Tesi Landscape Architecture Polimi

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INDICE ABSTRACT 1. CAPITOLO _ RIPENSARE AL COSTRUITO 1.1. Dibattito europeo sulla problematica del consumo di suolo………………..…………. 10 1.2. Patrimonio edilizio europeo ……………………………………………….............................. 12 1.3. Approcci risolutivi ……………………………………………………………………………...…………. 14 1.4. Casi studio ………………………………………………………………………………………….…………. 16 1.4.1. Germania ……………………………………………………………………………………………… 17 1.4.2. Olanda ……………………………………………………………………………………… ………… 22 1.4.3. Inghilterra ……………………………………………………………………………………………. 24 1.4.4. Italia …………………………………………………………………………………………………….. 25 1.5. Patrimonio edilizio in Italia ……………………………………………………………………………. 27 1.5.1. Il caso della Lombardia (Mantova) ……………………………………………………….. 29 1.5.2. La periferia mantovana ………………………………………………………………………… 31 2. CAPITOLO _ INQUADRAMENTO E ANALISI DEL CONTESTO 2.1. Valletta Valsecchi ………………………………………………………………………………………….. 37 2.2. Il contesto urbano del quartiere ……………………………………………………………………. 38 2.2.1. Polo chimico industriale ………………………………………………………………………. 39 2.2.2. Stadio Danilo Martelli ………………………………………………………………………….. 41 2.2.3. Chiesa e convento di Santa Maria del Gradaro …………………………………….. 43 2.2.4. Bosco Virgiliano …………………………………………………………………………………… 45


3. CAPITOLO _ SVILUPPO STORICO DEL QUARTIERE 3.1. Analisi delle soglie storiche …………………………………………………………………………… 51 4. CAPITOLO _ IL QUARTIERE VALLETTA VALSECCHI 4.1. La nascita del quartiere …………………………………………………………………………………. 62 4.1.1. L’impianto idrovoro di Valletta Valsecchi ………………………………………………. 62 4.1.2. Lo zuccherificio Eridania ………………………………………………………………………. 65 4.1.3. La costruzione degli alloggi “ex profughi istriani” …………………………………. 70 4.2. Valletta Valsecchi oggi …………………………………………………………………………………… 72 5. CAPITOLO _ PROGETTO 5.1. Obiettivi ……………………………………………………………………………………………………….. 82 5.2. Strategie ………………………………………………………………………………………………………. 84 5.3. Zone d’intervento ………………………………………………………………………………………… 86 5.4. Ipotesi di progetto ……………………………………………………………………………………….. 88 5.4.1. Piazza e parco degli orti ………………………………………………………………………. 90 5.4.2. Incrocio stradale …………………………………………………………………………………. 92 5.4.3. Parco sportivo …………………………………………………………………………………….. 94 5.4.4. Parco dell’acqua ………………………………………………………………………………….. 96 5.5. Riqualificazione di due palazzine i in disuso …………………………………………………. 99 6. CAPITOLO _ CONCLUSIONI …………………………………………………………………………………… 112 BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA




ABSTRACT PERCHE' RIQUALIFICARE E NON COSTRUIRE Partendo dal presupposto che la risorsa del suolo è considerata, sin dagli ultimi tempi, una delle più importanti, in quanto non rinnovabile e limitata, si cerca di trovare una soluzione alla veloce e inarrestabile “cementizzazione” del territorio. In un’ottica di sostenibilità, o più semplicemente da un punto di vista etico, il recupero degli edifici è uno degli approcci più convenienti e logici per diversi ambiti, eppure ogni giorno siamo testimoni di quanto patrimonio, storico e non, sia abbandonato o non adeguatamente sfruttato nelle città e nei paesi in cui viviamo. Si nota in linea generale un atteggiamento quasi di disinteresse rispetto a molti edifici spesso degradati o mai completati; completati e mai utilizzati o più frequentemente in disuso, abbandonati e bersaglio facile per i vandali. Nonostante ciò crescono a dismisura le gare d’appalto per costruire nuovi complessi residenziali, strutture sportive o industriali: nuovi edifici spuntano come funghi da un giorno all’altro, senza considerare a priori che, spesso, un edificio da restaurare o rifunzionalizzare possa essere per molti aspetti più vantaggioso. Certo, non in tutti i casi il discorso convenienza è applicabile, ma poter usufruire anche solo di una parte di questo patrimonio sarebbe comunque un grande traguardo. Molti di questi edifici sono localizzati in zone abitate e la possibilità di un riutilizzo a sfondo anche sociale potrebbe essere sia, un miglioramento che andrebbe a discapito di un’incontrollata lottizzazione di aree naturali incontaminate, che un nuovo punto di riferimento per l’ambiente sociale circostante. Negli ultimi tempi, infatti, la questione rigenerazione urbana sta entrando sempre più nelle grandi città europee, anche attraverso l’intervento su vecchi complessi industriali e residenziali. Ecco dunque, il punto di partenza da cui si affronterà la riqualificazione di un complesso residenziale a Mantova.




1.1

IL DIBATTITTO EUROPEO TRA CONSUMO DI SUOLO, CONSUMO ENERGETICO E RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE.

Nel dibattito europeo degli ultimi anni è diventata sempre più importante la questione del corretto utilizzo delle risorse; per molti decenni l’Europa ha potuto godere di prosperità e benessere, condizioni rappresentative di una costante crescita basata sull’uso intensivo delle risorse; oggi, come risaputo, queste risorse vengono a mancare, e la comunità deve fronteggiare la duplice sfida di favorire la crescita necessaria per creare occupazione e benessere nei cittadini, e nel contempo garantire che sia di qualità tale da assicurare un futuro sostenibile. Perché questo possibilità si trasformi in opportunità è necessario cambiare profondamente molti aspetti del nostro sistema economico e del nostro stile di vita, attraverso politiche e strategie che direzionino il cambiamento verso questa soluzione. È con questo intento che l’Unione Europea ha stilato nel corso dell’ultimo decennio una serie di piani ad individuare azioni efficaci da perseguire. Questo piano strategico all’insegna del sostenibile, redatto nel 2011, rientra negli obbiettivi da raggiungere entro il 2050. Tra le problematiche più sentite si trovano quelle riguardanti il consumo di suolo e il consumo energetico. Esso rappresenta una criticità, in Italia come nel resto d’Europa, che viene spesso sottovalutata: le decisioni relative all’uso dei terreni comportano impegni a lungo termine che è poi difficile, oltre che costoso, invertire. Queste decisioni vengono prese molto spesso senza aver effettuato un’adeguata analisi preventiva degli impatti, e causando successive situazioni di disequilibrio ambientale: indizi sono state le anomalie negli agenti atmosferici come inondazioni o scarsità idriche piuttosto che dissesti geologici. A questo ambito segue immediatamente quello del consumo energetico, anch’esso argomento di discussioni a livello europeo e spesso internazionale. Da anni ormai l’edilizia cerca di produrre strutture sempre più “green” tramite l’utilizzo di diverse forme di risparmio

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energetico.

Questo

però,

tante

volte

non

basta

per

salvaguardare

l’ambiente

complessivamente, in quanto l’intervento deve comprendere non solo il singolo edificio ma tutto ciò che è connesso fisicamente ma soprattutto socialmente alla struttura. I due temi appena citati formano due delle macro-categorie che richiedono rispettivamente ampi e complessi campi d’indagine; sono tuttavia accomunati da una possibile soluzione strategica, volta alla salvaguardia di queste due risorse: il recupero del patrimonio edilizio esistente. La riqualificazione di questo patrimonio è senz’altro connessa alle azioni di miglioramento energetico, urbano, architettonico, ambientale e sociale (con l’obbiettivo di riottenere un nuovo edificio, senza nuovo consumo di suolo e riducendo il consumo di energia), ma è anche un’occasione per ampliare tale risorsa. Da qui il tema “perché riqualificare e non costruire”, un’opportunità per soddisfare la naturale espansione delle città, ma anche per ricucire parti di territorio, fisicamente e socialmente.

1. terreno occupato per unità amministrativa (20002006) 11


1.2

IL

PATRIMONIO

EDILIZIO

EUROPEO

E

L’OCCUPAZIONE

DI

TERRENO Fra il 1990 e il 2000, la quota rilevata in Europa d’incremento di terreno occupato era di circa 1000 km2 l’anno; una superficie maggiore di quella della città di Berlino, ovvero 275 ettari al giorno, con un aumento delle aree di insediamento pari quasi al 6%. Dal 2000 al 2006, l’incremento della quota di terreno occupato è scesa a 920 km 2 l’anno, mentre le aree di insediamento sono aumentate di un ulteriore 3%. Tutto ciò è da considerare in relazione al territorio europeo, un territorio già fortemente urbanizzato. A lato di tutte queste considerazioni bisogna tener conto della presenza di altri fattori. Contrariamente a quanto avviene nel resto del mondo il tasso di crescita demografica in Europa non è in costante aumento: nel periodo menzionato prima (2000 – 2006) si è infatti registrato un aumento demografico di appena il 5%, a fronte di un aumento delle aree di insediamento di quasi il 9%. Come dunque spiegare questo rapporto tra questi due fattori definito dagli esperti come “occupazione di terreno disaccoppiata”? Per rispondere alla domanda dobbiamo addentrarci nel campo della disciplina urbanistica e delle politiche urbane, andando ad indagare la maniera in cui il suolo è occupato, ed introducendo la questione del cosiddetto “sprawl urbano”. Questo termine individua la diffusione di insediamenti caratterizzati da una bassa densità demografica, autoindipendenti, oltre il limite di servizi e infrastrutture urbane. E’ il dilagare degli agglomerati urbani oltre i suoi confini che ha caratterizzato l’espansione della città nei decenni più recenti, con la conseguente trasformazione-distruzione delle campagne, dei terreni agricoli, degli elementi naturali. Come risulta dalle statistiche infatti, circa l 75% della popolazione europea vive attualmente in aree urbane, con un aumento previsto all’80% entro il 2020. Dalla metà degli anni ’50 la superficie totale delle aree urbane nell’UE è aumentata del 78 % mentre la crescita demografica appena il 33%. Oggi le aree europee classificate come periurbane presentano la

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stessa estensione di superficie edificata delle aree urbane, tuttavia solo la metà di esse registrano la stessa densità di popolazione. Lo sprawl urbano costituisce una delle principali minacce per uno sviluppo territoriale sostenibile: la realizzazione di servizi pubblici è più costosa e difficile, le risorse naturali sono eccessivamente sfruttate, le reti di trasporto pubblico insufficienti vi è una forte dipendenza dall’automobile, con problemi di traffico nelle città e attorno ad esse. Lo sprawl e l’impermeabilizzazione del suolo costituiscono anche una minaccia per la biodiversità aumentando il rischio di inondazioni e scarsità idrica. Alle origini di questa modalità d’espansione di città troviamo quindi il cambiamento dello stile di vita e modelli di consumo più che la crescita demografica. La problematica legata all’impermeabilizzazione del suolo è relativamente recente, e dunque l’occupazione del terreno, è diventato uno dei maggiori processi di degrado del suolo; una risorsa non rinnovabile, come ci ricorda Legambiente, e la cui trasformazione risulta pressochè irreversibile.

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1.3

APPROCCI RISOLUTIVI ALL’ECCESSIVO CONSUMO DI SUOLO

L’UE ha individuato, attraverso i protocolli prima citati, tre strategie d’azione per risolvere il problema del consumo del suolo: limitare, ovvero impedire la conversione di aree verdi e la conseguente copertura artificiale del loro strato superficiale, mitigare, cioè misure volte a mantenere le funzioni del suolo e ridurre gli effetti negativi diretti o indiretti significativi sull’ambiente e sul benessere umano, compensare, ovvero ripristinare la funzionalità naturale altrove per completare quella persa in loco. Bisogna tuttavia tenere in considerazione che tale azione compensativa non comporta una soluzione ai fini del superamento del problema. A livello europei stati come Germania, Spagna piuttosto che la Lettonia hanno affrontato il problema proponendo tutte le metodologie sopracitate, ottenendo relativamente risultati convincenti. Tuttavia l’approccio che fra tutte apporta maggiori benefici alla riduzione del consumo del suolo è quella della limitazione. L’operazione più riuscita in questo senso è quella dei programmi di recupero dei siti dismessi e del patrimonio edilizio esistente. Per quanto riguarda il recupero dei siti, l’UE ha finanziato attraverso la politica di coesione la costruzione di nuove infrastrutture in siti dismessi, e vari finanziamenti iniziali e misure di sostegno sono stati assunti anche in gran parte dagli Stati membri. Tra questi troviamo: -

L’Inghilterra, dove è nata l’agenzia Homes and Communities, per finanziare la riqualifica dell’edilizia popolare in zone degradate.

-

La Francia, dove si è sviluppata una rete con più di 20 agenzie per lo sviluppo dei terreni pubblici che si occupa di recuperare siti dismessi per l’edilizia popolare.

-

Altra misura adottata in Germania è quella introdotta alla legge per “l’esenzione delle responsabilità per il risanamento”, che copre il rischio finanziario per gli investitori in siti dismessi; questi non sono tenuti a pagare le spese necessarie per le attività di

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pianificazione e risanamento superiori al 10% circa del totale, i cui costi saranno sostenuti dal governo. Parlando di interventi di rigenerazione urbana troviamo distribuiti in tutta Europa casi di questa tipologia. Tra questi possiamo citarne alcuni come: -

I programmi per la rigenerazione urbana di Catalogna, tutti e tre sostenuti dal fondo europeo di sviluppo regionale;

-

Il progetto Vastra hamnen a Malmo, realizzato nella zona portuale degradata con la ricostruzione di 1000 nuove abitazioni con impatto ambientale ridotto al minimo;

-

Il programma Randstad nel Paesi Bassi, che mira particolarmente a valorizzare l’attrattiva dei quartieri centrali degli agglomerati metropolitani di Amsterdam, Rotterdam.

