Percorsi di lettura 2018

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PERCORSI DI LETTURA 2018

QUANTE STORIE! Ai confini: percorso di letteratura mondo A cura di Mauro di Vieste Con una prefazione di Gentiana Minga

Kulturen der Welt | Culture del Mondo | Cultures dl Monn


Introduzione Convivere con più lingue è una delle caratteristiche salienti dei luoghi di confine. Questo percorso di lettura fa riferimento ai confini in questo senso: sono tanti e diversi i motivi che portano scrittori e scrittici ad adottare un’altra lingua che non sia la propria madre lingua. Ha un genere questa letteratura? Negli anni ‘90 l’avremmo chiamata letteratura della migrazione poiché i primi scrittori migranti raccontavano la propria condizione, spesso con l’aiuto di giornalisti o scrittori italiani. E’ il caso di Mohamed Bouchane con “Chiamatemi Alí”; Pap Khouma con “Io, venditore di elefanti : Una vita per forza tra Dakar, Parigi e Milano”; Salah Methnani con “Immigrato”; Mohsen Melliti con “Pantanella. Canto lungo la strada”; Saidou Moussa Ba con “La promessa di Hamadi” o Shirin Ramzanali Fazel che scriveva direttamente in italiano il suo primo romanzo autobiografico “Lontano da Mogadiscio”. Con la maturazione del fenomeno migratorio le motivazioni alla migrazione si sono diversificate. Poi sono arrivate le seconde generazioni: in questo percorso di lettura quindi alcune scrittrici e scrittori hanno cambiato lingua, altre hanno semplicemente usato la loro madrelingua, l’italiano, da italiane, ma con un pizzico di diversità in più: riferimenti culturali più complessi portati con sé nel proprio dna, che rivelano provenienze lontane almeno dei propri genitori. A volte neanche questo. Allora perché dover definire un genere che semplicemente è figlio di quella necessità di scrivere comune all’umanità intera? Forse l’idea di letteratura mondo associata a quella di confine, rende un po’ meglio l’idea di un percorso in cui dentro troveremo tutto: dalle proprie esperienze di migrazione, alla lotta quotidiana per l’integrazione, dalla necessità di continuare a scrivere perché già “prima” lo si faceva in un’altra lingua, alla scoperta di avere qualcosa da raccontare. Tutto questo avviene in una lingua italiana che si scopre viva e che prende atto di una società che cambia: come la letteratura in generale apre una finestra sul mondo, anche questa

non può che aprire una finestra ancora più grande su un mondo a noi vicinissimo, a volte quello della porta accanto. In questo percorso abbiamo inserito anche un “insospettabile”, tanto è famoso, Carmine Abate, scrittore arberesh oltre che insegnante di italiano, che incarna alla perfezione il senso della necessità di raccontare il mondo che ci si porta dentro, ovunque si vada, qualunque lingua si utilizzi: un’Italia che ha tante storie da raccontare. Apre questo percorso di lettura una riflessione di Gentiana Minga, scrittrice e poetessa albanese da anni ormai a Bolzano. A lei va un ringraziamento speciale per aver impreziosito questo percorso di lettura, in cui, siamo sicuri, tanti troveranno un spunto per la prossima lettura. Quante storie insomma in questo percorso di lettura! Mauro di Vieste

Concetto ed elaborazione Mauro di Vieste Foto di copertina: Berat (Albania), città delle mille finestre. Foto: Mauro di Vieste Biblioteca Culture del Mondo via Macello 50 39100 Bolzano tel/fax 0471 97 46 43 www.bibmondo.it mail@bibmondo.it Layout e grafica - print e web mediamacs, Bolzano Stampa Fotolito Varesco I-39040 Ora tel./fax +39 0471 803 800/880 Progetto realizzato con il finanziamento di: Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige Cultura italiana


Prefazione Solo pochi giorni fa ho scoperto in italiano il sostantivo sto nuovo, mi ero resa conto del rischio di perdere d’un maschile “afflato”. Questo mentre cercavo la parola che colpo il passato e il futuro. Quale sarebbe stata la mia strapiù avrebbe rappresentato quella strana sensazione che da di scrittrice se in primo luogo, non conoscevo bene la avevo provato intorno agli undici anni quando piegata sul lingua nuova mentre stavo per perdere quella materna? letto divoravo l’ennesimo romanzo di avventure. Era un Chi ero io in Italia, svestita dal passato per indossare la libro grosso, con delle pagine ingiallite: alcune di queste divisa nuova dell’identità emergente, impostata da regole pagine all’inizio di ciascun capitolo avevano piccole figure, esterne che sbatacchiavano, rischiando di rompere il vaso di porcellana che portavo dentro? una volta di colori vivaci, dei protagoniNella mia valigia del primo viaggio testi. Credo che sia stata un opera di Emil nevo tutti i libri che mi sarebbero serviti Zola, oppure di Roman Rolland, ma non * come un vaccino contro la dimenticansono tanto sicura visto che non mi viene za. Vi erano opere dei nostri scrittori in mente il titolo. Narrava le vicende di più stimati, volumi di autori tradotti dal una bambina orfana, una contadina nella di Gentiana Minga francese e dall’italiano, antologie di poFrancia del 1800, che avendo saputo che

Dire quasi la stessa cosa

la sua vera madre era ancora viva, aveva deciso di andare a trovarla con ogni mezzo. A piedi aveva attraversato confini, si era avventurata per campi, paesini e boschi, si era fermata a dormire di notte dove le capitava. Ricordo che, mentre leggevo di come la bambina svegliandosi una di queste mattine vicino ad un pollaio avesse improvvisato la colazione raccogliendo da terra un pezzo di pane raffermo che poi aveva spalmato con il tuorlo di un uovo fresco, d’un colpo mi prese la fame. Era una fame indotta. Così avevo lasciato il libro sul letto ed ero andata in cucina in cerca di un pezzo di pane raffermo da spalmare con il tuorlo di un uovo fresco. Quello fu il momento in cui spinta non so da quale forza esterna, decisi di scrivere. In albanese lo si può dire “frymëzim” sostantivo maschile, equivalente a “ispirazione“ da frymë - soffio - respiro, spirito. Nel mio caso non si trattava dello “spirito respirato”, bensì di un qualche cosa che da fuori mi dava delle piccole spinte, come per scuotermi, così da svegliare in me una macchina già pronta all’uso. Afflato è l’unica parola che in entrambe le lingue esprime meglio quella piccola frazione di secondo che cambiò la mia vita. Da scrittrice straniera la parola afflato mi si è adattata anche senza saperne il significato, giacché, solo pronunciandola, come per magia, è apparsa dinanzi a me sospesa per aria, quasi una nuvola e quasi una libellula, quasi una fata e quasi un flauto. *** Ciao mamma un saluto da Bolzano doveva essere, all’inizio, la traduzione dall’albanese in italiano del “ Zonja e Shkodres” (Signora di Scutari), il recente libro pubblicato in Albania nel 2003, dieci anni dopo la raccolta di novelle e racconti l’Autopsia del disastro (1993). Tra le due opere c’è un profondo divario. Erano scritte in contesti completamente differenti. La prima, raccontava il disagio della generazione del ‘71, spalancata tra due regimi, mentre il secondo, segnava l’inizio della mia resistenza all’emigrazione. Inconsciamente, trovandomi straniera in un conte-

* Dire quasi la stessa cosa di Umberto Eco, saggi, 2003

esia greca e giapponese. Quando scesi dalla nave tirandomi dietro quell’umile e pesante bagaglio, non sapevo quanto fosse difficile fare ed essere tante cose contemporaneamente. Svolgere qualsiasi lavoro ti capitasse senza dimenticare di essere stata una insegnante, una scrittrice, una figlia, una cittadina del mare, un’albanese. Infatti, non ho potuto fare tutto ciò senza perdere dei pezzi. Né ho potuto imparare perfettamente l’italiano, né ho potuto conservare intatta la mia lingua d’origine. A tratti e per ragioni del tutto casuali ho perso dove ambivo vincere e ho vinto dove non avevo mai sperato di vincere. L’emigrazione mi ha costretta a munirmi della lingua italiana secondo come mi veniva proposta. Al lavoro, tra gli operai, tra altri stranieri, in condizioni disagiate ho raccolto le parole semplici, pure, nuove per poter ripartire da capo. All‘inizio avevo cominciato a tradurre “Zonja e Shkodres” ma poi ho lasciato perdere per scrivere direttamente in italiano “Ciao Mamma un saluto da Bolzano”. Questa silloge è nata a Bolzano, era stato un “afflato” bolzanino quello che mi aveva toccato. Così facendo ho ripreso il mio cammino, quello che era iniziato quando mi ero immedesimata nelle vicissitudini della bambina francese in cerca di sua madre. Può darsi che il destino degli scrittori, sia un po‘ come quello della bambina contadina. Si va in cerca di altre vite, calpestando terre nuove, oltrepassando confini, raccogliendo faticosamente per strada parole e frasi per poter raccontare così quello che si è vissuto, immaginando il futuro. Dentro “Ciao mamma un saluto da Bolzano” è rimasto poco dalla “Zonja e Shkodres”. Solo qualche pezzo dedicato ai miei genitori e l‘ultima parte, quello dei miei nonni paterni, ex partigiani, ricordi che, nonostante il tempo, mi auguro di portare con me come le membra del corpo, le mani finché avrò le mani, i piedi finché avrò i piedi, il cuore finché avrò il cuore. Il resto verrà narrato con parole di fortuna, con espressioni di esperienze sfuggenti. Comunicherò e descriverò le mie storie girovagando tra due lingue come in un campo pieno di erba e fiori differenti, cercando di dire quasi la stessa cosa...

