«Non sono mia stato tanto attaccato alla vita. Voci e testi dalla Grande Guerra».

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BIBLIOTECA Liceo Cantonale di Lugano 1 Martedì 22 aprile 2015 Mercoledì 13 maggio 2015 Orari d'apertura: lunedì - giovedì 08.00 - 17.00 venerdì 08.00 - 16.10 L'esposizione è aperta al pubblico

ESPOSIZIONE Progetto d'Istituto «Sulle tracce della contemporaneità: il presente della Grande Guerra (1914 – 2014)»

www.liceolugano.ch/19142014

Liceo cantonale di Lugano 1 - Viale C. Cattaneo 4, 6900 Lugano www.liceolugano.ch - liceo@liceolugano.ch


«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

introduzione Esattamente cento anni fa scoppiava il più grande e devastante conflitto armato mai registrato dalla storia dell’uomo: la Prima guerra mondiale. Per ricordarlo e ripercorrerne i risvolti più nascosti e meno appariscenti, i responsabili del Progetto d’Istituto «Sulla tracce della contemporaneità: il presente della Grande Guerra (1914 – 2014)» e i bibliotecari Nicoletta Paolocci Alborghetti e Augusto Torriani hanno allestito, nella Biblioteca del nostro istituto, un’esposizione aperta agli studenti, ai docenti e al pubblico dal 22 aprile al 13 maggio 2015.

La mostra, che prende il titolo da una celebre poesia di Ungaretti e si articola in diciotto pannelli e in diverse teche, intende mettere in luce le conseguenze della guerra sulla vita e sull’esperienza dei tantissimi uomini e soldati che la combatterono: una prima parte storica, disposta sul lato sinistro della Biblioteca, racconta e documenta la vita dei soldati al fronte e le loro fervide attività (diari, giornali di trincea, lettere ai propri cari, disegni...), nonché le campagne propagandistiche a favore del conflitto o quelle di orientamento opposto, pacifista, diffuse prevalentemente nella Svizzera neutrale. La seconda parte, a carattere letterario e disposta sul lato destro della Sala centrale, presenta una carrellata di poeti e scrittori, per lo più interventisti, che parteciparono attivamente al conflitto e a questa drammatica esperienza dedicarono una parte della loro opera: da Ungaretti a Marinetti, da D’Annunzio a Gadda, passando per Rebora, Lussu, Jahier e alcuni dei poeti morti o feriti sul fronte occidentale. L’esposizione è completata da alcune preziose teche che espongono sia prime edizioni di opere letterarie ispirate al conflitto (Un anno sull’Altipiano di Lussu, il Notturno di D’Annunzio, il giornale di guerra di Soffici...), sia giornali e riviste dell’epoca come «La Domenica dei Fanciulli», che si rese protagonista di una decisa campagna bellicista, o «Coenobium», edita a Lugano e schierata sul fronte del pacifismo. La mostra è aperta agli studenti, ai docenti e al pubblico. E’ possibile concordare visite guidate di classe, che potranno anche essere gestite, su richiesta dei docenti, dai proff. Maurizio Binaghi (maurizio.binaghi@edu.ti.ch) e Massimo Gezzi (massimo.gezzi@edu.ti.ch).

Un'esposizione interattiva L'esposizione «Non sono mai stato tanto attaccato alla vita. Racconti e voci della Grande guerra» è accompagnata da immagini, testi e video che puoi vedere scansionando i codici QR a fianco con il tuo cellulare.


«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

L'esperienza della guerra La Grande Guerra coinvolge un numero mai visto prima di soldati. Le storie terribili e le immagini della prima linea rafforzano l'idea che la lotta in trincea sia stata un lungo bagno di sangue. In realtà ci sono stati certamente giorni di grande violenza durante quattro anni di guerra - come il primo giorno della battaglia della Somme. Spesso, però, la vita in trincea era fatta di una routine logorante dal punto di vista fisico e mentale. La Prima Guerra Mondiale porta la violenza a un livello altissimo, a tal punto che la statistica fa registrare una vera e propria strage di vite umane. Le truppe al fronte si trovano a convivere continuamente con lo spettro della morte, nelle interminabili ed estenuanti ore di ozio, si impegano a creare, nei limiti del possibile, le parvenze di una normale vita quotidiana; il pericolo è però sempre in agguato. Un cecchino, una granata, una raffica di mitragliatrice, un assalto improvviso possono spezzare la monotonia, con il loro carico di orrore; seppelliti, come topi, in quei cunicoli, i soldati mettono a dura prova i loro nervi, costretti a misurare ogni benché minimo gesto o movimento. A peggiorare la vulnerabilità fisica e psichica dei soldati è la stessa, monotona vita in trincea. Per quanto possa parere strano, infatti, proprio la monotonia costituisce la principale caratteristica della vita di trincea.