Tra tutti questi episodi verificatisi negli stati europei quelle che andremo ad analizzare sono i programmi volti alla riqualificazione di edifici residenziali esistenti.

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1.4

CASI STUDIO EUROPEI

La questione del degrado e del patrimonio edilizio esistente, realizzato nella seconda metà del Novecento, vede coinvolta la totalità degli stati europei e non solo. In particolare, le realtà nord europee come quella inglese, tedesca e dei Paesi Bassi, caratterizzate da una importante tradizione legata a politiche dell’abitare e di social housing, già a partire dagli anni ‘80, hanno dovuto affrontare i problema del degrado fisico e sociale di estesi quartieri ad alta densità abitativa, edificati a partire dal secondo dopoguerra. La prima risposta a questa problematica è stata quella di pianificare interventi manutentivi ed adeguamenti tecnico funzionali a scala diffusa programmati unicamente sulla base di esigenze emergenziali. Tale approccio si dimostrò subito inadeguato e venne sostituito dalla sperimentazione di metodologie integrate di intervento basate su un approccio interdisciplinare e sul coinvolgimento diretto delle utenze e degli operatori interessati. Vengono impostate strategie tese al miglioramento del valore fondiario delle aree al fine di attirare investimenti privati, pianificando interventi sul tessuto urbano in grado di innescare processi di rigenerazione del costruito.

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1.4.1 GERMANIA FORD

SIEDLUNG

DER

LEG, 2. sopra: vista dell'intervento dalle vie del quartiere

COLONIA (2008 – 2010) Il

complesso costituito da 11

3. sotto: vista dall'alto dell'intervento

blocchi di 3 piani fuori terra, venne costruito negli anni ’50 come quartiere operaio della fabbrica Ford-Werke, che si insediò in quel periodo nella zona Nord di Colonia, in prossimità del Reno. Il quartiere, oggi proprietà della LEG Wohnen NRW, è ben organizzato per quanto riguarda la presenza di servizi e di verde, il che lo rende un luogo particolarmente famiglie.

adatto

L’intervento

per è

le

stato

realizzato tra il 2008 e il 2010 ed ha mirato ad una riqualificazione sia energetica che sociale. L’intento era quello

di

ridurre

i

consumi

energetici degli edifici esistenti, e fornire una più ampia scelta della tipologia di alloggio. Per migliorare la situazione energetica dell’edificio esistente si è infatti optato per combinare due strategie: l’utilizzo di una cappotto esterno, la sostituzione dei serramenti e l’aggiunta di sistemi di ventilazione a recupero di calore per migliorare l’isolamento, dall’altra l’installazione di un impianto solare termico per il riscaldamento e l’installazione di un impianto solare termico per il riscaldamento e la

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produzione di acqua calda sanitaria. L’unione delle due strategie ha permesso di ridurre notevolmente i consumi. Per quanto riguarda la parte architettonica si è agito con la differenziazione della metratura degli alloggi, passando da monolocali a residenze con 4 camere da letto e l’ampliamento delle balconate. Lo spazio verde esterno è stato di conseguenza riqualificato attraverso la realizzazione di nuove zone organizzate per il tempo libero e la socializzazione, funzioni in precedenza quasi inesistenti.

MARZAHN, BERLINO EST (2003 – 2005) Il quartiere Marzhan fu realizzato a partire dagli anni ottanta lungo il margine nord orientale della città. Il quartiere è caratterizzato da insediamenti con uso intensivo del suolo, gli edifici esistenti hanno una altezza media di 11 piani esono realizzati con un sistema di prefabbricazione pesante a pannelli (Plattenbau). Questi edifici sono divenuti il simbolo negativo del regime socialista e dopo l’unificazione, a causa del loro stato di degrado e inadeguatezza igienico-sanitaria furono quasi totalmente dismessi ed abbandonati dai residenti originari. Uno degli obiettivi del progetto è stato quello di modificare l’immagine compatta e ripetitiva del paesaggio urbano attraverso la demolizione parziale e mirata di alcuni edifici residenziali e non. L’intervento si basa su una operazione di decostruzione (Ruckbau) e risanamento che coinvolge 26 edifici prefabbricati in linea.

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4. fasi di decostruzione del complesso


Il progetto prevede l’abbassamento degli edifici da 11 piani ad una altezza variabile tra 3 e 6 livelli, con terrazzamenti e tetti-giardino. Le unità abitative sono state ridotte dalle originarie 1840 (per un totale di 109.550 mq) alle attuali 409 (per 27.860 mq) degli immobili risanati, con una riduzione pari al 75%. Il taglio degli alloggi è stato modificato, prevalentemente sono stati realizzate tipologia a 2 e 3 stanze, sulla base della domanda abitativa prevalente. Ciò ha permesso di poter contare su 250 contratti di prelazione già in fase realizzativa. Dopo un anno dal completamento sono stati venduti e/o locati tutti gli alloggi, i quali presentano 30 varianti planimetriche, a causa della disposizione delle strutture esistenti con tagli che vanno da 2 a 4 stanze e con circa 27 alloggi speciali per anziani e diversamente abili.

NEUKOLLN, BERLINO OVEST (1994)

5. immagine dopo l'intervento

Il patrimonio edilizio della ex Berlino Ovest è caratterizzato

prevalentemente

da

insediamenti Siedlung realizzati a seguito della forte emergenza abitativa causata dalle distruzioni del conflitto mondiale. Il quartiere, risalente al 1952-53, è costituito da edifici in linea, con due piani fuori terra, posti

ortogonalmente

ai

lati

del

lotto

trapezoidale. Al centro del lotto furono realizzati una serie di edifici con funzioni comuni e servizi. La densità del quartiere è bassa, ciò garantisce la presenza di ampie aree di tra gli edifici. 6..immagine prima dell'intervento 19


Il progetto prevede il mantenimento dell’impianto urbano originale del quartiere, la rimodulazione delle dimensioni degli alloggi, un piano del colore per l’intero quartiere ed una serie di interventi di efficientamento energetico Gli edifici in linea a due piani vengono risanati e sopraelevati di un livello con l’inserimento di elementi architettonici caratterizzanti. Si passa da un totale di 172 unità a 160 di cui 48 costruite ex nuove e 112 ricavate dagli edifici rigenerati. 7. prima dell'intervento

LEINEFELDE-THURINGEN Il blocco di Goethestrasse (2003) ha subito un drastico

ridimensionamento,

attraverso

lo

svuotamento di intere porzioni di fabbricato al fine di dotare di spazi esterni le abitazioni all’ultimo piano, migliorando nel contempo il livello di illuminazione naturale degli ambienti. Per ampliare le abitazioni dei piani intermedi sono realizzati balconi in struttura metallica leggere, di colore rosso come gli altri blocchi dello stesso isolato. L’intervento effettuato su questo edificio ha interessato soprattutto l’aspetto esteriore. L’edificio è stato “smontato” fino a raggiungere i 3 piani e mezzo. Le planimetrie sono state riorganizzate per dare più offerta sul mercato 8. dopo l'intervento 20


alle famiglie più numerose. Le terrazze ricavate all’ultimo piano sono state utili per una maggiore luce naturale all’interno degli ambienti. L’aggiunta dei balconi ha poi permesso l’aumento delle metrature degli alloggi, aumentando così il comfort degli abitanti.

9. prima dell'intervento

Nell’intervento di Buchnerstrasse (2001-2002) l’edificio era quasi totalmente disabitato al momento dei lavori. Ciò ha consentito di intervenire in maniera radicale sul layout interno ed esterno, accorpando alcune unità immobiliari e riducendo di due piani l’altezza dell’edificio. Dal momento che i nuovi inquilini sarebbero stati gli occupanti di un edificio adiacente di cui era prevista la demolizione, è 10. dopo l'intervento

stato possibile attivare un processo partecipato in cui i futuri residenti hanno potuto partecipare al processo progettuale, introducendo anche alcune modifiche. I piani sono stati ridotti da sei a quattro e aggiunti balconi di vari colori e misure anche in base alla destinazione interna. All’ultimo piano è stata inserita un aggetto che scherma la facciata dalle radiazioni solari nelle ore più calde.

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1.4.2 OLANDA WESTERPARK, TILBURG (2009) L’intervento sul complesso di Tilburg, in Olanda, si inserisce tra quelli selezionati nel programma di ricerca SuRE-FIT. In questo caso di riqualificazione la

parte

strutturale

è

stata

completamento mantenuta. Dalla foto laterale di vede, infatti

12. vista dell'esterno dalla strada

come sia stata spogliata di tutte le murature di tamponamento. Visibile è anche la rimozione del corpo scale, in quanto, la modifica apportata ha visto l’inserimento di un nuovo ascensore. Dalla foto in alto è visibile anche come

il

verde

è

rimasto

considerato nella progettazione. I tre blocchi edilizi, composti da 24 unità immobiliari ciascuno, risalgono al 1957: uno dei tanti episodi di complessi costruiti nel dopoguerra,

pensati

per

contenere un elevato numero di

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11. parte dell'edificio mantenuta


abitazioni ed essere realizzato

in

tempo,

breve

presentava

prestazioni energetiche e sociali scarse.

Questa

caratteristica è stata rilevata

anche

dal

comune attraverso un sondaggio

che

manifestava l’esigenza

13. riqualificazione del lotto completata

da parte dei cittadini, per la maggior parte anziani e single, di condizioni di vita migliori; tra le problematiche più evidenti c’era quella del basso isolamento termico ed acustico, e delle limitate dimensione dello spazio interno. Gli obbiettivi principali dell’intervento dovevano quindi essere il miglioramento della qualità abitativa, la possibilità di affitto a basso reddito, la riduzione dei consumi energetici e la riduzione delle emissioni di CO2. Il progetto proposto prevedeva un ampliamento degli alloggi diversificando anche la quantità e migliorando quindi la qualità. Fu poi aggiunta anche l’installazione di ascensori nei corpi scale. Per migliorare le prestazioni energetiche è stato applicato un cappotto alla facciata dell’edificio. I piani terra sono stati riprogettati inserendo anche spazi dedicati ad un utilizzo comune.

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14. la facciata in origine

1.4.3. INGHILTERRA PARK HILL, SHIFFIELD (2006) Park Hill era ritenuto un programma residenziale di estremo interesse per la comunità locale e per la cultura architettonica perché in sintonia con i processi di rinnovamento che stavano avvenendo in tutta Europa; inoltre era persino dotato di teleriscaldamento (996 alloggi e 3.000 residenti circa collocati su un’area in forte declivio). Gli edifici struttura

dell’insediamento “moderna”

a

avevano telaio

in

calcestruzzo armato con tamponamenti in mattoni che graduavano il colore dal marrone cioccolato ai livelli più bassi al 15. la facciata dopo l'intervento color senape nei piani alti. I vari edifici erano collegate tramite le "strade del cielo-Streets in the Sky' che miravano a ricreare lo spirito comunitario delle strade tradizionali all'interno di uno sviluppo in elevazione. Nell’intervento è stata mantenuta solo la struttura portante sostituendo tutto il resto. Gli interni hanno visto la realizzazioni di alloggi più ampi e l’installazione di finestre più ampie. Le nuove pareti esterne sono invece state sostituite con elementi in alluminio preverniciato, con un effetto cromatico che va da rosso a giallo andando verso i piani più alti, distogliendo l’attenzione dalla pesantezza del calcestruzzo.

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1.4.4. ITALIA PROGETTO PILOTA SURE-FIT, FIRENZE (2008 -) L’intervento illustrato ricade all’interno del progetto di ricerca Sure-Fit (Sustainable Roof Extension Retrofit for High Rise Social Housing in Europe)36 finanziato dalla Commissione Europea (6° FP | Programma Intelligent Energy Europe) negli anni 2007 e 2008. La ricerca prevede la messa a punto di sistemi innovativi di sopraelevazione degli edifici residenziali, attraverso elementi strutturali innovativi autoportanti. Le nuove volumetrie, oltre ad incrementare il valore commerciale degli immobili, reperendo risorse per l’attuazione degli interventi di riqualificazione, svolgono un ruolo di miglioramento prestazionale, dal punto di vista energetico, dell’intero edificio. La ricerca tiene conto delle esperienze maturate a livello internazionale ed individua modelli importabili nel contesto italiano. Il progetto proposto è stato redatto dallo studio di progettazione Ipostudio di Firenze, l’Università degli Studi di Firenze e l’Ufficio Residenza Pubblica del comune di Firenze 16. stato di fatto sopra stato di progetto sotto

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PONTE LAMBRO, MILANO (2012 -) Il quartiere Ponte Lambro si trova all'interno di un'area sita nell'estrema periferia Sud-Est del territorio del Comune di Milano, che risulta separata dagli altri quartieri della città dal tracciato della Tangenziale Est. Con l'inizio del nuovo secolo, Ponte Lambro conosce una profonda ristrutturazione attraverso un intervento sul patrimonio pubblico previsto dal Contratto di Quartiere che ha operato sui caseggiati ALER di via Guido Ucelli di Nemi e Serrati, il rifacimento delle vie centrali del quartiere, la ristrutturazione del Centro Territoriale Sociale, del Centro Giovani, dell'edificio parrocchiale, del Mercato Comunale, dell'ufficio postale e di alcune palazzine in via Rilke appartenenti al Comune di Milano. Il progetto di riqualificazione di alcuni caseggiati ALER è in fase di attuazione a partire dal 2012. All'attuazione del Contratto di Quartiere ha contribuito il Laboratorio di Quartiere, attraverso la partecipazione e coinvolgimento delle realtà locali alle attività di informazione, animazione e condivisione degli obiettivi prefissati.

17. evoluzione della riqualificazione

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1.5

IL PATRIMONIO EDILIZIO DELL’ITALIA

Proseguendo

con

il

dettaglio

ci

soffermiamo sul territorio italiano e la sua situazione a proposito del consumo del suolo e consumo energetico. Dai

dati

disponibili

dall’ultimo

censimento ISTAT (2011), è possibile osservare come sul territorio nazionale gli edifici e i complessi ammontino a 14.515.795, il 13,1% in più rispetto al censimento

del

2001,

ossia

quasi

2.000.000 in più nell’arco di 10 anni. In accordo con le statistiche europee, la destinazione residenziale rimane quella più ampia (84,3% rispetto al totale) e nuovamente

in

crescita.

