mattia moro
dentro anatomia di una graphic novel
ACCADEMIA DI BELLE ARTI BOLOGNA Corso di Linguaggi del Fumetto Prof. Emilio VarrĂ
DENTRO ANATOMIA DI UNA GRAPHIC NOVEL
Tesi di Mattia Moro
Relatore Prof. Andrea Paggiaro
Sessione Straordinaria Anno Accademico 2014/2015
alla Family di Creti, alla Family di Ortona, alla Gang, ai miei amici delle medie.
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dentro anatomia di una graphic novel
alla Family di Creti, alla Family di Ortona, alla Gang, ai miei amici delle medie.
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di cosa stiamo parlando Q
uattro ragazzini di tredici anni vanno a esplorare il bosco confinante con la casa di uno di loro. Trovano un palazzo abbandonato, e senza volerlo uccidono il suo inquilino, un barbone. Per la paura di essere scoperti si rifugiano nel bosco, dove vivranno per tre giorni, senza alcun tipo di regola. Vengono trovati e riportati alla realtĂ , nella scuola media, dove non riusciranno piĂš a inserirsi e vivranno una costante situazione di disagio. Convinti che li vogliano punire per il loro crimine, stanchi di non essere ascoltati e desiderosi di tornare ad essere liberi, decidono di fuggire di nuovo, per sempre.
Setting: provincia italiana, 1999. Target: young adult e 18-35 anni. Ipotesi di sviluppo editoriale: 170 pp, bianco e nero, 17x24 cm
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il cerchio della
graphic novel
autobiografica
FUORI
è una storia che mi porto dietro da molto tempo. È chiaramente una storia di formazione, e di adolescenza rampante, ma fotografata in quel particolare momento in cui l’adolescenza sembra più un futuro promettente che una condizione presente. Eravamo destinati ad essere adolescenti, quindi in qualche modo ci stavamo preparando per quello. Ogni storia ha al suo interno qualcosa del suo autore, che sia un lato della personalità, o un personaggio, un momento storico. Un pezzetto. In particolare, FUORI è una storia di fiction, ma che prende molti spunti da situazioni reali, per cui si può dire che sia come una proiezione di un tempo che non c’è più (senza alcuna nostalgia), shakerato con qualcosa che non c’è mai stato, qualcosa che avrei voluto tantissimo ci fosse, e qualcosa che ringrazio il cielo non ci fu. Siamo io e i miei amici a 13 anni. Il gruppo era composto da più persone, e mi sono preso alcune libertà modellando ed esaltando le personalità di alcuni e arrivando a fondere due persone reali in uno stesso personaggio, ma nel complesso si può dire che rispecchia piuttosto fedelmen8
particolare, tavola 7, fuori
te il funzionamento del mio gruppo sociale. Con un’unica grande differenza: io ero più sfigato. Sono sempre stato un ragazzo non molto precoce, nel fisico e nell’astuzia, che compensavo con una grande sensibilità e attenzione (doti che purtroppo vengono apprezzate solo più in là con l’età). Quello, però, che voglio raccontare, al di là del mio ruolo all’interno del gruppo sociale, lo sentivo anch’io come tutti gli altri, ed era comune a tutti noi. Era il brivido. L’andare un po’ più in là, l’esporsi di un centimetro di troppo, il fare qualcosa che ci avevano esplicitamente detto di NON fare. Una sensazione che ci attirava come marmellata, nonostante la nostra provenienza sociale assolutamente borghese e pacifica (o forse a causa di questo). Una sensazione che, a volte, decidemmo di assaggiare, concedendoci qualche cavolata da ragazzini. Questo libro vuole esserne invece la portata principale. 9
soggetto La
narrazione inizia in un assolato giorno d’estate, quando quattro tredicenni in preda alla noia, durante un giro nei boschi, trovano lo scheletro di un palazzo in costruzione, abbandonato da tempo. La curiosità li porta ad entrare e a scoprire che quel cemento armato è la casa di qualcuno, che vive lì chissà da quanto tempo. Mentre frugano tra le sue cose e fantasticano sulla sua identità, l’inquilino arriva, e loro incontrano quest’uomo magro, sporco, reso selvaggio dalla vita nei boschi. Infastidito dalla presenza di estranei nel suo rifugio, cerca di attaccarli, di scacciarli via, è molto violento e nella confusione del momento uno dei quattro prende un tondino di ferro da terra e lo colpisce alla testa, forse uccidendolo. Impauriti e traumatizzati, corrono in mezzo alla lunghissima pineta marittima e si addentrano più che possono, convinti che lì nessuno li verrà a cercare. Decidono di passare alcuni giorni nel bosco, per paura che qualcuno li incrimini dell’incidente, e durante la loro vita all’aria aperta sperimentano la VERA AVVENTURA. Trovano un modo per scaldarsi nelle umide sere d’estate, esplorano cercando qualcosa da mangiare, uccidono animali per sbaglio, rubano nella capanna di un contadino, fanno il bagno nudi nel fiume di residui tossici, mentre si chiedono costantemente se qualcuno li troverà prima o poi e li processerà per omicidio. Dormiranno due notti nel bosco, e proprio quando cominciavano ad abituarsi alla nuova vita, vengono trovati dalla polizia e riportati a casa. 10
Sono esuli reintegrati: il gruppo deve tornare nel mondo che aveva abbandonato. Come chi ha fatto la guerra insieme, sono segnati tutti dall’esperienza dell’omicidio involontario e da quella della vita nel bosco, e si sentono parte di un gruppo che resterà tale a lungo. Vanno a scuola e fanno tutto quello che facevano, però con una domanda sola in testa: perché nessuno fa nulla per incriminarci? lo sanno o non lo sanno che abbiamo ucciso un uomo? Cosa stanno aspettando? Hanno degli scontri con i compagni di scuola, passano interminabili ore a rimuginare sulle loro vite, e aprono un divario profondo tra loro e i rispettivi genitori. Quello che loro non dicono ai genitori è che la colpa non li fa dormire più, ma anche che un’altra voglia si è insinuata nel loro profondo. Hanno sperimentato la vita senza regole e senza controllo, non possono tornare indietro. L’ebrezza che provavano ogni minuto nel bosco corrisponde a una settimana di noia tra i banchi di scuola. Decidono così in gran segreto di fuggire di nuovo, ma per sempre. Così preparano tutto il necessario, pensando di scappare da una condanna certa per il loro delitto, ma ancora tenuta nascosta. Una notte si incontrano e via, facendo solo un’ultima tappa nel luogo dove è cominciato tutto. Arrivati allo scheletro di cemento in mezzo al bosco, si sentono come degli eroi, fino a quando compare il mostro che pensavano di aver ucciso. Che non fa nulla, si limita a fissarli e poi se ne va. Questo basterà però per farli tornare a casa, sconfitti, ma in fondo consci che forse è meglio così. 11
i personaggi/1
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NICO È
il vero protagonista. Proviene da una famiglia di lavoratori, molto lavoratori. Così tanto che la sera spesso sono piuttosto stanchi anche solo per parlare. Ma sono intelligenti e sensibili. La sua famiglia ogni tanto lo mette in imbarazzo, poiché lui, come tutti i suoi amici, ha ambizioni da duro ragazzo di strada, e un quadro familiare equilibrato e pacifico non fa per niente al suo gioco. Quindi spesso lui forza un po’ la situazione, crea ostacoli non previsti e inutili, si dà l’aria da duro quando non ci sono i presupposti per farlo. E chiama sua sorella più grande “baldracca” solo per provocare, a lei e a sua madre, una reazione esagerata.
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A
ll’interno del gruppo ha un ruolo attivo, e si pone a metà tra un efficiente luogotenente e un oppositore della leadership. Avrebbe delle ambizioni da capo, ma sa bene che sia Mascio che il Nero sono più navigati di lui nel mantenere l’ordine e creare un sistema piramidale, quindi ci prova soltanto, e questo provarci ha spesso le sembianze di una sciocca protesta. È uno dei più duri oppositori della decisione di rimanere nel bosco, e lo farà pesare per molto tempo.
i personaggi/2
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MASCIO L
eggermente più maturo degli altri fisicamente, i suoi genitori e la sua famiglia sono piuttosto difficili. Nessuno dei due ha superato la terza media, e la sua frequenza a scuola, per non dire i suoi risultati, non interessano molto all’interno del ménage familiare. Questo gli ha cucito addosso una reputazione di duro, che anche lui si sente molto a disagio nel dover continuamente confermare e ravvivare. Ma sa che in fondo lo è, è un bullo, un duro, uno sfrontato. Quindi lo fa.