Una tipica giornata di un soldato sul fronte occidentale. I grandi attacchi sono rari, così spesso le giornate seguono una routine noiosa e ripetitiva. Questi attacchi, seppur rari, causano un altissimo numero di morti. Durante la battaglia della Somme, in un solo giorno gli inglesi perdono circa 1'000 ufficiali e 20'000 soldati, i feriti gravi sono invece 25'000.

Il silenzio dell'artiglieria fa un effetto strano, sembra innaturale e ci mette una sottile inquietudine nei nervi. L'ora della sera, con le ombre che salgono, è molto malinconica. Non resta che sdraiarsi e approfittare della tregua per dormire. Non so se sia per la fatica fisica o per la stanchezza dei nervi, o forse per le due ragioni assieme, che si dormirebbe sempre, a tutte le ore. Giorgio Stupanich, ufficiale volontario nell'esercito italiano

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«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

Cosa leggono i soldati? E così, durante le pause, le lunghe giornate o gli interminabili inverni, i soldati in prima linea, in trincea, nelle caverne o nei baraccamenti delle immediate retrovie devono pur trovare il modo di passare il tempo e di dimenticare la loro condizione. I passatempi preferiti sono i giochi di carte, gli scacchi o la dama. L'occupazione preferita, però, è la lettura di lettere, giornali e romanzi.

Soldati francesi sul fronte occidentale impegnati a leggere.

Ciondolo, ingolfato nel mio cappotto zuppo di pioggia, la fronte appesantita dal casco. Guardo lontano. Poi, per non vedere tutto questo, mi metto a leggere "Le relazioni pericolose" su un piccolo libretto giallo da due soldi, mangiando ciò che rimane di una galletta di riso al cioccolato, pesante, ghiacciata, dal gusto acre di fumo. Mi sembra deliziosa. Testimonianza di un soldato francese sul fronte occidentale

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Si fatica molto a credere che, in un contesto così drammatico, la lettura possa aver trovato un qualunque spazio in trincea. In verità, malgrado la censura e la violenza quotidiana, il primo pensiero del soldato è quello di informarsi. Nelle trincee si leggono soprattutto i giornali, le cui tirature raggiungevano cifre notevoli. La differenza economica tra i giornali e i libri è notevole. Un operaio francese, che guadagna al giorno tra 2 e 6 franchi, non può permettersi libri dal costo di 3.5 franchi, mentre i quotidiani costano solo 5 centesimi. È dunque soprattutto attraverso i periodici che i soldati leggono i romanzi pubblicati, sotto la forma di feuilleton, a puntate sui quotidiani. Liceo cantonale di Lugano 1 Viale Carlo Cattaneo 4 6900 Lugano liceo@liceolugano.ch ww.liceolugano.ch


«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

I giornali di trincea Dall'autunno del 1914, quando la guerra di trincea diventa realtà, sul fronte occidentale prima e poi su quello italo-austriaco nascono - su iniziativa degli stessi soldati e con il consenso delle autorità militari - una miriade di «giornali di trincea», redatti sul fronte e destinati ai combattenti.

Il francese «Le Lapin à plumes», pubblicato manoscritto e illustrato.

Sul tedesco «Die Bayerische Landwehr» è mostrata la distribuzione del primo numero.

Il «Tiroler Soldaten-Zeitung» del 1915 in cui si condanna il tradimento dell'Italia.

"Non capisco perché il mondo mi trovi così odioso", vignetta apparsa su «La Tradotta».

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I soldati cercano tutti i modi possibili per lottare contro l'isolamento, l'attesa, la noia e la disperazione delle trincee. Così, creati dai soldati per i soldati, fioriscono numerosi «giornali di trincea». Sul fronte francese nel corso della guerra sono pubblicati, con fortune alterne, quasi 500 giornali. In Italia le testate sono una settantina, dai nomi carichi di suggestione, talvolta anche ingenui, che richiamano la dura vita delle campagne belliche o, in maniera più esplicita, gli ideali che animano i popoli impegnati nel conflitto. Fra i più popolari ed attesi dai soldati italiani vi sono «La Trincea Quotidiana», «L'Astico» (fondato da Piero Jahier ), «La Tradotta», «La Ghirba» e il «Sempre Avanti» (cui collabora Giuseppe Ungaretti ). Questi giornali sono incoraggiati dagli Stati maggiori; il generale francese Joffre afferma nel 1915 che questi fogli «hanno l'obiettivo di distrarre e divertire i combattenti». È evidente però che, pur tollerando una certa satira, la censura colpiva le parti considerate pacifiste o disfattiste. Liceo cantonale di Lugano 1 Viale Carlo Cattaneo 4 6900 Lugano liceo@liceolugano.ch ww.liceolugano.ch