Di

tale

patrimonio il 51,8% è costituito da abitazioni unifamiliari. Da questo dato si nota come la cementificazione del territorio italiano non si sia ancora arrestata. Tale fenomeno è del resto confermato da molti altri studi effettuati sull’argomento. Le stime effettuate dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) riportano risultati importanti: il consumo di suolo in Italia, dal secondo dopoguerra ad oggi, mostra una crescita notevole del fenomeno; quasi 70 ettari al giorno di suolo consumato.

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I dati mostrano che il suolo ormai perso è passato dal 2,9% degli anni ’50 al 7,3% del 2012: in termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai quasi 22.000 kmq del nostro territorio. Queste stime sono confermate da Legambiente, che nel suo rapporto annuale del 2011 afferma che negli ultimi 15 anni, il consumo di suolo, è cresciuto velocemente e senza controllo e la realtà fisica dell’Italia è ormai composta da informi fenomeni insediativi: estese periferie diffuse, grappoli disordinati di sobborghi residenziali, blocchi commerciali connessi da arterie stradali. Confrontando questi dati rispetto a quelli della media comunitaria, si può riscontrare come il livello cementificazione del nostro Paese sia fra i più alti in Europa. Ma a cosa è legata questa crescita? La causa non si trova, come si supporrebbe logicamente, nell’elevata crescita demografica ma bensì nello sviluppo produttivo degli anni 60 – 70. In quel periodo la crescita economica e demografica erano molto elevate e da li l’espansione eccessiva delle costruzioni: tra gli anni ’50 e la fine degli ’80 il rapporto tra nuovo consumo di suolo e i nuovi abitanti era pari a meno di 1000 metri quadrati per ogni nuovo abitante. A partire dagli anni ’90 la crescita demografica ed economica si sono arrestate, ma il consumo di suolo no: la percentuale di aree naturali e agricole è continuata con tassi di crescita quasi costanti, portando il rapporto tra consumo di suolo e nuovi abitanti a valori nettamente superiori, intoro agli 8000 metri quadrati per nuovo abitante. Negli ultimi anni il valore è diminuito ma non per questo la cementificazione del territorio si è arrestata. Durante lo sviluppo economico che ha reso possibile la veloce espansione delle città, non ci si è resi conto della crescita urbana non pianificata, e per questo, in molti casi, la qualità delle strutture e l’aspetto architettonico, furono trascurati notevolmente. Al giorno d’oggi molti di questi edifici sono ad utilizzo residenziale e quasi tutti necessitano di un intervento. Secondo il rapporto del CRESME del 2012, intitolato “Riuso 2012”, oltre il 22% degli edifici italiani risulta in stato di conservazione mediocre o pessimo (nel complesso 2,6 milioni di edifici); i dati sottolineano anche il fatto che negli ultimi dieci anni si sono intraprese misure

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volte alla riqualificazione: il 58,6% delle abitazioni è infatti stato oggetto di interventi di ristrutturazione impiantistica, e 17,6 milioni di abitazioni sono state oggetto di ristrutturazione edilizia. Si tratta di un processo avviato ed in crescita rispetto al decennio precedente, ma che non può limitarsi ad interventi isolati di piccola entità, col solo fine estetico o strutturale. Bisogna invece studiare politiche d’intervento di più ampio respiro sulla base dei precedenti casi europei, in grado di apportare profonde e durature migliorie alle nostre città diffuse, volte ad una gestione migliore del nostro patrimonio naturale e costruito. 18. stato monutentivo degli edifici

1.5.1 IL CASO DI MANTOVA (LOMBARDIA) La Lombardia è una delle regioni più urbanizzate e cementificate d'Europa. Negli ultimi anni il suolo è stato consumato al ritmo di 90.000 metri quadrati al giorno (l'equivalente di circa 9 campi di calcio), per un totale di più di 3.000 ettari l'anno coperti da cemento ed asfalto, distrutti dall'edilizia residenziale e commerciale, da strade, impianti industriali, centri

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commerciali e capannoni: terra che non tornerà più, poiché è quasi impossibile che un terreno edificato possa tornare fertile. I dati sul consumo di suolo in Lombardia, elaborati da Legambiente e dal CRCS - Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo, mostrano una situazione allarmante: dal 1999 al 2012 sono stati urbanizzati 44.776 ettari e si sono persi in maniera definitiva 60.290 ettari di superfici agricole. In meno di 15 anni le aree antropizzate sono passate dal 12,6% al 14,5%. Qui sotto viene evidenziata la particolarità del consumo del suolo mantovano, comune in cui si localizza l’area di progetto, il quartiere Valletta Valsecchi.

19. aree urbanizzate della città: 1999 (in grigio) 1999-2007 (in rosso) 2007-2012 (in giallo)

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1.5.2 LA PERIFERIA MANTOVANA Sin dalla stesura del Piano Regolatore di trent’anni fa iniziava ad emergere la problematica dell’espansione della città, attraverso le periferie: la divisione forzata a causa delle infrastrutture stradali e ferroviarie, più pesantemente

le

seconde

in

quanto

non

20. caso di abbandono in via Donati

frequentemente attraversabili. La linea Mantova – Modena divideva e divide ancora Borgo Chiesanuova da Borgo Pompilio. La Mantova – Cremona divideva e divide ancora Borgo Angeli da Dosso del Corso. Fino al 1980, quando venne costruito il sottopasso per l’accesso diretto al quartiere Tè Brunetti, questo

22. caso di abbandono quartiere Due Pini

quartiere era completamente tagliato fuori dalla città a causa della linea Mantova – Monselice. Quest’ultima è anche la tratta ferroviaria adiacente al quartiere Valletta Valsecchi che, a sua volta, viene isolato dal resto della periferia. La particolarità di questo quartiere

21. disuso nel quartiere Dosso del Corso

è quella, però, di essere anche limitata a Ovest da Via Porta Cerese, la carreggiata a 4 corsie che collega il centro città con la parte Sud. Col passare del tempo le strade sono aumentate ma la griglia a “coda d’aquilone” non è cambiata, costituendo vie che comunicano solo con il centro e non tra i quartieri periferici. Il problema creatosi a Sud della città 23. caso di disuso nella zona di Borgo Nuovo 31


è stato quindi “risolto” attraverso l’espansione a Nord con la nascita dei due nuovi quartieri Lunetta e Colle Aperto. L’espansione, avvenuta senza una precisa pianificazione territoriale, ha spostato il problema da Sud a Nord creano nuove situazioni di degrado e isolamento. L’espansione ha creato un agglomerato continuo tra la città e i nuovi quartieri al di là dei ponti, con la conseguenza di un elevato consumo di suolo. Il tempo ha poi fatto il resto. L’accorgersi di questi fattori ha causato il susseguirsi di casi di abbandono, soprattutto residenze, con la determinazione di aree in stato di abbandono, che con il tempo hanno raggiunto uno stato di degrado notevole. Ci ritroviamo quindi al giorno d’oggi con una grande quantità di casi di abbandono, tra industriali e residenziali, che rendono le periferie luoghi poco adatti all’abitare, con problemi di manutenzione e conseguenze di carattere sociale. Qui subentrano gli interventi europei, i progetti pilota, quei casi di rigenerazione urbana che sono prima stati elencati. Non solo quindi riqualificazioni fisiche a livello di struttura degli edifici, ma vere e proprie rigenerazioni sul tessuto urbano considerando l’aspetto sociale in primo piano. L’attenzione va quindi anche spostata sulle periferie, e sulla loro ricucitura con le città. Le periferie devono tornare ad essere parte integrande della città. L’ipotesi di rigenerazione urbana, descritta nella tesi, vede come intervento la zona del quartiere Valletta Valsecchi (8). Seguiranno ora alcune analisi a livello storico e attuale dell’area e poi la parte di progetto come ipotetica soluzione ai primi accenni di degrado del quartiere.

32


33


34


35


24. analisi della viabilitĂ e del contesto 36


2.1 VALLETTA VALSECCHI La zona, oggetto di studio, che viene sviluppata in questa tesi, è localizzata nella parte Sud della città di Mantova. Si trova oggi nel quartiere Valletta Valsecchi

(cerchio

giallo),

nato

come

zona

prevalentemente industriale nel quale si trovavano edifici come lo zuccherificio Eridania, non più esistente, l'impianto idrovoro, tutt'ora presente e funzionante, e appunto, i due edifici residenziali che andremo poi ad analizzare. Oggi la destinazione d'uso che occupa maggiormente la zona è quella residenziale, e in minor quantità quella dei servizi pubblici. Il quartiere presenta una popolazione residente di circa 3000 abitanti e ricopre una superficie di circa 380.000 mq. Realizzato a partire dagli anni Sessanta, si trova in posizione marginale rispetto alla città antica. E’ delimitato a sud dalla statale del Brennero e dalla ferrovia, a ovest da Corso Garibaldi e ad est dal Lago Inferiore. A Nord si trova il quartiere

di

Fiera

Catena

caratterizzato

da

monumenti storici e denso di edifici. La zona vicino al porto (Catena), edificata negli ultimi anni, si caratterizza per la presenza di una piazza e appartamenti a schiera.

37


Negli ultimi anni, a livello demografico, il quartiere di Valletta Valsecchi è stato soggetto a un invecchiamento progressivo dell’età media della popolazione residente. La zona, data la densità di case popolari ad affitto calmierato, è abitata soprattutto da famiglie di stranieri (in particolare brasiliani, tunisini, ucraini). La fascia del lungo lago rappresenta il verde di quartiere; a sud est troviamo un parco con orti per anziani e un campo da tiro a segno; la zona a nord è invece occupata dall’area militare dismessa. La fascia lungolago del quartiere connette la città e il lago Inferiore; tuttavia si trova in uno stato di degrado ed emarginazione, dovuto anche all’abbandono dell’ex caserma San Niccolò. L’area verde necessita pertanto di essere riqualificata e bonificata

2.2

IL CONTESTO URBANO DEL QUARTIERE

La parte Sud della città di Mantova non, chiaramente, formata da un solo quartiere; ciò implica il fatto che quest'ultimo presenti elementi adiacenti che aumentano o diminuiscono la visibilità e il comfort della zona. Con il tempo, infatti, il quartiere, essendo in una zona più periferica della città, è rimasto in secondo piano rispetto alla città, ma grazie alla vicinanza di Palazzo Te e altri monumenti localizzati in quella zona rimane un quartiere di una certa importanza. Oltre a questi famosi monumenti presenti nella zona, altri edifici che vengono considerati principali in prossimità del quartiere sono: il polo industriale sulle sponde opposte del lago Inferiore, lo stadio Danilo Martello e il complesso religioso di Santa Maria del Gradaro.

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2.2.1

POLO CHIMICO INDUSTRIALE

L’idea di creare un polo chimico in prossimità della città di Mantova venne subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale; difatti i lavori per la costruzione della raffineria iniziarono nel 1947. La decisione di costruire un polo chimico fu presa dunque nel 1946 e fu una decisione di tipo strategico. Mantova fu una delle prime scelte per la costruzione di un nuovo impianto industriale per le lavorazioni chimiche perché la provincia, rispetto alla maggior parte delle altre provincie italiane in quel periodo, era una delle meno danneggiate dai combattimenti. La giunta ne discusse ed approvò unanimemente perché tutti erano ansiosi di far diventare di Mantova una città importante che avrebbe contribuito alla crescita economica del paese nell’immediato dopoguerra; ovviamente a quel tempo nessuno pensava ai danni che tale insediamento avrebbe provocato all’ambiente circostante negli anni a venire. All’inizio del dibattito probabilmente c’erano individui o gruppi che si contrapponevano a tale decisione ma dopo si convinsero che era la decisione giusta da fare per rivitalizzare l’economia provinciale che era stata gravemente indebolita dalla guerra. Il luogo scelto fu una zona rurale sull’altro lato del Mincio rispetto alla città perché serviva un’area non danneggiata che fosse relativamente vicina al centro cittadino. La storia di IES è legata a quella dello sviluppo di Mantova e della sua provincia che da zona prevalentemente agricola si è trasformata in una delle aree più industrializzate del paese. Mantova arriva relativamente tardi alla sua attuale struttura industriale rispetto ad altre parti d'Italia, dove profonde trasformazioni sono avvenute nel primo e secondo dopoguerra. E' solo dalla metà degli anni '60 che inizia la fase più accelerata del processo industriale che in circa 20 anni porta Mantova e provincia a raggiungere una struttura completa ed omogenea di attività di produzione, trasformazione e commercializzazione.

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Oggi la raffineria conta poco meno di 10 compagni al suo interno: Polimeri Europa, EniPower Mantova, IES, Bellei, Sogefi Filtration, Sol,

Sapio.

Una

delle

cause

maggiori,

fisicamente esterne al quartiere, è proprio la presenta di questo polo industriale in quanto, ritenuto la causa del maggiore inquinamento dell'aria, soprattutto nei dintorni, e dunque anche in Valletta Valsecchi. La zona verde che va dall'argine alle acque del lago Inferiore è poco utilizzata anche per questo motivo in

25. mappa polo industriale

quanto già molto inquinata, infatti gli orti urbani che in passato erano localizzati all'interno di questa zona sono oggi inesistenti. L'inquinamento è anche uno dei motivi per cui alcune abitazioni non vengono affittate o addirittura vengono abbandonate dai proprietari, che vanno a

scegliere

un

posto

più

salubre.

La

conseguenza imminente è infatti la presenza di una popolazione per lo più anziana e straniera nel quartiere. Essendo i laghi di Mantova di media larghezza, ciò che si trova dalla parte opposta viene percepito come parte della città; ossia che anche se la città sembra “schermata” dalla cintura dei laghi tutti gli ambienti che si trovano sulla sponda opposta dei sono parte di essa in quanto perfettamente visibili.

