Settimana tecnologica 2015

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19-23 gennaio 2015

SETTIMANATECNOLOGICA

La classe 3N del Liceo cantonale di Lugano 1 ha partecipato dal 19 al 23 gennaio 2015 alla Settimana tecnologica organizzata da IngCH

IL MONDO DELLE TECNOLOGIE Un viaggio nel passato, nel presente e nel futuro di Laura Banfi Moser, dipl. phys. ETH, gruppo Engineers Shape our Future INGCH

Il mondo delle tecnologie è affascinante e pieno di promesse, ma può incutere anche timori, caratterizzato com’è dall'immensa complessità e dal rapido sviluppo tecnologico, premessa per un’ancora più grande accelerazione dell’evoluzione delle tecniche. Senza dubbio la tecnica fa parte della cultura odierna e siamo costretti a confrontarci con gli sviluppi tecnologici e il loro progresso indipendentemente dalla nostra formazione.

Durante questa settimana le studentesse e gli studenti liceali affronteranno il significato fondamentale delle nuove tecnologie per il futuro dell’ambiente, della società, della scienza e dell’economia, e conosceranno persone che sviluppano ed applicano queste tecniche. In particolare saranno analizzati gli aspetti positivi e negativi delle nuove tecnologie e le loro conseguenze. La settimana tecnologica è basata sui contatti diretti. Incontri con esperte e esperti,

discussioni con apprendiste e apprendisti, offriranno lo spunto per ulteriori approfondimenti. Visite in aziende e in laboratori dimostreranno come la tecnica viene applicata. L'obiettivo di questa settimana è una maggiore comprensione del mondo delle nuove tecnologie, per cercare di superare paure e timori che spesso sono loro associati.


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Programma di dettaglio Lunedì mattina

Introduzione alla settimana e conferenze (Liceo)

Lunedì pomeriggio

Atelier di informatica all’USI (Lugano)

Martedì mattina

Rapelli SA (Stabio)

Martedì pomeriggio

Precicast SA (Novazzano)

Mercoledì mattina

Cantiere FFS stazione di Lugano

Mercoledì pomeriggio

Atelier Ponti (Liceo)

Giovedì pomeriggio

Dipartimento Tecnologie Innovative SUPSI (Manno)

Venerdì

Valutazione e conclusione delle attività (Liceo)

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“Io sono il mio cervello?” di Yasemin Güner

La conferenza del responsabile dell’ideatorio dell’USI, Giovanni Pellegri, ci ha offerto molti spunti di riflessione riguardo temi molto importanti che hanno sempre suscitato interesse nell’uomo. Il dottor Pellegri, con un approccio molto interattivo, ha posto domande e ascoltato con curiosità le nostre risposte circa questioni come: perché esiste la scienza? chi siamo? da dove veniamo? come è nata la vita? ecc. Tramite questa introduzione abbiamo capito il senso del titolo della conferenza: noi siamo in grado di pensare, avere una coscienza, vedere colori e sentire sapori (in natura inesistenti) grazie al nostro cervello. La realtà è perciò una costruzione mentale. Ci siamo resi conto anche della piccolezza dell’uomo di fronte alle grandi questioni poste all’inizio, alle quali non si hanno ancora risposte scientifiche certe, anche se l’uomo da sempre vuole scoprire come è nata la vita e se ci sono altre forme di vita su altri pianeti poiché effettivamente viviamo su un piccolo pianeta rispetto all’immensità dell’universo. Dal desiderio di fare chiarezza su queste questioni è nata la scienza e poi la tecnica che si occupa di costruire i mezzi per conoscere meglio l’uomo e per migliorarne la vita. Malgrado l’avanzamento tecnologico nell’ambito delle neuroscienze, rimane ancora un mistero come le persone siano in grado di provare sentimenti, perché si innamorino o perché hanno fede. Nella nostra società c’è la convinzione

di dover credere agli scienziati, ma per quanto riguarda l’apprendimento, il comportamento o i sentimenti, bisogna considerare esperti coloro che studiano l’uomo nel suo insieme, come sociologi e psicologi, mentre gli scienziati si occupano di studiare nei dettagli l’aspetto molecolare, che può aiutare a trovare cure o capire meccanismi di patologie di natura fisiologica. Gli studi nell’ambito delle neuroscienze sono stati infatti utili per capire quali aree specifiche dell’encefalo sono responsabili di ricevere gli impulsi sensoriali provenienti dalla superficie della pelle. Grazie a questa scoperta si è potuto comprendere, per esempio, che la sindrome dell’arto fantasma o la rara malattia della Xenomelia sono dovute alla deformazione delle aree dell’encefalo e non a malattie psichiatriche come si credeva in passato. Altre due scoperte delle neuroscienze sono state fondamentali. La prima: il cervello è plastico quindi le esperienze modificano i neuroni creando nuovi collegamenti, perciò continuando a fare un’azione si imparerà a eseguirla molto bene. La seconda: esistono i neuroni specchio responsabili dell’empatia. I neuroni specchio hanno permesso quindi di capire perché si apprende semplicemente guardando qualcuno fare qualcosa. L’imitazione dei movimenti e i percorsi neuronali si attivano di più quando alla persona osservata si è emotivamente più vicini.

