UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAMERINO | FACOLTÀ DI ARCHITETTURA School of Advanced Studies (SAS) | PhD research in “Architettura e Design” Doctorate course: Conoscenza e Progetto delle forme degli insediamenti ! XXI cycle Tutor: Prof. Pippo Ciorra PhD candidate: Emanuele Marcotullio
CONCLUSIONI Scenari urbani La risposta comunitaria al tessuto delle infinite città individuali. Pensare l’abitante della città e dei territori contemporanei come una “individualità universale” significa mettere al centro della scena urbana le forme di convivenza, le relazioni tra le forme dell’abitare e il tessuto delle molteplici città individuali. Se l’architettura e il progetto di città possono avere ancora un ruolo sociale e non appiattirsi su quel ripiegamento autoreferenziale dell’immagine che ne fa rappresentazione elitaria o marginale, l’unica possibilità concessa è agire attraverso queste relazioni. Con la consapevolezza del bisogno di rinnovare continuamente il loro rapporto con la costruzione dei luoghi. Raccogliere l’appello conclusivo che Joseph Rykwert fa agli architetti in 1
La seduzione del luogo: “fate piccoli progetti, ma fatene tanti” significa diffondere la cultura progettuale del micro-intervento, di quell’agire sulle relazioni locali tra uomo e ambiente per fare in modo che si stratifichino nuovi significati nel tessuto dei luoghi della città. Un agire che, nel coinvolgere le comunità, i gruppi di abitanti anche a partire dal bisogno primario di una casa, parta dalla consapevolezza che “per capire la città nel suo dinamismo tridimensionale, per seguire e modulare il suo processo di autogenerazione, per connettere ed estendere il suo tessuto è necessario uno studio dell’uomo, occorre capire in che modo 2
l’esperienza umana trasforma in immagine la forma costruita” . Una volta liberato dal confinamento nel quartiere, il bisogno di socialità individuale può mettere in atto il suo potenziale stabilendo relazioni secondo logiche di prossimità nuove che possono prevedere anche l’uso dei network messi a disposizione dalla tecnologia attuale. La potenza immaginativa del gruppo, di una comunità costituita su basi nuove, in accordo con il quadro antropologico, sociologico contemporaneo, può essere la risorsa per rispondere all’“evanescenza del collettivo” di cui parla Cristina Bianchetti e trovare i modi per definire luoghi, “spazi spugnosi e molluscolari” come li chiama Massimo Cacciari,
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J. Rikwert, La seduzione del luogo, Einaudi, Torino, 2003, pag. 307 idem, pag. 307
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che gli individui possano abitare e fare propri senza farsi violenza . Per fare questo sembra sempre più pressante il bisogno di rinegoziare ciò che è comune, ciò che gli individui scelgono di porre in comune come ragioni del loro abitare insieme. Così se da un lato la città, nel suo sviluppo in territorio no limits, è governata da processi di atomizzazione individualistica, che la configurano come un tessuto di infinite città individuali piuttosto che come città di comunità, dall’altra è scenario di fenomeni ispirati alla reciprocità, alla solidarietà, alla condivisione. Certamente per gli architetti la parola comunità non suona tanto bene. Richiama alla memoria le stagioni in cui l’utopia di una felicità 4
socializzata , nell’incapacità di dare compimento reale a certe prefigurazioni, ha creato forme di controllo spaziale che si sono poi rivelate le ragioni del disagio sociale e del degrado metropolitano. Ha definito in un rovesciamento paradossale, forme di utopia regressiva 5
potenzialmente violenta, già da tempo stigmatizzati da tanta letteratura . A meno di pochi esempi di buon governo e limitati pezzi significativi di città pubblica, la comunità è rimasta una visione, interpretazione ironica del rapporto tra tecnologia e conquista del territorio, pratica inevasa in attesa di una realizzazione, o espressione nostalgica di ideali a cui non si 6
vuole rinunciare .