«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

Lettere da e per il fronte Nel corso della prima guerra mondiale, milioni di uomini e di donne sono spinti a prendere la penna in mano con una frequenza e un’intensità nuove. Nei fiumi di parole scritte che transitano da una parte all’altra del fronte o rimangono chiuse negli zaini e nei cassetti, è come se milioni di uomini uscissero dall’anonimato e prendessero la parola, in un crescendo senza precedenti. I soldati al fronte, pur scarsamente alfabetizzati, scrivono a casa con frequenza quasi giornaliera per testimoniare la loro esistenza in vita e riallacciare i contatti con il contesto d’origine. Le famiglie, le donne rimaste a casa trasmettono a loro volta incoraggiamenti, rassicurazioni e notizie sull’andamento delle cose domestiche. Così, nei tre anni e mezzo di guerra, secondo calcoli attendibili sono scritte solo in Italia quasi 4 miliardi di lettere e di cartoline, di cui oltre due miliardi furono quelle indirizzate dal fronte al paese, circa un miliardo e mezzo quelle in senso inverso e le altre da una parte all’altra del fronte. La presenza di una tale mole di corrispondenza permette agli storici di ricostruire la Grande guerra non solo dal punto di vista delle autorità ma anche, e soprattutto, «dal basso», dagli occhi di chi fino a quel momento non aveva mai avuto voce.

Mia moglie ti dico che sto bene sono vivo e vedo morire e morire e ogni giorno. spero voi bene tutti. sono contiento ca sibistiano cresce spierto e voglio ca Dio mi possa vedere carminuccia ca e nata e la penso e non la conosco. Lettera manoscritta di Donato, fante italiano

Cartolina postale inviata da Lucca al Caporal Maggiore Umberto Bonaccorsi e indirizzata «Zona di Guerra».

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«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

diari e disegni dalLe Trincee Nella Grande Guerra si assiste a un fenonemo nuovo: i soldati, anche illetterati, sentono il bisogno di scrivere lettere e diari autobiografici per testimoniare l'eccezionalità dell'esperienza che stavano vivendo. Si crederebbe eppure io, il fucile fra le gambe, e col presente poggiato sulle ginocchia faccio queste linee, mentre, ad un metro neppure sulla mia testa passano fischiando I proiettili. E’ questa la realtà, e stento a crederla...... Francesco Zattini, 17 gennaio 1916

Agenda di Gaston Barthaux, soldato francese ferito sul campo di battaglia.

L'agenda del soldato Marcel Roche per i mesi di luglio e agosto 1914.

Disegno dell'artista Jean Veber, realizzato nel settembre del 1914.

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Numerosi sono i soldati che imparano a scrivere durante la guerra e ancora più numerosi sono quelli che sentono il bisogno di farlo con una certa frequenza. Prendere la penna in mano, malgrado la scarsa abitudine a farlo, può dipendere dalla semplice necessità di tenere a mente gli indirizzi di commilitoni, elenchi di spese e così via. Nella Grande Guerra si assiste però a un nuovo fenomeno: il ricorso massiccio a una scrittura priva di finalità pratiche immediate e dettata piuttosto da una spiccata esigenza autobiografica. Come scrive lo storico Antonio Gibelli, questo fenomeno era il frutto della convinzione che quella guerra, così lunga e devastante, avesse interrotto la continuità della vita, gettando ciascuno in un'esperienza senza precedenti e pertanto memorabile. Di qui il desiderio diffuso di lasciare una traccia di quanto si era vissuto, e il bisogno di ricostruire, tramite la scrittura, la propria identità minacciata da eventi tanto sconvolgenti. Una tale esigenza è sentita sia da fini intellettuali come sia da fanti Carlo Emilio Gadda quasi analfabeti.

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La Censura in guerra Durante la Prima guerra mondiale la censura e la propaganda esercitate dagli Stati in guerra è un fenomeno intrinseco dello sforzo bellico che influenza profondamente l'opinione pubblica e i soldati al fronte. Anche la Svizzera, paese neutrale, applica una censura preventiva della stampa durante il conflitto. Fin dall'inizio della guerra il controllo delle fonti è dunque un punto cruciale per gli addetti alla censura che controllano le famiglie e la posta ma che, nonostante ciò, non possono impedire la diffusione di testimonianze che spesso confutano la versione ufficiale. Queste testimonianze, fatte dai reduci o dai profughi, narrano le atrocità compiute, ma talvolta sono anch'esse frutto dell'esagerazione e dell'emozione. All'inizio il sistema d’informazione non è del tutto consapevole e programmato; con l’inasprimento del conflitto, sono però creati veri e propri uffici di censura e stampa. La stampa dei diversi Stati è irreggimentata e i giornalisti devono convincersi che sia giusto mentire sia per evitare conflitti sociali interni, sia per spronare le truppe al fronte e la popolazione a non arrendersi. Si passa così a un’autocensura della stampa. Anche le lettere e i documenti provenienti dai soldati stessi sono censurati, isolando così dal resto del mondo le truppe che si trovavano al fronte. Con il prosieguo della guerra il popolo diventa più diffidente nei confronti dell’informazione ufficiale: ciò non fa altro che alimentare la crisi verso le istituzioni che si manifesterà nel dopoguerra.