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IGIABA SCEGO

IGIABA SCEGO

Rhoda

Adua

Aisha non voleva sprecare la sua intimità, come un panino in un fast food. Voleva assaporare ogni minuto, ogni istante, ogni emozione. Non voleva giocare la sua vita come aveva fatto Rhoda. Rhoda... Aisha pensava spesso al corpo violato della sorella. Con quanti uomini era stata? E quanti l‘avevano desiderata veramente? Forse molti non l‘avevano guardata nemmeno in facia al momento di farlo...

Adua è oggi una donna matura e vive a Roma da quando ha diciotto anni. È una vecchia Lira, così i nuovi immigrati chiamano le donne giunte nel nostro paese durante la prima ondata di immigrazione negli anni settanta. Ha da poco sposato un giovane Titanic, un immigrato sbarcato a Lampedusa, e medita di tornare in Somalia dopo la fine della guerra civile. Ormai sola (la sua amica Lul è già rientrata in patria e il giovane marito è interessato più a Facebook che a lei), Adua si confida con la statua dell‘elefante che sorregge l‘obelisco in piazza Santa Maria sopra Minerva. Piano piano gli racconta la sua storia: suo padre Zoppe, ultimo discendente di una famiglia di indovini, lavorava come interprete durante il regime e negli anni trenta baratterà involontariamente la sua libertà con la libertà del suo popolo. Adua, fuggita dai rigori paterni e dalla dittatura comunista, approda a Roma inseguendo il miraggio del cinema. Purtroppo l‘unico film da lei interpretato, un porno soft dal titolo „Femina somala“, sarà fonte solo di umiliazione e vergogna. Solo adesso Adua sente di essere pronta a riprendere in mano la sua vita.

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Tre donne somale. Immigrate. Aisha, la più piccola delle famiglia, vive l’integrazione sofferta ma possibile; la zia Barni vive da anni in Italia, ma è ancora legata alle tradizioni e ai valori della Somalia. L’esperienza più sofferta è però quella di Rhoda. Igiaba Scego è nata nel 1974 a Roma, da una famiglia di origini somale. Dopo essersi laureata in letterature straniere all’università “La Sapienza” di Roma, ha scelto di lavorare come giornalista e scrittrice, collaborando con quotidiani tra cui La Repubblica e Internazionale, ma anche con riviste che si occupano di temi a lei molto vicini: l’immigrazione e la cultura africana. I suoi genitori, fuggiti alla dittatura di Siad Barre, le hanno trasmesso i valori di un popolo costretto a sopportare vessazioni e regimi di cui a volte sembriamo voler dimenticare, forse perché appartengono anche al nostro passato, il passato coloniale di un‘Italia di cui non andare fieri. Come autrice, Igiaba ha vinto diversi premi e partecipato a numerosi eventi, tra cui il Festival Letteratura di Mantova, di cui è ospite dal 2006.

[10 1 ITA SCE - 5202] Scego, Igiaba
 Rhoda / Igiaba Scego Roma: Sinnos, 2004. 223 p.; 21 cm. (Segni Romanzi) ISBN 88 7609 008 8

[10 1 ITA SCE - 4180007641] Scego, Igiaba
 Adua / Igiaba Scego. Firenze [etc.]: Giunti, 2015. - 183 p.; 22 cm. (Italiana). ISBN 978-88-09-79234-0


LAILA WADIA

LAILA WADIA

Se tutte le donne

Amiche per la pelle

Quattordici racconti per celebrare la forza femminile, un giardino virtuale dove ogni fiore è fonte di gioia e dove gli innesti e l‘ibridazione creano le sorprese più belle. Un ritrovo virtuale dove riunirsi per raccontarsi, per sperare e sognare insieme. Quattordici storie lievi, dolci, piene di grazia. Margherita è italiana, vive in Pakistan dove suo marito è un alto funzionario dell‘ambasciata italiana. Riuscirà a spezzare la sua gabbia di lusso e monotonia insegnando inglese alle ragazze di un campo profughi. Zahara è palestinese, ha cinque figli e, pur di salvarli da una morte certa e dalla follia del terrorismo, fingerà di odiarli. Anthea è canadese, è fuggita dal suo paese per dimenticare suo marito e a Venezia ritroverà se stessa e il coraggio di perdonare. La penna sensibile di Laila Wadia racconta storie di immigrazione e integrazione: donne coraggiose in grado di sopravvivere alle intemperie, alle differenze e all‘indifferenza.

Lule, Marinka, la signora Fong - più nota come “Bocciolo di Rosa” - e Shanti, rispettivamente albanese, bosniaca, cinese e indiana. Quattro donne, quattro storie, quattro famiglie ma un unico condominio quello di via Ungaretti 25 a Trieste: una vera palazzina multietnica dove l’unico triestino doc è il ben poco socievole signor Rosso, scapolone settantenne nostalgico del ventennio, tanto affettuoso e generoso con i gatti quanto insofferente nei confronti di ogni altro individuo, specie se immigrato o meglio “negro”, come identifica con una quanto mai sommaria semplificazione ogni persona extracomunitaria. Origini diverse e un destino comune, quello delle quattro signore: vivere da migranti nel Nord Italia, lottando contro i pregiudizi della gente, una lingua ostica da imparare, un lavoro che è difficile da trovare e un affitto che si fatica a pagare a fine mese. Inevitabile una sorta di alleanza, innanzitutto per destreggiarsi meglio con l’italiano: per questo contattano Laura, un’insegnante in pensione piuttosto agguerrita politicamente, appassionata di battaglie sociali e solita indossare in ogni occasione una lisa felpa di Emergency e un paio di jeans neri, disposta a dar loro lezione tutte insieme. Unite in questa battaglia contro congiuntivi e concordanze, si confrontano e si sentono sempre più solidali, disposte ad aprirsi e a far emergere anche tante debolezze e tanti segreti…

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Laila Wadia è nata a Bombay in India nel 1966. Dal 1986 si è trasferita in Italia. Narrastorie, traduttrice-interprete, collaboratrice esperta linguistica all’università, vive e lavora a Trieste. Scrive, in inglese da sempre e in italiano da qualche anno, per bisogno atavico e perché crede fermamente che l’umanità sia un unico volume. Algoritmi indiani è il suo ultimo romanzo.

[10 1 ITA WAD - 4180008659] Wadia, Laila
 Amiche per la pelle / Laila Wadia [10 1 ITA WAD - 4180004705] Wadia, Laila

Roma: E/O, stampa 2011. - 141 p.; 20 cm.

Se tutte le donne / Laila Wadia

(Tascabili E/O; 194)

Siena: Barbera, 2012. - 197, [4] p.; 21 cm.

ISBN 978-88-7641-921-8

(Centocinquanta) ISBN 978-88-7899-556-7


GABRIELLA KURUVILLA

GABRIELLA KURUVILLA

Milano, fin qui tutto bene

È la vita, dolcezza

“Noi in Cina queste cose non le mangiamo, le facciamo solo per voi turisti». Stavo per dirle che in realtà noi, qui a Milano, anche in via Paolo Sarpi, siamo nativi, non turisti. Invece le ho chiesto: “Ma del formaggio, al posto del tofu, non è che ce l‘avete?”.
Fruttivendoli e internet point cingalesi, ristoranti e alimentari sudamericani, macellerie e kebab arabi, centri-massaggi e incasinatissimi bazar di cinesi multitasking dove tra cellulari e computer trovi anche delle parrucche, se il taglio a 8 euro del negozio accanto non è proprio un capolavoro: siamo in via Padova, in viale Monza, in via Sarpi, in piazzale Corvetto, all‘Isola e in Porta Venezia.
Siamo a Milano, città del nuovo millennio, che non è “Parigi, dove paghi di più ma puoi fermarti al tavolino quanto vuoi. Siamo a Milano, dove tutto se fa de pressa: velocemente”. Siamo in giro con Anita, Samir, Stefania, Tony, Gioia, Pietro, Laura e Lejla, fra panchine e bar dove anche gli incontri e gli amori vanno di corsa.