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In questo senso si realizza una sorta di saldatura concettuale tra la posizione di Rykwert e quella di Cacciari, presentata nel testo Nomadi in prigione in A. Abruzzese, A. Bonomi, (a cura di), La città infinita, Mondadori, Milano, 2004. Appropriarsi della città contemporanea, sempre più dilatata nel territorio astratto del General Intellect, si realizza, in un paradosso, attraverso la formazione di luoghi spugnosi, interpretati come risposta all’insopprimibile bisogno umano di ricevere dalla città protezione e insieme efficienza. In questa dialettica tra dimensione uterina e dimensione strumentale della città, l’operazione del definire luoghi si dà in funzione di confini aperti e dinamici, rappresentazione dell’individuo come monade capace di fare i conti con i caratteri propri dell’intero. 4 Si ricordano le teorie di Fourier, le sperimentazioni legate al rapporto tra architettura e produzione industriale, il Karl Max Hof e la DomKomuna, l’idea che il disegno del quartiere sia il prodotto dell’aggregazione della componente minima dell’alloggio, o le soluzioni statali al problema del disagio abitativo, dai programmi di ricostruzione, i Grands Ensembles, le Siedlung, ma anche le New Towns inglesi. 5 Si fa ri ferimento ai romanzi e ai racconti di J. G. Ballard. 6 Dal piano e dal Canton Vesco di Ivrea al Villaggio Matteotti di Terni, il discorso sul rapporto tra comunità e architettura ha lasciato sul campo visioni diverse, tutte riconducibili a un sostanziale orientamento utopico, seppur con i dovuti distinguo: da Fuller, agli Archigram, da i Radicali Italiani, fino a Koolhaas, gli architetti hanno usato la comunità come strumento per partecipare al dibattito sull’utopia. Infine si ricordano le comunità dei visionari anni ’70, discepoli del credo del ritorno alla natura e dell’ideale
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Ma il desiderio di socialità che sembra sempre più diffuso va compreso nelle sue determinazioni spaziali e in qualche modo usato per operare sulla città. Il tessuto sociale, mappa delle relazioni tra gli individui, prefigura nuove forme dell’abitare e di conseguenza nuove forme di urbanità. Si tratta di forme marginali rispetto al quadro urbano complessivo, realizzazioni limitate di un’utopia “modesta” che cerca di orientare la costruzione di nuovi spazi di vita. Distanti dalla dittatura del realismo questa utopia dispiega pratiche abitative “eretiche”, alternative rispetto alla logica dell’isolamento e dell’atomizzazione, momenti di inerzia urbana comunque sperimentali, capaci di evocare modi diversi di pensare la città e l’abitare contemporaneo. Non solo prodotto ansiogeno di orwelliana memoria, o diffusione banalizzante di insediamenti generici tenuti insieme da infrastrutture interregionali. Queste pratiche possono essere considerate come il residuo della modernizzazione della società, un problema ancora irrisolto della postmodernità, una novità insediativa che si scopre in un abitare “antico”, scelto oggi per bisogno di relazioni, per interesse, per convenienza e non per formalizzare un progetto di vita universale. La dimensione comunitaria che si dispiega da queste pratiche, e anche da alcune attente tattiche progettuali, ha varie aggettivazioni: esistono comunità costruite a partire da un interesse o da un valore condiviso; comunità che rappresentano ancora un’appartenenza più o meno momentanea o un’evidenza sociale, di genere, di sapore etnico nazionalista; comunità che scelgono semplicemente di rispondere autonomamente ai bisogni di un welfare ridotto dalla mancanza del pubblico; comunità nate nelle sedi lavorative, nelle aule scolastiche o in condizioni di marginalità, capaci di costruire una nuova urbanità; una comunità basata sull’elezione del vicinato come strumento per attivare servizi collettivi. Nell’eterodossia che contraddistingue la loro dimensione aggregativa, possono assecondare iniziative dal basso o rappresentare l’adesione a un progetto specifico che evoca la comunità e che pare ispirato. Le forme che possono assumere sono diverse, ma in ognuna si può scovare il germe di una innovazione urbana: l’isolato comunitario, gli ecovillaggi, i
della convivenza pacifica, alcune ancora vitali, ma isolate in determinati contesti urbani e territoriali.