Il 27 maggio 1915, «Gazzetta ticinese», quotidiano di Lugano, non pubblica l'articolo "Si perde la bussola?" perché censurato. Al suo posto viene lasciata una colonna vuota.

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La propaganda bellica «La prima vittima di ogni guerra è la verità», recita la famosa frase pronunciata dal senatore americano Johnson. Il conflitto è anche una guerra di propaganda. Con il passare dei mesi diventa sempre più importante coltivare il cosidetto «fronte interno» e i giornali si trovano coinvolti nel compito di collaborare allo sforzo bellico nazionale.

Due pagine de «La Domenica dei fanciulli» in cui viene esaltata la morte in battaglia e l'educazione militare dei giovani.

Nella propaganda americana il soldato tedesco è rappresentato come un animale.

I francesi sono invitati a sottoscrivere il prestito per la difesa nazionale.

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I giornali producono un racconto della guerra edulcorato e funzionale al mantenimento del consenso. Le battaglie sono descritte soprattutto in una chiave di «spettacolo», animato da atti di eroismo, mentre sono taciuti lo squallido orrore delle trincee, l'insensata violenza degli assalti, l'orrore dell'uso dei gas. Gli errori dei comandi militari sono intenzionalmente nascosti; le sconfitte sono minimizzate; gli scioperi e le proteste popolari sono ignorati, così come le frequenti fraternizzazioni tra soldati dei due eserciti. D'altro canto, il «nemico» è demonizzato, attingendo, a tal fine, a tutti i tradizionali stereotipi razzisti: austriaci e tedeschi sono descritti come individui rozzi, crudeli e malvagi, dediti a deliberate crudeltà. La Grande Guerra costitusce un evento drammatico ed emotivamente coinvolgente anche per milioni di bambini, per i quali è appositamente inventato un linguaggio capace di colpire l’immaginazione e di penetrare nelle coscienze. Ad esempio, un periodico come la «Domenica dei fanciulli» diventa un veicolo di propaganda che induce i giovani a sostenere lo sforzo bellico e a valorizzare la guerra come condizione sana e normale intorno a cui far ruotare l’intera vita sociale. Liceo cantonale di Lugano 1 Viale Carlo Cattaneo 4 6900 Lugano liceo@liceolugano.ch ww.liceolugano.ch


«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

La cultura e l'arte in guerra Su tutti i fronti, molti scrittori, intellettuali e artisti si adoperano per esaltare la guerra. La Prima Guerra Mondiale, per quanto incredibile possa oggi apparire, fu ampiamente sostenuta dall’élite culturale e intellettuale di tutta Europa. Come avrebbe potuto l’artista, il soldato nell’artista, non lodare Dio per la caduta di un mondo di pace di cui era così sazio, così nauseato! Guerra! Quale senso di purificazione, di liberazione, d’immane speranza ci pervase allora! Thomas Mann Ci voleva una bella innaffiatura di sangue per l’arsura dell’agosto; e una rossa svinatura per le vendemmie di settembre. È finita la siesta della vigliaccheria, della diplomazia, dell’ipocrisia e della pacioseria. Siamo troppi. La guerra è un’operazione malthusiana. C’è un di troppo di qua e un di troppo di là, che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Giovanni Papini Merita schiaffi, calci e fucilate nella schiena l'artista o il pensatore italiano che, fisicamente valido, dimostrando la piu assoluta assenza di valore umano, si chiude nell'arte come in un sanatorio o in un lazzaretto di colerosi e non offre la sua vita per ingigantire l'Orgoglio italiano. Filippo Tommaso Marinetti

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Nel 1914, in pochi giorni si crea un consenso generalizzato alla guerra: il sentimento della nazione, della patria da difendere, prevale su tutte le forme di internazionalismo sviluppatesi nel corso del XIX secolo (socialista, religioso, femminista, scientifico). La guerra è vista da tutti i contendenti come una guerra della civiltà contro la barbarie e gli artisti di tutti i paesi contribuiscono a questo processo. In Italia si sviluppa il pensiero interventista a cui aderiscono i principali esponenti del futurismo, tra cui Filippo Tommaso Marinetti . Anche in Francia, in Germania e in Austria c'è un analogo fervore bellico negli artisti. Nonostante la morte, il dolore e l’orrore, o forse proprio per questo, la guerra offre agli artisti nuovi stimoli. Le avanguardie continuano a crescere spianando la strada a nuove correnti artistiche. Gli orrori della guerra di trincea lasciano nei diretti partecipanti ricordi permanenti che essi cercano di elaborare attraverso romanzi, quadri e opere poetiche. Giuseppe afferma di essere Ungaretti diventato poeta soltanto attraverso la trincea e compone, con la sua prima raccolta di liriche, un vero e proprio diario di guerra in versi.