dr. Giovanni Pellegri, USI

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“Come si annusa una cometa” di Nickolas Moccetti

Il discorso del dr. Daniele Piazza riguardo al tema della meccanica utilizzata nel campo dell’aereospaziale è riuscito senz’altro a trasmettere a me e ai miei compagni moltissime informazioni. Esso infatti è stato molto ricco di dettagli e spiegazioni interessanti, pur essendo stato sottoposto a notevoli semplificazioni necessarie a causa della scarsa quantità di tempo disponibile, unita alle nostre limitate conoscenze. Personalmente avevo soltanto una vaga idea della complessità e difficoltà che si nascondevano dietro a un progetto come Rosetta, per cui è stato sorprendente scoprire che questo richiedeva molto, molto di più: i materiali da trovare e utilizzare; i diversi pezzi da costruire, valutare, montare e testare; così come il denaro per potere svolgere questi processi e la mano d’opera necessaria affinché tutto sia pronto al momento giusto, rispettando cioè le scadenze; ecc. Sono tutte cose che a parole probabilmente non rispecchiano l’arduo lavoro che si cela dietro, ma è in effetti quando si inizia a parlare di diversi pezzi grandi mezzo millimetro da saldare tutti insieme che in qualche modo si inizia a capire. È dunque un mondo intero quello che si nasconde oltre alla mera immagine di un razzo che decolla. La missione Rosetta ha innanzitutto lo scopo di fare atterrare una sonda su una cometa che attraversa il nostro sistema solare: non può essere certo un’impresa semplice né dal punto di vista fisico (calcoli di traiettoria, direzione,

dr. Daniele Piazza, UNI Berna

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velocità, tempo, ecc.) né da quello meccanico o chimico (materiali, reazioni chimiche, costruzione, funzionamento, ecc.). Un’altra cosa che mi ha colpito di questa missione è la sua durata, davvero molto lunga prima e durante il viaggio, mentre è estremamente corta al momento di estrarre e inviare informazioni una volta che la sonda è sull’asteroide. La sonda Rosetta infatti è stata fatta decollare il 2 marzo 2004, mentre la data di arrivo alla cometa e quindi di sgancio del Lander è stata il 12 novembre 2014: ben poco più di 9 anni di attesa quindi, in assenza di comunicazione tra la terra e la sonda. Dopodiché, secondo le parole del dr. Piazza, il tempo di vita previsto per il Philae Lander era approssimativamente di quattro ore, questo vuole dire che tutto il lavoro e l’attesa durati sin dai giorni di costruzione dei singoli pezzi del progetto si riducono alle quattro ore di raccolta e trasmissione di dati dal robot. Con questo si vede molto bene quanto la curiosità dell’essere umano sia perseverante, insaziabile (come ci insegna l’Ulisse dantesco) e capace di provare soddisfazione per qualsiasi nuova scoperta. Mi ha fatto molto piacere partecipare a questa discussione e spero di avere più occasioni del genere in futuro, è stato davvero interessante e divertente in certe occasioni.


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Atelier di informatica all’USI di Alexandre Dickson, Nickolas Moccetti, Loris Togninalli

Il pomeriggio di lunedì, dopo un’interessante mattinata di conferenze, ci siamo recati alla Facoltà di scienze informatiche dell’Università della Svizzera italiana dove abbiamo partecipato ad un atelier. Siamo stati accolti dal dr. Alberto Ferrante e dall’ing. Mauro Prevostini, i quali ci hanno introdotto alla materia con una breve presentazione dei concetti base delle piattaforme embedded, dei piccoli computer presenti nella maggior parte degli oggetti elettronici che usiamo ogni giorno. Esse contengono dei sensori che rilevano dei parametri del mondo reale e degli attuatori che agiscono in base al programma implementato ed ai segnali dati dai sensori. Per questo atelier abbiamo utilizzato la piattaforma Arduino esplora che contiene diversi sensori preimpostati quali il rilevatore di temperatura, il microfono, l’accelerometro e il sensore di luce. Dopo averne capito i meccanismi più semplici, ci siamo confrontati con le sfide che ci venivano proposte. È stato impegnativo, ma ogni sfida ci ha dato una chiave di lettura per capire tutto il lavoro che sta dietro ad oggetti che a prima vista ci sembrano banali. Ci è piaciuto molto l’approccio logico alla materia che rende più intuitiva la risoluzione dei problemi.