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N
ell’omicidio il responsabile è lui, che si pente e chiede scusa e che si mostra costretto a ridimensionare la sua baldanza in favore di un profilo leggermente più riservato. Vorrebbe ancora fare il capetto, ma non ha più le carte per esigerlo. Per tutta la durata della storia si pentirà di quello che ha fatto, mentre nella seconda parte avrà un percorso di riscatto e rinascita, in luce positiva.
i personaggi/3
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IL nero I
l Nero è quello che Nico considererebbe il suo migliore amico, se solo non fossero in disaccordo la maggior parte delle volte. Molto più scuro di carnagione rispetto ai suoi amici, motivo per cui viene chiamato il Nero, dice di avere parentele con Shaquille O’Neal, ma molto più probabilmente uno dei suoi progenitori era marocchino. Vive in una famiglia piuttosto equilibrata, funestata da una sola situazione particolare. Il padre non è il vero padre, ma un patrigno con cui la madre ha iniziato a convivere dopo il divorzio con il suo padre biologico. È un uomo simpatico, ma con cui il Nero non vede nulla in comune. Al contrario, idealizza la figura del padre biologico come uomo di grande levatura, mentre è solo un normalissimo operaio.
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N
el gruppo occupa il posto di un capetto, una figura abbastanza rispettata ma comunque spericolata e attraente. Spesso prende decisioni, vuole essere sempre al primo posto, dice agli altri cosa devono fare o cosa no, dice sempre la sua opinione sul quello che succede, sapendo che interessa. L’omicidio cambia molto il suo carattere, anzi lo assicura al suo posto, poiché si sente non responsabile. È il più forte sostenitore della linea dura, (non dire niente e continuare la vita come se niente fosse) perché lui ci riesce, mentre gli altri sentono ancora molto l’omicidio sulle loro coscienze.
i personaggi/4
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recchia È
l’unico del gruppo che abita in campagna, ma è anche il meno adatto a viverci. La sua famiglia è composta da onesti e instancabili contadini. Tutta la sua famiglia, composta da zii, madri, padri, sorelle, fratelli, nonni. Abitano in una grande casa, in cui non si dà molto peso all’abilità scolastica (in cui il Recchia eccelle) e se ne dà molto all’abilità agricola (in cui invece è molto scarso).
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I
nizialmente è lo sfigato del gruppo, quello che viene sempre preso in giro e ridicolizzato, soprattutto da Mascio e il Nero. Dopo l’omicidio invece ha una specie di rinascita. Sembra quello con le idee più chiare sul da farsi (anche perché è l’unico che conosce le zone), e dà una direzione unitaria ad un gruppo diviso fatto di primedonne. Quando si torna a scuola però la sua ritrovata autorità viene lesa di nuovo da Mascio e dal Nero, mentre Nico invece lo difende e sembra più interessato ad essere un amico vero. È il primo a parlare del fattaccio con qualcuno, suo fratello.
la storia (quella vera) L’
incipit della storia ricalca un fatto che successe davvero. Fatto che, come appurato da successive ricerche, pareva essere comune a molti preadolescenti di tutta Italia.
A
ll’età di tredici anni io e i miei amici, in un noioso pomeriggio di fine estate, decidemmo di andare ad esplorare più nel profondo la boscaglia che circondava la casa di uno di noi, in campagna. Molto di quel terreno era di proprietà di qualcuna delle famiglie vicine ma molto altro era libero e occupato da quelli che si possono definire ruderi. Vecchie case di campagna non più utilizzate, o stazi per pastori, punteggiavano tutte le colline e delimitavano il territorio. Ne trovammo una, che più delle altre riusciva ad attenersi all’etichetta di “proibita” e, sfidando tutte le regole che i nostri genitori ci avevano imposto, ci entrammo. Dentro, ad uno sguardo iniziale, trovammo solamente della spazzatura. Vecchi vestiti, dei mobili di legno ormai marcio, reti di letti e cassette di plastica per la frutta vuote e accatastate agli angoli. Avemmo anche molta paura di prenderci il tetano (una specie di psicosi da antitetanica ordita dalle nostre madri), per cui non toccammo quasi nulla. Poi uno di noi si rese conto che sotto quello che una volta era un letto c’erano centinaia di riviste accatastate. Riviste pornografiche.
M
olto vecchie, degli anni ‘70 e ‘80, strutturate per lo più in forma di fotoromanzi, con protagonisti baffuti, capigliature improbabili e donne formose, un po’ in là con l’età, e ovviamente nude. Bellissime. In quel momento capimmo che tutte le nostre preghiere e speranze, soprattutto quelle che nessuno aveva detto ad alta voce, erano state esaudite. Seguirono momenti di euforia pura, e scambi di riviste, e fantasie su dove metterle, e come fare a riprenderle. Erano i primi anni 2000 e la possibilità di avere accesso a della pornografia per noi era pura fantascienza. Non avevamo il coraggio di chiederle all’edicolante, e le uniche cose che riuscivamo a recuperare erano calendari di qualche velina dallo zio meccanico di qualcuno. Ma la Canalis e la Corvaglia non bastavano più, e proprio nel periodo di massima domanda, arrivò la massima offerta. 20
A
quel punto la memoria vacilla. Non ricordo bene cosa successe a quelle riviste, probabilmente qualcuna ce la portammo a casa, nascondendola alla bene e meglio in qualche cassetto o dispensa, sapendo bene che a quell’età tua madre ha ancora libero accesso a quasi tutti i tuoi anfratti privati. La maggior parte penso che sia comunque andata perduta, rimasta nella casetta nel bosco o nascosta per bene in qualche baule a casa del mio amico, con la solenne promessa di riprenderla e di goderne tutti. Ma qui c’è l’avvio per la nostra storia. Quello che ricordo vividamente è un pensiero, un’idea magnifica, che ci venne in mente quando vedemmo tutto quel ben di dio pornografico.
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particolare, tavola 8, come escobar
“Vendiamole!” “A chi?” “Ai nostri amici, a scuola”.
L’
idea che ci era frullata per la testa era questa, e, anche a ripensarci ora, non era per niente una cattiva idea. Dopotutto, nella nostra stessa situazione c’era più o meno metà della nostra scuola, perché non approfittare della buona grazia? Ricordo che nei pochi minuti di euforia dopo la scoperta, fummo tutti molto d’accordo sull’utilizzare questa fortuna come tesoretto, e in qualche vago modo, diventare dei veri e propri pusher. Nessuno di noi aveva chiaro che cosa questo volesse dire, né il significato della parola pusher, né una minima idea base di commercio. Ci sembrò solo un’idea semplice, elegante e brillante da poter mettere in atto. Non se ne fece nulla, ma rimase lì, che aleggiava sopra la nostra testa di ragazzini, troppo distratti per potersi mettere a fare qualcosa seriamente, anche qualcosa di bello, remunerativo, o solamente piacevole.
C
i scrissi una storia su questo episodio e la chiamai “Come Escobar”. Il riferimento era chiaramente al famosissimo trafficante di droga colombiano e alle nostre manie di grandezza, e inizia esattamente come la storia vera. Solo che poi nella mia storia arriva un contadino, il proprietario della capanna, che infastidito dalla presenza di mocciosi nella sua proprietà, li scaccia via in malo modo. Questo infastidisce uno dei quattro ragazzi, che attaccandolo alla sprovvista, lo fa scivolare e sbattere la testa contro un mobile. Sangue, panico, svenimenti, e la fortissima probabilità che il contadino sia morto. I quattro ragazzi, spaventatissimi da questa possibilità, scappano nel bosco.
E
ssendo una storia breve si poteva chiudere anche qui, con un finale aperto per nulla risolutivo, ma decisi di continuarla e di seguire le orme dei miei personaggi fin dentro il bosco, per capire cosa avrebbero fatto. Ma poi seppi di Zerocalcare. Nel suo Un polpo alla gola (Bao Publishing, 2012), Michele Rech descrisse una situazione molto simile, per non dire identica, a quella che andavo a raccontare. Alcune scene erano proprio riprese quasi shot by shot. Dei ragazzini delle scuole medie durante 22
delle uscite avventurose nel bosco entrano dentro una vecchia casa con una stanza tappezzata di immagini pornografiche. La stanza fa parte di un immaginario ribelle comune a tutti i loro compagni di scuola, ed entrarci è un’azione da veri duri. La storia poi prosegue e racconta le loro gesta, a scuola e a casa.
