Serie: I Reportage di Fotoforum - Vol. 14

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PhotoReportage:

AVREI VOLUTO: TRA LA NEVE ED IL SOLE

di Giovanni Mura presentato nel gruppo Facebook Fotoforum Attimi nel Tempo Editor Luana Ermili

Le immagini sono di proprietĂ degli autori e qualsiasi uso non autorizzato verrĂ perseguito a termini di Legge


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«Giovanni Mura classe 1961. Inizio a fotografare negli anni ’70, durante le libere attività complementari alla Scuola Media Statale Giulio Romano; Il corso di fotografia era diretto dal prof. Alfredo Bernacchia. Avevamo a disposizione due Reflex Petri in dotazione alla scuola, ma il Prof. Bernacchia ci metteva spesso a disposizione la sua Nikkormat, molto gettonata dagli studenti. Durante le ore pomeridiane ci si addentrava nei vicoli e nelle piazze di Trastevere a cogliere attimi di vita e scorci del Rione. Lo sviluppo avveniva in una classe, che veniva trasformata in camera oscura con l’incollaggio alle finestre di cartoni bristol neri, avevamo una lampadina colorata di rosso con lo smalto. Ci è stato insegnato anche il viraggio seppia per invecchiare le foto con il ferricianuro di potassio. E’ stato un fantastico momento di formazione. Ho sempre avuto a disposizione una fotocamera come compagna di pesca, cerimonie, eventi, viaggi, ora durante le uscite organizzate con gli amici del Fotoforum; talvolta è con me anche se vado a fare la spesa: attimi di vita particolari ci si possono svelare in qualsiasi momento. Come appassionato di Fotografia, di Roma e del mio Rione, Trastevere, nel 2017 sono stato coinvolto come coordinatore della fotografia, nel progetto del Museo in Trastevere, “Le donne di Trastevere e del Mondo”, cui il Fotoforum ha partecipato con entusiasmo e coinvolgimento, apportando un apprezzato contributo fotografico alla manifestazione sulla visione della Donna attraverso la Poesia, la Musica e le Arti Visive in generale. Coamministratore del Fotoforum Attimi nel Tempo, mi occupo prevalentemente di organizzare e coordinare gli eventi esterni alla piattaforma digitale.»

Giovanni Mura


‘‘Sabato mattina, la sveglia impostata alle 04:00 suona col suo inesorabile “bip bip”. Era previsto un calo delle temperature per il 4 febbraio 2012 ed avevo programmato un’uscita di pesca alla centrale termoelettrica di Civitavecchia: con il freddo l’acqua calda dell’impianto riscalda il mare e crea condizioni favorevoli. La luce che filtra tra le fessure delle persiane è particolarmente intensa, di un giallo ovattato. I vestiti e l’attrezzatura da pesca sono in camera da pranzo dalla sera prima; lì le persiane sono aperte e la luce soffusa con dominante gialla è davvero intensa, mi avvicino ai vetri e… i tetti di Trastevere sono tutti innevati, le luci al tungsteno si riflettono su quel soffice “pannello riflettente” e la finestra mi svela il motivo di quel singolare chiarore.’


«Una stretta al cuore. Non me la sento di rischiare l’uscita di pesca, perché non ho voglia di montare le catene e la tormenta è davvero intensa, e potrebbe peggiorare. Peccato…mi rimetto a letto. Poi l’illuminazione: ho una possibilità unica, uscire durante una tormenta al centro di Roma di notte e fotografare! La tuta da sci, i moon boot, la maglia e la calzamaglia termiche appaiono dall’armadio, la Nikon D90 dallo zaino; per fortuna ho le batterie sempre cariche, un panno per asciugare la “bambina” ed il suo 18-200, obiettivo poco incisivo ma versatile in queste situazioni, e via! I primi scatti dalle finestre, anche dalla tromba delle scale»


‘‘…e giù, a calcare quei sampietrini ormai quasi invisibili del mio Rione. L’atmosfera è particolare e l’esperienza con la neve notturna a Trastevere è unica. Mi era già capitato di camminare di notte sulla neve, sul fiume Turano, il giorno di un’apertura di pesca alla trota; ero dodicenne e fu magico! La sensazione di respirare quel freddo umido, con i microscopici frammenti di ghiaccio che stuzzicano le narici, i piedi che producono un crepitio ad ogni passo, la parestesia sulle falangi… Dopo alcuni scatti sotto casa’’


…a via Garibaldi…


‌a S. Giovanni della Malva.