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26. foto polo industriale


2.2.2

LO STADIO “DANILO MARTELLI”

L'impianto è intestato a Danilo Martelli, giocatore del grande Torino, jolly della squadra e componente del leggendario Trio Nizza di cui facevano parte Valerio Bacigalupo e Mario Rigamonti. La costruzione dello stadio è del 1936 e inizialmente lo stadio poteva contenere 15.000 spettatori. La capienza aumentò fino a 21.000 spettatori negli anni '60 quando il Mantova approdò il serie A: in quegli anni spesso venivano inoltre installate delle tribune mobili per aumentare la capienza dell'impianto a quasi 30.000 persone. Il primo giugno 1967 furono in 25.000 a spingere il Mantova alla vittoria contro l'Inter di Facchetti, Jair e Suarez. Nel 2005 furono apportate alcune modifiche: venne rimossa la pista del velodromo e nella curva Te (quella riservata ai tifosi di casa, la Cisa invece accoglie i sostenitori ospiti) fu montata una struttura modulare in tubi metallici posizionata vicino al rettangolo di gioco. Per diversi anni è stata in discussione la proposta di costruzione di un nuovo stadio per il Mantova, che avrebbe preso il posto di quello attuale, ma il progetto è stato accantonato dal Comune. Lo stadio si trova a Sud del centro storico della città in linea con l'ippodromo e

1. lolo stadio Martelli neglinegli annianni '40 '40 27. stadio Martelli

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Palazzo Te. Solo la larghezza di una carreggiata, corso Garibaldi, divide lo stadio dal quartiere Valletta Valsecchi. Questo fattore provoca, infatti, diversi problemi da più punti di vista. Corso Garibaldi è una delle strade più trafficate della città di Mantova, in quanto, una delle poche che porta al casello autostradale e ad altri importanti raccordi. Ciò implica il fatto che l'uscita e l'entrata dal quartiere è, da questo lato, difficile e poco sicura. Gli attraversamenti pedonali non sono adeguatamente segnalati e gli accessi al quartiere poco visibili. La presenza dello stadio in questo contesto, se da un lato favorisce l'affluenza di persone nella città di Mantova, dall'altro aumenta notevolmente il problema stradale del traffico e della sicurezza. Considerando il fatto che questo accesso alla città ha una notevole importanza, la presenza dello stadio non “accoglie” nel miglior modo il visitatore. La struttura visibile dall'esterno è per la maggior parte metallica a vista, circondata da una serie di cancellate che chiudono la struttura. La destinazione d'uso stadio è poco percepita da un normale visitatore, in quanto poco curata.

2. Martelli attualmente 28.lolostadio stadio Martelli attualmente

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2.2.3 CHIESA E CONVENTO DI SANTA MARIA DEL GRADARO La chiesa di Santa Maria del Gradaro fu costruita a Mantova a partire dall'anno 1256 con l'aggiunta del convento nel 1260. Nel nome Gradaro è riconoscibile il termine credarium (cumulo di creta), che richiamerebbe il luogo collinare extraurbano dell'originaria sede di culto, successivamente trasferita in città nel 1268, forse in una struttura già esistente, come suggerirebbero alcuni elementi architettonici ancora leggibili, anche se la documentazione storica a riguardo non è completamente chiara. La tradizione vuole che il luogo della chiesa sia lo stesso dove fu martirizzato, tra altri, S. Longino, il centurione romano che portò a Mantova il Preziosissimo Sangue di Cristo. Il nuovo edificio, retto dai Canonici regolari di S. Marco, doveva comunque essere terminato nel 1295 quando, secondo l'iscrizione ivi riportata, fu eseguito il portale marmoreo ad opera dei veronesi Giacomo e Ognabene Gratasoia. La facciata del monumento è stata realizzata in stile romanico-gotico ed è caratterizzata per la particolare forma asimmetrica del portale a capanna. Di interesse è anche il rosone, collocato al di sopra del portale. Il monumento è stato realizzato nel 1256; il convento adiacente è stato realizzato in epoche successive. L’interno della Chiesa di Santa Maria Annunziata di Gradaro si sviluppa in tre navate. Molto belli sono gli affreschi del XIII e del XVI secolo, secondo alcuni studiosi realizzati da Leonbruno e Pagni. L’antico muro di cui c’è traccia all’interno del monumento serviva per separare i monaci dai fedeli, in occasione delle funzioni religiose. La chiesa fu soppressa nel 1772 divenendo magazzino militare. Durante la seconda guerra mondiale gli edifici che costituivano il complesso religioso furono trasformati in campo di concentramento e in campo profughi. Grazie all'imponente campagna di restauri iniziata nel 1952, fu possibile ricuperare le forme architettoniche originarie che avevano subito una trasformazione di gusto classicheggiante a partire dal secondo decennio del XVI secolo e un profondo degrado seguito all'occupazione militare effettuata dal 1775 fino al 1932.

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29. convento di Santa Maria del Gradaro

Dal 1952 fu affidata alle "Oblate dei Poveri di Maria Immacolata", che nel convento annesso hanno istituito la loro casa generalizia. Nel 1966 fu istituita la parrocchia dedicata all'Annunciazione della Beata Vergine Maria. Questo complesso monumentale, essendo praticamente parte del quartiere, trasmette la sua importanza a tutta la zona in quanto funge anche da parrocchia, appunto, per il quartiere di valletta Valsecchi e le zone circostanti. Essendo composto da chiesa e convento, ospita spesso giovani per iniziative culturali e ludiche all'interno dello spazio del Gradaro. Dentro le mura del complesso si colloca anche un piccolo campo da calcetto, appunto, per rendere piĂš “giovanileâ€? lo spazio.

30. chiesa di Santa Maria del Gradaro

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2.2.4 BOSCO VIRGILIANO

31. entrata Bosco virgiliano 3. entrata deldel bosco virgiliano

Il Bosco Virgiliano, intitolato al massimo poeta latino, Publio Virgilio Marone, nato nella vicina località di Pietole Vecchia, l'antica Andes romana, è un parco pubblico che si estende per cinque ettari nella parte meridionale della città di Mantova tra il quartiere di Valletta Valsecchi, il Mincio e il Migliaretto, area demaniale adibita a campo d'aviazione fino al 1973. Il parco è stato progettato dall'architetto Giuseppe Roda e inaugurato il 21 settembre 1930. Ma l'idea di creare un grande parco commemorativo del sommo poeta della latinità, preesisteva da lungo tempo. Un primo progetto rimasto sulla carta fu dell'architetto Paolo Pozzo su incarico del governatore di Mantova, il generale francese de Miollis che comunque

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resero omaggio a Virgilio con Piazza Virgiliana, creata sul modello delle piazze giardino parigine. All'avvicinarsi del bimillenario della nascita del poeta, l'idea del bosco ritorna in auge trovando come principale sostenitore il presidente del Comitato Nazionale Forestale Arnaldo Mussolini, fratello di Benito. Nel 1929 il concorso pubblico fu vinto da Giuseppe Roda, architetto di giardini e parchi dei Savoia e che già aveva lavorato per i giardini di Mantova. I lavori iniziati nella primavera del 1930, a tappe forzate si conclusero in tempo per la preventivata data d'inaugurazione del 21 settembre 1921. Furono impiantate 500 conifere, 2900 altri alberi, 600 piante da frutto, 15 mila arbusti, vigneto. Per Arnaldo Mussolini fu eretto un busto dello scultore Ettore Lotti che dopo la Liberazione fu rimosso. Il parco si è naturalizzato e inselvatichito con il passare degli anni, diventando l'habitat ideale per molte specie che vi si sono insediate. Nel mezzo del parco di Bosco Virgiliano si trova un'area di circa 50.000 metri quadrati, comprensiva di un laghetto, dove aveva sede la colonia, una casa, le serre e gli spazi per le attività del CRES. Questo spazio, come il resto del parco, restò abbandonato per un lungo periodo e il Comune dismise progressivamente la produzione floreale per la città e fece chiudere le serre. Negli anni '90 il WWF ha elaborato una proposta di recupero del bosco e per attuarla ha costituito l'Associazione Anticittà, alla quale è tutt'ora attribuita l'intera gestione dell'area e delle sue strutture. Le vecchie serre dismesse sono state trasformate in case per le farfalle. Gli spazi del parco, l'attuale Parcobaleno, ospitano diverse manifestazioni e iniziative, dai concerti alle attività per bambini ai circoli per gli anziani.

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32. analisi delle soglie storiche 50


3.1 ANALISI DELLE SOGLIE STORICHE La zona di Valletta, essendo una zona di depressione, in passato si presentava con un suolo paludoso a causa di alluvioni e inondazioni, e in principio fu parte della cinta di acqua che circondava e proteggeva Mantova durante i periodi di guerra. Il quartiere, sorto attorno agli anni '50, è stato costruito sui terreni che in principio erano occupati dallo zuccherificio Eridania, una delle principali attività di Mantova nella prima metà del '900. Verso la fine degli anni '50 cessò la produzione dello zucchero e di conseguenza l'edificio venne smantellato. In sostituzione vennero costruiti condomini nella maggior parte della zona, realizzando così, alla fine degli anni '70, il nuovo quartiere residenziale di Valletta Valsecchi. Attraverso le cartografie storiche che sono giunte fino ai giorni nostri, è possibile comprendere e contestualizzare la nascita e lo sviluppo del quartiere delle zone limitrofi fino a pochi anni fa.

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Le prime considerazioni sull'area le possiamo desumere da questa carta disegnata dal Bertazzolo nel 1628: alla fine della dominazione della dinastia Gonzaga, periodo in cui la città ha raggiunto il suo massimo splendore. Il Porto Catena, approdo principale e punto nevralgico del commercio. L'area a Sud del porto, è completamente definita nelle sue cortine edilizie che lasciano solo spazio alla grande piazza dove avveniva il follo della lana e il mercato del bestiame (attuale piazza dei Mille) Tutt'attorno la sponda si ergono possenti fortificazioni che cingono numerosi spazi dedicati ad orto, il convento del Gradaro, e un appezzamento di terra prossimo al lago a ridosso dell'abbazia di San Nicolò, concesso agli ebrei affinché vi seppellissero i loro morti. La zona Sud destinata al quartiere Valletta Valsecchi si presenta ancora come parte delle acque che circondano la città.

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Nella rappresentazione qui a fianco si può notare come già nei primi anni del '900, la zona occupata oggi dal quartiere, diventa completamente abitabile. Visibile è l'argine come lo è anche la morfologia del quartiere che è presente oggi in quell'area. Si intravede la scritta Valletta Valsecchi; la carta è data 1909, prima della bonifica in cui venne costruito lo stabilimento idrovoro, ma dopo la costruzione dell'argine, in quanto già visibile. La zona non presenta ancora aree edificate.

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Questa carta geografica militare ci mostra come già il porto abbia assunto la sua attuale conformazione, ma il cambiamento più evidente è la costruzione che si colloca tra il concento di Santa Maria del Gradaro, quello di Santa Paola, il porto e il lago. Questo insediamento di notevoli dimensioni, è la Fabbrica Ceramica; dopo molto tempo quindi in quest'area torna una funzione commerciale importante, che all'inizio utilizzerà anche il mezzo fluviale per il trasporto, collegata al porto tramite dei binari ferroviari per il trasporto delle merci. La zona Valletta Valsecchi è per la maggior parte occupata da aree verdi ma è possibile notare una delle prime strutture che sono state edificate al suo interno: lo zuccherificio Eridania, una delle principali attività della zona grazie all'efficiente coltivazione della barbabietola, localizzato nella zona Centro-Sud del quartiere.

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La carta geografica qui riportata mostra la situazione generale del quartiere Valletta Valsecchi negli anni '50. Nel 1954 Valletta Valsecchi si presentava cosĂŹ. A 10 anni circa dalla fine del conflitto mondiale il quartiere ospita, come visto prima, lo stabilimento dello zuccherificio e i primi condomini nelle vicinanze. Il quartiere inizia a prendere forma.

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L'Estratto del Piano Regolatore Generale in cui sono presenti molte intenzioni che non sono state effettivamente attuate, come il completamento dell'area Valletta Valsecchi, la costruzione di una strada che attraversi il quartiere a approdi sulle sponde del lago e un tratto ferroviario fino alla ceramica. Si possono invece distinguere in rosso alcune aree di consolidamento residenziale, e sotto la ferrovia la costruzione di un nuovo quartiere residenziale oltre il parco del Bosco Virgiliano.

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In questa variante del Piano la ceramica è accresciuta di nuovi capannoni, tra il convento di Santa Paola e la Chiesa del Gradaro, segnalati monumenti da preservare, a fianco al porto viene designata l'area a parcheggio e parco. L'area militare è già a questa data definita come “aree destinate ad uso pubblico per attrezzature di interesse territoriale e urbano”: attrezzature tecnologiche, verde di proprietà e gestione Comunale e parcheggio ad uso pubblico. Il quartiere di Valletta Valsecchi è designato al completamento di edilizia intensiva ed estensiva, con una zona di servizi, i due parchi prima dell'argine e il lungo lago.

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Da questo estratto del PGT si può comprendere lo stato attuale dell'area con l'edificazione del nuovo quartiere Fiera Catena sul porto, la definizione del verde perilacustre, e il mantenimento delle strutture evidenziate con il colore azzurro come servizi pubblici. Definito è il quartiere Valletta Valsecchi e la separazione dettata dalla ferrovia a Sud e dall'argine alla sponda del lago. Per la maggior parte coperto da edifici a destinazione d'uso residenziale, presenta anche una zona, centrale e verso via Garibaldi, piÚ sviluppata sulla destinazione pubblica.

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4.1

LA NASCITA DEL QUARTIERE

Prima di essere il quartiere che è presente ora, Valletta Valsecchi era importante per la presenza di alcuni capannoni industriali, tra cui lo zuccherificio Eridania, ora non più esistente, e la fabbrica di ceramiche ora in stato di abbandono. Altro elemento presente negli anni ’50 era la presenza delle due palazzine costruite per ospitare i profughi istriani, presenti ancora nel quartiere ma in stato di abbandono. L’elemento più importante è stato però quella della bonifica negli anni ’20, attraverso la costruzione dell’impianto idrovoro.