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«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

Il Pacifismo durante la guerra Nel corso della guerra, le autorità equiparano pacifismo a «disfattismo» e al reato che ne consegue, consistente «nel promuovere in tempo di guerra atti volti a deprimere la capacità di resistenza e la volontà di vittoria della nazione». Malgrado questa condanna, il pacifismo cresce col conflitto e trova nella Svizzera neutrale un terreno in cui svilupparsi. Più il conflitto diventa infinito, più gli artisti che combattono ne colgono l'insensatezza. A poco a poco vengono meno ai loro occhi tutti quei valori che avevano esaltato nell'estate del 1914 e che sono associati alla guerra e alle sue giustificazioni patriottiche. Già nel 1913 e nel 1914, la rivista culturale «Coenobium» , edita a Lugano, propone al pubblico una rubrica dal titolo «Guerra alla Guerra» in cui importanti intellettuali ragionano sull'importanza della pace. A Zurigo, nel 1916 è fondato il Dadaismo, movimento artistico che mette espressamente in ridicolo i valori bellici e patriottici, contrapponendo l’insensatezza della guerra all’insensatezza dell’arte. A livello politico, il pacifismo si sviluppa all'interno dei movimenti socialisti, democratici e cattolici. Tra il 1914 e il 1915 si svolgono a Lugano, Zimmerwald e Kienthal delle conferenze socialiste in cui si condanna la guerra. Nel 1917 il papa Benedetto XV scrive una lettera ai bellingeranti chiedendo la fine dell'«inutile strage».

Nel presentarle pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla cara e soave speranza di vederle accettate e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage. Benedetto XV, 1° agosto 1917

In alto a sinistra, la prima pagina di una pubblicazione che accusa i pacifisti di disfattismo e di essere agenti della Germania. In basso a sinistra, l'appello del «Comitato internazionale delle donne per la pace permanente» che invita le donne a non accettare la guerra. A destra, invece, un manifesto Dada.

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Intellettuali e poeti al fronte La Prima guerra mondiale determina una produzione scritta commisurata all'immensità storica dell'evento e del trauma. Molti intellettuali europei - romanzieri, poeti, artisti, insegnanti, uomini politici, anche medici e scienziati - hanno combattuto al fronte nella Grande Guerra, lasciandone traccia scritta. A questo proposito Umberto Saba distingue "i poeti che fecero la guerra come soldati" e "i soldati che la guerra fece poeti". L'esperienza del conflitto non condiziona solo chi è già in contatto con gli ambienti letterari: le condizioni del fronte spingono molti a esprimere sulla carta le proprie paure o le proprie emozioni in forma poetica, senza alcuna ambizione letteraria, o senza sentirsi parte di alcuna corrente artistica particolare.

La cartina è tratta da S. Luzzatto, G. Pedullà (a cura di), Atlante della letteratura italiana. Vol.3. Dal romanticismo ad oggi. Torino, Einaudi, 2012, p. 481. Sono sottolineati in rosso gli autori a cui è dedicato un pannello in questa esposizione.

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Nel 1915 la mobilitazione generale riguarda tutti gli italiani maschi nati tra il 1876 e il 1895 compresi. Si tratta dunque di una coscrizione molto ampia, che lascia fuori soltanto una minima parte degli intellettuali nati prima del 1876 o dopo il 1895, alcuni dei quali finiscono comunque per combattere. Ad esempio Gabriele D'Annunzio (1863) tra i vecchi, Curzio Malaparte (1898) tra i giovanissimi, sono da considerare volontari veri e propri. Volontari soggettivi sono invece tutti quegli intellettuali che scelsero di anticipare la partenza rispetto alla "cartolinaprecetto" e che dunque non attesero il loro turno per andare a combattere. Liceo cantonale di Lugano 1 Viale Carlo Cattaneo 4 6900 Lugano liceo@liceolugano.ch ww.liceolugano.ch


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Giuseppe Ungaretti Giuseppe Ungaretti (1888-1970) fu un interventista così acceso che, all'entrata in guerra, si arruolò come soldato semplice nel XIX reggimento di fanteria della Brigata Brescia: combatté sul Carso e durante questa dura esperienza compose le poesie del suo primo libretto, «Il Porto Sepolto», fatto stampare a Udine nel dicembre 1916, a cura dell'amico Ettore Serra.

Veglia Una intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d'amore

Otto Dix, Ferito. Autunno 1916, matita e carboncino su carta.

Non sono mai stato tanto attaccato alla vita Cima 4 il 23 dicembre 1915 (Questa è la prima versione di Veglia, così come la si legge in G. Ungaretti, Il Porto Sepolto, Stabilimento tipografico friulano, Udine 1916. La poesia subirà poi diverse varianti)

Giuseppe Ungaretti sul fronte.