C
iò mi portò ad un profondo sconforto, che si risolse poi in una specie di rivelazione: la storia che stavo raccontando non era poi così speciale. Come wannabe, nel corso del tempo ci si è fatti diverse illusioni, una delle più comuni e difficilmente sradicabili è che se raccontiamo qualcosa di vissuto da noi stessi, è sicuramente interessante. Per tutti gli ipotetici lettori, non solo per amici e parenti. In pratica confondiamo il raccontare una storia al bar a persone che ti conoscono e che riescono a contestualizzare senza problemi la situazione (e a riderne), e il raccontare una storia a qualcuno che devi convincere a fidarsi di te.
C
ome molti aspiranti fumettisti e esordienti, ho avuto anch’io lo stesso problema. Per cui, raccontare la storia di me e dei miei amici che per caso più di dieci anni fa trovammo delle riviste porno in una capanna nel bosco, era in qualche modo già abbastanza così. Come Zerocalcare mi fece scoprire, non era assolutamente abbastanza. Quella era solo una parte della storia, un’esperienza comune, si, ma a cui bisognava far seguire altro, una storia che doveva avere uno scopo. A quel punto mi ricordai del brivido.
L’
ambientazione mi piaceva, i personaggi erano già in punta di pennino, quindi decisi di aggiungerci del brivido e vedere dove mi avrebbe portato.
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tavole tratte da prima versione della storia. titolo: come escobar
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la storia (quella finta) C
osa successe quindi alla vecchia storia dei trafficanti di riviste pornografiche? Molte cose. Inserii un nuovo personaggio, o meglio presi il personaggio del contadino e lo trasformai in una paura atavica. La capanna nel bosco divenne il palazzo nel bosco, le riviste porno scomparirono e si trasformarono in effetti personali, ma una cosa rimase lì. L’omicidio da parte dei ragazzi, un evento fondamentale per la loro partenza verso il bosco selvaggio, divenne il perno dell’azione, il punto narrativo su cui ruota tutta la narrazione successiva.
I
l centro della narrazione, il focus, era diventato un altro, dal mio punto di vista molto più interessante e potente. Mi avrebbe permesso di sviluppare una narrazione più lunga e articolata, perché ci sarebbero state molte cose da raccontare.
N
el frattempo sono cambiate anche le psicologie e le fisionomie dei personaggi, pur mantenendo uno stretto rapporto con lo spirito con cui erano stati concepiti. Più seguivo la loro azione, più arrivavo a capirli, e a poterli modellare meglio. Quello che pensavo come uno dei cardini delle svolte emotive, cioè il riscatto del Recchia, lo sfigato del gruppo, apparse all’improvviso insufficiente, e si rese necessario un approfondimento anche delle altre. In particolare mi trovai con due personaggi quasi sovrapponibili (Nico, il protagonista, e il Nero), che quindi avevano bisogno di una sana distanza per permettermi di sviluppare meglio in fase di sceneggiatura le dinamiche interne al gruppo. C’era bisogno di un conflitto, per cui “forzai” la psicologia di Nico per renderlo più sfrontato e contrario al piano comune di rimanere nel bosco, costretto dagli altri a causa del patto di fratellanza. Modellai invece il Nero su delle posizioni più comuni al gruppo, e sulla tendenza a cercare il compromesso tra le parti, mantenendo sulla sua personalità un alone di sfrontatezza e audacia di cui invece avevo bisogno per far funzionare alcune scene (la scena dell’intrusione nella dispensa di Tatà, per esempio).
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U
na delle psicologie invece più difficili da inquadrare è stata quella del Mascio. Su di sé grava la responsabilità di aver provocato la morte del barbone, che in qualche modo “sgonfia” il suo essere un bulletto e lo porta ad una situazione di pentimento perpetuo. Ma a questa situazione era necessario far seguire un percorso di riscatto, che ha luogo soprattutto nella seconda parte del progetto, quella sul ritorno a scuola. Quindi posso dire che Mascio è il personaggio che ha il ciclo narrativo più completo di tutti, e risulta sicuramente uno di quelli più dinamici. la paura atavica
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il contesto L
a provincia italiana alla fine degli anni ’90. Idealmente il racconto è ambientato sulla costa abruzzese, ma è un luogo che può facilmente essere sovrapposto alla campagna campana, l’entroterra romano, o le colline toscane, o le montagne siciliane. È un posto di provincia, in cui la vita scorre placida e tranquilla in superficie, mentre appena al di sotto del livello dell’acqua si rivela un complicato puzzle di personaggi.
L
a crisi economica è ancora lontana, e la loro cittadina vive placidamente con le campagne e le piccole industrie in periferia. Si vota DC da cinquant’anni, e non cambierà mai. La politica e la società seguono regole non ideologiche, ma personali.
L
a lira è la moneta ufficiale, l’Unione Europea non esiste nella vita delle persone, si usano le ricariche telefoniche per telefonare, e per collezionarle, non si gioca il superenalotto ma le vincite al bar si fanno ancora con il totocalcio, la macchina più diffusa è la Uno, seguita a ruota dalla Panda 4x4, a causa delle numerose campagne coltivate che circondano la città. Esistono solo due linee di autobus che fanno il giro della città e delle campagne, ma l’unico modo per muoversi agevolmente per un ragazzo è il motorino, mezzo che tutti agognano. Circolano i primi SR, NRG, RUNNNER e THYPHON. Sono come aerei caccia per loro. Bellissimi.
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I
ragazzini giocano all’oratorio salesiano, l’unico posto in cui poter andare dopo la scuola senza stare per strada a non fare nulla. Sono un gruppo di medio livello, non i più fighi della città, ma nemmeno i più sfigati. Si sono ritagliati un piccolo spazio di manovra tra i ragazzi più grandi e quelli più brufolosi. Sono nel pieno della preadolescenza, nella penultima estate che li aspetta insieme prima di andare alle superiori, dove comunque non vorrebbero staccarsi. Stanno iniziando a scoprire molte cose, come il fumo, l’alcool, il porno, tutte affrontate con il medesimo aplomb: ne sono terrorizzati e al contempo ne sono affascinati come il miele per gli orsi.
I
cellulari esistono sotto forma di nokia 3310, le suonerie si compongono con il compositore, e i messaggi sono pieni di nn, xkè, ke, cmq per risparmiare sul costo. Le ragazze sono più sveglie dei loro coetanei maschi, e ne subiscono un costante, omertoso e insicuro assalto. I ragazzi che hanno avuto già delle storie si contano sulle dita di una mano, e godono di un incontrastato rispetto. Ma in generale non ci sono ancora grandi tensioni sentimentali e i rapporti con l’altro sesso vengono disciplinati con un muro netto.
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il metodo di lavorazione I
matite
l metodo di lavorazione che ho utilizzato per realizzare FUORI è stato in costante evoluzione. Se all’inizio del mio percorso la mia tecnica prediligeva l’utilizzo di una brushpen Pentel per i tratti, e di un’altra scarica per gli effetti, questo approccio ha piano piano, nel corso dei mesi e dei ripensamenti, ceduto la strada verso una tecnica digitale. Al punto attuale, che non si esclude possa avere delle contaminazioni, il risultato finale è ottenuto mediante una combinazione di analogico/digitale.
L
inchiostri#1
o storyboard, il layout e le matite vengono effettuate su carta. Ciò mi permette di ovviare a quello che secondo me è uno dei più grandi limiti del lavoro in digitale: la consapevolezza dello spazio e degli ingombri. Avendo sempre lo stesso foglio di carta davanti, senza audaci zoom, è possibile avere subito un’idea piuttosto precisa di quali saranno gli ingombri finali dei neri e dei bianchi. Per non parlare della manualità, sulla costruzione delle anatomie e sui dettagli, che riescono ad essere tratteggiati molto meglio. La parte della matita è fondamentale per avere un reale riscontro sull’avanzamento del lavoro, e per non discostarsi totalmente dalla dimensione fisica del fumetto. 34
L’
inchiostrazione vera e propria però poi avviene su Manga Studio. Anche in questo caso c’è un’ibridazione con l’aspetto analogico. Se fino a qualche mese fa prediligevo realizzare le chine con una linea di brushpen su carta, questo approccio sta subendo un ridimensionamento verso il digitale, ma comunque ogni tanto risulta comodo per creare effetti particolari o inchiostrare con precisione soprattutto i volti e le espressioni, dove la tavoletta grafica tremola. Il resto delle chine viene però realizzato interamente in digitale, cercando di mantenere su quasi tutti i piani la stessa grandezza del pennello, ad imitazione del reale, e non creare un effetto troppo impersonale e pulito. Ho imparato soprattutto che è preferibile un particolare non chiaro, ma in linea con il resto della tavola, che una chiarezza limpidissima e, in qualche modo, rigida.
