Æ T E R N U M PREFIGURAZIONI SUI FUTURI LUOGHI DI SEPOLTURA URBANI
-2018MATTEO VISENTINI SANDRO ZANON
TESI DI LAUREA MAGISTRALE Politecnico di Milano Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni corso di Laurea Magistrale in Architettura 5 Ottobre 2018
RELATORE Prof. Stefano Antonelli
CORRELATORI Prof. Alice Bottelli Arch. Pasquale de Pasquale
CANDIDATI Matteo Visentini matricola 851643 Sandro Zanon matricola 851881
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INDICE
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ABSTRACT
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MANIFESTO
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STORIA DELLA SEPOLTURA
RITI FUNEBRI NELLE RELIGIONI 74
LITURGIA DELLA MORTE
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IL RITO ISLAMICO
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IL RITO BUDDISTA
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IL RITO PER I TESTIMONI DI GEOVA
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IL RITO INDUISTA
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IL RITO EBRAICO
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RITO TAOISTA
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RIEPILOGO
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PRIMA DEI CIMITERI
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XVI SECOLO: LA NASCITA DEL CIMITERO PUBBLICO
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XVII-XVIII SECOLO: GLI ALBORI DEL CIMITERO MODERNO
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XIX SECOLO: LA NASCITA DEL CIMITERO MODERNO
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XX SECOLO: IL CIMITERO TRA TRADIZIONE E TRASFORMAZIONE
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TIMELINE
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CIMITERI IN USO
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TAPPE FONDAMENTALI DELLA NORMATIVA
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INTRODUZIONE
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STORIA DEI CIMITERI DI MILANO
100 L’OSPEDALE MAGGIORE E
LA ROTONDA
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METODI ALTERNATIVI ALLA PREPARAZIONE DELLA SALMA
105 I CIMITERI TARDO SETTECENTESCHI 111
IL RIORDINAMENTO DEI CIMITERI SUBURBANI (I CORPI SANTI)
IDROLISI ALCALINA
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LE SEPOLTURE SPECIALI
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SEPOLTURA NATURALE
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I CIMITERI OTTOCENTESCHI
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URNE BIODEGRADABILI
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CRIOMAZIONE
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DIAMANTIFICAZIONE
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CEMENTIFICAZIONE
53
INTRODUZIONE
55
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183
PATRIMONIO CULTURALE - CASI STUDIO
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PREFIGURAZIONI SUI FUTURI LUOGHI DI SEPOLTURA URBANI
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SKOGSKYRKOGÃ…RDEN
137
TOMBA BRION
143
CIMITERO DI SAN CATALDO
149
AMPLIAMENTO DEL CIMITERO DI SAN MICHELE
155
IGUALADA CEMETERY
265 ORTO DELLE MONACHE:
161
AMPLIAMENTO DEL CIMITERO DI SANTO STEFANO
273 TEATRO DELLA CANOBBIANA:
165
CIMITERO DI SANSEPOLCRO
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ISLAMIC CEMETERY
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LAKEWOOD CEMETERY GARDEN MAUSOLEUM
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INTRODUZIONE
243 RELAZIONE DI PROGETTO 255 BASTIONI DI PORTA VOLTA:
IL PARCO
IL RECINTO
IL COLOMBARIO
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BIBLIOGRAFIA
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SITOGRAFIA
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RINGRAZIAMENTI
SPERIMENTAZIONI CONTEMPORANEE 185
PROGETTO PER IL NUOVO CIMITERO DI URBINO
189 THE HOUSE OF THE LIVING, THE
HOUSE OF THE DEAD
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BIOMORPHOSIS
199 TOWER FOR THE DEAD 201 SHINJUKU RURIKOIN BYAKURENGEDO 209
SPIRALLING MEMORIAL
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ABSTRACT ÆTERNUM In eterno, per sempre, ci si interroga sospesi tra fatalismo nietzschiano e ardente fede. Un futuro che ci disegni presenti e vicini, che ci ricordi, che lasci una traccia di noi. Un segno, come risposta ad un appello, di un consapevole passaggio. L’uomo e l’architettura quale espressione di sé: delle sue gioie, delle sue paure, delle sue passioni, delle sue volontà, delle sue tristezze, dei suoi stupori, della sua cinica voluttà, della sua incondizionata meraviglia. Questo lavoro di ricerca si propone di analizzare in modo attento, delicato, e disincantato il rapporto che l’uomo ha con la sua caducità. Un’analisi dei riti e degli aspetti figurativi del passato ed una interpretazione dei possibili scenari futuri. Il tema del cimitero è trattato, non solo attraverso l’approfondimento teorico delle condizioni socio-economiche e culturali che ne hanno accompagnato il suo valore simbolico nella storia, ma anche attraverso all’analisi figurativa che ricopre più di 400 anni di storia. Il tema è quanto mai attuale dato che negli ultimi anni si sta assistendo ad un repentino cambiamento di molti dei fattori che caratterizzano la società
ed il suo modo di essere rappresentata. Il rinnovo di aree dismesse, il tema dell’abbandono dei centri storici e di una loro urgente riqualificazione, il rinnovamento di tecnologie compatibili con le attività del vivere quotidiano e la ricerca di una identità capace di rispecchiare una socialità sempre più dinamica e complessificata sono alla base delle riflessioni inerenti i temi di sviluppo del lavoro progettuale. Tutti questi fattori contribuiscono all’esigenza di un ripensamento delle modalità di immaginare, costruire e vivere il cimitero che portino in sé valori di identificazione, riconoscibilità, sentimenti. Spazi di nuovi gesti, contemporanei ed evocativi allo stesso tempo, ambienti musealizzati come veri e propri allestimenti della memoria di noi stessi. La progettualità è quella che risponde, attraverso un possibile abaco di differenti suggestioni, alle esigenze di intervenire sul patrimonio urbano esistente attraverso segni e simboli che da sempre hanno accompagnato una ritualità del vivere il distacco ed il ricordo ma che porta in sé anche una sfacciata tensione rivolta al prossimo futuro.
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MANIFESTO PER UN NUOVO CIMITERO
Il cimitero riflette la società che lo manifesta. È necessario un nuovo modo di progettare i futuri luoghi di sepoltura delle città. Il progetto è rivolto a Milano ed ai suoi prossimi luoghi di sepoltura; gli assetti demografici, i valori, i sentimenti e le percezioni di una realtà sociale cosmopolita e digitalizzata sono cambiati da quando sono stati costruiti i grandi cimiteri dell’800 e questa nuova condizione deve riflettersi in un nuovo modo di pensare e progettare il cimitero. Il nuovo cimitero deve essere sostenibile dal punto di
vista ecologico, deve essere inclusivo, per culture e religioni, deve riflettere i desideri, le aspettative, le ritualità ed i bisogni di una società, di coloro che li visitano e di coloro che saranno gli attori di nuovi paesaggi. Un allestimento della memoria. Un teatro del ricordo. Un giardino della reminiscenza. Deve essere urbano. Deve essere accessibile. Il nuovo cimitero, come è stato per il Monumentale nel 1861, deve riflettere la futura Milano contemporanea.
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STORIA DELLA SEPOLTURA PRIMA DEI CIMITERI Ai tempi dell’Impero Romano era assolutamente vietato seppellire i morti o deporre le ceneri all’interno delle città. A Roma le tombe delle famiglie patrizie si concentrano su via Appia e via Flaminia, gli schiavi e i plebei vengono invece destinati ai cosiddetti “puticoli” (fosse sepolcrali) posti fuori Porta Esquilina. Sono invece le sette cristiane a diffondere l’usanza della sepoltura nei pressi delle chiese, sepoltura che deve riguardare tutti i fedeli, esclusi i pagani e i non degni. Le sette cristiane non ammettono sepoltura individuale o di famiglia: il cristiano deve essere sepolto nello stesso luogo dei suoi fratelli. Nei secoli seguenti, nonostante la religione cristiana diventi religione di stato nell’Impero romano, permane il divieto di seppellire entro le mura cittadine, nonostante questo vada contro le pratiche della chiesa stessa. Solo nel IX secolo si giunge ad un compromesso: all’interno delle chiese possono essere sepolti solo “gli uomi-
ni giusti”, ovvero vescovi, abati, preti e fedeli particolarmente meritevoli. Sta quindi alla singola chiesa decidere chi accettare e fare seppellire entro i suoi confini. Già dal VIII secolo si assiste ad una prima concentrazione di cimiteri nei pressi delle chiese cittadine. Si crea un perimetro consacrato (per vietare ingresso e soprattutto sepoltura ai “corpi disonorati”, ovvero bambini non battezzati, donne morte di parto, suicidi e condannati a morte. Nei nuovi cimiteri le sepolture seguono un ordine gerarchico: più alta la è posizione sociale e famigliare del morto, più vicino ai martiri esso viene sepolto (si pensava infatti che il riposare vicino ad uno di essi rendesse più agevole il paradiso). L’accostamento dei cimiteri alla chiesa nei due secoli seguenti si diffonde anche nelle campagne, dove spariscono i cimiteri isolati, tipici ella tradizione pagana. Di cimiteri medievali ancora esistenti è un esempio il Camposanto di Pisa (del XIII secolo) e il parigino cimitero
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dei Saint-Innocents (del IX secolo). La loro struttura, detta ad atrium, verrà utilizzata fino alla grande riforma a fine XVIII secolo. Questi cimiteri hanno il perimetro recintato, un lato è addossato alla chiesa e gli altri accolgono le fosse comuni. Un secondo modello è rappresentato da un ampio cimitero all’aperto, collocato all’interno del recinto della chiesa, chiuso entro una bassa cerchia muraria. Rispetto alla precedente, questa tipologia (che inizia a diffondersi dal XII secolo) prevede anche il posizionamento di croci e segni di riconoscimento per le tombe. L’essere adiacente alla chiesa rende, in periodo medievale, il cimitero luogo di ritrovo, uno spazio in cui vengono organizzate manifestazioni religiose o addirittura fiere. Inoltre il cimitero, essendo annesso alla chiesa, era come questa al di fuori della giurisdizione laica; diventa così un luogo dove possono trovare asilo i perseguitati (tanto che sono noti casi di persone che costruirono
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la propria abitazione direttamente sopra gli ossari). A proposito dei segni di riconoscimento individuali, in epoca romana veniva sempre indicato esattamente dove il defunto veniva sepolto, tramite iscrizioni e ritratti. Questa pratica inizia a sparire dal V secolo, le tombe diventano anonime. Si deve aspettare il XI secolo per arrivare alla separazione tra monumento funerario e luogo dell’inumazione, ad esclusione di santi e martiri. Il sarcofago in pietra inizia a farsi sempre più raro, il corpo inizia ad essere avvolto in un sudario e sepolto direttamente nella terra. Nel tardo medioevo aumenta la richiesta da parte dei nobili di messe di commemorazione ed epitaffi. Da qui il crescente interesse per la sepoltura in chiesa (secondo un ben definito schema gerarchico). Tra il XV e il XVI secolo, sempre all’interno delle chiese, troviamo i primi esempi di sepolture familiari. Le tipologie di tombe presenti nelle chiese diffuse tra il XI e il XVIII seco-
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lo sono principalmente tre: -la tomba a epitaffio, che consiste in una piccola targa posta sui muri interni e esterni delle chiese o sui pavimenti; -la tomba verticale, posta sotto un arco (consuetudine diffusa in tutta Europa nel periodo medievale, poi venuta meno, tranne che nella penisola Iberica, dove spesso il sarcofago viene appeso al muro) -la tomba orizzontale, incastrata a raso terra, costituita da una lastra di pietra rettangolare dalle dimensioni del corpo umano. È molto diffusa nei
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cimiteri delle chiese ma è comune anche nei camposanti come quello di Pisa. Le tombe nei cimiteri erano diverse rispetto a quelle poste nelle chiese. Mentre nella parte del camposanto più prossima alla chiesa le sepolture conservano caratteri simili a quelle all’interno dell’edificio religioso, nelle aree più distanti si perdono i segni di riconoscimento e abbondano le fosse comuni. Sopra queste ultime viene spesso eretta una grande croce collettiva, circondata da alcune croci minori segnalanti le fosse individuali collocate lì attorno.
XVI SECOLO: LA NASCITA DEL CIMITERO PUBBLICO La nascita del cimitero pubblico in Europa si può fare risalire alla metà del 500. In quegli anni in Francia nascono forti tensioni tra cattolici e protestanti; viene infatti rifiutata la proposta di questi ultimi di essere sepolti negli stessi “cimiteri pubblici” (questa espressione appare per la prima volta in un libro nel 1598) dei cattolici. I protestanti motivano la loro richiesta sostenendo che in quei cimiteri riposavano i loro antenati, dai quali non si vogliono separare. Troviamo quindi per la prima volta il riconoscimento del cimitero come luogo della memoria, del ricordo e della venerazione. Cattolici e protestanti hanno due diversi modi di intendere la morte. Tra i primi, proprio in questi anni, si diffonde la devozione per le anime del purgatorio, tra i secondi la morte viene intesa come superamento delle fatiche terrene e un viaggio verso l’eterna beatitudine (non a caso la figura dell’inferno va sparendo man mano).
Nonostante queste divergenze però le pratiche mortuarie delle due branche del cristianesimo tendono a essere molto simili. Nasce in questo secolo l’uso della bara, diffusasi soprattutto nelle regioni dell’Europa Centrale (mentre nell’Europa meridionale prevale il corteo funebre con la salma avvolta nel sudario a volto scoperto). Comune è anche la disapprovazione per le eccessive manifestazioni di lutto e cordoglio, in particolare il pasto funebre. Secondo le nuove usanze il rituale funebre doveva essere composto solamente dal corteo, dal sermone e infine dal trasporto verso il cimitero (il quale doveva essere seguito dalla comunità e dagli scolari). Nel XVI secolo, il cimitero cattolico era una sorta di ossario, infatti si attribuiva alle ossa un valore quasi di reliquia (in contrasto con il pensiero protestante). Per i cattolici il cimitero continua ad essere uno spazio magico ma anche quotidiano, come lo era stato nel medioevo, mentre per i protestanti esso
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è più uno spazio di “riposo”. Altre differenze possono essere individuate nelle pratiche post-morte: nel mondo cattolico sono numerose le messe in suffragio e gli anniversari, severamente proibite dai protestanti, i quali sopprimono anche l’usanza di dedicare alcuni giorni al culto dei morti, perché ritenuta pagana. Nel 500 inizia a sorgere il problema del sovrappopolamento delle tom-
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be nelle chiese. Il tema emerge in diversi concili ecclesiastici nella seconda metà del secolo e la situazione si fa sempre più grave: se prima venivano inumati in chiesa solo nobili ed ecclesiastici, ora grazie all’arricchimento anche le classi borghesi possono permettersi la somma necessaria per essere sepolti all’interno degli edifici religiosi.
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XVII-XVIII SECOLO: GLI ALBORI DEL CIMITERO MODERNO Gli avvenimenti che portano alla nascita del cimitero modernamente inteso sono da ricercarsi nel mutamento di sensibilità e di atteggiamento nei confronti della morte. I riformatori (cattolici e protestanti) si oppongono alla veglia funebre, al pasto e al banchetto e tutte quelle pratiche pagane che pongono in secondo piano l’anima. Le lamentele riguardano soprattutto i cimiteri, dove si concentrano le pratiche precristiane di culto dei morti, come il posizionamento sulla tomba di offerte di pane e vino. Dopo il Concilio di Trento (15451563) gli edifici ecclesiastici iniziano a perdere le funzioni sociali che li avevano caratterizzati nei secoli precedenti per divenire unicamente luoghi di culto e di preghiera. Tutto questo favorisce il processo di separazione del cimitero dalla chiesa. Già nel XVII secolo i cimiteri iniziano ad essere edificati in prossimità delle chiese, ma oltre il loro perimetro di culto, mentre a partire dall’inizio del secolo successivo ini-
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ziano a nascere cimiteri in territori suburbani (dove il costo dei terreni era decisamente inferiore). Nel 600 la crescita demografica impone l’allargamento dei cimiteri esistenti, le parrocchie iniziano quindi a ricorrere a due cimiteri: uno minore e vicino alla chiesa, riservato ai nobili e ai ricchi borghesi, l’altro riservato ai poveri e posizionato lontano dalla chiesa, spesso fuori dalle mura cittadine (che continua ad avere più le sembianze di una fossa comune che di un cimitero moderno). Alla fine del Seicento aumenta però il numero di nobili e ricchi borghesi che scelgono di essere inumati nei cimiteri “all’aria aperta” e non più all’interno delle chiese. In questi anni cambia anche il modo in cui i corpi dei defunti vengono trattati. La tradizione mediterranea di esibire il cadavere nel sudario o in una bara scoperta durante il trasporto viene cancellata a favore dell’uso della bara chiodata. Numerose sono le pratiche adottate
per cristianizzare il rito funebre, allontanandosi dalle pratiche pagane: si comincia a coprire i morti, a vestirli, a deporre un rosario tra le dita del defunto. Si diffonde la messa in presenza del defunto, prima abbastanza rara. Tutti questi mutamenti cambiano il modo di concepire il cimitero. Viene meno la credenza dei “revenants” (morti che di notte escono dal cimitero e vagano per la città), una credenza molto diffusa nel tardo medioevo. Per questo le “lanterne dei morti” che venivano accese nelle ore notturne e caratterizzavano i cimiteri medievali, iniziano ad essere sempre più rare. Nei cimiteri le cappelle cominciano ad essere sempre più malviste, si diffondono sempre di più le croci, viene vietato l’innalzare i cadaveri dal suolo (altra pratica pagana). Dalle regioni nordiche si diffonde l’uso delle “headstones”, lastre verticali poste in testa alla sepoltura. Ma fu soprattutto nell’Inghilterra
di fine secolo che i cimiteri prendono il sopravvento sulle chiese come luogo scelto per l’eterno riposo dalla maggioranza delle persone. I “churchyard” inglesi sono all’epoca una sorta di prateria, dove pascolano gli animali del ministro del culto e, di tanto in tanto, spuntano delle lapidi con iscrizioni ed incisioni religiose. Forti sono le richieste di edificare i cimiteri fuori dalle mura, in modo che ognuno potesse permettersi una sepoltura individuale (e non solo i ricchi come nel caso delle sepolture in chiesa). Nel 1720 viene emanato un bando ufficiale che raccomanda di evitare la sepoltura nelle chiese in quanto fonte di infezioni. La mentalità puritana inglese viene esportata anche in America del nord grazie ai pellegrini, tanto che in America non sono stati mai pervenuti casi di sepoltura all’interno delle chiese, tutti scelgono il cimitero. Grazie a questa precoce diffusione in America si trova la più vasta gamma di tipologie di tombe.
