IIS Telesi@ - Controluce - Giugno 2012

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www.iistelese.it

Fondato nel 2008 da Gianclaudio Malgieri

LE(G)ALI AL SUD Si conclude il Pon-progetto dell’ IIS Telesi@con la stesura di un decalogo civile, consultabile sul sito della scuola. Speciale La fine è il mio inizio Pag. 24

Giuristi inediti esprimono al mondo le proprie idee Attualità

Costume e società

Scuola

Poesia

L’ oro nero vale più della morale

I tempi cambiano; La crisi resta

Il Telesi@ sforna campioni !

Sull’ orlo del tempo

Direttore

Vice Direttore

Capo Redattore

Grafico

Matteo Di Donato

Mario Liverini

Maria Federica Viscardi

Luca Giamattei

www.controluceblog.it


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SOMMARIO

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www.iistelese.it

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La dignità è più importante della vita..........................................................3

Attualità

Quando l’oro nero vale più della morale.....................................................4 Speculare sulle notizie è sbagliato, ma se si parla di cronaca nera...........5

Costume e società

I tempi cambiano, la crisi resta.....................................................................6

Cultura

Libro universo di emozioni sostituito da un click......................................8

Poesia

Sull’ orlo del tempo........................................................................................8

Giovani

L’individualismo prepotente delle nuove generazioni...............................9 Quando la tecnologia diventa troppa........................................................10 Vorrei solo che le menti si aprissero di più................................................12

Scienze e Benessere

Fate l’amore non fatevi male!......................................................................14 E se comprassimo anche l’aria?...................................................................15

Politica

Quanti rimpiangono la lira?........................................................................16

Scuola

Il Telesi@ sforna dei campioni....................................................................17 Telesi@ in azione!..........................................................................................18

Sport

Il grido di una città: conquistata la quarta Coppa Italia..........................19 Raggiunto il trentesimo: a Torino si continua a sognare.........................19

Romanzi a Puntate

Tra la morte ed il cielo aperto (Cap 2).......................................................20

Speciale La fine è il mio inizio....................................................................................22

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La dignità è più importante della vita di Matteo Di Donato

Aveva 72 anni Pietro Paganelli. 72 anni suonati, ma lavorava ancora. Amava quello faceva, come amava sua moglie, i suoi 4 figli e i numerosi nipotini. Era un artigiano, orgoglioso del suo mestiere, senza peli sulla lingua. Tutto quello che guadagnava per sfamare la famiglia lo otteneva con il sudore della fronte. Poi c’era quella passione per il mare, per la pesca. Passava mattinate intere al largo, buttando le reti qua e là, nella speranza che le onde e il vento gli dessero una mano. E gliela davano, eccome. A volte tornava a casa da vero e proprio vincitore, con il sorriso che gli si stampava sulle labbra. Il mare non lo aveva mai tradito. Aveva un’officina di riparazioni nautiche a Margellina e lì trascorreva gran parte del suo tempo. Lontano da casa. E per chissà quale futuro. Sognava una vita diversa, credeva di potercela fare. Poi qualcosa cambiò. Oggi Pietro Paganelli non c’è più. Si è sparato un colpo alla testa dopo aver ricevuto una cartella di Equitalia da 30mila euro. Non ha retto il colpo. Ha preferito andare al largo senza più tornare, affondare a picco nella paura di fallire. Ha lasciato una lettera vicino alle chiavi e al telefono: “La dignità è più importante della vita”. Vincenzo di Tinco, di anni, ne aveva una sessantina. Sessanta appena compiuti, per la precisione. Era un commerciante di Ginosa, un comune di 25000 abitanti in provincia di Taranto. Taranto, Puglia, ancora Sud. Si è impiccato lo scorso 8 marzo perché si sentiva vessato dalla sua banca, che gli aveva rifiutato un prestito. Sul sedile della sua auto ha lasciato una lettera implorando aiuto alle istituzioni. Chiedeva garanzie per la sua famiglia, non un’indennità parlamentare. La paura l’ha vinto e gli ha fatto scacco matto. Non è riuscito a sopportare la vergogna. Non voleva/poteva affibbiarsi l’etichetta di fallito; i rimorsi lo logoravano dalla mattina alla sera, gli trapanavano la mente, gli sfiancavano il pensiero. Aveva dato il massimo per niente. Niente, niente, niente. Una vita consacrata all’ansia di sbagliare. Costa fatica respirare. Soprattutto in questa società. Sono solo esempi. Spaccati di vissuto che purtroppo rientrano nella quotidianità, frammenti di esistenze esasperate, crisi di nervi che vibrano all’unisono. Potremmo fare tanti altri nomi. Sono gesti estremi che inducono a riflettere, diritti calpestati, aiuti negati, pregiudizi indifferenti che spingono all’emarginazione. È la cultura dell’individualismo o l’individualismo di prevaricazione: la ricerca incessante del proprio (essere) particolare. Ogni etica della solitudine implica la potenza e dimentica l’essenza della collettività, la solidarietà, il rispetto per chi porta identità diverse, la fraternità con gli uomini nel dolore. È la società che non salvaguarda il merito, il sacrificio, le difficoltà, la sicurezza inter-personale. Che invece di garantire, nega: e siamo tutti in cerca dei perché, in bilico tra le incertezze del domani, senza scogli sui cui arenare i nostri sogni. Invece di tendere la mano, la ritiriamo inconsapevolmente, oppure l’allunghiamo per colpire l’altra guancia. Siamo un noi subordinato al proprio io. Non conosciamo e difendiamo che noi stessi, tappiamo le orecchie e chiudiamo gli occhi se si parla d’altro, se altro è quello che non riguarda noi. L’humanitas va via via scemando, con il senso della vita che si perde sullo sfondo: la sofferenza che dovrebbe unire, separa e ciò che massifica invece unisce, idolatria di modelli convenzionali che emergono conformando tutto. O sei dentro o sei fuori. Invece di sostenere, critichiamo, invece

di comprendere, discriminiamo, uccidendo chi non ha la forza e il coraggio di reagire. Ma tant’è. Bisogna fare qualche passo indietro, ritornare a rispolverare i valori del passato: l’umiltà, la filantropia, l’abnegazione di sé stessi per la ri-nascita dei diritti naturali, il concetto di gratuità che trapassa qualsiasi vincolo o degenerazione egoista ed individuale. Mettere al centro gli uomini e non l’uomo. Confrontarsi, rispettarsi, guardare, guardarsi. Difendere chi è in difficoltà senza punirlo nell’orgoglio. Senza voltafaccia. Il nemico che diventa amico, la speranza di poter sempre contare su qualcuno. È così che si cambia Vita, con l’impegno civile e sociale, non con il successo incondizionato e amorale. L’etica non ha prezzo, i valori non possono essere venduti. Pietro e Vincenzo sarebbero riusciti ad affrontare quanto li attendeva, se soltanto avessero capito che non erano soli. Che insieme si poteva. Come una banale contrattazione, con un vero contratto sociale. Come una semplice pesca mattutina, con le onde, il vento, il mare. Il mare. Perché la dignità è il frutto stesso dalla vita.

“Due non è il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine”. “Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato”. Erri De Luca , “Il Contrario di Uno”

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La “ primavera araba” e lo sviluppo anti-sostenibile dell’uomo

Quando l’oro (nero) vale più della morale.

Di Francesco Artizzu

Sono ormai più di due anni che tutto il mondo arabo è interessato da una vera e propria rivoluzione, nota anche come “Primavera araba”. Il 17 dicembre Mohamed Buoazizi si brucia in piazza per protestare contro il sequestro della sua merce da parte della polizia. Dopo pochi giorni si forma un forte movimento di protesta comprendente perlopiù studenti e neolaureati, i quali manifestano per avere maggiori libertà e poter far parte della vita politica del loro Paese. Nel giro di poco questo movimento riesce ad ottenere le dimissioni del Presidente Ben Ali, che decide di andare in esilio volontariamente. Dopo le proteste in Tunisia, gran parte dei giovani arabi scendono in piazza a manifestare contro i propri capi di Stato. I motivi che hanno portato molti giovani e non solo a manifestare sono stati più o meno gli stessi in tutti i Paesi: violazione dei diritti umani, aumento dei prezzi dei generi alimentari, corruzione e mancanza di libertà. Durante la prima fase delle rivoluzioni i social network hanno svolto un ruolo fondamentale, in quanto molte persone riuscivano ad organizzarsi per manifestare e ancora più importante hanno attirato l’opinione pubblica mondiale su ciò che stava avvenendo nei propri Paesi. I Paesi occidentali, dal canto loro, sono intervenuti solo laddove c’erano interessi economici molto rilevanti come in Libia. Dopo l’inizio delle proteste popolari le principali Nazioni europee hanno sostenuto dal punto di vista militare gli insorti: all’inizio solo attraverso raid aerei contro le truppe di Gheddafi, e successivamente fornendo armi e munizioni ai ribelli. La guerra è costata solo all’Italia 200 milioni di euro, ma ad altre nazioni come Francia e Stati Uniti molto di più. Finita la guerra che tra l’altro

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ha causato circa sessantamila vittime, le principali compagnie petrolifere occidentali hanno iniziato a spartirsi i vari giacimenti e la parte più grande è toccata a multinazionali americane e francesi. In altri Stati arabi, intanto, stanno avvedendo repressioni ben più massicce di quella libica, ma nonostante ciò molte nazioni non stanno facendo le adeguate pressioni contro i presidenti di questi Stati, che ancora tentano con ogni mezzo di mantenere il potere su di essi. In Siria dall’inizio della rivoluzione si contano decine e decine di migliaia di vittime. Secondo i dati ufficiali, dall’inizio della rivolta sono morte oltre undicimila persone, ma secondo altri dati le vittime sarebbero molte di più, e il loro numero aumenta giorno dopo giorno. Il Presidente siriano Bashar Assad ha risposto alle proteste prima con dei violenti raid contro i rivoltosi, con uno stile molto “gheddaffiano”, e successivamente ha indetto elezioni politiche. Secondo le opposizioni, Assad ha indetto le elezioni solo per dare una parvenza democratica alla Siria, invitato i cittadini a non recarsi alle urne. La reazione internazionale contro il regime di Assad è stata, rispetto a quella contro la Libia, molto più blanda. All’Onu è stata presentata una risoluzione contro la Siria che, però, è stata respinta e nessuna Nazione ha fatto forti pressioni nei confronti del governo di Damasco. C’è da dire che la Siria non possiede rilevanti giacimenti petroliferi, e la sue risorse principali sono il turismo e l’agricoltura. Le principali potenze difficilmente spenderanno denaro per “ripristinare la pace”, in quanto difficilmente potranno avere il proprio tornaconto economico. Proprio mentre avvenivano i massacri a Damasco, nel piccolo Stato del Bahrein si correva il

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terzo Gran Premio di Formula 1 dell’anno. L’atmosfera che c’era, era surreale: all’interno del circuito le prove procedevano regolarmente, ma all’esterno c’erano numerosi scontri tra manifestanti e la polizia. Durante tutto il week-end di gara due persone sono morte negli scontri e molte altre sono state ferite. Ora, voi direte, due persone sono un numero irrilevante; ma rapportato alla popolazione è elevato: è un po’ come se in Italia fossero morte 130-140 persone per una rivolta. Nonostante i morti, il GP si è svolto regolarmente, è nessun team si è espresso contro il regime di questo piccolo Stato. I piloti, dal canto loro, non sono stati da meno, e molti di loro hanno più volte ripetuto di occuparsi della corsa e della loro monoposto e non di politica. Questi esempi dimostrano che i grandi interessi economici a volte sono molto più importanti di quelli della popolazione. Per molte Nazioni occidentali vale ancora il principio “Do ut des”, di conseguenza il portare la democrazia o il rovesciare regimi dittatoriali da parte di qualcuno interessato solo alle risorse va sempre visto con un po’ di diffidenza. I grandi interessi economici non conoscono ostacoli e non c’è protesta che possa mettersi contro di loro. Questi possono avere anche il retrogusto di migliaia e migliaia di vittime. Molti di questi possono avere l’orrido odore del sangue, ma non c’è da preoccuparsi, quello del petrolio non da fastidio a nessuno, se non a qualche ultra ambientalista.

