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Nessuna cosa è piÚ veloce che gli anni, e chi semina virtÚ fama raccoglie. Leonardo
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LEONARDO DA VINCI- BIOGRAFIA
Le informazioni sulla vita di Leonardo derivano in massima parte da quello che è considerato il primo libro di storia dell’arte: Le vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori di Giorgio Vasari, architetto e storico, che nella sua opera si occupò di personaggi vissuti dalla fine del Medioevo alla metà del Rinascimento, tra i quali troviamo anche Leonardo da Vinci. Leonardo da Vinci nacque ad Anchiano di Vinci il 15 Aprile 1452, figlio illegittimo del notaio Ser Piero e Caterina, contadina dalle Pag. 3
presunte origini orientali. Nell’anno in cui nacque Leonardo, suo padre Piero si sposò con una ragazza di sedici anni, appartenente alla borghesia, di nome Albiera. Per i primi mesi crebbe con sua madre; invece i primi cinque-sei anni li trascorse con i nonni paterni. Nel 1469 si trasferì con il padre a Firenze. Purtroppo, a causa della sua illegittimità, non potrà mai diventare un notaio, un medico o frequentare alcuna università, in quanto era negato l’accesso ai figli naturali, come anche ai criminali. La vita di Leonardo fu tormentata non solo dall’allontanamento di sua madre, ma anche dal continuo susseguirsi di matrigne, la prima Albiera, la seconda Francesca, la terza Margherita e la quarta Lucrezia,viste da Leonardo più come compagne di giochi, data la giovane età, che non come figure materne. All’età di 14 anni Ser Piero lo indirizzò alla bottega del Verrocchio. Crebbe quindi artisticamente in un ambiente dove si insegnava a concepire la figura umana non immobile ma inserita in uno spazio. Leonardo arrivò a Firenze nel 1469, anno in cui iniziò la sua formazione presso il Verrocchio, col quale collaborerà per diversi anni come si evince dalle molte opere uscite dalla bottega in quel periodo, di seguito riportate. Rinascimento
Movimento artistico, letterario e filosofico nato in Italia nel XIV secolo in particolare a Firenze, considerata la culla del Rinascimento, grazie a Lorenzo de Medici, il Magnifico, che oltre ad essere stato un grande politico fu un grande "mecenate", infatti, amava circondarsi di artisti, pittori e letterati. Il Rinascimento affonda le sue radici nell’Umanesimo, approfondendo alcune tematiche chiave, in particolare, la riscoperta e la valorizzazione dei classici latini e greci e l’affermazione dell’uomo come artefice del proprio destino homo faber ipsius fortunae. Rinascono quindi: le arti, la letteratura e la filosofia, dopo gli anni bui del Medioevo. Il Rinascimento raggiunse l’apice tra il 1490 il 1530 , grazie soprattutto al genio di Leonardo da Vinci che seppe esprimere meglio di tutti l’ideale dell’uomo universale, ossia, dell’uomo che contempla tutti gli ambiti della conoscenza.
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Madonna col Bambino e due Angeli, il Battesimo di Cristo degli Uffizi. Tobiolo e l’angelo, Andrea del Verrocchio, 1470-1475. Tempera su tavola, 83,6×66 cm. National Gallery, Londra.
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Madonna col Bambino e due Angeli, Andrea del Verrocchio, 1476-1478.Londra, National Gallery.
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Il battesimo di Cristo, Andrea del Verrocchio e Leonardo da Vinci, 1475-1478. Olio e tempera su Tavola, 177Ă—151 cm. Galleria degli Uffizi, Firenze.
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Nel 1471, proprio a Firenze, città amata e odiata allo stesso tempo, Leonardo eseguì la sua prima opera: L’arcangelo Gabriele anche se per molto tempo si credeva che la prima fosse Paesaggio con la valle dell’Arno. Leonardo è famoso anche per le opere incompiute,a Firenze ne iniziò diverse, tra cui l’Adorazione dei Magi e il San Girolamo. Ad appena vent’anni anni era già maestro iscritto alla Compagnia di San Luca, una delle maggiori corporazioni di Firenze, dove Leonardo trascorse dodici anni di sistematica formazione e intensa sperimentazione, ed entrò presto sotto la protezione del quasi suo coetaneo Lorenzo de Medici che, nel 1478, gli affidò il compito di dipingere una tela da collocare sull’altare della cappella di San Bernardo, nel Palazzo della Signoria. Leonardo non fu solo un pittore, egli imparò l’arte della scultura e si interessò anche allo studio medico-scientifico, infatti fu uno dei primi a studiare la posizione del feto nel corpo della mamma, come si evince da numerosi disegni.
Disegno dai Quaderni di anatomia, The Royal Collection, Windsor
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Il 1482 fu un anno di cambiamento per Leonardo: egli, infatti, lasciò Firenze per raggiungere Milano, città molto diversa dalla raffinata culla del Rinascimento nella quale aveva passato la giovinezza. Le ragioni erano molteplici, forse non si sentiva più considerato come pittore, o perché vi erano di mezzo questioni di cuore, il caso resta un mistero. Un aneddoto racconta che Leonardo dipinse la Rotella per un contadino, una figura mostruosa su una “rotella” che gli era stata data dall’agricoltore. Lo zio decise di vendere quest’opera a dei mercanti, che a loro volta la vendettero a Francesco Sforza, il quale rimase impressionato e volle conoscere di persona l’autore dell’opera. Tra la primavera e l’estate del 1482 quindi, quando aveva ormai compiuto trent’anni, Leonardo da Vinci partì per Milano. All’epoca la città era governata da Ludovico Maria detto il Moro. L’uomo aveva la stessa età di Leonardo. Era una persona colta, amante delle arti e delle scienze e per questi motivi, la sua corte era circondata da artisti e ingegneri, ai quali con il tempo si aggiunse anche Leonardo. Giunto a Milano, il genio da Vinci aveva intenzione di diventare architetto, o ingegnere di corte, ma agli occhi di Ludovico il Moro egli era un semplice giovane giunto da Firenze con un regalo da parte di Lorenzo il Magnifico. Non fece in tempo ad arrivare nella città lombarda che si ritrovò al Castello Sforzesco, nel bel mezzo di una gara musicale dove superò tutti i concorrenti. In una lettera indirizzata a Ludovico il Moro, è evidente che Leonardo volesse accreditarsi come progettista di macchine, architetto o ingegnere. Egli si propose di realizzare il Cavallo previsto per la statua in memoria di Francesco Sforza e citò, sebbene in senso stretto, anche le arti e la cultura.