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Se sulle tombe americane le raffigurazioni più comuni sono quelle di angeli e cherubini (simbolo di immortalità) mentre in Europa sono diffusissimi i teschi (simbolo della caducità del corpo). Solo a metà del 700 il teschio inizia ad essere rimpiazzato da un volto in carne, rappresentazione stilizzata del defunto. Negli stessi anni iniziano ad apparire i ritratti funebri, anche se si imporranno solo alla fine del 700. A tardo 700 però sono solo le élite inglesi a preferire il cimitero, nell’ Europa continentale e cattolica il cimitero è ancora riservato ai poveri, mentre i borghesi sono sempre più attirati dalla sepoltura in chiesa. C’è addirittura chi, tra le classi meno abbienti, conserva i risparmi di una vita per potersi pagare l’inumazione in chiesa. Anche dentro le chiese permane la separazione in base al ceto: alla sepoltura dei nobili e degli uomini di chiesa vengono riservate le cappelle laterali e le prime file delle navate, al terzo stato il pavimento, ai
poveri i charnier. E’ quindi in Inghilterra e nelle sue colonie oltreoceano che nasce il cimitero modernamente inteso: uno spazio esterno alla chiesa, pubblico, autonomo, in cui viene riconosciuta l’individualità della salma attraverso una tomba decorata. Nel Settecento assistiamo alla nascita di un nuovo sentimento: il desiderio di prolungare il legame con i propri cari anche dopo la morte, facendosi seppellire accanto al coniuge o al genitore (cosa che prima era stata possibile solo nelle cappelle famigliari, prerogativa dei più abbienti). Altro merito di questi paesi anglofoni è quello di aver contribuito alla diffusione dell’epitaffio: prima riservato solo ai nobili e al clero ora viene posto su quasi tutte le “headstones” proponendo un discorso sulla vita del defunto. Altra grande novità introdotta è la consuetudine di segnare sulla tomba l’età del defunto, cosa rarissima nei secoli precedenti. Nell’Inghilterra del Settecento que-
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sto mutamento nel modo di vedere la morte, percepita come malinconico e naturale svanire nel nulla, cambia profondamente la concezione dei cimiteri. Essi iniziano quindi a prendere le forme di un giardino immerso nel verde, compaiono i primi mausolei e cambiano radicalmente i soggetti delle decorazioni tombali: da stemmi e trofei si passa a scene di vita quotidiana. Il monumento funebre è visto come parte dello stesso giardino “pittoresco”, insieme ai suoi paesaggi informali e la grande varietà di piante. Un altro fattore di cui non si deve sottovalutare l’influenza sull’organizzazione dei cimiteri è la crescente diffusione della paura della morte apparente. Tanti nei testamenti richiedono esplicitamente di essere sepolti dopo un certo periodo di tempo dal decesso (di norma è 48 ore ma c’è chi chiede addirittura di aspettare l’inizio della decomposizione). Le voci e i casi di sepoltura prematura sono talmente diffuse che a fine secolo le autorità iniziano ad imporre una se-
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rie di norme per verificare l’effettivo decesso: dall’obbligo di attendere almeno 24 ore prima della sepoltura, al reperimento di testimoni che verificassero l’avvenuta morte, all’istituzione di “luoghi di deposito” dove i cadaveri venivano controllati fino all’inizio della putrefazione. La cultura romantica settecentesca cambia radicalmente l’attitudine nei confronti della morte: si afferma la bellezza della morte, ora vista come un atto attraverso il quale i viventi realizzano il senso della loro vita. Tra il mondo dei vivi e quello dei morti si crea una contiguità, gli spiriti possono comunicare con i vivi e viceversa. Infine, la morte perde quel carattere collettivo e sociale tipico del secolo precedente e tende a diventare un momento privato tra il morto e la sua famiglia. Un ulteriore passo verso la definizione del cimitero moderno viene compiuto in Francia nel 1763, quando il decreto del Parlamento di Parigi impone la costruzione dei cimiteri
all’esterno delle mura della città. Questa decisione viene presa a causa delle continue lamentele sulle infezioni che vanno sviluppandosi nelle vicinanze dei cimiteri, soprattutto nei mesi estivi, quando il caldo aumenta le esalazioni. Il parlamento non considera il cimitero come luogo sacro, ma semplicemente come spazio in cui vanno deposti i cadaveri. Da qui l’idea di chiudere tutti i camposanti attivi in città e di creare otto nuovi grandi cimiteri fuori dalla città. Si studia per questi un modello (che verrà poi esportato in buona parte dell’Europa) da reiterare: area recintata da muri e cadaveri sepolti su diversi strati di terreno, secondo il principio della fossa comune, senza segni di riconoscimento. Per scoraggiare la sepoltura in chiesa il governo fissa una tassa molto elevata (2000 livree), mentre rende gratuita l’inumazione nella fossa comune e stabilisce una tariffa per la fossa privata (300 livree). Viene co-
munque proibita la costruzione di tombe o statue all’interno del recinto cimiteriale, che deve restare spoglio, senza monumenti o alberi considerati nocivi in quanto ostacolanti la buona circolazione dell’aria (anche se dietro il pagamento di una somma di 50 livree era concesso di abbellire il luogo di sepoltura e esumare i resti dei cari per spostarli). Negli anni seguenti al 1763 anche diverse altre nazioni segno l’esempio francese proibendo la sepoltura in chiesa: nel 1783 la Svezia, nel 1786 l’Austria, nel 1785 la Spagna… Diverse sono anche le opposizioni al tentativo di separare cimiteri e chiese, c’è chi sostiene che così sarebbe aumentato il rischio di perdere i cadaveri, chi che questa riforma avrebbe fatto declinare il culto dei morti, chi temeva un minor controllo delle inumazioni. Tutto ciò porta ad un cambiamento della struttura dei cimiteri: venendo a mancare la possibilità di essere sepolti in chiesa, i nobili perdevano uno
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strumento per sfoggiare la loro agiatezza. I cimiteri iniziano cosi a essere divisi in due parti, una ospitante le fosse comuni e le tombe senza ornamenti, l’altra riservata alle tombe con monumenti. Inizia così a prendere forma il cimitero del XIX secolo. L’allontanamento dei cimiteri dalla chiesa impone a quest’ultima la necessità di riorganizzare la stessa cerimonia funebre, ora divisa in due parti: dalla casa (o dall’ospedale) alla chiesa, e dalla chiesa al cimitero. Mentre la prima parte è molto seguita e mantiene i canoni tradizionali, la
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seconda risulta sempre molto sbrigativa: molto raramente i parenti e gli amici accompagnano la salma fino al luogo di sepoltura. Per quanto riguarda la costruzione dei nuovi cimiteri, si sviluppa una sorta di stile internazionale che prende come riferimento il modello italiano di camposanto (il più famoso è quello di Pisa) adottando gli stilemi neoclassici. Dominato da archi e cinte murarie, nel nuovo cimitero manca completamente lo spazio per piante e vegetazione.
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XIX SECOLO: LA NASCITA DEL CIMITERO MODERNO Il XIX secolo si apre con una tappa importantissima per la storia dei cimiteri: nel 1801 l’Institut de France bandisce un grande concorso per un progetto di organizzazione del cimitero. Ne emerge la nuova immagine della morte, ora vista come processo naturale e razionalmente comprensibile. La chiesa, con i suoi riti e le sue preghiere, viene accusata di avere trasformato i cimiteri in luoghi di orrore e paura, mentre si cerca di tornare alla concezione degli amici, del cimitero come luogo di memoria dei propri padri. Un altro rischio che viene preso in grande considerazione è quello del “materialismo” (il disinteresse verso i morti), per questo molti progetti prevedono l’istituzione di un nuovo “culto dei morti”, questa volta però statale. La funzione religiosa viene sostituita con una civile, dopodiché la salma viene trasportata fuori città, nei nuovi cimiteri costruiti come grandi spazi verdi, senza monumenti ed edifici o muri di cinta a separarli dall’esterno.
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Si diffondono i viali alberati, ed il cipresso diviene la pianta cimiteriale per eccellenza (già utilizzata da greci e romani nell’antichità). Nascono però diversi problemi riguardanti l’organizzazione dei nuovi cimiteri: il loro allontanamento dalle città aveva comportato l’incertezza del trasporto delle salme e della stessa inumazione. È di nuovo la Francia a dare l’esempio agli altri paesi europei con l’Editto di Saint Cloud del 1804 in cui tra le varie indicazioni si proibisce definitivamente la sepoltura in chiesa, si impone che le mura dei cimiteri debbano distare almeno 40m dalle abitazioni, si vieta la sovrapposizione dei morti nelle fosse comuni (le salme dovevano essere poste una accanto all’altra) e si concede l’uso di pietre sepolcrali e altri segni indicatori di sepoltura. Viene ripresa l’idea di “cimitero-giardino”, dove i privati possono comprare dei lotti di terreno per costruire mausolei e monumenti (questo implica anche l’obbligo di
donazioni perpetue a fondazioni religiose). Questo porta a concessioni perpetue a favore delle classi medio alte che, ottenuta quindi una sorta di proprietà nel cimitero, iniziano a costruirvi i monumenti più lussuosi possibili. Con la personalizzazione del luogo di sepoltura, diffusione del monumento e la proprietà ereditaria del terreno, si arriva alla definizione del cimitero contemporaneo, che rimarrà invariato fino alla fine del secolo successivo. Il decreto del 1804 concede anche di seppellire le salme nelle proprietà private (purché abbastanza distanti dei luoghi abitati) e fissa i caratteri della cerimonia funebre affidando ad imprese commerciali l’organizzazione delle esequie e ripristinando la cerimonia religiosa da poco soppressa in favore di quella laica. Si diffondono le carrozze funebri trainate da cavalli e il trasporto funebre, fino ad ora quasi evitato dai parenti, diviene parte importante della celebrazione dei morti.
Nel corso dell’Ottocento si scontrano due tendenze opposte: da un alto il distacco di porzioni sempre più larghe di popolazione dalle pratiche della religione cattolica; dall’altra l’affermarsi di un modo di vedere la morte che accoglie la religione cristiana e tutti i suoi riti, ma in una visione più intima e quotidiana, senza i caratteri macabri seicenteschi o malinconici settecenteschi. Questo influisce sull’andamento dei rituali: la veglia e il banchetto funebre iniziano a farsi sempre più rari e viene introdotto l’obbligo di fare soggiornare le salme per 24 ore nei “mortuorios” locali appositi situati in chiese ed ospedali. Il culto dei morti, tramite la visita al cimitero, era totalmente sconosciuto agli uomini del Settecento. Questo per diversi motivi: sia per lo stato pietoso in cui versavano i cimiteri, sia perché non sempre era possibile sapere dove giacevano i propri cari, sia perché in quel secolo non si credeva si potesse comunicare tra mondo dei vivi e mondo dei morti.
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A partire dal XIX secolo invece la visita al cimitero assume diverse funzioni: rispondeva al sentimento patetico della morte, al desiderio di cordoglio e lutto, consentiva un contatto quasi quotidiano con il defunto tramite la visita della sua tomba o monumento. Questa pratica di visita al cimitero proviene dall’Inghilterra, dove già dalla metà del 700 scrittori e poeti si ritrovavano sulle tombe degli amici, nei cimiteri all’aria aperta, a cantare elogi funebri. La visita ai camposanti consentiva quindi tramite il contatto con la natura, di apprezzare la bellezza della vita: si rimpiangeva il defunto perché aveva abbandonato le bellezze del vivere. Si diffondono ulteriormente i monumenti funebri, indispensabili per riconoscere il luogo della sepoltura dei cari e per comunicare con l’anima del deceduto. Hanno significativa diffusione anche le epigrafi, sempre più lunghe e articolate, che verso la fine del secolo iniziano ad essere accompagnate da un’immagine fotografica
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del defunto. Chi non può permettersi una tomba particolarmente imponente o architettonicamente elaborata tende a caricarla di decorazioni (croci, rosari, fiori, ceri, fotografie, statuette…). La pratica dell’offerta di fiori nasce in Francia, mutata dalle consuetudini della visita di cortesia borghese. Se prima si portavano i fiori alla padrona di casa, ora si portano ai defunti: i morti non sono più visi come nel 700 come entità relegate al proprio mondo, ma come parte del mondo dei vivi, i quali devono intrattenere con loro rapporti costanti, andando a visitarli di frequente e portando loro fiori e altre offerte. Si affermano quindi, nei primi anni dell’Ottocento, due modelli di cimitero: il modello “francese” e il modello “americano”. Il primo è ispirato al Père Lachaise (1803), una sorta di giardino all’inglese popolato di grandiosi monumenti funebri; il secondo al cimitero di Mont Auburn (1831) anch’esso giardino ma le tombe sono
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presenti solo sotto forma di “headstone” accompagnate da statue raffiguranti il defunto. L’evoluzione dei due modelli avviene in due direzioni completamente diverse: nel modello americano si assiste a ad una progressiva semplificazione della tomba, fino a delle essenziali placche in metallo che ne individuano i confini; mentre in quello europeo la natura viene man mano sostituita da costruzioni in pietra o cemento. Il modello americano viene adottato principalmente in Inghilterra mentre quello francese più che altro nell’Europa continentale. In Italia e in Spagna quest’ultimo si fonde col modello locale di camposanto, che tende ad assomigliare più al giardino di un chiostro che non ad un parco. Ma se nei cimiteri inglesi e americani prevale il sentimento di morte come ritorno alla natura, nell’Europa continentale prevale l’idea che la morte
attraverso il monumento debba ricordare le virtù (ed il benestare) del defunto. Per questo mentre i primi tendono a non avere recinti definiti, i secondi diventano cittadelle chiuse da mura, alle quali si accede tramite imponenti porte. In queste città dei morti, si sviluppa un gran numero di decorazioni ed ornamenti: da croci di tutte le forme e materiali a monumenti costruiti secondo il recente “revival style” (con emulazione degli stili dell’antico Egitto e dell’antica Grecia, del romanico, del gotico, del rinascimentale e del barocco). Il più diffuso tipo di tomba nei nuovi cimiteri è quella a cappella. Non potendo più seppellire i morti nelle chiese, si trasporta il modello della cappella nel cimitero e trasformarla in tomba: una piccola cella con un altare ospitante una croce e dei ceri, i nomi dei defunti e gli epitaffi riportati sui muri e un ingresso chiuso da una porta con vetrate colorate.
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XX SECOLO: IL CIMITERO TRA TRADIZIONE E TRASFORMAZIONE La concezione Novecentesca del cimitero viene ereditata da quella ottocentesca, anche se con alcune differenze. Il cambiamento più grande nel XX secolo si registra piuttosto nel modo di concepire la morte. Se fino a quel momento la morte era stata un fatto sociale, che colpiva ed interessava tutta la comunità, a partire dagli anni ’20 si assiste ad un progressivo individualizzarsi della morte, la quale tende a diventare un fatto privato che concerne solo chi è vicino al defunto, senza intaccare la quotidianità dell’intera comunità. I riti funebri vengono quindi svolti in forme più nascoste e private, esclusi i casi di funerali di stato o di personaggi particolarmente popolari e famosi. La morte perde il suo lato romantico e diventa un fatto indecente, vergognoso, da nascondere al morente tanto quanto alla comunità. Assume grande rilievo la figura del medico, prima solamente marginale. Egli avvisa i parenti che il malato è prossimo alla morte e lo fa trasferire
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all’ospedale, in modo da fare avvenire lì il trapasso. L’ospedale diventa quindi il luogo dove nascondere il morente, allontanandolo dai vivi e dagli abitanti della casa. Si è passati dalla romantica e ottocentesca “bella morte” dell’anziano capofamiglia, che abbandonava il suo mondo attorniato da figli, nipoti e pronipoti, alla morte novecentesca impercettibile, silenziosa e discreta. Conseguenza di questo cambiamento sarà il progressivo accorciamento del lutto, la sospensione delle normali attività per rispetto del caro scomparso è sempre più breve, se non addirittura annullata. Spariscono le figure del falegname e del tagliapietre, trova infatti sempre più diffusione l’uso di bare su misura e lapidi fatte in serie. Tutti questi mutamenti incidono sulla concezione del cimitero, oltre che sulla sua forma e funzione: non è più un luogo della quotidianità, bensì quello in cui si percepisce la solitudine della vita; osservare le tombe
altrui non conferisce speranza ma solamente l’illusione di una invincibilità e maggior fortuna in quanto ancora viventi. Anche gli spazi in cui vengono collocati i morti cambiano. Sono sempre più frequenti statue e cappelle per celebrare i morti delle classi medie e anche popolari, in un’imitazione delle mode borghesi. Inoltre, la riduzione delle forme di lutto impone la trasformazione dei cimiteri in luoghi in uni vengono semplicemente svolti dei servizi pubblici, senza spazi per il commiato, che viene invece trasferito in luoghi più privati e familiari. Grande fattore di cambiamento nel culto dei morti del 1900 è stato quello che possiamo chiamare “culto della nazione”, che inizia con la Prima guerra mondiale e che porta alla percezione di una nuova religiosità, dove la patria diventa elemento principale e senso di tutte le cose. Acquista un ruolo sempre maggiore il ricordo dei morti, soprattutto quelli che hanno dato la vita per la patria in guerra,
considerati esempi da seguire e detentori di una grande eredità morale da diffondere. Con la Grande guerra la morte diventa un fatto molto più comune, quasi seriale. In ogni guerra la morte è sentimento quotidiano, ma se nelle precedenti essa era percepibile e quasi prevedibile, ora i soldati sono testimoni di una morte che giunge con una rapidità mai vista prima. La morte perde così fisicità ed individualità: non sempre si riesce a riportare a casa le spoglie dei caduti in battaglia (essendo spesso quasi impossibile risalire all’identità dei corpi dilaniati dai conflitti). Di pari passo però si sviluppano e proliferano una grande quantità di monumenti e sacrari per i caduti, dominati da una monumentalità e da un senso del collettivo che si espandono investendo lo spazio circostante (come nel sacrario di Redipuglia). Sempre più spesso si trovano in questi luoghi monumenti e statue dedicate ai soldati senza nome, il “milite ignoto”, l’eroe
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il cui anonimo sacrificio ha salvato la patria. Finita la guerra, la cultura della morte che si era sviluppata non è in grado di confrontarsi con l’esperienza del ritorno a casa e quei sentimenti tendono a riversarsi nella società postbellica già caratterizzata da elevati conflitti sociali. Il malcontento è diffusissimo, il nemico da esterno diventa interno e in diversi paesi iniziano a formarsi dei corpi militari speciali dedicati a scovare e punire i sediziosi (socialisti, rivoluzionari, comunisti o più generalmente “antinazionali”). La cultura della morte elaborata nelle trincee viene estesa a tutta la società civile, attribuendo però i tratti del nemico di guerra all’avversario politico, aumentando il clima di insicurezza e di tensione imperversante. In Italia anche il fascismo insiste sulla retorica della morte, elemento molto presente nella sua simbologia. Questo perché la maggior pare degli squadristi erano ex-combattenti, reduci della guerra e della delusione
fiumana. Il mito della continuità della guerra, dello spirito delle trincee, il riproporsi dei riti delle gerarchie militari sono costanti presenze nelle squadre fasciste. I funerali dei fascisti uccisi diventano riti emotivamente intensi e coinvolgenti, anche a causa della folla di spettatori che sono in grado di riunire. Il corteo è formato da tutte le organizzazioni del regime in marcia con vessilli e bandiere accompagnati dal rullo dei tamburi. Il momento culminate della cerimonia era il rito dell’appello, dove uno dei capi delle squadre gridava il nome del caduto e la folla inginocchiandosi rispondeva in coro: “Presente!”. I martiri però si hanno anche dalla parte opposta, il più famoso esempio è il caso di Matteotti che nel 1924 a seguito del suo brutale omicidio nelle campagne laziali diviene centro di un vero e proprio culto, a base di santini, medaglie e volantini. Viene addirittura chiamato con appellativi quali “Martire”,“apostolo”,“novello
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Cristo”,”eroe”. Il regime si trova costretto ad ostacolare il culto occultando il nome del deputato, vietando visite collettive presso la sua tomba, sorvegliando i famigliari per evitare che prendessero contatti con i militanti antifascisti. Di nuovo con la Seconda guerra mondiale si ha un mutamento della percezione della morte e delle pratiche funebri. Nelle zone occupate diventa impossibile seppellire le salme degli eroi caduti, anche perché spesso essi non cadono sul campo di battaglia durante un conflitto, ma fucilati da un plotone di esecuzione tedesco o sotto le torture della Gestapo. I massacri e le stragi causati dai bombardamenti e dalle sparatorie fanno perdere alla morte ed al corpo ogni forma di sacralità (così come il nemico perde qualsiasi tratto di umanità). Il corpo del defunto viene inteso sempre più come un semplice insieme di parti, non ha più carattere sacro (e quindi, come spesso avviene alla fine delle Resistenza, viene sotto-
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posto a linciaggi e altre forme di distruzione). Questo nuovo modo di concepire e vivere la morte cambia profondamente anche i suoi riti: le esequie e il corteo sono seguite da un numero sempre minore di persone: solo i parenti prossimi e gli amici più stretti, contro le grandi folle che seguivano i cortei funebri ottocenteschi. Il Novecento è anche il secolo in cui la cremazione ha uno sviluppo ed una diffusione incredibili. Iniziatasi a diffondere in Europa verso la fine del XIX secolo soprattutto nell’Inghilterra vittoriana (il primo forno crematorio risale al 1882), troverà terreno fertile anche in Italia. È qui che, nel 1922, avviene la “prima cremazione dopo la caduta dell’Impero Romano”, quella del corpo del celeberrimo poeta inglese Percy Shelley. A partire dagli anni Venti del secolo successivo, la cremazione prende sempre più piede, espandendosi dall’Inghilterra ai paesi dell’Europa riformata fino agli Stati uniti, fatica
a diffondersi nei paesi cattolici. Nonostante la prima società di cremazioni a Milano nasca nel 1875 e a Parigi nel 1880, l’opposizione della Chiesa è così forte che il numero di cremazioni rimane per anni molto basso. È l’Inghilterra il paese in cui si diffonde più velocemente la cremazione: nel 1930 l’1% della popolazione sceglie di essere cremata, nel 1960 è il 34% e nel 1974 si arriva al 57%. Altri paesi in cui si diffonde sono Norvegia, Svezia, Danimarca, Svizzera e Repubblica federale tedesca, mentre l’Europa cattolica continua a rimanere indietro, nonostante il permesso di cremare i fedeli arrivato nel 1965 dal concilio Vaticano II. Questa opposizione non era tanto dovuta alla dottrina quanto al fatto che la cremazione nel XIX secolo era il rito massonico per eccellenza. Anche nei paesi più aperti a questa pratica sono principalmente gli atei, i non credenti o i non praticanti a scegliere di essere cremati, mentre i cristiani (siano essi cattolici o angli-
cani) tendono a preferire ancora la sepoltura. Se nel 1989 il 68% dei morti in Gran Bretagna viene cremato, in Spagna è solo il 9% e in Italia addirittura si fatica ad arrivare all’1%. In alcuni paesi luterani comunque i riti funebri canonici e quelli della cremazione non presentano differenze: la funzione viene svolta di fonte alla bara, sia che essa sia destinata ad essere sepolta sia ad essere bruciata. La cremazione però è spesso scelta non tanto per ragioni religiose (o laiche) quanto per sbrigare in maniera più celere la questione della morte. La diffusione della cremazione va di pari passo con la riduzione del numero dei monumenti nei cimiteri (in America negli anni ’60 su 40 cremazioni solo una è accompagnata da un’iscrizione su una placca; la maggior parte opta infatti per la dispersione delle ceneri). La diffusione della cremazione nella seconda metà del Novecento ha una notevole influenza anche sull’assetto
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del cimitero. Il legame tra crematorio e camposanto è sempre più stretto: la cremazione è infatti concepita come un differente tipo di inumazione, sacra tanto quanto le altre. Nascono luoghi specificatamente pensati per contenere le ceneri: il primo crematorio viene costruito in Inghilterra nel 1931 in un antico cimitero. Spesso gli abitanti delle zone limitrofe non sono particolarmente contenti dei crematori, a causa del fumo e della polvere emessi; per questo iniziano ed essere collocati nell’estrema periferia della città, dove vengono dotati di un giardino in cui deporre le ceneri, senza però alcun segno di riconoscimento individuale (ad eccezione del nome del defunto segnato sul “memorial book”, consultabile dai visitatori). Alcune chiese iniziano a riservare degli spazi nei giardini alla deposizione delle ceneri, posizionando una placca con l’iscrizione del nome del defunto. I cimiteri urbani, soprattutto in Inghilterra, a partire dagli anni ’50
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tendono a diventare luoghi “culturalmente periferici”: sempre più distanti dai centri abitati, sempre meno custoditi e sempre più soggetti ad atti vandalici i campisanti divengono luoghi fastidiosi, visitati esclusivamente per la tomba del proprio defunto, senza considerare minimamente tutto il resto. La pratica della visita al cimitero addirittura inizia ad essere vista come inutile ai fini del ricordo del defunto. Proprio nei paesi in cui era nata la filosofia del cimitero ottocentesco, con il principio della visita al caro defunto e del cimitero come luogo di raccoglimento di persone ed anime, sono quelli in cui essa tenderà a sparire più rapidamente nel corso del secolo successivo. In Inghilterra e negli Stati Uniti si va addirittura affermando la convinzione che essere presenti nel luogo del dolore per la morte fosse simbolo di debolezza e infantilismo, se non di turbe psichiche. Quindi la visita al cimitero diventa ancora più discreta e impercettibile,
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per non fare pensare agli altri di essere succubi del dolore per la scomparsa del caro. Gli atteggiamenti riguardo i cimiteri e la morte cambiano comunque in base al ceto (le classi popolari continuano a mantenere legami ottocenteschi\romantici con la morte) e al luogo di appartenenza ( in campagna le visite seguitano ad essere frequenti e lunghe). Sarà proprio in America, il paese che sembra avere preso le distanze maggiori dalla morte, che si sviluppa maggiormente l’industria funeraria e il business dei funerali. Nel secondo novecento nasce la bara di lusso. Fino al secondo dopoguerra la bara non aveva mai avuto un ruolo particolarmente importante: spesso era in semplice legno di pino, con una forma vagamente antropomorfa. Ora invece iniziano ad affermarsi vari modelli, anche molto lussuosi. L’industria funeraria diventa una vera e propria impresa che gestisce tutti gli aspetti del funerale e ciò che gli sta intorno.