Attualità


Quando l’informazione passa in secondo piano

Speculare sulle notizie è sbagliato, ma se si parla di cronaca nera... No ai salotti televisivi e alle false strumentalizzazioni! Di Giuseppe Viscusi Spengo il televisore. Oggi mi è sembrato tutto tranquillo, ma non si sa mai: la tempesta mediatica è sempre dietro l’angolo. Ogni volta che accade qualcosa d’importante, siamo abituati a vedere giornalisti in trepida attesa che cercano di accaparrarsi la notizia migliore. Fin qui niente di male, perché lo spirito di competizione tra le testate dovrebbe spingere tutti a fare sempre di meglio affinché si possa battere la concorrenza. Il problema si ha quando s’inizia a speculare sulle notizie, e questo è una peculiarità tipica del giornalismo televisivo. Vanno molto di moda, in questi periodi, i cosiddetti “salotti televisivi”: trasmissioni che hanno lo scopo di informare il pubblico sugli avvenimenti quotidiani ma in modo più soggettivo rispetto ai tradizionali notiziari. Ogni giorno, infatti, sono ospiti di questi programmi personaggi del mondo dello spettacolo e, a volte, anche esperti che commentano gli avvenimenti attraverso riflessioni personali. Troppo spesso, però, capita che gli autori si facciano prendere un po’ la mano, e che le medesime notizie siano al centro di numerosissimi dibattiti: evidenti tentativi di trarre da un evento il massimo profitto economico. Questa tendenza, già sbagliata a priori, si rivela addirittura scandalosa se si specula su casi di cronaca nera; eppure è avvenuto più e più volte. Dopo un delitto bisognerebbe informare il pubblico in modo molto delicato per non arrecare danno né ai familiari delle vittime, già duramente colpiti, né alle indagini che vanno condotte il più possibile lontano dalle telecamere. Capita invece che proprio i “salotti televisivi” seguano le indagini passo dopo passo, in modo morboso e irrispettoso nei confronti delle vittime. Il copione ormai è sempre lo stesso, cambia solo lo sfondo: ad un delitto seguono puntate e puntate di dibattiti e paragoni con i precedenti casi, fino a che l’attenzione del pubblico non si concentra su un’altro argomento e allora si ricomincia. Purtroppo questi programmi continuano ad avere share altissimi e ad essere seguiti dal grande pubblico. D’altronde è proprio grazie al pubblico che i programmi televisivi esistono, quindi è principalmente colpa nostra se siamo costretti ad assistere a questi scempi giornalistici. Tutto sommato il pubblico ha dimostrato in più di un’occasione di essere altrettanto irrispettoso del dolore altrui, organizzando delle vere e proprie gite turistiche per fotografare una nave in avaria o, peggio ancora, un garage nel quale si pensa sia stato commesso un omicidio. Il giornalismo, che dovrebbe essere il principale mezzo di informazione, rischia di diventare, in alcuni casi, solo un mezzo di guadagno economico. Mettendo in secondo piano l’informazione si va, quindi, contro il principio fondante del giornalismo. Speriamo che l’errore venga capito e che il giornalismo televisivo possa riavvicinarsi a quello che deve essere il suo scopo principale, senza farsi condizionare troppo dal profitto economico che ha già rovinato molti aspetti della società. Riaccendo la tv nella speranza che sia ancora tutto tranquillo.

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Confronto generazionale

I TEMPI CAMBIANO, LA CRISI RESTA di Fabiola Masotta

Intervista esclusiva ai rappresentanti di due epoche:tra ieri e oggi esiste davvero una differenza? Incontriamo Guido, un ex carabiniere pensionato, Antonietta insegnante di educazione tecnica alla Scuola Secondaria di primo grado, Alex giovane 20enne appena entrato in polizia e Antonella Selvaggio, studentessa del nostro Istituto. • La vostra adolescenza è stata segnata da un evento molto decisivo: la II Guerra Mondiale. Demoralizzati e stremati da questa catastrofe, com’era il vostro sguardo verso il futuro? Guido: non ti nascondo che dopo la Grande Guerra, quando ormai l’Italia era scesa in picchiata verso il baratro profondo della crisi, un briciolo di sconforto e di sfiducia nella vita l’ho avuto. Sono, pertanto, dell’opinione che nella vita i rimpianti non portano mai ad un miglioramento della situazione. Ad un adolescente a cui ormai avevano tolto ogni diritto alla felicità non restava che sperare, sperare nel tempo e in un futuro migliore. Mi sono rimboccato le maniche e ho iniziato a lavorare entrando nei carabinieri. Non avevo molta scelta: se volevo portare il “pane a tavola” alla mia famiglia dovevo cogliere al volo la prima opportunità di lavoro, e fare il carabiniere era una sicurezza lavorativa. Inoltre servire la MIA Patria era per me sia un onore, sia una gioia: significava contribuire ad aiutare il MIO popolo, la MIA terra a risollevarsi e riemergere dalle macerie della Guerra. Antonietta: non riuscivo a capire perché una donna non poteva, all’epoca, essere al pari dell’uomo. Le mie speranze si concentravano molto sul conquistare più diritti e “sgomitare” per raggiungere il mondo del lavoro. Ero nel pieno dell’età dove si vive di sogni e la Guerra poteva avermi tolto tutto, ma non la libertà di sperare.

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• Perché non hai trovato lavoro anche all’estero? Perché sei voluto rimanere in Italia? Guido: Non volevo e non mi pento della mia scelta. Lasceresti mai nel momento del bisogno la tua migliore amica? Io mi sono comportato da buon compagno di vita per la mia Patria, non l’ho lasciata sola. Antonietta: Dopo la Guerra non avevo così forti difficoltà economiche perché appartenevo a una classe di ceto medio-borghese, ma se pur fossi incorsa in questa situazione, molto probabilmente avrei fatto di tutto per aiutare il mio Paese a rinascere restando in Italia a lavorare. • Anche nel XI secolo si sta vivendo una crisi economica, pur se di diverso genere. Come vedi il futuro dei giovani oggi? Guido: a essere sincero, tale crisi la paragonerei quasi a quella del dopoguerra. Troppi errori, manovre sbagliate e superficiali hanno generato questa situazione da cui è difficile emergere e il futuro dei giovani non lo vedo molto roseo se non si da un bello “scossone” al sistema amministrativo italiano. Il primo passo va fatto proprio da loro, i giovani, che non devono mai e poi mai avvilirsi, altrimenti è la fine. Antonietta: la vedo ancora più nera del dopoguerra. A differenza dei giovani di una volta, oggi i ragazzi sono demotivati, hanno perso tutto quell’entusiasmo che dovrebbe indurli a costruire un proprio futuro; un po’ da parte loro e un po’ a causa della crisi. Se i ragazzi non si sbrigano a “svegliarsi” e lottare come si deve sarà difficile che la situazione migliori.

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Costume e Società


• Vuoi mandare un messaggio ai giovani per invogliarli a sperare roseo per me e per la famiglia che vorrò costruirmi, in secondo nel futuro come hai fatto tu in passato? luogo perché credo che all’estero le persone laureate o comunque le persone che hanno deciso di studiare e di essere liberi profesGuido: Ragazzi non perdete la speranza e cogliete qualsiasi sionisti sono apprezzate di più. In questa direzione mi sto impeopportunità vi si presenti. Solo l’impegno e il tempo riusciranno gnando molto con lo studio della lingua inglese e credo che tutti a migliorare le cose. Lavorate oggi alla vostra felicità, per non dovrebbero farlo. avere rimpianti domani. Alex: Io rimango. Se tu hai un problema a casa tua mica scappi Antonietta: Auguro ai giovani d’oggi di trovare la spinta per lot- e lo vai a risolvere altrove?! Io rimango perché amo questo Patare e per costruire il loro futuro. Ragazzi dovete credere in ciò ese e sono sicuro che prima o poi ritorneremo la grande Italia che fate e guadagnare con l’orgoglio ciò che realmente volete, lo che siamo (o eravamo?!). Per il lavoro ho fatto una scelta, come so è difficile, ma abbiate fiducia e tutto si risolverà. ho detto prima: bisogna fare sacrifici. Scappare non è sempre la soluzione! … l’altra visione del Mondo… • Pensi che studiare sia importante nella vita? • Crisi economica: ormai il progresso si è bloccato da un paio di anni e a subirne le spese sono soprattutto i giovani e gli anziani. Antonella: Studiare... Si credo sia sempre importante studiare Da adolescente, e futura forza lavorativa, cosa vedi nel tuo futu- nella vita, per crearsi una cultura personale ed essere in grado ro? di elaborare un proprio pensiero. Soprattutto se consideriamo la Antonella: Cosa vedo nel mio futuro? Beh a 16 anni è molto globalizzazione e la crescente competizione nel mondo del lavodifficile prevedere un futuro però, come mi ha insegnato mio pa- ro, dobbiamo ritenere la cultura e la conoscenza fondamentali e dre, in un momento di crisi bisogna puntare alle attività riguar- indispensabili per potersi affermare. Sostengo che in Italia, purdanti i bisogni primari dell’uomo, quali l’alimentazione, la salute, troppo, il sistema scolastico non sempre risulti adeguato. Trovo l’abbigliamento. Credo che intraprenderò gli studi di medicina. veramente imperdonabile il fatto che nelle scuole non si studi la lingua inglese al pari dell’italiano. La conoscenza di questa linAlex: Ormai parlare di futuro felice è diventato quasi un pensie- gua straniera è, a mio giudizio, indispensabile per trovare lavoro, ro utopico. Vedo molti sacrifici nel futuro di tutti i giovani che tanto all’estero quanto nel nostro Paese. vorranno realizzarsi. Alex: Lo studio è alla base di tutto. • Hai speranze nel governo Monti? Cosa rimproveri delle riforme attuate finora e quali invece appoggi? • Grazie per la vostra collaborazione. Antonella: La politica delle tasse in un momento di recessione è il peggio che si potesse fare; notate che il governo Monti non ha scalfito la politica e le grandi imprese, ma ha messo al muro i lavoratori e soprattutto i giovani che hanno perso volontà di studiare e di lavorare. I giovani sono scoraggiati dalla corruzione, dall’allungamento dell’età lavorativa, vedono spostato sempre più in avanti il loro ingresso nel mondo del lavoro e quasi un’utopia il raggiungimento della loro pensione. Non ritengo che il governo Monti sia in grado di migliorare il paese in questo momento e credo che ci vorranno tanti anni per ritrovare l’unità sociale e la “stabilità” di una volta. Per rendere l’Italia un paese “normale”, alla pari degli altri Stati occidentali sarebbe necessario un cambiamento radicale nel modo di pensare della gente e altrettanto radicale da parte della classe politica e dirigente. Alex: Ora come ora ho fiducia solo in me stesso. Monti sta affrontando la crisi in maniera molto drastica e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non voglio dargli colpe a parte per qualche riforma esagerata tipo quella sulle pensioni. Ma qualcosa è stato fatto anche se è ancora troppo poco per affrontare una crisi così grande. Appoggio il super bollo sulle auto di lusso, gli incentivi, seppure minimi, ai giovani che scelgono la strada dell’agricoltura e mi piace come sta combattendo l’evasione fiscale. • Per cercare lavoro hai intenzione di rimanere in Italia o viaggiare all’estero? Perché? Antonella: Ho intenzione di trasferirmi all’estero per il resto della mia vita, in primo luogo perché in Italia non vedo un futuro

