilm.it


SAIMIR Titolo originale Saimir

Regia

Francesco Munzi

Cast Mishel Manoku, Xhevdet Feri, Lavinia Guglielman, Anna Ferruzzo

Produzione Italia - 2004

Durata 88 min

Genere

Drammatico

Saimir ha sedici anni, è albanese e vive dietro una finestra aperta sul mare di Ostia. Le sue notti sono lunghe, infinite come il numero di immigrati clandestini che raccoglie sul litorale laziale e che poi suo padre traffica coi piccoli imprenditori agricoli della zona. Saimir è un adolescente che vive un'età straordinaria dentro una realtà e una condizione altrettanto straordinarie: quella dell'immigrazione e dell'emarginazione. Saimir è due volte fuori: fuori dai valori parentali, fuori dai valori comuni dei suoi coetanei italiani. Nel processo di transizione verso lo stato adulto, Saimir ricerca l'autonomia da Edmond, padre disorientato e rassegnato a una realtà miserabile che chiama "destino".


Paesaggio pasoliniano, protagonisti da neorealismo, una storia dura di emarginazione, conflitto generazionale, ribellione. È Saimir, opera prima di Francesco Munzi, presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Venezia e alla Berlinale. Finora lodato dalla critica, arriva il 29 aprile nelle sale. Racconta di un sedicenne albanese che vive con il padre Edmond in un luogo desolato del litorale laziale. Una vita di solitudine scandita dai viaggi con il padre per raccogliere i clandestini che arrivano sulle spiagge e portarli nelle campagne dove li aspettano i «padroni», pronti a usarli come schiavi. Federica Lamberti Zanardi - La Repubblica I "ragazzi di vita", che un tempo Pier Paolo Pasolini rappresentava nella pagina e sullo schermo, vivono ancora nei sobborghi laziali, ma ora provengono da lontano. Dall'Albania nel caso di Saimir, da cui prende il nome la toccante opera prima di Francesco Munzi. Ancor più dei personaggi pasoliniani, però, sono giovani in bilico su se stessi. Come il quindicenne protagonista di questa storia non immemore della lezione neorealista: né a casa propria né del tutto straniero; non più adolescente, perché maturato da esperienze precoci, e non ancora uomo. Roberto Nepoti - La Repubblica

RASSEGNA STAMPA - SAIMIR

È lontana l’Italia? - domanda sorridendo un piccolo kosovaro a Saimir (Mishel Manoku), che lo guarda con un’insofferenza venata di pietà. In fretta, Saimir gli risponde che c’è già arrivato, in Italia. E quello, di nuovo: «Come si sta in Italia?». Ha attraversato il mare, insieme con molti altri, ed è appena sbarcato di nascosto su una spiaggia buia, lasciandosi alle spalle la sua terra avara. Ora, è la speranza che gli illumina il sorriso. Ma Saimir non risponde. Si chiude in un silenzio cupo che, subito, si riflette sul völto del piccolo. Roberto Escobar - Il Sole-24 Ore Questa non è vita. E la frase ripetuta, con dolore e consapevolezza, da Saimir, sedicenne albanese che vive col padre in una squallida periferia sul lungomare laziale. Se l’uomo ha accettato amaramente il suo destino di trasportatore di immigrati clandestini, il ragazzo, che vive di piccoli furti insieme a un gruppo di Rom, intravvede un destino diverso quando incontra Michela. Ma con lo svanire del sogno, la rabbia di Samir esplode con drammatiche conseguenze. Francesco Munzi, al suo secondo lungometraggio, dimostra di possedere uno sguardo lucido e coraggioso, capace di abbinare oggettività e pietas, buona direzione d’attori (dal non-professionista Mishel Manoku all’intenso Xhevdet Feri, apprezzato attore teatrale albanese) e bella creatività narrativa (la scena del furto). Stefano Lusardi - Ciak


FROZEN RIVER

FIUME DI GHIACCIO Titolo originale The Frozen River

Regia

Courtney Hunt

Cast Melissa Leo, Misty Upham, Charlie McDermott, Mark Boone Junior, Michael O'Keefe