dr. Alberto Ferrante, ing. Mauro Prevostini, ing. Rami Baddour, USI

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Per risolvere i compiti assegnatici, la prima cosa che abbiamo dovuto capire era il comportamento dell’accelerometro e come variavano i parametri in base alla posizione di Arduino. Ciò non è stato semplice come poteva sembrare, perché il sistema di riferimento era l’opposto di quello che usiamo a scuola e quindi inizialmente eravamo spiazzati. Il compito principale era di costruire una livella che cambiasse il colore dei LED in base all’inclinazione della piattaforma. Per fare ciò abbiamo utilizzato l’ambiente di sviluppo Arduino ed il linguaggio di programmazione C ++ che ci permetteva di dare comandi alla scheda. I due informatici presenti ci davano semplici indizi sui codici, che dovevamo interpretare ed implementare nel nostro programma in modo da rendere la piattaforma sempre più sensibile e reattiva ai cambiamenti di posizione. È stato affascinante vedere come sia possibile risolvere lo stesso problema in modi differenti, ma tutti efficaci, rendendo l’intero processo anche una sfida creativa. Abbiamo particolarmente apprezzato la disponibilità dei relatori che erano molto aperti alla discussione e pronti ad aiutarci nelle situazioni di difficoltà che abbiamo incontrato. Il risultato finale del nostro lavoro è stato


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soddisfacente, perché siamo riusciti ad arrivare alla soluzione in un modo differente da quello proposto. Visto il grande interesse per le diverse sfide e possibilità, abbiamo cercato di approfondire la nostra conoscenza del sistema di programmazione, ideando nuove funzioni che utilizzavano i diversi sensori e le diverse funzionalità di Arduino esplora, per esempio un led che cambiava colore in base al volume del rumore circostante. La possibilità di avere un assaggio dell’ambiente di studio universitario è stata molto apprezzata perché sapere cosa ci aspetta nel futuro è utile per potere prendere decisioni coscienziose, in questo senso l’intera settimana è stata ben organizzata, perché siamo riusciti ad avere un contatto con diversi professionisti in diversi ambiti dell’ingegneria.

“La parte della settimana che ho trovato più interessate è stata quella di lunedì mattina. Sentire le esperienze e le opinioni di due persone diametralmente opposte, ma entrambe coinvolgenti, che rappresentano l’eccellenza del mondo scientifico ticinese, è stato molto bello: ci ha dato la possiblità di confrontarci con due ambiti diversi parallelamente. Ciò mi ha fatto capire l’enorme ampiezza della scienza, quanto essa possa contribuire alla nostra vita e quanto noi potremo contribuire ad essa in futuro.” @alexandredickson

“Partecipare a questa settimana mi ha aperto gli occhi su diverse strade professionali delle quali non ero a conoscenza, e mi ha dato la possibilità di immergermi nel mondo del lavoro così come imparare molte cose riguardo al modo con il quale funziona il mondo moderno.” @nickolasmoccetti

“Personalmente ho apprezzato molto l’atelier di informatica svolto lunedì pomeriggio presso l’Università della Svizzera italiana, perché ho sempre desiderato imparare a programmare e in più mi ha introdotto al lavoro di maturità di robotica che svolgerò. Più in generale mi è stata utile tutta la settimana per chiarire le idee del mio futuro.” @loristogninalli

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Rapelli SA di Joël Bontà, Kim Bottinelli, Leonardo Degli Antoni

La Rapelli SA nasce nel 1929 come piccola macelleria nel nucleo di Stabio. Durante la Seconda Guerra Mondiale l’impresa ha conosciuto un incremento della produzione e del personale impiegato. Questa produzione non era più compatibile con la vita di paese e gli impianti di produzione sono stati dunque trasferiti in una zona industriale. Al giorno d’oggi l’azienda conta 400 collaboratori e produce, ogni anno, 9 milioni di chili di carne pronti per essere venduti alla grande produzione o alla ristorazione. La materia prima è di provenienza Svizzera, soprattutto dalla Svizzera interna, dato che la produzione ticinese non riesce a soddisfare le richieste dell’azienda. L’azienda fa parte della multinazionale ORIOR AG, quotata in borsa dal 2000. L’ing. Rossi, responsabile del reparto cotti e sezionatura, si è messo a disposizione per accompagnarci nelle linee della produzione. In primo luogo abbiamo visitato il reparto in cui arriva la merce e viene contemporaneamente effettuato il controllo per verificarne la qualità. In base ai dati rilevati viene deciso se la merce rispetta i criteri di qualità imposti da Rapelli. Nel caso in cui la merce non rispettasse i criteri di qualità, essa viene restituita al fornitore. In seguito la carne viene trasportata su un nastro e arriva nella sezione dove alcuni macellai La Rapelli SA di Stabio

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eseguono una prima pulizia per rimuovere i grassi presenti in superficie. Le aree di produzione sono rigorosamente sterilizzate, infatti l’aria proveniente dall’esterno viene filtrata in più passaggi. All’interno viene mantenuta una temperatura idonea alla lavorazione della carne e allo stesso tempo i locali sono in sovrappressione, cosicché l’aria sporca con agenti patogeni tenda a rimanere all’esterno, verso i corridoi. Dopo essere stata lavorata una prima volta, a seconda del prodotto finale che si vuole ottenere, la carne percorre vari stadi di lavorazione differenti tra loro. Ad eccezione dei prodotti che subiscono una cottura in forno, tutti gli altri vengono stagionati in celle che riproducono umidità e temperatura di una cantina tradizionale, mantenendo però queste condizioni invariate. La durata della stagionatura varia in base alla lunghezza e allo spessore dei prodotti e in base al contenuto di acqua del salume. Una volta che i prodotti finiscono tutti gli stadi di lavorazione compresa la stagionatura, essi entrano nella fase di affettatura e d’imballaggio. La confezione garantisce una buona conservazione del prodotto grazie ad una miscela di gas caratterizzata da diossido di carbonio, azoto e dall’assenza di ossigeno. Quest’ultima fase è suddivisa su più linee, alcune automatizzate e alcune manuali.