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Non sperate di liberarvi dei libri !

Libro… universo di emozioni sostituito da un click. Ma l’importante è leggere!

SULL’ORLO DEL TEMPO

di Maria Rosaria Lavorgna

Mai come in questi tempi si è temuta “l’ estinzione dei libri”. I temibili avversari che minacciano di soppiantare le pubblicazioni cartacee sono gli e-books, che permettono di acquistare numerosi titoli a un prezzo minore e soprattutto a impatto zero. Questi moderni tablet, largamente diffusi tra i giovani, riscontrano però la diffidenza dei lettori adulti che, restii alle novità, si chiudono alla tecnologia. Ma può l’ e-book sostituire il libro? Umberto eco afferma di no. Egli sostiene che mai nel corso dei secoli un nuovo mezzo di comunicazione ha sostituito totalmente il precedente. Avremo dunque una diarchia tra lettura su schermo e lettura su carta. La vera ragione per cui i libri avranno lunga vita è quella che abbiamo le prove che sopravvivono in ottime condizioni per molti anni, mentre non abbiamo alcuna prova della durata di un supporto elettronico. Inoltre a un libro si ci affeziona, sfogliandolo si provano emozioni, tutte sensazioni annullate dai tablet. Il contatto con uno schermo freddo non è affatto comparabile con il lieve tocco della mano che volta la pagina, liscia flessuosa, profumata. La presenza stessa del libro ti rincuora: i libri discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di familiarità attiva e penetrante. Libri o e-books: l’importante è leggere! È questa la conclusione di mesi di dibattiti e polemiche. La pienezza della cultura si ottiene dalla lettura, e se non si legge per istruirsi, si legge per vivere. La lettura è il rifugio migliore nei momenti di solitudine e tristezza, come una buona amica ti conforta, ti distrae, ti conduce in un mondo perfetto in equilibrio tra te stesso e l’infinito. Non c’è miglior modo per viaggiare che sedersi in poltrona e leggere un buon libro: “forse non ci sono giorni della nostra adolescenza vissuti con altrettanta pienezza di quelli che abbiamo creduto di trascorrere senza averli vissuti, quelli passati in compagnia del libro prediletto”.

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Vivo una favola eterna Mi dondolo su sogni incantati Tentato da giochi di luce Barcollo tra le trame di fondo Sospinto mollemente nel nulla Sciolgo i nastri del caso Curvato da meticolosa follia Mi porto sull’orlo del tempo Vado, deciso, ritorno Cerco l’inspiegabile cura Strappo le pareti di raso Scorgo le chiavi della meraviglia Dietro una semplice porta Trovo il modo di stare al mondo Mi sento un equilibrista Che danza su un filo di seta In cerca di un finale diverso In un giorno qualunque con te.

Amedeo Votto

Cultura e Poesia


Sai riconoscere i tuoi difetti?

L’individualismo prepotente delle nuove generazioni Contro il perbenismo di massa c’è soltanto una soluzione: essere se stessi. di Andrea Rotatore

E’ da tempo che esamino gli sviluppi di questa nuova società. In essa si alternano, a mio avviso, generazioni sempre più insensate, e il divertimento di queste continue trasformazioni sta proprio nel constatare la consapevolezza della loro condizione. Sono molteplici, per non dire innumerevoli, i fattori che giustificano la mia analisi, e si presentano perlopiù come vincoli invisibili alla maggior parte dei ragazzi. E’ piacevole notare come alcuni riescano a confutare la loro idiozia mentre cercano di celarla agli occhi altrui. Per fare degli esempi, quanti sono coloro che (fonte inesauribile di tutto ciò è Facebook) fanno sfoggio di una vuota erudizione, citando frasi di grandi pensatori? E quante volte accade che queste loro conoscenze si rivelano vane e inconsistenti? Per non parlare poi di coloro i cui sproloqui vertono unicamente nelle più grette bestemmie; perché bestemmiare qualcosa di cui non si crede l’esistenza? Sono invece tentativi, irrazionali e malriusciti, di offendere i credenti. Una delle cose, però, che più ha istigato le mie riflessioni, è la falsità nei rapporti interpersonali. Sembra quasi che l’affetto sincero per un amico, come qualunque forma di affetto al di fuori della famiglia, siano decadute sotto l’influsso di una nuova vanità individuale: i comportamenti di determinate persone non trapelano nulla di onesto, le loro azioni derivano da pensieri prettamente egoistici. D’altro canto, quando la benevolenza sembra affacciarsi esitante, è subito coperta da un perbenismo ipocrita, e le amicizie vanno e vengono. Ognuno cerca di apparire anticonformista, tanto che il conformismo è diventato l’anticonformismo stesso, e viceversa. I sentimenti sono succubi della futilità: in tempi come questi la mediocrità e l’ignoranza, oltre a completarsi l’un l’altra, sono premiate. Tutto questo vale per chi, leggendolo, si sente colpito. Sono il primo a mettere in dubbio i miei comportamenti e il mio modo di essere; le mie parole sono rivolte a coloro che sanno di non farlo. Chi sinceramente non si identifica nei problemi affrontati, converrà con me su tutto; chi si riconosce in quanto detto sorvolerà senza preoccuparsi più di tanto. E’ piuttosto deludente appurare come, anche in seguito a prediche e ammonimenti educativi, le persone interessate ignorino la verità dei fatti e si immedesimino in individui privi di difetti: come si preferisca il pettegolezzo rispetto a un buon libro, un falso sorriso al porre realmente la propria fiducia in qualcuno, immorali risate circa argomenti su cui si dovrebbe riflettere in silenzio e tacere ogni irrispettosa ingiuria.

Giovani

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Gli effetti dei media sui giovani

QUANDO LA TECNOLOGIA DIVENTA TROPPA di Mario Liverini

Bambini che trascorrono le loro giornate al pc o davanti alla tv: a lungo andare può essere pericoloso. Nessuno può negare o minimizzare l’importanza dei media nella vita infantile e quindi nella formazione degli adolescenti. Ma quali sono gli effetti? In quale senso questi modificano attitudini e comportamenti? Innanzitutto è necessario prendere in considerazione le due conseguenze principali dell’utilizzo della tecnologia e, più precisamente, dei contenuti che la tecnologia e i nuovi tipi di media possono offrirci: l’immediatezza e la molteplicità. I contenuti sono oggi immediati, nel più completo e ampio senso della parola: ogni cosa è alla portata di un clic. Il che è sconcertante se paragonato ai metodi di ricerca di venti, o anche dieci anni fa. Questa impressionante velocità riduce i tempi, quindi i ragazzi sono spinti (teoricamente) a fare molte più cose, dato che impiegano meno tempo a farle. Nonostante ciò, la velocità porta all’atrofizzazione dei processi mnemonici, in quanto avere un particolare contenuto sempre a portata di mano riduce la volontà di ricordare quella cosa. Possiamo ricollegarci al pensiero Platonico riguardo ai libri, estremizzandolo alla tecnologia odierna: se una persona ha sempre a portata di mano un particolare contenuto non è spinta a ricordarlo, avendo la sicurezza di poterlo riprendere sempre. Potremmo però controbattere che i libri non hanno diminuito le capacità di memoria delle persone, ma anzi hanno contribuito a tramandare memorie di molte persone nel corso dei secoli. L’immediatezza dei contenuti porta anche ad una banalizzazione

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del processo di ricerca, che in questo caso è totalmente estraneo al ragazzo. Analizzando i diversi casi, cosa è meglio? Una ricerca sui libri, che comporta il movimento fisico del ragazzo (da non sottovalutare), l’atto della ricerca reale e quindi l’inevitabile confronto con altre cose che non si stanno cercando, ma che ampliano la cultura del ragazzo oppure un clic su Google e il risultato pronto?Uno studente preparato, del resto, deve sapere distinguere tra diverse fonti, quindi utilizzare capacità non trascurabili di selezione, lettura, confronto e infine scelta delle fonti più accurate. Ancora, l’immediatezza può essere estremamente nociva sull’aspetto comportamentale dello studente, poiché può indurlo ad un’eccessiva impazienza verso qualsiasi cosa e, di conseguenza, ad una generalizzata insoddisfazione da parte della realtà (non perfetta, veloce e multipla come la rete). Un’insoddisfazione che, nei casi più gravi, porta il ragazzo a volersi isolare ancora di più dalla realtà, a non volersi confrontare con altre persone e con i sistemi tradizionali di studio, nonché ad una voglia di abbandonare senza tentare abbastanza. Le nuove tecnologie hanno anche un ottimo punto di forza: la molteplicità dei contenuti. Si apre allo studente moderno, nonché ad ogni cittadino internetmunito, un mondo intero di conoscenza, un vero globo di informazioni diverse e interessanti. È sufficiente pigiare un bottone per spostarsi in epoche e luoghi diversi, creando una differente concezione dello spazio e del tempo.