Quattordici racconti, quattordici flash che aprono squarci di luce, e di verità, sulla vita di chi si trova in bilico fra due mondi e due culture diversi, nella difficile ricerca di una propria identità: immigrati e figli di immigrati, neri o “neri a metà”. Si susseguono così, come una serie di incontri inaspettati e sorprendenti, i protagonisti di storie, spesso narrate in prima persona, a volte con estrema durezza ma anche con molta ironia, in cui emerge la stessa condizione di incertezza, precarietà e spaesamento che rende ancora più profonda la solitudine globale di quella vita contemporanea in cui tutti siamo immersi. È il caso di Omar, sprofondato dal Senegal nell’hinterland milanese, dove abita in trenta metri quadri insieme ad altri nove “compagni di lavoro, di sonno, di masturbazione”, con un’unica evasione, il sabato sera: andare a ballare in un centro sociale (Dancehall). In Nero a metà il figlio di una coppia mista separata non riesce a riconoscersi né nella madre “bianca”, sfuggente e quasi alcolista, né nel padre ”nero”, che ha rinnegato le sue origini per diventare più italiano di un italiano. Chacko, che è fuggito da un matrimonio combinato in India, scappa poi dalla moglie italiana che l’ha sposato perché “non le interessava viaggiare per conoscere il Terzo Mondo, voleva che il Terzo Mondo venisse a lei” (Matrimonio e Neve) mentre in La casa il sogno del ritorno alle origini, per finire la vita “fra manghi e papaye, nel giardino dell’infanzia”, rimane un’illusione, come la costruzione di una casa a Trivandrum.

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Gabriella Kuruvilla, scrittrice e pittrice italo-indiana, è nata a Milano nel 1969. Laureata in architettura, é giornalista professionista e collabora con vari quotidiani e riviste; ha esposto i suoi quadri in Italia e all‘estero. Ha pubblicato il romanzo Media chiara e noccioline (DeriveApprodi, 2001 - uscito con lo pseudonimo di Viola Chandra), il libro di racconti È la vita, dolcezza (Baldini Castoldi Dalai, 2008 Morellini Editore, 2014), il libro per bambini Questa non è una baby sitter (Terre di Mezzo, 2010 – con illustrazioni di Gabriella Giandelli) e il romanzo Milano, fin qui tutto bene (Laterza, 2012).

[10 1 ITA KUR - 4180008267] Kuruvilla, Gabriella È la vita, dolcezza / Gabriella Kuruvilla [10 1 ITA KUR - 4180008227] Kuruvilla, Gabriella

con una „non prefazione“ di Igiaba Scego

Milano, fin qui tutto bene / Gabriella Kuruvilla.

Milano: Morellini, 2014. - 133 p. ; 21 cm.

Roma [etc.]: GLF editori Laterza, 2012.

(Ripubblica).

177, [1] p. : ill.; 18 cm. (Contromano).

ISBN 978-88-6298-342-6

ISBN 978-88-420-9958-1


GABRIELLA KURUVILLA, INGY MUBIAYI, IGIABA SCEGO, LAILA WADIA

Pecore nere Racconti

GENTIANA MINGA

Ciao mamma, un saluto da Bolzano 7

La prima generazione di figlie di immigrati, nata o cresciuta in Italia, racconta la propria identità divisa, a cavallo tra il nuovo e la tradizione, una identità obliqua, preziosa, su misura. Quattro voci, otto storie, molte culture. L’incrocio dei mondi e delle esperienze, tra integrazione e diversità, accoglienza e rifiuto. Tra noi e loro. Quattro donne, Gabriella Kuruvilla, Ingy Mubiayi, Igiaba Scego e Laila Wadia, raccontano di un mondo che cambia, un mondo al femminile. La loro scrittura da‘ il senso di questo genere letterario ormai maturo, ma sempre pronto a sorprenderci con nuove storie.

[10 1 ITA ANT - 4180008251]
 Pecore nere: racconti Gabriella Kuruvilla, Ingy Mubiayi, Igiaba Scego, Laila Wadia; a cura di Flavia Capitani e Emanuele Coen. - Roma [etc.]: GLF editori Laterza, 2005.

Questa raccolta di poesia mostra l‘attenzione di Gentiana non tanto sulla propria condizione di esule, ma agli avvenimenti del mondo che chiedono una riflessione. Nella poesia che dà il titolo alla raccolta il pensiero va al popolo kurdo, alla battaglia di Kobane e alla comandante Narin. Ma la vita di tutti i giorni inevitabilmente torna leggendo il giornale, bevendo un macchiato e avendo un pensiero per la mamma.
Al tempo stesso però dichiara forte la propria nostalgia per suoni, profumi e sapori della propria terra. Dalla poesia che apre il libro:

Ho nostalgia del paese remoto,
 mi manca ogni cosa che amo,
 anche se mi è vicina. Ho bisogno
 della voce del cibo, e l’amica
 mi è sempre lontana dagli occhi. Mi racconta lo stesso della sua vita
 scrutando il pescatore distante dalla costa
 che recupera con calma i pesciolini dalla rete.

137, [1] p.; 18 cm. ISBN 88-420-7797-6

Gentiana Minga è nata il 12 aprile 1971 a Durazzo (Albania). Laureata in Storia e Filologia a Tirana (Albania) nel 1993. Ha lavorato come professoressa di lingua e letteratura albanese, bibliotecaria e giornalista professionista per diverse testate albanesi. Poetessa e scrittrice, ha pubblicato: Autopsia del disastro 1993, La signora di Scutari 2003, Abbracciata dalla luce (traduzione in albanese dall’italiano – 2003). Pubblica tutt’ora cicli poetici e racconti in diverse riviste letterarie. Dal 2000 vive a Bolzano dove partecipa a diversi progetti culturali e multiculturali.

[10 1 ITA MIN - 4180008528] Minga, Gentiana
 Ciao mamma, un saluto da Bolzano / Gentiana Minga. Lecce: Terra d‘ulivi, stampa 2017. - 77 p.; 20 cm. (I granati; 14) ISBN 978-88-99089-68-9


ELVIRA DONES

ELVIRA DONES

Vergine giurata

Bianco giorno offeso

Le Montagne Maledette. Qui, lo dicono le antiche leggi, la donna è solo l’ombra dell’uomo, il contenitore del suo seme, un otre fatto per sopportare. Ma la donna può anche sparare col fucile, bere grappa ed essere trattata da pari a pari: basta che diventi uomo. E così farà la bellissima Hana Doda, che respira poesia e sogna lingue lontane. Per amore dello zio morente e per sottrarsi – senza per questo infangare il nome del clan – a un matrimonio combinato, torna sui monti e fa voto di castità. Per la legge della sua gente Hana è ora una Vergine giurata, nel suo corpo di femmina racchiude l’onore, e il potere, di un maschio. Si fa chiamare Mark e l’intero villaggio la rispetta come un uomo. Beve e fuma, si abbrutisce e si imbruttisce nel tentativo di vincere la fatica, il freddo, l’isolamento e il richiamo di anima e corpo che bramano l’amore di un uomo. Tiene duro per quattordici anni, finché un giorno la donna sopravvissuta in Mark trova il coraggio di tradire il giuramento e fuggire in America, alla scoperta della Hana perduta.