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A questo punto la carne è pronta per essere distribuita ai clienti presenti in Svizzera. I clienti principali sono Migros, che detiene il marchio Rapelli, e Coop, con il marchio Ticinella (più legata alla tradizione nostrana). Una parte dei prodotti messi poi in commercio da Migros consistono in prodotti Rapelli lavorati con carne nostrana, più precisamente provenienti da Cresciano. Rapelli non esporta i suoi prodotti al di fuori della Svizzera. La Confederazione impone pesanti dazi doganali sull’importazione della carne in Svizzera, al fine di favorire l’utilizzo delle risorse nostrane. La dott.ssa Giuliana Turcon, responsabile qualità e laboratorio, si occupa del controllo finale dei prodotti. I controlli di qualità garantiscono la sicurezza alimentare attraverso analisi di laboratorio, questo a favore del consumatore e di una migliore conservazione del prodotto.

“Questa settimana mi ha aiutato molto a farmi delle idee sul mio futuro, infatti, prima non avevo la minima idea di cosa avrei potuto fare. Trovo però peccato che non tutti abbiano la possibilità di fare questa esperienza. In particolare mi hanno colpito le visite alle fabbriche come Rapelli e Precicast.” @joëlbontà

“A mio parere l’attività più interessante è stata l’atelier ponti siccome comprendeva anche una parte pratica molto bella. Mi ha particolarmente coinvolto l’idea di dover concepire un ponte in miniatura e con pochi materiali a disposizione che avrebbe dovuto reggere un peso di almeno 2 chili.” @kimbottinelli

“Ho trovato questa settimana molto utile per orientarmi meglio nelle scelte di formazione future. Tutte le attività mi sono piaciute, in particolare però le attività riguardanti l’ambito della progettazione. Sarebbe interessante ampliare questa possibilità a un maggior numero di studenti.” @leonardodegliantoni

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Precicast SA di Alessandro Alarcon, Thierry Bleuler, Yasemin Güner

Precicast SA è una fonderia di precisione che produce fusi estremamente accurati con il sistema a cera persa. La ditta utillizza materiali resistenti ad alte temperature come il nickel e resistenti all’abrasione come il cobalto, i quali sopportano molto bene le sollecitazioni meccaniche. Essi sono materiali difficili da lavorare poiché non è possibile usare il tornio per ricavarne la forma desiderata. Perciò si utilizza il metodo a cera persa. La Precicast ha sede a Novazzano ed è una società privata nata nel 1970, con un fatturato annuo intorno ai 100 mio di frs. L’impresa sorprendentemente grande (15'000 metri quadrati) dà lavoro a 480 impiegati, di cui il 20% ingegneri. Esporta più del 50% della sua produzione. Il 50% dei prodotti sono componenti per turbine a gas terrestri necessarie alle aziende elettriche e il 40% sono motori per veicoli aerei. Oltre a ciò produce anche eliche marine, componenti per l’industria spaziale e medicale (10%). Ci ha colpito molto il fatto che questa azienda così vicino a noi sia una delle top 5 nel settore della fusione di precisione e ha un mercato globale. I maggiori compratori si situano in Asia, Usa e Europa. La Precicast SA di Novazzano

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Tra il 1970 e il 1975 l’azienda, nella sua fase pionieristica, si è occupata di prodotti per lavorare tessili. Dopodiché passa dal 1975 al 1980 all’industria medica producendo protesi di femori, ginocchia e gomiti. Nel 1980 prende avvio l’evoluzione tecnologica e organizzativa nella quale la ditta inizia a occuparsi della produzione di parti per turbine aeree. Dal 1990 in poi entra nel settore delle turbine a gas per la produzione elettrica. Il sistema a cera persa consiste nel creare un modello del prodotto in cera, dopodiché viene rivestito da un grosso strato di sabbia refrattaria mischiata a ceramica. Questo guscio riesce a sopportare temperature altissime (più di 1650°C), superiori a quelle che fondono il cobalto e il nickel. Viene quindi sciolta la cera all’interno del guscio ceramico e fatta fuoriuscire per lasciare spazio ai materiali principali. Prima che il pezzo venga inserito nel forno, esso viene ricoperto da un materiale isolante per aumentare la resistenza al calore. In un secondo tempo, in un forno a vuoto, il cobalto e il nickel vengono fusi e inseriti nel guscio ceramico. Come ultimo stadio il guscio viene lasciato raffreddare e poi rimosso con acqua ad alta pressione.