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Nascono le “Funeral Home”in cui il defunto viene esposto e i familiari ricevono in visitatori. Il rito funebre stesso avviene lì, in presenza del defunto elegantemente vestito e circondato dagli oggetti della sua professione in vita. Si tenta in queste occasioni di dare l’illusione della vita, negando o nascondendo la morte. Per questo i cimiteri vengono vivacizzati, andando ad assumere i tratti dei centri commerciali (Il Forest Lawn di Los Angeles è anche museo, supermercato d’arte, serra e luogo di celebrazione di battesimi e matrimoni). Nella seconda metà del Novecento quindi, nonostante l’allontanamento della morte, il cimitero continua a mantenere il proprio ruolo. Anche grazie al processo di commercializzazione in atto viene accentuata la continuità tra la vita dei morti e quella dei vivi tipica del cimitero ottocentesco. I campisanti in certi casi si trasformano in una sorta di attrazione permanente. Ne sono esempio i mausolei che vengono costruiti sopra
le vecchie cripte e monumenti collettivi, che consentono di risparmiare suolo (accostando verticalmente i loculi) e di sfoggiare le capacità citazioniste dello stile postmoderno, diffusosi negli USA a partire dagli anni ‘50. Così come la Francia a suo tempo sono ora gli Stati Uniti a guidare il nuovo modo di percepire e organizzare la morte. La trasformazione iniziata negli anni 20/30 nel Nord America si diffonde negli anni ‘50 nell’Europa Riformata e negli anni ‘60 nell’Europa meridionale. Questo processo di commercializzazione della morte mette in dubbio l’idea stessa di cimitero borghese in quanto le nuove generazioni di “self made man” aggiungono alla classica monumentalità delle tombe di famiglia borghesi un’eccessiva ostentazione, aprendo il cimitero a un gran numero di decorazioni ed orpelli. Se negli anni ’50 e ’60 sembrava che la morte fosse stata esclusa dagli interessi e dall’immaginario dell’uomo
del Novecento e il lutto quasi del tutto cancellato, a partire dagli anni ’70 questa tendenza comincia ad invertirsi: la morte torna ad essere un tema appetibile, trovando spazio su un grande numero di pubblicazioni, libri, saggi, riviste e articoli di giornale oltre in diverse mostre dedicate o addirittura musei. L’industria funebre è in costante crescita, anche paesi come l’Italia introducono alcune pratiche americane: le agenzie di pompe funebri fanno pubblicità, creano magazine e siti internet, i cimiteri diventano attrazioni turistiche, spesso addirittura dotati di bookshop. Sono di nuovo gli Stati Uniti a guidare il trend portando all’eccesso queste tendenze: funerali Drive-In con accesso in auto alla camera ardente, mummificazioni di stampo egizio, sarcofagi antiumidità, cremazioni con dispersione delle cenere nello spazio, nascono i primi cimiteri “virtuali”. I cimiteri ottocenteschi ormai sono stati inglobati dal costruito e fanno
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parte dello spazio urbano, e come questo diventano scenario di violenza e delitti, tanto che in diverse città si devono adibire dei sistemi di sorveglianza appositi. I cimiteri diventano anche protagonisti della cultura di massa grazie alle apparizioni nei film (horror ma non solo) di registi come Argento, Romero, De Palma, Burton. Nel XX secolo una serie di problemi inediti quali lo sviluppo demografico, l’espansione delle città e la sempre maggiore domanda di servizi sociali, influiscono sulle modalità in cui i cimiteri vengono costruiti. Si ha così la nascita di un gran numero di progetti utopici atti a razionalizzare gli spazi cimiteriali. Questi modelli anche se non vengono sempre adottati portano all’affermazione di due modelli: il cimitero all’europea e il cimitero all’americana. Questi ultimi diventano sempre più dei “cimiteri paesaggistici”, la riduzione dei segni architettonici che ne esplicitano la funzione o identificano
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i confini (come nel cimitero di Mont Auburn) iniziata negli anni Venti viene portata sempre più all’estremo. I cimiteri ottengono una vocazione egualitaria, basata sulla semplicità e il rifiuto di ogni segno di ostentazione: la morte non può più essere rappresentata dall’architettura. Questo processo di progressiva astrazione si contrappone invece alle tendenze oltreoceano, dove i cimiteri vengono riempiti fino alla saturazione. Il cimitero “europeo” novecentesco tende sempre più ad assumere i tratti del modello urbano, con i rispettivi problemi di spazio, di sbilanciamento tra spazi pubblici e privati, di deterioramento di intere aree. I problemi di sovraffollamento erano già discussi a fine ‘800. In quegli anni la diffusione dei riti ostentati, la proliferazione di cappelle e mausolei fanno si che le classi più elitarie (nobili ed intellettuali) iniziano a percepirli come volgari, promuovendo un ritorno alla semplicità. La Prima guerra mondiale diede un al-
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tro grande contributo alla crescita del distacco dalla celebrazione ostentata della morte: i cimiteri dei morti della Grande guerra sono spesso costruiti secondo il principio di semplicità e eguaglianza di fronte alla morte, senza tenere conto del grado militare dei caduti. Il processo di individualizzazione delle tombe produce un continuo sovraffollamento che a sua volta porta al recupero di spazio in verticale, con un uso sempre maggiore delle nicchie murarie. Allo stesso tempo questa proliferazione non porta alla ricerca di una particolare dignità estetica. Ne risulta che i grandi temi dell’architettura e della scultura che si dibattono nel Novecento solo in rarissime occasioni entrano nei cimiteri. L’arte funeraria è rappresentata dalla produzione di massa e dalla sua limitata quantità di modelli e decorazioni, spesso richiamanti quelli dell’art dèco. I progetti della maggior parte delle tombe sono imitazioni degli schemi ottocenteschi, anche se in qualche caso si possono trovare
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dei progetti di cimiteri avanguardisti (come quello di Antonio Sant’Elia per il cimitero di Monza o di Teodoro de Anasagasti per il “cimitero ideale”). Solo negli ultimi decenni del secolo vengono concretizzati dei progetti di cimiteri che accolgono le ultime tendenze architettoniche, Carlo Scarpa e Aldo Rossi riescono infatti a realizzare progetti in cui l’esigenza di costruire un cimitero “moderno” non esclude il mantenimento dell’identità individuale. I cimiteri di fine Novecento sono quindi caratterizzati da un rapporto di continuità e contemporanea rottura con la tradizione del cimitero ottocentesco. Le differenze principali si rintracciano nella rarefazione delle sculture, nella condensazione degli epitaffi, nel progressivo accorciamento della durata delle concessioni, nella tendenza a scomparire di simboli come la croce. I cimiteri europei tendono sempre più ad assumere caratteri simili, anche a causa della diffusione dei “kit prefabbricati”
proposti dal mercato funebre. L’assetto urbano tipico dell’Europa continentale prevede nelle grandi città il cimitero centrale ottocentesco, ormai inglobato dal centro abitato,
a cui si aggiungono una serie di cimiteri periferici che è ancora possibile ampliare (seguendo le norme specifiche di ogni Paese).
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STORIA DELLA SEPOLTURA TIMELINE
V SECOLO A.C.
“HOMINEM MORTUUM IN URBE NE SEPELITO NEVE URITO” NESSUNA SEPOLTURA E CREMAZIONE ALL’INTERNO DELLA CERCHIA DI MURA DELLA CITTA’ DI ROMA
IX SECOLO D.C.
NELLE CHIESE “GLI UOMINI GIUSTI” VESCOVI, ABATI E FEDELI INIZIANO AD ESSERE SEPPELLITI SOTTI I PAVIMENTI DELLE CHIESE
XII SECOLO
CIMITERI LIMITROFI ALLE CHIESE SI CREA, ATTORNO ALLE CHIESE, UN PERIMETRO CONSACRATO DOVE AVVENGONO LE SEPOLTURE
XIII SECOLO
CIMITERI RECINTATI INIZIANO AD ESSERE COSTRUTI VERI RECINTI MA UN LATO RIMANE SEMPRE ADDOSSATO ALLA CHIESA 46
XIII SECOLO
SEGNI DI RICONOSCIMENTO SULLE TOMBE PRIMA ANONIME, ORA LE TOMBE VENGONO SEGNATE CON CROCI
XV SECOLO
PRIME TOMBE FAMILIARI ALL’INTERNO DELLE CHIESE I PIU’ ABBIENTI COMINCIANO A CREARE CRIPTE FAMILIARI
XVI SECOLO
NASCITA DEL CIMITERO PUBBLICO A CAUSA DELLA SCISSIONE PROTESTANTE SI COMINCIANO A COSTRUIRE CIMITERI NON SOLO CRISTIANI
XVI SECOLO
SOVRAPPOPOLAMENTO DELLE CHIESE SEMPRE PIU’ BORGHESI SI FANNO SEPPELLIRE ALL’INTERNO DI CHIESE E BASILICHE, SI ARRIVA ALLA SATURAZIONE
XVI SECOLO
SEPARAZIONE CHIESA-CIMITERO IL CONCIGLIO DI TRENTO (1545-1563) SANCISCE LA FINE DELLE SEPOLTURE IN CHIESA 47
XVII SECOLO
NASCITA DEI CIMITERI SUBURBANI A CAUSA DEL CRESCENTE VALORE DEI TERRENI NELLE CITTA’, I CIMITERI VENGONO SPOSTATI FUORI DALLE MURA
XVII SECOLO
USO DELLA BARA CHIODATA PER QUESTIONI DI IGIENE, IL CLASSICO SUDARIO VIENE ABBANDONATO IN FAVORE DELLA BARA IN LEGNO
XVIII SECOLO
LAPIDI INCISE IMPORTATE DALLA TRADIZIONE NORDICA, ORA LE LAIPIDI HANNO NOMI ED EPITAFFI SCOLPITI
XVIII SECOLO
CIMITERI FUORI DALLE MURA DELLE CITTA’ IL PARLAMENTO FRANCESE NEL 1763 IMPONE IL TRASFERIMENTO DEI CIMITERI ALL’ESTERNO DELLE MURA CITTADINE
XIX SECOLO
PRIMI TRASPORTI FUNEBRI IL TRASPORTO DIVENTA PARTE IMPORTANTE NELLA CELEBRAZIONE DEL RITO FUNEBRE 48
XIX SECOLO
NASCITA DEI CIMITERI MODERNI CON L’EDITTO DI SAINT CLOUD DEL 1804 NAPOLEONE REGOLA LA PRATICA DELLE SEPOLTURE IN FRANCIA E ITALIA
XX SECOLO
MONUMENTI E SACRARI PER I CADUTI CON LA GRANDE GUERRA PROLIFERA UNA GRAN QUANTITA’ DI MONUMENTI E SACRARI PER I CADUTI
XX SECOLO
CREMAZIONE NEL 1922 IN ITALIA AVVIENE LA PRIMA CREMAZIONE DOPO LA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO, QUELLA DI PERCY SHELLEY
XX SECOLO
NASCITA DELLE “FUNERAL HOME” NEL SECONDO ‘900 NEGLI STATI UNITI NASCE IL CONCETTO DI “FUNERAL HOME” LUOGO DOVE VIENE PORTATO IL DEFUNTO E CELEBRATO IL RITO FUNEBRE
XX SECOLO
UTILIZZO DI NICCHIE MURARIE IL CONSUMO DI SUOLO SEMPRE PIU’ DILAGANTE PORTA AL RECUPERO DI SPAZIO IN VERTICALE INIZIANDO AD UTILIZZARE LOCULI E NICCHIE 49
SEPOLTURA IN ITALIA ED EUROPA TAPPE FONDAMENTALI DELLA NORMATIVA
•451 a.C. Legge delle dodici tavole: fu emanata dai romani ed è la prima legge codificata che impone le sepolture e le cremazioni fuori dall’abitato urbano, per motivi di igiene pubblica e sicurezza. •1563 Legge del Concilio di Braga: divieto di seppellire i morti nelle chiese. •1765 Decreto del Parlamento di Parigi del 20/5: orine di trasferimento dei cimiteri fuori dalla cerchia urbana. •1804 Editto della Polizia Medica del 5/09: versione italiana dell’Editto Saint Cloud, limita monumenti e memoriali ed impone il posizionamento dei cimiteri fuori dalle mura.
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•1804 Editto di Saint Cloud del 12/6: obbligo di sepoltura in cimitero dell’abitato e in fosse comuni •1817 Decreto legge dell’11/3: trasferimento della competenza dall’autorità ecclesiastica allo Stato nell’ex Regno delle Due Sicilie. •1865 Decreto legge dell’8/6, n°2322: primo regolamento sanitario e prima statuizione della polizia mortuaria •1888 Legge del 22/12, n°5849: tutela della pubblica sanità ed igiene con alcune disposizione relative ai cimiteri, in particolare l’obbligo fatto ai comuni per la loro istituzione.
•1891 Regio decreto dell’11/1, n°42: primo regolamento di polizia mortuaria •1923 Regio decreto del 30/12 n°2889: modifiche a norme precedenti e possibilità di piccoli comuni contermini di unirsi in un unico cimitero consorziale •1934 Testo unico di leggi sanitarie del 27/7, n°1265: norme riguardanti la disciplina di polizia mortuaria e disposizioni fondamentali di carattere generale sui cimiteri •1939 Regio decreto del 21/12, n°1880: nuovo regolamento di polizia mortuaria •1972 D.P.R. del 14/1, n°4: attribuzioni degli organi statali in materia di polizia mortuaria
•1975 D.P.R. del 21/10, n°803: regolamento di polizia mortuaria che introduce i piani regolatori cimiteriali, per ampliamenti e costruzione di nuovi cimiteri. •1990 Legge del 28/2, n°38: parifica gli impianti cimiteriali ad opere di urbanizzazione primaria. •2001 Legge del 30/4, n°130, la dispersione delle ceneri del defunto non costituisce più reato se autorizzata dall’ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà dello stesso. •2016 Istruzione del 13/02, la Congregazione Vaticana per la Dottrina della Fede chiarisce la posizione sulla Cremazione. Accettata a patto che le ceneri non vengano disperse o fatte diventare monili.
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METODI ALTERNATIVI ALLA PREPARAZIONE DELLA SALMA INTRODUZIONE In Italia, ad oggi, quando una persona muore, non vengono date molte opzioni ai cari su cosa fare del corpo. La normativa attuale permette infatti solamente tre opzioni: le spoglie possono essere sepolte (dopo essere state rigorosamente sigillate in una bara), tumulate (cioè poste in un loculo in muratura) oppure cremate (ovvero ridotte in ceneri, poi disperse o conservate in un’urna). Questi metodi però, sono estremamente impattanti sull’ambiente (e sulla città stessa) a causa del loro elevato consumo di risorse e di spazio. Con le città sempre più densamente popolate e l’ambiente sempre più in crisi non si può pensare di continuare ad aggravare questa situazione. Per dare un’idea delle dimensioni di tutto ciò pensiamo che solo nel comune di Milano, l’oggetto delle nostre analisi, ogni anno muoiono oltre
13.000 persone: se ciascuna di esse scegliesse di farsi seppellire in uno dei cimiteri della città, in un solo anno si andrebbe ad occupare una superficie di 62.400mq, senza contare l’enorme impiego di legna, metallo ed energia. La scienza ci fornisce metodi innovativi e in grado di consumare molte meno risorse rispetto a quelli tradizionali. Ad oggi molte di queste sono ancora ai primi passi e quindi spesso non accettate dalle leggi e dalle comunità religiose. È nostra convinzione però che, come è successo recentemente con la cremazione (prima ostacolata fortemente dalla Chiesa, dal 2016 ufficialmente permessa), questi metodi in un futuro molto prossimo troveranno sempre più spazio nelle pratiche funebri in Italia e negli altri paesi. Di seguito verranno analizzate le più importanti tra le tecniche sopracitate.
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IDROLISI ALCALINA L’idrolisi alcalina è una tecnica alternativa alla cremazione, con la sostanziale differenza che la salma non viene bruciata ma sottoposta ad un trattamento chimico/fisico atto a sciogliere tessuti e organi lasciando integre le ossa. È una tecnica sviluppata recentemente e che solo negli ultimi anni ha iniziato a diffondersi, soprattutto nel Nord America e nel Canada. L’idrolisi alcalina avviene posizionando orizzontalmente il corpo in un grosso macchinario metallico. Questo macchinario una volta chiuso ermeticamente calcola le quantità di acqua e di idrossido di potassio necessarie per avviare l’idrolisi in base al peso della salma (circa 270 litri ogni 30 chilogrammi). La soluzione basica (pH 14) invade la cella e viene scaldata fino al raggiungimento dei 152 gradi centigradi (la pressione a cui è sottoposta la cella le impedisce di bollire). In queste condizioni i tessuti e gli organi del defunto impiegano tra i 60 e i 90 minuti per disciogliersi. Il liquido restante viene fatto defluire
in un serbatoio nascosto alla vista, le ossa invece vengono prima risciacquate con acqua fredda e poi riscaldate nuovamente a 120 gradi centigradi per un quarto d’ora abbondante in modo da fare evaporare tutta l’acqua rimanente. L’intero processo ha una durata di massimo quattro ore (contro l’una o due della cremazione canonica) e produce da un lato le ossa e le eventuali protesi o dispositivi medici impiantati nel corpo del defunto, dall’altro un liquido trasparente dall’odore simile a quello del sapone e dal colore simile a quello del tè. Se il pH non raggiunge livelli adatti, la soluzione viene corretta con dei regolatori. Il liquido ora è un mix sterile di aminoacidi e peptidi, non contiene più DNA umano. Nel passaggio successivo le ossa vengono triturate in un macchinario affine alla comune cremazione, le uniche differenze sono che la polvere così ottenuta è molto più bianca e fine (dall’aspetto simile alla farina) e che
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Il corpo viene posto nella camera e pesato tramite dei sensori posti sotto di essa, per usare la quantitĂ giusta di prodotto.
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Nella camera vengono immessi acqua ed idrossido di potassio, il tutto poi viene scaldato ad una temperatura di 150° per 60-90 minuti. I tessuti si sciolgono.
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I liquidi vengono raffreddati e successivamente drenati.
I resti vengono lavati con acqua a 120 gradi e il processo è completo. Le ossa vengono tritate e la polvere è pronta per essere chiusa nell’urna.
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ne viene quantità maggiore, circa il 30% in più rispetto a quella ottenuta tramite la cremazione. Le polveri così ottenute vengono deposte in un’urna e consegnate alla famiglia. L’idrolisi alcalina ha il pregio di essere molto meno impattante sull’ambiente rispetto la cremazione canonica. Questo soprattutto a causa delle temperature in gioco: se per la cremazione si deve arrivare a temperature di quasi 1000 gradi (l’intero processo implica l’emissione di circa 320kg di anidride carbonica) per l’idrolisi come abbiamo visto basta raggiungere i 152 gradi. Il prodotto di quest’ultima
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è inoltre un liquido sterile, mentre la cremazione produce gas talvolta tossici (per esempio a causa delle protesi dentali in mercurio). Secondo uno studio della “Netherlands Organisation for Applied Research” e all’ausilio dei prezzi ombra, che permettono di comparare voci come l’impatto sull’ambiente, l’uso di suolo e di risorse, è stato stimato che una sepoltura ha un “costo ambientale” equivalente a 63,66 euro, una cremazione con feretro a 48,47 mentre con l’idrolisi alcalina si raggiungono appena i 2,59 euro.
SEPOLTURA NATURALE La sepoltura naturale o sepoltura “verde” prevede che la salma, senza essere imbalsamata, venga interrata in una bara o in un sudario fabbricati di materiale facilmente biodegradabile; sono evitate le costruzioni in cemento di chiusura della tomba. Il cadavere si decompone quindi in tempi molto più ridotti rispetto ad una sepoltura canonica in bara fatta di legno e zinco. Questa pratica, ripresa dall’inizio degli anni 90, era comune fino a due secoli fa, ma è stata abbandonata in favore di rituali più lussuosi e solenni. La sepoltura “verde” è ad oggi vietata
in Italia, mentre trova sempre più diffusione in paesi come Stati Uniti, Canada ed Australia, oltre che essere da sempre presente nella tradizione delle religioni ebree e musulmane. I vantaggi di questo tipo di sepoltura sono molteplici: innanzitutto si ha un grandissimo risparmio del legno usato per la costruzione delle bare ( che ogni anno consuma 50 chilometri quadrati di boschi italiani) e di tutte le sostanze chimiche usate per il trattamento delle bare e del defunto. Questo si traduce in un drastico taglio dei costi del funerale e di mantenimento del cimitero.