Mi chiamo Ilìr Bejko. Il mio amico si chiama Max Baumann e io non so che pesci pigliare. Mi trovo davanti a una pagina bianca, tutta da scrivere. Sono due ore che mi scervello masticando inizi di racconto come fossero paglia e io un cavallo che gira in tondo. Anche se non devo inventare nulla. Che lo voglia o no, ciò che è successo è successo. La storia mi sta rannicchiata nello stomaco sfiancato dall’ulcera che deve aver cominciato a torturarmi sin da quando stavo in grembo a mia madre, e forse anche prima. E’ una giornata in apparenza tranquilla, una di quelle giornate che non ti asfissiano con mille piccoli compiti tipo rifornire di cibarie il frigorifero vuoto, portare dall’unico calzolaio della città le scarpe rotte, e altre cose così. E’ una giornata libera da obblighi banali, e proprio qui sta la sua perfidia. Non ti lascia nemmeno un pertugio per tentare la fuga. Inizia così questo romanzo forte e doloroso di Elvira Dones e racconta la vita dei due protagonisti Ilìr Bejko e Max Baumann, un profugo albanese in Svizzera e un amico dalla straordinaria vitalità mal incanalata e controcorrente. E’ il racconto della profonda e tormentata amicizia tra i due uomini, attraversata da altre passioni, struggenti e impossibili perché così è la vita e perché i personaggi sono in balia della storia. Un romanzo intenso, appassionante, vero.

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Elvira Dones è nata a Durazzo nel 1960 ed è cresciuta a Tirana (Albania). A sedici anni inizia a condurre programmi televisivi. Nel 1984 si laurea in letteratura inglese e albanese all’Università statale di Tirana. Nel 1988 lascia il suo paese – a quel tempo ancora una dittatura comunista – e si stabilisce in Svizzera. Nel ’97 pubblica il suo primo romanzo, Dashuri e huaj (Senza bagagli). Dal 2004 al 2015 vive e lavora negli Stati Uniti d’America. Dalla fine del 2015 è tornata nella Svizzera italiana. Elvira Dones è scrittrice bilingue, albanese e italiano. I suoi libri sono tradotti in diverse lingue.

[10 1 ALB DON - 4180002494] Dones, Elvira
 Bianco giorno offeso / Elvira Dones. Novara: Interlinea, c2004. - 244 p. ; 21 cm. (Biblioteca di narrativa ; 22). Tit. orig.: Ditë e bardhë e fyer. ISBN 88 8212 460 6

[10 1 ALB DON - 4180002495] Dones, Elvira
 Vergine giurata / Elvira Dones Milano: Feltrinelli, 2009. - 204 p.: 20 cm. ISBN 978 88 07 72114 4


ANILDA IBRAHIMI

L‘amore e gli stracci del tempo 9 Una storia vibrante e sincera, di amicizie che durano una vita, di perdite e di speranza, di figli della guerra e dei loro tanti genitori. Un romanzo che tocca corde profonde, temi viscerali, con coraggio e delicatezza. Che non teme di fare i conti con un passato che «quando ti trova, ti guarda con i tuoi stessi occhi». La prima volta che Zlatan vede Ajkuna è rapito dal dondolio delle sue trecce che «si allungano quasi a toccare terra». Non sa ancora che quella bambina diventerà così centrale nella sua vita. Crescono insieme a Pristina, nella stessa casa, anche se lui è serbo e lei kosovara di etnia albanese. I loro padri, Milos e Besor, condividono la passione per la medicina e per le poesie di Charles Simic. Le loro madri, Slavica e Donika, litigano su come fare le conserve di peperoni e sui particolari di certe ballate, patrimonio comune dei popoli dei Balcani. Ma il Kosovo, in cui per secoli questi popoli hanno convissuto, alla fine degli anni Novanta sanguina. Ed è l‘ennesima ferita al cuore dell‘Europa balcanica. Tra i botti di Capo-

danno e gli spari della guerriglia, Ajkuna e Zlatan si promettono amore eterno «come solo due ragazzi possono promettersi». La Storia però li separa: militare di leva lui, profuga lei. Ajkuna si ritrova in Svizzera, dove partorisce Sarah. Zlatan finisce in Italia, dove incontra Ines. Una ragazza minuta, con i capelli lisci che le cadono sulle spalle. Proprio come Ajkuna. In un montaggio alternato, il romanzo segue le vite dei due protagonisti, il loro rincorrersi e sfiorarsi, e forse perdersi. Lungo il cammino, in una babele arruffata di lingue, Zlatan e Ajkuna incroceranno una piccola folla di personaggi intensi, veri, col loro bagaglio di storie al seguito. Anilda Ibrahimi ci racconta, con la sua leggerezza, con la sua scrittura cruda e poetica, una vicenda struggente, di sentimenti forti, senza essere sentimentale. Ci porta di nuovo a un passo da qui, stavolta nel Kosovo, per farci scoprire un mondo e la sua repentina distruzione. Rintracciando però quel filo che continua a legare vecchio e nuovo, passato e futuro, in un flusso ininterrotto di vita.

[10 1 APB IBR - 4180007941] Ibrahimi, Anilda L‘amore e gli stracci del tempo / Anilda Ibrahimi. 3. ed. - Torino: Einaudi, 2015. - [4], 267 p.; 20 cm. (ET. Scrittori) ISBN 978-88-06-22781-4


ANILDA IBRAHIMI

Il tuo nome è una promessa 10 Una foto con due bambine dalle lunghe trecce, dietro il mare. È quello che resta a Abigail della sua famiglia. La Storia l‘ha divisa da sua sorella Esther, e l‘Albania che l‘ha accolta generosamente quand‘era in fuga dalla Germania nazista è diventata poi la sua prigione. Mezzo secolo dopo, a Tirana arriva Rebecca. Fugge da un matrimonio in crisi, ma forse vuole ricomporre il suo album di famiglia ricostruendo la storia che sua madre Esther non le ha mai davvero raccontato. Nella vita di Rebecca la fuga a un certo punto è l‘unica trama possibile. Il suo matrimonio con Thomas probabilmente è arrivato al capolinea, meglio non assistere alla consunzione dell‘amore. Per questo accetta l‘incarico dell‘organizzazione internazionale per cui lavora: destinazione Tirana. Non è mai stata in Albania, ma di quel paese sa molte cose. Sa per esempio che l‘ospite è sacro e che la parola data viene presa seriamente. Quello infatti è il paese che ha dato ospitalità a sua madre Esther in fuga dalla Berlino nazista, il paese che le ha salvato la vita. Ma proprio nell‘Albania di re Zog, che accoglieva gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, Esther ha perso sua sorella Abigail – catturata dai nazisti e deportata a Dachau. E quello strappo mai ricucito è ancora troppo doloroso per essere raccontato. Ad accoglierla a Tirana, Rebecca trova un ragazzo dalla voce rauca ma che con le parole

[10 1 ALB IBR - 4180008877] Ibrahimi, Anilda
 Il tuo nome è una promessa / Anilda Ibrahimi. Torino: Einaudi, 2017. - 230 p.; 22 cm. (I coralli) ISBN 978-88-06-22503-2

sa fare vertiginosi ricami: Andi sarà il suo assistente, e forse qualcosa di piú. Rebecca farà cosí i conti col passato della sua famiglia ma anche con Thomas, che la raggiungerà per provare a dare un nuovo corso alla loro storia. Sarà proprio lui, fotografo di fama, a riannodare i fili di quelle vite spezzate ricostruendo in un documentario le vicende degli ebrei salvati da re Zog, e delle due sorelle Esther e Abigail. Anilda Ibrahimi torna a raccontare la Storia con la forza narrativa e la poesia di Rosso come una sposa, regalandoci personaggi emozionanti, legati indissolubilmente dalla promessa dell‘ospitalità e della cura. Anilda Ibrahimi è nata a Valona nel 1972. Ha studiato letteratura a Tirana. Nel 1994 ha lasciato l›Albania, trasferendosi prima in Svizzera e poi, dal 1997, in Italia. Il suo primo romanzo Rosso come una sposa è uscito presso Einaudi nel 2008 e ha vinto i premi Edoardo Kihlgren - Città di Milano, Corrado Alvaro, Città di Penne, Giuseppe Antonio Arena. Per Einaudi ha pubblicato anche il suo secondo romanzo L›amore e gli stracci del tempo (2009 e 2011, di cui sono stati opzionati i diritti cinematografici, premio Paralup della Fondazione Nuto Revelli). I suoi romanzi sono tradotti in sei Paesi. Nel 2012 ha pubblicato, sempre per Einaudi, Non c›è dolcezza e, nel 2017, Il tuo nome è una promessa.