Produzione USA - 2008

Durata 97 min

Genere

Drammatico

In un terra estremamente fredda, due donne, una bianca (Ray) e l'altra mohawk (Lila) vivono entrambe la condizione di madri single in un momento di forte difficoltà economica. Ray è stata abbandonata dal marito senza denaro e con due figli proprio quando stavano per realizzare il sogno di una nuova casa prefabbricata. Lila, a cui hanno tolto il figlio, vive sulle rive del fiume San Lorenzo che, ghiacciandosi in inverno, si trasforma in una strada molto particolare. Nonostante le loro diversità caratteriali, si ritrovano a pochi giorni da Natale, ad unire le proprie difficoltà nella speranza di trovare un modo per dare un futuro dignitoso ai propri figli.


Non è una metafora, il fiume esiste davvero. È il San Lorenzo, che a Nord dello stato di New York congiunge Canada e Usa. Questo per la geografia ufficiale. Per i nativi invece lì non c'è confine, è tutta terra Mohawk. Dunque trasportare sul fiume ghiacciato immigrati illegali nascosti nel bagagliaio, non è reato. Non per Lila Littlewolf (Misty Upham), giovane pellerossa che vive sola in una roulotte e a cui hanno tolto il figlio. Ma una cosa è la legge tribale, una quella federale

Ogni tanto capita qualche bella sorpresa. Come questo Frozen River, ansiogeno e toccante dramma sociale, giustamente premiato al Sundance e al Noir di Courmayeur. È la storia di una cocciuta semivedova, madre di due ragazzi, che per tirare avanti si mette in società con una taciturna indiana della tribù dei Mohawk. [...] Straordinariamente brave le due intrepide protagoniste, la stagionata, ma attraente, Melissa Leo (Oscar sfiorato) e la giovane, bruttina Misty Upham.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero Massimo Bertarelli - Il Giornale Cartellazzi stradali verdi con scritte bianche "Land of Mohawk", benzinai scalcagnati, drugstore sgangherati, prefabbricati dalle grondaie arrugginite al posto di case e un fiume ghiacciato. Frozen River , regia di Courtney Hunt, è collocato e diluito in mezzo a questi elementi d'ambiente che lo sorreggono e arricchiscono di suggestioni visive. Campi lunghissimi per almeno venti-trenta minuti di film che amplificano l'allontanamento, l'essere sui generis del luogo. Il fiume ghiacciato, infatti, è pista, percorso provvisorio e clandestino che collega Canada, stato del Quebec e lo stato americano di New York.

Film amaro, ha la tensione di un thriller e si è guadagnato due candidature agli Oscar. [...] L' America del malessere divide i più poveri dai meno poveri e sfortunati: Ray se la passa male ma almeno è bianca e ha famiglia, Lila è indiana e il figlio glielo hanno portato via. Ma al confronto con i clandestini [...] sono entrambe privilegiate.

