Lectio magistralis aldo moro bellamonte predazzo

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Il dovere di un politico di fronte al mondo Di Paolo Pombeni

A cent’anni dalla nascita di Aldo Moro possiamo iniziare a penetrare meglio la singolarità e lo spessore di un uomo politico che ha incarnato da più punti di vista il travaglio del sistema sociale e politico italiano in una fase difficile, quella fra il tramonto della centralità del modello europeo sette-ottocentesco e le avvisaglie di una crisi che sarebbe andata oltre il ripensamento stabilizzante di quel fatto epocale. Se non teniamo conto di questo contesto facciamo fatica a capire. Oggi, quando l’evoluzione storica ci ha fatto quasi toccare con mano la profondità e l’ampiezza di quella transizione, è possibile rivedere giudizi e interpretazioni che hanno sin qui penalizzato la considerazione di quest’uomo che venne impropriamente definito da molti con lo stereotipo dell’Amleto politico, se non del fumoso intellettuale che univa ad una capacità di visioni teorizzanti l’arte della costruzione del compromesso sin troppo realista. Non ci aiuta in questa lettura solo la maturazione dei tempi, ma anche, come sempre accade nel lavoro storico, la crescente disponibilità di materiale documentario e di fonti dirette. Da questo punto di vista devo subito dire che ho un privilegio: ho potuto leggere in anteprima l’importante biografia di Moro che Guido Formigoni ha scritto per Il Mulino e che sarà in libreria in autunno. Questo lavoro, che segna un punto di svolta nella ricerca, non è importante solo per la consueta finezza analitica dello storico del movimento cattolico, ma in egual misura per la enorme mole di documentazione che ha raccolto, facendo sintesi di tante ricerche settoriali, ma soprattutto esaminando molto materiale inedito e oggi disponibile, come l’archivio storico della Dc e la gran mole dei documenti diplomatici americani. Abbiamo dunque a disposizione moltissimi elementi per costruire un quadro comprendente di quel che ha significato l’opera di Aldo Moro per la storia del nostro tormentato paese. Si tratta, lo anticipo subito, di una vicenda peculiare in rapporto ad altre che pure hanno segnato in profondità il secondo Novecento italiano, peculiare persino all’interno di quella tradizione del cattolicesimo politico a cui lo statista pugliese va ascritto a pieno titolo. Ho scelto di intitolare questa riflessione al tema del dovere di un politico di fronte al mondo. Non è un omaggio alla retorica del buon ricordo che si deve ai morti, specie quando essi hanno concluso in modo drammatico la loro esistenza terrena. Vuole invece essere una chiave di lettura forte per una esperienza che non si può comprendere se non la si inquadra in quell’etica del dovere


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