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coscienzioso può favorire il ragazzo, aiutandolo a prendere decisioni velocemente, considerando tutte le variabili in gioco (come nei giochi “sparatutto”, dove pochi secondi possono fare la differenza nella vita del personaggio fittizio all’interno del gioco). Il computer è, infine, la macchina tecnologica che può maggiormente aiutare gli adolescenti nella vita odierna, sopratutto perché implica un reale coinvolgimento della persona nelle attività compiute. Avendo analizzato il problema della diffusione della tecnologia tra gli adolescenti, possiamo comprendere che la tecnologia può essere un ottimo, reale e concreto aiuto nella vita di un adolescente, e sicuramente questo sta modificando gli stili di vita dei ragazzi in un modo impressionante, anche se è impossibile prevederne gli esiti sul lungo periodo.

Una molteplicità eccessiva può però portare alla scelta di fonti scorrette, influenzate, modificate, alterate. Un’ottima risorsa può rivelarsi errata o incompleta, e magari lo studente non se ne rende neanche conto, affidandosi a contenuti sbagliati. Un’altra importante distinzione deve essere fatta tra i metodi di fruizione dell’informazione in generale: televisione, computer e consolle varie (per queste ultime parliamo di consolle video-ludiche, esterne all’informazione classica). La televisione è sicuramente l’opzione meno consigliabile, in quanto in primo luogo non permette una molteplicità sufficiente al ragazzo per comprendere un’informazione senza filtri e, in secondo luogo, lo rende completamente passivo e lo esclude persino dall’atto della “ricerca” dell’informazione (non si può neanche scegliere cosa guardare: il telegiornale si concentra su particolari notizie e non ne dice altre che potrebbero risultare più interessanti); in ultima analisi è l’opzione che favorisce di meno il contatto con altre persone. Il dato sconcertante è che il 22% dei bambini trascorre più di quattro ore al giorno guardando la televisione. Non è meglio stimolare l’intelligenza, la curiosità e l’ingegno con giochi come Lego o giochi da tavolo? Nel caso la tecnologia debba essere un must, i videogiochi sono sicuramente un’importante fonte di stimoli per un ragazzo, e circa il 60% dei bambini gioca abitualmente ai videogames. Un utilizzo eccessivo di piattaforme video-ludiche porta sicuramente a una grave dipendenza, ma l’utilizzo consapevole e

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I giovani e la società

VORREI SOLO CHE LE MENTI SI APRISSERO DI PIU’ di Chiara Armellino

Un ragazzo omosessuale e la sua esperienza “Sai, vorrei solo che le persone si abituassero a relazionarsi con ragazzi come me”. Con queste parole si è aperta una piacevolissima chiacchierata con un ragazzo molto simpatico e desideroso di esprimersi. “C’è tanta ignoranza in giro, purtroppo. Colpa delle piccole realtà e dell’arretratezza sociale”. E non posso che darti ragione, d’altronde è proprio così. “Penso al mio futuro e mi vedo lontano da qui, in una grande città, dove ci sia più libertà di espressione, dove potrei vivere del tutto questa mia scelta di vita”. Ti capisco, è difficile convivere con una società fondamentalmente non pronta a ricevere cambiamenti! Ma adesso, se permetti, vorrei cercare di capire le ragioni della tua scelta. “Certo. Ero poco più che un ragazzino, mi avvicinavo all’adolescenza, quando per puro gioco, con un amico del mare, ho avuto il mio primo rapporto sessuale. All’inizio lo avevo preso come uno scherzo, poi ho cominciato a crederci davvero e man mano ho guardato i ragazzi del mio stesso sesso con occhi diversi, gli occhi dell’amore.” Quindi, in un certo senso, lo hai capito molto tempo fa che il tuo orientamento era diverso dagli altri; e come ti sei reso conto che il sesso femminile non ti attraeva? “Le donne mi affascinano: se vedo una bella ragazza le parlo, le do anche un bacio magari, ma non provo le stesse sensazioni di quando ho a fianco un uomo”. Capisco. E i tuoi genitori come si sono rapportati con questa tua scelta? Hai provato a dir loro qualcosa? “Ho provato a dire che avevo baciato un ragazzo. Mio padre l’ha presa molto male, arrivando a minacciarmi pesantemente. Mia madre, più sensibile, ha avuto una reazione opposta: ha cercato, infatti, di parlarmi ma, poi, è scoppiata in lacrime ritenendomi colpevole delle minacce di mio padre, visto che fino ad all’ora era la persona più tranquilla di questo mondo.” Vedo che la tua non è una situazione molto facile. “Sì è vero, però ho sempre cercato di evitare la depressione ed essere felice. Sono molto lunatico e versatile, riesco ad esternare sentimenti positivi e sopprimere quelli negativi, sono un po’ come un attore!”.

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Bene, sono contenta per te. “Grazie, sono riuscito a parlare con mia sorella della mia omosessualità e lei lo ha accettato in maniera naturalissima, com’è giusto che sia, com’è giusto che facciano tutti”. Per tuo dispiacere posso solo dirti che analizzando le cose, questo Paese non è ancora pronto alla piena concezione di orientamenti sessuali diversi e credo che ne avremo ancora per molto. “Purtroppo questo lo so anch’io e cercherò di farmi scivolare addosso la fastidiosa ignoranza delle persone che a volte infieriscono nei miei rapporti personali”. Nonostante tutto, spero tu riesca a farti strada e a far valere la tua posizione, con un augurio speciale per il futuro! “Grazie a voi e alla disponibilità per questa intervista, alla prossima. Con la speranza che qualcosa possa cambiare!”. Il protagonista di questo articolo ha preferito l’anonimato per ragioni di privacy. Concludo dicendo che come lui, tanti ragazzi vivono quest’angoscia di non potersi esprimere completamente come vorrebbero. Siamo la generazione del futuro, siamo disposti a farci più in là per far posto ad altre idee?

Numeri e magia: intervista ai ragazzi che hanno partecipato alle fase nazionale delle Olimpiadi di Matematica. Di Anna Nero. Davide : Il confronto è la cosa fondamentale affinché un ragazzo possa Controluce ha incontrato 2 componenti della squadra, Davide Campa- crescere. Dal confronto si capisce il livello della nostra conoscenza, si cagnano della VA scientifico e Francesca Acanfora della IIIA scientifico, che pisce dove e come migliorarsi. In un’esperienza come quella che abbiamo ci hanno raccontato la loro fantastica esperienza a Cesenatico. avuto, il confronto ci ha fatto comprendere che c’è ancora molto lavoro da fare, ma allo stesso tempo è stato incoraggiante e stimolante. Prima esperienza nazionale per l’IIS Telesi@, vi sareste mai aspettati un risultato simile? Che ruolo gioca la calma in una competizione del genere? Francesca: Non voglio nascondere che ogni volta che si partecipava alle Francesca: E’ importantissimo essere calmi!!! Pensa che per l’agitazione provinciali si andava sempre un po’ disillusi, anche se la speranza era l’ul- abbiamo sbagliato più volte il problema jolly! Ovviamente però nemmetima a morire. Sfiorare la vittoria negli anni passati ci ha stimolato ancora no troppo calma è giusta! di più; non ce l’aspettavamo, ma lo speravamo! Davide: La calma è fondamentale, in quanto senza si andrebbe subito nel Davide : Essendo una squadra nata quest’anno con poca penso che un panico, dato l’alto livello della gara. risultato del genere non l’avrebbe pronosticato nessuno. Qual è stato il momento più emozionante di questa meravigliosa espeCon che spirito siete arrivati a Cesenatico? rienza? Francesca: Siamo arrivati a Cesenatico pieni di emozioni!!! Agitazione, speranza, felicità, paura... consapevoli che non saremmo stati primi ma certi che la matematica sarebbe stata ancora una volta motivo di divertimento.

Francesca: Per me il momento più bello è stata la cerimonia di apertura della gara, quando il cronista ha salutato tutti e i ragazzi si sono scatenati battendo le mani sui tavoli. Ci ha dato la carica, l’adrenalina. E poi, quando i ragazzi della Normale sono intervenuti per decretare la fine e impedire ai consegnatori di dare qualche risposta fuori tempo: sembrava Davide: Lo spirito era quello di lottare fino alla fine, impegnandoci insie- una coreografia. me e cercando di portare alto il nome dell’istituto, nonostante conoscessimo le difficoltà. Davide: Quando ci siamo seduti intorno al tavolo, circondati da altre 30 squadre, con il pubblico sulle gradinate che faceva un tifo da stadio. QueCosa si prova a confrontarsi con così tanti ragazzi di città diverse? sto sicuramente è stato il momento più emozionante. Francesca: Vedere tutti quei ragazzi riuniti per la matematica è stato bel- Grazie ragazzi per la disponibilità, alla prossima e in bocca al lupo per lissimo, sembrava un concerto, emozionante! Confrontarsi con loro è tutto quello che verrà! stato molto positivo: abbiamo capito come condurre gli allenamenti dei prossimi anni, abbiamo scambiato del materiale, fatto nuove amicizie...

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Un’educazione tra pari

FATE L’AMORE, NON FATEVI MALE! L’esperimento della Peer Education tra gli studenti del Telesi@: essere informati non fa mai male!

Di Maria Federica Viscardi

Diventa sempre più difficile, oggi, riuscire a comunicare. È vero, facebook, twitter, le semplici caselle di posta elettronica hanno facilitato la trasmissione di informazioni, internet fa da grande mediatore di notizie in tempo reale e Skype consente videochiamate istantanee dai due capi opposti del mondo. Eppure, in questo continuo circolo di chat, parole e immagini, quanto è rimasto della comunicazione, quella vera? Ben poco. Non è un caso che siano andate definendosi, giorno dopo giorno sempre più calcate, le differenze tra una classe e l’altra, come in una gerarchia: l’alunno nei confronti del professore, il figlio nei confronti del genitore, il paziente nei confronti del medico. Anche la confidenza sta venendo a mancare. L’insegnante non insegna più la vita, ma soltanto la sua materia; il genitore non educa al mondo, ma si limita a trasmettere il necessario; il medico non dà più consigli, ma cura e basta. E poi, inevitabilmente, si parla di giovani che vanno controcorrente, che sognano di lavorare all’estero e che “non hanno più i valori di un tempo”. Il vero male sta nella disinformazione: le radici della degenerazione che stiamo vivendo sono frutto di una disillusione che nasce dal timore, dal tabù, dall’imparità che è venuta a crearsi, nonostante i mille pretesti di “abbattere ogni barriera” di cui buona parte della società si fa precettrice. Quello che manca è un’educazione tra pari, un’occasione di confronto, dove chi sa mette a disposizione degli altri la propria conoscenza, invitando i propri interlocutori a dar vita ad un costruttvo dialogo. È proprio questo l’obiettivo della Peer Education, ultimo esperimento a lieto fine dell’IIS Telesi@, in collaborazione con l’Istituto Materno Infantile di San Salvatore Telesino. Il corso, che ha coinvolto un gruppo di studentesse al IV anno del Liceo Classico, ha voluto mettere in campo le competenze dei ragazzi per cambiare il proprio modo di vivere, per “stare meglio nel proprio ambiente”. Unici requisiti richiesti: sane motivazioni, impegno, interesse alle relazioni con gli altri, capacità di lavorare in gruppo e tanta buona volontà! Dopo un primo periodo di reclutamento dei Peer, cioè di coloro che erano effettivamente interessati al miglioramento del benessere proprio e altrui, curando la qualità dello stare bene insieme, si è cominciato a lavorare in squadra. Il primo incontro è stato interamente dedicato alla conoscenza degli altri: con il monitoraggio della Dott.ssa Carmen Festa, ogni Peer si è descritta e poco per volta ha preso confidenza con le sue colleghe; tutte assieme poi hanno riflettuto su possibili tematiche da affrontare. Dopo una dettagliata analisi delle possibilità, all’unanimità si è scelto di discutere di uno degli argomenti apparentemente più chiacchierati, ma in realtà complesso e spinoso: le malattie sessualmente trasmissibili. Gli adolescenti che non si sono mai accostati alla materia sentono il bisogno di ricevere notizie attendibili da parte di chi ne sa di più. E allora ecco che il progetto prende vita nel suo aspetto pratico: informare un gruppo di persone valide e motivate che, poco alla volta, comunicheranno ai loro coetanei, esattamente “alla pari”, quello che hanno appreso, rendendo possibile il passaggio del testimone ad altri desiderosi di portare avanti quest’iniziativa.