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L’inizio di questa nuova vita non fu affatto facile, la strada per giungere a Ludovico era lunga e tortuosa. Di conseguenza, decise di intraprendere nuove relazioni, in particolare con la famiglia de’Predis, con la quale aprì una bottega in società. L’anno successivo, il gruppo ricevette una commissione importante da Bartolomeo Scorione, priore della Confraternita dell’Immacolata Concezione, che chiese di realizzare una pala da collocare sull’altare della cappella della Confraternita nella chiesa di San Francesco il Grande. La Vergine delle Rocce diventerà uno dei più grandi capolavori nella storia della pittura. Essa conquistò Milano e il giovane pittore da Vinci riuscì a farsi conoscere. Tra il 1488 e il 1490 ripropose la sua famosa tecnica dello “sfumato” nel dipinto Dama con l’ermellino. In questo periodo Leonardo iniziò a raccogliere i suoi appunti su taccuini che devono essere considerati come i primi della scienza. Si tratta di note, schizzi, disegni, progetti che magari non avranno mai una realizzazione concreta ma che sono il segno chiaro di una ricerca. Leonardo in quel periodo sembrava soffrisse un po’ d’ansia, poiché le cose da conoscere erano tante ma la vita era breve. Pertanto occorreva dare un’accelerata all’umana comprensione della natura che necessitava degli studi dei testi classici, così, a partire dal 1487, all’età di trentacinque anni, iniziò a studiare il latino da autodidatta. Durante gli anni dell’epidemia, il giovane da Vinci iniziò a elaborare ipotesi razionali sulla diffusione della malattia e gli diventò chiaro che la peste si diffondeva più velocemente ed intensamente nelle città piuttosto che nelle campagne, a causa dell’affollamento e della scarsa pulizia. Egli iniziò a progettare macchine con turbine idrauliche, la sua città ideale, divisa in fattori, ciascuno omogeneo ad una classe sociale. Questi furono anche anni di attività letteraria, come testimoniano i minuziosi appunti sui viaggi mai realizzati in luoghi esotici. Pag. 10
Negli anni successivi alla peste, nella seconda parte degli anni ’80, Leonardo ebbe l’opportunità di manifestarsi a tutti, e tutte le ambizioni espresse nella “lettera d’impegno” divennero realtà. Egli fu considerato come un genio universale dalla famiglia degli Sforza e in quanto tale, iniziò anche a lavorare al Duomo di Milano. Il 13 gennaio 1490 fu organizzata la cosiddetta “Festa del Paradiso” per celebrare le nozze tra Gian Galeazzo Maria e Isabella e, con quella festa, la fama di Leonardo si diffuse in ogni parte d’Europa. Sempre in quell’anno, iniziò a scrivere Della pittura, un testo che verrà pubblicato solo dopo la sua morte. In questo libro, egli volle sostenere non solo il primato delle sue arti ma riunì ancora una volta arte e scienza. Inoltre, l’artista era ormai in possesso di una biblioteca con opere di ogni genere. Tra le macchine di cui si interessò Leonardo vi è il corpo umano. Nel 1487, con l’Uomo di Vitruvio egli rappresentò esattamente una macchina splendidamente proporzionata, generata sui principi esatti di simmetria. “L’uomo è modello del mondo” scrisse, ciò portò alla ricerca di teorie unificanti sulla natura. Il 16 luglio del 1493, come annota l’artista, una donna di nome Caterina entrò in bottega e ci restò per i successivi due anni, fino alla morte. Non si sa con precisione se si trattasse della sua genitrice, ma egli annotò con precisione le spese sostenute per aiutarla. In quegli anni, l’ormai famoso maestro decise di prendere anche un ragazzino di dieci anni, che venne ribattezzato con il nome di “Salaì” e al quale Leonardo era molto legato. Nei suoi appunti, infatti, afferma di concedere molto di più a loro di quanto non si facesse di solito con un apprendista o con una cameriera. Il capolavoro di quegli anni riguarda la pittura, si tratta dell’Ultima Cena, realizzata a Milano tra il 1494 e il 1497 nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, luogo di celebrazione della famiglia Sforza. Leonardo realizzò un affresco e, nonostante egli non amasse questa tecnica poiché imponeva di lavorare in gran fretta e Pag. 11
di non effettuare ripensamenti, decise di accettare l’incarico. Il capolavoro fu consegnato il 4 febbraio 1498, infatti, Luca Pacioli, religioso, matematico ed economista ,scrisse “l’Ultima Cena è compiuta”. Intorno al 1493 Leonardo riprese il suo progetto del Cavallo e, in quello stesso anno, egli fu in grado di presentare a Ludovico un modello in creta a grandezza naturale. Eppure il progetto non venne portato a termine giacché il bronzo necessario a costruire il cavallo fu usato per costruire cannoni per una guerra imminente. Leonardo fece ritorno a Firenze nel 1500 e per prima cosa andò a far visita al suo anziano padre, ser Piero che morì mercoledì 9 luglio, alle ore sette. Negli anni successivi accettò nuovi incarichi che raramente portò a termine, poiché era sempre più distratto dalla scienza. Anche per Leonardo i guai non arrivarono da soli. A Milano, la Confraternita della Immacolata Concezione riuscì a portarlo in tribunale per via di quella Vergine delle Rocce che non era mai piaciuta ai confratelli. Così l’artista si trovò costretto a tornare nella città di Sforza mentre Firenze premeva perché portasse a termine il progetto a Palazzo della Signoria che prese il nome di Battaglia di Anghiari, che non verrà mai completato. Così si rassegnò per un certo periodo a viaggiare tra Firenze e Milano. Quando si stabilì a Milano, strinse amicizia con Francesco Melzi, e in questo periodo stranamente non disdegnò neppure la pittura. Anzi dipinse una delle sue opere più belle e famose: la Gioconda. Da Milano, Leonardo Da Vinci si trasferì a Mantova ma il soggiorno nella città non durò molto. Presto fu a Venezia, dove il sultano turco Bayez II si era ripreso zone vicine ad essa e distava soli 80 km in linea d'aria dalla città. I veneziani avevano bisogno di Leonardo per progettare armi per sconfiggerli, cosa che l’artista fece anche se contrario alla guerra in generale. Pag. 12
Nel 1494 i francesi, chiamati da Ludovico il Moro, nel loro percorso verso Napoli, entrarono in città e cacciarono i Medici. Girolamo Savonarola, un monaco, prese il potere e iniziò a contrastare in tutti i modi lo stile di vita dei Medici. Botticelli, per esempio, venne censurato e in quattro anni non ricevette alcuna commessa. Tra i grandi artisti solo Filippino Lippi nella Firenze di Savonarola poté lavorare. Savonarola durò poco poiché scomunicato dal papa Alessandro VI. Dopo tante lotte ritornarono i Medici e la pace. Leonardo rimase , anche se per poco, a Firenze la Signoria di Firenze gli commissionò un dipinto, La battaglia di Anghiari, su una delle pareti della Camera del Consiglio, appena costruita a Palazzo della Signoria insieme a Michelangelo che doveva invece dipingere La battaglia di Cascina. Tra i due vi fu un vero e proprio scontro, nel quale nessuno vincerà poiché tutti e due non finirono la loro opera a causa di altre commissioni urgenti. Luigi XII inizia a incalzare Leonardo con le sue richieste tra le quali il progetto di un giardino, che Charles D'Amboise vuole far costruire al centro della città di Milano. Leonardo diede il via a tutta la sua creatività da architetto, proponendo un piano di lavoro che prevedeva una sorta di giardino delle meraviglie: con, per esempio, strumenti musicali automatici azionati da un mulino ad acqua, laghetti con cascate per raffreddare il vino, getti d'acqua improvvisi per bagnare scherzosamente gli abiti delle persone. Nel 1503-1504 Leonardo realizzò la Gioconda (per la cui descrizione si rimanda ad altra parte del testo). Infine si trasferì in Francia nella dimora del re Francesco I. Iniziò a soffrire di artrite alle mani già nel 1517. Nel 1519 le condizioni di Leonardo si aggravarono. Egli sentì le forze mancargli e la vita spegnersi e sembrò essere caduto in depressione. Dunque decise di fare testamento lasciando la metà dei suoi beni a Francesco Melzi (i soldi, i suoi taccuini e i dipinti) e ai suoi fratelli le case. Pag. 13
Il 2 maggio Leonardo si sentì male. Il re Francesco I accorse al suo capezzale. E così tra le braccia di un re, il sovrano Leonardo esalò l'ultimo respiro.
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LE LETTERE Nel 1482 Leonardo lasciò Firenze e si trasferì a Milano, alla corte di Ludovico Sforza detto il Moro: aveva trent'anni, era un artista affermato, alla ricerca di forti stimoli professionali (come la realizzazione di un colossale monumento equestre in bronzo per il padre di Ludovico, Francesco). Ci restò fino al 1499. Prima di trasferirsi, l'artista aveva inviato al duca una lettera (anche se mai arrivata a destinazione) che è stata definita una vera e propria domanda d'assunzione con l’elenco di tutte le sue abilità. La lettera di Leonardo è un modello perfetto di come si dovrebbe scrivere un buon curriculum. Sin dalle prime righe, mette in chiaro che il suo profilo professionale è il migliore su piazza. Nonostante sia sempre stato contrario alla guerra, definendola una "pazzia bestialissima", nei primi nove dei dieci punti ci racconta del suo saper fare letali armi e macchine da guerra, bombarde, catapulte, ponti, utilizzabili nelle sue strategie militari. Il decimo punto presenta invece sinteticamente le sue qualità artistiche, architettoniche, pittoriche e scultoree. C'è quindi chi pensa che nella lettera Leonardo abbia insistito sulle armi solo per far colpo sul duca, che in quegli anni turbolenti poteva considerare utile avere al suo servizio un esperto di macchine da guerra e strategia militare. Si è pensato, inoltre , che la lettera, trovata tra gli scritti del Codice Atlantico, conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, non sia stata scritta in prima persona da Leonardo, ma la sua autenticità è confermata. Vi è poi un gruppo di lettere , datate tra il 1508-1509, relative tutte ad un beneficio d'acque, precisamente dodici oncie del Navilio, promesse dal Cristianissimo Re a Leonardo, mai ricevute.