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Una volta ottenuto il pezzo, esso viene in più stadi rifinito e lisciato nei minimi dettagli. Ci ha stupito la quantità degli stadi di rifinitura e l’accuratezza con cui i pezzi vengono condotti a termine a regola d’arte. Ogni passo della produzione e dei controlli deve essere documentato su una scheda che verrà conservata per 13 anni in magazzino. Le fasi di controllo e ispezione consistono nei test non distruttivi e distruttivi che vengono effettuati nel laboratorio metallurgico. Nel test distruttivo il prodotto finito viene sezionato per poter analizzare al microscopio le proprietà chimiche e tramite altri test le proprietà meccaniche. Il test non distruttivo invece consiste nell’utilizzare liquidi penetranti per visualizzare inclusioni e radiografie a raggi x, che arrivano molto in profondità, per scovare eventuali bolle d’aria. I test dimensionali che fanno parte dei test non distruttivi permettono di visualizzare il pezzo in tridimensionale tramite foto o metodo di palpazione che consiste nel misurare l’ampiezza dei pezzi. Abbiamo notato che le fasi di controllo sono più lunghe e dettagliate rispetto alle fasi di produzione. Questo è molto importante perché i pezzi devono essere più perfetti possibile, siccome compongono una turbina di un aereo o altro. La Precicast ha ricevuto molti certificati di capacità tecniche che dimostrano la sua abilità nel produrre pezzi affidabili e certificati che dimostrano la sua attenzione all’ambiente, cosa che non ci aspettavamo da un’azienda così produttiva. Abbiamo trovato sorprendente il modo in cui l’azienda pensa al futuro per anticipare le trasformazioni in corso nel mercato e essere competitiva con la concorrenza, cercando sempre di rinnovarsi (ad esempio, l’attenzione è ora posta alla nuova richiesta di motori a basso consumo per inquinare sempre meno).

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“Ho trovato molto interessante la possibilità che ci ha fornito la settimana tecnologica di osservare da vicino alcune professioni solitamente poco conosciute dagli studenti liceali e di poter praticare lavori manuali in campi da me sconosciuti.” @yasemingüner

“Mi ha colpito molto come riescono a fare dei modelli molto precisi usando la cera e tutto il processo di creazione dei componenti delle turbine. Anche tutti i metodi di controllo del materiale, sia distruttivi che non distruttivi sono molto all’avanguardia. Però la cosa che mi ha colpito maggiormente sono l’impegno che mettono nel controllare il materiale per cercare di raggiungere la perfezione. La settimana tecnologica ha superato le mie aspettative, è stata molto interessante e molto istruttiva.” @thierrybleuler

“Non mi sarei mai immaginato di avere così vicino un’azienda competente a livello globale quanto la Precicast SA. Mi hanno particolarmente affascinato gli strumenti da loro utilizzati, dagli enormi forni estremamente potenti, ai robot automatizzati.” @alessandroalarcon


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Il cantiere delle FFS alla stazione di Lugano di Gloria Bradanini, Tanja Orsatti, Elisa Teggi

«Le FFS (Ferrovie Federali Svizzere) sono l’azienda di trasporto più grande della Svizzera, trasporta circa 1 milione di passeggeri al giorno»: questa è l’introduzione della presentazione dell’arch. Valerio Galli, responsabile infrastrutture e progetti regione Sud delle Alpi delle FFS. L’azienda inoltre non si occupa solo di trasporti, ma anche della costruzione di ponti e gallerie che favoriscono il passaggio delle vie ferroviarie. Questo viene svolto sfruttando energie compatibili con l’ambiente, ad esempio l’energia idroelettrica. FFS si occupa di pianificare, coordinare e infine costruire in modo mirato secondo il bisogno comune. L’arch. Galli ci ha presentato i vari progetti che esistono per la pianificazione dell’area della stazione FFS di Lugano e che nei prossimi anni verranno messi in atto. FFS collabora con il Cantone Ticino e la Città di Lugano per la realizzazione dei progetti. Le modifiche consistono anche nel rendere l’organizzazione stradale più agibile. Uno degli obiettivi già realizzati è stato la ristrutturazione dello stabile della zona viaggiatori, l’edificio rosso a Nord. Un ulteriore intervento prevede l’abbassamento dell’atrio esterno della stazione a livello del sottopassaggio principale di collegamento con i marciapiedi dei vari binari. Il sottopassaggio verrà ultimato con la

ing. Paolo Bernardoni, arch. Valerio Galli

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realizzazione di nuove scale, scale mobili e lift per il collegamento dell’atrio con il piazzale della stazione, rispettivamente con lo stabile viaggiatori e il marciapiede del binario 1 (l’innalzamento di questo marciapiede è già stato effettuato, come anche la sua pensilina composta di acciaio). L’obiettivo è quello di avere un’area su un unico livello. Sarà anche realizzata una nuova copertura dell’atrio della stazione fino alla zona taxi: la pensilina avrà una superficie di 1200 mq, il cui scopo è quello di favorire gli scambi tra le diverse vie di comunicazione. Un ulteriore progetto consiste nella ristrutturazione della funicolare che collega la stazione alla piazza Cioccaro, per il quale si prevede l’allargamento del tunnel già esistente per sottostare alle nuove norme di sicurezza. Il nuovo mezzo sarà più capiente (100 persone) e più silenzioso. Si effettuerà anche il collegamento pedonale fra l’atrio della stazione, il parco Bertaccio, il centro città e la stazione FLP con vari sottopassaggi. Il progetto prevede infine la realizzazione di un nuovo campo SUPSI e l’introduzione di un tram che collegherebbe Lugano centro (pensilina Botta) con Bioggio-Manno tramite un tunnel sotterraneo che attraversa la collina di Breganzona.