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URNE BIODEGRADABILI Le urne biodegradabili sono particolari urne cinerarie sempre più diffuse in Europa e all’estero. A differenza delle urne classiche in materiale ligneo o metallico le urne biodegradabili sono composte da miscele vegetali facilmente assorbibili dal terreno quali torba, gusci di noci e cellulosa. Al loro interno, a seconda della volontà del cliente, può essere posizionato un seme che ,prendendo il nutrimento proprio dalle ceneri del
defunto, inizierà a germogliare una volta sepolta l’urna e crescerà fino a dare vita all’albero prescelto. Altre vengono invece legate ad alberi già sviluppati per avere più chance di crescita e diminuire i tempi di maturazione della pianta. Alcune aziende offrono addirittura urne molto più grandi per contenere direttamente il corpo del defunto in posizione fetale.
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CRIOMAZIONE Il processo di criomazione è nato nel 2013 ed è un processo alquanto semplice. Dopo circa una settimana e mezza dal decesso il corpo è sottoposto a congelamento ad una temperatura di circa -18 gradi centigradi e tramite azoto liquido. Questo rende il corpo molto fragile e con una vibrazione di un’ampiezza d’onda ben specifica lo trasforma in una polvere organica che viene poi introdotta in una camera sottovuoto
dove l’acqua viene estratta. Ci sono importanti differenze con la cremazione, la prima è che questo processo non produce gas serra, la seconda è che il prodotto finale del processo rimane organico, quindi meno smaltibile con i gesti classici della cremazione. Il Freeze-Drying non è ancora stato usato sugli esseri umani ma ha superato i test ed è pronto per sbarcare nel Regno Unito nei prossimi anni.
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Il corpo posto in una camera sigillata viene investito da getto di azoto liquido che lo porta alla temperatura di -18 gradi.
Il corpo ghiacciato diventa cosĂŹ estremamente fragile.
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Tramite una piastra vibrante che lo fa vibrare ad una determinata frequenza il corpo viene ridotto in polvere.
In una camera sottovuoto l’acqua viene estratta dalla polvere che ora è pronta per essere chiusa nell’ urna.
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DIAMANTIFICAZIONE I “memorial diamond” sono diamanti sintetici, creati in laboratorio, partendo da capelli o ceneri ottenute dalla cremazione. Da qui viene estratto il carbonio, il quale viene esposto ad altissime pressioni ed altissime temperature fino ad assumere la sua forma cristallina. I primi diamanti sintetici sono stati
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creati negli anni 50, mentre i diamanti della memoria iniziano ad apparire sul mercato solo con l’avvento del nuovo millennio. Un processo simile permette invece di ottenere dei gioielli di vetro. Le ceneri vengono racchiuse all’interno del vetro fuso per creare un ciondolo commemorativo.
CEMENTIFICAZIONE Le ceneri ottenute dalla cremazione possono essere aggiunte alla miscela di calcestruzzo per ottenere così degli elementi in cemento contenenti una parte del caro defunto. Il caso più famoso di questo processo è senza dubbio quello delle “Eternal Reef ” ovvero un progetto partito negli Stati Uniti per il ripopolamento ittico. Le ceneri sono aggiunte al calcestruzzo che andrà a formare elementi campaniformi (le Reef Ball) posizionati sui fondali marini. La loro particolare
forma gli consente di integrarsi con l’ecosistema marino, producendo condizioni favorevoli allo sviluppo di flora e fauna ittiche, grazie alla creazione di ripari e tane. Questi moduli possono essere personalizzati con iscrizioni ed una targa. Viene inoltre sempre fornito un certificato con allegate le coordinate GPS, in modo che i famigliari possano sempre sapere dove risiede la Reef Ball contenente le ceneri del caro defunto.
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Il corpo spogliato viene posto nel forno crematorio.
Il forno viene acceso e portato oltre i 1000 gradi, il processo dura all’incirca due ore.
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Terminata la cremazione le ceneri vengono raccolte ed ulteriormente raffinate.
Le ceneri vengono mischiate al cemento (in proporzione 1:10) per creare cosĂŹ il manufatto.
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Inumazione
Cremazione classica
63,66 €
48,47 €
Cambiamento climatico
Consumo di acqua
Altri impatti
Consumo di suolo
Formazione di particolato
Tossicità per l’uomo
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PREZZI OMBRA
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Cremazione ecologica
Idrolisi alcalina
29,65 €
2,59 €
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Fonte: Netherlands Organisation for Applied Research 71
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RITI FUNEBRI NELLE RELIGIONI
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LITURGIA DELLA MORTE RITI ED USANZE I riti e le usanze funebri servono a mantenere un contatto tra vivi e defunti, ma anche ad attestarne la separazione ultima. Il defunto non c’è più, ma continua comunque ad occupare un posto nel mondo dei vivi. In base alla religione e quindi alla visione di ciò che accade dopo la morte, la dipartita di un caro o di un parente assume un diverso significato: per cristiani, musulmani ed ebrei la morte implica il definitivo allontanamento dalla vita terrena ed il ricongiungimento dell’anima con Dio,
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mentre per buddisti, indù e sikh la morte è semplicemente il momento in cui si ritorna nell’eterno ciclo della rinascita. Le cerimonie funebri variano di paese in paese e di religione in religione, comunque svolgono in tutti i casi funzioni di enorme importanza: danno supporto emotivo agli amici e parenti del defunto, accompagnandolo nel suo viaggio verso l’aldilà (qualunque esso sia), aiutando la sua anima ad avere una buona reincarnazione, conferendogli lo status di “antenato”.
IL RITO ISLAMICO La religione islamica propone un’ interpretazione positivistica della vita, che sotto la guida di Allah, va accettata e valorizzata fino al suo termine naturale, la morte. Sono quindi vietati suicidio ed eutanasia: il credente è chiamato ad accettare le prove a cui lo sottopone il suo Dio, accettando attivamente questo progetto divino a cui viene sottoposto. Ciò non esclude il sentimento di paura della morte, la preghiera costante consente infatti di aggiudicarsi la benevolenza divina e modificare la sorte prestabilita dell’individuo. L’Islam quindi non crede in un destino cieco, ma nella volontà di Dio che può disporre liberamente della vita e della morte dei suoi fedeli. Quando un fedele è vicino alla morte, la sua famiglia insieme agli amici più cari lo sostengono e confortano, ricordando Allah e la Sua volontà. Una volta superata l’ultima soglia, al defunto vengono chiusi gli occhi e la salma viene lavata accuratamente (per assicurarne la purezza quando verranno recitate le preghiere in suo favore) e avvolta in lenzuoli funebri (sempre in numero dispari),
per poi essere sepolta. Le persone vicine al morto si riuniscono e pregano per lui. Il corpo viene trasportato a spalla e sepolto appena dopo la preghiera, depositato direttamente sul fondo del sepolcro, adagiato sul suo fianco destro. La salma è sempre orientata con la testa in direzione della Mecca. Prima di essere riempita di terra la fossa viene chiusa da una grossa pietra, che verrà poi ricoperta di terriccio fino ad arrivare ad un livello superiore rispetto il suolo circostante. La tradizione vuole che non vi siano scritte sulle lapidi (per favorire l’uguaglianza tra uomini e donne) così solitamente viene posata ad indicazione della tomba una semplice pietra nuda, anche se non sono così rare iscrizioni recanti i nomi dei defunti o brani del corano. Sopra il luogo della sepoltura la tradizione Hanbalita non ammette strutture in muratura o altri materiali. Nei primi tempi dopo la morte, i parenti e gli amici continuano a rivolgere preghiere e suppliche ad Allah, con digiuni e continue visite alla tomba.
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IL RITO BUDDISTA Il buddismo è una religione molto dinamica e varia: l’assenza di un clero professionista e di una consolidata gerarchia ecclesiastica ha permesso lo sviluppo autonomo ed indipendente di differenti correnti di pensiero. Esse nonostante facciano richiamo tutte agli insegnamenti del Buddha, assumono tratti specifici dissimili le une dalle altre. Si deve quindi parlare di numerose scuole di pensiero buddista, che nel corso della secolare tradizione hanno elaborato un proprio rituale funebre, integrando i testi sacri della letteratura tradizionale con nuovi riti e simboli religiosi In Italia il problema diviene ancora più complesso dato che a questa varietà di correnti di pensiero sono stati assimilati usi e costumi della cultura occidentale e cristiana, andando a modificare il protocollo classico dei funerali e delle pratiche funebri. Essendo difficile offrire un quadro completo delle diverse usanze buddiste presenteremo una sintesi che riassume i riti più diffusi e consolidati
della religione buddista. Appena viene constatato il decesso, secondo il protocollo più rigoroso, la salma dovrebbe essere lasciata sola, senza essere disturbata per un periodo che va dai due a tre giorni. Questo perché i buddisti credono che lo spirito vitale del defunto, prima di abbandonare definitivamente il mondo terreno, permanga in forma latente nel corpo esanime. Alcune scuole di pensiero permettono di violare la pace del defunto, anche per una questione igienico-sanitaria. Il funerale è sempre preceduto da una serie di azioni rituali con un grande valore simbolico. Per prima cosa il corpo del defunto viene lavato, dandogli l’ultima simbolica goccia d’acqua. Vengono poi chiusi gli occhi ed incrociate le mani, il volto viene coperto da un telo bianco. La salma, vestita da un kimono bianco (lo stesso che si usa nei pellegrinaggi) viene disposto con la testa rivolta verso nord e il volto verso ovest. Intorno al defunto vengono deposte offerte
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di fiori, candele e incensi e gli viene sistemato sul petto un coltello, in modo da scacciare gli spiriti del male. Spesso l’altare viene a sua volta ricoperto da un telo bianco. Nella liturgia funebre buddista tutti i gesti e gli atti rituali tendono a sottolineare il distacco del morto dal mondo dei vivi. L’interruzione del dialogo tra le due parti è resa manifesta attraverso la simbologia del contrario (nel bagno si aggiunge acqua calda a quella fredda, i paraventi vengono capovolti, la posizione in cui si dispone la salma è evitata nella vita quotidiana) e attraverso la pratica di chiusura dei canali di comunicazione del corpo del morto (bocca, occhi…). Intanto i famigliari e gli amici stretti insieme al sacerdote del tempio a cui fa riferimento la famiglia iniziano la serie rituale di preghiere e al defunto viene assegnato un nome postumo buddhista, scritto su due tavolette funebri bianche (una delle quali verrà posta sulla tomba). A questo punto la salma viene depo-
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sta nella bara; il corpo viene sollevato (solitamente insieme al futon) e posizionato nella cassa, preferibilmente non verniciata, insieme ad oggetti di valore affettivo. Segue la veglia, talvolta accompagnata da un breve discorso ed un pasto condiviso dagli astanti. Il funerale si tiene il giorno successivo alla veglia, presso la casa del defunto o presso il tempio, dove sono presenti tutti i conoscenti che vogliono porgere l’ultimo saluto al defunto. Il rito procede con un ordine definito: viene annunciato l’inizio del funerale, dopodiché il prete racconta la vita del defunto e recita le preghiere funebri. Viene bruciato dell’incenso e vengono letti gli elogi funebri. La bara viene quindi portata fuori dall’altare e aperta, in modo che si possa guardare il caro per l’ultima volta. La bara viene circondata di fiori e richiusa utilizzando una pietra al posto del martello. Parte poi il corteo verso il crematorio (durante il quale alla bara vengono
fatte compiere diverse giravolte per confondere lo spirito del morto ed impedirgli di ritrovare la via di casa) dove la bara e la salma verranno inceneriti e posti in un’urna sigillata e posta in un contenitore rivestito in seta. La processione torna verso casa, ma seguendo un percorso differente
rispetto quello di andata, sempre per impedire all’anima del defunto di ritrovare la via e tornare tra i viventi. L’urna viene solitamente collocata su un altare temporaneo per un mese o due per poi essere interrata nella tomba di famiglia.
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IL RITO PER I TESTIMONI DI GEOVA Secondo le credenze dei Testimoni di Geova se una famiglia decide di tenere il funerale, la cerimonia si può svolgere dovunque la famiglia ritenga opportuno: spesso in una Sala del Regno (il loro luogo di culto) ma sono accettante anche le camere mortuarie, le case private oppure direttamente sul luogo della cremazione o al cimitero. Secondo i Testimoni i morti sono in uno stato di incoscienza. Vengono quindi evitate consuetudini o usanze come veglie funebri, funerali troppo sontuosi, celebrazioni degli anniversari di morte, sacrifici per i morti, tentativi di comunicazione con i defunti e riti di vedovanza. La cerimonia funebre si svolge similmente a quella cattolica, viene pronunciato un discorso che spiega cosa
dice la Bibbia sulla morte e sulla speranza della risurrezione insieme ad un discorso in cui vengono ricordate le qualità del defunto. Segue un cantico basato sulle scritture e la chiusura della cerimonia con una preghiera. Alla cerimonia i presenti si vestono con abiti scuri, preferibilmente neri, e gli uomini dovrebbero indossare giacca e cravatta. Come gesto di condoglianze alla famiglia vengono portati fiori o regali. Per i Testimoni di Geova il funerale è un rito breve in quanto credono che i vivi non possano più fare nulla per i morti se non ricordarli ed attendere la resurrezione riportata dalle sacre scritture (anche per questo i parenti non sono tenuti ad osservare giorni di lutto o estensione dal lavoro).
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IL RITO INDUISTA I funerali indù (Antyeshti) sono una parte fondamentale dell’intera cultura indiana. Essi naturalmente variano profondamente in base alla localizzazione geografica e le tradizioni famigliari e naturalmente alla casta e allo stato civile del defunto. In antichità, in India, i cadaveri venivano lasciati esposti agli elementi naturali oppure sepolti nella terra, nelle acque di un fiume o in una grotta. Con il passare dei secoli si è affermata come rito principale quello della cremazione, anche se con alcune eccezioni come i bambini piccoli, i santoni e i morti di malattia. La cremazione diventa quindi il passaggio fondamentale per permettere all’anima del defunto di raggiungere la sua meta, cosa non possibile fintanto che continua ad esistere il vecchio corpo I riti funebri indù sono suddivisi in quattro tipologie: i rituali da compiere quando la persona è ancora sul letto di morte, i riti che precedono e accompagnano la cremazione, i riti
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che permettono il passaggio dell’anima del defunto dallo stadio Preta (spirito) a quello di Pitrs, (antenato) ed infine i riti in onore degli antenati. Quando risulta possibile le persone in fin di vita vengono trasportate a casa (o in determinati luoghi sacri) per potere trapassare in un ambiente famigliare. Il moribondo viene disposto con il viso verso Est e viene accesa una lanterna vicino al suo capo. Vengono cantati versi sacri per tentare di rianimare la persona, e quando questa spira, il sacerdote ne dichiara l’avvenuto decesso. A quel punto vengono sussurrati dei mantra all’orecchio destro del defunto, vengono versate gocce di acqua del Gange o di latte sulla sua bocca e la sua fronte viene segnata con pasta di sandalo. La cremazione quando possibile avviene il giorno stesso del trapasso. I riti variano in base a diversi fattori, ma i testi sacri prescrivono comunque che il cadavere debba venir lavato e vestito con abiti tradizionali nuovi.
Deve essere poi inizialmente adagiato sul suolo e li commemorato da parenti ed amici, ed in seguito su una sorta di portantina in legno. Il defunto viene quindi spogliato e ricoperto di fiori e di un telo (il cui colore varia a seconda del sesso, dello stato civile e dell’età). Spesso pollici ed alluci vengono legati insieme. I parenti maschi del defunto trasportano il feretro sulle spalle fino al luogo in cui verrà cremato, passando per luoghi che sono stati importanti per lui, ripetendo incessantemente dei mantra (in caso di particolare longevità e prosperità godute dal defunto il corteo può essere anche accompagnato da più allegre bande musicali). Il luogo della cremazione, dove viene allestita la pira, è tradizionalmente posto sulle rive di un fiume o del mare. La salma viene adagiata sulla pira rivolta verso Sud, vengono rimossi tutti i gioielli e le viene posto dello sterco di vacca sul petto. Il rito funebre è presieduto generalmente dal figlio maschio primogeni-
to, se il defunto è il padre, dal maschio ultimogenito se la defunta è la madre, rasati e vestiti di bianco in segno di lutto, e accompagnati dalle preghiere del sacerdote; le donne vengono raramente ammesse alla cerimonia. Il figlio deve fare tre volte il giro della pira in senso antiorario, bagnandola con acqua e burro chiarificato contenuti in un recipiente di terracotta, che poi viene rotto gettandolo al suolo. Accenderà lui stesso la legna in corrispondenza della testa del defunto prima di abbandonare la cerimonia. Vengono recitate preghiere per incoraggiare le varie parti del corpo a riunirsi con gli elementi: la voce con il cielo, gli occhi con il sole, il respiro col vento... Una volta che le fiamme hanno consumato il corpo, i partecipanti al funerale tornano a casa, si lavano e puliscono la loro abitazione, in quanto contaminata e resa impura dalla morte. Da tradizione non si recheranno ne al tempio ne a casa di altri fino al
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termine dei riti funebri. Colui che ha presieduto i riti tornerà sul luogo della cremazione per raccogliere le ceneri del defunto, separandole da quelle del legno e raccogliendo i frammenti di ossa ancora interi. I resti vengono poi dispersi, accompagnati da fiori e lampade, in acque sacre durante un’ulteriore cerimonia. Nei dieci giorni seguenti i funerali si
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osservano riti per facilitare la migrazione dello spirito verso il regno degli Antenati, si crede che se questi vengono applicati male l’anima del defunto può trasformarsi in uno spirito maligno. Queste usanze comprendono offerte di cibo alla foto del defunto, ai corvi, ai pesci del fiume o semplicemente abbandonate all’aperto.
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IL RITO EBRAICO Una volta che il caro muore, sono i famigliari più vicini ad occuparsi delle incombenze. Secondo le usanze funebri ebraici, il corpo del defunto viene ritualmente lavato ed avvolto in un sudario bianco oppure vestito con abiti modesti (così come modesta sarà la bara, per dimostrare l’uguaglianza nella morte, anche tra ricchi e poveri), per poi essere deposto a terra. Gli vengono chiusi occhi e bocca. La salma non viene mai lasciata da solo fino a che non viene posta in una bara e seppellita (anche se in alcune paesi orientali i corpi vengono sepolti senza bara). Il lasso di tempo che intercorre tra la morte e la sepoltura raramente supera le 24 ore. Come nei funerali cristiani, vengono recitate durante la funzione una serie di formule e letture religiose. Alla fine del rito si procede con l’inumazione: il defunto viene accompagnato al cimitero e posato nella tomba. La tradizione ebraica ritiene che il corpo debba ritornare nella
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terra d’origine mentre l’anima torni a Dio, sono quindi vietate cremazione ed imbalsamazione (nonostante in antichità fossero largamente diffuse). I famigliari, che dal momento del decesso fino alla sepoltura si sono astenuti dal mangiare cibo e dal bere vino, devono lacerare i propri abiti. Uno dei figli deve infine recitare una preghiera (il Qaddish), che verrà ripetuta per tutto il periodo del lutto, oltre che ad ogni ricorrenza ed anniversario. Il lutto si divide in tre fasi: durante i primi sette giorni di grande lutto, i parenti più prossimi devono compiere riti specifici, astenersi dal lavoro, e ricevere le visite di coloro che portano conforto. Per i successivi trenta giorni di lutto intermedio, i parenti maschi non si radono la barba né tagliano i capelli. Dopo dieci o undici mesi ha luogo la commemorazione annuale che inaugura il monumento funebre, in genere una lapide con la data di morte e una frase commemorativa
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IL RITO TAOISTA In Cina coesiste una grande varietà di etnie, differenti tra loro per tradizioni culturali e per professione nella fede. Si deve premettere che i cinesi rivolgono maggiore attenzione verso la vita comune rispetto alla cura dell’anima dopo la morte. La Religione popolare cinese è la religione più professata in Cina ed incorpora i sistemi, le credenze e la tradizione del Taoismo e del Confucianesimo, oltre che del buddismo. Queste religioni attribuiscono grande valore al culto dei morti ed ai riti funebri che accompagnano l’anima del caro defunto verso l’aldilà. I funerali cinesi seguono cerimonie ben determinate in base al credo religioso, ma sono accomunati tutti dal non essere lugubri (soprattutto dal punto di vista di noi occidentali). Il colore del lutto è il bianco, che rappresenta l’assenza di colore. Fogli bianchi vengono affissi sula porta della casa del defunto, mentre i vicini appendono fogli rossi per celebrare la vita che continuerà nell’aldilà. La processione funebre si svolge in un contesto fatto di fiori, incenso,
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candele e lanterne. I parenti, vestiti di bianco, conducono la bara verso il luogo della sepoltura (solitamente il tempio) accompagnati da suoni di gong, violini e tamburi. Dei fuochi d’artificio vengono fatti esplodere per allontanare gli spiriti maligni e dei modellini di case, auto e denaro fatti di carta vengono costruiti e bruciati come tributo per il passaggio dell’anima all’altro mondo. In altre regioni cinesi invece per scacciare gli esseri malvagi vengono fatti volare aquiloni a forma di uccelli o draghi. Talvolta prima della sepoltura una giovane donna vestita di bianco e rosso danza vicino alla bara, così da regalare al defunto un ultimo piacevole momento di felicità nella vita terrena. La giada è considerata portatrice di poteri benevoli, per questo i morti vengono talvolta sepolti con dischi di giada a forma di mandorla posti sopra gli occhi. Dopo l’inumazione della bara solitamente essa viene ricoperta da una tavola sulla quale si incolla la foto del defunto e si scrivono nome e stato sociale occupato in vita.
La Cina moderna ha leggermente modificato i riti funebri, sempre più diffusa è la cremazione. Introdotta nel 1956 da Mao Zedong per ovviare alla carenza di spazi, va piano piano a sostituirsi alla tradizionale sepoltura sotto un albero (solitamente cipresso
o magnolia). I resti della cremazione vengono conservati in un’urna ricoperta da un panno rosso, in modo da evitare che l’anima del defunto scappi via. L’urna viene solo successivamente chiusa ermeticamente.