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Egli scrisse più lettere recapitate a più destinatari, i quali tuttavia non si accinsero mai a rispondere. Nonostante le ripetute richieste, Leonardo utilizza un tono formale, mantenendo calma e rispetto per la persona a cui si rivolge. “i' sono sempre ai vostri comandi” scrive nell'epistole al Magnifico Signore, facendo intendere che le continue lettere di richiesta non volevano portar fretta pur richiedendo risposta. Il motivo per cui non entrò subito in possesso delle dodici once fu una carestia d'acqua nel Navilio, ma gli fu promesso che le avrebbe avute. Nel recapito a Messer Francesco Melzi, allievo prediletto di Leonardo ed erede dei suoi scritti, è invece utilizzato un tono più confidenziale.
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PROFEZIE E DILUVI La quattordicesima mostra del Codice Atlantico è dedicata ad un tema molto suggestivo, ovvero “I diluvi e le profezie”. Nella produzione grafica di Leonardo, il tema del diluvio ricorre nella forma di una vorticosa linea a spirale e in raffigurazioni caratterizzate da un dinamismo perfetto e da una visione allucinata. La catastrofe naturale davanti a cui l’uomo non è che una presenza insignificante, assume anche significati etico-politici: il legame di questi disegni con le satiriche profezie di Leonardo, infatti, rimanda al contesto storico di fine XV secolo, percorso da un pessimismo apocalittico. La natura sconvolta dal cataclismi, la riflessione sulla fine del mondo, i vertici artistici, la vena letteraria di Leonardo e la sua predisposizione all’osservazione scientifica sono esplorati in questa quattordicesima mostra di fogli scelti dal Codice Atlantico, un vero e proprio viaggio tra le turbolenze della natura e dell’animo di Leonardo.
IL CODICE ATLANTICO Il Codice Atlantico è il più grande ( è composto infatti da 1119 fogli) dei frammentari manoscritti autografi di Leonardo e il suo nome deriva dalla dimensione dei suoi fogli, utilizzati in quell’epoca per gli atlanti geografici. I codici sono una serie di tavole degli appunti e degli scritti di Leonardo, che vennero ereditati dal discepolo Melzi, per poi passare ai suoi successori, che li vendettero e regalarono. In seguito vennero trafugati due volte da Napoleone, fortunatamente una parte di questi è ritornata in Italia, mentre gli altri sono rimasti in Francia e in Spagna. Oggi l'ordine dei codici è diverso da quello originale, il principale responsabile è Pompeo Leoni, che riunì gli appunti e i disegni per argomento. Il Codice Atlantico è conservato sin dal 1637 presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano. Pag.
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IL CODICE SUL VOLO Volare è sempre stato e forse è ancora oggi uno dei sogni più grandi dell’umanità. Il sogno di un uomo capace di volare affascinò anche Leonardo, che iniziò ad approfondire il concetto e la meccanica del volo prendendo come punto di riferimento la natura e gli uccelli. Dallo studio delle correnti d’aria e della conformazione delle ali degli uccelli si rese conto ben presto che si trattava di semplice e pura meccanica e che non c’era nulla di magico. Il volo dell’uomo non sembrava dunque un’impresa impossibile. Pensò allora di scrivere un trattato sul volo, di cui oggi conserviamo, nella Biblioteca Reale di Torino,solo il Codice sul volo degli uccelli. Il testo contiene informazioni sugli uccelli, sulla resistenza dell’aria, progetti di macchine volanti e studi di anatomia. Leonardo progettò delle possibili macchine che potessero permettere all’uomo di volare. Tra le più importanti ricordiamo: le ali battenti, il paracadute, la vite aerea e il Grande Nibbio, la macchina volante più evoluta, che si rivelò fallimentare, dato che con quest’ultima lanciò dalla collina di Fiesole il suo collaboratore Tommaso Masini, causandogli un infortunio alla gamba. Il volo sarà uno dei suoi pochi rimpianti. Nonostante Leonardo non sia riuscito a far volare materialmente l’uomo, la sua fama ha compiuto un vero e proprio “volo” attraverso i secoli, per cui egli rimane il più grande uomo che la scienza,la musica,l’arte,la medicina e tante altre discipline abbiano mai conosciuto.
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Codice sul volo degli uccelli, Biblioteca Reale di Torino.
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IL TRATTATO SULLA PITTURA
Il Trattato sulla pittura di Da Vinci è un libro composto da annotazioni di Leonardo e pubblicato nel 1540 da Francesco Melzi. Del manoscritto sappiamo sicuramente che nel 1626 era custodito a Casteldurante nella biblioteca di Francesco Maria II Della Rovere, ultimo duca di Urbino. Passò poi nelle mani del papato, nel 1631 fu trasferito ad Urbino, passando in seguito nella biblioteca alessandrina e successivamente in quella vaticana. Secondo Don Luca Pacioli, il Trattato era già concluso nel 1498. Probabilmente Melzi rielaborò la stesura che poi pubblicò nel 1540. Alla fine del manoscritto sono presenti i 18 codici utilizzati da Da Vinci per la scrittura del testo. Si pensa che Leonardo avesse già concepito i suoi appunti sulla pittura come un trattato, infatti possiamo notare due macrosezioni: una puramente teorica, l’altra ove si affermano i principi filosofici e i suoi ideali della pittura. Anche se Leonardo dà molti consigli al giovane pittore, è palese la sua predilezione per i giochi di ombre, difatti lui posiziona le ombre al secondo posto tra i principi della pittura :«Il primo principio della scienza della pittura è il punto, il secondo è la linea, il terzo è la superficie, il quarto è il corpo [...] il secondo principio della pittura è l’ombra». Per quanto riguarda i colori, Da Vinci pone agli antipodi della scala cromatica il bianco ed il nero, inoltre, scrive che i sei colori fondamentali sono: bianco, giallo, verde, azzurro, rosso e nero. «De' semplici colori il primo è il bianco, benché i filosofi non accettano né il bianco né il nero nel numero de' colori, perché l'uno è causa de' colori, l'altro è privatione. Ma perché il pittore non può far senza questi, noi li metteremo nel numero degli altri, e diremo il Pag. 20
bianco in questo ordine essere il primo nei semplici, il giallo il secondo, il verde il terzo, l'azzurro il quarto, il rosso il quinto, il nero il sesto: ed il bianco metteremo per la luce senza la quale nissun colore veder si può, ed il giallo per la terra, il verde per l'acqua, l'azzurro per l'aria, ed il rosso per il fuoco, ed il nero per le tenebre che stan sopra l'elemento del fuoco, perché non v'è materia o grossezza doue i raggi del sole habiano à penetrare e percuotere, e per conseguenza alluminare.» Secondo Leonardo, la pittura, come arte, è superiore alla poesia e alla scultura. É superiore alla poesia perché, a differenza della pittura, la poesia non è scienza e non dice una verità scientifica, bensì una verità umanistica. La scultura, invece, è inferiore poiché deve tener conto di molti meno fondamentali artistici. Per marcare tali argomentazioni, Leonardo quasi si burla dello scultore contrapponendolo al pittore, infatti ci parla di un pittore che può lavorare senza sporcarsi :«con grande agio siede dinanzi alla sua opera ben vestito e muove il lievissimo pennello co' vaghi colori, ed ornato di vestimenti come a lui piace; ed è l'abitazione sua piena di vaghe pitture, e pulita, ed accompagnata spesse volte di musiche, o lettori di varie e belle opere, le quali senza strepito di martelli od altro rumore misto, sono con gran piacere udite»Parla ancora di uno scultore che, invece, a fine lavoro, si trova ricoperto di polvere quasi come fosse stato sotto la neve:«con esercizio meccanicissimo, accompagnato spesse volte da gran sudore composto di polvere e convertito in fango, con la faccia impastata, e tutto infarinato di polvere di marmo che pare un fornaio, e coperto di minute scaglie, che pare gli sia fioccato addosso; e l'abitazione imbrattata e piena di scaglie e di polvere di pietre».