4.1.1 L’IMPIANTO IDROVORO DI VALLETTA VALSECCHI Mantova ed il territorio della sua provincia rappresentano un importante e sofisticato nodo idraulico

nell'ambito della sistemazione del lago di Garda e dei fiumi Mincio e Po.

L'acqua per Mantova costituisce un elemento naturale e la storia e lo sviluppo della città e del contado sono strettamente correlati ad essa. Il territorio posto in sinistra del fiume Mincio è stato storicamente individuato come Consorzio di bonifica ossa di Pozzolo originatosi nel 1889 dalla riunione di preesistenti "Digagne" (così definite dal termine diga), forme associative di utenti che provvedevano alla gestione e manutenzione dei canali che utilizzavano le acque della Digagna madre: Fossa di Pozzolo, alimentata direttamente dal fiume Mincio. L'origine del canale Fossa di Pozzolo è antichissima e si ritiene che sia stata originariamente scavata nel 101 a.C. a scopo di difesa all'epoca dell'invasione dei Cimbri. Diversa si configura la storia del territorio posto in destra del fiume Mincio, qui la città di Mantova ed il territorio posto a sud della sua latitudine, delimitato dai fiumi Oglio, Mincio e Po, hanno costituito il comprensorio del Consorzio di bonifica Sud-Ovest Mantova, i cui momenti più rilevanti che hanno contribuito a conformare questa porzione di territorio possono così riassumersi. E' validamente

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documentato che anticamente il fiume Mincio si dirigesse direttamente verso il mare Adriatico senza sfociare in Po ed è accreditata la tesi che nel 989, a causa di un'imponente alluvione, l'Adige abbia modificato il suo percorso andando ad occupare l'alveo che era originariamente di Mincio, mentre quest'ultimo veniva deviato in Po, ove tuttora va a sfociare in località Governolo. L'alterazione dell'assetto fluviale ha dato origine a problemi di ordine idraulico per Mantova ed il territorio circostante, rendendo la zona sensibile ai regimi idraulici del Po, con l'alternanza di periodi di piena a periodi di magra. Nel secolo XVIII, sotto la dominazione di Maria Teresa d'Austria, il lago Paiolo è stato completamente prosciugato per problemi di ordine igienico-sanitario ed è soltanto verso la fine del secolo XIX che prendono avvio interventi sulla rete idrografica esistente al fine di migliorare lo scolo delle acque, così che vengono costituiti i primi Consorzi tra i proprietari interessati. L'avvento della meccanizzazione ha reso possibile la bonifica di ampi territori che rimanevano paludosi ogniqualvolta i fiumi andavano in piena e così con R.D. n. 251 del 31/3/1901 è stato costituito il Consorzio di bonifica Roncocorrente cha ha realizzato nel 1911 'omonimo impianto idrovoro a Borgoforte, mentre con R.D. del 27/3/1920 è stato istituito il Consorzio di bonifica dei Territori a Sud di Mantova che, raggruppando una serie di preesistenti piccoli Consorzi locali sorti per gestire circoscritti bacini di bonifica, ha provveduto alla realizzazione tra gli anni 1926 - 1929 di tre impianti a servizio della città di Mantova (Ponte Arlotto, Valletta Valsecchi e Paiolo Basso) nonché delgrande impianto della Travata a Bagnolo San Vito. Altri impianti idrovori minori sono stati realizzati negli ex Consorzi di miglioramento fondiario Boccadiganda, Cesole-CanicossaCampitello e Maldinaro. Nelle bonifiche del Sud Mantova si trova, appunto, quella della zona Valletta Valsecchi. Bonificata tra il 1926 e il 1929, la zona ora è sicura da inondazioni e alluvioni. La soluzione è stata la costruzione di un impianto idrovoro. La zona interessata da questa bonifica è soprattutto quella della ex fossa magistrale, utilizzata in passato per il collegamento tra Lago inferiore e lago Superiore nel quale poi si andava a formare il lago Paiolo. La motivazione

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principale fu quella di mettere in sicurezza le zone a Sud della città e la città stessa, ma anche quella di risanare l'ambiente e il terreno da una condizione inutilizzabile. La causa erano solitamnete inondazioni provocate delle alluvioni che facenvano alzare il livello del mincio e per molto tempo le zone rimanevano fangose provocando ambienti invivibili. Questo impianto, tutt'ora funzionante, è testimoniato da una serie di fotografie realizzate inase

di

costruzione,

33. torretta impianto idrovoro

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tutte

nell'arco

di

periodo

tra

il

1926

e

1929.


4.1.2 LO ZUCCHERIFICIO ERIDANIA La storia di Eridania ha inizio a Genova, nel 1899. Teatro di attività mercantili (risale al 1869 l’apertura del Canale di Suez), la città è il punto d’incontro di Paesi che vi riconoscono quello che poi sarà chiamato nella storiografia “un impero sul mare”. L’identità genovese accoglie i principi che saranno i capisaldi di Eridania Italia aprendo così le porte a un nuovo scenario nel panorama italiano della dolcificazione. La “Società Anonima Eridania, fabbrica di Zucchero” ha una missione, fin dall’inizio, ben precisa: produrre e commercializzare zucchero in tutta la penisola. Il primo zuccherificio Eridania nasce a Codigoro (1899), dove l'omonima azienda associata si è impegnata a coltivare barbabietole nel proprio latifondo, secondo un piano di rotazione quinquennale dei terreni. Già l'anno successivo (1900) si inaugura uno stabilimento a Forlì, il che ha la conseguenza che, in pochi anni, la barbabietola da zucchero diventi la più importante cultura industriale in Romagna, superando la canapa. Dopo le gravi difficoltà dovute al conflitto che aveva rallentato fortemente la produzione a causa della caduta di domanda nel mercato e, soprattutto, per la carenza di mano d'opera, l'Eridania riprende l'espansione nei primi anni venti con la costruzione di nuovi impianti, l'ammodernamento degli esistenti e l'acquisizione di alcune aziende saccarifere minori. La grande crisi economica mondiale del 1928-29 produce una fase di concentrazione dell'industria italiana, cui non si sottrae quella saccarifera. È il 1930 quando l'azienda si fonde con un altro colosso del settore, la "Ligure Lombarda", dando vita alla "Eridania Zuccherifici Nazionali", la quale controlla pure la "Distillerie Nazionali". La diffusione dello zucchero nelle abitudini alimentari degli italiani ha visto un ritardo di mezzo secolo rispetto al resto d’Europa. Tuttavia grazie al rafforzamento della struttura produttiva, logistica e distributiva di Eridania, lo zucchero, nel corso degli anni trenta del Novecento, inizierà a comparire nelle case di tutti gli italiani. La fusione riesce perfettamente e, alla fine degli anni '30, gli ormai 28 stabilimenti

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controllati dall'Eridania, sono in grado di produrre il 60% del fabbisogno nazionale di zucchero. Tale sviluppo venne anche favorito dalla politica autarchica del regime fascista che perseguiva l'autonomia del Paese dalle importazioni dei beni di prima necessità dall'estero. Pur pesantemente colpita dagli eventi bellici del secondo conflitto mondiale, già nel 1947 l'azienda è in grado di riprendere la produzione, giungendo a regime nell'anno successivo. Nel 1966 il petroliere Attilio Monti decide di investire forti capitali nella produzione dello zucchero ed acquista l'Eridania, fondendola con la "Saccarifera Lombarda", la "Emiliana

34. zuccherificio Eridania in funzione 66


Zuccheri", la "Saccarifera Sarda" e, nell'ottobre del 1967, anche assorbendo i quattro stabilimenti delle ex "Distillerie Italiane" di Sesto San Giovanni, Ferrara, Roma e Napoli. Durante gli anni di gestione del "Gruppo Monti" si registra un forte aumento produttivo determinato da grandi evoluzioni tecnologiche aziendali, che però, uniti ai problemi derivanti dalla concorrenza creata dalla nascita del mercato unico europeo dello zucchero, causano anche una sensibile dismissione delle maestranze e la cessione di alcuni stabilimenti, tra cui si presuppone anche quello di Mantova. Lo stabilimento mantovano della compagnia Eridania era collocato nel quartiere Valletta

35. zuccherificio lato Sud 67


Valsecchi, a Sud della città. La sua produttività va circa dagli inizi degli anni '20 alla fine degli anni '50 (1924 – 1957). Lo stabilimento utilizzato per la produzione dello zucchero è stato demolito circo alla fine del periodo di produzione e rimangono solo delle foto come testimonianza della sua esistenza. L’immagine sulla destra, scattata attorno agli anni '50, mostra quasi completamente come il quartiere era sviluppato in quel periodo. Lo spazio dedicato al verde è ancora molto ma si inizia a vedere già come la destinazione dell'area si stia spostando da industriale a residenziale. In primo piano si vede chiaramente lo stadio Danilo Martello nel quale si sta svolgendo una gara ippica. La costruzione dello stadio risale al 1936, dunque una delle prime strutture ad occupare questa zona. Sullo sfondo, invece, si riconoscono già gli enormi serbatoi del polo industriale chimico, costruito negli anni 40 sulla sponda opposta del lago Inferiore. Al centro del quartiere si nota anche la struttura utilizzata nella prima metà del '900 come zuccherificio Eridania. Quei nella foto è localizzato nella parte in alto a destra con una tonalità di colore più scura rispetto a tutti gli altri edifici presenti. La facciata visibile e riguarda solo il corpo centrale della struttura, mentre si intravedono alcune coperture degli altri edifici adibiti a zuccherificio.

36. complesso intero dello zuccherificio Eridania

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37. Valletta Valsecchi anni '50 69


4.1.3

LA COSTRUZIONE DEGLI ALLOGGI “EX PROFUGHI ISTRIANI”

L'esodo giuliano-dalmata, noto anche come esodo istriano, è un evento storico consistito nella diaspora forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana che si verificò a partire dalla fine della seconda guerra mondiale e negli anni ad essa successivi dai territori del Regno d'Italia prima occupati dall'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia. Il fenomeno, susseguente agli eccidi noti come massacri delle foibe, coinvolse in generale tutti coloro che diffidavano del nuovo governo jugoslavo e fu particolarmente rilevante in Istria, dove si svuotarono dei propri abitanti interi villaggi e cittadine nell'esilio, si coinvolsero tutti i territori ceduti dall'Italia con il trattato di Parigi e, in misura minore, anche alcune aree litoranee della Dalmazia occupate dall'Italia durante la guerra. L'arrivo, nella primavera del 1945, delle forze jugoslave preluse a una nuova fase d'infoibamenti: furono eliminati, non soltanto militari della RSI, poliziotti, impiegati civili e funzionari statali, ma, in modo almeno apparentemente indiscriminato (e cioè lucidamente terroristico) civili di ogni categoria, e furono uccisi o internati in campi tutti coloro che avrebbero potuto opporsi alle rivendicazioni jugoslave sulla Venezia Giulia compresi membri del movimento antifascista italiano. Tali azioni spinsero la maggior parte della popolazione di lingua italiana a lasciare la regione nell'immediato dopoguerra. L'esodo era comunque già iniziato prima della fine della guerra per diversi motivi che andavano dal terrore sistematico provocato dai massacri delle foibe, annegamenti, deportazioni dei civili italiani in campi di sterminio operato dalle forze di occupazione jugoslave, al timore di vivere sottomessi alla dittatura comunista in terre non più italiane. Molti profughi si stabilirono oltre il nuovo confine, nel territorio rimasto italiano, soprattutto a Trieste e nel Nord-Est. Altri emigrarono in Europa e decine di migliaia nel resto del mondo. Non era chiara quale fosse la priorità per Tito e i suoi seguaci: priorità nazionalistica per una

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pulizia etnica, priorità politica ossia contro gli oppositori anticomunisti, priorità ideologica ossia contro i reazionari, priorità sociale ossia contro i borghesi. Molti istriani furono portati nei campi profughi, spesso lontano dalle zone “calde” di Trieste, ad esempio a Mantova, dove donne, vecchi e bambini erano trattati come internati, in campi circondati di filo spinato, e con l’obbligo umiliante di depositare le proprie impronte digitali in questura. Chi non trovava posto in questi campi doveva arrangiarsi in abitazioni di fortuna e molti vissero per un decennio nelle baracche. Ecco perchè molti esuli decisero di scartare immediatamente la possibilità di restare in Italia, e provare subito paesi oltreoceano come America e Australia. Come citato sopra, tutta l'Italia reagì all'esodo con la costruzione di nuovi edifici, e appunto, anche nella città di Mantova, oltre al campo profughi di Curtatone, si trovano edifici nati per ospitare gli esuli. Nel quartiere Valletta Valsecchi rimangono ancora oggi le due palazzine costruite alla fine degli anni '50 per ospitare i profughi istriani. Oltre ad aver avuto un'importanza funzionale durante l'esodo, meriterebbero oggi attenzione per l'utilità che possono ancora avere nel quartiere, anche se in questo momento non sono considerate come tal (cerchio giallo nell’immagine).

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4.2

VALLETTA VALSECCHI OGGI

La zona occupata dal quartiere Valletta Valsecchi si presenta, come già accennato, composta per la maggior parte da edifici residenziali. Per quanto riguarda il resto degli edifici e zone ne sono presenti numerose, in base alla funzione che svolgono all'interno del quartiere. Considerando istruzione e cultura come prime funzioni, il quartiere è provvisto di una scuola per l'infanzia (Anne Frank) e di una scuola elementare (Don Mazzolari) lungo via Leopoldo Camillo Volta. Sulla sua parallela, via Pietro Torelli, troviamo invece l'istituto superiore IALCISL Lombardia nell'incrocio con via Ludovico Grossi. Posizionato vicino all'impianto idrovoro Valletta Valsecchi si trova, appena fuori dal quartiere il complesso di Santa Maria del Gradaro, formato da chiesa e convento adiacente. Anche se è situata territorialmente all'esterno del quartiere, la biblioteca Gino Baratta, ex mattatoio, conferisce una certa importanza a tutta la zona circostante e dunque anche 38. il quartiere Valletta Valsecchi oggi

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Valletta Valsecchi.