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Tutti questi interventi dovranno essere realizzati senza l’interruzione dell’esercizio ferroviario, quindi i lavori hanno dovuto essere suddivisi in fasi. Ora è in lavorazione la fase 2 (livellazione e realizzazione dell’atrio). L’ing. Paolo Bernardoni, dal canto suo, ci ha illustrato lo sviluppo dei lavori sul cantiere. Ci ha spiegato che esiste una forte collaborazione tra ingegneri e architetti. In questo progetto c’è anche una collaborazione tra vari studi d’ingegneria, infatti intervengono due aziende: lo Studio Dazio, che si occupa dell’ufficio capolista e della progettazione, e lo Studio Bernardoni, che prevede la direzione lavori. Il compito di un ingegnere è quello di valutare il progetto architettonico effettuando calcoli e studi per verificare che esso sia realizzabile. Questo grazie a programmi di calcolo che definiscono le dimensioni e il peso delle strutture e ciò che va inserito nel calcestruzzo (cemento armato) per far sì che tutto regga. Infine si utilizzano modelli 2D e 3D di simulazione al computer come verifica. Prima dell’inizio del cantiere il terreno è stato esaminato e testato da ingegneri e geologi, che hanno determinato che gli strati superficiali erano più instabili, quindi c’è stato il bisogno di inserire dei pali in acciaio verticalmente e orizzontalmente così da mantenere l’intera struttura. Nel 2020, quando tutto sarà concluso, potremo usufruire comodamente della nuova area stazione FFS di Lugano.

“Questa settimana ritengo che sia stata molto istruttiva e interessante. Grazie a questa possibilità ho potuto vedere molte cose ed entrare in diversi mondi interessanti, come quello dell’elettronica durante la visita alla SUPSI.” @tanjaorsatti

“È stato interessante poter visitare il cantiere e poter vedere lo svolgimento dei lavori. Inoltre siamo stati privilegiati ad accedervi, poiché solitamente non è permesso l’accesso al pubblico. Questa settimana l’ho trovata molto interessante e coinvolgente.” @elisateggi

“Non pensavo che una sola settimana potesse offrirmi una così variegata e interessante scoperta della tecnologia, eppure devo smentirmi: ho apprezzato moltissimo questa esperienza all’insegna del mondo tecnologico, sono stati cinque giorni carichi di divertimento e tanta curiosità.” @gloriabradanini

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Atelier Ponti Liceo di cantonale Lugano 1 di Christian Bianchi, Valeria Bertozzi, Achille Mariotti

L’ingegneria strutturale è quel campo dell’ingegneria civile che si occupa di progettare le strutture di edifici e ponti in modo che essi siano stabili e sicuri. Essa si occupa dello “scheletro” delle costruzioni, mentre la parte estetica è compito degli architetti. Costruire ponti è una delle attività più affascinanti dell’ingegneria strutturale. L’ing. Cristina Zanini, diplomata al Politecnico di Zurigo e contitolare dello studio Borlini&Zanini SA, ci ha innanzitutto illustrato la storia di questa professione, che inizia ai tempi dei Romani, abili costruttori, sprovvisti però di nozioni scientifiche sul calcolo delle strutture. Infatti le costruzioni erano estremamente massicce e durature, ma erano sovradimensionate. Le tecniche dell’ingegneria strutturale si sono evolute poi nel Medioevo con cattedrali estremamente leggere. I costruttori erano alla ricerca di soluzioni innovative, senza però avere basi teoriche solide, per cui avvenivano numerosi crolli. Ci si è poi evoluti, a partire dal XVIII secolo, grazie allo sviluppo di tecniche di calcolo raffinate e alla maggior conoscenza dei diversi materiali. Ci è stato quindi mostrato come lavora un ingegnere strutturale oggi, focalizzando

ing. Cristina Zanini

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l’attenzione soprattutto sui ponti. Ci ha spiegato come bisogna procedere per progettarne uno, illustrandoci vari esempi di queste strutture. Uno dei principali parametri da considerare è la statica, vale a dire la parte della fisica meccanica che studia l’equilibrio dei corpi in quiete. Per una persona che deve progettare edifici e ponti essa è di fondamentale importanza, perché permette di calcolare le forze che agiscono sulla costruzione. Abbiamo potuto prendere spunto dalle varie immagini che ci sono state mostrate per poi mettere in pratica ciò che ci è stato spiegato. Una volta finita la presentazione teorica, ci siamo quindi rimboccati le maniche e abbiamo cominciato l’atelier pratico. Il nostro compito consisteva nel progettare e in seguito costruire un modellino di ponte utilizzando cartoncini, legnetti, spago, nastro adesivo e altri materiali semplici. Avevamo istruzioni precise e parametri da rispettare, come lunghezza, peso e larghezza del ponte. Lo scopo dell’esercizio era di conoscere il comportamento di un ponte e far sì che la nostra costruzione reggesse almeno due chilogrammi.