inchiostri#2
I
neri sono la parte del processo che mi entusiasma sempre maggiormente. Con Manga studio (o Photoshop, o Corel Painter, o uno qualunque dei tanti software disponibili), è possibile avere un controllo e una gestione dei neri senza precedenti. Con la possibilità di dividere tutto in livelli separati ho sperimentato quella che si può descrivere come una sensazione di libertà mai conosciuta. E i risultati sono che ho iniziato ad usarne molti di più e a prediligere il nero per alcune inquadrature. In più il poter tornare indietro su una decisione forse troppo azzardata, è una comodità per cui sono grato di appartenere a questo secolo. 35
inchiostri #3
testi/completa
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il trattamento
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il trattamento Primo Capitolo | Come si arrivò al bosco 1999. Recchia, Nico e il Nero giocano a pingpong nella casa in campagna del Recchia. Hanno 13 anni, è la loro ultima estate prima dell’ultimo anno di scuola media, e fa molto caldo. Durante un’accesa partita, dove volano calci e pugni, la madre del Recchia decide di mettere fine alla rissa e li manda tutti a fare un giro nei boschi circostanti. Loro la prendono in parola e si addentrano parecchio nella pineta. Mentre corrono e parlano, compare il quarto membro del gruppo, Mascio, che uscendo da dietro dei cespugli, si fa subito sentire acchiappando con le mani i genitali di Nico, manifestando un’usanza molto diffusa tra i ragazzini della loro età. L’usanza prevede anche di scappare e correre a perdifiato per evitare di fare la stessa fine, cosa che li porta ad arrivare in un punto del bosco in cui nessuno era arrivato prima. Non si erano mai spinti così in là, e vedono per la prima volta una grande costruzione nel centro esatto di una piccola radura. È uno scheletro di cemento e tondini che in teoria doveva essere un palazzo di due piani, ma sembra abbandonato poco dopo l’inizio dei lavori. C’è rimasta qualche rete di sicurezza e qualche mattone qua e là, ma per il resto sono solo due o tre i muri alzati. Non c’è una strada che porti lì, nè un’indicazione, che posto potrà mai essere? Spinti dalla curiosità, entrano nel palazzo e danno un’occhiata in giro. Quello che sembra solo un posto pieno di bottiglie di birra e preser38
il trattamento vativi usati, si rivela invece una situazione interessante. In un angolo trovano un materasso sporco con una coperta, delle casse di legno messe come un tavolino, e diversi oggetti allineati ordinatamente. Trovano tracce di civiltà, e sembra che lì ci viva qualcuno. Più lo guardano, più ne sono convinti. Iniziano a toccare e sfogliare tutto quello che trovano: vecchie foto, giocattolini, oggetti di arredo di antiquariato, cadaveri di animali. Mentre fantasticano sul profilo psicologico di chiunque viva lì, sentono dei rumori e girandosi si accorgono di essere in compagnia. Un uomo, alto ma curvo e molto magro, nero come uno spazzacamino e vestito solo di stracci, li guarda dal fondo di quello che dovrebbe essere un salone. I suoi capelli sono un grumo di materia solida senza un motivo, e la puzza che emana si spande in un secondo in tutto il palazzo, e sebbene non abbia né i muri né le finestre, non se ne va. Il mostro non parla, emette solo strani grugniti e si accorge che stavano trafficando con la sua roba. Allora in uno scatto si avvicina urlando e fa scappare i quattro ragazzi, che cercano un riparo. Lui continua a ringhiare, sembra voler attaccare e, mentre si comincia a negoziare la situazione, Mascio esce da dietro un pilone e scaglia con tutte le sue forse un tondino di ferro sulla testa del mostro, facendolo capitolare a terra. Il mostro sembra incosciente e sanguinante, forse è morto. I ragazzi escono definitivamente di testa. Cercano di capire se è ancora vivo ma non 39
il trattamento ci riescono, si addossano colpe insultandosi ad alta voce, oppure non parlano e restano solo con gli occhi aperti. Hanno la sensazione di dover risolvere la faccenda subito, e mentre il Mascio, che normalmente svolge la funzione di leader del gruppetto, continua solo a lamentarsi incredulo del suo gesto, il Recchia, che svolgeva il ruolo inverso, diventa inaspettatamente padrone della situazione. Dice che l’unica cosa da fare è andarsene, che nessuno saprà che sono stati lì, che non se lo possono permettere. Scappare il più lontano possibile da lì e poi capire cosa fare. Gli altri sono riluttanti a lasciare un corpo esangue abbandonato, e fanno resistenza. Resistenza che però si sgretola appena sentono un rumore provenire dal piano di sopra. Spaventatissimi, prendono la decisione in fretta e furia e piantano tutto, scappando dal retro e immergendosi subito nella fitta boscaglia.
Secondo Capitolo | Cosa succede nel bosco I quattro ragazzi sono tutti nel bosco. Spaventati e feriti, cercano di elaborare una strategia per spiegare a qualcuno quello che è successo, senza dover passare per la ghigliottina. Si fanno ipotesi sul carcere minorile, e su quello che li aspetterebbe se confessassero tutto. I quattro hanno idee molto diverse su quello che dovrebbero fare. Nico e il Nero sono della frangia del confessare tutto perché non hanno interessi nel tenere la bocca chiusa. Loro non hanno fatto nulla, e sono imbestialiti con 40
il trattamento Mascio per il suo essere incredibilmente stupido e avventato. Il Recchia, d’altra parte, spinge per tenere la faccenda sotto silenzio, perché pensa che potrebbe essere solo un problema e che non c’è modo di uscirne puliti. Tuttavia c’è una cosa su cui sono tutti d’accordo: le decisioni vanno prese all’unanimità, perché tutti e quattro sono profondamente coinvolti in questa storia e tutti devono essere d’accordo. Rimandano la decisione ad un altro momento, perché si accorgono che il sole inizia a tramontare, e cercano un posto che sia abbastanza riparato. La giornata è quasi finita, e loro, stanchi, vanno a dormire. Si svegliano poco dopo quando Nico viene svegliato da Mascio, visibilmente terrorizzato. Si sentono dei rumori attorno a loro di cose che frusciano nei cespugli e vicino agli alberi più lontani. Si svegliano tutti, in preda al panico. Pensano che la polizia li abbia già trovati. Si armano con dei bastoni e pezzi di rami e la tensione sale fino a quando il Nero, reagendo ad un rumore vicino ai suoi piedi, sbatte con forza il bastone per terra. Gli altri seguono il suo esempio, sfogandosi malmenando i cespugli e i rami che hanno attorno. Diventano aggressivi, con le facce paonazze, finché il Recchia, urlando, cerca di riportare i suoi amici alla calma. Tutti si quietano e guardano i giro i danni. Scostando un cespuglio, trovano un piccolo animale morto, probabilmente colpito da uno di loro: è un tasso. Qualcuno fa una battuta su come siano diventati ormai dei serial killer. Ridono di gusto, tutti, e la serata finisce così. 41
il trattamento Il giorno dopo si presenta il problema dell’approvvigionamento nel bosco, che non è molto fornito di cibarie a loro conosciute. Si decide, con alcune resistenze, di andare a cercare da mangiare avvicinandosi alla statale, nella speranza di trovare un supermercato, un bar o qualcosa di simile. Sono molto preoccupati dal fatto che li possano riconoscere, ma la fame gli fa ignorare i presentimenti e le paure. Sulla strada per la statale Mascio nota che poco lontano c’è una casetta di campagna, circondata da un recinto. Il Recchia non è molto sicuro, ma pensa si tratti della casa di Tatà, un contadino piuttosto burbero conosciuto in zona. Ha fama di essere una persona non proprio piacevole, e il Recchia consiglia di andarsene, ma il Nero si avvicina e inizia a esplorare i dintorni per vedere se c’è qualcuno. Nonostante le forti resistenze del Recchia, e complice il fatto di essere momentaneamente disabitata, decidono di entrare e rubare qualcosa dalla dispensa. La trovano quasi subito, e ci trovano ogni ben di dio, da mangiare e da bere. Mentre sono intenti a fare fagotto con più cose possibile, scoprono che in realtà nemmeno la casetta era disabitata. Infatti un cane piuttosto grosso inizia a latrare, avendoli sentiti, e corre verso di loro. Si barricano dentro la dispensa e, disperati, cercano un modo per uscirne vivi. L’idea viene al Nero, che, con l’esperienza derivata dalla gestione dei cani dei suoi parenti in campagna, afferra un salame dal ripiano e chiede che gli venga aperta la porta. Con estrema titubanza. viene assecondato e, in 42