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Per quanto riguarda zone legate alla presenza del verde pubblico si localizzano all'interno del quartiere i giardini Baden Powell, situati nella parte Sud di Valletta adiacenti a Via Brennero, nel quali si trova una zona gioco da esterno per bambini, spazi verdi e il sottopassaggio che porta nella zona del Bosco virgiliano. Quest'ultimo svolge un'altra funzione di utilità per il quartiere, e per la città, anche se situato appena fuori dai confini. In corrispondenza dell'argine, si trova lo spazio verde peri-urbano del lago Inferiore. Per la maggior parte occupato da alberature, ospita anche una zona picnic, con parcheggio annesso, e la zona di tiro con l'arco. Questo parco si trova in condizioni poco ospitali, più prossime allo stato di abbandono anche se il suo potenziale territoriale è alto. Per le zone verdi a destinazione d'uso sportivo ne sono presenti diverse nel quartiere. Come appena citato, lo spazio dedicato al tiro con l'arco nel parco peri-urbano del lago Inferiore. Dalla parte opposta dell'argine, verso la zona urbanizzata, si trova l'area sportiva M. Guerreschi, composta da due campi sportivi per il gioco del calcio più la struttura dedicata ai servizi per i giocatori come spogliatoi e altro. All'interno della stessa zona di verde è stata inserita una zona relax con delle panchine e tavoli. Tornando sulla strada centrale del quartiere, via Volta, è presente una palestra (Boni) posizionata tra le due scuole, elementari e asilo. Nella parte frontale della palestra è presente un campo esterno polifunzionale di basket, pallavolo e calcetto. Altri elementi presenti nel quartiere che il nuovo edificio che ospita anche la sede della Gazzetta di Mantova, affacciato sull'incrocio tra via Salvador Allende e Corso Garibaldi. Nello stesso stabile si trova anche la Wall Street English School, nota scuola per l'ottenimento di certificazioni linguistiche. Verso la fine di via Volta si colloca l'edificio adibito a studentato, abitato soprattutto da studenti stranieri. Nel territorio mantovano, la popolazione residente registrata nel 2001 è pari a 377.790. Nell’anno 2011 si evidenzia, invece, un sostanziale aumento della popolazione fino a 407.563 persone, registrando un incremento di quasi 30.000 individui (7,3 %).

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Nel corso del decennio 2001-2011 si evidenzia tuttavia il progressivo invecchiamento della popolazione nella provincia: la percentuale di individui di età compresa tra 0 e 4 anni è passata da 15.614 a 19.855, mentre la popolazione con più di 65 anni d’età ha registrato il maggior incremento, passando da 80.629 a 89.397 individui. Per quanto riguarda la città di Mantova, confrontando i risultati del 14° e 15° Censimento, la popolazione non è aumentata ma, al contrario, si evidenzia una leggera diminuzione: nel 2001 si registrano 47.790 individui, mentre nel 2011 46.638, con una variazione pari a -2,4%. I bambini di età compresa tra 0 e 4 anni, nel 2001 sono 1729, mentre nel 2011 se ne registrano 1856; per quanto riguarda la popolazione con più di 65 anni d’età, nel 2001 vengono registrati 12.245 individui, mentre nel 2011 12.850. Secondo il 14° Censimento Istat del 2001, le abitazioni nella provincia di Mantova sono 158.082; quelle occupate da persone residenti sono 145.303, mentre 12.779 sono non occupate o occupate da non residenti. Rispetto al Censimento 2001, nel 2011 il numero di abitazioni nel complesso è salito a 188.049 unità, di cui 163.537 sono le abitazioni occupate da residenti, mentre in forte aumento sono quelle non occupate o occupate da non residenti, che salgono a 24.512 unità.

39. censimenti 2001 - 2011 sulle abitazioni mantovane 75


Variazione di popolazione

Popolazione residente a Mantova

tra il 2011 e il 2001

Censita al

Censita al

Valore assoluto

9 ottobre 2011

21 ottobre 2001

46.638

47.790

1152

Censimento 2001 Tra 0 e 4 anni 1.729

Valore percentuale -2,4

Censimento 2011

65 anni e più

Tra 0 e 4 anni

65 anni e più

12.245

1.856

12.850

Abitazioni nella provincia di Mantova Censimento 2001

Censimento 2011

Valore assoluto

Valore percentuale

145.303

163.537

18.234

11,1

Abitazioni non occupate

12.779

24.512

11.733

47,9

Totale

158.082

188049

29.967

15,9

Abitazioni occupate da residenti

Questa serie di dati spiega, a livello provinciale, come, con il tempo, la situazione di spreco e abbandono di immobili stia aumentando. Come esempio è chiaramente citabile il quartiere Valletta Valsecchi. Nel suo “piccolo”, rispetto ai territori della provincia mantovana, presenta più di un caso di abbandono di immobili e ugualmente per quanto riguarda alcune aree destinate all'utilizzo pubblico. Fattori come l'isolamento dalla città, l'invecchiamento dell'età media di quartiere, l'abbandono delle zone pubbliche, la non salvaguardia di alcuni edifici e l'inquinamento del polo chimico, favoriscono problematiche legate alla società interna al quartiere. Le conseguenze si possono analizzare, appunto, in quest'area dove la vita sociale esiste poco. La

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sicurezza delle strade è uno dei primi elementi che dovrebbe governare una città; in questo caso, la zona di Valletta Valsecchi, non rappresenta un buon esempio. La presenza di molti stranieri e di anziani, rende ancora più difficile una possibile interazioni sociale a causa dei problemi connessi alla lingua. Si riconoscono principalmente 4 zone verdi e 2 aree edificate, all'interno del quartiere, in stato di abbandono o poco utilizzo. Il parco peri-urbano, come accennato in precedenza, si presenta molto trascurato e, di conseguenza, poco sfruttato. Altro spazio completamente in stato di abbandono è la parte di verde che affianca via Ariosto, parte centrale della zona residenziale e parte frontale dell'edificio bianco che si trova tra via Ariosto e via Mozart. La zona sportiva dedicata agli allievi del Mantova calcio e lo spazio dei giardini Baden Powell sono, invece, in buono stato ma con problemi di distribuzione in quanto presentano troppe aree senza una precisa funzione. Per quanto riguarda la parte edificata in abbandono è notevole la condizione delle palazzine occupate dagli ex profughi istriani dopo il secondo conflitto mondiale. L'altro luogo in completo abbandono è il piano terra dell'edificio bianco centrale nel quartiere residenziale. Un tempo occupato da negozi, oggi è completamente vuoto a causa degli affitti molto alti e della poca fruibilità della zona stessa. La rete ciclo-pedonale che serve il quartiere si sviluppa lungo via Volta, via Grossi e via Allende, strade in cui si trovano i servizi principali della zona fino al collegamento con il piazzale di Porta Cerese dove si trova una postazione di bike sharing. Il tratto lungo via Ariosto e vicolo Maestro è attualmente carrabile, ciclabile e rappresenta il collegamento, in sicurezza, mancante tra il centro del quartiere e i giardini Baden Powell. A loro volta i giardini collegano, attraverso il sottopassaggio, il quartiere con il Basso Mincio, dunque Bosco Virgiliano e Vallazza. Il principale intervento all'interno del quartiere consiste nella messa in sicurezza dei ciclisti lungo via Ariosto e vicolo Maestro, nonché nel completamento dei servizi per la mobilità ciclabile (rastrelliere in corrispondenza dei principali servizi).

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La statale del Brennero delimita, insieme alla ferrovia, Valletta Valsecchi sul lato Sud. Essendo una strada ad elevata percorrenza, insieme con la ferrovia, rappresentano un elemento di disturbo per la gente del quartiere, in particolar modo per gli abitanti degli edifici che sono stati costruiti attorno agli anni '60 proprio a ridosso di questa strada. La fascia di verde è poco curata e non sono presenti sufficienti schermature. In vista di tutte queste considerazioni sono nate nel quartiere alcune associazioni per la salvaguardia di esso stesso. Principalmente si fondano su una ricostruzione del rapporto sociale tra la gente nuova e vecchia del quartiere. L'ARCO E LE PIETRE – percorsi di coesione sociale E' un progetto triennale di coesione sociale rivolto ai quartieri di Valletta Valsecchi e Te Brunetti. Istituzioni, scuole, associazioni, parrocchie, cooperative sociali, sindacati, associazioni di categoria e i cittadini promuovono insieme attività e servizi per la creazione di reti solidali, per l'aggregazione culturale e sociale, per il confronto fra generazioni e culture diverse, per incentivare la partecipazione attiva ed il protagonismo dei cittadini. L’obiettivo è stringere le

maglie dei due quartieri per creare un’offerta larga di risposte e servizi, sollecitando il protagonismo di associazioni, operatori, giovani, famiglie, cittadini tutti. I centro socioeducativo L’Arco e le Pietre: si trova terra di uno dei due palazzi di edilizia popolare in via Volta. GENERAZIONE HUB L’idea alla base del nuovo percorso consiste nel pensare, e realizzare, un progetto complessivo e unitario di pastorale giovanile che affronti tutti gli aspetti principali dell’educazione dell’adolescente e del giovane (dai 14 ai 25 anni circa). Un progetto che tenga conto dei cammini formativi per i giovani inseriti nei contesti parrocchiali, ma anche aperto ai contesti giovanili che non direttamente frequentano gli spazi ecclesiali, offrendo indistintamente percorsi di crescita umana, sociale e spirituale. Il progetto di pastorale giovanile prevede la

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costituzione di una sede che possa garantire un luogo di ritrovo per le fasi organizzative e gestionali del progetto. Tuttavia la ricchezza del progetto risiede nell’idea di promuovere le proprie attività unicamente nella creazione di una rete gestionale che sappia coordinare le ‘risorse umane’ e gli spazi disponibili nelle diverse parrocchie. ARCI FUZZY Il circolo Arci Fuzzy svolge svariate attività diurne ed è un polo di coesione sociale, dalla danza africana, ai corsi di giovani creativi (fotografia, web), all’italiano per stranieri, informatica per anziani, ginnastica per “donne mature” ai servizi di assistenza fiscali e i pranzi sociali. Inoltre promuove eventi culturali mostre e concerti. A partire da questo centro nascono nuovi progetti sul quartiere come: - Vivi Valletta è l’idea di mettere in rete i vari soggetti attivi (arci, parrocchia, associazioni anziani e vari) per organizzare insieme il volontariato di quartiere. - Riviviamo la Piazza è l’iniziativa che da due anni stagionalmente riempie la piazza abbandonata (15 negozi sfitti e verde incolto), grazie al volontariato e alla messa in rete. Ogni festa ormai accoglie moltissime persone, con ristoro, mercatino dell’usato intrattenimento musicale e laboratori per bambini. Inoltre nei negozi sfitti ogni volta vengono proposte attività temporanee, nel tentativo di incentivare nuove collaborazioni e interesse in nuovi esercizi commerciali. - Decoriamo Valletta è un progetto di street art diffusa sul quartiere, attivo dal 2013 per trasformare gli angoli grigi in sorprese creative.

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5.1

OBIETTIVI

In seguito alle precedenti considerazioni e alle analisi effettuate sono state individuate le principali problematiche e potenzialità presenti nel quartiere, tradotte in seguito in interventi sul costruito. L’intervento prevede la rigenerazione urbana di alcune aree all’interno del quartiere Valletta Valsecchi, attraverso la riorganizzazione e realizzazione di spazi verdi esistenti e la riqualificazioni delle due palazzine abbandonate localizzate nella fascia Sud del quartiere. Il fine principale è quello di dare nuovi spazi agli abitanti del quartiere, e della città, in cui avere la possibilità di instaurare nuovi rapporti sociali, fare sport, piuttosto che attività legate alla cultura. Partendo da questa riflessione possiamo raggruppare tre argomenti principali legati agli obbiettivi dell’intervento: -

Sociale: in base alle analisi effettuate sulla popolazione mantovana, e in particolare del quartiere, è emerso che ci sono delle differenze di nazionalità ed età che rendono molto difficile la condivisione degli spazi pubblici per diversi fattori sociali. Anche se il quartiere è relativamente tranquillo e ben servito, è privo di un fulcro fisico e sociale che dia la possibilità agli abitanti di sviluppare la vita in comune. L’attuale conformazione territoriale del quartiere presenta diversi spazi adatti allo svolgimento della vita sociale del quartiere ma pochi, o quasi nessuno, adeguatamente organizzati. La potenzialità del quartiere è quindi intrinseca e deve essere sfruttata maggiormente a favore degli abitanti per una condizione di comfort più alta.

-

Funzionale: durante il sopralluogo è emerso come l’area d’intervento sia sostanzialmente munita di numerosi spazi aperti già fruibili, ma la maggior parte di essi sono in stato di abbandono o non sfruttati pienamente. Uno degli obbiettivi sarà quindi quello di dare una precisa funzione ad ognuno di essi. Il problema che sta alla

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base del quartiere è però l’accesso dall’esterno: essendo limitato da importanti arterie stradali su due lati, la visibilità dell’accesso viene a mancare, dunque necessita di un intervento. La viabilità interna è relativamente ben organizzata con strade munite di marciapiedi, ma l’illuminazione risulta scarsa. La rete ciclabile è poco sviluppata all’interno del quartiere, infatti tra gli obbiettivi ci sarà anche la realizzazione di alcuni collegamenti ciclopedonali ora assenti. All’interno del quartiere vengono inseriti anche spazi per l’attività di giardinaggio. Altro problema riguarda l’area degli edifici abbandonati. La riqualificazione prevede nuovi alloggi di diverse dimensioni per dare più offerta sul mercato e spazi, di sfondo culturale, ad uso pubblico per gli abitanti del quartiere. La copertura a falda viene sostituita con una piana per l’inserimento di pannelli fotovoltaici utili alle abitazioni. Il sopralluogo ha anche mostrato la tipologia di struttura con cui è stato costruito, quella puntiforme, fondamentale per una completa riorganizzazione degli spazi interni. -

Estetico: ovviamente un progetto d’architettura deve avere tra i suoi obbiettivi quello di una buona resa estetica, oltre che funzionale. L’intervento vuole quindi andare a migliorare tutte le aree che necessitano di riqualificazioni ma considerando sempre il lato esistente, cercando di non apportare troppe modifiche ad esso. In particolare nel caso dell’edificio, essendo anche relativamente importante dal lato storico, il mantenimento di alcuni aspetti architettonici rende ancora più apprezzato l’interno intervento.