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PRATICHE RELIGIOSE RIEPILOGO
Cattolici Musulmani Ebrei Buddisti Taoisti Induisti
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Monumenti di pietra Pile di rocce In acqua In un edificio In acqua Cremazione Tomba con nome Tomba senza nome Sudario Cassa Corpo nudo
Preghiere Acqua Santa Incenso Candele Canzoni Visione del corpo Posizionato verso Ovest Con la testa rivolta verso la Mecca Processioni Decomposizione naturale
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STORIA DEI CIMITERI DI MILANO
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CIMITERI IN USO CRONISTORIA
Cimitero Monumentale 1867
245000mq
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Cimitero Maggiore 1895
678624mq
Cimitero di Bruzzano
Cimitero di Greco
~1900
~1900
195000mq
38000mq
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Cimitero di Muggiano ~1900
816mq
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Cimitero di Baggio ~1900
37500mq
Cimitero di Chiaravalle 1936
82000mq
Cimitero di Lambrate 1957
230000mq
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I CIMITERI DI MILANO INTRODUZIONE
I primi cimiteri a Milano nascono sparpagliati per tutto il territorio milanese, era infatti uso dei primi cristiani erigere chiese sulle tombe dei martiri, le cui spoglie venivano deposte sotto gli altari. Cresce così il desiderio di riposare accanto ai venerati resti, tanto che iniziano ad essere sepolti anche re e vescovi oltre che laici distintisi in vita per virtù, santità o ingenti donazioni alla chiesa. Viene quindi permessa l’inumazione nella zona immediatamente esterna di alcune chiese parrocchiali, anche se le sepolture per la gente comune continuano ad essere effettuate al di fuori della città fino alla fine del IX secolo quando si iniziano a seppellire i morti anche dentro la cerchia muraria (ma non ancora all’interno delle chiese). A partire dal XII secolo si inizia ad abusare della sepoltura dei morti
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dentro le chiese, Roma stessa ne dà l’esempio iniziando ad accogliere in San Pietro le spoglie dei Papi, che prima venivano deposte all’esterno della basilica. A mantenere osservante dell’antica disciplina sono i monaci che continuano a servirsi del cimitero del monastero (come quello delle monache Agostiniane e il loro cimitero situato in corrispondenza dell’attuale Piazza Mentana). Hanno sepoltura fuori chiesa anche diverse famiglie illustri milanesi, così come gran parte della popolazione, i morti degli ospedali, gli usurai, gli scomunicati, gli avversari del partito ecclesiastico, gli atei e tutti coloro a cui veniva interdetta la sepoltura in chiesa. Inizia ad essere comune l’uso di seppellire all’interno delle chiese solo verso l’inizio del 1500. A quell’epoca la città di Milano ha
diversi piccoli cimiteri: tre camposanti nel Brolo (ad uso della chiesa di Santo Stefano e di due ospedali limitrofi), uno dirimpetto la Basilica di San Lorenzo, detto “della cortina”, uno presso la parrocchia San Pietro in Campo Lodigiano, uno di fronte la chiesa di Santa Eufemia. Altri
quattro si trovano presso la chiesa di Sant’Antonio, presso San Carpoforo, presso santa Maria della Scala e l’ultimo nell’attuale zona retro-absidale del Duomo, un tempo detta del Campo Santo (dove vengono sepolti anche gli operai e gli artisti che lavoravano per la Veneranda Fabbrica).
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L’OSPEDALE MAGGIORE E LA ROTONDA
L’Ospedale Maggiore, la Ca’ Granda voluta da Francesco Sforza fondata nel 1456, inizia a ricoverare ammalati nel 1464. Inizialmente i morti vengono seppelliti direttamente negli spazi dell’ospedale stesso (chiostri, cortili, sotterranei), ma già dal 1473 iniziano a sorgere seri problemi dovuti alla difficoltà di reperire spazi adeguati. Nonostante tutto le sepolture interne continuano senza sosta (ne sono testimonianza i testamenti dei ricoverati che spesso chiedono di essere sepolti “nell’ospedale secondo il rito solito dei reverenti padri crociferi”. La situazione continua a peggiorare: gli spazi sono sempre più limitati e le condizioni igieniche sono sempre più intollerabili a causa del fetore dovuto alla decomposizione dei cadaveri li inumati. Viene quindi imposto il divieto di effettuare ulteriori sepolture interne e viene predisposta la
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costruzione di un sepolcreto esterno all’Ospedale dedicato esclusivamente ai cadaveri da lì provenienti. La zona per il nuovo camposanto viene scelta il più vicino possibile alla Ca’ Granda, ma mantenendo comunque una distanza adeguata dallo stesso e dalle abitazioni milanesi. Per raggiungerlo viene costruito il Ponte dell’Ospedale, che scavalcava il naviglio interno e viene tracciata la Strada di San Barnaba, una via che connette direttamente Ospedale e sepolcreto. I lavori per il cimitero, che prende il nome di Nuovi Sepolcri (ma comunemente chiamato dai milanesi “Foppone dell’Ospedale”, da “Foppa” significante “Fossa”), iniziano nel 1695 e già nel 1697 iniziano le prime tumulazioni. Nel 1713 Francesco Croce progetta la chiesa centrale, dedicata a an Michele, mentre nel 1719 partono i lavori per erigere il grande porticato
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sempre su disegno di Croce, ampliamento dovuto al fatto che gli spazi iniziano nuovamente a scarseggiare. La Rotonda, oggi detta di via Besana, funziona fino all1792, accogliendo all’anno una media di 1500 morti, per un totale approssimativo di ben 126.000 sepolture. Nel 1807 viene proposto un progetto per trasformarla in Pantheon del Regno d’Italia
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(di cui Milano era capitale) ma viene presto accantonato. La Rotonda fu di volta in volta caserma, fienile, cronicario, lavanderia dell’ospedale fino al totale degrado nel 1940. Solo nel 1958 viene acquistata dal Comune di Milano, ristrutturata e adibita a spazio verde pubblico e spazio espositivo per mostre temporanee.
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I CIMITERI TARDO SETTECENTESCHI INTRODUZIONE
Nella seconda metà del Settecento, a causa del notevole aumento demografico nasce una nuova volontà di governo di gestire le problematiche legate al servizio mortuario. Nel 1768 un editto proclama: “Si ripristini, per quanto sarà praticabile per maggior decenza delle chiese, l’uso di seppellire i morti fuori delle chiese, disponendo a questo effetto il cimitero in sito aperto e lontano dall’abitato”. Solo nel 1785 si scelgono però i terreni dove si stabiliranno i cinque nuovi camposanti, dopo
aver abbandonato l’idea di attivare un cimitero unico nel Lazzaretto. Una volta attivati i nuovi cimiteri, comincia gradualmente lo svuotamento e la chiusura dei sepolcri esistenti nelle chiese e nei chiostri con il trasporto delle spoglie nei vecchi ossari. Non cessano però le sepolture in chiesa, tanto che un decreto consolare del 1804 ne ribadisce il divieto e lo svuotamento procede molto lentamente, protraendosi ancora per quasi mezzo secolo.
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CIMITERO DI SAN ROCCO
Chiusa la Rotonda di San Michele l’Ospedale Maggiore acquista nel 1783 due lotti di terreno fuori Porta Romana, a sinistra dell’attuale corso Lodi. Il nuovo cimitero fu detto di San Rocco, e con il trascorrere degli anni viene abbellito con la costruzione di alcune cappelle e da altri lavori di semplice architettura, relativi alla cinta muraria e ai locali di servizio. A causa del suo utilizzo anche da parte del Comune dei Corpi Santi, presto il cimitero di San Rocco diventa insufficiente, anche perché viene rimpicciolito al fine di agevo-
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lare il passaggio della nuova strada di circonvallazione, tracciata tra le porte Romana e Ticinese. Viene quindi chiuso nel 1826. Trovano comunque sepoltura, durante le Cinque giornate del 1848, alcuni soldati austriaci uccisi in uno scontro avvenuto poco distante. Nel 1875 venono sollecitati i lavori di bonifica dell’area: si traslano, quando possibile, i cadaveri nel nuovo cimitero di Musocco, e vengono recuperati i monumenti e le lapidi in buone condizioni.
CIMITERO DEL GENTILINO
In quegli anni vicino a tutte le principali porte della città si trova una chiesa dedicata a San Rocco, perchè i cittadini, afflitti in continuazione dalla peste, speravano di tenerla lontana grazie alla benevolenza del Santo. Dei cinque nuovi cimiteri costruiti durane il riordinamento nella parte urbana, detti anche Lazzeretti per avere servito come camposanto per i morti nelle precedenti epidemie di peste, quello di San Rocco al Gentilino è il più vecchio (in esso ebbero sepoltura le vittime della peste del 1524 e del 1576). Il nuovo cimitero, aperto al servizio nel 1787, non è altro che la riqualifica e l’espansione dell’antico cimitero. Di forma rettangolare, viene recintato di un muro e chiuso da un cancello. Viene allestito in fretta e con poca spesa; l’unico ornamento interno era una grande croce in legno. La costruzione in economia costringe la municipalità ad intervenire diverse volte negli anni successivi con inter-
venti di manutenzione straordinaria. Vengono eseguiti lavori di miglioria nel 1810, poi nel 1813 e nel 1815. Solo nel 1820 si inizia a ingentilire il camposanto con la costruzione in stile uniforme di sedici cappelle per sepolture di famiglia e ordini religiosi. Dieci anni dopo viene ristrutturata anche la chiesa annessa, mentre per il miglioramento del cimitero il comune appalta diversi lavori, che durano ininterrottamente dal 1833 al 1842. Nella seconda metà del 1800 iniziano però delle chiusure temporanee per varie ragioni: lo scoppio di un’epidemia di colera (1867), tentativi di concentrare i diversi cimiteri di Milano in quello di Porta Vittoria e nel Monumentale (1828), le lamentele degli inquilini delle abitazioni limitrofe (1875), una nuova epidemia di vaiolo (1888-89). Il cimitero cessa definitivamente ogni inumazione il 22 Ottobre 1895 con il trasporto dei morti nel nuovissimo camposanto a Musocco.
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CIMITERO DI SAN GREGORIO
Aperto nel 1787, grazie alla riorganizzazione e all’ampliamento del vecchio camposanto dove ebbero sepoltura molti dei morti della peste del 1630, il nuovo cimitero si estendeva dietro il Lazzaretto, avendo l’entrata su via San Gregorio ed estendendosi fino all’odierna via Boscovich. Anche in questo caso i lavori vengono realizzati in grande economia di tempo e di denaro, tanto da rendere necessari negli anni seguenti il susseguirsi di lavori di consolidamento soprattutto della precaria cinta muraria (nel 1815 a causa di un forte vento ne crollarono 26 metri, nel 1826 ne crollarono 22 senza le sollecitazioni del vento). La cinta viene così ricostruita integralmente, poco alla volta, parallelamente ai lavori di miglioria
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come il suo innalzamento a quasi 4 metri per potere ospitare un maggior numero di lapidi. Nel 1866, quando iniziano le inumazioni nel Cimitero Monumentale, che ai tempi si credeva potesse ospitare tutti i morti della città, il cimitero di San Gregorio viene adibito alla sepoltura dei morti dei soli Corpi Santi finchè, risultato il Monumentale insufficiente al bisogno, viene riaperto nel 1875. Chiuso definitivamente il 31 agosto 1883, viene svuotato a partire dal 1893 (dieci anni dopo la dimissione, come da regolamento di Sanità Pubblica) e la sua area viene destinata alla costruzione di nuovi edifici e vie pubbliche.
CIMITERO DI SAN GIOVANNINO ALLA PAGLIA
Il cimitero di San Giovannino si trovava sulla sinistra uscendo dalla porta Vercellina, e quando questa viene rinominata porta Magenta anche il camposanto prende quel nome, rimanendone legato fino alla chiusura. Anche in questo caso si tratta dell’ampliamento e della riorganizzazione di un piccolo cimitero preesistente, avvenuta nel 1787. Al contrario dei precedenti però il camposanto di Porta Magenta non viene costruito in economia, infatti non vengono praticati interventi di riparazione prima del 1815 (e anche in quel caso furono lavori di poco conto). Aveva però il difetto di essere sottodimensionato
rispetto la popolazione in costante aumento (misurava una superficie di 18,8 pertiche, ovvero circa 12.000 metri quadrati), tanto che nel 1825 viene approvato il suo ingrandimento. Il cimitero continua a funzionare senza interruzioni fino al 1868, quando come quello di San Gregorio viene destinato ad accogliere solo i morti del comune dei Corpi Santi. E come nel caso di San Gregorio viene riaperto nel 1975 e rimane attivo fino al 1895, quando i morti li destinati iniziarono ad essere trasportati al Musocco.
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CIMITERO DELLA MOIAZZA
Posto fuori porta Comasina (oggi porta Garibaldi), il cimitero della Moiazza nasce per ricevere le ossa esumate dai sepolcri all’interno delle chiese e nel loro perimetro esterno. Il suo nome lo prende dal luogo dove sorge detto appunto “Muiazza” per via del terreno paludoso dovuto ad un avvallamento che causa lo stagnarsi delle acque. Anche questo si inserisce su un camposanto pre-esitente, la cui origine risale al 1686, quando viene posta la prima pietra e il suo terreno recintato da un muro, e successivamente ampliato con l’acquisto da parte del Comune di un appezzamento di terreno (posto a est dell’attuale Piazzale Lagosta) e la successiva costruzione di una cappella per le funzioni e il raccoglimento dei devoti.
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Le inumazioni iniziano nel 1787, in questo cimitero trovarono sepoltura, tra i tanti, Giuseppe Parini, seppellito in una fossa comune (citata anche da Foscolo nel carme “Dei Sepolcri”) nell’agosto del 1799, e il 20 aprile 1814 lo sfortunato ministro austriaco delle finanze, Giuseppe Prina, massacrato dal popolo durante la famosa rivolta contro le tasse austriache. Nel 1817 inzia a scarseggiare lo spazio, viene quindi ampliato e ristrutturato, con un ingresso più agevole e un abbellimento dei locali ad uso delle cerimonie religiose. Come i precedenti anch’esso viene chiuso in concomitanza all’apertura del Cimitero Monumentale, riaperto, e definitivamente soppresso il 22 ottobre 1895.
RIORDINAMENTO DEI CIMITERI SUBURBANI (CORPI SANTI)
Il Comune dei Corpi Santi, che si estendeva attorno alla città oltre il perimetro delle mura spagnole, nel 1786 procede contemporaneamente al Comune di Milano all’ordinamento dei suoi cimiteri, riorganizzandoli ed edificandone di nuovi. In quell’anno viene appaltata al capo-
mastro Pietro Solaro la costruzione di cinque nuovi camposanti, tutti frutto della stessa concezione architettonica: pianta quadrata o rettangolare, muro di cinta in mattoni, cancello di ingresso in ferro, cappella nel fondo e camera mortuaria.
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CIMITERO DI CALVAIRATE
CIMITERO DI MONULE’
Già dal 1576 era in funzione un piccolo cimitero presso una parrocchia dedicata a San Carlo. Le inumazioni nel nuovo cimitero iniziano nel 1787 ma già nel 1832 ha bisogno di essere ingrandito (da 317 metri quadrati a 495). Mancando ancora spazio il Comune dei Copri Santi propone un’ulteriore espansione, ma a causa di difficoltà nell’acquisto dei terreni limitrofi il progetto viene abbandonato. Viene fatta allora domanda al Comune di Milano di poter usufurire del cimitero di Porta Tosa. Accolta la domanda il cimitero di Calvairate smette di accogliere sepolture nel 1847 (salvo rarissime eccezioni).
Sorto nel 1787 nell’area dove già nel 1267 sorgevano una chiesa e il suo camposanto, il cimitero di Monluè ospita anche i corpi della popolazione di Lambrate, Casa Nuova, Morsenchio e Mezzate. Dal 1874 inizia ad ospitare solo quelli dei Corpi Santi e nel 1885 cessa del tutto di accogliere le inumazioni.
CIMITERO DI GRATOSOGLIO
Questo cimitero nasce nel 1787 presso un terreno consacrato che ospitava inumazioni già nel XII secolo. Viene sancita la sua espansione nel 1876, ma problemi tecnici e igienici ne impediscono sia l’ampliamento che la stessa attività. Il cimitero però serve anche per i morti di Assago e Quintosole e con la sua chiusura le sepolture vengono dirottate verso il milanese cimitero del Gentilino, la popolazione inizia a lamentarsi per la scomodità di dovere trasportare i propri morti fino al
cimitero di porta Ticinese (distante cinque chilometri). Nel 1884 vengono finalmente accolte le proteste ed il comune di Milano ne decreta la riapertura provvisoria, proponendo anche un progetto di ampliamento. Ma anche questo progetto non riesce ad andare in porto; il cimitero rimane invariato e viene riaperto per i soli abitanti di Gratsoglio fino a quando non viene chiuso definitivamente, il 2 aprile 1897.
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CIMITERO DEI TRE RONCHETTI
CIMITERO DELLA BARONA
Costruito come gli altri nel 1786, il Cimitero di Tre Ronchetti ha ancora più breve attività; trovandosi in una depressione del terreno sorgono subito problemi con il fatto che l’acqua, a poca profondità compromette la giusta decomposizione dei cadaveri (e ne viene inquinata). Viene quindi soppresso nel 1842 e il suo terreno ceduto all’Opera pia degli Asili Infantili Suburbani per erigervi un edifico a scopo di beneficenza. Prima di sopprimerlo vengono però avviate le pratiche per la costruzione di quello in sostituzione.
Situato tra il Naviglio Grande e quello di Pavia, risale al 1786. Precedentemente serviva da cimitero la parrocchia di San Carlo , dove i cadaveri dei parrocchiani venivano deposti nell’ossario interno alla chiesa. Nel 1830 vengono praticate diverse riparazioni e migliorie e nel 1836, causa l’aumento della popolazione, si inizia a studiare un progetto di ampliamento. Questo viene deliberato nel 1841, e va ad aumentare la superficie del camposanto di 500 metri quadrati. Nel corso degli anni vengono praticati alcuni interventi di manutenzione, fino al 1873 quando divenuto nuovamente insufficiente si pensa di ingrandirlo. Due anni dopo la Giunta Municipale decide invece di sospendere ogni inumazione, dirottando il seppellimento dei morti della Barona al Cimitero del Gentilino.
SEPOLTURE SPECIALI ACATTOLICI
Dei piccoli spazi destinati alla sepoltura degli acattolici esistevano forse in più di un cimitero; ma per la maggior parte venivano inumati in quello di San Gregorio, fuori dall’attuale porta Venezia, in una striscia di terra sulla sinistra dell’ingresso. Quando poi viene attivato il Cimitero Monumentale, iniziano ad essere sepolti nel reparto ad uso di tutti i cristiani non cattolici.
SUICIDI
I suicidi venivano sepolti in un lembo di terra confinate con il cimitero di San Gregorio; per loro era proibita ogni funzione e cerimonia. Questo trattamento sparisce quando, nel 1876, entrano in vigore a Milano i nuovi regolamenti per i funerali civili. I suicidi all’epoca non erano molti, dai Dati Statistici municipali si evince però che aumentano verso la fine del XIX secolo, dai 29 del 1870, ai 54 del 1880, ai 88 del 1890, ai 99 del 1899.
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ISRAELITI
A Milano esisteva una sinagoga fin dai tempi di Sant’Ambrogio. Giovanni Galeazzo Visconti con un decreto nel 1387 concede ad alcuni ebrei di venire ad abitare a Milano e ne suo territorio, con diritto di avere una sinagoga in città, lo stesso Francesco Sforza in una lettera prende le loro parti, proteggendoli. Se quindi Milano accoglieva gli israeliti doveva anche avere un cimitero per seppellirvi i loro morti, ma dove fosse questo cimitero in origine non siamo in grado di saperlo. Il primo di cui si ha notizia si trovava fuori porta Tenaglia, in un edificio di Via Bramante. Altro campo di inumazione era un pezzo di giardino del Luogo pio di Loreto, anche se si trattava sostanzialmente di una semplice tomba di famiglia.
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Un vero e proprio cimitero ebreo sorge nel 1808 a ovest di quello di porta Vercellina. Le inumazioni li iniziano nel 1809 e proseguono fino al 1838, anno in cui viene allargato tramite l’incorporazione di un altro terreno. Nonostante l’ampliamento esaurisce comune lo spazio e le sepolture degli ebrei vengono attivate a partire dal 1870 nel reparto loro dedicato al Cimitero Monumentale. Occasionali inumazioni continuano comunque nel cimitero di porta Vercellina fino almeno al 1885. Alla fine dell’800, mancando di nuovo spazio nel cimitero Monumentale, gli ebrei che non hanno sepoltura privata o speciale vengono inumati nel camposanto del Musocco in modo che, come da loro usanze, non siano più manomessi.
CONDANNATI ALLA PENA DI MORTE
I morti per estremo supplizio venivano in parte sepolti nel luogo di esecuzione delle sentenze; tra il 1471 e il 1783 se si trattava di milanesi esse venivano eseguite “sulla piazza del Duomo e nel Broletto, compresi quelli condannati per eresia e stregoneria che abbruciavansi[...] I soldati
giustiziavansi nel Lazzaretto, e il luogo solito di esecuzione peri nobili era sul corso di porta Tosa�. In alcuni casi invece i giustiziati venivano sepolti addirittura in chiesa, anche se questa pratica viene proibita con una legge nel 1780.