Davide Turrini - Liberazione

RASSEGNA STAMPA - FROZEN RIVER

Paolo D'Agostini - La Repubblica


RODRIGO PLA' - LA ZONA Rodrigo Plá è nato nel 1968 a Montevideo in Uruguay. Si trasferisce all'età di undici anni a Mexico City, dove dapprima studia fotografia e video presso la Escuela Activa e, in seguito, sceneggiatura e regia al Centro de Capacitación Cinematográfica. Ha lavorato principalmente come regista a numerosi lavori per il grande schermo. Tra le sue opere di maggior rilievo: La zona (2007), Desierto adentro (2008) e Revolución (2010), un'opera complessa composta da 10 cortometraggi con cui si celebra la rivoluzione Messicana 100 anni dopo. ABDELLATIF KECHICHE - COUS COUS Abdellatif Kechiche detto anche Abdel è nato a Tunisi nel 1960. E' attore, regista e sceneggiatore. Immigrato a Nizza con la famiglia quando era solo un bambino, dopo una formazione teatrale, Kechiche si accosta al cinema in veste di attore. Nell'arco di pochi anni diventa un volto riconoscibile del cosiddetto cinema “beur”, termine con cui si definiscono i nord-africani di seconda generazione. Una storia d'immigrazione è al centro della prima prova da regista Tutta colpa di Voltaire (2000) e ritorna ne La schivata (2003) e in Cous Cous (2007). COURTNEY HUNT - FROZEN RIVER Courtney Hunt è nata a Memphis nel 1964. E' una sceneggiatrice e regista statunitense. Ha conseguito un master in Cinematografia alla Columbia University e ha realizzato per la tesi, Althea Faught, un cortometraggio sulla guerra civile americana, che viene acquistato dalla PBS nel 1996 e trasmesso su American Play-house. Il suo debutto come regista è Frozen River - Fiume di ghiaccio, con il quale vince numerosi premi nel 2008 come il Grand Jury prize al Sundance Film Festival e il National Board of Review come miglior regista esordiente. Si guadagna due candidature agli Independent Spirit Awards e anche la nomination all'Oscar come miglior sceneggiatura originale. CARLOS SORÍN - PICCOLE STORIE Carlos Sorín è nato Buenos Aires, in Argentina nel 1944. E' regista e sceneggiatore. Lontano dalla Nueva Ola argentina, quando girava la Pelicula del Rey (Leone d'argento e Goya) dovette piazzare delle sagome di cartone perché non poteva pagare neanche delle semplici comparse a dispetto del soggetto regale. Per evitare di fare la stessa fine, dopo aver diretto Eternas sonrisas de New Jersey nell'89 ha passato gli ultimi tredici anni dirigendo film pubblicitari prima di tornare sul grande schermo. Torna al cinema con Piccole storie (Historias mínimas) (2002), Bombón - El perro (2004), 18-j (2004), El Camino de San Diego (2006), La Ventana (2008).

I REGISTI


ZHĀNG YÌMÓU - NON UNO DI MENO Zhang Yìmóu è nato a Xi'an, in Cina, nel 1951. È regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico. Zhang si diploma alla Beijing Film Academy, la scuola di cinema di Pechino, nel 1982. Inizia allora a lavorare come direttore della fotografia per i Guangxi Film Studios. In seguito, vince il premio come miglior attore in Old Well al Tokyo International Film Festival - e comincia a preparare il suo debutto dietro la macchina da presa, Sorgo rosso (Hong gao liang) nel 1987. Vi si riconosce lo stile visuale sontuoso nel narrare le vicende caratteristico dei primi lavori di Zhang, tra i quali vanno menzionati Ju Dou (1989) e Lanterne Rosse (1991). Nella lunga produzione ricordiamo La triade di Shanghai (Yao a yao yao dao waipo qiao 1995), Non uno di meno (Yi ge dou bu neng shao - 1999), Hero (Ying xiong - 2002), La foresta dei Pugnali Volanti (Shi mian mai fu - 2004), La città proibita (Man cheng jin dai huang jin jia - 2007), The Flowers of War (2011). TONY RICHARDSON - GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA Tony (Cecil Antonio) Richardson è nato a Shipley nel 1928 e morto a Los Angeles nel 1991. E' stato un regista e produttore cinematografico inglese. Attivo sia al cinema che in teatro, vinse il premio Oscar al miglior regista nel 1964 per la sua direzione del film Tom Jones. Fu tra i fondatori del Free cinema (cinema libero), movimento cinematografico inglese, culturale, sociale e politico (esplicitamente di sinistra) degli anni '50 e '60 del XX secolo, di forte contestazione del cinema britannico dell'epoca, inserito nel più ampio contesto internazionale delle "nuove onde" cinematografiche emerse in molte cinematografie nazionali. Lunga la filmografia, ricordiamo I giovani arrabbiati (Look Back in Anger) (1958), Gli sfasati (The Entertainer) (1960) Il grande peccato (Sanctuary) (1961), Sapore di miele (A Taste of Honey) (1961), Gioventù amore e rabbia (The Loneliness of the Long Distance Runner) (1962), Tom Jones (1963), Frontiera (The Border) (1982), Hotel New Hampshire (The Hotel New Hampshire) (1984) e l'opera ultima postuma Blue Sky (1994). FRANCESCO MUNZI - SAIMIR Francesco Munzi è nato a Roma nel 1969. E' regista e sceneggiatore italiano. Diplomatosi nel 1998 in regia al Centro sperimentale di cinematografia e laureato in Scienze politiche, dimostra fin dall'esordio uno spiccato interesse nell'indagare le realtà extranazionali e le loro interazioni con la cultura italiana. Dopo il debutto nel documentario, negli anni '90 realizza diversi cortometraggi ottenendo numerosi riconoscimenti da parte della critica con Nastassia (1996) e Giacomo e Luo Ma (1999), entrambi incentrati sulla relazione tra italiani e stranieri. Nel 2005 raggiunge il grande pubblico con il film Saimir (2004), opera premiata al Festival di Venezia dove riceve la menzione speciale del Premio Luigi De Laurentiis Opera Prima. Nel 2008 realizza il suo secondo film, Il resto della notte, presentato nella Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes.

