Il linguaggio dei gesti italiani (www.scudit.net). C'è chi sostiene che la comprensione corretta di un messaggio trasmesso oralmente dipenda solo in minima parte dalle parole che abbiamo usato. In gran parte la percezione dipende dalla vocalità (quindi ritmo, intonazione, tono, volume della voce). In grandissima parte la comprensione del senso di una comunicazione orale dipenderebbe invece dalla "cinesica". La cinesica è quella forma di comunicazione "non verbale" caratterizzata da movimenti del corpo. In particolare riguarda la mimica facciale, la postura, la gestualità. In una parodia fatta all'estero, l'italiano è spesso un tipo piuttosto rumoroso che parla ad alta voce e gesticola freneticamente. La gestualità marcata è effettivamente una caratteristica di noi italiani ed è particolarmente diffusa nel sud della penisola. A proposito della funzione dei gesti diciamo che: Aiutano a esprimere meglio quello che uno vuol dire, specialmente quando il messaggio si presta a doppie interpretazioni: è il caso del cosiddetto futuro di dubbio. La frase Lui avrà quarant'anni, per prendere il senso di è probabile che lui abbia quarant'anni, dovrebbe avere sui quarant'anni richiede quasi necessariamente al parlante di alzare un po' le spalle o di inarcare la bocca verso il basso. In questo modo il futuro assume la modalità di dubbio o di eventualità. Rendono una conversazione più partecipata: più si gesticola e si fa partecipare il proprio corpo alla comunicazione di un messaggio più appare viva e intensa la nostra partecipazione, anche fisica, a quanto andiamo dicendo. Il gesto infatti manifesta la volontà di voler essere capiti: accompagnare la una frase interrogativa del tipo Ma che stai dicendo? con il tipico gesto della mano con la punta delle dita unite mentre il polso oscilla più volte su e giù, rende la domanda più pressante e rimarca fortemente la mia vivissima curiosità. Fanno risparmiare tempo: una frase pronunciata - per sua natura - può essere suscettibile di diverse interpretazioni; il gesto - nella sua semplicità - è sempre chiaro e quindi definitivo. Un no detto a voce, a seconda del tono, può anche significare sì, forse, o comunque rivelare una nostra disponibilità alla trattativa; un no manifestato ruotando la testa a destra e sinistra, o ancora di più - come fanno nel sud un no espresso sollevando leggermente il mento e facendo un piccolo schiocco con la lingua, sembra assolutamente definitivo.
Possono essere ironici: un gesto contraddittorio rispetto a un'affermazione che facciamo controvoglia può indicare uno spiritoso e familiare dissenso da quanto stiamo accettando. O ancora: fare un gesto tipico dei bambini, può indicare la nostra volontà di manifestare ingenuità o di giustificare con un "infantilismo" una nostra azione: in particolare, ruotare più volte la punta dell'indice sulla guancia per dire Quant'è buona da mangiare questa cosa! (proprio così come fanno i bambini davanti alla cioccolata) esprime il mio gradimento di una leccornia: ma mi descrive nel contempo, bonariamente, come una persona che non riesce a controllare la sua "passione gastronomica". Parlare accompagnandosi con gesti troppo vistosi non è comunque considerato elegante:in una conversazione formale la gestualità denuncia due atteggiamenti che sono rifiutati dal "bon ton". Un primo atteggiamento che dovremmo tenere in un discorso formale è infatti quello di manifestare una certa pacatezza, un saggio distacco dalle cose che diciamo, una disponibilità ad accettare obiezioni o opinioni diverse: disponibili al dialogo potremmo perfino cambiare il nostro modo di vedere. Tutto il contrario insomma di quanto esprime il gesto che per sua natura è esagerato e poco pacato, fisicamente e sentimentalmente partecipe degli eventi, poco diplomatico nella sua definitività. Il secondo atteggiamento che si ritiene degno di apprezzamento in una conversazione formale è la capacità di esprimersi con frasi chiare (e magari ricche contenutisticamente). Anche questo atteggiamento cozza con la gestualità: il gesto vuole chiarire infatti quello che le parole evidentemente non hanno saputo esprimere. In una conversazione informale invece la gestualità è decisamente ben accettata dal sistema culturale italiano. Se pure è spesso oggetto di facili parodie o imitazioni, chi gesticola viene in generale riconosciuto come persona appassionata a quanto dice, desiderosa di farsi capire, sentimentalmente partecipe delle sue affermazioni (tutti valori considerati, nella nostra cultura, positivi). Nei rapporti interculturali non va dimenticato naturalmente che mentre la mimica facciale è spesso (e non sempre) interpretabile anche da culture diverse, i gesti hanno in molti casi significati diversi a seconda delle etnie e delle tradizioni culturali. Il sorriso, che da noi è segno di benevolenza e di assenso, in alcune culture orientali è segno di imbarazzo e a volte cela il dissenso.
Il sì e il no manifestati il primo dal movimento ripetuto della testa verso l'alto e verso il basso e il secondo dalla rotazione della testa a destra e sinistra, in alcune culture culture si esprimono con i gesti contrari. Il nostro siamo d'accordo, ok, da noi può esprimersi attraverso il gesto con la punta del dito pollice che tocca la punta del dito indice formando una O: in alcuni paesi neanche lontanissimi lo stesso gesto può avere un significato estremamente volgare. E così via: non si può mai essere sicuri che un gesto con un significato che per noi è scontato abbia altrove lo stesso valore. I gesti,insomma, funzionano come tutte le convenzioni sociali: se noi non troviamo moltochic concludere un pranzo delizioso in un ristorante extra lusso con un rutto più o meno rumoroso, lo stesso rutto è altrove riconosciuto come manifestazione di gradimento e di soddisfatta sazietà. Non abbiamo invece una risposta convincente al "perché" in Italia la gestualità sia particolarmente diffusa. Potremmo azzardare che in uno Stato che ha raggiunto l'unità linguistica solo in tempi recenti può essere stato più necessario che altrove esprimersi con l'aiuto di gesti esemplificativi. Oppure potremmo azzardare che l'italiano, essendo una "seconda lingua" per tutti gli italiani (nati dialettofoni), si è avvalso di gestualità per aiutare i nativi a colmare quelle lacune di espressività che l'uso di una seconda lingua quasi sempre prevede. Potremmo infine anche provare a immaginare che la commedia dell'arte e la tradizione del teatro itinerante fra terre e dialetti diversi sia un'altra fonte di diffusione della gestualità nelle varie regioni d'Italia. Ma ognuna di queste ipotesi presenterebbe numerosissime possibilità di obiezioni. Più facile, probabilmente, prendere atto della situazione socioculturale... e divertirci con quello che abbiamo.