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Siamo stati divisi in coppie e ogni squadra si è impegnata al massimo per riuscire a centrare l’obiettivo. Inizialmente non sembrava un lavoro troppo complesso, ma con il passare del tempo i problemi sono sorti in grande quantità, come ad esempio la rottura di archi e problemi di statica. Grazie alla disponibilità dell’ing. Zanini ogni gruppo, chi meglio e chi peggio, è riuscito ad arrivare a fine attività con una struttura pronta al test di carico. Con esso si è subito notato come l’obbiettivo prestabilito fosse difficile da raggiungere, poiché un solo ponte è riuscito a reggere due chilogrammi. Un aspetto che si è subito notato e che ha fatto molto piacere a tutti è stato che ogni gruppo ha costruito un ponte con forma e caratteristiche differenti. È stata sicuramente un’attività in cui tutti si sono divertiti, hanno potuto esprimere la propria creatività e soprattutto hanno potuto conoscere meglio il lavoro dell’ingegnere e i vari metodi di costruzione dei ponti.

“Essendo interessato all’ingegneria civile ho trovato l’atelier estremamente interessante e l’attività pratica è stata molto divertente. Costruire un modellino di ponte non è per nulla facile ma con impegno si raggiungono risultati molto soddisfacenti e sorprendenti.” @christianbianchi

“Nonostante io non sia molto interessata a questo ambito per un lavoro futuro, ho trovato quest’attività molto interessante, poiché sono riuscita a comprendere come lavora un ingegnere civile. Il ponte del mio gruppo non ha retto due chilogrammi, ma ci siamo divertiti a costruirlo.” @valeriabertozzi

“Ho apprezzato molto l’atelier ponti poiché in ambito scolastico capita raramente di fare attività pratiche e divertenti come questa, creando, imparando e allo stesso tempo confrontandosi con le molte difficoltà incontrate.” @achillemariotti

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Dipartimento Tecnologie Innovative SUPSI di Samira Mahmoud, Nora Spinelli, Sara Teoldi

Il dipartimento di tecnologie innovative (DTI) della SUPSI offre quattro corsi di ingegneria: informatica (gestione dati, costruzione sistemi di comunicazione, garanzia sicurezza), elettronica (svolgono un lavoro simile a quello degli informatici lavorando però in modo più pratico), gestionale (gestione dell’impresa e del personale, organizzazione dell’azienda) e meccanica (progettazione di nuovi macchinari e materiali per impiegarli in modo intelligente dal punto di vista ecologico e tecnico). In Svizzera ci sono nove SUP distribuite sul territorio, nelle quali si ha la possibilità di frequentare corsi in ambito sanitario, economico, linguistico, architettonico, ecc. La SUPSI è una scuola professionale nella quale si apprende il mestiere di ingegnere, dando molta importanza alla pratica e all’applicazione delle conoscenze. Per entrare alla SUPSI serve la maturità professionale, il 50% dell’insegnamento è basato sulla pratica (anche in laboratorio) e viene svolta una ricerca applicata. Al contrario per entrare nelle università serve la maturità liceale, l’insegnamento è principalmente teorico e basato sulla ricerca. Questi due mondi sono sempre meno separati ed è sempre più possibile cambiare da un indirizzo all’altro. La via più diretta per Il Dipartimento Tecnologie Innovative della SUPSI di Manno

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accedere alla SUPSI è attraverso un apprendistato, ci sono però sempre più studenti che arrivano dal liceo con forti basi teoriche che danno un importante contributo positivo alla classe, cambiandone le dinamiche e migliorando la voglia di apprendere; per i liceali però l’ammissione alla SUP non è diretta ma ci sono delle passerelle costituite da un anno di stage preformativi lavorando in un’azienda, oppure studiando internamente alla SUPSI dove in classe vengono trattate le basi teoriche (primo semestre) ed in seguito (secondo semestre) gli studenti vengono inseriti nel laboratorio di ricerca e divisi secondo il loro indirizzo poiché le loro capacità pratiche sono meno sviluppate rispetto a quelle degli apprendisti. La SUPSI offre corsi di Bachelor (3 anni) e corsi di master (2 anni), i quali si dividono in ingegneria e insegnamento della matematica per le scuole medie. I Bachelor della SUPSI sono più professionalizzati rispetto a quelli delle università, infatti l’80% degli studenti va a lavorare subito dopo aver finito il Bachelor, mentre nelle università la quasi totalità degli studenti seguono il master. Negli ultimi 15 anni gli iscritti alla SUP sono aumentati di 21 volte e le loro matricole nel 2012/2013 hanno superato il numero di matricole delle università.