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condomini solidali, i nuclei a vocazione comunitaria, la coabitazione e il cohousing, le esperienze di autocostruzione e di occupazione di spazi residuali sono forme di un’abitare che rifiuta di risolversi nel solo movimento del corpo che scava l’inviluppo vuoto del suo spazio vitale. Se i diagrammi minimi di Alexander Klein o l’abitacolo della Endless House di Kiesler prefigurano una città in cui si muovono abitanti paguri in continua emigrazione da una conchiglia abitativa all’altra. Ma senza dover invocare gli esiti di una ricerca funzionalista sull’alloggio di massa alla base di molti dei progetti contemporanei sull’housing, è possibile scoprire che nel rapporto tra individuo e comunità, apertura e chiusura, spazio privato e spazio pubblico si dispiega il contenuto di novità urbana di queste pratiche. Lo spazio di relazione che costituisce il cemento spaziale della comunità configura nella città contemporanea habitat sociali, oasi di resistenza al consumo immediato di immagini “inorganiche”, sacche di sostenibilità dell’ecosistema urbano, organismi 7
collettivi capaci di contrastare il plancton suburbano . In queste forme dell’“abitare con” si realizza la transizione del rapporto individuo/territorio alla dialettica territorio/comunità: se prima era la collocazione spaziale a rappresentare l’abitante e orientare le sue possibili relazioni, in questa prospettiva il territorio si dà in funzione delle relazioni che le varie comunità scelgono di scrivere nello spazio. È la materializzazione spaziale di queste relazioni. Forse questa è la differenza sostanziale con il passato e l’elemento che segna maggiormente la distanza con la dimensione urbana attuale: i legami comunitari da cui il progetto architettonico e urbano hanno sempre preso le distanze, oggi sono riproposti in forma nuova, non naturale ma intenzionale; costruiscono una geografia di luoghi possibili dell’appartenenza, bolle in un territorio di flussi, in posizione intermedia tra individuo e città. Le proposte dell’“abitare con” mostrano il loro potenziale eversivo solo quando sono espressione di una scelta deliberata, quando colgono l’intenzione di abitare insieme nella determinazione dello spazio di relazione, nella sua gestione e nella sua quotidiana reinvenzione.
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C. Zucchi, Schermi abitati. Individuo e tipo nell’housing contemporaneo. In Lotus 132, Skyra editore, Milano
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Lo spazio di relazione, quel particolare spazio comune, a metà tra privato e pubblico ha il compito di garantire l’integrazione sociale, catalizzare tutte quelle attività e quei servizi che la comunità sceglie di svolgere collettivamente. È uno spazio che permette di dispiegare il potenziale comunicativo della comunità e al tempo stesso di darne immagine e rappresentazione. In tutte le diverse manifestazioni l’“abitare con” costituisce è un progetto che può condurre a nuove forme di urbanità, a condizione che si passi: a. dall’espansione urbana generica e illimitata alla risorsa locale, b. dal quartiere agli spazi di relazione, di vicinato elettivo, c. dalla casa mononucleare al sistema spazi privati/spazi condivisi, d. dall’uso della sola risorsa individuale al network delle relazioni e dei servizi. Nel caso di nuova fondazione, di ecovillaggio, di nucleo urbano, di network diffuso, l’insediamento comunitario deve comunque saper cogliere il valore delle aree e dei contesti per costruire novità, utilizzare le risorse presenti e valorizzarle in termini di paesaggio, usare gli eventuali spazi sprecati e interstizi generando connessioni. Deve costruire un sistema di spazi intermedi che sappiano dare forma alle relazioni tra gli abitanti e il territorio, tra lo spazio domestico e lo spazio pubblico, ma anche permettere la formazione di servizi collettivi e luoghi di appartenenza aprendosi idealmente e fisicamente alla città. Nella situazione più radicale deve sovrapporre agli spazi