CARMINE ABATE

MARIA ANNITA BAFFA

Il ballo tondo

La sposa della neve

Quella di Costantino, figlio più piccolo di Francesco Avati detto il Mericano, è una famiglia davvero singolare: il padre, impetuoso e malinconico, è emigrato in Germania dalla nativa Hora, uno dei centri di origine albanese in Calabria; la madre, gran preparatrice di cibi piccantissimi, è rosa da un segreto rovello; le due sorelle dagli occhi brillanti e tempestosi, Orlandina e Lucrezia, vivono tormentate storie d’amore; il nonno Lissandro, ironico e saggio, è l’ultimo depositario di un’epoca e di un mondo che vanno scomparendo. E mentre Costantino cresce, attratto ugualmente dal passato mitico della sua gente e dalla modernità, irrompono nella sua vita il vecchio Luca Rodotà, misterioso rapsodo di Corone, il maestro Carmelo Bevilacqua, cacciatore di sentimenti e di ricordi, e infine, come un turbine, la sensuale e sfuggente Isabella. Attorno alle divertenti e drammatiche vicende di Costantino e della sua famiglia, Carmine Abate tesse un’epopea lirica, comica e visionaria.

Il viaggio in treno che Sofia compie da Trento verso il suo paese natale in Calabria per partecipare al funerale dell‘amata sorella è anche e soprattutto un viaggio interiore tra emozioni, memorie e riflessioni. I ricordi della protagonista, nei quali si avvicendano personaggi e scorci del suo passato, sono lo sfondo ideale per raccontare l‘affascinante cultura arbëreshë di cui fa parte. Un solo giorno per un evento triste. La protagonista, rivede la sua vita, quella dei suoi familiari e di un intero paese. Abitudini e modi di vivere diversi dal luogo dove ora vive. Abitudini secolari che si tramandano come se il mondo non fosse cambiato. E forse non lo è visto che la protagonista si ritrova al punto di partenza dopo anni di emigrazione. Tanti i personaggi, familiari e non, raccontati e „cantati“ (attraverso le poesie e brevi canti riportati nel romanzo) con passione. Più lingue si mischiano ma a prevalere sono soprattutto l‘italiano, lingua di cultura della protagonista, e l‘arbëresh, lingua materna.

Carmine Abate è nato il 24 ottobre 1954 a Carfizzi, paesino arberesh della Calabria. Ha studiato in Italia e si è laureato presso l‘Università di Bari. Successivamente ha vissuto in Germania e, da anni ormai vive in Trentino, dove esercita la professione di insegnante d‘italiano. Il suo primo libro di poesie risale al 1977: Nel labirinto della vita. Come narratore esordisce in Germania con la raccolta di racconti “Den Koffer und weg!”. Lo stesso anno pubblica “Die Germanesi”, una ricerca empirica socio-antropologica sull‘emigrazione svolta con Meike Behrmann. Il ballo tondo, uscito nel 1991, è il suo primo romanzo. Con il romanzo “La collina del vento” del 2012 arriva la vittoria del Premio Campiello.

Maria Annita Baffa è nata a S. Sofia d’Epiro, paese arberesh della provincia di Cosenza. Laureata in lingue parla l’inglese, il tedesco, l’italiano e l’arberesh come lingua materna. Ha insegnato italiano all’università di Konstanz (Germania) e inglese in Italia, soprattutto a Trento dove risiede. È autrice di numerosi articoli di linguistica per riviste scientifiche. È stata consigliere di circoscrizione e del consiglio delle donne del Comune di Trento dal 2005 al 2009. Nel 2012 ha conseguito un PhD in pedagogia all’università di Bolzano.

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[10 1 ITA BAF - 4180007513] Baffa, Maria Annita La sposa della neve / Maria Annita Baffa. Merano: Alpha beta, c2015. - 136 p.: ill.; 19 cm.

[10 1 ITA ABA - 3644] Abate, Carmine

(TravenBooks ; 75).

Il ballo tondo / Carmine Abate. - Genova: Marietti, 1991.

ISBN 978-88-7223-240-8

185 p.; 21 cm. - (Collana di narrativa; 7). ISBN 88 211 6234 6


GEZIM HAJDARI

GËZIM HAJDARI

Stigmate / Vragë

Nûr / eresia e besa

Stigmate-Vragë è una raccolta poetica che mette in evidenza tutte quelle componenti che sono valse a collocare di diritto la produzione di Gëzim Hajdari nel solco della cosiddetta „poesia dell‘esilio“, un filone che ha dato origine - soprattutto in epoca moderna - a straordinarie figure e metafore della condizione umana. A dare forza a questi versi c‘è lo sradicamento da ogni tradizione, una rabbia politica che non conosce compromessi e il ricordo di una patria che si vorrebbe ma non si può dimenticare.

Nûr è forse l’opera di Gëzim Hajdari che più radicalmente introduce una nuova torsione del discorso. Questo è vero, in primo luogo, per l’uso della forma del poema drammatico, che rielabora e intensifica gli snodi conflittuali propri della poesia hajdariana attraverso relazioni sceniche tra personaggi anziché attraverso il “corpo presente” dell’io centrale. In secondo luogo, e in maniera complementare, le figure essenziali della produzione poetica precedente, distribuite tra la sfera di un’esistenza nuda e quella del simbolo, vengono tradotte in una vicenda eroica e mitica che non si limita ad alludere a tratti a una memoria epica, ma attinge direttamente ed estesamente da una parola già detta, condivisa e tramandata: il corpus dell’epica popolare albanese. I valori etici e le situazioni narrative di quest’ultima, come Hajdari tiene ad affermare nella sua premessa ad uso del lettore italiano, sono intimamente legati alla civiltà del Kanûn, il codice d’onore che dal medioevo fino agli inizi del XX secolo regolò la vita degli albanesi delle montagne. … [dalla postfazione di Andrea Gazzoni].

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Gezim Hajdari è nato nel 1957 a Lushnje (Albania), si è laureato in Lettere Albanesi a Elbasan e in Lettere Moderne alla Sapienza di Roma. Nel 1990, dopo ben cinque anni di censura, pubblica la sua prima raccolta di poesie. Nel 1991 fonda con altri intellettuali il giornale «Il momento della parola» di cui diventa vice direttore. Nello stesso tempo collabora al giornale nazionale Republika e insegna letteratura nel liceo scientifico della sua città. Nel 1992 è costretto a lasciare il proprio paese. Da quell’anno vive come esule in Italia, nella città di Frosinone. Attualmente è considerato tra i migliori poeti viventi. Ha vinto diversi premi di poesia, tra cui il prestigioso “Premio Montale” per la poesia inedita. Le sue poesie sono tradotte in greco e in inglese. Hajdari scrive sia in albanese che in italiano, rinnovando un’antica tradizione di poeti (da Seneca fino a Keats, Nabokov, Yeats, Celan) che hanno scritto nella lingua del paese ospitante. Temi ricorrenti nella sua poetica sono la solitudine (condizione esistenziale quasi catartica), il viaggio (come esule, ma anche come essere umano) ed elementi naturali come la pietra, la terra, il cielo.

[10 1 ITA HAJ - 4413] Hajdari, Gëzim
 Stigmate / Vragë / Gëzim Hajdari. Nardò (LE): BESA, 2002. - 123 p.; 21 cm. (Costellazione; 46). Poesie. - Testo albanese a fronte. ISBN 88 497 0120 9

[10 1 ITA HAJ - 4180004600] Hajdari, Gezim
 Nûr / eresia e besa / [poema drammatico in due atti] / Gëzim Hajdari postfazione di Andrea Gazzoni. Roma: Ensemble, 2012. 137 p.; 21 cm. (Erranze; 1). ISBN 978-88-97639-37-4


RON KUBATI

RON KUBATI

Il buio del mare

Va e non torna

Un presente aspro, inquinato dai detriti della grande Storia, segna un imprecisato paese del blocco socialista. Un cielo livido, a dispetto dell‘azzurro mediterraneo, incombe su un‘amara quotidianità. Uno sguardo bambino, attonito eppure vigile, indaga, senza mai lasciarsi contaminare, mantenendosi fresco e lucido anche quando si spinge nel territorio del sogno. Il giovanissimo protagonista senza nome assiste all‘impiccagione del padre, al solcarsi sempre più profondo del viso della madre, al crescere della distanza fra lui e la rosea compagna di banco che profuma di sapone. Resiste e non si perde nelle tenebre che sempre più fitte avvolgono la città e i suoi abitanti: compagni di scuola spesso complici della perfidia degli adulti, maestre distratte, cani randagi pronti ad assalire, comandantidraghi, contrabbandieri dal grilletto facile, uomini buoni che non si tirano indietro quando occorre compiere azioni cattive... fino al sorprendente epilogo che irrompe col fragore di un tuono.