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CIMITERI OTTOCENTESCHI QUADRO GENERALE
A Milano il XVIII secolo è un momento cruciale per la storia dei cimiteri. L’estensione a tutta l’Italia del decreto napoleonico del 1804 proibisce definitivamente le sepolture in chiesa e stabilisce diverse norme igieniche e di progettazione, crea decise proteste contro il carattere troppo spoglio ed essenziale dei “nuovi cimiteri” oltre che la richiesta di spazi più simili a dei giardini. Dal punto di vista architettonico, si cerca quindi un compromesso tra le tendenze neoclassiche e le forme del camposanto medievale. Alle grandi mura vengono preferite le più leggere cancellate, e al posto di salici e dei pioppi francesi si piantarono dei sempre verdi. Nel 1819 l’Accademia di Brera ban-
disce un concorso, vinto da Francesco Durelli, per la costruzione di un nuovo, più grande camposanto. Sia i progetti di Cagnola che quelli di Durelli e di Luigi Voghera (che nel 1821 costruì il cimitero di Cremona) possono esser accostati a quelli degli architetti francesi come Ledoux e Boullé. Nella seconda metà del secolo vengono edificati i due principali cimiteri della città, ovvero il Cimitero Monumentale e il Cimitero di Musocco (detto semplicemente Cimitero Maggiore a partire dal 900). Il Cimitero Monumentale in particolare, riscuoterà grande approvazione e successo e diventerà il modello adottato da tutti gli altri cimiteri costruiti in Italia nella seconda metà del secolo.
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CIMITERO DI PORTA VITTORIA
La generale carenza di spazi nei camposanti urbani obbliga la città ad attivarsi per ampliare i cimiteri esistenti o crearne di nuovi. La municipalità continua ad essere indecisa tra le due opzioni. A sbloccare la situazione è il ritrovamento di un terreno in cui l’acqua si trova ad una maggiore profondità rispetto la media. L’area di 55.000 metri quadri situata fuori porta Tosa, viene così acquistata nel 1826 dal Comune, con l’intento di raccogliere, oltre che i morti dei quartieri delle
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limitrofe porte Romana e Ticinese, anche tutti quelli provenienti dall’Ospedale Maggiore. I lavori iniziano in gran fretta e già il 1 gennaio 1827 cominciano le inumazioni.Negli anni seguenti si sussegono lavori di manutenzione e di ammodernamento dei locali (come quelli nel 1864 per adeguare la sala delle autopsie ai progressi scientifici raggiunti). Anche questo cimitero, detto dal 1848 di porta Vittoria, viene chiuso alle inumazioni il 30 giugno 1896.
CIMITERO MONUMENTALE
Già nel 1822 il Municipio, costretto a provvedere alla grave carenza di spazio nei cimiteri, inizia ad occuparsi di un progetto con la volontà di creare un nuovo camposanto in grado di rispondere a precisi canoni artistici ed estetici, un cimitero votato anche al collocamento di monumenti e a rappresentare il volto della Milano moderna. La decisione definitiva di creare in nuovo cimitero che servisse l’intera città di Milano arriva solo nel 1829, ma si deve attendere il 1838 per il bando di concorso. La richiesta era la presentazione di un progetto per un cimitero monumentale esteso su un’area di 55.200 mq e con una spesa massima di un milione e trecentomila lire. La commissione esaminatrice non riesce a eleggere alcun vincitore tra i progetti pervenuti, giudicandoli tutti non soddisfacenti. Viene così predisposta una rosa di
architetti per la presentazione di un uovo progetto, e su tutti si impone (nonostante fosse decisamente più oneroso, con i suoi tre milioni di lire) l’elaborato dall’architetto Aluisetti. Altri inconvenienti allungano le tempistiche per la scelta e l’acquisto dell’area, inoltre nel 1848 Aluisetti viene colto da un malore che lo conduce ben presto alla morte. La svolta si ha nel 1847 quando il consiglio annulla la precedente votazione autorizzando un nuovo progetto. Viene quindi scelta l’area dei Corpi Santi ubicata dietro porta Tenaglia ma il tutto subisce un ulteriore arresto dovuto ai moti unitari. Solo ad Italia fatta si ritorna sulla questione del progetto per il Monumentale, con a presentazione di un nuovo concorso di idee per ottenere un più moderno insieme architettonico. Il concorso va di nuovo per le lunghe
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ma alla fine la commissione esaminatrice nomina vincitore l’elaborato dell’architetto Carlo Maciachini. Insorgono nuovi intoppi riguardanti il sito scelto per la costruzione: alcuno esperti infatti prospettano per quella zona un grande sviluppo cittadino e ferroviario. La cosa è ritenuta improbabile e il lotto viene vincolato ad area cimiteriale. Inizia così la seri di acquisti dai privati, in modo da ottenere tutti i terreni necessari per raggiungere la metratura di progetto stabilita, ovvero 172.000 metri quadrati. La proposta di Maciachini viene approvata perché essa si sarebbe potuta realizzare progressivamente, costruendone una prima parte, già utilizzabile, ma potendovi aggiungere nel corso degli anni, padiglioni e sezioni nuove senza spese spropositate e senza rivedere l’impianto generale.
Questo è reso possibile dall’idea dell’architetto di erigere un nucleo centrale (che all’inizio era una Chiesa, e poi fu trasformato in Famedio) al quale si potessero aggiungere man mano le altre costruzioni. I moduli aggiunti sono le “edicole”, costruite sul modello della Chiesa-Famedio, e ispirate ai battisteri lombardi romano-gotici. Fulcro centrale e edicole laterali vengono collegate tra loro da logge, gallerie e portici. La costruzione inizia nel 1863: il progetto comprende la creazione di un viale alberato come maestoso ingresso al nuovo camposanto (l’attuale viale Ceresio). Lo stile è eclettico e alcuni lo definicono “stile lombardo moderno”, anche se l’utilizzo di marmi e materiali di diversi colori e soprattutto la bicromia bianco-nera porta anche a definirlo più legato alla tradizione medievale.
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Il cimitero viene consacrato e aperto il 2 novembre 1866. L’area cresce nel corso degli anni, in base alle esigenze e soprattutto ai fondi disponibili. Vengono in seguito aggiunti anche ossari per i defunti riesumati dai vari cimiteri milanesi soppressi. Nel 1869 viene ideata la costruzione di un “tempio” speciale dedicato ad onorare i milanesi più illustri: il Famedio, inaugurato il 5 giugno 1887. Questo pantheon degli uomini illustri a pianta a croce greca e sormontato da una cupola ottagonale accoglierà negli anni diversi monumenti funebri realizzati da importanti artisti e architetti. Negli anni vengono costruite architetture con una grandissima varietà di stili: dalle edicole neoclassiche, neorinascimentali, bizantine e goti-
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che tipiche dell’Ottocento, si passa al periodo Liberty degli anni Dieci, in cui la costruzione di edicole e cappelle tende a diminuire in favore di più modeste tombe. Negli anni Trenta e Quaranta si ha la parentesi razionalista, mente nel secondo dopoguerra l’archiettettura funeraria si interessa meno al dibattito architettonico e recupera uno stile Novecento rivisietato fatto di archi a tutto sesto, timpani e imponenti architravi. Tra i vari nomi di architetti che operano al Monumentale ricordiamo: Camillo Boito, Luca Beltrami, Gaetano Moretti, Cesare Nava, Luigi Conconi, Giuseppe Sommaruga, Piero Portaluppi, Giò Ponti, BBPR, Luigi Figini, Gino Pollini.
CIMITERO MAGGIORE
Verso la fine dell’Ottocento, il cimitero Monumentale risulta essere del tutto insufficiente alle necessità di una Milano in grandissima espansione territoriale e demografica, vengono perciò riaperti quelli soppressi nel 1868. Ma questo non porta alla soluzione del problema, i cimiteri riaperti sono spesso già stracolmi e pericolosamente circondati dal nuovo tessuto urbano. Si decide così di edificare un altro cimitero, in una zona più periferica, vicino alla certosa di Garegnano, situata presso l’abitato di Musocco. Le difficoltà da superare non sono poche, uno studio di un medico dell’epoca sostiene che i grandi comuni debbano essere forniti di più cimiteri di media grandezza piuttosto che di uno di grandi dimensioni, per non accumulare in un unico luogo “troppe materie putrescibili”. C’è chi appoggia la causa dell’amplia-
re i cimiteri esistenti, per rendere più comoda la fruizione e ridurre l’entità degli spostamenti dei cadaveri (che in caso di epidemia avrebbe significato maggiore rischio di contagio). Altri sostengono che la lontananza di un cimitero unico non avrebbe permesso a tutti di accompagnare i propri defunti fino alla sepoltura, ledendo così il sentimento dei più ed accentuando la disparità di trattamento tra ricchi e poveri. Si fanno discussioni sul posizionamento del cimitero rispetto alla città in base ai venti, in modo che questi passassero prima sulla città e poi sul camposanto. Avanzate da alcuni rimostranze circa la scelta dell’aerea, la Giunta, pressata dalla situazione igienico-sanitaria ormai al limite del collasso, fa eseguire carotaggi di terreno in diverse zone della periferia cittadi-
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na, compresa la brughiera di Senago e i boschi di Somma Lombardo. È infatti necessario valutare la stratigrafia del terreno oltre che la profondità della falda acquifera (e quindi la possibilità o meno che i terreni si trasformassero in acquitrini in casi di stagioni molto piovose). Dallo studio emerge la bontà della conformazione del territorio di Musocco ed Uniti: terreno asciutto, di natura calcareo-siliceo, quattro metri sopra le sorgenti, idoneo all’assimilazione delle decomposizioni organiche. Sorge di nuovo il dibattito se avere un nuovo unico enorme cimitero, o di averne alcuni di dimensioni più modeste. È la commissione d’igiene a far pendere l’ago della bilancia verso la realizzazione di un unico grande camposanto. Superati gli ultimi intoppi ammini-
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strativi legati al fatto che si doveva costruire il cimitero di Milano in un altro comune (appunto, Musocco), si iniziano i lavori. Il lotto dista 750 metri da Musocco e 4.600 dal Monumentale (al quale viene collegato tramite una linea ferroviaria). Il nuovissimo camposanto ha forma rettangolare, ha una superficie di 400.000 metri quadri divisa in 64 grandi campi, suddivisibili in 256 campi minori. All’esterno è cinto da un muro alto quattro metri circondato a sua volta da un fossato che devia le sottocorrenti preservando il campo stesso dalle travenazioni. La spesa per i lavori nel 1986 aveva quasi raggiunto i 4.000.000 di lire. Le inumazioni iniziano il 23 ottobre 1895, in poco più di quattro anni vengono sepolte oltre 30.000 salme.
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PATRIMONIO CULTURALE CASI STUDIO TIMELINE G. Asplund, S. Lewerentz, Skogskyrkogården,1917-1940 Carlo Scarpa, Tomba Brion,1970-1978 Aldo Rossi, Cimitero di San Cataldo, 1971-1978 David Chipperfield, Ampliamento del Cimitero di San Michele,1998Enric Miralles, Carme Pinòs, Igualada Cemetery,1985-1994 Amoretti, Calvi, Ramalli, Ampliamento del Cimitero di Santo Stefano, 2003-2006 Studio Zermani e associati, Cimitero di Sansepolcro, 2012 Bernardo Bader, Islamic Cemetery,2012 HGA Architects and Engineers, Lakewood Cemetery Garden Mausoleum, 2012
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SKOGSKYRKOGÅRDEN GUNNAR ASPLUND, SIGURD LEWERENTZ
ENSKEDE, STOCKHOLM LOCALIZZAZIONE
1917-1940 ANNO DI COSTRUZIONE
96.000 m2 SUPERFICIE
Lo Skogskyrkogården, situato nella parte meridionale della città di Stoccolma è uno dei più interessanti esempi di progettazione di cimiteri dei primi anni del XX secolo. In esso si fondono vegetazione ed elementi architettonici, sfruttando le irregolarità del sito in modo da creare un paesaggio che si adatta perfettamente alla sua funzione. Nel 1919, il Comune di Stoccolma acquista un tratto di ex cave ricoperto di boschi di pini con l’intento di costruire un nuovo cimitero. Viene
bandito un concorso internazionale, vinto da due architetti svedesi di 30 anni, Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz. I lavori iniziano nel 1917 e la consacrazione del cimitero ha luogo nel 1920. Altri edifici e cappelle vengono progettati dalla coppia ed aggiunti fino al 1940. A differenza di molti cimiteri suoi contemporanei, che ricordano giardini inglesi perfettamente curati, il cimitero di Asplund e Lewerentz segue un immaginario più primitivo: la creazione di sentieri, serpeggianti at-
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traverso il bosco è minima; le tombe ed i monumenti sono disposti liberamente, senza seuire allineamenti o regole precise, all’interno della foresta. I due giovani architetti svedesi non si inspirano ad architetture “alte” o alla classica progettazione paesaggistica, ma piuttosto agli antichi archetipi funebri nordici. Skogskyrkogården risulta quindi essere un eccezionale esempio del concetto di architettura del XX secolo integrata completamente nell’ambiente. Le cappelle, come d’altronde anche gli altri edifici, perderebbero gran parte del loro significato e del loro senso se venissero astratte dall’ambiente per cui sono state concepiti. La Cappella Woodland è intimamente integrata
e legata al bosco, mentre l’impatto visivo del gruppo delle altre cappelle viene accentuato usando il paesaggio come sfondo scenico. In entrambi i casi, l’architettura riesce comunque a mantenere grande austerità (come è richiesto dalla sua funzione) e non entra mai in competizione con il paesaggio. Il modo in cui Asplund e Lewerentz sono riusciti ad integrare la natura con i loro valori architettonici ha conferito a questo cimitero un valore eccezionale. Considerato uno dei più alti esempi di progettazione cimiteriale, Skogskyrkogården ha avuto negli anni un’enorme influenza sul modo di concepire e costruire i cimiteri in molti altri paesi del mondo.
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TOMBA BRION CARLO SCARPA
SAN VITO (TV) LOCALIZZAZIONE
1970-1978 ANNO DI COSTRUZIONE
2.200 m2 SUPERFICIE
Il complesso funebre monumentale “Brion”, a San Vito di Altivole, viene commissionato a Carlo Scarpa da Onorina Brion Tomasin in memoria dell’amato coniuge Giuseppe Brion, prematuramente scomparso. Brion era stato un industriale notissimo per il marchio Brionvega, faro del design Made in Italy per l’industria degli apparecchi radiofonici e televisivi degli anni ‘60 e ‘70. La tomba viene commissionata a Scarpa nel 1969, che ci lavora fino al 1978, anno della sua morte. Lo stesso
Scarpa viene sepolto in questo luogo, in una posizione appartata del complesso monumentale. Il progetto comprende diversi singoli monumenti funebri familiari, avvolti a forma di “L” attorno alla parete retrostante al vecchio cimitero del paese. Tra queste due aree vi è un varco formato da due grandi fori che richiamano le fedi nuziali intrecciate, oltre i quali sia accede alla zona con il prato e il laghetto. L’area su cui sorge la tomba Brion è popolata da numerose ed ampie
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aiuole prative, grandi vasche d’acqua che ammorbidiscono l’opprimente profusione di cemento armato, ingabbiato dalla nuda muraglia perimetrale, anch’essa di cemento armato. Tutti gli elementi connotano una grande ricerca formale e sugli elementi simbolici, con al centro l’acqua vista come fonte di vita. Nel cuore del sito si trovano le tombe degli sposi Brion. Il simbolismo richiama i concetti relativi all’amore coniugale e all’indissolubilità del legame amoroso: le due tombe sono inclinate l’una verso l’altra, a riflettendo il profondo legame emotivo che aveva caratterizzato la vita di Onorina e Giuseppe Brion. La materia stessa appare modellata dalla forza dei loro sentimenti. La pesantezza del nudo cemento, l’atmosfera grigia e la aspetto opprimen-
te degli edifici, simili a dei bunker militari, ci riportano costantemente alla gravità della condizione cimiteriale. Tuttavia, superato il trauma emotivo iniziale, l’animo può rasserenarsi tramite la contemplazione e la profonda meditazione, accarezzato da quelle vasche d’acqua, specchi di luce e di scampoli di cielo, cullato dal movimento appena percettibile dell’acqua nelle canalette, dalla lentissima evoluzione della vita delle ninfee e delle alghe. Così come l’acqua lega insieme i diversi percorsi all’interno del complesso, l’altro grande protagonista è il prato, che trasforma l’intero progetto in un giardino: un luogo dove potersi muovere, dove poter trovare nuove prospettive e nuovi sentieri, per pensare alla morte come a una naturale evoluzione della vita.
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CIMITERO DI SAN CATALDO ALDO ROSSI, GIANNI BRAGHIERI
MODENA LOCALIZZAZIONE
1971-1978 ANNO DI COSTRUZIONE
48.960 m2 SUPERFICIE
È il progetto vincitore del concorso nazionale del 1971 che aveva come tema l’ampliamento del vecchio cimitero neoclassico costruito da Cesare Costa tra il 1858 il 1876. Il progetto di Rossi del 1976 oggi rimane incompiuto poiché l’amministrazione prevede di realizzarlo in maniera programmatica. Nell’idea di Rossi l’inserimento nel grande cimitero preesistente avviene nell’ingrandimento del recinto perimetrale, senza lacerazione, ma con continuità della muratura esistente.
L’inserimento del portico avvenuto più tardi si presenta come una strada coperta di carattere urbano, che accoglie le attrezzature necessarie alla vita del cimitero; nella parte superiore si trovano una serie di loculi. La forma tipologica del cimitero è caratterizzata da percorsi rettilinei porticati; lungo lo sviluppo di questi sono ordinate le salme. I percorsi porticati sono perimetrali e centrali; essi si svolgono sia al piano terra sia ai piani superiori. Questi edifici sono costituiti principalmente da colom-
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bari. Al centro dell’area sono collocati altri colombari con successione regolare inscritta in un triangolo; questa spina centrale, o vertebra, si dilata verso la base e le braccia dell’ultimo corpo trasversale tendono a richiudersi. Alla estremità di questa spina centrale si trovano due elementi con una forma definita: un cubo e un cono. Nel cono e al di sotto di questo, si trova la fossa comune; nel cubo, il sacrario dei morti in guerra e gli ossari. Questi due elementi monumentali sono collegati alla spina centrale degli ossari mediante una configurazione osteologia. Solo il loro rapporto dimensionale è monumentale; qui monumentale significa il problema della descrizione del significato della morte e del ricordo. Questi elementi definiscono la spina centrale.
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La costruzione cubica con le sue finestre regolari ha la struttura di una casa senza piani e senza copertura, le finestre sono senza serramenti, tagli nel muro; essa è la casa dei morti, in architettura è una casa incompiuta e quindi abbandonata. Quest’opera, incompiuta e abbandonata, è analogica alla morte. Il cono che sovrasta la fossa comune come una larga ciminiera è unito al percorso centrale dalla spina dei colombari. L’unione avviene a due livelli; al livello superiore si accede a un ballatoio aereo. Questo ballatoio è legato al percorso dei colombari e ne costituisce come la conclusione. Dal pavimento di ingresso una serie di gradoni scende verso la pietra tombale che ricopre la fossa comune.
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AMPLIAMENTO CIMITERO DI SAN MICHELE DAVID CHIPPERFIELD
VENEZIA LOCALIZZAZIONE
1998 ANNO DI COSTRUZIONE
3.500 m2 SUPERFICIE
A seguito di un concorso internazionale, questa proposta per la riprogettazione del cimitero principale di Venezia è stata selezionata per sviluppare ed estendere l’isola di San Michele. Questo sito storico, situato nella laguna veneziana e che racchiude una chiesa e un convento del XV secolo, è stato in continuo sviluppo per oltre quattrocento anni, ma si è recentemente evoluto fino a un punto in cui l’immagine romantica della sua faccia esterna è in netto contrasto con il carattere “comunale” del suo
interno. Cercando di affrontare questo apparente squilibrio, la proposta ha cercato di ridefinire alcuni delle precedenti qualità fisiche del cimitero. Il progetto comprende due fasi: nella prima, l’attuale cimitero è completato attraverso la costruzione di una serie di nuovi cortili, un crematorio e una cappella. In contrasto con le file esistenti di tombe, lo schema proposto offre una nuova disposizione di edifici, muri, loculi e paesaggi. Piuttosto che distribuire i nuovi ele menti in modo lineare (che con la
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loro regolarità avrebbero creato uno schema rigido e ripetuto di muri e tombe) è stata sviluppata una struttura organizzativa che raggruppa i volumi per formare un maggiore senso di inclusione e recinzione. La seconda fase del progetto prevede la costruzione di una nuova isola, parallela al cimitero esistente ma separata da un canale largo 15 m. Questa nuova isola sarà caratterizzata da quattro edifici tombali, progettati
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come semplici blocchi scolpiti, insieme a una serie di giardini a livello dell’acqua. A differenza del resto di San Michele, costruito più in alto rispetto alla linea di galleggiamento e con il suo muro perimetrale, questa nuova isola cerca di creare un monumento più aperto e accessibile in modo da fornire un maggiore senso del luogo non solo per il cimitero ma per la laguna e Venezia nel suo insieme.