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La Quinta battaglia dell'Isonzo è combattuta nel marzo 1916. Gli italiani attaccano la cima 4 del Monte San Michele, che grazie alla sua posizione domina la bassa valle dell'Isonzo e la città di Gorizia. Liceo cantonale di Lugano 1 Viale Carlo Cattaneo 4 6900 Lugano liceo@liceolugano.ch ww.liceolugano.ch


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Gabriele D'Annunzio Gabriele D’Annunzio (1863-1938), poeta e romanziere, fu uno dei protagonisti della Grande Guerra: dopo la dichiarazione di guerra, si arruolò come volontario e si distinse in diverse imprese militari, come la Beffa di Buccari o il Volo su Vienna, pur essendo rimasto gravemente ferito in un incidente aviatorio in seguito al quale perse un occhio.

A Luigi Cadorna Questo che in te si compie anno di sorte l’Italia l’alza in cima della spada, trionfal segno; e la sua rossa strada ne brilla insino alle fraterne porte. Tu tendi la potenza della morte come un arco tra il Vòdice e l’Ermada; torci l’Isonzo indomito, ove guada la tua vittoria, col tuo pugno forte. Giovine sei, rinato dalla terra sitibonda, balzato su dal duro Carso col fiore dei tuoi fanti imberbi.

Gabriele d’Annunzio sullo SVA 10 utilizzato per il celebre volo su Vienna.

Questo che in te si compie anno di guerra scrolli da te, avido del futuro; e al domani terribile ti serbi. 4 settembre 1917. (Canti della guerra latina, 1933). Questo sonetto, pubblicato tra i Canti della guerra latina (1933), fu scritto in onore del 67° compleannno del Generalissimo Luigi Cadorna. Nel testo si parla del Vòdice e dell’Ermada: sono alture carsiche alla sinistra e alla destra dell’Isonzo presso le quali D’Annunzio ha combattuto, come fante e come aviere.

I fronti e i luoghi in cui D'Annunzio ha combattuto durante la Grande Guerra.

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Carlo Emilio Gadda Carlo Emilio Gadda (1893-1973), tra i più grandi scrittori del XX secolo, al tempo della Grande Guerra fu un acceso interventista e si arruolò volontario come ufficiale degli alpini, partecipando a varie azioni, soprattutto sui fronti dell’Adamello e degli altopiani vicentini. In seguito alla rotta di Caporetto, fu fatto prigioniero e deportato a Rastatt e poi a Celle (Hannover).

Il 25 giugno 1916, accanto all'annotazione scritta, Gadda schizza sul suo diario «un cenno topografico del luogo in cui mi trovo, fatto senza aver visto i dintorni se non dal mio solo punto d'osservazione».

Il cadavere era bocconi, decollato completamente col collo fuori della terrazza, disteso attraverso il terrazzino di materiale di riporto. Giudicai trattarsi di una granata di piccolo calibro, da 47 o da 65 mont.; il fatto che i presenti avevano visto il lampo dell'esplosione e la scomparsa della testa del morto escludeva trattarsi di una semplice spoletta. La granata era esplosa in pieno nella testa del povero soldato. Sollevammo il cadavere: sangue e cervello colavano lungo il muro. Per un filatelia della mucosa labiale, il palato e la corona dei denti rimasero attaccati con un po' di barba e mandibola inferiore al collo tagliato. (La battaglia dell’Isonzo. Memoriale, 23 ottobre 1917)

Gadda in divisa, sul fronte italo-austriaco.

Questo frammento fa parte del Giornale di guerra e di prigionia, scritto da Gadda tra il 1915 e il 1919. Osserva Giulio Ferroni: «La scrittura di Gadda non ha qui dirette intenzioni letterarie: mira a un confronto tra gli eventi della guerra e l’esperienza personale, sfuggendo a ogni prospettiva eroica, ricostruendo non le grandi trame della storia, ma le cose che alla storia di solito sfuggono, le situazione più concrete, le iniziative, le sofferenze, le insufficienze di coloro che partecipano alla guerra».

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«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

Piero Jahier Piero Jahier (1884-1966), poeta appartenente al gruppo della «Voce», partecipò alla Grande Guerra come ufficiale degli alpini, diresse un giornale di trincea intitolato «L'Astico» (1918) e curò una raccolta di «Canti di soldati» (1919). In «Con me e con gli alpini» (1919) raccoglie e rielabora le sue memorie di guerra.

Prima marcia alpina Uno per uno, bastone alla mano, e alla salita cantiamo.

I problemi più gravi che dovettero affrontare gli eserciti impegnati nella «Guerra Bianca» sono legati all'impervietà del terreno e alle condizioni climatiche estreme. In alta montagna le escursioni termiche sono notevoli e, al di sopra dei 2500 metri, sono normali anche d'estate temperature al di sotto dello zero. D'inverno il termometro scende anche diverse decine di gradi e, negli anni del conflitto, si registrano spesso temperature inferiori ai 35 °C sotto lo zero. Gli inverni del 1916 e del 1917 sono fra i più nevosi del secolo, con precipitazioni totali registrate superiori ai 16 metri.