Una scrittura veloce e poetica insieme - come un‘insolita trasmissione radio durante il coprifuoco - attraversa la quotidianità di Elton, studente albanese in Italia, per coglierne le contraddizioni con ironia e leggerezza. Casa, studio, lavoro sono nella sua vita come nella vita di tutti, ma in un modo unico rispetto alla vita di tutti, diventando materiale di un‘insolita trasposizione per sequenze. Marachelle di bambini, sale d‘ascolto di un tribunale, corridoi universitari, la rete di un campo di prigionia. Poi, all‘improvviso, irrompe una figura femminile, una singolare presenza che sovverte qualsiasi possibilità di ordine. Un romanzo nevrile e intenso, venato di un‘intera attesa generazionale tradotta in ispirazione autobiografica.

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[10 1 ITA KUB - 5908] Kubati, Ron
 Il buio del mare / Ron Kubati. Firenze [etc.]: Giunti, c2007. - 105 p.; 21 cm. (Giunti blu). ISBN 978 88 09 05494 3

Ron Kubati è nato a Tirana nel 1971 da una nota famiglia di dissidenti. Arrivato in Italia nel 1991, vive in provincia di Bari dove ha svolto un dottorato di ricerca in filosofia, e si dedica alla scrittura. Lavora come traduttore. In Italia ha pubblicato Venti di libertà e gemiti di dolore (1991), in Albania la raccolta di poesie Tra speranza e sogno (1992). Nel 2000 è uscito il suo primo romanzo Va e non torna e nel 2002 M, sempre per Besa Editrice. Collabora con diversi quotidiani (La Gazzetta del Mezzogiorno e la Repubblica di Bari, inserto pugliese de La Repubblica); è membro della giuria letteraria del Premio Balcanica che si svolge a rotazione in diverse capitali dei Balcani.

[10 1 ITA KUB - 3783] Kubati, Ron Va e non torna : romanzo / Ron Kubati. Nardò (LE): Besa, 2000. - 195 p.; 21 cm. (Lune nuove ; 51). ISBN 88 497 0009 1


NINA SADEGHI

HELENA JANECZEK

Poetessa è femmina

Lezioni di tenebra

Dalla quarta di copertina:
 „Recitare una donna
 è un paradosso
 per l‘essere femminea
 che è in me.
 Io parlo ai tuoi baci
 mentre i venti
 di quattro stagioni
 soffiano nel mio abito,
 quale magnifica poesia
 sussurrerò nelle tue orecchie!“

Un libro particolare, un romanzo nutrito di autobiografia, che diventa anche biografia di una generazione. Una narrazione composita, fatta di brani di esistenza, ricordi, che ci portano gradualmente al cuore nero della storia, Auschwitz. „Lezioni di tenebra“ racconta il rapporto tra la giovane autrice e la madre, l‘unica di due famiglie numerose a essere sopravvissuta all‘Olocausto, insieme al padre. Ebrei polacchi, vissuti in Germania, dove la figlia Helena è cresciuta sentendosi completamente estranea al mondo tedesco e alla sua cultura, pur usandone la lingua anche nel suo esordio in poesia. Romanzo sull‘eterno tema dell‘amore difficile tra madre e figlia, che non è soltanto una memoria sull‘Olocausto, ma un resoconto lucido, appassionato e distaccato al tempo stesso, che punta soprattutto a misurare l‘intensità del contraccolpo che quella tragedia ha lasciato nella generazione successiva. E il contraccolpo sta nell‘impossibilità di avere radici, nella confusione linguistica, nel disperato bisogno di appartenere e nella crudele condanna a sentirsi estranei, comunque e dovunque. Sta nello stupore di fronte al destino, al male, alla sorte: „Paghi per ogni errore, anche il più piccolo, sempre e comunque... Ma che cosa sia un errore non lo sai. A questo non devi mai pensare“.

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Le mie poesie parlano della poetessa che si sente libera, che si spoglia togliendosi il vestito di donna che gli altri (la cultura) hanno creato per lei. La poetessa è felice di essere femmina e gode della sua vita senza condizionamenti (qualche volta soffre, poiché la libertà ha un costo: la solitudine). Ma essa è libera solo nei suoi versi poiché la società la condiziona. … [Dalla nota dell‘autrice al libro] Nina Sadeghi è italiana, di origine persiana. I suoi maestri sono Hafiz, Saadi, Rumi e Forugh Farrokhzad. Ha tenuto varie serate sulla poesia nella città in cui vive. Afferma: “osservo le parole dal buco di una serratura come se avessero chiuso la porta per riposarsi… alcune volte la spalancano, altre la aprono per far fuoriuscire una minuscola luce… io le aspetto e quando arrivano sono generose, si articolano in sequenze, non so se poetiche, ma certamente emozionali”.

[10 1 ITA SAD - 4180008080] Sadeghi, Nina Poetessa è femmina / di Nina Sadeghi. Roma: Galassia Arte, 2014. - 63 p.; 21 cm. (Appunti di poesia; 17). ISBN 978-88-6831-142-1

[10 1 ITA JAN - 4180008693] Janeczek, Helena Lezioni di tenebra / Helena Janeczek. Parma: Guanda, [2011]. - 199 p. ; 22 cm. (Narratori della Fenice) ISBN 978-88-6088-266-0


HELENA JANECZEK

La ragazza con la Leica 15 1° agosto 1937, una sfilata piena di bandiere rosse attraversa Parigi. È il corteo funebre per Gerda Taro, la prima fotografa morta su un campo di battaglia. Proprio quel giorno avrebbe compiuto ventisette anni. Robert Capa, in prima fila, è distrutto: erano stati felici insieme, lui le aveva insegnato a usare la Leica e poi erano partiti assieme per la Guerra di Spagna. Nella folla seguono altri che sono legati a Gerda da molto prima che diventasse la ragazza di Capa. Ruth Cerf, l‘amica di Lipsia, con cui ha vissuto nei tempi più duri a Parigi, dopo la fuga dalla Germania. Willy Chardack, che si è accontentato del ruolo di cavalier servente da quando l‘irresistibile ragazza gli aveva preferito Georg Helena Janeczek è nata a Monaco di Baviera nel 1964 in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da oltre trent›anni. Ha esordito con una raccolta di poesie, Ins Freie, edita da Suhrkamp nel 1989. Nel 1997 pubblica con Mondadori, Lezioni di tenebra, la sua prima opera di narrativa in italiano. Il libro affronta a partire dall›esperienza autobiografica, il tema della trasmissione di madre in figlia di una memoria tabù segnata dalla deportazione della madre a Auschwitz. Vince il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Berto, riceve elogi importanti da scrittori come Lalla Romano e Erri de Luca. Segue Cibo (Mondadori, 2002), mosaico romanzesco di storie che indagano il rapporto, felice o problematico, di donne (e uomini) con il cibo, il corpo e i desideri e le memorie che vi si intrecciano. Nel 2012 è stato ripubblicato Bloody Cow (Il Saggiatore), pamphlet visionario sulla «Mucca Pazza» e tributo a Claire Atkinson, una ragazza inglese vegetariana tra le prime vittime del morbo. La ragazza con la Leica (2017) è il suo terzo romanzo e vincitore del Premio Strega 2018.

Kuritzkes, impegnato a combattere nelle Brigate Internazionali. Per tutti Gerda Taro rimarrà una presenza più forte e viva della celebrata eroina antifascista; Gerda li ha spesso delusi e feriti, ma la sua gioia di vivere, la sua sete di libertà, sono scintille capaci di riaccendersi a distanza di decenni. Basta una telefonata intercontinentale tra Willy e Georg, che si risentano per tutt‘altro motivo, a dare avvio a un romanzo caleidoscopico, costruito sulle fonti originali, di cui Gerda Taro è il cuore pulsante. È il suo battito a tenere insieme un flusso che allaccia epoche e luoghi lontani, restituendo vita alle istantanee di questi ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l‘ascesa del nazismo, l‘ostilità verso i rifugiati che in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di sinistra, come loro. Ma per chi l‘ha amata, quella giovinezza resta il tempo in cui, finché Gerda è vissuta, tutto sembrava ancora possibile.

[10 1 ITA JAN - 4180008619] Janeczek, Helena La ragazza con la Leica / Helena Janeczek. 3. ed. - Milano: Guanda, 2017. - 333 p.: ill. ; 22 cm. (Narratori della fenice) ISBN 978-88-235-1835-3

PREMIO STREGA 2018


JARMILA OCKAYOVÀ

JARMILA OCKAYOVÀ

Requiem per tre padri

Verrà la vita e avrà i tuoi occhi

Siamo a Praga, nell‘inverno del 1969. La Cecoslovacchia, invasa ormai da un anno, ha ripreso la vita normale. L‘autrice affronta il romanzo storico, anche se l‘epoca è solo uno sfondo da cui emerge un conflitto psicologico tra madre e figlia. La prima è un‘attrice che ha tradito i suoi ideali per continuare a recitare. La seconda, Nadia, è un‘inquieta adolescente che trova nell‘odio verso la madre una ragione di vita per la sua ansia di verità e ribellione. Attorno a loro ruotano gli amici, i conoscenti con le loro ipocrisie e certezze e, come amanti della madre, due registi, rivali in amore e sul lavoro, rappresentanti di due aspetti del potere, ma entrambi incapaci di sostenere con coerenza il proprio ruolo.