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LE MACCHINE DI LEONARDO Leonardo da Vinci nel corso della sua vita affrontò diversi studi osservando i differenti aspetti della realtà. Egli si appassionò in particolare allo studio delle discipline scientifiche, in astronomia ebbe intuizioni fondamentali sul calore del sole, sullo scintillio delle stelle, sulla Terra, sulla Luna e sulla centralità del Sole nel sistema solare, tesi che per tanti anni avrebbero suscitato contrasti ed opposizioni. Fu poi il primo a studiare quella che oggi noi chiamiamo geologia, arrivando a capire che cosa fossero i fossili e perché si trovassero questi resti marini in cima alle montagne. Creò i macchinari più vari e fu il primo ad interessarsi al corpo umano. Tra le sue invenzioni Leonardo progettò anche macchine per lo sfruttamento dell'energia idraulica, per il prosciugamento e l’innalzamento delle acque del mare e osservò gli effetti ottici che si potevano verificare sulla superficie dell’acqua. Osservando il volo degli uccelli, Leonardo riuscì a intuire l’invenzione di due macchine che consentivano il volo,come la Vite Aerea e Il Grande Nibbio. La Vite Aerea del 1489 (Manoscritto B, f. 83v), sembra allo stesso tempo ovvia e irreale. Lo scopo di Leonardo era di dimostrare che l’aria era un fluido: se così fosse, allora avrebbe potuto letteralmente avvitarsi nell’aria, sollevandosi. Questo non è altro che il concetto della moderna elica. Il Grande Nibbio era una macchina principalmente inventata per il volo planato,costituita in legno e realizzata tra la fine del '400 e l'inizio del '500. Disegni di parti e componenti della macchina Pag. 22
possono essere trovati nel Codice sul volo degli uccelli, nel quale tuttavia non è presente una descrizione complessiva della stessa. La macchina prende il nome dall’omonimo animale, ossia il Nibbio. Leonardo inventò anche macchine da guerra, come: un Carro armato meccanico dotato di cannoni su tutti i lati, capace di muoversi e sparare in ogni direzione, la Balestra Gigante, ossia un’arma da lancio i cui disegni si trovano sempre nel Codice Atlantico. L'Automa Cavaliere (a volte chiamato anche robot di Leonardo) è un automa meccanico umanoide, che rispettava i canoni delle dimensioni dell’Uomo Vitruviano, progettato da Leonardo da Vinci intorno al 1495; era stato probabilmente previsto per animare una delle feste alla corte sforzesca di Milano o per ragioni belliche. Leonardo Da Vinci è considerato l’inventore dell’antenato dell’attuale automobile,ossia il Carro Semovente ,un automa meccanico datato intorno al 1478 il cui schizzo è conservato nel Codice Atlantico. Leonardo fece altre grandi invenzioni : una bicicletta, una calcolatrice, un leone robot e un elicottero. L’automobile era poco più di un trabiccolo a molla concepito non per il trasporto di persone ma come trucco scenico teatrale. Certo è che nel Rinascimento il concetto di un veicolo che si muovesse autonomamente, anche se per brevi tratti, era assolutamente fantascientifico. Il suo percorso era programmabile e funzionava grazie a due grandi molle a spirale, con vari ingranaggi di regolazione dello sterzo e di frenatura. Solo nel 2004 è stato costruito un modello funzionante dall’Istituto di Storia della Scienza di Firenze e dal gruppo di ricerca Leonardo3 di Milano. È probabilmente la sua invenzione più famosa e sorprendente e poco importa che non potesse funzionare. La bicicletta di Leonardo è famosa come o più della vite aerea. Più di quella, il design è semplice e irresistibilmente moderno: i pedali, il manubrio, il sellino, le proporzioni sembrano fotografate dal Pag. 23
presente. Forse troppo. Infatti ,secondo alcuni si tratta probabilmente di un falso. Il disegno era comunque attribuito non a Leonardo in persona ma a un allievo, Gian Giacomo Capriotti, che l’avrebbe schizzata nel 1493, forse ricopiandola da un disegno del maestro oggi perduto. Ma nella descrizione originale del foglio del Codice Atlantico (f.132v) si trovano solo due disegni geometrici di due cerchi. Il leone robot fu costruito a Firenze nel 1515 e inviato a Lione per accogliere il re di Francia Francesco I. Secondo le cronache, il leone era perfettamente in grado di camminare e dopo alcuni passi, spalancava il petto dal quale fuoriuscivano freschi gigli (simbolo della Francia). Il foglio 36v riporta il progetto di un curioso insieme di ingranaggi, costituito da numerose rotelle simili tra loro. La descrizione, come spesso accade, è assai criptica, e quindi non è chiaro a cosa servisse davvero. Secondo una ricostruzione degli anni ’60, opera dell’ingegnere Roberto A. Guatelli, che lavorava per l’IBM allo scopo di creare repliche dei macchinari leonardeschi, si sarebbe trattato di una primitiva calcolatrice meccanica, inventata quasi 150 anni prima della “pascalina” di Blaise Pascal. Non appena la replica venne esposta, però, fu immediatamente attaccata. La macchina originale non avrebbe mai potuto funzionare, perché l’attrito, con i materiali dell’epoca, sarebbe stato eccessivo. Inoltre Guatelli si prese alcune libertà di troppo nell’interpretare il marchingegno, che probabilmente era solo un ingranaggio moltiplicatore. Non esiste nessun modo per immettere un input nella macchina, né ci sono numeri sulle rotelle nel manoscritto: se è una calcolatrice è piuttosto incompleta. Tuttavia, se questo oggetto è facilmente convertibile in una calcolatrice, dimostra che Leonardo Da Vinci è stato dannatamente vicino a inventare la prima macchina capace di calcolare. Forse troppo anche per lui. I progetti di Leonardo sono contenuti nel Codice Atlantico, che è la più ampia raccolta di disegni Pag. 24
e scritti di Leonardo. Ăˆ conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano.
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Luca Pacioli e Leonardo PRIMA DEL L’INCONTRO CON LUCA PACIOLI A causa di una non approfondita conoscenza del latino, Leonardo non potè studiare matematica dai testi antichi e da qui nacque la sua scarsa dimistichezza con le frazioni, come si evince dai vari codici; ecco qualche esempio: Leonardo scrive:
risultati del tutto sbagliati. Non è convinto dell’esattezza della divisione
in quanto ritiene che il quoziente debba essere minore del dividendo (questo modello ingenuo di divisione funziona tra i numeri naturali ma non certo tra i razionali). Scrive ancora che
Per quanto riguarda la geometria, Leonardo si appassionò studiando l’opera enciclopedica di Luca Pacioli Summa de aritmetica, geometria, proporzioni et proporzionalità. Da quest’ultima trae mille ispirazioni, fino a riassumere i capitoli relativi alla teoria delle proporzioni nel Codice Madrid 8936. L’incontro vero e proprio tra Leonardo e Luca avviene nel 1496, quando Pacioli è incaricato dal Pag. 26
Duca di insegnare pubblicamente la matematica. L’amicizia tra i due è immediata, con frequenti scambi di visite e di favori. L’interesse per la geometria, già così radicato in Leonardo, cresce a dismisura man mano che Luca gliela rivela… In particolare, Leonardo si innamora della sezione aurea, presentatagli da Luca, che la chiama “divina proporzione”.
DOPO L’INCONTRO CON LUCA PACIOLI - LA SEZIONE AUREA Molti anni prima di Leonardo, Policleto affermava che l’uso di molti numeri avrebbe portato l’arte alla perfezione e un particolare rettangolo era considerato così armonico nelle sue parti da meritare, presso i Greci, l’aggettivo di “aureo”; il rapporto tra le misure dei lati è un numero costante (rapporto aureo). Ogni rettangolo che appare nelle costruzioni antiche è costruito in base a questo rapporto. Così è nelle sculture greche, tant’è vero che quel rapporto oggi è indicato con il simbolo φ , iniziale della scultrice Fidia. φ = 0.618 Dal punto di vista storico, la considerazione della sezione aurea è certamente molto antica. Così scrive a tale proposito Szabò: « e mi si chiedesse come e quando sia stata scoperta la grande importanza della sezione aurea nella ricerca sull’armonia della Natura e dell’Arte, non saprei rispondere. So soltanto che, senza alcun dubbio, la soluzione del problema è necessaria per essere in grado di inscrivere un pentagono regolare in un cerchio e, pertanto,dobbiamo concludere che si deve attribuire questa soluzione agli antichi Pitagorici.»