il trattamento una scena di azione al cardiopalma il Nero, con abile mossa, attira il cane col salame, glielo sbatte sul muso e, una volta confuso, con un calcio sul didietro lo spedisce nella dispensa, da cui ormai sono usciti tutti. La successiva chiusura a chiave sancisce definitivamente la loro salvezza. Inebriati dalla vita ritrovata, si rituffano nella fitta boscaglia, con il bottino sottobraccio. Trovato un altro spiazzo dove mettersi comodi, iniziano a bivaccare. Avendo preso dalla dispensa del contadino anche delle bottiglie di vino, presto diventano ubriachi, e iniziano a urlarsi contro, barcollare e andare in giro. Fortunatamente non reggono bene l’alcool e quindi si accasciano sull’erba risvegliandosi solo in serata. A quel punto decidono di accendere un nuovo fuoco e di mettere qualcos’altro dentro lo stomaco. Attorno alla fiamma, riescono a rilassarsi per la prima volta dall’incontro con il barbone, e si rendono conto che dopotutto la vita nel bosco non è poi così male. Una volta scesa la notte, cercano qualcosa con cui ripararsi un po’ dal freddo, e si addormentano. A causa del freddo intenso si svegliano molto presto, appena dopo l’alba e decidono di fare una corsa per scaldarsi. Durante questo training mattutino, si rendono conto improvvisamente di una cosa molto importante: puzzano. Si avviano quindi verso la vallata, dove scorre un piccolo fiumiciattolo famoso per il suo odore di fogna e per la torbidità delle sue acque. Senza troppi sforzi di orientamento trovano subito la loro destinazione 43
il trattamento e, titubanti sulla scelta di buttarsi in acqua o meno, spezzano il loro imbarazzo quando il Mascio si denuda completamente e si butta in acqua, ricoprendo di schizzi gli altri. Ne vale la pena, si buttano tutti in acqua, e si divertono come ragazzini, quali sono. La giornata prosegue tra schiamazzi e scherzi, fino a che non arriva il pomeriggio, il cielo si fa nuvoloso, e tornando verso la radura che li aveva ospitati si imbattono in una coppia di ragazzi in motorino, giunta fin lì per appartarsi. Un ragazzo e una ragazza, di 16-17 anni, arrivati con il motorino di lui. Lui ci prova con lei, che però riesce elegantemente a tenerlo sulle spine e rimandare le sue brame. Mentre si fumano una canna parlano dei ragazzini scomparsi, e del paese che si è mobilitato tutto per trovarli. A quel punto i nostri tornano per un attimo alla realtà, a quello che avevano abbandonato da due giorni, ai loro genitori. Uno dei quattro per sbaglio calpesta un ceppo secco, e fa rumore. I ragazzi in motorino si guardano in giro, spaventati, e spengono in fretta il mozzicone. Convinti che ci sia qualcuno, ripartono in fretta sgommando. La situazione è tesa. Nico riprende in mano la sua teoria, per cui la cosa migliore sarebbe confessare tutto e tornare a casa. Gli altri sono ancora restii, e Recchia in particolare cerca di convincere gli altri che restare lì per il momento sia molto più sicuro. Mentre la discussione si alza di tono, comincia improvvisamente a piovere, forte. Cercano di tornare verso il punto di partenza, la radu44
il trattamento ra, dove il giorno prima avevano attrezzato un piccolo riparo, ma mentre corrono sotto la pioggia sentono dei latrati di cani dietro di loro. Si sentono voci confuse e persone nel bosco, ma è buio, piove e non si vede molto nel sottobosco. Poi scorgono le luci di alcune torce, e delle voci più decise che avanzano verso i ragazzi, che nel frattempo hanno cominciato a correre a perdifiato. È arrivata la polizia, li hanno trovati. Tra di loro iniziano a urlarsi di non dire niente, di tenere la bocca chiusa, e si lanciano sguardi atterriti, sapendo che presto la polizia li prenderà. Infatti, in poco tempo vengono raggiunti, e dei grossi omoni in divisa li afferrano per la vita uno a uno, nonostante le (per loro incomprensibili) resistenze. Vengono trasportati con la forza per strada e messi dentro delle volanti, mentre gli viene detto solo “È tutto finito, è tutto finito. Ora tornate a casa.”
Terzo Capitolo | vita vera I ragazzi sono tornati a scuola dopo che non si sono visti per due settimane. I genitori li hanno tenuti segregati in casa, per proteggerli e per capire cosa sia successo. Tuttavia loro non si tradiscono, e il segreto per adesso rimane tale, però non potendosi confrontare tra di loro, ognuno ha dei sospetti sugli altri. Il primo giorno di scuola finalmente alcuni si rivedono. Nico e il Nero cercano di parlare di cosa hanno passato nelle ultime due settimane, ma vengono separati dal professore di matematica. Sembra che tutti gli adulti e i “responsabi45
il trattamento li” vogliano tenere il gruppo lontano tra di loro, oppure molto occupato. Nell’ora successiva, di educazione fisica, fa la sua comparsa il Mascio, che viene salutato calorosamente dai suoi amici. Si cerca ancora di parlare di cosa hanno fatto in queste due settimane, ma vengono ancora divisi, stavolta dal professore di educazione fisica. Poco dopo, mentre tutti corrono attorno al campo, alcuni bulli della loro classe si avvicinano al gruppetto, sfottendoli e prendendoli in giro, insinuando una loro perversione omosessuale nella scelta di rintanarsi in un bosco per dei giorni. Mentre simulano un’amplesso tra due dei nostri eroi, Mascio perde la pazienza, afferra una palla medica e la scaglia contro uno di loro, prendendolo in pieno sul petto. Immediata è la reazione della personale ATA, che lo porta dal preside. Qualche ora dopo, finalmente, finite le lezioni e iniziato l’orario di mensa, c’è tempo per parlare. Si scopre che nessuno ha rivelato alcunché e tutti hanno tenuto la bocca chiusa. Si sospetta dell’unico di loro che non è presente, cioè il Recchia, che però compare appena dietro di loro scusandosi dell’assenza a giurando su tutto quello che ha di pià caro che non ha parlato per niente dell’omicidio. Si dà per buona questa versione e ci si dirige verso l’oratorio per giocare a pelota (gioco spagnolo di palle contro il muro molto stancante). Il discorso continua davanti ad una palla in movimento quindi ansimando e combattendo. L’oratorio è pieno di ragazzi, quindi 46
il trattamento non possono parlare liberamente, per cui decidono di non affrontare per nulla il discorso e parlare solo di cavolate, di quello che è successo ai loro compagni di scuola, della sorella e di chi ha fatto cosa a chi. Tornano a casa, un po’ tristi per essersi arresi così, e per aver rifiutato la realtà. La sera, a casa di Nico, a cena, i genitori cercano di scucirgli qualcosa di bocca. Sono due settimane che ci provano, eppure non riescono ancora ad avere un quadro chiaro della situazione. C’è anche l’idea di chiamare uno psicologo. Durante la cena i toni iniziano pacati ma piano piano si trasformano in qualcosa che somiglia di più ad una disperazione silenziosa. Finisce con la madre che va in cucina a preparare il gelato e non torna per venti minuti, per cui a quel punto il padre decide di chiudere la conversazione lì e accendere la televisione. Nico capisce che la causa di tutto questo è lui, ma allo stesso tempo sa di non poterci fare nulla. Squilla il telefono, e riesce a rispondere prima che lo senta la madre. Dall’altra parte del telefono c’è il Recchia, che parla sottovoce. I due si mettono d’accordo per vedersi nel giro di venti minuti davanti all’oratorio, perché il Recchia deve parlargli. Nico accetta e mette giù. Nel frattempo i discorsi dei suoi genitori in cucina si sono fatti più alti di volume, nonostante il padre cerchi di abbassarlo. La madre è sull’orlo di un’esaurimento nervoso, sente di aver perso un figlio in un pomeriggio e lo paragona ad un ragazzo autistico. Il padre cerca di minimizzare ma alla fine è costretto a cedere anche lui ai cambiamenti 47
il trattamento del figlio. Nico ascolta, poi gli viene un’idea, prende la felpa, ed esce di soppiatto. In bici, mentre pedala verso l’oratorio rimugina sulla rivelazione che gli è appena apparsa. Ha capito che le cose non potranno mai più tornare come prima, e che quindi sua mamma sarà triste praticamente per il resto della sua vita, perché non si abituerà mai ad avere un figlio scemo. Appena arrivati Recchia vuota il sacco: l’ha detto a suo fratello. Il fratello ha 6 anni in più di lui ed è molto famoso nella scuola per aver ripetuto due volte la seconda media e due volte la terza. Il suo sport preferito è terrorizzare i suoi compagni di classe che per ovvie ragioni anagrafiche sono molto più piccoli di lui, ma per il Recchia ha sempre avuto un’affetto infinito. È il motivo per cui, nonostante la mollezza e l’indole gentile, nessuno lo abbia mai veramente picchiato. E ora conosce il segreto che nessuno doveva sapere. Recchia dice che non ce la faceva più, che doveva dirlo a qualcuno e capire se è grave come pensano, e dice che il fratello l’ha tranquillizzato molto, che a nessuno frega niente di un barbone morto, e che l’unica cosa che in questi casi può metterti nei guai sono i parenti della vittima. Un barbone può rimanere un corpo non reclamato in obitorio per mesi, figuriamoci in mezzo ad un bosco quanto può starci. Però la sicurezza non c’è. Il fratello dice che se i poliziotti hanno perlustrato la zona, e sono cose che richiedono molto tempo per essere completate, un giorno o l’altro potrebbero ritrovarlo e collegare le cose. A questo punto le 48