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5.2

STRATEGIE

Le strategie impiegate nell’intervento complessivo, coinvolgono in particolar modo l’aspetto sociale del quartiere, in quanto risulta l’ambito meno sviluppato. Attraverso lo studio delle analisi realizzate e la stesura di una mappa concettuale, si è arrivati ad una serie di metodologie che applicate sul territorio, formano nuovi spazi aperti ad utilizzo pubblico. Questi spazi progettati andranno poi ad assumere diverse funzioni all’interno della nuova vita comune del quartiere. L’immagine a lato rappresenta, appunto, il concept plan dove si individuano tutte le aree di intervento del quartiere. La simbologia riportata qui a fianco spiega sinteticamente gli obbiettivi che si vogliono raggiungere attraverso la rigenerazione urbana del quartiere. Molte sono le zone da riqualificare, altre completamente da riprogettare e, nel numero 8 sulla mappa, vengono individuati anche i due edifici che verranno in seguito sviluppati nella tesi più nel particolare.

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40. concept plan generale 85


5.3

LE ZONE D’INTERVENTO

A seguito della stesura del concept plan si riconoscono 6 zone d’intervento. L’aspetto più importante della progettazione è quello di considerare il costruito. Le zone d’interesse del quartiere analizzate in precedenza, vengono prese in considerazione in fase di progettazione in quanto, essendo già dei poli attrattivi per un certo numero di individui, hanno più possibilità di utilizzare le nuove zone limitrofi. Il primo punto di riferimento preso in considerazione è stato quello degli edifici pubblici all’interno del quartiere. La scuola elementare e materna (2) localizzate quasi nel centro, sono un polo attrattivo per i più piccoli, di conseguenza la progettazione si è sviluppata anche attorno a questo spazio sociale. Un altro elemento fondamentale presente nella zona e fondamentale per la progettazione è il convento di Santa Maria del Gradaro (1). Questo monumento, oltre all’aspetto storico, è la parrocchia del quartiere e in aggiunta organizza eventi e iniziative per i ragazzi. Questi due spazi pubblici sono accomunati dalla fascia di bassa età che li frequenta. Al centro del quartiere si trova un parco nel quale sorgono dei campi da calcio (6), utilizzati dai giovani calciatori mantovani. Quest’area risulta poco sfruttata in relazione alla superficie da cui è composta, infatti le ipotesi vedono l’inserimento di nuove attività anche in vista del contesto appena descritto. Un altro aspetto fondamentale per la rigenerazione urbana è la visibilità del quartiere. L’accesso al quartiere risulta essere poco visibile a causa delle strade che lo delimitano a Sud e a Ovest. L’incrocio stradale (7) che individua l’accesso è diventato quindi oggetto di studio e di riqualifica per il miglioramento dell’accessibilità al quartiere. Per quanto riguarda le due aree verdi già presenti, senza una precisa funzione, la loro progettazione ha coinvolto anche il ridisegno dell’area con l’inserimento di nuove attività, percorsi e zone relax, tutte collegate da un unico sistema. La prima area (4), quella situata più

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a Sud del quartiere, ospiterà dei percorsi sensoriali uniti ad attività di giardinaggio a livello di quartiere più spazi di relax. La zona che si affaccia, invece, sul lago completerà la fascia di verde che già circonda la città attraverso una morfologia del territorio che renderà utilizzabile l’area che in caso di un improvviso innalzamento del livello del lago. Saranno poi presenti altre aree e percorsi particolari di uso pubblico che si svilupperanno secondo una particolare forma. Nel centro della parte residenziale troviamo l’edificio residenziale (3) più grande del quartiere. La sua particolarità è quella di avere i locali al piano terra completamente in stato di abbandono, a causa degli elevati affitti. Il punto di forza di questo edificio è quello di avere uno spazio antistante che funge da piazza. Questo spazio si trova però in stato di abbandono e quindi non propriamente utilizzabile. L’intervento che andrà ad interessare questa area sarà il ridisegno completo della piazza con spazi di seduta e relax, collegato ovviamente ad una locazione degli spazi attualmente in stato di abbandono. La potenzialità di questo spazio è proprio la posizione centrale rispetto alle abitazioni, capace dunque di fungere da fulcro sociale per tutto il quartiere, essendo anche collegato allo spazio commerciale. L’ultima zona d’intervento è localizzata nella fascia Sud del quartiere. È composta da un lotto di due edifici (8) degli anni ’50, oggi in stato di abbandono. La struttura ancora sana, ha permesso appunto la realizzazione di un’ipotesi di progetto che dia valore all’edificio con un nuovo utilizzo. La progettazione di questo spazio si concentra poi sullo spazio compreso tra i due edifici che verrà lasciato a verde pubblico.

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5.4

IPOTESI DI PROGETTO

Attraverso lo studio e la stesura del concept si arriva alla rappresentazione grafica del masterplan. All’interno di questo elaborato si trovano a grande scala, tutti gli interventi che sono stati elencati in precedenza nella descrizione del concept plan. Sotto, sono state riportate le sezioni ambientali di progetto del quartiere. La presenza di questi elaborati è necessaria per capire l’andamento del territorio e formulare al meglio le ipotesi di progetto che andranno poi ad occupare gli spazi del quartiere. Sapendo che l’area in cui è nato il quartiere si trova in una zona di depressione rispetto alle acque del Mincio, si nota come le zone verdi siano rimaste sotto il livello, mentre le zone edificate sono state portate al livello dell’argine. Grazie alla bonifica della zona negli anni ’20 il quartiere non rischia più inondazioni dovute al livello del lago in quanto, ora, è costantemente controllato.

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41. masterplan generale

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5.4.1

PIAZZA E PARCO DEGLI ORTI

Nella prima zona d’intervento si trovano, come stato di fatto, spazi verdi abbastanza curati da essere fruibili dagli abitanti ma poco organizzato. Verso il centro del quartiere troviamo, invece, la piazza, tutt’ora in uno stato non curato e quindi non fruibile. Anche se la zona verde non è in stato di abbandono, risulta comunque poco organizzata e dunque non sfruttata in tutti i suoi aspetti. L’idea di progetto che è stata integrata con questa zona, vede la trasformazione tematica da verde di quartiere a giardino degli orti. L’inserimento di questa funzione ha richiesto anche un ingrandimento della, già presente, zona parco giochi con nuovi attrezzi e più spazio. Lo spazio dedicato ai cani è rimasto invariato, in quanto utile e di recente edificazione. È stato realizzato anche un nuovo percorso sensoriale che segue la disposizione degli orti urbani; il percorso dà la possibilità al visitatore di vivere i colori della natura anche in città grazie agli alberi da frutto e gli orti, spazio attraverso il quale di sviluppa il percorso. La zona acquista importanza grazie alla presenza del sottopassaggio che porta a Sud del quartiere. Essendo uno dei pochi attraversamenti della via Brennero, rende questo spazio ancora più valorizzato e dunque utilizzato non solo come sosta o luogo di aggregazione sociale, ma anche come passaggio per raggiungere le zone più a Sud, ad esempio il Bosco Virgiliano.

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42. masterplan piazza e parco degli orti

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5.4.1

INCROCIO STRADALE

Lo stato di fatto di questa zona si presenta in buono stato e completamente funzionante, ma l’influenza che questo snodo stradale esercita sul quartiere è totalmente negativo. La dimensione della careggiate rende difficile l’attraversamento pedonale ed in corrispondenza dell’incrocio si trova anche uno dei pochi accessi del quartiere. L’idea di progetto inserisce come miglioramento una rotatoria al posto del sistema di semafori che governava in precedenza l’incrocio. Per facilitare l’attraversamento pedonale e la sicurezza sono stati inseriti degli spartitraffico tra le corsie che rendono il centro della carreggiata una zona di sosta temporanea. Ai marciapiedi è stata aggiunta una corsi ciclabile che poi si collega con quella del quartiere. Nella zona compresa tra la rotonda e lo stadio è stata realizzata una piccola area di sosta, attrezzata con tavoli e sedie che funge da zona relax per chi sta svolgendo l’attività di camminare o andare in bici. La zona è stata schermata dalla carreggiata attraverso un filare alberato. In corrispondenza degli attraversamenti pedonali è stato aggiunto un piccolo dosso per rallentare leggermente il veloce traffico che quotidianamente scorre su via

Garibaldi.

L’espansione

dell’esistente

parcheggio vicino allo stadio è stato possibile grazie

all’eliminazione

del

capannone

abbandonato che giaceva inutilizzato su metà dell’attuale progetto.

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parcheggio

ipotizzato

nel


43. masterplan incrocio stradale

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5.4.3

PARCO SPORTIVO

La zona è già definita come sportiva grazie alla presenza dei due campi da calcio ma il resto è perlopiù verde di quartiere senza una precisa funzione. Anche se il parco si trova in una zona centrale del quartiere, gli accessi non sono ben distribuiti e utilizzabili. L’ipotesi di progetto vede quindi l’aggiunta di un punto d’accesso sul lato Sud e la riqualificazione dei due esistenti nei lati Ovest, quello principale, e Nord. L’elevata vicinanza della zona Gradaro e di quella degli edifici scolastici, favorisce un’alta fruibilità di quest’area da parte di giovani e genitori. Questo motivo ha permesso di inserire nelle ipotesi di progetto altre funzioni come uno skate park, del campo di tiro con l’arco dal parco peri-lacustre a quello sportivo, e un nuovo percorso. Le nuove funzioni inserite nella zona del parco cercano di offrire una maggior quantità di servizi, come anche il bike sharing, senza utilizzare nuovo spazio circostante ma riorganizzando quello già utilizzato per dare nuove possibilità di attività agli abitanti. La particolarità del nuovo percorso interno al quartiere viene spiegata attraverso il tre cerchi che si vedono nella mappa delle ipotesi: il primo ospita una piccola area giochi e dei totem sull’interessante storia della nascita del quartiere, il secondo una fontana con un disegno che la rende anche motivo ludico per i più piccoli e l’ultimo si sviluppa in parte sul terreno in pendenza in quanto ospita un piccolo teatro all’aperto.

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44. masterplan parco sportivo

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5.4.4

PARCO DELL’ACQUA

Come ultima zona esclusivamente verde, nell’ambito progettuale, si trova la fascia naturale che separa la parte urbanizzata del quartiere dal lago Inferiore. Attualmente si trova in stato di parziale abbandono con uno sviluppo boschivo incontrollato. L’area non ha una precisa funzione se non per la parte iniziale arredata con tavoli e panchine per barbecue e picnic, e l’adiacente parcheggio. A causa della depressione in cui si trova la zona del quartiere, questa area è stata sempre mantenuta verde in quanto a rischio inondazione, ecco il perché della costruzione dell’argine tra la parte di edifici e questa. La conoscenza di questo fattore è stata fondamentale per la progettazione di questo spazio in quanto il rapporto forzato che c è con l’acqua ha dato forma a tutto il parco. L’idea, da cui poi si è sviluppato il progetto, ha come obiettivo la fruibilità del parco in qualsiasi condizione, normale o inondato. Da qui è partita la progettazione su due livelli, quello più alto sempre utilizzabile, quello più basso di possibile allagamento. La forma scelta per il parco si ispira molto alla normale morfologia delle coste nei paesi nordici, una sorta di comunicazione tra terra e acqua che non vuole essere evitato ma sfruttato per ottenere una trasformazione e non una distruzione del territorio in fase di inondazione. La zona più chiara (1) individua quella più alta mentre la più bassa è individuata in quella scura (3). L’accesso è stato semplificato dall’inserimento di una rotatoria (7). La zona barbecue (2) è stata ampliata e dotata di uno spazio gioco e di una zona relax. Quest’ultima risulta utile per le persone che utilizzano il nuovo percorso della salute (5) realizzato seguendo la nuova forma del parco. La zona relax è anche delimitata da un percorso (4) più particolare perché illuminato. Si ispira ad un progetto olandese in cui sono state posizionate delle luci all’interno del suolo con cui viene costruito il percorso, e anche di notte è quindi visibile. Nel primo aggetto del disegno troviamo anche in aggiunta un sistema di sedute e scalinate che arricchiscono la zona relax menzionata in precedenza e facilitano la discesa tra un livello e l’altro.

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45. masterplan parco dell'acqua

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La disposizione delle alberature è stata pianificata per assolvere diversi scopi. Il filare alberato visibile sulla mappa che segue la forma del percorso funge da schermatura solare, a Sud e Ovest, per le persone che lo utilizzano. Per lo stesso motivo sono stati inseriti alberi anche nella nuova area barbecue in modo da limitare la radiazione solare nelle ore più calde del giorno. Le tre aree boscate presenti nella zona più bassa cercano di mantenere in parte la morfologia delle alberature che esistevano in precedenza e allo stesso tempo dare agli occupanti uno spazio più fresco e ombreggiato dove riposare nei momenti di relax. La fascia alberata che occupa la zona in corrispondenza delle rive del lago, è stata infittita per schermare, in parte, l’inquinamento atmosferico che da tempo incombe sulla qualità dell’aria del quartiere. Sempre nella zona barbecue, il nuovo parcheggio realizzato nelle vicinanza è stato schermato con dei filari alberati verso Sud e Ovest, in quanto riconosciute come le direzioni da cui la radiazione solare arriva più forte. Il nuovo percorso ciclopedonale si collega, verso la fine, alla pista ciclabile realizzata pochi anni fa che affianca via Brennero, mentre in principio arriva direttamente sull’argine. Nel particolare qui a fianco si nota come l’inserimento di una rotatoria migliori notevolmente

la

viabilità della zona e soprattutto l’accesso al nuovo parco dell’acqua.