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Il pentagono stellato, simbolo dei Pitagorici: le sue diagonali si tagliano in parti che stanno tra di loro nel rapporto aureo: il rapporto tra la parte indicata in rosso e quella indicata in blu è φ
Dal punto di vista geometrico, la parte aurea di un segmento AB si definisce come il segmento AE medio proporzionale tra AB e ed EB = AB - AE
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Dato un segmento AB, si conduca la perpendicolare ad AB in B e si consideri su di esso BO = AB/2; si tracci quindi la circonferenza di centro O e raggio OB; AB è tangente alla circonferenza così ottenuta. Si tracci quindi la retta AO; siano C e D le intersezioni di tale retta con la circonferenza. Si riporti su AB il segmento AE = AC. Proveremo che AE è la sezione aurea di AB verificando che: AB : AE = AE : EB Per il teorema della tangente e della secante è: AD : AB = AB : AC, (AD - AB) : AB = (AB - AC) : AC Essendo AB = CD e AC = AE: AD - AB = AD - CD = AC = AE AB - AC = AB - AE = EB perciò la proporzione sopra considerata può scriversi: AE : AB = EB : AE AB : AE = AE : EB e il segmento AE è dunque la sezione aurea di AB. Una straordinaria proprietà del rettangolo aureo che colpì molto i matematici greci e i pittori-matematici del Rinascimento è la seguente.
Consideriamo un rettangolo aureo ABCD e facciamo ruotare il lato AC attorno a A, fino a portarlo sul segmento AB; il punto C determina su AB un nuovo punto F.
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Da F mandiamo la perpendicolare ad AB, fino al segmento CD, determinando il punto E. AC Ebbene EF è un quadrato, mentre BDEF è un nuovo rettangolo aureo....e la cosa può essere ripetuta più e più volte. Un’analoga rappresentazione grafica è legata ad una curiosità che rimanda al tema delle tassellature tanto caro a Leonardo. Chiunque può rendersi conto che non è difficile ricoprire completamente una superficie piana mediante piastrelle di forma quadrata, come avviene per le sale e i cortili. Ma se volessimo piastrellare il piano mediante l’applicazione della sezione aurea, con piastrelle quadrate, in una successione di quadrati dove solo due abbiano un lato di egual misura e tutti gli altri quadrati con misure diverse? Per riuscirci dovremo comportarci nel seguente modo: Si prendono inizialmente due piastrelle, di lato un’unità, per affiancarle ad una terza piastrella il cui lato sia la somma 1unita + 1unità= 2unità Possiamo poi utilizzare una piastrella di lato 1unità+2unità=3unità La prossima dovrà avere lato 2unità+3unità=5unità, la seguente da 8unità (3+5) e così via..
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I lati delle piastrelle che andremo via via ad utilizzare misureranno: 1,1,2,3,5,8,13,21,34,55...(ogni numero, dal terzo in poi, è la somma dei due precedenti) e descrivono una successione detta ‘di Fibonacci’. Si dimostra che il rapporto tra due termini consecutivi di una successione Fibonacci tende al numero aureo. Molti dei disegni e molte delle riflessioni delle pagine geometriche dei diversi codici leonardeschi hanno come tema la sezione aurea. Spesso, però, i calcoli che accompagnano le figure sono piuttosto maldestri. Sia la successione di Fibonacci che il rapporto aureo sono molto presenti in natura; in forme viventi e non viventi; essi appaiono in modo mirabile e sorprendente.
Nautilus e successione di Fibonacci
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Uomo vitruviano e sezione aurea
IL METODO DELLA FALSA POSIZIONE Per risolvere proporzioni con un termine incognito, Leonardo ricorre ad un metodo antichissimo risalente agli egizi e caduto in disuso solo dal XIX, noto come “metodo della falsa posizione” che giunge alla soluzione attraverso una serie di posizioni fatte sull’incognita. Si voglia ad esempio determinare il numero che aggiunto al proprio quinto dà come somma 48:
Effettuando la falsa posizione x=5 si ottiene 6 di cui 48 è un multiplo secondo 8, dunque la soluzione è 5*8=40. Pag. 32
La nuova dimistichezza raggiunta da Leonardo con le frazioni non è immune da errori quando nel calcolo di proporzioni compaiono termini frazionari, ancora cade talvolta in errori. Leonardo, dunque, si innamora della matematica man mano che l’apprende, tanto da scrivere, come preludio al suo trattato di Anatomia: “ Non mi legga chi non è matematico nei miei principi”. Il nuovo grande amore per la matematica lo porta a ripercorrere le strade euclidee con maggior consapevolezza, ritornando sullo stesso argomento più e più volte, mai soddisfatto delle proprie scelte.
LE COSTRUZIONI “CON RIGA E COMPASSO” Altro tema amato da Leonardo riguarda i “problemi classici della geometria” ovvero quella categoria di problemi nati nell’antica grecia da risolvere con riga e compasso; esempi noti sono: la quadratura del cerchio, la trisezione dell’angolo e la duplicazione del cubo. Nel Codice Atlantico, Leonardo affronta il problema cosiddetto di Delo, cioè della costruzione di un cubo di volume doppio di uno dato; egli considera un cubo di spigolo 4 (volume 64) e uno di spigolo 5 (volume 125), affermando che il secondo è il doppio del primo. In effetti la radice cubica di 128 (doppio di 64) è approssimativamente 5,039, la differenza tra questo lato (voluto) e quello proposto 5 è davvero minima. La proposta di Leonardo, inaccettabile da un punto di vista matematico (in matematica non si fanno concessioni all’approssimazioni), risulta ragionevole da un punto di vista empirico.
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FOGLIO 161 r - Duplicazione del cubo Penna e inchiostro marrone, incisioni, forature mm 185 x 122 – Antica numerazione 118 – C.A. f. 161 recto (ex 58r a) Circa 1503-05
La questione delle approssimazioni è un tema molto caro ai matematici dell’epoca. Trovare un valore razionale di √2 (irrazionale) o di π ( trascendente) è impossibile. Leonardo, maestro nelle approssimazioni, le usava talvolta con eccessiva disinvoltura; non sappiamo se si rendesse conto della differenza tra procedimento matematico e meccanico, cioè tra un numero e la sua approssimazione. Molte imperfezioni, sempre in questo senso, si trovano nelle costruzioni geometriche delle radici quadrate da 1 a 15, che troviamo nel Codice Atlantico. Molta attenzione dedica Leonardo geometra a problemi relativi a volumi: dividere una piramide in parti uguali, trasformare solidi in altri con Pag. 34
lati assegnati, etc. Leonardo dedicò molto tempo a studiare la quadratura di figure curvilinee, ovvero la costruzione di un quadrato la cui area è uguale a quella di una figura curvilinea assegnata. Ad osservare la grande quantità di disegni realizzati da Leonardo sull’argomento, sembra che stia usando più che una competenza matematica quella sua fantasia di pittore della quale sa di esser dotato fuor di misura. per lo più appaiono semicerchi per risparmiare spazio; a volte, invece, cerchi interi.
LE LUNULE Il primo ad occuparsi della quadrature delle lunule fu Ippocrate di Chio ( V secolo a.C.).
FOGLIO 268 v - Sezioni del cerchio: lunule, falcate, porzioni Penna e inchiostro marrone, tracce di carboncino mm 298 x 217 – Antica numerazione 134 – C.A. f. 268 verso (ex 98v a) – Circa 1513-14
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Due lunule (nella figura L1 e L2) si possono ottenere dal triangolo ABC inscritto nella semicirconferenza di diametro BC, costruendo su ciascun cateto un semicerchio di diametro pari al cateto stesso. La porzione di cerchio esterna alla circonferenza iniziale è detta lunula. Ippocrate dimostrò che la somma delle aree delle due lunule è uguale all’area del triangolo, risolvendo così il problema della quadratura di una figura curvilinea con riga e compasso.. L’impossibilità di quadrare il cerchio con riga e compasso è stata dimostrata da C. L. F. Lindemann nel 1882.