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E così, poco per volta, i tabù cominciano a crollare, gli argomenti più scottanti vengono affrontati con un equipe di esperti e la cattiva informazione viene allontanata e sostituita dalla consapevolezza. Una manciata di incontri sono stati sufficienti a tracciale le linee guida dell’iniziativa, che vedrà il suo competamento solo l’anno prossimo quando, finalmente, le Peer Educators del Telesi@ avranno la possibilità di divulgare il frutto del loro impegno. Sono previsti incontri con le future classi quarte e quinte, in un primo momento del Liceo Classico poi, a seconda della riuscita dell’esperimento, anche degli altri indirizzi. Insomma, sembra proprio che ci si stia mobilitando verso un’apertura mentale che garantisca a tutti la corretta (in)formazione. Ciò che deve far riflettere è il fatto che un progetto del genere sia stato condotto proprio nella scuola: sono i giovani che devono rivoluzionare quanto di sbagliato si è costruito in tanti anni e il successo della Peer Education è una prova tangibile dell’interesse adolescenziale. E allora non ci resta altro che augurare buon lavoro a Quelle della Peer, come loro stesse si definiscono, sperando che diventino una famiglia sempre più grande!

3 - Giugno 2012

Scienze e Benessere


L’acqua è un bene comune da salvaguardare!

E SE COMPRASSIMO ANCHE L’ARIA? di Angelica Ciaburri

A causa dello spasmodico consumo e dell’incessante produzione di beni alimentari di gran parte del mondo occidentale e delle insicurezze alimentari dei paesi sottosviluppati, il mondo dell’industria sembra avvicinarsi sempre più ad una condizione di stallo, non in grado di apportare alla futura popolazione mondiale gli alimenti rispondenti al suo fabbisogno.Dal 10 al 13 Giugno 2002 si è svolto a Roma il vertice della Fao ( Agenzia delle Nazioni Unite per l’Alimentazione). L’incontro, a cui parteciparono 180 delegazioni statali, terminò con la stesura di un documento in cui si ricercavano i possibili rimedi per il grave problema della fame nel mondo, una piaga che tutt’ora affligge 800 milioni di persone, un essere umano su sette, provocando 24 morti al giorno, il 75% dei quali bambini al di sotto dei cinque anni.Il vertice della Fao del 2002, comprendendo i rischi che un modello alimentare di matrice industriale avrebbe potuto provocare al sistema dell’approvvigionamento del cibo, sottolineò l’importanza del diritto dei popoli all’autogestione delle risorse, dal momento che i Paesi maggiormente afflitti dalla sottoalimentazione sono costantemente costretti ad esportare la maggior parte dei generi alimentari prodotti dalla loro agricoltura. Inoltre il programma della Fao si propose l’obiettivo di dimezzare il numero delle persone afflitte dall’insicurezza alimentare entro il 2015, con sussidi e incentivi ammontanti alla modesta cifra di 24 milioni di dollari all’anno – cifra finora mai stata raggiunta, tanto è vero che le persone denutrite diminuiscono al ritmo medio di 6 milioni all’anno contro i 22 previsti.Ciò nonostante, diverse nazioni considerante nel corso del Novecento sottosviluppate, negli ultimi anni, hanno adottato intelligenti politiche di produzione e fruizione delle risorse alimentari in grado di incentivare l’economia e rispondere alle diverse esigenze dell’intera popolazione. Negli anni Sessanta l’India ha attuato una rivoluzione verde ( presa poi a modello da altri Paesi in via di sviluppo), basata sulla coltivazione di cereali ad alto rendimento, sull’uso di fertilizzanti e concimi, su nuovi sistemi d’irrigazione; ciò ha consentito un aumento della produzione agricola e ha permesso di fronteggiare in parte la forte crescita della popolazione verificatasi nella seconda metà del secolo passato.

Nel suo ultimo libro, “La fine del cibo”, Paul Roberts, eminente professore di economia statunitense, denuncia e profetizza un destino che la condotta dell’industria alimentare sta contribuendo a rendere giorno dopo giorno sempre più reale: l’ampio divario che separa l’accesso e l’utilizzo dell’alimentazione dalle diverse fette della popolazione mondiale testimonierà nel giro di qualche anno la fine della sua età dell’oro. Il professore Roberts osserva una piccola e al coltempo importante contraddizione che regola l’economia alimentare mondiale: seppure la produzione di cibo eccede quasi del 20% le necessità dell’intera popolazione mondiale, la circolazione del cibo non è garantita a tutti Paesi. Milioni di persone, in particolare dei territori africani, non hanno la possibilità di accedere al patrimonio alimentare prodotto. Qualora

tali popolazioni sottosviluppate avessero la possibilità di accedere alle stesse ed identiche risorse alimentari consumate da gran parte delle popolazioni occidentali, l’industria e l’agricoltura non sarebbero in grado di garantire in breve tempo a tutti il giusto fabbisogno.I terreni sui quali è possibile esercitare una produzione agricola di stampo industriale diminuiscono in continuazione e le epidemie alimentari dovute alla poca parsimonia con la quale il mercato regola i suoi prodotti si dileguano. Nel giro di qualche anno, seppure si trovasse un modo per far sì che le diverse regioni del mondo abbiano la possibilità di edificare infrastrutture e dinamiche economiche in grado di produrre e/o accedere allerisorse alimentari richieste, l’intero pianeta non sarebbe in grado di tenere testa alle domande nel tempo necessario. Le cause che hanno portato alla realtà nella quale viviamo sono molteplici, ma tutte confluiscono, secondo il professore Roberts, ad una distorta concezione del consumo alimentare. Si è ritenuto giusto produrre e immettere sul mercato generi alimentari di lavorazione invece di prodotti di pronto utilizzo derivanti dall’immediata agricoltura. Le miscele di materie, i generi alimentari di produzione industriale, così definiti da Paul Roberts, rispondono a chiare esigenze del mercato: sono facili da produrre perché si basano su modelli già configurati. I generi alimentari naturali, al contrario, richiedono una minuziosa manodopera e una continua sussistenza. Tra la quantità e la qualità del prodotto, l’industria alimentare ha deciso di abbracciare la quantità, così da ricavare il massimo al fronte di minime spese.D’altro canto, la cultura alimentare adottata da gran parte della popolazione mondiale ha favorito il dileguarsi di questo fenomeno. La compravendita di cibi di pronto utilizzo e l’adozione di un regime alimentare ferreo, composto dal susseguirsi degli stessi nutrimenti, hanno immobilizzato il sistema agro-alimentare del mondo favorendo il dileguarsi di malattie legate all’alimentazione.In virtù del destino che ci aspetta a braccia aperte, il professore Paul Roberts suggerisce una radicale trasformazione mentale circa il modo stesso di concepire l’alimentazione, composta da una maggiore selezione dei nutrimenti in base al rapporto che essi possono trasmettere alla nostra conformazione salutare e un attento esamine delle quantità dei prodotti da acquistare.

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Gli Stati che vacillano ..e l’Euro ce la fa?! di Gaia Lavorgna

Quanti sono coloro che rimpiangono la Lira? 2012: esattamente dieci anni fa, il 1 Gennaio del 2002 l’Italia diede il benvenuto al nuovo anno che portava con sé un enorme speranza: l’Euro. L’Euro nacque nel 1999, inizialmente era solo un’unità di conto virtuale ma dopo appena tre anni ecco la svolta: diventa la nuova moneta per i dodici degli allora quindici Stati membri. Si salutarono le vecchie banconote, a partire dalla Lira (rimpianta da molti), al Franco e soprattutto al Marco tedesco, la moneta più salda su cui fu modellato l’Euro. Anche l’Italia aderì a questo cambiamento, per entrare nell’Europa che valeva, per aver un buon “punteggio” rispetto alle altre Nazioni. L’Italia quindi si trovò a dover realizzare dei cambiamenti importanti che provocarono sacrifici a politici e a cittadini tra cui l’imposizione di una tassa per la neo-moneta. All’inizio di questo anno l’euro è già in crisi, la situazione diventa insostenibile, giorno dopo giorno, e mentre la banca centrale europea è impegnata a difenderlo, l’Italia, come anche la Spagna e la Grecia, cerca di difendere se stessa. Nel dicembre del 2011, la Germania ha avuto l’appoggio

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dall’Unione Europea per impegnarsi nel Fiscal Compact, come l’ha battezzato Mario Draghi - da novembre custode dell’Euro come presidente BCE - ovvero un impegno ad applicare le regole del patto di bilancio come se fosse stato modificato il Trattato. Modifiche che potrebbero essere riviste tra qualche tempo. L’Euro purtroppo ci delude, si era imposto come l’unico mezzo per riprenderci da una crisi profonda, sembrava poter superare il dollaro, o almeno affiancarsi ad esso, ma ha mostrato la sua sensibilità rispetto alla borsa americana. E mentre qualcuno pronostica il ritorno da parte di ogni Stato alla propria moneta, innanzitutto della Germania all’amato Marco, altri sperano ancora che questa situazione sia solo di passaggio. Tutto il mondo osserva Roma e osserva l’Euro per vedere se, con lo spread ancora alle stelle, riuscirà a mantenere le promesse.