il trattamento cose da fare sono due: o mettersi l’anima in pace e accettare placidamente tutto ciò che avviene, oppure tornare lì con una pala, e seppellire il corpo sotto diversi metri di terra. Nico torna a casa dopo la chiacchierata con i fratelli Recchia visibilmente scosso. Gli altri lo devono sapere, devono contribuire anche loro. Il giorno dopo si vedono sotto un garage dove spesso vanno a farsi i giri con i pattini. E Nico vuota il sacco. Il fratello, il morto, la pala, le scelte. Tutto. E rilancia, anche. Lui dice che dovrebbero andare a seppellire il possibile morto, e poi non tornare. Dice che nulla sarà come prima, e che quella che i suoi genitori scambiano per apatia invece è solo noia. Tutto quello che fanno e che fa è noioso, già visto, ripetitivo. Ha provato l’adrenalina di far una cosa con forza, e non pensa di poter tornare indietro. Dice che ha pensato questo nelle settimane in cui sono stati separati pensando che fosse perché non vedeva i suoi amici, invece si annoia anche con loro, perché attorno a loro ci sono troppe regole. Poi chiede ai suoi amici quello che pensano, e gli dà anche un appuntamento. Alle 8 di sera del giorno dopo si devono trovare tutti lì, pronti a partire e non tornare più. Gli altri ci rimangono secchi.
Quarto Capitolo | Cosa c’è Nico corre per la casa, cercando di fare una lista di quello che potrebbe servirgli, met49
il trattamento tendo dentro lo zaino le cose più assurde. Libri, ovviamente vestiti e ricambi, sapone, scarpe, un pesce rosso, e le ruote del suo monopattino, perché le aveva pagate tantissimo. Riceve una telefonata al numero di casa: è Mascio che gli chiede se avevano intenzione di farlo veramente. Lui lo sognava da una vita, e non poteva dire di no. Nico gli dice che ne è sicuro, che è la cosa da fare. Poi gli chiede come si sente, e in effetti è la prima volta che tutti si sentono bene da settimane, la pala la porta lui. Segue la preparazione delle borse anche degli altri componenti del gruppo, che ci mettono cose ancora più assurde. Bene o male tutti scrivono una specie di bigliettino di addio ai loro genitori. Al luogo d’appuntamento c’è solo Nico, che guarda l’orologio e spera che segni un quarto d’ora di ritardo. Ma uno alla volta arrivano tutti, e felici come delle pasque prendono le loro biciclette e sfrecciano per la strada, fino al mare. Trovano un accesso al bosco, e ci entrano, tenendosi stretta quella pala. Cominciano a fantasticare su quello che possono fare una volta via, da rubare per strada a trovarsi un lavoretto in campagna a fare tutto. Sono molto giovani e stupidi. Arrivano senza accorgersene al palazzo nella foresta. Iniziano ad organizzarsi per cercare di accerchiare il mostro, ma mentre stanno ancora parlando, il mostro compare davanti a loro, ad una decina di metri di distanza. Li guarda, loro lo guardano. La paura è molta, e Mascio stringe tra le mani la pala, come se volesse usarla come un tondino. Il mostro si porta una mano alla 50
il trattamento testa e si massaggia la zona colpita dal tondino, poi li guarda un’ultima volta, e se ne va a casa, salendo gli scalini del palazzo. I ragazzi rimangono impietriti, come se un vetro si fosse appena frantumato davanti a loro, e poi uno dei quattro dice “Forse è meglio che torniamo a casa”. “Già”.
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la promozione
logo
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er la parte riguardante la promozione del progetto ho agito come se avessi intenzione di pubblicare il libro in autonomia, come un’autoproduzione. Seguendo l’esempio di molte altre pubblicazioni del genere, ho creato una pagina Facebook relativa al libro, e non all’artista, e ho iniziato a postare dei contenuti creati ad hoc per la pagina. La prima cosa da realizzare è stata la progettazione del logo, che è stato successivamente applicato ad ogni immagine. La comunicazione per immagini, ancora in corso, prevede la pubblicazione di character poster, variant cover e immagini promozionali create ad hoc.
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erco sempre di trovare un equilibrio tra cosa mostrare e cosa non mostrare, per creare hype senza fare perdere l’interesse per aver già visto tutto. Ho seguito la stessa strategia postando le immagini su differenti social network come Tumblr, o Instagram, in cui progetti del genere spesso incontrano il successo del pubblico. Per il futuro, l’intenzione è quella di creare una fanbase abbastanza appassionata, e proporre il progetto ad un editore italiano, che in questo modo dovrebbe essere maggiormente predisposto ad investirci. 52
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CHARACTER POSTER #1 56
CHARACTER POSTER #2 57
CHARACTER POSTER #3 58
CHARACTER POSTER #4 59
immagini tratte da comunicazione sui social
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l’edizione
bozze di copertina 61
bozze di copertina, in varie fasi della lavorazione.
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copertina scartata 63
traccia
colore sfondo
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effetti sfondo
colore p. piano
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impaginazione definitiva copertina 66
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l’immaginario Il corpo | Stephen King
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l corpo è un racconto molto famoso scritto da Stephen King nel 1982 all’interno della raccolta Stagioni diverse ma, come spesso avviene per la sua produzione, è conosciuto al grande pubblico per la sua trasposizione cinematografica in Stand by me (Rob Reiner), del 1986. La storia narra di 4 ragazzi di tredici anni nell’immaginario paese di Castle Rock nel Maine, alla fine di un’estate del 1960, che per fortuite circostanze riescono ad avere un’informazione riservata sull’ubicazione del corpo di un altro ragazzino scomparso qualche giorno prima nel bosco. Attratti dalla possibilità di essere i primi a scoprirlo, fingono di dormire in tenda nel cortile di uno dei quattro, e partono per il bosco la sera stessa. Il protagonista, Gordon (detto Geordie), è un ragazzino molto sveglio e con un talento inimitabile nel raccontare storie, gli altri tre sono Chris, il suo migliore amico, Teddy, un ragazzino pazzo, quasi cieco e sordo ma imprevedibile, e Vern, il loro amico grassottello e sfigato, che ha ricevuto la soffiata sul corpo. Provengono tutti da situazioni familiari disagiate, chi per genitori violenti o disinteressati alla loro educazione, chi per fratelli bulli,
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l’immaginario chi invece, come il protagonista, da una famiglia che cerca di riprendersi dal grave lutto della perdita di un figlio, avvenuta pochi mesi prima. La narrazione principale è intramezzata da alcune delle storie inventate da Gordon, che fungono da allegorie in qualche caso e che aiutano a comprendere meglio la psicologia dei personaggi e del loro ambiente. Dopo questo intermezzo, i ragazzi iniziano il viaggio lungo la ferrovia verso la presunta posizione di Ray Brower, il ragazzo scomparso. Vanno incontro a diverse difficoltà, come un cane feroce, un contadino livoroso e un suicidio scampato dal ponte della ferrovia, ma riescono, con alcuni cambi di traiettoria, a proseguire il viaggio. Una volta arrivati a destinazione, trovano quello che stavano cercando, ma scoprono anche che i fratelli maggiori di Chris e Vern, da cui arrivava l’informazione che li aveva condotti lì, sono arrivati prima di loro con alcuni amici. I ragazzi grandi hanno intenzione di chiamare la polizia e di “rubargli” lo scoop, ma vengono bloccati da Chris che, a sorpresa, prende dallo zaino una pistola rubata al padre e li minaccia. Se ne vanno, e poco dopo anche i nostri protagonisti decidono di tornare a casa. Camminano tutta la notte e tornano a Castle Rock, ma subiscono la vendetta, sotto forma di pestaggio, da parte dei loro fratelli e della loro gang. Si guadagnano però il rispetto dei loro coetanei quando, davanti alla polizia che gli chiederà chi li ha ridotti in quelle condizioni, manterranno il silenzio. Il corpo verrà poi trovato dalla polizia grazie ad una soffiata anonima, e la storia si chiude così. C’è un breve epilogo, che racconta le vite dei protagonisti dopo quest’avventura, da cui scopriamo che nessuno di loro, eccetto Geordie, raggiungerà la vita adulta.