Breve romanzo che affronta due tematiche classiche (l‘amicizia, la morte) e altre più legate al mondo contemporaneo (il disagio giovanile, l‘anoressia come rifiuto di una vita basata sull‘apparenza, l‘incomunicabilità generazionale), viste con gli occhi delle due giovani protagoniste: Barbara e Stefania. Due amiche ventenni molto diverse fra loro: Barbara cupa e complicata, Stefania concreta e spontanea. Due ragazze profondamente dissimili, eppure profondamente unite nel difficile viaggio di passaggio dalla gioventù alla vita adulta, viaggio che condurrà la coppia a provare gioie e sofferenze, brevi lampi di serenità ma anche il lancinante dolore della malattia e della morte.

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Jarmila Ockayovà è nata in Slovacchia nel 1955 e dal 1974 si è trasferita in Italia. Attualmente vive e lavora a Reggio Emilia. Ha pubblicato, giovanissima, racconti e poesie su diverse riviste di Bratislava. Dopo dieci anni di silenzio narrativo, impostole dal cambiamento della lingua, ha ripreso a scrivere in italiano. Il suo romanzo d›esordio ha esaurito tre edizioni. Fra i suoi lavori letterari, da ricordare la traduzione delle antiche fiabe slovacche raccolte da Pavol Dobšinký, pubblicate da Sellerio col titolo «Il re del tempo“.

[10 1 ITA OCK - 4347] Ockayovà, Jarmila Requiem per tre padri / Jarmila Ockayovà. Milano: Baldini & Castoldi, 1998 [copyr.]. - 160 p.; 21 cm. (Romanzi e Racconti; 137). ISBN 88 8089 528 1

[10 1 ITA OCK - 4346] Ockayova, Jarmila Verrà la vita e avrà i tuoi occhi / Jarmila Ockayova. Milano: Baldini & Castaldi, 1997 [copyr.]. 141 p.; 22 cm. (I nani; 33). ISBN 88 8089 372 6


ANNA BELOZOROVITCH

ANNA BELOZOROVITCH

Banane e fragole

24 scatti 17

Sono gli ultimi anni dell‘URSS, e le stagioni si susseguono nella vita di una bambina, portando con sé cambiamenti e novità. Il fascino della Barbie, le pubblicità ammiccanti e persuasive, le storie delle soap-opera e l‘emigrazione dei vicini di casa, infine un viaggio all‘estero, che svela una serie di sapori, modi di pensare, verità inaspettate. Questa serie di racconti si presenta in una sequenza precisa che, come una raccolta di ricordi, segue una linea quasi cronologica. E come in ogni ricordo d‘infanzia, nulla ha la pretesa di essere vero.

[10 1 ITA BEL - 4180007569] Belozorovitch, Anna
 Banane e fragole / racconti / Anna Belozorovitch. Nardò: Besa, [2010?]. - 69 p.; 21 cm.

Un racconto fatto di istantanee inanellate sul filo del tempo unisce Mara e Marino nel singolare gioco di documentare la loro giornata-tipo attraverso gli scatti di una vecchia macchina fotografica, con l‘intenzione di svilupparne il rullino solo dieci anni dopo. La colazione, il pranzo da preparare, un bagno caldo, il letto con le lenzuola sfatte dopo l‘amore: gesti quotidiani e rituali consolidati lasciano emergere passato e presente della loro vita di coppia, in bilico fra le trappole della noia e il desiderio di ritrovarsi. Congelato fra i 24 scatti della pellicola, ostaggio delle ore felici di Mara e Marino, c‘è anche un segreto che viene dal passato. Una verità sospesa custodita in uno scatto fatto alcuni anni fa, il primo del rullino...

(Nuove lune; 22) ISBN 978-88-497-0617-8

Anna Belozorovitch è nata a Mosca nel 1983, ha vissuto tra il Portogallo e l’Italia, dove risiede stabilmente dal 2004. Scrive da sempre, prima in russo, poi in lingua portoghese, successivamente nella lingua italiana che ora è diventata la sua lingua principale. Ha pubblicato in prosa nel 2009 il lungo romanzo Deliranti, a cui segue nel 2010 Banane e Fragole fino agli ultimi Il pesce rosso e Qualcosa mi attende.

[10 1 ITA BEL - 4180008958] Belozorovitch, Anna
 24 scatti / romanzo / Anna Belozorovitch. Nardò: Besa, 2015. - 228 p. ; 21 cm. (Nuove lune; 101) ISBN 978-88-497-1013-7


NICOLAI LILIN

NICOLAI LILIN

Educazione siberiana

Il serpente di Dio

Cosa significa nascere, crescere, diventare adulti in una terra di nessuno, in un posto che pare fuori dal mondo? Pochi forse hanno sentito nominare la Transnistria, regione dell‘ex Urss autoproclamatasi indipendente nel 1990 ma non riconosciuta da nessuno Stato. In Transnistria, ai tempi di questa storia, la criminalità era talmente diffusa che un anno di servizio in polizia ne valeva cinque, proprio come in guerra. Nel quartiere Fiume Basso si viveva seguendo la tradizione siberiana e i ragazzi si facevano le ossa scontrandosi con gli „sbirri“ o i minorenni delle altre bande. Lanciando molotov contro il distretto di polizia, magari: „Quando le vedevo attraversare il muro e sentivo le piccole esplosioni seguite dalle grida degli sbirri e dai primi segni di fumo nero che come fantastici draghi si alzavano in aria, mi veniva da piangere tanto ero felice“. La scuola della strada voleva che presto dal coltello si passasse alla pistola. „Eravamo abituati a parlare di galera come altri ragazzini parlano del servizio militare o di cosa faranno da grandi“. Ma l‘apprendistato del male e del bene, per la comunità siberiana, è complesso, perché si tratta d‘imparare a essere un ossimoro, cioè un „criminale onesto“. Con uno stile intenso ed espressivo, anche in virtù di una buona ma non perfetta padronanza dell‘italiano, a tratti spiazzante, con una sua dimensione etica, oppure decisamente comico, Nicolai Lilin racconta un mondo incredibile, tragico, dove la ferocia e l‘altruismo convivono con naturalezza.

„Due teste diverse ma un cuore solo“, dicono i vecchi di due amici come loro. Ismail impulsivo e curioso, Andrej più maturo e riflessivo. Sono cresciuti insieme in un pacifico villaggio incastonato tra i monti del Caucaso. Un antico patto, dal nome dolcissimo, lega le due comunità di quel luogo, dove musulmani e cristiani convivono in un clima di rispetto reciproco. Finché Konstantin, agente dei servizi segreti federali, sceglie proprio quel paesino come avamposto per i suoi traffici di droga. Per i due adolescenti il tempo dei giochi è finito. Ora si tratta di mettere in salvo quanto hanno di più prezioso, e cioè di difendere gli oggetti sacri che sigillano quella promessa di pace, di proteggerli dalle „bestie di Shaitan“ come fossero parti del loro stesso corpo. Ismail e Andrej dovranno affrontare di colpo la violenza del mondo per portare a termine il compito, e comprenderne poi il fine ultimo: salvare quel „cuore solo“ che da sempre li unisce, e con esso qualcosa di più. Fino a una straordinaria rivelazione che li sconvolgerà, e a cui non potevano essere preparati.

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[10 1 ITA LIL - 4180003679] Lilin, Nicolai Educazione siberiana / Nicolai Lilin.

Nicolai Lilin è nato nel 1980 a Bender, in Transnistria, odierna Repubblica Moldava. Nel 2003 si è trasferito in provincia di Cuneo, dove fa il tatuatore, avendo studiato per tanti anni i tatuaggi della tradizione criminale siberiana e imparato le tecniche e i codici complessi che li regolano. Nel 2009 ha pubblicato con Einaudi il suo primo romanzo, Educazione Siberiana, che ha avuto grande successo e Gabriele Salvatores ne ha diretto la trasposizione cinematografica. A Educazione siberiana sono seguiti numerosi altri successi letterari e Il marchio ribelle è il suo ultimo romanzo.