3 - Giugno 2012

Politica


A ntonio C usano : una scalata verso il successo

“I l T elesi @ sforna campioni ” Prossima tappa: Buenos Aires di Lucrezia Burro Antonio Cusano, studente della 2S3, indirizzo di studi Scientifico del nostro Istituto, le classifiche le guarda dall’alto. Nell’ultimo mese il suo nome circola tra i corridoi del nostro Liceo per via dei suoi ottimi risultati. Ha infatti partecipato alla fase finale della gara Matematica e Realtà organizzata dal dipartimento di Matematica e Informatica dell’Universtità degli Studi di Perugia e si è classificato secondo nella graduatoria nazionale delle Olimpiadi delle Scienze Naturali 2012. Nel prossimo autunno ci sarà per lui il miglior epilogo per un cammino già glorioso; dopo la fase d’istituto (ironia della sorte, non superata), le gare regionali e, infine, la seconda postazione in nazione, avrà la possibilità di affrontare la fase internazionale a Buenos Aires. Il suo, come leggerete, è uno di quei casi in cui la fortuna è degna compagna delle imprese dell’uomo. Uomo che però, coglie l’occasione, accetta l’aiuto offertogli e lo integra con le proprie capacità. Dopo un inizio paradossalmente non ottimale (arrivato sesto, avrebbe sfiorato la possibilità di passare alla gara successiva), il seguito è stato più che perfetto. Fase dopo fase ha proceduto speditamente la scalata verso il successo, classificandosi tra i primi posti sia in regione che in nazione. Segno di un destino meritatamente conquistato. Controluce non poteva che dedicare un’intervista a questo “punta” della scuola, che meglio non avrebbe potuto essere rappresentata. Quando è iniziata l’avventura, quanto credevi di arrivare fino a questo punto da uno a dieci? In realtà per qualche strano motivo non avevo neanche superato la fase di istituto, sarà stata la distrazione. Ma poi Alfonso Martone della 2S2 non è voluto andare, quindi l’ho sostituito io. Da quel momento ho deciso di impegnarmi a fondo. Quando mi hanno proposto di andare alle regionali ci credevo poco, quattro o cinque direi, perché pensavo fossero di livello più alto. Poi inaspettatamente sono arrivato primo. Una settimana prima delle nazionali non sono stato bene quindi mi sono messo a studiare e ho finito entrambi il libri scolastici (biologia e scienze della terra). Prima della prova ero molto teso. Dopo confrontandomi con gli altri, ho notato che era andata relativamente bene, ma mi sono accorto anche di aver sbagliato una domanda per distrazione e già da subito ho cominciato a preoccuparmi. Che sensazione hai provato quando hai saputo che avresti avuto la possibilità di andare a Buenos Aires? Quando il prof ha cominciato a chiamare i vincitori e i quattro della squadra nazionale sul palco è stata la parte più emozionante: sapevo di essere andato bene ma non ero arrivato decimo, neanche ottavo, sesto nemmeno. Quando ha chiamato anche il quarto e il terzo ormai avevo perso le speranze e poi.... secondo classificato: Cusano Antonio del Telesi@. Non ci credevo , ricordo solo di essere salito sul palco e di essere stato contentissimo. Poi dopo controllando le classifiche ho constatato che rispondendo correttamente anche a quella terza domanda che ho sbagliato per distrazione, un errore davvero sciocco, sarei arrivato primo in entrambe le classifiche ( quelle normali dove ho raggiunto il terzo posto e quelle per le IESO dove sono arrivato secondo). Ci sono rimasto malissimo e continuo tuttora a tormentarmi. Sinceramente ancora non credo che andrò a Buenos Aires.. e non ci penso quasi mai... arriverà il momento di cominciare a farlo. Che cosa credi ti abbia aiutato ad avere quella marcia in più rispetto agli altri? Oltre alla genetica, visto che sono portato per natura per le materie scientifiche (ho letto il libri di scienze come semplici racconti), penso che mi abbia aiutato molto la voglia di riscattarmi dopo

Scuola

i pessimi risultati della fase di istituto e di dimostrare a tutti quanto valevo realmente. Quali sono i tuoi progetti futuri? Cosa hai intenzione di studiare dopo il liceo? Non ho ancora dei progetti futuri ben specifici, sicuramente continuerò a studiare come ho sempre fatto e mi iscriverò all’università, certamente a una facoltà scientifica, ma sono ancora indeciso. Come ti stai preparando per affrontare le finali a Buenos Aires? Non ho ancora iniziato a studiare per le Internazionali. Comincerò quando si chiuderà la scuola: penso di leggere il libro scolastico di Scienze della Terra che mi hanno dato come premio; inoltre i primi dieci classificati nazionali hanno diritto a partecipare ad uno stage di una settimana all’Università di Camerino (nelle Marche). Cosa ti aspetti da quest’esperienza? Penso che in Argentina sarà molto dura ma, comunque vada, per me sarà lo stesso importante. Avrò modo di conoscere persone nuove, di andare in posti mai visitati prima e, poi, chissà, potrebbe essere (e lo spero fortemente) il primo di una lunga serie di viaggi e vittorie personali. A giudicare dal suo impegno e dalla sua tenacia, siamo certi che gli si prospetta un futuro costellato di meravigliose soddisfazioni.

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L’ultima curva prima del rettilineo.

Telesi@ in azione

di Andrea Burro

“Trovandomi con un motore rotto e senza cellulare nel deserto, ho avuto il tempo di riflettere prima dell’arrivo dei soccorsi ed il mio primo pensiero è stato quel meraviglioso mondo del Telesi@!” Nella natura dell’uomo c’è da sempre la voglia di conoscere ciò che accadrà nel futuro. Gli uomini fanno tabelle, studiano grafici e inventano formule per cercare di conoscere sempre di più, senza però capire che non sanno molto, perché se lo avessero compreso realmente avrebbero smesso di cercare di afferrare qualcosa di inafferrabile. C’è chi siede per ore davanti a palle di vetro, a televisori di ultima generazione, a computer, a tablet, cercando di prevedere anche soltanto quello che potrebbe accadere un secondo dopo e quando finalmente ci arriva è troppo tardi, perché il futuro cambia continuamente: un secondo ed è presente, due secondi ed è passato. Proprio mentre sto scrivendo stanno avvenendo fatti che avrei voluto scrivere e quando tu lettore leggerai questo articolo saranno successe parecchie cose dal momento in cui io ho consegnato quello che tu ora stai leggendo. Non voglio perciò soffermarmi sul futuro, bensì sul passato, o meglio sul passato recente del nostro istituto e ancora più precisamente sull’ultimo anno scolastico. Se guardo avanti l’estate è sempre più vicina, però se mi fermo un attimo e mi giro indietro rivedo tante cose: personalmente l’anno scolastico 2011/2012 è stato diverso da tutti gli altri, perché sono entrato nel mondo dei “grandi”, dei liceali! Ho visto gli “atleti” del Telesi@ trionfare ad Olimpiadi che non hanno nulla da invidiare a quelle che si terranno in quel di Londra questa estate. Ho visto trionfare il nostro istituto a pallavolo; ho visto la squadra di matematica esaltarsi, disperarsi, pregare, sperare e infine volare a Cesenatico; ciò che per i giovani matematici rappresenta più o meno la finale di Coppa Italia per i calciatori. Il risultato che hanno conseguito è irrilevante (e a me al momento ignoto) perché resta comunque una grandissima vittoria per il nostro liceo. Ho visto classi decollare, mangiando dolci catalani o vedendo le meraviglie di Berlino, Madrid e Barcellona o guardando il dolore racchiuso nelle pietre di Auschwitz. Ho visto note sul registro, alunni in ritardo, alunni in anticipo, corridoi vuoti e corridoi pieni, ho visto ragazzi uscire a ricreazione soltanto per vedere la loro dolce metà, li ho visti andare a Mak TT, li ho visti andare a Torino, Padova, in Inghilterra, a Riccione e in tante nuove colonie del Telesi@. Ho preso parte a Pon, mi sono scoperto matematico, scienziato e perché no,

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anche giornalista! Ho visto ragazzi protestare e scioperare, ne ho visti altri andare a scuola e poi li ho visti tutti insieme nel cortile. Ho visto ragazzi esultare per un voto di un compito come Tardelli nei mondiali del 1982 e altri che dicevano la frase più ripetuta da tutto il liceo “oggi manca la prof ”. Ho visto come una partita di calcio poteva cambiare l’umore di alcuni alunni il lunedì mattina e li ho visti vendicarsi battendo a calcetto altre classi. Ho visto trapezi, formule, rombi, quadrati e cerchi bianchi, viola, verdi e blu e ho visto mani alzate e teste abbassate sui banchi. Ho visto film, video e laboratori. Ho conosciuto la nostra preside, ho visto una penna che scorreva sul registro incutere più terrore del peggior dei film horror, ho visto ragazzi guadagnare tempo durante le interrogazioni aspettando il suono di quella campanella che non arrivava mai e altre volte arrivava troppo presto; ho votato i rappresentanti d’Istituto e della Consulta, ho incontrato nuovi amici, alcuni di loro li ho anche votati come rappresentanti di classe e li ho visti condurre assemblee e partecipare a quelle d’Istituto. Ho visto professori arrabbiati e altre volte li ho visti scherzare con gli alunni, perché la scuola non deve essere una lotta tra docente e discente, bensì un viaggio in una macchina da rally: l’alunno deve guidare, l’insegnante deve guidarlo! Insomma, alla fine ho “semplicemente” visto il Telesi@! Adesso se guardo avanti l’estate è sempre più vicina, però se mi fermo un attimo e mi giro indietro rivedo circa 250 giorni, 700 parole, 8 mesi e 345 pagine di diario!

3 - Giugno 2012


Primo trofeo dell’era De Laurentiis.

IL GRIDO DI UNA CITTA’: CONQUISTATA LA QUARTA COPPA ITALIA Il Napoli ritorna a vincere dopo Maradona. di Francesco Artizzu

20 maggio. Il Napoli vince la sua quarta Coppa Italia, che mancava alla squadra da ben ventidue anni. La vittoria è giunta dopo una difficile partita contro la Juventus, terminata con il risultato di 2 a 0. I goal sono stati firmati da Cavani su calcio di rigore, e da Hamsik. Sono stati grandissimi i festeggiamenti. La partita è iniziata con il ricordo delle vittime del terremoto dell’Emilia Romagna, e di Melissa Satta, morta nell’attento alla scuola di Brindisi. Successivamente è stato cantato l’inno nazionale, sotto una marea di fischi provenienti da entrambe le tifoserie. Durante tutto il primo tempo le due squadre hanno espresso un buon gioco, segnato da diverse occasioni da goal soprattutto per la Juventus. Nel secondo tempo le due squadre hanno dato il meglio. A seguito di un’azione offensiva, Lavezzi viene buttato a terra dal portiere della Juventus Marco Storari. Per l’arbitro Brighi di Cesena non ci sono dubbi: calcio di rigore più cartellino giallo allo stesso Storari per gioco pericoloso. Sul dischetto si precipita Edinson Cavani che, con un tiro potente, batte Storari. Poco dopo Alex Del Piero viene sostituito. Per l’attaccante si conclude una storia iniziata nel lontano 1993, costernata da sei scudetti, una Champions League, una Coppa intercontinentale, una Coppa Italia e tre Supercoppe Italiane. Verso lo scadere Pandev lancia ad Hamsik un assist

perfetto, che il giocatore slovacco trasforma facilmente in goal. Fischiato il novantesimo, esplode la festa. Lo stadio Olimpico di Roma diventa un tripudio bianco azzurro. Lavezzi, (alla sua ultima partita con il Napoli?), scoppia in lacrime, e tutta la squadra inizia ad esultare. Successivamente inizia la premiazione ufficiale, ed un altro Cannavaro, questa volta Paolo, solleva un’importantissima coppa al cielo. Sono attimi di gioia per tutti i tifosi napoletani, che da ventidue anni attendevano questo momento. L’allenatore del Napoli Walter Mazzari ha così dichiarato a caldo: “Sono felicissimo, sembrava impensabile battere la Juventus in questa stagione. Da tre anni il nostro inno lo cantano tutti e ora l’abbiamo ricantato noi. Tutta la squadra ha fatto qualcosa di straordinario in questo triennio. Questo è un gruppo eccezionale che va premiato e osannato in blocco. Ho un contratto fino al 2013 e intendo rispettarlo. Godiamoci questo momento poi ci sarà tempo di pensare ad altro”

Ventidue anni fa erano i tempi di Giordano, Maradona ,Gerella, Renica e Bagni , e grazie a loro il Napoli fu la prima squadra del sud a vincere uno Scudetto ,una Coppa Italia ed una Coppa UEFA. Chi sa che questo non sia un buon inizio.