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l’immaginario Morti di sonno | Davide Reviati
Morti di sonno è una graphic novel di Davide Reviati, edita da Coconino nel 2006, che racconta la vita quotidiana e le imprese di un gruppo di ragazzi piuttosto eterogenei (dai 10 anni ai 18) nel villaggio dell’ENI di Ravenna, dove tutte le loro famiglie vivono. Racconta di una città nella città, in cui i ragazzi si sfidano a delle interminabili partite a calcetto, che terminano spesso con delle infinite risse. Ci sono diversi protagonisti, con una narrazione non lineare ed episodica, che però rivela la natura stessa della vita da adolescenti: episodi molto distinti l’uno con l’altro, uniti da un mare di glassa di noia. Quello che mi interessava prender da questo libro è la comunicazione, il dialogo, e la spontaneità dei personaggi nel ricreare esattamente quel clima che sentivo anch’io da ragazzo. Reviati riesce nella delicatissima impresa di riportare una parlata, un atteggiamento e un sentire tipico dei ragazzi in cui tutti riescono a riconoscersi, senza cadere in pericolosissimi cliché e locuzioni che di giovanile hanno solo l’intento.
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l’immaginario Paranoid Park | Blake Nelson
Paranoid Park è un libro del 2006, a cui è seguita una trasposizione cinematografica molto interessante, accurata e potente a cura di Gus Van Sant, nel 2007. Racconta la storia di Alex, un ragazzo di 16 anni di Portland, nell’Oregon, che inizia a frequentare uno skate park della sua città e conosce persone poco raccomandabili. Una sera, per goliardia, viene convinto ad andare con un paio di ragazzi a saltare sui treni in corsa. L’avventura finisce male: per colpa di una sua mossa errata un sorvegliante viene ferito e, successivamente, finisce sotto un treno in corsa. Terrorizzato dal fatto, Alex torna a casa e passa i giorni successivi a cercare notizie dell’omicidio sperando di non venire scoperto. Continua la sua vita, viene interrogato dalla polizia, ma riesce a farla franca, a parte per il peso enorme che questo avvenimento ha sulla sua vita. Ha un segreto, e non può dirlo a nessuno, ma piano piano si apre con una sua amica, che lo convince a scrivere delle lettere, e a liberarsi del peso insostenibile che grava sulla sua testa. In questo libro la tematica della colpa e della redenzione è fortissima, e l’età è molto simile, anche se per alcuni versi più difficile, di quella dei protagonisti della mia storia. Questo è un esempio di “lieto” fine per una storia di questo tipo, un po’ un orizzonte verso cui i ragazzi di FUORI vorrebbero aspirare.
Il signore delle mosche William Golding
Il signore delle mosche è un famosissimo romanzo di William Golding del 1954. È una delle testimonianze più vive nella cultura popolare di un tipo di narrazione molto usata negli anni ’50. Ambientare dei racconti o dei romanzi in contesti estremi e mettere come protagonisti dei 71
l’immaginario bambini era un’espediente piuttosto diffuso per raccontare le storture degli adulti, soprattutto nella cultura di massa, che proprio in quegli anni andava imponendosi. In una vaga contestualizzazione all’interno di una guerra, un aereo con sopra dei ragazzi provenienti da famiglie altolocate borghesi, precipita in mare nei pressi di un’isola paradisiaca completamente abbandonata. I ragazzi si organizzano in una struttura sociale piuttosto rigida, eleggono dei leader e si assegnano i compiti necessari alla sopravvivenza, come la caccia o la costruzione di rifugi. Piano piano però, la situazione va degenerando, a causa di un gruppo di facinorosi, capeggiati da un ragazzo molto aggressivo, facenti tutti parte della squadra dei cacciatori. Un clima di violenza e ricatto si va imponendo, soppiantando quella che in principio era una democrazia piuttosto funzionale. Uno ad uno i ragazzi aderiscono tutti alla nuova “corrente”, lasciando gli ideatori della società ideale da soli a combattere contro la barbarie. Un clima irrazionale, religioso al limite del fanatismo e settario si impadronisce dei ragazzi,
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l’immaginario che scendono in una spirale sempre più definita di malvagità e crudeltà, e che culmina nell’omicidio di uno dei ragazzi, un povero innocente sbeffeggiato dai più poiché sovrappeso. Il libro, e i due film tratti dallo stesso, punta a definire un paradigma sociale destinato alla fine dell’empatia e della solidarietà tra le persone, come in quegli anni ci si aspettava a causa dei timori per una guerra nucleare. Quello che ho cercato di riprendere dal libro è stata la struttura sociale dei ragazzi nel bosco, e il loro adattamento alla vita selvaggia, senza genitori o altre regole. Chiaramente ho dovuto calarlo in una società, la nostra, che accetta molti più compromessi rispetto ad una di 50 anni fa. Però lo spirito dei ragazzi, e il loro istinto alla sopravvivenza, e soprattutto il mutare della loro struttura col mutare dei fattori attorno a loro, mi è stato incredibilmente d’aiuto.
La guerra dei bottoni Louis Pergaud
La guerra dei bottoni è un romanzo scritto più di un secolo fa da Louis Pergaud, parzialmente autobiografico. In un paesino francese chiamato Longverne, una banda di ragazzini tra i 10 e i 13 anni combatte una guerra con i loro coetanei del paese confinante, mirata a salvare l’onore e rendere eterna gloria al vincitore. È una lotta senza quartiere, ambientata per lo più nel bosco che confina con i due paesi, e combattuta a suon di pietre, percosse, bastoni e colpi di mano. Si chiama la guerra dei bottoni poiché i perdenti di ogni scontro vengono puntualmente privati di tutti i loro bottoni, lacci e stringhe, subendo così le dure punizioni dei loro genitori, che si vedono costretti a ricomprare tutti quegli accessori, di certo non economici in un paesino dalla vocazione contadina e molto povero. La narrazione segue le alterne vicende di questi gruppi armati, le vittorie 73
l’immaginario
e le sconfitte, con una scrittura a tratti esilarante, a causa delle continue imprecazioni, molto fantasiose, pronunciate dai ragazzini. Leggerlo è stato come entrare per un po’ nel modo di ragionare di un preadolescente (in un contesto totalmente diverso dal nostro, ma comunque attualizzabile), e capire come si potessero conformare i ragionamenti causa/effetto in un cervello di quell’età .
Il muretto | Fraipont & Bailly
Graphic novel belga pubblicata in Italia nel 2014 da Eris Edizioni, scritta da Pierre Bailly e disegnata da Celine Fraipont. Racconta la storia di Rosie, una ragazzina proveniente da una famiglia disfunzionale, con la madre fuori dal nucleo familiare e il padre spesso assente per motivi di lavoro. Lasciata quindi da sola, sempre più frequentemente si abbandona alla scoperta dell’alcool, e rovina la sua unica vera amicizia, con la sua vicina. Conosce però un ragazzo più grande, che vive “alla giornata”, e piano piano ne subisce il fascino. Entra nel mondo underground, e in un sistema di valori che, provenendo da una famiglia borghese, non gli era conosciuto. In questo volume ho trovato molto interessanti le descrizioni accurate della psicologia di un adolescente, e il perfetto mix tra tutti i sentimenti che in quell’età affollano la mente di un ragazzo. In più la fascinazione per il proibito costituisce sicuramente un tema portante, che ho cercato di fare mio. Lo stile è a mio avviso molto efficace nei suoi 74
l’immaginario scopi. Un bianco e nero molto asciutto e netto che denota bene la discesa verso il “lato oscuro” della protagonista. La caratterizzazione dei personaggi poi è molto ricercata, pur nella sua semplicità, e permette agli autori di porre l’accento su delle singole espressioni caratterizzanti e, soprattutto, sull’assenza di esse. Il senso di inedia e apatia che si respira in alcune tavole è totalizzante, e ricalca a pieno la situazione psicologica dei personaggi.