Se chiedi le reni rotte alla mina, se chiedi il posto della gravina, se chiedi il ginocchio piegato a salire, se chiedi l'amore pronto a patire: son io, l'alpino, rispondiamo, e all'adunata corriamo. *** Ma la montagna, alpino, è franata, ma la tua tenda, alpino, è sparita: alpino, tutta l'acqua è seccata, alpino, il vetrato gela le dita; ma la tua penna è folgorata. ma la gran notte di nebbia è salita. (Con me e con gli alpini, Roma 1919).

Piero Jahier, primo da sinistra, con alcuni alpini e un cane mascotte.

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La poesia, come molte altre di Jahier, è una specie di canto di marcia corale. Nella sua raccolta più nota il poeta valdese fa trasparire quella che si potrebbe definire una «ideologia alpina», basata sul valore della concretezza della vita popolare e contadina, sul culto dei sentimenti elementari e spontaneamente “democratici” degli alpini.

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«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

Emilio Lussu Emilio Lussu, uomo politico e scrittore (1890-1975), fu interventista e ufficiale nella Prima guerra mondiale. Decorato quattro volte al valor militare, fu promosso fino al grado di capitano del 151° reggimento di fanteria della Brigata Sassari, composta per lo più da soldati sardi. Le sue esperienze di guerra sono raccolte in «Un anno sull’Altipiano», scritto su insistenza dell’amico Gaetano Salvemini tra il 1936 e il 1937. Addossati al cespuglio, il caporale ed io rimanemmo in agguato tutta la notte, senza riuscire a distinguere segni di vita nella trincea nemica. Ma l’alba ci compensò dell’attesa. Prima, fu un muoversi confuso di qualche ombra nei camminamenti, indi, in trincea, apparvero dei soldati con delle marmitte. Era certo la corvée del caffè. I soldati passavano, per uno o per due, senza curvarsi, sicuri com’erano di non esser visti, ché le trincee e i traversoni laterali li proteggevano dall’osservazione e dai tiri d’infilata della nostra linea. [...] Ecco il nemico ed ecco gli austriaci. Uomini e soldati come noi, fatti come noi, in uniforme come noi, che ora si muovevano, parlavano e prendevano il caffè, proprio come stavano facendo, dietro di noi, in quell’ora stessa, i nostri stessi compagni. Strana cosa. Un’idea simile non mi era mai venuta alla mente. Ora prendevano il caffè. Curioso! e perché non avrebbero dovuto prendere il caffè? Perché mai mi appariva straordinario che prendessero il caffè? E, verso le 10 o le 11, avrebbero anche consumato il rancio, esattamente come noi. Forse che il nemico non può vivere senza bere e mangiare? Certamente no. E allora, quale la ragione del mio stupore?

Nel capitolo XIX di Un anno sull’Altipiano, Lussu e un caporale arrivano molto vicino a una trincea austriaca. Osservando i soldati nemici che parlano tra di loro e bevono il caffè, Lussu è colto da un improvviso stupore: per la prima volta si accorge davvero che quelli dall’altra parte, i nemici, sono uomini come loro. Poco dopo, osservando un ufficiale austriaco che fuma una sigaretta, Lussu sarà incapace di sparargli a freddo, pur avendo il dovere di farlo: «Fare la guerra è una cosa, uccidere un uomo un’altra cosa. Uccidere un uomo, così, è assassinare un uomo». Un'esposizione interattiva L'esposizione «Non sono mai stato tanto attaccato alla vita. Racconti e voci della Grande guerra» è accompagnata da immagini, testi e video che puoi vedere scansionando i codici QR a fianco con il tuo cellulare.

Emilio Lussu con la divisa da ufficiale della Brigata Sassari.

Da Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu è stato tratto nel 1970 il film di Francesco Rosi Uomini contro. Per il suo carattere antimilitarista il film ebbe molti problemi. Il regista ricorda che «venni denunciato per vilipendio dell'esercito, ma sono stato assolto in istruttoria. Il film venne boicottato, per ammissione esplicita di chi lo fece: fu tolto dai cinema in cui passava».

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«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

Filippo Tommaso Marinetti Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), scrittore e fondatore del movimento del Futurismo italiano, fu un convinto sostenitore della guerra, definita dal titolo di un suo celebre libro «sola igiene del mondo». Della sua vita di entusiasta e fervido combattente, ferito e decorato, racconta il romanzo «L’alcova d’acciaio. Romanzo vissuto» (1921).

Sintesi futurista della guerra Questa celeberrima «tavola parolibera», firmata da Marinetti, Boccioni, Carrà, Russolo e Piatti, fu stampata nel 1914 in 300.000 copie «con preghiera di affiggerla nelle case e nei luoghi pubblici». Si tratta di un manifesto futuristra a favore dell’intervento bellico: vi si glorificano le doti del «Genio creatore italiano», opposto alla «Germania medioevale, plagiaria, balorda e priva di genio creatore».