I POLIEDRI PER LA DIVINA PROPORZIONE Leonardo disegnò le tavole dei poliedri contenute nell’edizione manoscritta della Divina Proporzione di Luca Pacioli, donata dallo stesso autore a Giangaleazzo Sanseverino e oggi conservata presso la Biblioteca Ambrosiana a Milano.
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LE TASSELLATURE Con il termine tassellatura si intende quel che accade per le piastrelle di un pavimento: bisogna disporle in modo tale da riempire tutta la superficie piana; con tasselli aventi la forma di poligoni regolari il problema è di semplice soluzione. Il caso si fa matematicamente piÚ interessante se, al posto di poligoni regolari, si usano altre forme irregolari e i primi ad interessarsene furono gli arabi nel IX sec. d.C.. A tal proposito occorre ricordare le celebri tassellature della sala Lindaraya dell’Alhambra di Granada.
Leonardo disegna alcune tassellature nel codice Atlantico, ma senza darvi troppa importanza, si tratta infatti di semplici disegni spesse Pag. 38
volte accompagnati da brevi commenti, senza discorsi teorici. Essi però hanno più uno scopo estetico e una ragione architettonica: si tratta di studiare come disporre, in grandi cappelle circolari o sotto maestose volte, delle cappelle tutto attorno, in modo che siano simmetriche, in tutte le disposizioni simmetriche possibili. L’incontro con Luca Pacioli modificò la vita di Leonardo da Vinci; l’influenza fu reciproca e la collaborazione andò avanti fino al ‘500. Dal 1514 non si hanno più notizie sulla vita di frate Luca e, dopo la separazione dal suo amico, Leonardo sembra non seguire gli studi matematici.
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LA GIOCONDA La Gioconda, nota anche come Monna Lisa, è un dipinto a olio su tavola di legno di pioppo,realizzato da Leonardo da Vinci, dalle dimensioni di 77 cm d'altezza x 53 cm di base e 13 mm di spessore, databile al 1503-1504 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi. Nella notte tra domenica 20 e lunedì 21 agosto 1911, prima di un giorno di chiusura del museo, la Gioconda venne rubata. Della sottrazione si accorse un copista, Louis Béroud, che aveva avuto il permesso per riprodurre l'opera a porte chiuse. La notizia del furto fu ufficializzata solo il giorno dopo, anche perché all'epoca non era infrequente che le opere venissero temporaneamente rimosse per essere fotografate. Era la prima volta che un dipinto veniva rubato da un museo, per di più dell'importanza del Louvre, e a lungo la polizia brancolò nel buio. Fu sospettato il poeta francese Guillaume Apollinaire, che venne arrestato dopo aver dichiarato di voler distruggere i capolavori di tutti i musei per far posto all'arte nuova e condotto in prigione il 7 settembre 1911; il suo arresto si basava in realtà su una calunnia, causata da una ripicca, da parte dell'amante Honoré Géri Pieret, che lo accusò di aver ricettato alcune statuette antiche rubate dal museo. Anche Pablo Picasso venne interrogato in merito, ma, come Apollinaire, fu in seguito rilasciato. Sospetti caddero anche sull'Impero tedesco, nemico della Francia, ipotizzando un furto di Stato. Si iniziò a ritenere il capolavoro perso per sempre. In realtà, un ex-impiegato del Louvre, Vincenzo Peruggia, originario di Dumenza, cittadina nei pressi di Luino, convinto che il dipinto appartenesse all'Italia e non dovesse quindi restare in Francia, lo aveva rubato, rinchiudendosi nottetempo in uno sgabuzzino. Al mattino usci dal museo a piedi con il quadro sotto il cappotto; egli Pag. 40
stesso ne aveva montato la teca in vetro, quindi sapeva come sottrarlo. Uscì in tutta calma, chiese anche a un idraulico un aiuto per uscire dal museo, essendo sparita la maniglia del portone d'ingresso, e all'uscita sbagliò tram, optando poi per un più comodo taxi. Messa l'opera in una valigia, posta sotto il letto di una pensione di Parigi, la custodì per ventotto mesi e successivamente la portò nel suo paese d'origine, a Luino, con l'intenzione di "regalarlo all'Italia", ottenendo da qualcuno delle garanzie che il quadro sarebbe rimasto nel suo Paese; riteneva infatti, erroneamente, che l'opera fosse stata rubata durante le spoliazioni napoleoniche. Ingenuamente, nel 1913 si recò a Firenze per rivendere l'opera per pochi spiccioli. Si rivolse all'antiquario fiorentino Alfredo Geri, che ricevette una lettera firmata "Leonardo" in cui era scritto :«Il quadro è nelle mie mani, appartiene all'Italia perché Leonardo è italiano», con una proposta di restituzione a fronte di un riscatto di 500 000 lire «per le spese». Incuriosito, l'11 dicembre 1913, l'antiquario fissò un appuntamento nella sua stanza numero 20 al terzo piano dell'Hotel Tripoli, in via de' Cerretani (albergo che poi cambiò il nome proprio in Hotel Gioconda), accompagnato dall'allora direttore degli Uffizi Giovanni Poggi. I due si accorsero che l'opera non era uno dei tanti falsi in circolazione, ma l'originale e se la fecero consegnare per "verificarne l'autenticità". Nell'attesa il Peruggia se ne andò a spasso per la città, ma venne rintracciato e arrestato. Il ladro, processato, venne definito "mentalmente minorato" e condannato ad una pena di un anno e quindici giorni di prigione, poi ridotti a sette mesi e quindici giorni. La sua difesa si basò tutta sul patriottismo e suscitò qualche simpatia (si parlò di "perugismo"). Egli stesso dichiarò di aver passato due anni "romantici" con la Gioconda appesa sul suo tavolo di cucina. Approfittando del clima amichevole che allora regnava nei rapporti tra Italia e Francia, il dipinto recuperato venne esibito in tutta Italia; prima agli Uffizi a Firenze,poi all'ambasciata di Francia di Palazzo Pag. 41
Farnese a Roma, infine alla Galleria Borghese (in occasione del Natale), prima del suo definitivo rientro al Louvre. La Monna Lisa arrivò in Francia a Modane, su un vagone speciale delle ferrovie italiane, accolta in pompa magna dalle autorità francesi, per poi giungere a Parigi dove, nel Salon Carré, l'attendevano il Presidente della repubblica francese e tutto il Governo. Sicuramente il furto contribuì alla nascita e alimentazione del mito della Gioconda; dalla cultura più alta, per pochi eletti, la sua immagine entrò decisamente nell'immaginario collettivo.
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La Gioconda,dipinto a olio su tavola eseguito da Leonardo da Vinci intorno al 1503. Misura 77 per 53 cm, conservato al Museo de Louvre a Parigi .
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L’Uomo vitruviano Tra le macchine di cui si interessò Leonardo vi è il corpo umano. Nel 1487, con l’Uomo di Vitruvio egli rappresentò esattamente una macchina splendidamente proporzionata, generata sui principi esatti di simmetria. “L’uomo è modello del mondo” scrisse, ciò portò alla ricerca di teorie unificanti sulla natura. L'Uomo vitruviano è stato realizzato da Leonardo intorno al 1490, periodo in cui si trovava in viaggio per Pavia e fece la conoscenza di Francesco di Giorgio, architetto, geometra, scultore e pittore senese. Egli invitò Leonardo a partecipare ad un convegno sul suo Trattato dell'architettura e sul trattato De architectura di Vitruvio, opera composta da dieci libri in cui l'autore offre una panoramica completa sull'arte dell'architettura. Lo studio è un chiaro omaggio dell'artista al periodo classico e una sorta di affermazione della scientificità della pittura. Leonardo voleva fornire una base matematicamente misurabile della rappresentazione artistica. Immaginando di sdraiare un uomo sul dorso, e puntando un compasso sul suo ombelico, Leonardo descrive una circonferenza che tange la punta delle mani e dei piedi allargati. L'Uomo Vitruviano è un disegno a penna e inchiostro su carta (34*24cm) ed è conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell'Accademia di Venezia sin dal 1822. L'ultima esposizione è stata in occasione dell'Expo di Milano 2015, quando è stata organizzata una mostra in onore di Leonardo da Vinci. L'opera di Leonardo è stata scelta da Carlo Azeglio Ciampi, decimo Presidente della Repubblica Italiana e all'epoca ministro dell'economia per comparire sulle monete da 1 euro italiane con significato altamente simbolico (L'uomo come misura di tutte le cose).