I REGISTI


PROGRAMMA CAPOTERRA CASA MELIS - CORSO GRAMSCI (ANGOLO VIA CAGLIARI)

H.17.30

SAB 3/03 - COUS COUS (sottotitolato per non udenti)| SAB 10/03 - GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA | GIO 15/03 - LA ZONA (sottotitolato per non udenti) | GIO 22/03 - NON UNO DI MENO (sottotitolato per non udenti) | GIO 29/03 - SAIMIR

MARRUBIU

CENTRO POLIVALENTE (VIA ARBOREA) H.21.00

VEN 24/02 - LA ZONA | SAB 25/02 - GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA | VEN 2/03 - FROZEN RIVER | 7/03 - PICCOLE STORIE (sottotitolato per non udenti) | VEN 9/03 - COUS COUS

NULE -CALENDARIO E LOCALITÀ DA CONFERMARE-

MER

H.17.00

SAB 3/03 - NON UNO DI MENO | SAB 10/03 - PICCOLE STORIE (sottotitolato per non udenti) | - FROZEN RIVER | SAB 24/03 - SAIMIR | SAB 31/03 - COUS COUS

SAB 17/03

NULVI CENTRO SERVIZI ANGLONA (LOCALITÀ GIULZI) H.17.30 SAB 11/02 - FROZEN RIVER | SAB 25/02 - NON UNO DI MENO | 10/03 - GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA | SAB 17/03 - LA ZONA

OSIDDA

BIBLIOTECA COMUNALE

SAB 3/03 - PICCOLE STORIE |

SAB

H.19.30

VEN 17/02 - LA ZONA | VEN 24/02 - GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA | COUS COUS | VEN 16/03 FROZEN RIVER

VEN 2/03 - SAIMIR |

SCANO DI MONTIFERRO TEATRO COMUNALE NONNU MANNU

VEN 9/03

H.18.00

SAB 28/01 - LA ZONA | DOM 5/02 - FROZEN RIVER (sottotitolato per non udenti) | DOM 12/02 - NON UNO DI MENO (sottotitolato per non udenti) | VEN 17/02 - COUS COUS (sottotitolato per non udenti) | DOM 26/02 - GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA

SISTEMA BIBLIOTECARIO GIO 16/02 H. 10.30 (GHILARZA, AUDITORIUM COMUNALE) - PERIFERIE NELLE SCUOLE | GIO 23/02 H. 18.00 (AIDOMAGGIORE, CENTRO DI AGGREGAZIONE) - COUS COUS | GIO 1/03 H. 18.00 (PAULILATINO, BIBLIOTECA COMUNALE) - PICCOLE STORIE | SAB 3/03 H. 17.00 (TADASUNI, CASA PINNA) - GIOVENTÙ, AMORE E RABBIA | GIO 8/03 H. 18.00 (SEDILO, SALA CONSULTA GIOVANILE) - PICCOLE STORIE | MAR 13/03 H. 18.00 (SODDÌ, CENTRO DI AGGREGAZIONE) - NON UNO DI MENO | GIO 15/03 H. 18.00 (BORONEDDU, CENTRO DI AGGREGAZIONE) - COUS COUS | MAR 20/03 H. 18.00 (ABBASANTA, AGORÀ MULTIMEDIALE) - LA ZONA | VEN 23/03 H. 18.00 (SANTU LUSSURGIU, CENTRO DI CULTURA UNLA) - FROZEN RIVER | MER 28/03 H. 18.00 (NORBELLO, BIBLIOTECA COMUNALE) - SAIMIR


CIRCUITO CINEMATOGRAFICO

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infoline. +39.349.2987953

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA

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