Giacomo Balla, La Guerra (1916).

Il futurismo si contrappone al passatismo: gli otto "popolipoeti" (Serbia, Belgio, Francia, Russia, Inghilterra, Montenegro, Giappone, Italia) sono schierati contro «i loro critici pedanti», ossia Germania e Austria. Marinetti, spavaldo, in divisa durante la Grande Guerra.

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«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

Clemente Rebora Clemente Rebora (1885-1957), poeta e dal 1936 sacerdote, fu richiamato nell’aprile 1915 come sottonente di fanteria; a dicembre l’esplosione ravvicinata di un pezzo d’artiglieria gli provoca un trauma cranico e uno stato di profondo shock post-traumatico (il cosiddetto shellshock).

Voce di vedetta morta

Felix Vallotton, La tranchée : ("C'est la Guerre". I), 1915 -1916.

Clemente Rebora in divisa.

Gli uomini sottoposti a lungo bombardamento danno segni di shock da combattimento (shellshock). L’incubo di una morte sempre in agguato, l’assordante frastuono delle bombe, la luce accecante dei bengala e dei razzi, provocano allucinazioni, disfunzioni motorie, perdite del controllo e smarrimenti psichici.

C’è un corpo in poltiglia con crespe di faccia, affiorante sul lezzo dell’aria sbranata. Frode la terra. Forsennato non piango: affar di chi può, e del fango. Però se ritorni, tu uomo, di guerra a chi ignora non dire; non dire la cosa, ove l’uomo e la vita s’intendono ancora. Ma afferra la donna una notte, dopo un gorgo di baci, se tornare potrai; soffiale che nulla del mondo redimerà ciò che è perso di noi, i putrefatti di qui; stringile il cuore a strozzarla: e se t’ama, lo capirai nella vita più tardi, o giammai. (Le poesie 1913-1957, Milano 1961) La poesia, una delle più celebri di Rebora, fu scritta nel 1917, due anni dopo lo shellshock. Un morto in guerra parla a un sopravvissuto, a cui affida un messaggio: «L’oggetto estraneo, l’alieno, alla fine, non è più il morto che parla; ma invece quel vivo al quale il morto si rivolge: un vivo votato al silenzio, che però una notte afferrerà la donna e le soffierà implacabile l’orrore dei “putrefatti di qui”» (A. Cortellessa).

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«Non sono mai stato tanto attaccato alla vita» Voci e testi dalla Grande Guerra

Poeti sul fronte occidentale Sul fronte occidentale milioni di soldati si scontrano per quattro anni. Dall'una e dall'altra parte degli schieramenti numerosi intellettuali soffrono e muoiono. Tra le molteplici voci, abbiamo scelto tre autori - un francese, un inglese e un tedesco - che condividono lo stesso tragico destino di essere morti o di aver subito gravi ferite sul campo.

Guillaume Apollinaire (1880 - 1918) La Tranchée Ô jeunes gens je m’offre à vous comme une épouse Mon amour est puissant j’aime jusqu’à la mort Tapie au fond du sol je vous guette jalouse Et mon corps n’est en tout qu’un long baiser qui mord

Alfred Lichtenstein (1889 - 1914) Abschied Vorm Sterben mache ich noch mein Gedicht. Still, Kameraden, stört mich nicht. Wir ziehn zum Krieg. Der Tod ist unser Kitt. O, heulte mir doch die Geliebte nit. Was liegt an mir. Ich gehe gerne ein. Die Mutter weint. Man muss aus Eisen sein. Die Sonne fällt zum Horizont hinab. Bald wirft man mich ins milde Massengrab. Am Himmel brennt das brave Abendrot. Vielleicht bin ich in dreizehn Tagen tot. Un'esposizione interattiva L'esposizione «Non sono mai stato tanto attaccato alla vita. Racconti e voci della Grande guerra» è accompagnata da immagini, testi e video che puoi vedere scansionando i codici QR a fianco con il tuo cellulare.

Il fronte occidentale corre dal confine svizzero alla Manica

Wilfred Owen (1893 - 1918) 1914 War broke: and now the Winter of the world With perishing great darkness closes in. The foul tornado, centred at Berlin, Is over all the width of Europe whirled, Rending the sails of progress. Rent or furled Are all Art's ensigns. Verse wails. Now begin Famines of thought and feeling. Love's wine's thin. The grain of human Autumn rots, down-hurled. For after Spring had bloomed in early Greece, And Summer blazed her glory out with Rome, An Autumn softly fell, a harvest home, A slow grand age, and rich with all increase. But now, for us, wild Winter, and the need Of sowings for new Spring, and blood for seed. Liceo cantonale di Lugano 1 Viale Carlo Cattaneo 4 6900 Lugano liceo@liceolugano.ch ww.liceolugano.ch


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