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L'Uomo vitruviano è un disegno a penna e inchiostro su carta (34x24 cm) di Leonardo da Vinci, conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell'Accademia di Venezia.
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L'AUTORITRATTO L'Autoritratto di Leonardo da Vinci è un disegno a sanguigna su carta. Il disegno del celebre autoritratto viene in genere datato ai suoi ultimi anni di vita, quando viveva in Francia al servizio di Francesco I. Dopo la sua morte, con i manoscritti e il suo corpus di disegni e appunti, venne lasciato in eredità al fedele collaboratore Francesco Melzi, che lo portò alla sua villa a Vaprio d'Adda, presso Bergamo. Da questo momento il disegno farà un lungo giro arrivando anche in Inghilterra, sarà fatto rientrare in Italia da Carlo Alberto di Savoia, che lo comprò insieme a dei disegni di Raffaello e Michelangelo. Dalle collezioni Savoia confluì poi alla Biblioteca Reale. L'opera mostra il volto di un uomo, con lunghi capelli e lunga barba, calvo alla sommità della testa. Lo sguardo accigliato è rivolto a destra, con un'espressione seria e leggermente imbronciata. I segni del tempo sono ben evidenti, con solchi lungo la fronte, attorno agli occhi e ai lati della bocca lungo le guance. I dettagli sono molto curati, sebbene una parte appaia come non finita: per dare l'effetto del cranio liscio e calvo l'artista ricorse a pochissime linee, lasciando il foglio in alto quasi intonso. Secondo molti studiosi è l'unico sicuro autoritratto.
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L'Autoritratto di Leonardo da Vinci è un disegno a sanguigna su carta (33,5x21,6 cm), databile al 1515 circa e conservato nella Biblioteca Reale di Torino, all'intero dei Musei Reali di Torino.
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Curiosità su Leonardo RICETTE E MISTIONI Caterina, madre di Leonardo, sposò un pasticcere in pensione che inculcò in Leonardo un amore tale verso la cucina che lo accompagnò per tutta la vita. Nel 1469 egli entrò a bottega dal Verrocchio, ma dopo un paio di anni si ritrovò a lavorare come cameriere presso la taverna delle Tre Lumache, allontanandosi dal maestro. Dopo la morte dei cuochi, forse per avvelenamento, Leonardo ricoprì il ruolo di cuoco ed il suo primo pensiero fu quello di elevare la qualità della cucina, non apprezzata dai fiorentini e quindi fu costretto a fuggire dalle Tre Lumache. Dopo questa esperienza Leonardo progettò diversi attrezzi ,ad esempio il tritacarne, lo schiaccianoci meccanico ed anche la lavatrice per migliorare la vita dei cuochi riducendo i tempi di lavorazione. Questi strumenti, però, per molti anni furono scambiati per macchine da guerra. Successivamente, insieme a Sandro Botticelli, aprì la taverna Le Tre Rane, ma anche in questo caso la sua cucina non fu apprezzata dai fiorentini e quindi per i successivi tre anni Leonardo consolidò la sua fama di pittore. Nel 1482 decise di trasferirsi a Milano , alla corte di Ludovico il Moro. Qui Leonardo scrisse una serie di regole da rispettare durante i banchetti del Moro. Inoltre inventò il tovagliolo ed i vari modi per piegarlo. Esempi di ricette: K, 116 (36) r. Colla di riso. Togli riso e fallo bollire assai, e quella decozione cola in panno lino e lascia seccare; e fia colla a modo di colla in ispicchi. E se la farai Pag. 48
bollire in una pezza lina ben serrata la decozione sarà più chiara e migliore; e '1 simile si può fare d'ogni biada. K, 117 (37) v. Il secco sangue e poi destillato fa potente destillazione fortemente solutiva, ma è veneno. Il tartero, bruciato e subito fàttone lisciva con vino o aceto o ordina destillata, fa capitello molto solutivo; il quale capitello, essendo poi destillato, fa acqua solutiva. La feccia dell'aceto, arsa e fattovi passare le cose sopradette nel tartero, fa acqua solutiva. Il tartero bruciato in lembicco resistente fa stillazion solutiva. Le gomme resolute in capitelli e poi lavate in acquavite, el sale ch'era nel capitello si separa da esse gomme resolutive e ne va con l'acquavite. La feccia dell'agresto distillata, ma prima secca, fa acqua resolutiva.
K, 118 (38) r. Se tu hai la colla forte infra '1 tiepido e '1 freddo, che ogni poco di liquido li basta e che in quella col panno sia premutoli vermicelli fissi e sodi e di qual colore ti piace, quelli faranno bellissimi retrosi, e massime se parte di quelli saranno a uso di sottili e stretti nastri.
INTERESSI SCIENTIFICI ANATOMIA Ai tempi di Leonardo si credeva ancora che il cuore servisse per scaldare il sangue circolante. Fu lui il primo a intuirne invece la funzione di pompa. Per questo alcune strutture anatomiche Pag. 49
cardiache hanno in seguito preso il suo nome,per esempio il “fascio moderatore di Leonardo da Vinci”. Leonardo ci lascia numerosi pregevoli disegni del cuore, con descrizione dettagliata delle valvole cardiache, che egli studia utilizzando calchi in cera, e del loro funzionamento. La fisiologia cardiaca viene da lui ricercata attraverso l’osservazione sul maiale, descrivendone la contrazione: passando con uno spillo, “quando il core è allungato” (diastole), lo spillo stesso è spinto in alto quando “il core nella sua espulsione del sangue si raccorta” (sistole).Leonardo descrive per primo le quattro cavità cardiache, distinguendo i ventricoli dagli atri,descrive inoltre il ciclo cardiaco,osservando che la contrazione degli atrii coincide con la diastole ventricolare, mentre, al contrario, la sistole ventricolare coincide con la dilatazione degli atrii.
BOTANICA Leonardo fu la prima persona a osservare gli anelli di accrescimento degli alberi, e a capire che, contandoli, si può determinare l’età di una pianta e inoltre il primo a capire come cresce. Egli, così come fece in tanti altri campi, esaminò gli insegnamenti tradizionali in modo critico; e per farlo li sottopose ad un piccolo esperimento. Dissotterrò le radici di una piccola pianta di zucca e la portò a maturazione fornendole solo acqua. Da questo esperimento, Leonardo trasse la notevole conclusione che il sole dà spirito e vita alle piante, e la terra coll’umido le nutrisce. Per apprezzare l’originalità di questa affermazione e il modo in cui Leonardo ci arrivò dobbiamo ricordare che all’inizio del sedicesimo secolo non si era mai sentito parlare di esperimenti botanici.
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PALEONTOLOGIA Al suo tempo si riteneva che i “nichi”, come si chiamavano allora i fossili, fossero resti del Diluvio universale o forme di vita a cui Dio non aveva dato l’anima. Leonardo fu il primo (dopo gli antichi Greci) a comprendere che erano resti di animali e piante pietrificati da processi geologici e portati alla luce dai movimenti della crosta terrestre e il primo a capire come fosse possibile che ci fossero fossili in montagna. Leonardo, in totale opposizione con il pensiero dominante all’epoca, teorizzò i movimenti delle masse d’acqua sulla terra in modo simile a ciò che avviene con la circolazione del sangue, ossia un ciclo chiuso in continuo movimento, con lento ma inesorabile ricambio. Grazie all’osservazione e ai suoi ragionamenti non troppo convenzionali, Leonardo arrivò alla conclusione che i luoghi di montagna dove si trovavano i fossili, un tempo dovevano essere fondali marini, contraddicendo le teorie dell’epoca, di chiara ispirazione religiosa, secondo le quali era grazie al diluvio universale, o ad altri fenomeni divini, che i fossili di conchiglia potevano trovarsi in montagna, ben lontani dal mare.