Ponte Sisto mi appare con una veste insolita, il turbinare di quei grossi fiocchi viene illuminato dai fari dei fantastici pompieri subito sul pezzo!

Dopo il loro transito attraverso e mi dirigo verso il nostro Ponte, il forte vento di tramontana si incanala lungo i muraglioni da nord e si amplifica; penso: ”faccio due scatti e poi vado verso Castel Sant’Angelo”. “Castello” è il mio monumento preferito, perché domina con la sua imponenza il Tevere, perché fa da alfiere al Cuppolone, perché ogni volta che ho scattato lì è uscito qualcosa di buono. Asciugo l’obiettivo, in quel momento la tormenta è davvero forte e ne voglio approfittare, per imprimere sul sensore quanto sta accadendo davanti ai miei occhi; tutta questa umidità ed il controluce sui lampioni favoriranno i flare, (riflessi delle luci sull’obiettivo), cerco di integrarli senza che disturbino troppo, e cerco di scattare durante una raffica più forte per evidenziare il vento con i fiocchi che scendono obliqui. Qualcuno è già passato, le impronte ne sono testimonianza, la via di fuga prodotta dai lampioni mi piace: click!


Giro a sinistra, il lungotevere della Farnesina è una fabbrica di neve, vorrei fortemente andare a Castello ma l’obiettivo si bagna in continuazione e desisto: “farò il giro orario” nella mia Trastevere di notte. Di lì a poco a Ponte Mazzini accadrà una tragedia, un uomo snaturato strapperà dal sonno il figlio di 16 mesi, Claudio, e lo getterà nelle gelide acque del fiume. Dopo aver appreso la notizia, nei giorni successivi, ho rimpianto di non aver affrontato di petto quella tormenta, avrei potuto trovarmi sul luogo della tragedia durante il ritorno da Castello e, magari, aiutare la zia e la guardia carceraria a salvare quel piccolo angelo innocente dalla furia di quelle mani. Avrei voluto farlo, fortemente.

Si, a posteriori ho percepito una similitudine tra il turbinio dei fiocchi sballottati da un freddo vento ed il turbinio di pensieri insani passati nella mente di quel balordo.


Tutti gli anni, durante la processione della Madonna Fiumarola, con la Confraternita del Carmine, ricordiamo il piccolo Claudio, affidando una coroncina di fiori alle acque.


Ho perso la mia fidata D90 due anni dopo, sulla spiaggia di Noronqui del Medio, Venezuela, a causa di tre onde anomale che hanno riempito d’acqua il ricovero dove l’avevo posizionata prima di accingermi a pescare. Peccato, perché nel programma serale avevo in mente di fotografare i bimbi che giocavano nel villaggio di Gran Roque. Quei bimbi che, in un contesto come quello, vivono in modo umile ma sereno, sostenuti da una grande famiglia allargata. Avevo già qualche scatto dei bimbi dell’arcipelago venezuelano, mentre giocano davanti alla Posada.

Nel mezzo del villaggio,


Avevo scattato a Josè, abitante di Krasqui, fiero di aiutare il papà a recuperare la cima della barca usata per pescare aragoste. Mentre scattavo pensavo: “fantastico ‘sto ragazzino, me lo porto a Roma e lo faccio studiare… ma potrà mai essere felice come in questo momento?”


La rottura della d90 mi ha impedito di fermare le emozioni che si generano nel villaggio intorno al tramonto del sole; avrei fotografato le scene della sera prima, vissute senza fotocamera al seguito, che si sarebbero ripetute come in un rituale quotidiano: un ragazzo con i capelli lunghi e la chitarra che canta sull’uscio di casa accompagnato da un coro di fanciulli, una grassa signora caraibica con un cartellone di una sorta di tombola con gli animali al posto dei numeri, ed i bambini intorno a gioire alla chiamata dell’animaletto in loro possesso sulla cartellina, tutti a partecipare a quell’entusiastico sentimento universale che dovrebbe accompagnare l’esistenza dei bimbi. Si, avrei voluto farlo, tra la neve ed il sole, fortemente.


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