pubblici della città un sistema di servizi collettivi propri, capace di rendere operative le relazioni di vicinato: si profila una città multi-locale, fatta da una rete di luoghi aperti alla dimensione globale. Un cauto sperimentalismo connota certe “citta di fondazione”, a partire dai nuovi insediamenti residenziali del Nord Europa o dalle sperimentazioni sulle community orientali, mentre l’incapacità delle lezioni del modern living nel risolvere in ambito urbano i problemi posti dalla metropoli multietnica e multigenere apre l’individuo alla scelta comunitaria come fuga in un ambiente immaginato o gli impone l’obbligo di superare la “città funzionale” attraverso forme insediative come nuclei di resistenza relazionale. In questo senso, l’aver concentrato l’attenzione sulle relazioni permette al progetto dell’insediamento comunitario di diffondere forme dell’abitare
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che assecondano i nuovi stili di vita e le logiche di aggregazione in gruppi: nei casi di cohousing, condominio solidale, di ecovillaggio urbano, come pure quelli di casa estesa (esternalizzazione dei servizi) la convivenza dispone un’articolazione spaziale basata su spazi per la privacy e spazi comuni, per attrezzature e attività condivise. Il giardino, il cortile, la strada, il club sportivo, il bar, il portico, la cucina comune, la sala giochi, i micronidi, la lavanderia, il laboratorio diventano gli spazi curati dalla comunità e i luoghi in cui può riconoscersi. Spingendo ancora un po’ sul pedale della sperimentazione è possibile proporre, anche in contesti culturali dove la tradizione di casa monofamiliare è forte, una riduzione dello spazio privato a fronte di un sostanziale allargamento di quello comune. Garantito comunque lo spazio della propria intimità, l’abitante può scegliere quali attività vuole condividere: costruire la comunità parte dalla “fraternità”, che è comunque completamento e affermazione della propria individualità. Forse solo il confronto con il “diverso”, con l’esterno, con l’impianto di abitudini collettive localizzate all’interno della città-territorio, può scardinare l’ordinata sequenza di soluzioni residenziali che hanno integrato e forse anestetizzato da tempo le esperienze basate sulla “progettazione partecipata”. Grazie a questa strategia di articolazione spaziale e dei servizi, grazie alla ricerca degli spazi di relazione come interfacce tra pubblico e privato, tra interesse e sentire, è possibile dare forma alla nativa contraddizione tra il bisogno di città come grembo e la visione di città come strumento. Dalla nuova casa, dalla nuova città vorremmo che sia contemporaneamente rassicurante e inattesa, capace di articolare spazi pubblici e dimensione privata risolvendo al meglio la questione della forma dello spazio comune delle monadi degli alloggi. Con un obiettivo chiaro. Se le politiche di “quartiere” della tradizione moderna hanno cercato di ricreare razionalmente le condizioni di solidarietà sociale del villaggio all’interno della nuova classe inurbata, queste forme dell’abitare lavorano sulla continua negoziazione dei significati e delle aggettivazioni della comunità. Lavorando su un comune sentire, sulla variazione dei comportamenti e delle appartenenze possono evitare il rischio di una definitiva razionalizzazione e catalogazione tassonomica e metabolizzare il mosaico di sottoculture della metropoli contemporanea. E last but not
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least offrono la possibilità di attivare il paradigma della sostenibilità riducendo i costi di gestione dell’abitare e garantire un più efficiente sfruttamento delle risorse. Ovviamente le tecnologie digitali non solo permettono di dispiegare nuove forme di relazioni, definendo anche comunità atipiche, non soggette ai vincoli di prossimità spaziale, ma consentono di generare in uno spazio virtuale (es. Second Life) nuove forme di capitale relazionale ed aumentare le possibilità dei contesti reali di produrre immaginazione progettuale.