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IGUALADA CEMETERY ENRIC MIRALLES, CARME PINÓS
IGUALADA, BARCELLONA LOCALIZZAZIONE
1985-1994 ANNO DI COSTRUZIONE
15.900 m2 SUPERFICIE
Il cimitero di Igualada, progettato dall’architetto catalano Enric Miralles, sorge all’interno di un paesaggio desolato segnato dalla presenza di alcune fabbriche, nella zona industriale della cittadina di Igualada, a circa 70 km da Barcellona. La sua struttura si allontana radicalmente dai modelli tradizionali, sia per uso che per forma, e concretizza una nuova concezione di spazio cimiteriale, che da tomba diviene parco e luogo di meditazione. I temi attraverso i quali quest’opera
architettonica esprime la sua poetica sono molteplici, ed è sorprendente la maniera in cui essi siano strettamente correlati fra di loro: si affrontano in questo progetto argomenti come il rapporto uomo/natura, vita/morte, progetto/contesto, vecchio/nuovo, architettura/fruitore, e l’elemento che lega questi rapporti è il concetto del tempo. Il progetto, espressione dell’originalità creativa del progettista più che di una precisa corrente architettonica, è caratterizzato da un disegno dalle for
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me astratte che hanno però un forte significato simbolico. L’idea progettuale del cimitero è quella di una operazione in negativo, una sottrazione, più che di una costruzione: lo spazio è costituito da un taglio, uno squarcio nel terreno, la cui forma appare disegnata dalla topografia del luogo più che dalla mano dell’architetto; sembra che quest’ultimo si sia limitato a marcare dei segni gia’ presenti nel sito, e abbia preferito esprimere la sua creatività prevalentemente nei dettagli, come la scala che collega il pianterreno ai livelli superiori, i lucernai, la soluzione d’angolo della parete in calcestruzzo. In realtà, così come accade spesso nei progetti dell’architetto catalano, anche qui l’architettura non ha lo scopo tanto di trasformare, quanto di
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esplorare e scoprire, spesso sotto nuovi punti di vista o inedite prospettive, gli aspetti del sito. Il rapporto fra architettura e paesaggio, sempre presente nella metodologia progettuale di Miralles, e il tema più profondo del rapporto fra l’uomo e la natura sono, in questo progetto, due facce della stessa medaglia; il progetto è qui il mezzo attraverso cui si attua una riflessione esistenziale, l’architettura il mezzo attraverso il quale si cerca di ristabilire l’equilibrio tra l’uomo e la natura. Il cimitero nel suo complesso, così come si è detto, non è concepito come una tomba, bensì come un giardino sacro, luogo di pace, sereno seppur fortemente drammatico, un ventre materno, luogo sicuro e protettivo, capace di generare vita.
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AMPLIAMENTO CIMITERO DI SANTO STEFANO AMORETTI, CALVI, RAMALLI
SANTO STEFANO AL MARE (IM) LOCALIZZAZIONE
2003-2006 ANNO DI COSTRUZIONE
780 m2 SUPERFICIE
L’ampliamento occupa una fascia di terra stretta fra il muro del vecchio cimitero e la strada di lungomare. La quota del piano di calpestio (+5 m) è a un livello intermedio tra il livello del mare (0) e il livello del vecchio cimitero (+8 m). L’ingresso, a livello della strada di lungomare (+2 m), era stato costruito in precedenza. Il progetto è impostato in base al tipico ordinamento dei vecchi cimiteri presenti sul nostro territorio, dove le sepolture di forma rettangolare (tumuli di terra o lastre di pietra) sono dispo-
ste in serie sul terreno. Data la richiesta della pubblica amministrazione di edificare dei colombari, sono state estruse le superfici individuate nello schema planimetrico ricavando i volumi in cui inserire i loculi. I blocchi prismatici risultanti sono composti da setti portanti in calcestruzzo a cui sono agganciati i tamponamenti verticali e appoggiate le coperture in marmo bianco. L’insieme dell’ampliamento visto dal vecchio cimitero in posizione sopraelevata, è percepito come una distesa di lapidi di sepoltu-
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ra. A livello del piano di calpestio ci si muove avvertendo sempre la presenza del mare e del cimitero storico attraverso le visuali ricavate dagli spazi vuoti fra i blocchi di sepolture. Questo semplice schema ha offerto la possibilità di non costruire muri di recinzione; di concentrare in un unico elemento ripetuto diverse funzioni; di ricavare i percorsi e gli spazi necessari semplicemente muovendo
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dei solidi nello spazio; e di avere un controllo dimensionale durante l’esecuzione delle opere progettate con modulo di base di 30 cm. Il lavoro è stato eseguito rispettando l’esiguo finanziamento municipale, circa 250 €/mq. I costi contenuti permettono così all’amministrazione di dare le sepolture in concessione a un prezzo equo.
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CIMITERO DI SANSEPOLCRO STUDIO ZERMANI E ASSOCIATI
SANSEPOLCRO (AR) LOCALIZZAZIONE
2012 ANNO DI COSTRUZIONE
4.300 m2 SUPERFICIE
Il progetto dello Studio Zermani si trova a Sansepolcro, città nota nella storia cristiana per essere a metà strada tra Gerusalemme e Santiago di Compostela. Il nuovo cimitero si sviluppa su una maglia rettangolare comprendendo completamente sul fronte sud, parzialmente sul fronte nord, il cimitero esistente costruito, attraverso vari accrescimenti, fin dal 1800 ad oggi. Una maglia quadrata regola la disposizione dei nuovi corpi di fabbrica e dei campi di inumazione mentre il
corpo perimetrale, costituito da una gradonata in mattoni, si adatta agli andamenti altimetrici che variano, dal lato est al lato ovest, di circa 10 metri lineari, ma riporta il livello di sommità della muratura ad un’unica quota. Il cimitero appare come una sorta di basamento delle colline circostanti. Chi sta all’esterno vede il basamento sorreggere il paesaggio, chi sta all’interno vede il paesaggio e il cielo. Il nuovo cimitero si configura dunque come una sostruzione emersa di una grande architettura incompiuta,
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come un frammento di cinta muraria. L’interno è diviso in campi da una maglia quadrata costruita: nei corpi in elevazione sono collocati i loculi, che occupano anche una vasta parte della cinta perimetrale, disposti su quattro livelli in colombari con cornici in travertino. Nei campi sono collocate le sepolture a inumazione. Le coperture dei corpi costruiti sono raggiungibili e percorribili, determinando così un grande camminamento in quota dal quale osservare la città e il paesaggio. A questa quota è posto l’ossario, costituito da un grande corpo a croce, traslato rispetto agli
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andamenti ortogonali delle corti e dei campi e rispetto all’impianto perimetrale, direzionato con l’asse maggiore verso la Porta Fiorentina antico accesso alla città storica. La grande croce, passeggiata sospesa al cui interno sono depositate le ceneri, si affaccia in sommità al basamento perimetrale, verso la città, introducendo un percorso urbano preciso che indica il nuovo ingresso principale. Nel 2010 sono stati svolti lavori di ripavimentazione e collocamento scale nella zona di nuova edificazione nella parte nord del complesso cimiteriale.
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ISLAMIC CEMETERY BERNARDO BADER
ALTACH, AUSTRIA LOCALIZZAZIONE
2012 ANNO DI COSTRUZIONE
8.700 m2 SUPERFICIE
Selezionato tra i finalisti dell’Aga Khan Award for Architecture 2013, il cimitero islamico progettato dallo studio austriaco Bernardo Bader Architects di Altach, serve l’area di Vorarlberg, la regione occidentale più industrializzata dell’Austria, dove oltre l’otto per cento della popolazione è musulmana. L’ispirazione del progetto deriva da un’idea di giardino primordiale: incorniciato da pareti di cemento forate con motivo da paesaggio alpino, è composto da cinque recinzioni rettangolari sfalsate, che
contengono le tombe, e da una struttura che raggruppa le sale di riunione e le stanze per la preghiera. I principali materiali utilizzati sono cemento armato a vista per le pareti e legno di quercia per la decorazione della facciata d’ingresso e per gli interni dello spazio di preghiera. Il visitatore viene accolto e deve passare attraverso lo spazio di congregazione con il suo reticolo di legno decorato con schemi geometrici islamici. Lo spazio comprende le stanze per le abluzioni e le sale di raccolta che dà
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sul cortile. La sala di preghiera, sul lato opposto del cortile, riprende il pattern della parete, con decorazioni in calligrafia Cufica, in maglia metallica, sulla parete “qibla�, rivolta verso la Mecca. Gli spazi di sepoltura sono
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delimitati da pareti basse e formano stanze separate. Ognuno di essi è suddiviso in un’area dedicata alle inumazionei e in una piccola stanza con panca per sedersi per meditare.
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LAKEWOOD CEMETERY GARDEN MAUSOLEUM HGA ARCHITECTS AND ENGINEERS
MINNEAPOLIS, USA LOCALIZZAZIONE
2012 ANNO DI COSTRUZIONE
900.000 m2 SUPERFICIE
Sin dalla sua fondazione nel 1871, il Cimitero Lakewood è servito come luogo di sepoltura soprattutto per i cittadini illustri del Minnesota: pionieri locali, eroi, leader civili, industriali e mecenati. Si tratta di un cimitero privato circondato da oltre 250 ettari di paesaggio collinare e giardini impeccabilmente curati che confermano al Lakewood Cemetery una importanza storica pienamente vissuta. Diretto come un non-profit fin dal la sua apertura, pensato per essere un
ambiente tranquillo e bello, il cimitero è noto oltre che per il suo contesto mozzafiato anche perché è stato sviluppato come un cimitero “giardino” o “cimitero rurale”. Nel 2003 viene commissionato un nuovo progetto di espansione e creazione di un nuovo grande Mausoleo in grado di ospitare la sepoltura di oltre 10.000 persone. Oltre a questo edificio sono richieste anche una cappella, degli spazi di raccolta per i cari e un ridisegno dei quattro acri circostanti. Vince il bando lo studio HGA
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Architecs. Il risultato, completato nel 2012, è un paesaggio altamente integrato al parco, con tetti verdi, boschetti di alberi autoctoni, specchi d’acqua e spazi aperti per pratiche commemorative religiosi. L’edificio del Mausoleo, viene posizionato lungo il margine settentrionale del parco, per non intaccarne troppo profondamente la bellezza naturale. Inoltre, il suo posizionamento vicino all’entrata del complesso permette di evitare che il traffico
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da esso generato vada ad intaccare il paesaggio naturale originario. Con più di tre quarti dell’edificio inglobato nella collina esistente, il Mausoleo si fonde perfettamente con l’ambiente circostante: il tetto verde continuo che si estende sopra le camere di sepoltura diventa un Mausoleo-giardino che abbraccia il paesaggio, offrendo ai visitatori una esperienza interiore fortemente contemplativa ed emozionale.
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SPERIMENTAZIONI CONTEMPORANEE TIMELINE Arnaldo Pomodoro, Progetto per il nuovo Cimitero di Urbino,1973 Fredrik Thornstrom, The House of the Living,the House of the Dead, 2012 Alma Jacobson, Biomorphosis, 2013 Balan Andres Garcia, Tower for the Dead,2014 Kiyoshi Sey Takeyama, Shinjuku Rurikoin Byakurengedo,2014 Kimmel Eshkolot Architects, Spiralling memorial,2014
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PROGETTO PER IL NUOVO CIMITERO DI URBINO ARNALDO POMODORO
URBINO, ITALIA LOCALIZZAZIONE
1973 ANNO DI PROGETTAZIONE
SUPERFICIE
Nel 1964 il Comune di Urbino desidera ampliare sulla collina adiacente il cimitero di San Bernardino. Si tratta di un luogo particolarmente significativo per la città, perché ospita la chiesa costruita dall’architetto Francesco di Giorgio per i sepolcri del duca Federico da Montefeltro e della moglie accanto alla quale si è poi andata sviluppando la necropoli ottocentesca. Al bando di concorso, pubblicato quasi dieci anni dopo (1973), partecipano sei elaborati. Vince la soluzione presentata dagli
architetti Carlo Trevisi, Lorenzino Cremonini, Marco Rossi, Tullio Zini e dallo scultore Arnaldo Pomodoro, coadiuvati dallo psicologo Paolo Bonaiuto. L’idea centrale è quella del ritorno alla terra. Il progetto prevede l’incisione nella collina di una grande croce dai contorni sfumati sul terreno. Per lo scultore marchigiano si tratta di un ritorno alle origini: la sua opera riproduce, in fondo, l’Appennino che, dilavato ed eroso dagli agenti atmosferici, si spacca mettendo a
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nudo una trama interna di stratificazioni tormentate. I percorsi interrati, realizzati in cemento colorato, raggiungono una profonditĂ massima di cinque metri, per mantenerli esposti alla luce e al sole. La sepoltura avviene in loculi, tutti uguali fra loro: sono esplicitamente vietate cappelle private ed edicole. I fiori vengono lasciati direttamente sulla pietra o coltivati nel terreno. Una serie di rampe collega i percorsi interrati alla superficie della collina, trasformata in un parco aperto alla frequentazione della gente.
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Quello che i progettisti desiderano creare è un ambiente sereno, fatto per i vivi: un luogo di pace e di silenzio interiore. Il progetto supera la concezione tradizionale del cimitero, per collegarsi a modelli di culto piÚ remoti: alle tombe rupestri, alle catacombe paleocristiane, all’etrusca Strada dei Morti. Stabilita la localizzazione, vinto il concorso, stanziati i fondi, la realizzazione sembra imminente. Il progetto viene invece sepolto sotto una valanga di critiche che prima ne rinviano la realizzazione e poi la bloccano definitivamente.
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THE HOUSE OF THE LIVING, THE HOUSE OF THE DEAD FREDRIK THORNSTRÖM
MALMÖ, SVEZIA LOCALIZZAZIONE
2012 ANNO DI PROGETTAZIONE
SUPERFICIE
Thornström e Pajnowska hanno sviluppato il concetto di The House of the Living e The House of the Dead come parte del loro master all’Università di Lund. Questo progetto prevede il rinnovamento e il riutilizzo adattivo di due silos di cemento nella zona portuale di Nyhamnen. Il primo dei due edifici cilindrici viene trasformato in un crematorio e un colombario, una “casa per i morti”, mentre il secondo diventa un complesso residenziale, una “casa per i vivi”. Ai silos dedicati al blocco abitativo vengono
aggiunti isolamento e rivestimento adeguati lo rendono adatto all’abitazione. Un parco con una fitta piantumazione progettata per assomigliare ad una foresta collega i due blocchi. Nel blocco di cremazione, i silos scavati fornirebbero un’alta sala da cerimonia e un cimitero verticale dove le urne funerarie vengono collocate in piccole nicchie rettangolari nelle pareti. Ogni urna ha il suo scaffale individuale, candela e pianta sempreverde.
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BIOMORPHOSIS ALMA JACOBSON
SYDNEY, AUSTRALIA LOCALIZZAZIONE
2013 ANNO DI PROGETTAZIONE
SUPERFICIE
Nel saggio di Michel Focault “Des Espaes Autres” il termine “heterotropia” viene usato per identificare gli spazi particolari, definiti da un sistema sociale ambiguo, caratterizzato da molteplici usi e realtà in contrasto e tensione fra loro. Si tratta di spazi complessi, in cui le pratiche sociali e fisiche sono strettamente legate ed integrate fra di loro; inoltre secondo Focault essi si relazionano con gli altri spazi in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire il sistema di relazioni che li caratterizzano.
Il crematorio è un caso esemplare di spazio in cui si incontrano simili situazioni di sospensione, neutralizzazione e inversione. Il progetto è una sperimentazione sul tema dell’ospitare e conservare i corpi umani: un’indagine sulle tecniche e i meccanismi architettonici coinvolti in tale processo ed in particolare quelli dei processi di connessione. Questi temi sono il fulcro di questo progetto, mettendo in evidenza la natura in continua evoluzione della vita, della morte e delle modalità secondo cui questi processi possono es
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sere utilizzati e fatti nuovi all’interno di un sistema più grande. Lo scopo ultimo del progetto è quello di introdurre una nuova, innovativa, tipologia di cremazione attraverso la biomorfosi e processo costruttivo, incorporando elementi della naturale trasformazione che avviene nella vita, andando a concretizzarsi nella progettazione di un nuovo crematorio biomorfico sull’isola di Fort Denison all’interno della baia di Sydney. Resta costante il tema del flusso, della continua trasformazione ed evoluzione costante dell’universo come forza motrice della nostra stessa esistenza. Il nuovo edificio vuole essere un monumento alla vita e alla morte, offendo una nuova modalità sostenibile e moderna secondo cui relazionarsi ad esse, fornendo al contempo una soluzione possibile alle generazioni future. Il crematorio sarà costruito in modo graduale secondo il ritmo
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specifico della vita e della morte. Tramite il processo ecosostenibile delle cementificazione, usando speciali batteri, ogni corpo cremato diventa quindi parte integrante della struttura costruita, prendendo la forma di effettivi mattoni, facendo “rinascere” il corpo come elemento di un nuovo sistema in una costante metamorfosi. Il processo della biomorfosi che permette al corpo di rinascere come parte di un nuovo sistema cambia l’intera modalità di approccio alla morte della società. Dai tempi antichi si è sempre affermato un “ritorno alla polvere”, ma con questo nuovo approccio si rivoluziona l’intero ciclo della morte, affermando che invece che essere sepolti sotto terra possiamo crescere verso il cielo e ed essere parte di qualcosa di più grande, diventando immortali nel sistema architettonico, diventando pietra invece che polvere.
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TOWER FOR THE DEAD BALAN ANDRÉS GARCÍA
MEXICO CITY, MESSICO LOCALIZZAZIONE
2014 ANNO DI PROGETTAZIONE
SUPERFICIE
Nei prossimi quattro decenni il numero di persone con più di 65 anni aumenterà di oltre tre volte nei paesi in via di sviluppo, raggiungendo 1,6 miliardi entro il 2050. D’altro canto, l’area edificabile di Città del Messico è estremamente scarsa e la crescita (molto limitata) è possibile solo verso la periferia della città, con la conseguente perdita di terreni agricoli e notevoli conseguenze ambientali. Questo progetto propone un cimitero sotterraneo verticale per Città del
Messico: una visione che prende in considerazione la sovrappopolazione, la scarsità di spazi e l’esperienza psicologica e sensoriale del lutto. La “Torre dei morti” permette ai membri della famiglia del defunto di rinascere, dopo un viaggio negli inferi, dove hanno appena seppellito la loro amata. La proposta è stata concepita come una vite di grandi dimensioni con muri di sostegno curvi e rampe con un enorme pozzo di luce che fornisce luce e ventilazione.
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SHINJUKU RURIKOIN BYAKURENGEDO KIYOSHI TAKEYAMA
TOKYO, GIAPPONE LOCALIZZAZIONE
2014 ANNO DI COSTRUZIONE
2.100 m2 SUPERFICIE
L’ultimo prototipo del tempio di 21° secolo (creato dall’architetto Kiyoshi Sey Takeyama di Amorphe) è senza dubbio il più all’avanguardia dei 18.000 più templi a livello nazionale appartenenti alla popolare setta del buddhismo giapponese Jodo Shinshu. Nascosto tra una blanda fila di torri per uffici e hotel, a soli tre minuti a piedi dall’uscita sud della stazione di Shinjuku (una delle più affollate del mondo) si trova Rurikoin Byakurengedo. Una rapida occhiata conferma che non si tratta di un tem-
pio ordinario: sembra librarsi come un’astronave, il suo corpo alto e rotondo ha bordi leggermente curvi, una base rastremata e una facciata di cemento bianca perforata da piccoli cerchi e rettangoli arrotondati per finestre. L’ iper-moderna ambientazione di Shinjuku non è un caso: i suoi committenti sperano che il tempio, che è aperto al pubblico e offre numerose attività comunitarie, attragga una nuova generazione di seguaci. La struttura futuristica si pone all’estremità opposta rispetto la tradizione
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architettonica dei templi giapponesi, caratterizzati dai lunghi tetti curvi e dall’abbondante uso del legno. Ci sono particolari, tuttavia, che sono profondamente radicati nelle tradizioni, quali l’inserimento di legno aromatico accanto al cemento, oltre che a motivi di design che si concentrano su acqua, suono e luce. Il suono dell’acqua accoglie i visitatori, scorrendo ipnoticamente sulla superficie in pietra a gradoni di una cascata inclinata di 6,6 metri di altezza che si estende sul lato dell’edificio. Le pareti interne sono disegnate dalle delicate venature del legno naturale da tavole di cedro impresse con cura sul cemento bianco, una caratteristica discreta che evoca il calore dei materiali dei templi tradizionali. Gli ascensori trasportano agevolmente i visitatori all’apice del quinto piano, sede di “Nyorai-do”, un’ac-
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cogliente sala per circa 80 persone che ospita cerimonie buddiste e concerti (un pianoforte a coda Bösendorfer nero si trova nell’angolo). Il muro è tagliato da fessure rettangolari molto sottili, una delle quali è posizionata con in modo da permettere al sole di illuminare direttamente il viso della statua di Buddha due volte l’anno alle 3 in punto degli equinozi di primavera e d’autunno. Ad un piano più in basso si trova “Ku-no-ma”, uno spazio di meditazione lungo, stretto e alto 10 metri ispirato al concetto buddista del vuoto, con pareti minimali di cemento inclinato e legno di cipresso stratificato, e un pezzo di cielo visibile attraverso una finestra rotonda. Per favorire l’atmosfera meditativa, un piccolo pulsante nascosto tra i pannelli di legno alla sinistra della porta attiva una colonna sonora astratta del musicista francese Pierre
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Mariétan. Per quanto riguarda la funzione di Colombario, essa si estende su diversi piani e nel cuore dell’edificio high-tech: possono qui essere contenuti i resti della cremazione di 7.000 persone. Dopo che i visitatori hanno fatto scorrere i loro biglietti d’ingresso in un lettore, le urne di famiglia vengono automaticamente prelevate e trasportate all’altare di una delle otto cabine di visualizzazione nel seminterrato, insieme a fotografie elettroniche dei defunti. Nonostante la sua astratta modernità,
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l’obiettivo di Takeyama è semplice: creare un tempio che fosse fedele al suo ruolo originario di accogliente centro comunitario. In un intervista il progettista dice: “Una volta, i templi in Giappone non erano solo un luogo di preghiera e formazione, ma anche una scuola, un ospedale e un complesso culturale di musei, sale da concerto, biblioteca e così via. Questo progetto è un tentativo di far rivivere questi programmi culturali nel design di un tempio contemporaneo”.