MUSICA Per Leonardo da Vinci la musica rivela il mondo dell’invisibile,i suoi disegni di acustica e strumenti possono essere considerati come la trasposizione in immagini del regno invisibile del suono. Ne faceva uso per spiegare fenomeni naturali,le varie analogie tra gli elementi e i fenomeni legati all’universo fisico. Aveva una grande considerazione per la musica , la quale "non muore subito dopo la sua creazione", pur ritenendola fugace ed inferiore all’arte. I biografi ci dicono che suonava e insegnava la lira e si adoperava nella creazione di nuovi strumenti. Alcune testimonianze narrano che Leonardo abbia utilizzato la lira appena giunto alla corte di Pag. 51
Ludovico il Moro e che l’avesse realizzata usando un vero teschio sul quale aveva aggiunto le corde per il suono. Sono,però, ben altri i progetti musicali di opera leonardesca, come la Viola Organista e la Clavi-Viola. La Clavi-Viola era dotata di una tastiera simile a quella degli organi e dei clavicembali ma emetteva il suono di uno strumento ad arco, simile a quello di una viola. La Viola Organista,invece, possedeva una corda per ciascuna nota,al di sotto delle corde si trovavano più ruote che giravano simultaneamente su perni paralleli, trascinate da una cinghia,sotto l’azione di una manovella. I tasti portavano le corde corrispondenti a contatto con la ruota sottostante. Lo strumento poteva eseguire più note contemporaneamente ed era a suono continuo,come l’organo a canne. L’effetto sonoro,però,era quello di un insieme di viole da qui il nome Viola Organista. L’eclettico genio,inoltre,si dedicò anche a progetti musicali di uso ‘bellico’,come il Tamburo Meccanico. Veniva utilizzato in varie circostanze: dalle parate cittadine alle azioni militari. Due rulli trasmettevano il movimenti alle aste laterali che battevano la tela, il ritmo variava cambiando la posizione dei pioli presenti sui rulli. Il tamburo poteva essere trainato azionando il movimento tramite le ruote,oppure utilizzato da fermo azionando il movimento mediante una manovella.
LUOGHI DI LEONARDO MUSEO DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA-FIRENZE Nel Museo della scienza e della tecnologia è possibile ammirare e scoprire i disegni e i progetti di Leonardo e provare a far funzionare alcuni modelli realizzati in scala,come per esempio le macchine volanti e le invenzioni galleggianti. IL CENACOLO E LA VIGNA DI LEONARDO-MILANO Tutti sanno che Leonardo risiedeva a Milano mentre dipingeva l’Ultima Cena, ma non tutti sanno che risiedeva proprio di fronte alla Pag. 52
Chiesa di Santa Maria, al numero 65 di Corso Magenta. Dietro al portone antico si cela Casa degli Atellani , cortigiani di Ludovico Sforza. Leonardo venne ospitato dalla famiglia degli Atellani ,che in segno di gratitudine fece piantare per lui una vigna nel giardino della casa. Casa degli Atellani è rimasta chiusa al pubblico fino al 2015,quando ,in occasione dell’Expo, è stato ripiantata la vigna di Leonardo. IL FIUME ADDA Appena fuori Milano, per l’esattezza a Paderno d’Adda dove scorre il fiume Adda,Leonardo trasse ispirazione dai paesaggi per gli sfondi dei suoi celeberrimi dipinti La Vergine delle Rocce e La Gioconda. LA TOSCANA L’area delle colline del Montalbano, compresa tra le province di Firenze, Pistoia e Prato, è il paesaggio che ha certamente fatto da sfondo a tutta la sua infanzia e la sua giovinezza. Ad Anchiano, circondata da vigne e oliveti tipici della campagna giardino toscana, si trova la Casa Natale dove, secondo una tradizione secolare, Leonardo nacque nel 1452, “sabato 15 aprile, alle ore 3 di notte”. Qui un ologramma a grandezza naturale riproduce le fattezze dell’artista scienziato e invita ad ascoltare le sue parole, un emozionante racconto a ritroso della sua vita straordinaria e dei suoi rapporti con questa terra. Ancora nella sua dimora trovano spazio applicazioni multimediali dedicate alle sue opere pittoriche e grafiche, in particolare del Cenacolo interamente esplorabile seguendo più percorsi di indagine. LA FRANCIA Ultima Dimora di Leonardo da Vinci, il CLOS LUCÉ si trova a 500 metri dal Castello Reale di AMBOISE nel cuore della Valle della Loira. Nel Castello di Clos Lucé, Leonardo da Vinci trascorre gli ultimi tre anni della sua vita (1516-1519), completa gli ultimi capolavori e si dedica a numerosi progetti per il suo mecenate, re Francesco I Pag. 53
LA LINGUA Nelle opere di Leonardo ci sono delle particolarità morfologiche che le arricchiscono rendendole praticamente uniche. Queste particolarità possono essere applicate sia a nomi o aggettivi che a verbi;spesso troviamo infatti: •il plurale femminile dei nomi o aggettivi terminanti in -e che conserva la stessa desinenza al plurale. Ad esempio:invece di "le maggior parti",viene usata la forma "le maggiore parte" • il plurale maschile dei nomi terminanti in -allo,- ello assume la desinenza -agli,-egli oltre che alla forma classica in -allo,- elli. Ad esempio: cavallo, cavagli, cavalli; bocchello, bocchelli, bocchegli. Nei verbi,invece,preferisce usare desinenze specifiche: • nella prima persona plurale del presente indicativo,la desinenza amo viene sostituita da -àno. Ad esempio: andiàno anziché andiamo, studiàno anziché studiamo ecc. • nella terza persona plurale del presente indicativo alterna la desinenza -ono con -àno a seconda delle coniugazioni; infatti, nella prima coniugazione, usa -ono piuttosto che -àno. Ad esempio: studiono anziché studiano, amono anziché amano ecc. Viceversa nei verbi di seconda e terza coniugazione:vogliano anziché vogliono ed escano anziché escono. • nella terza persona plurale del passato remoto, utilizza -orono anziché -arono. Ad esempio: passorono piuttosto che passarono, studiorono piuttosto che studiarono ecc. • nella terza persona plurale del presente congiuntivo usa -ino invece di -ano: dichino anziché dicano ecc. Pag. 54
Inoltre frequenti sono le forme del verbo avere senza la "v" come aresti, aere ecc. ed usa sovente il modo gerundio. Le concordanze di Leonardo sono generalmente a senso, così come nella lingua parlata ove magari ci prendiamo licenza di associare ad un soggetto singolare un verbo plurale o viceversa.
AFORISMI E CITAZIONI Due debolezze che si sostengono una contro l'altra creano una forza. Ecco perché una metà del mondo, sostenendo l'altra metà la rafforza. Li omini e le parole son fatti. E tu, pittore, non sapendo operare le tue figure, ti Sè come l'oratore che non sa adoperare le parole sue. Chi poco pensa, molto erra. La forza vive per violenza e more per libertà. La pittura può essere insegnata solo a quelli che per natura ne sono stati dotati, a differenza della matematica, in cui l'allievo impara molto più di quello che il maestro gli offre. Quando lo spirito non collabora con le mani non c'è arte. Natura non rompe sua legge. La scienza è il capitano, e la pratica sono i soldati.
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La vita bene spesa lunga è. Chi non stima la vita non la merita. È meglio la piccola certezza che la grande bugia. Niente può essere amato o odiato se non è prima conosciuto.
Non ho offeso Dio e gli uomini, perché il mio lavoro non ha raggiunto la qualità che avrebbe dovuto avere. (Leonardo Da Vinci, Ultime parole prima di morire, 2 maggio 1519)
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INDICE La vita …..........................................................................................1 Gli scritti .......................................................................................14 Le macchine di Leonardo..............................................................22 Luca Pacioli e Leonardo................................................................25 La Gioconda..................................................................................40 L'Uomo vitruviano........................................................................44 L'autoritratto................................................................................46 Curiosità su Leonardo...................................................................50 Bibliografia e Sitografia.................................................................58
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BIBLIOGRAFIA ● ● ● ●
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Scritti Scelti di Leonardo, a cura di A. M. Brizio, Utet, Torino, 1968 Leonardo e l’età della ragione, a cura di E. Bellone e P. Rossi, Scientia, Milano, 1982 Leonardo da Vinci. Il genio universale, De Agostini, Milano, 2018 Leonardo da Vinci. Artista, scienziato, filosofo, a cura di Serge Bramly, traduzione di Maria Salemi Cardini, Milano, 2017 Leonardo e la Matematica, a cura di Giorgio T. Bagni, Bruno D’Amore, Giunti, Firenze, 2006
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SITOGRAFIA
http://www.leonardo3.net/it/l3-works/macchine/
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