La Juventus è di nuovo sul tetto d’Italia!

RAGGIUNTO IL TRENTESIMO: A TORINO SI CONTINUA A SOGNARE

di Chiara Armellino “Alla Juve vincere non è importante … è l’unica cosa che conta!”- Giampiero Boniperti lo ha affermato con tale sicurezza che tutti ci hanno creduto e la Juventus non si è mai smentita, non ha mai deluso nessuno. E’ una squadra nata per vincere, per far sognare chiunque la segua. Con tanta grinta e determinazione, di vittorie ne ha raggiunte davvero tante, posizionandosi tra i club calcistici più titolati al mondo. Anche i record battuti non sono stati pochi e uno molto importante è all’orizzonte, in quanto la squadra è imbattuta dal maggio del 2011 in tutte le competizioni disputate: l’unica in Europa. L’abbiamo vista crescere, l’abbiamo vista scoprire dei nuovi talenti, l’abbiamo vista cadere e ci siamo impegnati per farla rialzare, i migliori campioni della storia del calcio mondiale sono passati per la Juventus e ne hanno tutti un bellissimo ricordo. Eh già! Perché a Torino si sta proprio bene. L’8 settembre del 2011 è stato inaugurato il primo stadio italiano di proprietà di un club: Juventus Stadium. “Welcome Home” era lo slogan della cerimonia di apertura, e così è stato! Una vera e propria “casa” per tutti i tifosi e i calciatori, un luogo di ritrovo, di appuntamento, con le vittorie ovviamente. Ed è proprio la sera dell’8 che Del Piero urlò: “tante emozioni vi regaleremo in questo

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nuovo stadio e tante vittorie arriveranno”. Il 6 maggio 2012, infatti, a Trieste, nello stadio Nereo Rocco, Conte schiera il 3-5-2 come schema d’attacco contro il Cagliari. Momenti di grande tensione, siamo quasi alla fine, penultima giornata di Campionato. Contemporaneamente a questa partita, si gioca il derby della Madonnina a San Siro. Alla Juve basta fare l’ultimo sforzo per proclamarsi Campione d’Italia con una giornata d’anticipo. Mirko Vucinic, con una splendida rete al 5’, e la furia di Milito che stava annientando i Milanisti, ci stavano facendo sognare sempre più quel triangolino tricolore. 48’ minuto, l’arbitro fischia la fine: la Juventus batte il Cagliari 2-0, il Milan esce a testa bassa da San Siro battuta 4-2 dall’Inter. La Vecchia Signora è matematicamente Campione d’Italia, lasciando ai rossoneri l’amaro in bocca e concedendogli un secondo posto che sa di rivincita. Partono i festeggiamenti, in campo e a Torino, i tifosi si riversano nelle strade per festeggiare. Champagne e lacrime scorrono a fiumi in questa notte bianconera. I capisaldi della Juventus (Buffon, Del Piero, Marchisio, Chiellini) regalano ai giornalisti parole confuse ed emozionate. Sono di nuovo Campioni dopo 6 anni di attesa. E’ arrivato, il trentesimo, ovviamente?! 3 - Giugno 2012

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TRA LA MORTE E IL CIELO APERTO CAPITOLO 2 di Ciro Alessio Formisano

Giada Stallone ©

Le urla e gli strepitii della stanza accanto divennero tanto insopportabili da rendere necessaria un’azione risolutiva. Lo specchio dal quale era intento a supervisionare il perimetro del bagno non faceva altro che concedere geometrie distorte, troppo improbabili per risultare corrette e appartenenti al territorio della realtà. Malcom decise allora di darsi una sciacquata alla faccia, speranzoso di ottenere mediante questo quotidiano rito l’assoluto controllo di ciò che sicuramente lo avrebbe atteso dall’altra parte. Si asciugò in fretta e furia, mentre il lavandino continuava a gocciolare, descrivendo ritmicamente nel lavabo un suono simile a quello prodotto dal tamburellio delle dita su un tavolo di legno. Riacquistata la padronanza di sé, ritornò nell’ambiente dal quale era fuggito, imbattendosi in una situazione alquanto degenerata; tra il disordine generale che regnava ovunque puntasse i suoi occhi trovò, nel pieno sfoggio della sua statuaria altezza, la prima delle due giovani fanciulle in piedi sul letto, sbraitante, con i capelli che le cascavano spettinati tra i seni. La scena sarebbe apparsa pressoché ridicola e priva di interesse qualora l’altra giovane fanciulla - quella che fino a quel momento non aveva dato ai presenti motivi di dubitare sulla sua salute mentale - non stesse tentando di sedare la pazzia dell’amica trattenendole una gamba con fare seducente e malizioso. Malcom abbandonò momentaneamente la sua intenzione di risolvere la vicenda una volta per tutte, si ritagliò un momento di svago. Preferì rinviare i futuri eventi a tempo debito: il presente non aveva ancora terminato il suo corso. << Il suffit maintenant! Je n’en peux plus! Vous le comprenez? Qu’est-ce que vous voulez? Ma mère avait raison, ma mère avait raison!>> Hurley, dal canto suo, tentò come potette di essere padrone della situazione: come un torero accortosi della superiorità fisica dell’animale che ha di fronte, si limitò a sventolare il cuscino avanti e indietro, a destra e sinistra, nella speranza che quei movimenti potessero, chissà per quale logica, ammaestrare l’indomabile fille scatenata. Le sue tempie erano divenute in un batter d’occhio madide di sudore per lo sforzo col quale si prodigava da una parte a difendersi e dall’altra ad attaccare. Gli risultava ancora difficile concepire in che modo le donne fossero in grado di sprigionare un simile impeto; gli parve addirittura impossibile reagire o perlomeno sottrarsi alla tensione necessaria a parare i colpi dell’avversaria. Lo sventolare cuscini si rivelò una strategia precaria: i

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risultati che ottenne non furono altro che calci e pugni. A quel punto Malcom batté le mani, convinto che i fatti non avessero ormai più ragioni di rimanere stazionari. In appena quattro repentini passi, avanzò dalla soglia del bagno a quella del letto, afferrò con le braccia la ragazza e la depose sul pavimento, sottraendola alle avvolgenti mani dell’altra. Lei si alzò, e per tutta risposta gli diede uno schiaffo talmente potente, di quelli a cinque dita, che avrebbe vinto qualsiasi competizione della categoria - ammesso che ne esistano di gare di schiaffi, ma chi può dirlo. Eppure Malcom si sarebbe aspettato una conclusione molto più serena per quella vicenda. Tutto era iniziato la sera precedente, quando, girovagando per le vie parigine, Hurley ebbe l’inaspettata idea di consumare in discoteca ciò che restava del loro tempo. Dico inaspettata perché chiunque fosse rimasto nella stessa stanza con Hurley per poco più di minuto, lo avrebbe di certo classificato come un bravo ragazzo, di quelli casa e chiesa, o comunque non un tipo da discoteca. D’altronde entrambe le ipotesi si sarebbero rivelate corrette: Hurley era un assiduo frequentatore dell’azione cattolica, la sua presenza era costante in tutte le iniziative della sua parrocchia; e inoltre, a memoria d’uomo, non aveva mai mostrato una certa simpatia nei confronti dei luoghi di intrattenimento giovanile: li considerava dei ritrovi nei quali le persone frustrate e insoddisfatte consumavano la propria esistenza. <<Vogliamo andare in discoteca?>> aveva chiesto, con tono naturale, guardando dritto negli occhi Malcom e sorseggiando un caffè che sembrava interminabile mentre il vicolo iniziava a grondare di turisti. <<Ch ... che? Cos’è successo?>> rispose sbalordito Malcom, destando lo sguardo dal suo interlocutore per rivolgerlo altrove, forse alle scarpe dei passanti. Una bimba si fermò di fronte alla vetrina di un negozio d’antiquariato costringendo la madre che le teneva la mano a retrocedere di un passo. Puntò il dito in un punto, indicando un vecchio grammofono degli anni ‘30, contrassegnato da una targhetta arancione che ne segnava il prezzo: 12.000€. <<Un, deux, zéro, zèro, zéro... Qu’est-ce que c’est, maman?>> <<C’est un phonographe, il sert pour écouter de la musique>> La bimba rivolse nuovamente lo sguardo alla vetrina, studiando