SETTIMANATECNOLOGICA 19-23 gennaio 2015

Oltre alla formazione di base dei giovani, la SUPSI offre anche una formazione continua per gli adulti che devono costantemente aggiornarsi per svolgere il loro mestiere. La SUPSI inoltre si occupa molto di ricerca a livello internazionale, aiutando le aziende a diventare più competitive sul mercato. In questo ambito è attiva in campi come urbanizzazione, comunicazione, tecnologie biomedicali, medicina e case anziani (vedi l’aumento e invecchiamento della popolazione), e nuove forme di energia. L’aviazione è molto sviluppata in Ticino e nei prossimi anni la SUPSI vuole proporre un nuovo indirizzo nell’ambito dell’aviazione appunto, al momento presente unicamente alla SUP di Winterthur. Questo corso è legato all’ingegneria gestionale e tratta principalmente temi legati al trasporto aereo, all’attività del pilota, alla gestione del traffico aereo e ai problemi di aviazione. Il direttore del DTI, Emanuele Carpanzano, ha consigliato a tutti gli studenti di seguire dei semestri all’estero per migliorare le proprie conoscenze linguistiche e scolastiche, ma anche per vivere un’importante esperienza personale. Dopo la presentazione abbiamo partecipato ad alcuni atelier di elettronica, ingegneria gestionale e elettromiografia, nei quali sono stati mostrati i principali aspetti teorici e pratici di questi ambiti di cui molte persone non sono a conoscenza.

“La giornata alla SUPSI mi ha affascinato e coinvolto molto, cosa che all’inizio non mi aspettavo. Tramite le esperienze nell’atelier ho potuto conoscere gli aspetti di questi mestieri che ho trovato molto interessanti e utili. Nell’atelier di ingegneria gestionale, attraverso un semplice gioco divertente ho potuto apprendere come viene gestita esattamente una fabbrica e ho capito che dietro l’organizzazione di un’azienda c’è un grande lavoro degli ingegneri gestionali.” @samiramahmoud

“La visita alla SUPSI mi è piaciuta davvero molto. Dopo un discorso iniziale nel quale ci hanno dato alcune informazioni generali e utili consigli per il futuro, siamo stati coinvolti in atelier dove abbiamo avuto la possibilità di svolgere lavori pratici imparando qualcosa di nuovo e divertendoci allo stesso tempo.” @sarateoldi

“Ho trovato la visita alla SUPSI molto interessante. Ci è stato spiegato come la tecnologia sia usata per le più importanti attività utili all’uomo e come sia alla base di complessi sistemi usati in tutto il mondo, ma anche quanto sia presente in tutte le piccole azioni quotidiane. Mi è piaciuto il modo in cui ci hanno coinvolto nelle attività permettendoci di svolgere alcuni processi basilari di questi mestieri.” @noraspinelli

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SETTIMANATECNOLOGICA 19-23 gennaio 2015

“Questa esperienza mi ha permesso di scoprire nuovi sbocchi professionali, come l’ingegneria civile al cantiere delle FFS, l’ingegneria meccanica alla Precicast e l’ingegneria elettronica alla SUPSI, professioni che non avevo mai visto concretamente e che la settimana tecnologica mi ha permesso di scoprire.” @alessandrogobbato

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SETTIMANATECNOLOGICA 19-23 gennaio 2015

“La Settimana tecnologica è stata un’esperienza decisamente interessante. Mi ha permesso di entrare nel mondo dell’ingegneria arricchendo il mio bagaglio di cultura generale. Inoltre è bello svolgere un’attività diversa dall’ordinario con la propria classe.” @janolucchini

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SETTIMANATECNOLOGICA 19-23 gennaio 2015

“La Settimana tecnologica è stata estremamente interessante: ho visto gli studenti lasciarsi coinvolgere dalla passione dei professionisti che hanno incontrato e incuriositi dai nuovi orizzonti, anche di applicazione concreta delle conoscenze, che sono stati aperti. È stato bello condividere con loro questa esperienza.” @saratognola

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Settimana Tecnologica Liceo cantonale di Lugano 1 (19-23 gennaio 2015) Organizzatrice: Laura Banfi Moser

Accompagnatori: Luca Rovelli, Sara Tognola, Massimo Chiaruttini, Arno Gropengiesser, Renato Tonello

Studenti: Alessandro Alarcon - Valeria Bertozzi - Christian Bianchi Thierry Bleuler - Joël Bontà - Kim Bottinelli - Gloria Bradanini - Leonardo Degli Antoni - Alexandre Dickson - Alessandro Gobbato - Yasemin Güner - Jano Lucchini - Samira Mahmoud - Achille Mariotti - Nickolas Moccetti - Tanja Orsatti - Nora Spinelli - Elisa Teggi - Sara Teoldi - Loris Togninalli

© Liceo cantonale di Lugano 1 - Viale Carlo Cattaneo 4 - 6900 Lugano Tel. 091 815 47 11 - liceo@liceolugano.ch - www.liceolugano.ch


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