Sleepers | Barry Lewinson
Sleepers è un film del 1996 di Barry Lewinson, tratto dall’omonimo romanzo di Lorenzo Calcaterra. In Italia è molto conosciuto, poiché presenza frequente nel palinsesto televisivo da ormai 15 anni. Racconta la storia di quattro amici, adolescenti, che vivono nel Bronx, in una torrida estate del 1967. I quattro vivono in una realtà molto influenzata dai codici d’onore della malavita italiana, e in qualche modo cercano di seguirne le orme, ma per la maggior parte del tempo giocano, vanno in giro, si divertono senza pensare troppo alle conseguenze delle loro azioni. Uno dei loro passatempi preferiti è quello di sfidare il proprietario del carretto degli hot dog, rubargli da mangiare e poi farsi rincorrere, contando ovviamente sulla propria prestanza fisica, e spesso facendola franca. Uno di questi scherzi però prende una brutta piega e per un malaugurato incidente l’ambulante viene ucciso dal suo stesso carrello, lanciato sulle scale di
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l’immaginario una stazione della metropolitana. Dopo l’arresto, vengono portati in tribunale e accusati di omicidio, e a causa di queste accuse, poi confermate, passeranno diversi anni in riformatorio, avendo come unica guida morale il prete della loro parrocchia, interpretato da un memorabile Robert de Niro, che è l’unica persona costantemente interessata al loro destino. Il film poi si sviluppa seguendo le tragedie che i ragazzi devono subire, con continui stupri e violenze da parte dei secondini e una costante cappa di terrore che li immobilizza al loro posto. C’è poi tutta la seconda parte, in cui i ragazzi, ormai diventati adulti, trovano un modo per vendicarsi dei loro vecchi aguzzini. Ma è la prima parte quella secondo me più interessante, e che ho preso a modello per alcuni schemi comportamentali dei miei personaggi. Innanzitutto il numero e il ruolo dei protagonisti è molto simile a quello presente in Fuori, in più la fascinazione verso una certa idea di brivido e di spericolatezza, che ho intenzione di ricreare anche nel mio progetto. C’è poi la questione della colpa, che i ragazzi si trovano in qualche modo a dover espiare, e che invece nella mia storia aleggia sulle loro psicologie senza mai realizzarsi.
Moonrise Kingdom Wes Anderson
Moonrise Kingdom è un film di Wes Anderson del 2012, piuttosto lontano dai miei classici riferimenti. È la storia, dipinta con colori pastello e scene irreali, di una coppia di ragazzini (un ragazzo e una ragazza) che decidono di allontanarsi dal campo scout dove lui era accampato e andare in esplorazione dell’isola, alla ricerca della fantomatica Moonrise Kingdom, una spiaggia particolarmente bella. I due già si conoscevano ed erano amanti epistolari, ma non avevano mai veramente passato del tempo insieme, e duran76
l’immaginario
te la fuga ne hanno l’occasione. Tutti li cercano, dalla famiglia di lei al gruppo scout di lui, e infine riescono a ritrovarli. Ma spinti dall’autenticità del loro rapporto, i compagni scout si convincono ad organizzargli una nuova fuga, che questa volta culminerà nel loro finto matrimonio, in un ciclone, una recita, la presenza dei servizi sociali e la morte di alcune persone, nel classico stile iperbolico di Anderson. La particolarità che mi ha interessato di quest’opera è la distanza tra il mondo dei piccoli e il mondo dei grandi. Come in Fuori, nessuno degli adulti pare comprendere appieno le tribolazioni dei giovani adolescenti, compiendo quindi le scelte sbagliate in merito alla loro educazione. Questo, unito alla passione per l’esplorazione effettuata con l’ingenuità e il pragmatismo che solo dei ragazzi possono padroneggiare, ne ha fatto un’opera di ispirazione.
Giulia Sagramola | Incendi Estivi
Giulia Sagramola, punto di riferimento per il mondo del fumetto autoriale giovane in Italia, ha pubblicato recentemente la sua prima Graphic Novel con la casa editrice Bao Publishing. La storia segue le vicende di due sorelle (in particolare della più grande), nella provincia marchigiana dei primi anni 2000. È un intreccio 77
l’immaginario amoroso, e una storia di formazione per la protagonista che, alle soglie dell’esame di maturità e dell’inizio della vita adulta, cerca di capirsi meglio e di relazionarsi verso il prossimo con uno spirito più equilibrato, essendo per indole invece una vera e propria estremista. Ha un amico che probabilmente è qualcosa di più, con cui non sa se rimanere allo stato attuale o imbarcarsi in una relazione, che rimane comunque il suo compagno di vita. Mentre i personaggi crescono, sullo sfondo si verificano degli strani incendi sulle colline che circondano il paese. Nessuno sa cosa li provochi, e nessuno ha idea di come fermarli. Non hanno una cadenza fissa, ma sembrano andare di pari passo con le svolte emotive nella vita della protagonista. Lei e il suo amico/fidanzato vanno spesso nei boschi per capire cosa succede, e lì, solo lì, si sentono totalmente liberi dalle regole sociali e dalle convenzioni che in paese li influenzano pesantemente. Infatti hanno il loro primo rapporto sessuale in mezzo ai cespugli e scoprono che è proprio lì che la sorella della protagonista riceve i suoi numerosi ragazzi. Una delle cose più interessanti è a mio avviso la netta contrapposizione tra il bosco e il paese, che pur essendo uno a ridosso dell’altro, sembra che abbiamo due regolamenti diversi, e che si possa essere, alla fine dei conti, due persone diverse a seconda di dove ci si trovi.
Paolo Cattaneo | L’Estate Scorsa L’estate scorsa è un libro a fumetti del 2015, scritto e disegnato da Paolo Cattaneo, giovane autore genovese, e pubblicato da Canicola Edizioni. È la storia di alcuni ragazzini a Genova nel 1997, che vengono ritratti in quel periodo in cui tra brufoli, motorini, uscite nel bosco, primi timidi approcci riusciti al sesso opposto, si consuma l’adolescenza. Uno dei protagonisti, Daniele, viene invece inquadrato più da vicino e vengono sviscerate un po’ di più le sue condizioni familiari, in particolare la
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l’immaginario mancanza del padre. Durante una delle loro uscite nel bosco scoprono che al suo interno c’è un rottame di un tir, capovolto su un lato e trasformato in una casa. I rapporti all’interno del gruppo si vanno evolvendo “fotografati” in diversi momenti della loro crescita, fin quando, nel finale, si viene a scoprire che l’abitante del tir all’interno del bosco altri non è che il padre di Daniele, che però nel frattempo è costretto ad andarsene per via di un incendio appiccato alla sua casa. Con Paolo ci siamo confrontati più di una volta, poiché avevamo lo stesso sentore, quello di star raccontando due storie molto simili. E volevamo premurarci di avere ognuno un proprio percorso e di non essere sovrapponibili. È andata così. Sebbene ci siano molti aspetti comuni nelle nostre storie (i ragazzi, il bosco, il rudere nella foresta, gli anni ’90), è indubbio che le cose vanno in due maniere molto diverse. La sua è una storia che ha come protagonisti ragazzi leggermente più grandi e alle prese con tutta una serie di aspetti che i miei protagonisti guardano come il loro “futuro”, e in più il fattore di scoperta e di socialità che nell’estate scorsa è presente in tutto il libro, nel mio si intravede solamente all’inizio del primo capitolo e durante l’ultimo. In più il “motore” dell’azione è molto differente, essendo il suo dettato da regole sociali e tensioni tra ragazzi, il mio dalla colpa per un omicidio. Tuttavia, sarebbe illogico negare di non aver “preso” qualcosa da Paolo. La freschezza con cui racconta gli adolescenti, la perfetta caratterizzazione in un periodo come gli anni ’90, in cui l’Italia era con un piede nel passato e uno nel futuro, e la fascinazione per l’esterno bosco, sono tutti fattori che ho pienamente cercato di assorbire.
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ESTRATTO dal PRIMO CAPITOLO
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Dentro
Anatomia di una graphic novel Accademia di Belle Arti di Bologna biennio specialistico in Linguaggi del Fumetto a.a. 2014/2015 relatore prof. Andrea Paggiaro stampato a Bologna nel mese di febbraio 2016 presso la tipografia Asterisco testi, disegni e progetto grafico di Mattia Moro