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con occhi pieni di stupore la struttura dell’oggetto che aveva suscitato la sua curiosità. Le sembrava un grosso comodino, di quelli che aveva in casa nella stanza di mamma e papà. Strinse per un attimo la mano della madre, come per sollecitarla di un qualcosa, e riprese a camminare. <<E non mi parlare di oroscopo, questa è una sorpresa che non poteva essere prevista da nessuna configurazione cosmologica...>> <<No, dico,>> ribatté Hurley, in posizione di difesa <<ci rimane poco tempo prima di partire, meno di ventiquattr’ore, e sinceramente non ne posso più di visite ai musei, giri per i quartieri, negozi di souvenir e bevute di caffè nei Café. Mi sembra di stare a casa. Lì almeno ho il computer...>> Malcom non dava mai retta al suo cervello, di lui non si fidava. Ma delle sue orecchie sì, eccome. Ciò che Hurley aveva pronunciato era una precisa richiesta, quella di trascorrere la serata in discoteca. Un’occasione da cogliere al volo. S’era rotto anche lui di stare a Parigi con il dito in bocca. Un gruppo di turisti spagnoli si soffermò ad assistere all’esibizione di un giocoliere dalla pelle olivastra, le cui fiaccole volteggianti stavano lì per lì per spegnersi. Il giorno si apprestava a dare il cambio alla notte. Gli ultimi bagliori del tramonto filtravano compatti ovunque, risaltando il rossore sulle gote dei bambini che, rapiti dal continuo volteggio nel quale era impegnato l’artista di strada, si facevano gocciolare incautamente la crema di ormai sciolti gelati sulle scarpe. Il buio iniziò a coprire le strade di un manto bluastro, costringendo i turisti a munire le proprie macchine fotografiche di flash; le pareti e le vetrine dei negozi furono tempestati da un susseguirsi di lampi in attesa che l’amministrazione pubblica decidesse il momento di accendere i lampioni, ambasciatori del crepuscolo e registi alla fotografia di infinite cartoline. <<Bene, Hurley, bene. E’ così che si ragiona, è così che si vive! Cavolo, dico, ci troviamo a Parigi, dopo tutto una misera discoteca la dovremmo pur trovare! Ce ne saranno a centinaia...>> Ormai non connetteva più, il suo sguardo si perse a contemplare i possibili frutti di quella serata. Hurley se ne accorse, conosceva fin troppo bene quel mattacchione, e diminuì la posta in gioco. <<A noi una ce ne basta. Modesta, tranquilla, dove si possa stare in santa pace>>. <<Santa...oh, dimenticavo il tuo background culturale tutto crocifissi, vangeli e canti gregoriani>> <<Gospel, canto il gospel>> lo corresse, non risentito dalle affermazioni dell’amico. <<Sì, James Brown, non dimentichiamo il gospel>>rispose Malcom con tono sarcastico, di chi la sa troppo lunga per dilungarsi su certe cazzate << Non ascoltare ciò che ti dicono, la discoteca è il luogo più sicuro al mondo. Pensaci, se centinaia e centinaia di persone sono disposte a trascorrere ore e ore nello stesso luogo, pieno di odore di alcolici, sudore e quant’altro, ballando in continuazione senza nesso o ragione, ci sarà un motivo, no? Cioè, voglio dire ...>> Si interruppe, accortosi di non poter argomentare quanto e come avrebbe voluto l’affermazione “la discoteca è il luogo più sicuro del mondo”. Decise di puntare dunque sull’ovvio: << E poi le ragazze, Hurley, le ragazze! I loro movimenti così seducenti, così particolarmente studiati davanti allo specchio del proprio bagno. Già me le immagino, nella loro casa, davanti il lavandino, a sfoggiare il loro campionario di sorrisi ammiccanti e bacetti ...>> Si bloccò di colpo,

stava per avere un’erezione. Ad Hurley le parole di Malcom sembrarono alquanto ridicole. Fu sul punto di pentirsi di aver azzardato la proposta di andare in discoteca. Chi avrebbe potuto in seguito non biasimarlo. <<Va bene, va bene, non c’era bisogno che mi ragguardassi sulla tua affezione alle discoteche. La conosco già, ora pensiamo a trovarne una dove passare una bella serata. Chiedo solo questo, in fondo>> A questo punto Malcom chiuse gli occhi, intento ad assaporare un pensiero, forse un ricordo. Altre volte Hurley aveva visto il suo amico perso in un simile stato e sapeva, in cuor suo, che non preannunciava nulla di buono. Fortunatamente furono interrotti dalla venuta di un cameriere; alto e con un paio di lunghi baffi all’insù, elegante nel modo con cui fece slalom tra i tavolini e le sedie per raggiungerli e chiederli: <<Est-ce que vous désirez d’autre, messieurs?>> <<Eh? No ... no, merci >> << Je vous conseille d’essayer notre nouvelle spécialité, café au romarin>> propose integerrimo l’impeccabile serviente. <<Ok, oui >> Malcom rimase in trans per una decina di secondi intento a massaggiarsi una guancia sulla quale era stampato il palmo di un’esile mano. La ragazza la cui insania sembrava dovesse essere abbattuta per mezzo delle forze armate raccolse da terra i suoi vestiti, incitando con un indecifrabile gesto la compagna distesa sul letto a fare altrettanto. Nel giro di un paio di minuti si vestirono, si avviarono all’uscita e sbattettero la porta. Chiusura del sipario. <<Si sono solo dimenticate queste>> prese a dire Hurley, pescando dalle lenzuola un bel paio di mutande nere targate D&G. Malcom le strappò dalle sue mani. Le odorò: <<Samantha!>> <<Cosa?>> <<Samantha...la ragazza, quella lì,>> disse non resistendo all’istinto di toccarsi compulsivamente la guancia lesa <<si chiamava Samantha>> <<E l’altra?>> Ci pensò su: <<Chi cavolo se lo ricorda...!>>

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Arrivederci, Telesi@!

La fine è il mio inizio di Alessia Carrino

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L’esperienza liceale come punto zero della costruzione della propria personalità È difficile scegliere cosa scrivere in quello che molto probabilmente sarà il mio ultimo articolo per Controluce. Potrei dire tanto, annoiarvi con sentimentalismi e smancerie che non interessano a nessuno, oppure potrei limitarmi a dire quell’essenziale che magari può restare impresso a qualcuno che, come me, ha riposto tante speranze in questi anni. Credetemi, è strano sapere che tra un paio di settimane non avrò più il pensiero di ricominciare un nuovo anno scolastico a Settembre, nuovi litigi per i posti in classe, un nuovo anno da passare con i miei compagni, un nuovo anno di interrogazioni e compiti in classe, un nuovo anno di insegnamenti morali (e non solo didattici!) da parte dei prof. Quando sono arrivata al liceo questo momento sembrava così lontano e così breve il tempo per costruire qualcosa di concreto. E, in effetti, cinque anni sono pochi per acquisire delle certezze alla nostra età, troppi i cambiamenti a cui andiamo incontro, troppe le novità che ci sconvolgono. Tuttavia, durante questo percorso abbiamo l’opportunità di imparare tanto, di conoscere il passato, di capire come gira il mondo e di sperare in un futuro migliore di quello che la realtà attuale ci prospetta. Il liceo è la nostra culla di incubazione, dove siamo ancora protetti, ma iniziamo a costruire davvero ciò che vogliamo essere, a fare delle scelte che ci porteranno chissà dove, a capire l’importanza dell’errore e quella della soddisfazione personale. Sono anni a cui è difficile dare una definizione generale, perché ogni giorno è un’esperienza a sé, diversa per tutti. Per me l’importante è sempre stato vivere la scuola come momento di formazione totale, stare in classe e partecipare alla vita scolastica con le persone che il caso ha voluto mettermi vicino, ascoltare e imparare come migliorarmi. Se si pensa solo allo studio la scuola diventa una gabbia, cinque ore di noia, ansia, torture di vario genere in cui un’interrogazione può mandarti al patibolo. Beh la scuola non è solo questo. Lo studio conta, certo, e forse lo si capisce troppo tardi, conta soprattutto per se stessi. Quella solita frase fatta che ci viene detta dai prof - “studiate per voi, non per gli altri”- ha un senso, non solo come sprone a studiare per avere bei voti o per acquisire delle conoscenze, ma per trovare delle soddisfazioni che ci rendano più forti, più responsabili, più consapevoli delle nostre capacità. E mi sento fortunata perché in questo percorso ho incontrato professori che, magari senza neppure saperlo, mi hanno insegnato tanto, sono stati come dei secondi genitori, hanno conquistato la mia attenzione e la mia stima con la loro disponibilità, la loro umanità, la passione che mettono nel loro lavoro e la fiducia che hanno riposto nelle capacità degli alunni che si sono trovati di fronte. A loro devo non solo le conoscenze che ho oggi (che con un po’ di volontà in più avrebbero potuto essere anche maggiori), ma soprattutto la determinazione, la buona fede, la passione, l’umanità, i valori in cui mi hanno aiutato a credere anche quando

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la realtà non sembrava consentirlo. A questo si affianca tutto un altro aspetto della scuola, ovvero le amicizie che vengono a crearsi nel corso degli anni, anni in cui si capisce davvero quanto sia difficile mantenere una coesione, dei rapporti veri e duraturi e quanto questi, allo stesso tempo, siano importanti non tanto all’interno della scuola, quanto all’esterno. Sono i compagni a riempire le nostre mattine, a condividerne con noi gli aspetti positivi e negativi. E sicuramente cinque anni non bastano per conoscere a fondo le persone che ci troviamo vicino, forse non basteranno tutti gli anni a venire per dimenticare ognuno di loro, forse non riusciremo mai a superare il distacco, semplicemente porteremo con noi dei ricordi. La fine del liceo non dovrebbe significare la fine dei rapporti, anzi la scuola dovrebbe essere il punto di partenza per il loro accrescersi. Non posso non essere un minimo sentimentale su questo argomento perché è inevitabile pensare ai miei compagni ed è soprattutto a loro che mi rivolgo, è per loro che sto scrivendo, anche se questo mi costerà commenti poco graditi, anche se mi prenderanno per la solita esagerata. E proprio per non esserlo, mi limito a dire GRAZIE, nonostante tutto, per quello che abbiamo vissuto in questi cinque anni, bello o brutto che sia stato. Vi devo tanto e non mi importa se non vi interessa che sia tutto finito, io vi porto con me, che lo vogliate o no. Mi mancherete. Ci sarebbero tante cose da dire, ma voi che avete ancora qualche anno da passare al Telesi@ avrete modo di sperimentarle da soli. Per me questa esperienza finisce qui, ma in realtà è solo un nuovo inizio che mi si prospetta davanti, un nuovo inizio dove mi porto tutto ciò che ho imparato e tutte le persone che ho incontrato. Vi posso solo consigliare di godervi al massimo questi anni, di appassionarvi anche a ciò che vi viene imposto, cercando un po’ di voi stessi in un brano di letteratura, di filosofia o in un concetto matematico per renderli meno pesanti di quello che sembrano. Il segreto è appassionarsi, al mondo che vi circonda e a voi stessi. In bocca al lupo a tutti!

“Perché non esistono scorciatoie a nulla: non certo alla salute, non alla felicità o alla saggezza. Niente di tutto questo può essere istantaneo. Ognuno deve cercare a modo suo, ognuno deve fare il proprio cammino, perché uno stesso posto può significare cose diverse a seconda di chi lo visita.”

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Tiziano Terzani


Ma ga

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Direttore Matteo Di Donato Capo Redattore Maria Federica Viscardi Vice direttore Mario Liverini Grafico Luca Giamattei Direttore Blog Ciro Alessio Formisano Direttori delle rubriche Scuola: Anna Nero Politica: Gaia Lavorgna Attualità: Francesco Artizzu Cinema: Ciro Alessio Formisano Costume & Società: Fabiola Masotta Scienze & Benessere: Federica Zito Giovani: Chiara Armellino Cultura: MariaRosaria Lavorgna Sport e Motori: Raffaele Armellino Spettacolo: Caterina D’Onofrio Poesia : Amedeo Votto “Si ringrazia per la collaborazione la Preside D. Di Sorbo ed il prof Collina.

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