Non è definibile ancora quanta diffusione possono avere queste forme dell’abitare condiviso, ma è chiaro che, se osservate con la giusta distanza critica e senza facili entusiasmi, se declinate in funzione degli specifici contesti di applicazione, possono fornire validi elementi di discussione sul futuro della città. Far proliferare nell’intorno della residenza spazi di condivisione dalla natura intermedia significa proporre una riflessione su nuovi modi di abitare che in qualche modo impongono anche un ripensamento dello spazio pubblico. Significa affidare al progetto il duplice valore di risposta concreta ai problemi urbani e di processo capace di incidere nella consapevolezza degli abitanti. Nella città del XXI, sospesa tra bisogno di protezione e ansia di funzionamento, diventa quindi irrinunciabile il contributo che lo spazio privato dell'abitazione può offrire alla definizione di microspazi pubblici. Questi spazi anarchici, capaci di accogliere le pratiche d'uso degli abitanti, possono servire ad integrare la mappa dello spazio "pubblico" necessario alla comunità locale per tenere a regime il livello di autogoverno e fornire alla città e ai territori contemporanei nuovi ordini sommari a partire da pratiche “eretiche”.
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BIBLIOGRAFIA Per i temi trattati nell’introduzione: la città degli individui e le visioni di comunità lasciate in eredità dalla storia dell’architettura • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
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Capitolo I Per una corretta definizione di individuo, comunità e moltitudine • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
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Per comprendere i termini attuali e i problemi legati alla categoria di comunità • • • • • • • • •
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Capitolo II Per la corretta definizione dei “tipi d’insediamento urbano” in cui le comunità trovano spazio. • • • • • •
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BANG J. M., Eco-villaggi, guida pratica alle comunità sostenibili, Arianna Editrice, Bologna, 2010 BRAMANTI B., Le comunità di famiglie. Cohousing e nuove forme di vita familiare, Franco Angeli, Milano, 2009 LIETAERT M., Cohousing e condomini solidali, Editrice AAM Terra Nuova, Firenze, 2008 MANZINI E. e JEGOU F., Quotidiano sostenibile, Edizioni Ambiente, 2003 MERONI A. (a cura di), Creative Communities. People inventing sustainable ways of living, Edizioni Polidesign, Milano, 2007 MCCAMANT K., DURRETT C. e HERTZMAN H., Cohousing. A Contemporary Approach to Housing Ourselves, Ten Speed Press, BerkeleyCalifornia, 1994 OLIVARES M., Comuni, Comunità, Ecovillaggi, Editrice AAM Terra Nuova, Firenze, 2006 PETRILLO A., Città, villaggi, megalopoli, Carocci, Roma, 2006 SCOTTHANSON C. e SCOTTHANSON K., The Cohousing Handbook: Building A Place For Community, 2005 VITTA M., Dell’abitare. Corpi spazi oggetti immagini, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2008 “Gomorra”, n. 6, Enclave, Meltemi, marzo 2004 BEAL A., “Nike: a Lesson in Social Community Marketing”, Marketing Pilgrim 2007
Capitolo III Per la corretta analisi dei casi studio, a partire dai pochi testi rintracciati. • • • • • •
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DE LA PUERTA J. M., Collective Housing: A Manual, ACTAR, Barcelona, 2007 GUALLART V., Sociopolis. Project for a City of the future, ACTAR, 2004 GUALLART V., Self-Sufficient Housing, ACTAR, Barcelona, 2008 DRUOT F., LACATON A. e VASSALL J. P., Plus, Paperback, 2007 LIETAERT M., Cohousing e condomini solidali, Editrice AAM Terra Nuova, Firenze, 2008 MCCAMANT K., DURRETT C. e HERTZMAN H., Cohousing. A Contemporary Approach to Housing Ourselves, Ten Speed Press, BerkeleyCalifornia, 1994 SCOTTHANSON C. e SCOTTHANSON K., The Cohousing Handbook:
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAMERINO | FACOLTÀ DI ARCHITETTURA SAS School of Advanced Studies | Dottorato di Ricerca in “Architettura e Design” Curriculum: “Conoscenza e Progetto delle forme degli insediamenti” | XXI ciclo Tutor: Prof. Pippo Ciorra Dottorando: Emanuele Marcotullio
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Building A Place For Community, 2005 “Abitare” n. 485, 09/2008 “AREA” n. 68, Housing, maggio/giugno 2003 “Domus” n. 886, 11/2005 “Domus” n. 912, 03/2008 “Domus” n. 915, 06/2008 “Domus” n. 919, 11/2008 “Domus” n. 920, 12/2008 “Domus” n. 932, 01/2008 “Domus” n. 933, 02/2008 “Lotus” n. 120, Urban Housing, Skira, 01/2004 “Lotus” n. 132, Housing Differentiation, Skira, 03/2007 “Lotus” n. 140, Sustainaibility, Skira, 11/2009 “The Plan” n. 013, Centauro, 03-04/2006 “The Plan” n. 027, Centauro, 06-07/2008
• Molte immagini e informazioni sui progetti presentati sono state raccolte in rete. In particolare sono state usate foto reperite dal sito di photo sharing www.flirck.com Capitolo IV Nell’ampia letteratura sulle comunità virtuali, si segnalano i testi in cui più si analizza il rapporto tra sistema di rete e nuovo spazio urbano. • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
ANDERSON B., Imagined Communities, Verso, London, 1991, II ed. (trad. it. Comunità immaginate, Manifesto Libri, Roma, 1996) BANZATO M. e CORCIONE D., Second Life. La grande guida, CLUEB, Bologna, 2008 BAUDRILLARD J., Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Raffaello Cortina, Milano, 1996 CASTELL M., Galassia internet, Feltrinelli, Milano, 2001 CASTELL M., La nascita della società in rete, EGEA, Milano, 2002 CASTELLS M., La città delle reti, Marsilio, Venezia, 2004 CIOTTI F. E RONCAGLIA G., Il mondo digitale, Roma-Bari, Laterza 2000 DE BENEDITTIS (a cura di), Comunità in rete, FrancoAngeli, Milano, 2003 DE KERCKHOVE D., Architettura dell’intelligenza, Universale di architettura, Testo &Immagine, Torino, 2001 FORMENTI C., Internet community, “Communitas”, n. 1, 2005 FORMENTI C., Incantati dalla rete, Cortina, Milano, 2000 GEROSA M., Second life, Meltemi, Roma, 2007 GEROSA M. e PFEFFER A., Mondi virtuali, Castelvecchi, Roma, 2006 HOULLEBECQ M., Piattaforma nel centro del mondo, Bompiani, Milano, 2005 IMBESI L., Estetiche di rottura, recensione a SAGGIO A., Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura, Carocci, Roma, 2007 LADAGA A. e MANTENGA S., Strati mobili. Video contestuale nell’arte e nell’architettura, Edilstampa, Roma, 2006 LÉVY P., L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano, 2002 MALDONADO T., Critica della ragione informatica, Feltrinelli, Milano, 1997 MELLO P., Metamorfosi dello spazio, annotazioni sul divenire metropolitano, Bollati Boringhieri, Torino, 2002 PACCAGNELLA L., La comunicazione al computer, Il Mulino, Bologna, 2000 RHEINGOLD H., Le comunità virtuali. Parlare, incontrarsi, vivere nel cybergspazio, Sperling & Kupfer, Milano, 1994 TURALE S., La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell'epoca di Internet, Apogeo, Milano, 1997 STAGNI E., I network come comunità individuali: verso una concezione network della comunità, “Sociologia Urbana e rurale”, n. 32
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAMERINO | FACOLTÀ DI ARCHITETTURA SAS School of Advanced Studies | Dottorato di Ricerca in “Architettura e Design” Curriculum: “Conoscenza e Progetto delle forme degli insediamenti” | XXI ciclo Tutor: Prof. Pippo Ciorra Dottorando: Emanuele Marcotullio
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VIRILIO P., Lo spazio critico, Dedalo, Bari, 1998 VIRILIO P., La bomba informatica, Cortina, Milano, 2000