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SPIRALLING MEMORIAL KIMMEL ESHKOLOT ARCHITECTS
JERUSALEM, ISRAELE LOCALIZZAZIONE
2014 ANNO DI COSTRUZIONE
5.000 m2 SUPERFICIE
Lo studio israeliano Kimmel Eshkolot Architects ha creato un memoriale dedicato ai soldati caduti di Israele nel cimitero nazionale di Gerusalemme. Il memoriale incorpora più di 23.000 mattoni commemorativi, ciascuno con il nome di un soldato e la data della sua morte. Creando un “muro di nomi”, i mattoni formano un corridoio lungo 250 metri che si sviluppa intorno a una sala commemorativa centrale. Un imbuto ondulato in mattoni di cemento è posto sopra per creare uno
spazio per la mediazione. La luce naturale che passa in questo spazio senza tetto è filtrata proprio dalla disposizione dei mattoni, in modo che non ci sia bisogno di luce artificiale nel memoriale durante le ore diurne. Con il memoriale situato lungo una strada trafficata a Gerusalemme, gli architetti hanno deciso di scavare l’edificio nella montagna per creare uno “spazio di contemplazione lontano dalla città rumorosa del giorno”. Progettato dagli architetti come un introverso progetto di interni, il pa-
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lazzo è destinato a non essere visibile dall’esterno. Lo spazio commemorativo appare come una continuazione in pietra della topografia della montagna creando un punto di riferimento sottile all’ingresso del cimitero. Ciascuno dei 23.000 mattoni commemorativi dell’edificio è prodotto da un pannello di pietra locale fissato su un mattone standard. Un sistema computerizzato, costruito
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su misura per il memoriale, illumina ogni mattone nell’anniversario della morte del soldato. La forma dell’imbuto è stata creata in collaborazione con il team di ricerca sulla fabbricazione digitale di ROB Technologies, uno spin off dello Swiss Institute of Technology (ETH), Zurigo. L’imbuto di forma irregolare è costituito da 9.000 mattoni di cemento, ciascuno creato con un nucleo in alluminio con fresatura CNC.
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PREFIGURAZIONI SUI FUTURI LUOGHI DI SEPOLTURA URBANI
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TIPOLOGIE CIMITERIALI
L’analisi dei casi studio ha portato alla classificazione di tre grandi tipologie cimiteriali, basandosi sulla forma, sulle funzioni contenute al loro interno e sul rapporto che questi intrattengono con il contesto ed i loro utenti.
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TIPOLOGIA:
PARCO
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TIPOLOGIA:
RECINTO
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TIPOLOGIA:
COLOMBARIO ED OSSARIO
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MURO
ELEMENTO ISOLATO
ACQUA
VEGETAZIONE
VUOTO
SOGLIA
ELEMENTI Dall’analisi dei casi studio sono stati estrapolati degli elementi comuni a tutte le tipologie che, per quanto semplici, all’interno di un contesto di sacralità come quello cimiteriale, assumono valori e caratteri estremamente evocativi.
ORIZZONTALITA’
VERTICALITA’
VITA TERRENA
VITA ULTRATERRENA
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FRAMMENTI CRITICI DI CITTA’
A seguito di ulteriori analisi si sono stati individuati tre ambiti critici della cittĂ contemporanea che potessero essere accomunati alle tipologie cimiteriali individuate in precedenza, incorporandone le caratteristiche peculiari.
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TIPOLOGIE CIMITERIALI
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ILAIRETIMIC EIGOLOPIT FRAMMENTI CRITICI DI CITTA’
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R E C INT O
PARCO
COL O M BAR I O 232
OTNICER R E C I N T I IN T ERDET T I
O C R AP V U O T I U RBANI
OIRABMOLOC EDIFIC I D I SM E SSI 233
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NUOVI METODI DI SEPOLTURA
Grazie ai nuovi metodi di preparazione della salma studiati ed analizzati è possibile pensare di portare in una dimensione ubana tipologie cimiteriali che con i metodi classici sarebbe risultato impossibile smuovere dalla loro segregazione suburbana.
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VUOTO URBANO
RECINTO INTERDETTO
EDIFICIO DISMESSO
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CRIOMAZIONE
CEMENTIFICAZIONE
IDROLISI ALCALINA
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FRAMMENTI CRITICI DI CITTA’ VUOTI URBANI RECINTI INTERDETTI EDIFICI DISMESSI
TIPOLOGIE CIMITERI CIMITERI A PARCO CIMITERO A RECINTO COLOMBARI ED OSSARI
NUOVI METODI DI SEPOLTURA CRIOMAZIONE CEMENTIFICAZIONE IDROLISI ALCALINA 238
PREFIGURAZIONI BONIFICA E RECUPERO DEI VUOTI URBANI REINCLUSIONE DEI RECINTI ALLA CITTA’ RIUTILIZZO DI EDIFICI
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2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025 2026
ORIZZONTE TEMPORALE
Queste prefigurazioni possono sopravvivere soltanto se contestualizzate in un futuro indeterminatamente prossimo, in quanto la normativa attuale preclude la messa in atto di nuove soluzioni che includano tecniche di sepoltura alternative a quelle tradizionali.
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PROGETTO
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RELAZIONE DI PROGETTO ÆTERNUM
La genesi del progetto Aeternum è strettamente legata alla volontà di rinnovare l’idea stessa di cimitero e il suo posto all’interno del tessuto urbano, senza modificare i caratteri fondamentali delle tipologie storiche che resistono da secoli, ma anzi esaltandone le qualità all’interno di frammenti di città problematici. La scelta delle aree di progetto adatte è stato il primo passo: aree il più centrali possibile, così da estremizzare il concetto stesso di “cimitero urbano”; non semplicemente un luogo limitrofo e/o adiacente alla città, ma un vero e proprio brano di essa, occupante spazi storici e storicamente radicati nella società milanese. Individuate le aree e i loro relativi problemi si è passato ad analizzare i nuovi processi di preparazione della salma. Sono quindi stati scelti i tre processi da utilizzare abbinati agli altrettanti ambiti selezionati: la criomazione, l’idrolisi alcalina e la cementificazione. Tutti processi molto più ecologici rispetto alla cremazione classica e hanno tutti un elemento in comune: l’acqua. L’acqua all’interno di questi processi svolge funzioni chiave e per questo è stato deciso di farla diventare non solo elemento progettuale ma vera e propria protagonista scenografica e patetica di tutto il sistema. Quando uno dei processi viene messo in moto, ovvero quando la salma inizia la trasformazione, tutto il sistema viene reso partecipe dell’ avvenimento grazie al movimento dell’acqua e ad un illuminazione puntuale che tramite scenografiche pulsazioni rende il visitatore conscio che qualcosa sta avvenendo all’interno del laboratorio. I tre progetti sono focalizzati molto sulla dimensione personale e sui gesti dei visitatori: vengono garantiti numerosi luoghi di meditazione e di preghiera, sia sotto forma di ambienti al chiuso che di diversi spazi aperti attrezzati, talvolta immersi nel verde. La dimensione del lutto diventa ancora più personale ed intima, il defunto viene accompagnato dai cari fino al luogo di preparazione, processo al quale possono parzialmente assistere. I parenti successivamente accompagnano i risultati di questi processi insieme ad un addetto al luogo in cui verranno deposti. I cari non sono più semplici spettatori ma svolgono una parte attiva all’interno della cerimonia.
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Æ T E R N U M
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ĂŚeternum,a: eternamente in eterno immortale per sempre
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ÆTERNUM ÆTERNUM ÆTERNUM
ÆTERNUM ÆTERNUM ÆTERNUM
Æ RENTUM ÆTERNUM ÆTERNUM
Æ RENTUM ÆTERNUM ÆTERNUM Æ T E R N U M
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ORTO DELLE MONACHE
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BASTIONI DI PORTA VOLTA
TEATRO DELLA CANOBBIANA
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BASTIONI DI PORTA VOLTA VIA ALESSANDRO VOLTA
L’area presa in esame è quella che occupa l’antico sedime dei Bastioni di Porta Volta, inizialmente all’interno del progetto della Fondazione Feltrinelli, nel tempo via via scartata e lasciata a sè stessa. L’area di progetto si estende dal Bastione (Circolo Ex Combattenti) ed arriva fino ai limiti delle abitazioni poste più a sud, comprendendo l’attuale giardino condiviso “Lea Garofalo”.
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PARCO URBANO CRIOMAZIONE
In questo progetto la tipologia di cimitero a parco viene accostata al processo della criomazione: la salma, accompagnata dai parenti fino al laboratorio, subisce un trattamento di congelamento, frantumazione e successiva disidratazione. I resti così ottenuti vengono posti in un’urna biodegradabile che viene interrata in uno degli anelli della Spirale. I parenti, che avevano precedentemente scelto l’essenza arborea, assistono al rito durante il quale il giovane albero viene piantato sopra l’urna. La cerimonia si conclude con la raccolta dell’acqua dalla Fonte posta al centro della Spirale usata per dare da bere all’albero appena piantato. Esso trarrà sostentamento dall’urna e dal suo contenuto ed una volta cresciuto abbastanza verrà spostato nel Bosco del Ricordo o in uno dei parchi cittadini a seconda del volere espresso dai cari o dal defunto stesso.
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PIANTA, SEZIONE A QUOTA +3.00M
1
INGRESSO EST È l’ingresso pedonale e carrabile del Parco. Affacciato su Via Giorgione permette l’accesso ai mezzi funebri.
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CENTRO VISITATORI
3
LABORATORIO CRIOMAZIONE
Il centro visitatori filtra gli ingressi al Parco ospitando la reception dove vengono fornite tutte le informazioni necessarie a visitatori ed utenti. Il laboratorio è il luogo dove avvengono i processi di trattamento della salma, i quali generano il movimento dell’acqua che attraversa il Parco.
4
PATIO DELLA SORGENTE Il patio della Sorgente è uno dei luoghi di riflessione all’interno del Parco, qui è possibile assistere all’inizio del movimento dell’acqua nel momento in cui i processi vengono avviati.
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SPIRALE Qui vengono interrate le urne biodegradabili contenenti i resti del defunto. Sopra ciascuna di esse viene piantato un albero che da loro trae sostentamento.
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STANZE DEL RACCOGLIMENTO
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FONTE DELLA NUOVA VITA
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TEMPIETTO DELLA FUNZIONE
Affacciate direttamente sugli alberi del Parco, queste stanze offrono un luogo di tranquillità per il ricordo dei cari e possono essere inoltre utilizzate per piccole funzioni religiose. Al centro del Parco si trova la Fonte della Nuova Vita, questa fontana fornisce l’acqua utilizzata dagli utenti per il sostentamento degli alberi dei cari. Posto in prossimità dell’ingresso Nord, circondato da uno specchio d’acqua, è il principale luogo per le funzioni, sia in occasione delle esequie che in quelle del ricordo.
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BOSCO DEL RICORDO Quando gli alberi della Spirale raggiungono la maturità vengono trasferiti in questo spazio rialzato o in uno dei parchi della città a seconda del desiderio dei cari.
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SPECCHIO D’ACQUA Questo specchio d’acqua con la sua sezione a V ed il fondo riflettente crea giochi di luce sui pilastri antistanti, una lunga panca permette la sosta e la riflessione.
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INGRESSI NORD Sono gli ingressi pedonali del Parco, limitrofi a Via Paolo Sarpi, alla Fondazione Feltrinelli e ai Bastioni di Porta Volta.
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PIANTA, SEZIONE A QUOTA +5.00M
1
INGRESSO EST È l’ingresso pedonale e carrabile del Parco. Affacciato su Via Giorgione permette l’accesso ai mezzi funebri.
3
LABORATORIO CRIOMAZIONE Il laboratorio è il luogo dove avvengono i processi di trattamento della salma, i quali generano il movimento dell’acqua che attraversa il Parco.
4
PATIO DELLA SORGENTE Il patio della Sorgente è uno dei luoghi di riflessione all’interno del Parco, qui è possibile assistere all’inizio del movimento dell’acqua nel momento in cui i processi vengono avviati.
5
SPIRALE Qui vengono interrate le urne biodegradabili contenenti i resti del defunto. Sopra ciascuna di esse viene piantato un albero che da loro trae sostentamento.
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FONTE DELLA NUOVA VITA
9
BOSCO DEL RICORDO
Al centro del Parco si trova la Fonte della Nuova Vita, questa fontana fornisce l’acqua utilizzata dagli utenti per il sostentamento degli alberi dei cari. Quando gli alberi della Spirale raggiungono la maturità vengono trasferiti in questo spazio rialzato o in uno dei parchi della città a seconda del desiderio dei cari.
10
SPECCHIO D’ACQUA Questo specchio d’acqua con la sua sezione a V ed il fondo riflettente crea giochi di luce sui pilastri antistanti, una lunga panca permette la sosta e la riflessione.
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INGRESSI NORD Sono gli ingressi pedonali del Parco, limitrofi a Via Paolo Sarpi, alla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e ai Bastioni di Porta Volta.
12
SALA DELL’ADDIO Da qui è possibile assistere in posizione privilegiata al processo di criomazione. Questo avviene nella capsula situata nel laboratorio sottostante, dalla quale si genera il movimento dell’acqua che attraversa il Parco.
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SEZIONE A-A
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DETTAGLIO SEZIONE A-A
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ORTO DELLE MONACHE VIA CARLO GOLDONI
L’Orto delle Monache era il giardino del Monastero San Benedetto che verso la fine degli anni ‘90 decise di vendere parte del terreno per permettere la costruzione di una residenza per anziani. Tutto naufragò in mille problematiche senza giungere a nulla di fatto. Rivenduto successivamente ad un’altra immobiliare, che voleva costruirvi una residenza per studenti, anch’essa fallì miseramente, sollevando non poche polemiche. È da più di 10 anni che il terreno è abbandonato a se stesso.
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RECINTO CEMENTIFICAZIONE
In questo progetto il giardino dell’antico monastero viene adibito a camposanto seguendo il modello del classico cimitero recintato. L’elemento di novità è introdotto dal trattamento della salma. Il defunto viene accompagno dai cari dentro l’edificio principale dove si assiste ad una funzione prima dell’ultimo saluto. A questo punto la salma viene cremata e le ceneri vengono mischiate con del cemento. Passato qualche giorno, una volta asciugato il cemento, i parenti tornano per assistere alla posa del blocco all’interno della Spirale. I blocchi hanno una forma che permette di impilarli, dando così la possibilità a parenti o coniugi di rimanere vicini anche dopo la morte.
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PIANTA, SEZIONE A QUOTA +3.00M
1
INGRESSO È l’ingresso pedonale e carrabile del Recinto. Affacciato su Via Antonio Kramer permette l’accesso anche ai mezzi funebri.
2
SALA DELL’ADDIO Questo spazio è dedicato alla celebrazione dei riti funebri. Qui in un momento di raccoglimento si da l’ultimo saluto al caro prima che venga portato nel laboratorio.
3
LABORATORIO CEMENTIFICAZIONE Il laboratorio è il luogo dove avvengono i processi di trattamento della salma, i quali generano il movimento dell’acqua che attraversa il cimitero.
4
SPIRALE Qui vengono posizionati i blocchi di cemento contenenti le ceneri dei defunti. La loro forma permette di sovrapporli, aggiungendoli al modulo base fissato a terra.
5
INGRESSO DEL BOSCO Racchiuso tra setti circolari questo spazio funge da filtro tra il cimitero vero e proprio ed il Bosco del Ricordo. È attraversato da un rivolo d’acqua che accompagna il visitatore.
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BOSCO DEL RICORDO
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SPECCHIO D’ACQUA
Il Bosco del ricordo è la parte più privata di tutto il complesso. Grazie agli alberi, in questo caso preesistenti, permette un contatto profondo con la natura. Questo specchio d’acqua con la sua sezione a V ed il fondo riflettente crea giochi di luce sui pilastri antistanti, una lunga panca permette la sosta e la riflessione.
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SEZIONE A-A
SEZIONE B-B
DETTAGLIO SEZIONE A-A
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TEATRO DELLA CANNOBIANA VIA LARGA, 16
Il Teatro Lirico di Milano (o Teatro della Cannobiana) viene inaugurato nel 1779. La sua storia è travagliata: a fine ‘800 viene rinnovato completamente all’interno, così come nel 1932. Cinque anni dopo viene completamente devastato da un incendio che impone un nuovo rifacimento. Riprende quindi il suo ruolo culturale fino al declino e la chiusura a fine degli anni 90. Solo recentemente sono partiti dei lavori di restauro che continuano ad incontrare difficoltà e rallentamenti.
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COLOMBARIO IDROLISI ALCALINA
Lo storico Teatro Lirico di Milano in questo progetto viene completamente ripensato e trasformato in un colombario. Le gallerie, le balconate e il palcoscenico ora mettono a disposizione oltre 6000 moduli dove alloggiare le urne riempite con i resti ottenuti dal processo di idrolisi alcalina. Una volta entrati nel colombario i cari danno l’ultimo saluto al defunto e se ne separano. Si spostano quindi all’ultimo piano dove durante la cerimonia avverrà il processo di idrolisi. Una volta terminato questo procedimento ai parenti verrà consegnata l’urna oviforme contenente i resti del caro, quali verranno posizionati in uno degli alloggi sugli scaffali del colombario.
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PIANTA, SEZIONE A QUOTA +3.50M
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INGRESSO È l’ingresso del Colombario. Affacciato su Via Larga permette l’accesso all’edificio dalle entrate storiche del Teatro della Canobbiana.
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CENTRO VISITATORI
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AREA RISERVATA AL PERSONALE
Il centro visitatori accoglie gli ingressi al Colombario e ospita la reception, dove vengono fornite tutte le informazioni necessarie a visitatori ed utenti. Dopo l’ingresso, situata sulla destra, si trova l’area riservata al personale, comprendente uffici e una sala riunioni che organizza le attività del Colombario.
4
CORRIDOIO DEL PRIMO ADDIO Una serie di setti disassati crea un filtro tra l’ingresso e la Spirale: qui i parenti si separano dal defunto, per poi rincontrarsi all’ultimo piano nella Sala dell’Addio.
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SPIRALE Qui, all’interno di una serie di scaffali, vengono posizionate le urne contenenti i resti del defunto. Gli scaffali possono ospitare moduli per un totale di quattro colonne e quattro file.
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AREA PALCOSCENICO
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TORRE SCENICA
In questo spazio sopraelevato vengono ospitati ulteriori scaffali contenenti le urne, da qui inoltre si può accedere alla Torre Scenica. Questo edificio nell’edificio, oltre ad ospitare altre scaffalature, è stato concepito per permettere una vista scenografica di tutto il teatro-colombario.
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PIANTA, SEZIONE A QUOTA +10.50M
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SALE SUD Diversi spazi che oltre agli scaffali contenenti le urne ospitano sedute e sistemi di proiezione dei ricordi (Totem) del caro defunto.
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SALA INFORMAZIONI
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GALLERIE TEATRO
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SFERA DELLA FUNZIONE
I pannelli ed il totem contenuti in questa sala aiutano gli utenti del cimitero a localizzare al suo interno i propri cari e il percorso da seguire per raggiungerli. Seguendo l’andamento delle gallerie originali, gli scaffali sono posti scenograficamente e sono inframezzati dai sistemi di risalita e dal rivolo d’acqua che nasce dall’ultimo piano. Questo ambiente circolare ospita una sala per le celebrazioni funebri. Tramite un taglio nell’involucro esterno è possibile avere una visione del rivolo d’acqua che scende dalle gallerie.
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TORRE SCENICA Questo edificio nell’edificio, oltre ad ospitare altre scaffalature, è stato concepito per permettere una vista scenografica di tutto il teatro-colombario.
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BALCONATE NORD In questi spazi vengono ospitati ulteriori scaffali contenenti le urne.
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PIANTA, SEZIONE A QUOTA +16.00M
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SALA DELL’ADDIO Da qui è possibile assistere al processo di idrolisi alcalina. Questo avviene nella capsula situata nel laboratorio antestante, generando il movimento dell’acqua che corre attraverso le gallerie e arriva nella vasca situata al piano terra.
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CAMERA DELLA MEMORIA
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LABORATORIO IDROLISI
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GALLERIE TEATRO
I totem in questa sala trasmettono immagini e filmati dei cari defunti. È un luogo di raccoglimento prima della cerimonia vera e propria, che si svolge nella Sala dell’Addio. Il laboratorio è il luogo dove avvengono i processi di trattamento della salma, i quali generano il movimento dell’acqua che attraversa tutto il Colmbario. Seguendo l’andamento delle gallerie originali, gli scaffali sono posti scenograficamente e sono inframezzati dai sistemi di risalita e dal rivolo d’acqua che nasce dall’ultimo piano.
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SOMMITA’ DELLA TORRE SCENICA A questo livello la torre scenica si ricongiunge con le balconate attraverso delle passerelle. Tutto questo è illuminato dalla luce naturale che filtra dal lucernario in copertura.
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SEZIONE A-A
SEZIONE B-B
SEZIONE C-C
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BIBLIOGRAFIA aa.vv., Luoghi e oggetti della morte, Savelli Editore, Roma, 1979 aa.vv., La città dei morti: breve storia del cimitero, Mb Publishing, Milano 2000 aa.vv., Luoghi della memoria: cimiteri e museo diffuso, Gruppo antropologico cremasco, Cremona, 2014 agamben giorgio, Il linguaggio e la morte, Einaudi, Torino, 1982 ARIES Philippe, L’uomo e la morte dal Medioevo a oggi, Mondadori, Milano, 1992 Attali jaques, Vita e morte della medicina: l’ordine cannibale, Feltrinelli, Milano, 1980 Bartolomei luigi, Evoluzioni contemporanee nell’architettura funeraria, CSO, Bologna, 2012 Bauman Zygmunt, Il teatro dell’immortalità. Mortalità, immortalità e strategie di vita, Bologna, Il Mulino, 1995 biagetti vincenzina, L’ Ospedale Maggiore di Milano, Perrella Editore, Milano, 1937 canesa romano, La vita quotidiana a Milano in età spagnola, Longanesi, Milano, 1996 Cariglia Fulvia, Echi d’altrove,Mondadori, Milano, 2004 Cremonini lorenzo, Architetture cimiteriali, Alinea Editrice, Bologna, 1999
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Vogliamo ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato e sostenuto in questi anni. A voi è dedicata questa tesi.
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