Sezione A-A

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5.5

RIQUALIFICAZIONE DI DUE PALAZZINE IN DISUSO

La zona del quartiere in cui l’ipotesi progettuale si è soffermata maggiormente è quella del lotto formato dai due edifici abbandonati accennati in precedenza. Costruiti negli anni ’50 risultano essere al giorno d’oggi conservati in stato di elevato degrado. La parte più danneggiata è però quella esterna, infatti la struttura portante riesce ancora a mantenere gli edifici stabili. Il sopralluogo in quest’area è stato fondamentale per capire collegamenti, dimensioni e possibilità di riqualifica degli edifici. In primis durante il sopralluogo è stato fatto un rilievo fotografico per capire le viste e soprattutto in che contesto urbano è inserito il lotto. Attraverso, invece, l’ottenimento degli elaborati grafici contenenti i rilievi dei due volumi, è stato possibile capire come erano distribuite le funzioni all’interno dell’edificio sin dalla sua costruzione. Il periodo in cui l’edificio è stato costruito viene ancora classificato in parte come dopo guerra, e dunque nel pieno del boom economico degli anni ’60 dove le città si espandevano a macchia d’olio. A seguito del conflitto mondiale ogni città aveva bisogno di nuovi edifici e in particolare abitazioni. La maggior parte dei casi di rigenerazione urbana che si stanno verificando in Europa è dovuta a questa incontrollata espansione delle città durante il boom economico degli anni ’60. Il caso che si trova nel quartiere di Valletta Valsecchi su cui verrà ipotizzato un nuovo progetto, viene collocato proprio in questo periodo. Il cosiddetto esodo istriano, ossia la fuga degli italiani dai territori dell’Istria, è la ragione per cui, in Italia, esistono ancora oggi molti di questi casi di abbandono. A causa della grande quantità di persone che abbandonarono quel territorio, l’Italia mise in atto un programma di aiuti che consisteva nella costruzione di diversi edifici residenziali sparsi sul territorio. Nel 1955 ne vennero costruiti due anche a Mantova, nel quartiere Valletta Valsecchi. Fu uno dei primi edifici costruiti in questa area. A seguito di questo arco di tempo, in cui gli edifici vennero utilizzati, iniziò il lento processo di abbandono che li ha portati fino ai giorni nostri. Oggi questi edifici appartengono al demanio ALER Mantova e talvolta diventa la “casa” di alcuni senzatetto

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provocando problemi in tutta la zona. Il rilievo fotografico ha voluto evidenziare principalmente lo stato di fatto dei due edifici. Dalle foto si riesce a notare l’avanzato stato di abbandono degli edifici e l’area circostante. Un elemento importante che è emerso nel sopralluogo è la presenza di un dislivello di circa tre metri tra la strada e lo spazio presente tra i due edifici. Utilizzato in origine come spazio cantine, vani tecnici e posti auto, il piano semiinterrato

era

raggiungibile

attraverso la che si trova a Sud degli edifici, ora, in stato di abbandono e a seguito di questo di

sviluppava una strada in

pendenza che raggiungeva il centro del cortile. Da questo punto era poi possibile arrivare in tutti i posti auto. Precisamente 36 come lo sono gli alloggi distribuiti sui piani superiori.

46. rilievo fotografico 100


I rilievi dello stato di fatto, qui sotto riportati, mostrano come lo stile architettonico di quel tempo fosse reduce dalla guerra. Forme semplici e ripetute, con una disposizione degli spazi interni fondata sul tema funzionale. Tutti gli alloggi interni sono di uguale area e suddivisione, con la particolarità di avere la cucina sempre divisa dalla sala da pranzo, una caratteristica che in quasi tutti gli alloggi anni ’60 viene mantenuta. Gli appartamenti sono tutti bilocali con il balcone rivolto verso il lato della strada. I corpi scale sono facilmente visibili localizzabili dall’esterno grazie alla diversa disposizione delle finestre rispetto agli alloggi. Per quanto riguarda le facciate risultano, come in pianta, simmetriche. In questo rilievo è possibile anche riconoscere dove l’edificio e particolarmente danneggiato (parti nere sulle pareti dell’edificio).

47. stato di fatto degli edifici

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48. concept plan generale

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Dopo un introduzione generale sull’area di progetto si passa ad un analisi più generale a livello di quartiere. La presenza di diversi luoghi

pubblici

all’interno

del

territorio facilita la partecipazione delle persone alla vita sociale. Le scuole (2), soprattutto, sono state il punto di riferimento dell’idea di progetto che è stata sviluppata in questo contesto. L’altro punto di riferimento

sfruttato

progettazione

è

stato

nella l’edificio

residenziale commerciale (3) al centro della parte residenziale del quartiere. Esso, seguendo l’idea di rigenerazione che si sta sviluppando nella tesi, diventerebbe la piazza centrale della zona e quindi luogo di incontri e relazioni sociali. Dalle mappe si nota come l’area di progetto

di

trovi

nel

tragitto

percorribile tra un luogo e l’altro. Si crea così un fulcro sociale che accomuna vita e cultura in questo nuovo spazio pianificato (1). 49. concept plan di dettaglio 103


50.masterplan di dettaglio

104


Con la stesura del concept plan si può capire il rapporto che si vuole riuscire a creare tra il costruito e il recupero del dismesso. La nuova funzione del lotto è appunto quella di ricucire il tessuto urbano fisico e sociale aggiungendo anche nuove funzioni per arricchire il quartiere e raggiungere uno stile di vita migliore. Oltre ad assumere una funzione sociale, viene mantenuta la maggior parte residenziale. L’edificio più grande viene mantenuto residenziale ma con la particolarità di avere due piani, semi-interrato e terra, ad utilizzo di tutti gli alloggi. Seguendo la filosofia del social housing la progettazione del nuovo edificio residenziale cerca di soddisfare la domanda di mercato attraverso le diverse tipologie di appartamento, e l’adozione di schermature solari e pannelli fotovoltaici per l’ottenimento di agevolazioni sui costi della vita. Essendo un quartiere con un alto tasso di immigrazione la progettazione sostenibile potrebbe essere un notevole aiuto. Tutti gli alloggi sono dotati di

balconi

e

di

una

rispettiva cantina al piano semi-interrato. I due edifici risalendo agli anni ’50, sono orientati secondo l’asse eliotermico, ossia l’esposizione della facciata stretta a Sud per ricevere poche radiazioni solari, mentre le facciate lunghe rivolte verso Est e Ovest

per

avere

una 51.

distribuzione

funzionale 105


radiazione di costante potenza durante tutto il giorno (anche se al giorno d’oggi si pensa che sia meglio posizionare le facciate lunghe a Nord e Sud e schermare adeguatamente quella a Sud) L’edificio posizionato di fronte, quello di minori dimensioni, è stato, invece, riprogettato per scopi legati alla cultura e alla creazione di nuovi legami e rapporti sociali in particolare all’interno del quartiere. La posizione favorevole di collegamento tra scuole e piazza, rende questa idea ancora più contestualizzabile. Le principali attività che sono state inserite riguardano, come elencato nella pagina a fianco, attività per i più giovani. La parte però più interessante è nel seminterrato dove viene posizionato un risto-bar utile per eventi organizzati all’interno del quartiere, nel contesto della cultura, e collegato con il nuovo edificio. Esso può essere utilizzato dopo mostre, conferenze o esibizione e fungere da spazio di scambio culturale tra diverse culture e opinioni. Entrami gli accessi sono stati spostati sul lato strada e tamponati spesso con vetrate per dare più luce agli spazi al piano terra.

Per quanto riguarda la parte di lotto che divide e circonda i due volumi si è pensato ad una soluzione semplice ma efficace. In gran parte è stata mantenuta la morfologia del territorio che esisteva in precedenza, o meglio la filosofia che cerca di far notare il meno possibile il dislivello tra le due quote. Infatti le due diverse altezze sono rimaste collegate con territori in pendenza percorribili, e non muri e scale che evidenziano la differenza dei due spazi. L’idea è

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52. schizzi di progetto

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quella di realizzare un unico spazio che può essere di sosta, di passaggio o di vita quotidiana. Avendo eliminato i posti auto dal semi-interrato è stata adottata una soluzione all’esterno che circonda su tre lati il lotto. Il nuovo parcheggio ospita molte più auto del numero degli alloggi in quanto si è cercato di predisporne una certa quantità per garantire spazio ai fruitori dei nuovi spazi, i quali possono anche essere esterni al quartiere. La parte di strada che è stata aggiunta tra gli edifici e via Brennero funge sia da linea di parcheggi che anche da collegamento tra le due strade parallele (oggi quella a Ovest dell’edificio lungo è cieca). Per ragioni di quiete all’interno del lotto e per motivi di sicurezza dovuti all’eccessiva vicinanza di via Brennero, è stata infoltita la fascia alberata sul bordo strada, Essa, oltre ad assolvere la funzione di protezione da eventuali auto in uscita dalla carreggiata, funge da schermatura solare nelle ore più calde, in quanto posizionata a Sud del lotto, e, non meno importante, da schermatura per il rumore e l’inquinamento atmosferico causato da via Brennero. Per finire lo spazio esterno è stato dotato di un piccolo teatro esterno. La sua forma tondeggiante cerca di dare una completezza architettonica e tematica al centro culturale. L’orientamento di questa struttura, localizzata a Nord dell’edificio è tale da permettere anche delle proiezioni, per film o presentazioni, direttamente sulla facciata dell’edificio. Qui si conclude la fase progettuale della rigenerazione del quartiere Valletta Valsecchi.

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CONCLUSIONI Il percorso che mi ha portato fino a questo punto è stato lungo ma entusiasmante ma soprattutto capace di farmi apprezzare l’architettura da diversi punti di vista. Sviluppare l’argomento di cui mi sono occupato ha suscitato interesse per aspetti come il consumo del suolo e il riutilizzo del dismesso. I dati raccolti hanno dimostrato a livello, sia europeo che italiano, un’eccessiva superficie cementata, in molti casi non ancora utilizzata, e quindi in stato di abbandono. La consapevolezza dell’importanza di questa risorsa è sorta da pochi anni, in quanto si è capito come il suolo non sia una risorsa illimitata, dovuto all’impossibilità di riottenere un suolo fertile dopo averlo cementizzato. Attraverso le ricerche eseguite, soprattutto a livello europeo, è emerso come primo passo, verso una soluzione, quello di “costruire sul costruito. Le principali città europee, seppur non ancora in grado di fermare completamente il notevole consumo di suolo, hanno intrapreso il rimedio della rigenerazione urbana, fondato sulla riqualificazione, non solo degli edifici, ma anche e, soprattutto, della relazione sociale di chi gli edifici li andrà ad abitare.

In conclusione è possibile quindi affermare che una parte dell’architettura dovrà, negli anni a venire, affrontare, ancora più intensamente, la problematica del consumo di suolo, anche attraverso la via della rigenerazione urbana delle aree dimesse fondata su ideali sostenibili e sociali che, uniti, andranno a “ricucire” le nuove periferie alla città.

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BIBLIOGRAFIA

Ecoquartieri – Strategie e tecniche di rigenerazione urbana in Europa _ Barbara Cappochin Abitare la rigenerazione urbana – La misura della città e della casa nel XXi sec. _ Leonardo Garsia Case ecologiche _ Dominique Gauzin – Muller Il progetto della residenza sociale _ Fabrizio Schiaffonati Il Social Housing - Analisi e prospettive _ Gualtiero Tamburini, Roberto Brustia, Edoardo Longa Progettare la flessibilità – tipologie e tecnologie per la residenza _ Laura Elisabetta Malighetti Le jardin contemporain _ Hervè Brunon & Monique Mosser Jardins lyriques _ Burle Marx Case popolari – una storia mantovana: dall’ IACP all’ ALER _ Renzo Dall’Ara

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SITOGRAFIA

www.generazionehub.it www.arcoelepietre.it

www.legambiente.it

www.abitareunacasa.info

www.sure-fit.eu

www.architetturaecosostenibile.it

www.europa.eu

www.fondazionepolitecnico.it

www.gazzettadimantova.it

www.issuu.com

www.vallettavalsecchi.it

www.pinterest.com

www.territoridelmincio.it

www.territorio.regione.lombardia.it

www.articolozero.org

www.google.it

www.mantovafortezza.it

www.civico360.it

www.turismo.mantova.it www.lombardiabeniculturali.it www.governolo.it www.saccarifera.it www.eridania.it www.tuttopisa.it www.wikipedia.org www.parcobaleno.it

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RINGRAZIAMENTI

Arrivati a questo punto non mi resta che ringraziare chi di dovere. In primis la prof.ssa Maria Cristina Treu che attraverso il suo insegnamento mi ha dato la possibilità di appassionarmi a nuovi temi che vorrei portare avanti anche nel futuro. Sicuramente la positività della prof.ssa Adelmina Dall’Acqua ha fatto sì che questa tesi iniziasse da un solido punto di riferimento. Gli immancabili assistenti Stefano e Silvia che hanno partecipato attivamente ad ogni step di questo corso-tesi (con particolare attenzione a Stefano che è sempre stato presente per qualsiasi quesito).

Passando poi ai miei genitori, un grande grazie per avermi sostenuto in questo progetto di vita che è stata l’università fino all’ultimo momento. Gli amici dell’università Fede, Andre, Piero, Mike, Daria, Merò sempre pronti a trovare il lato positivo delle situazioni, anche se molte volte non lo erano. Un grande grazie anche alla mia ragazza Karolina che spesso e volentieri ha sopportato le mie lamentele e momenti di tristezza riuscendo a farmi trovare la convinzione di potercela fare.

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