7. ed. - Torino: Einaudi, 2011. - 343 p.: ill.; 23 cm. (Super ET). ISBN 978-88-06-20256-9

[10 1 ITA LIL - 4180008960] Lilin, Nicolai
 Il serpente di Dio / Nicolai Lilin. Torino: Einaudi, 2015. - 343 p.; 22 cm. ISBN 978-88-6621-368-0


MOHAMED GHONIM

MOHAMED GHONIM

Il segreto di Barhume

La foglia di fico e altri racconti

“Sentivo dentro di me, leggendo questo racconto, come se due lunghe leve mi stessero portando via lontano oltre l‘orizzonte, e mi facessero attraversare l‘estremo confine del tempo. Vedo tutto ruotare intorno a me, giro nello spazio e nell‘oltre vuoto, cercando quel misterioso segreto, cercandolo nella mente di tutta la gente, in tutti quei personaggi che hanno rappresentato per me un mondo ombelicale: dovevo immergermi nelle profondità di quel segreto con quelle lunghe leve per poi uscirne con le idee più chiare che si riassumono in un infinitesimale punto bianco: il sospiro della speranza”. Barhume ci guida nel percorso rappresentato dal cammino universale dell‘uomo che cerca di riscattarsi dalla dannazione del male per ritrovare alfine in se stesso le radici autentiche della felicità e della libertà.

Ghonim ci racconta sempre la storia di una ricerca: i suoi personaggi sono in perenne movimento, sulle tracce del loro obiettivo o, se non è così, sono uomini in fuga. C‘è la ricerca di un senso, di un equilibrio, della volontà di amare (o forse più del bisogno di essere amati) nella “Foglia di fico” simbolo delle capacità terapeutiche di questo sentimento. E’ un piccolo mondo da incubo quello percorso dai personaggi di Ghonim: sono forse dei vinti? Probabilmente si, ma d‘altra parte non sembrano avere altra occasione di esistere se non in questa dimensione assillante ed esistenzialmente cruciale che li porta a ricercare una stabilità o a fuggire da paure antiche, ancestrali che perseguitano questi personaggi dall‘infanzia all‘età matura.

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[10 1 ITA GHO - 4323] Ghonim, Mohamed
 Il segreto di Barhume / Mohamed Ghonim. Santarcangelo di Romagna: Fara, 1997. - 108 p.; 17 cm. (Con ciò sia cosa che; 10)

Mohamed Ghonim nasce il 15 ottobre 1958 ad El Menoufia (Egitto), la stessa cittadina dove hanno avuto i natali i presidenti Sadat e Mubarak. All‘età di sette anni entra nella Compagnia Teatrale Stabile di El Menoufia appoggiato dal fratello maggiore Ibrahim. Debutta di lì a poco con „Il ritorno di Omar“, rivisitazione storica, che vince il primo premio in un concorso intercittadino. Adolescente diventa redattore del giornale scolastico „La cultura“. Parallelamente alla scuola coltiva la sua vera passione, il teatro. Si diploma come perito agrario. Legge l‘opera omnia di Dante Alighieri, poi Boccaccio, Shakespeare, Dostoevskij, Petrarca e altri del Rinascimento italiano. Nel 1990 è italiano a tutti gli effetti. Autore di poesie e piéce teatrali, studioso di psicologia, in Italia ha esordito nel 1994 e nelle sue opere si amalgama la cultura araba a quella occidentale.

[10 1 ITA GHO - 4322] Ghonim, Mohamed
 La foglia di fico e altri racconti / Mohamed Ghonim. Santarcangelo di Romagna: Fara, 1998. - 76 p.; 17 cm. (TerrEmerse ; 2). ISBN 88 7940 0584


AMIR ISSAA

Vivo per questo 20 Scena prima: Roma. Notte fonda. Un bambino dorme vicino a sua sorella maggiore quando arrivano la polizia e l’ufficiale giudiziario per lo sfratto esecutivo. Lei si chiama Fatima, lui Amir. “Ho dieci anni, stringo il mio fagotto di vestiti e mi vergogno. In strada, di notte. E adesso?” Vivo per questo è un viaggio trascinante in una Babele metropolitana di colori, culture, suoni e voci. È la storia di un bambino e di una famiglia sempre in bilico sull’orlo della legalità. Una storia che parte veloce su una tavola da skate, correndo sui marciapiedi di Tor Pignattara inseguita da negozianti inferociti, con Amir Issaa è nato a Roma nel 1978 e cresciuto nel quartiere di Torpignattara. Meglio conosciuto con gli pseudonimi di Meticcio, Peso Piuma, Cina o più semplicemente come Amir, è un rapper italiano, figlio di un immigrato egiziano e di una donna italiana, membro della crew Rome Zoo. Amir si avvicina all’hip hop nel 1992 come breaker, il suo maestro è Crash Kid. Nel suo percorso all’interno di questa cultura passa al writing, entrando a far parte della crew capitolina The Riot Vandals.
Nel 2012 compone insieme al team di musicisti The Ceasars la colonna sonora del pluripremiato film “Scialla!” di Francesco Bruni, ottenendo la nomination ai David di Donatello e ai Nastri d’argento come miglior canzone del film dell’anno. Fino ad ora è l‘unico rapper ad aver calcato il red carpet del Festival del cinema di Venezia, e ad essere stato ricevuto in una cerimonia ufficiale dal Presidente della Repubblica Italiana.

Roberto detto Kyashan e Napoleone, amici inseparabili. Una storia che segue le movenze irresistibili della breakdance con Crash Kid, amico e mito scomparso troppo presto. Una storia che attraversa le scorribande del writing, anima nera della street art: la ricerca di un codice, le crew di quartiere, i tag per riconoscersi e sentire di esistere. Una storia che si carica con l’energia della hip house per poi scivolare nel rap, l’isola del tesoro, il collettivo Rome Zoo e piazzale Flaminio, la casa da abitare, il ritmo da cui farsi travolgere. In una escalation di incontri, esperienze ed emozioni, Amir Issaa ha scritto un libro che non è l’autobiografia rituale di un artista ma è soprattutto un ritratto generazionale. Un romanzo hip hop di iniziazione alla vita con decine di personaggi e una controcultura travolgente: una terra promessa che ha liberato tante adolescenze difficili dalle vertigini del caos.

[10 1 ITA ISS - 4180008644] Issaa, Amir
 Vivo per questo / Amir Issaa. Milano: Chiarelettere, 2017. - [4], 230 p.; 21 cm. (Reverse. Pamphlet, documenti, storie) ISBN 978-88-6190-907-6


GABRIELLA GHERMANDI

Regina di fiori e di perle 21 Debre Zeit, cinquanta chilometri da Addis Abeba, 1987: una grande famiglia patriarcale; un legame speciale tra il vecchio Yacob e Mahlet, la più piccola di casa. Lui la conosce meglio di chiunque altro: la guarda negli occhi, mentre lei divora le storie che lui le narra. Così, un giorno si mette a raccontarle del tempo degli italiani, venuti a occupare quella terra, e degli arbegnà, i fieri guerrieri che li hanno combattuti. Quel giorno, Mahlet fa una promessa: da grande andrà nella terGabriella Ghermandi, italo-etiope, è nata ad Addis Abeba nel 1965, e si è trasferita in Italia nel 1979. Da parecchi anni vive a Bologna, città originaria del padre. Nel 1999 ha vinto il 1. Premio del concorso per scrittori migranti dell‘associazione Eks&Tra, promosso da Fara Editore, e nel 2001 il 3. premio. Ha pubblicato racconti in varie collane e riviste. Seguendo l‘arte della metafora tipica della tradizione culturale etiope, scrive e interpreta spettacoli di narrazione che porta in giro sia in Italia che in Svizzera. Conduce laboratori di scrittura creativa nelle scuole, in Italia e Svizzera, sulla ricerca della „identità unica di ciascun individuo“ da contrapporre alle „identità collettive“ come percorso di pace.
Ha creato per il festival „Le strade dell‘esodo II edizione“ la performance di lettura, musica e narrazione Terre rosse dei sentieri d‘Africa, e per „Le strade dell‘esodo III edizione“ la performance lettura Mille sono le vie del ritorno. E‘ fondatrice, con altri scrittori, della rivista online El Ghibli (www.el-ghibli. org) e parte del comitato editoriale. Ha partecipato come relatrice a vari convegni tra cui quello dell‘AAIS (American association for Italian studies) sul tema della multidentità e scrittura.

ra degli italiani e si metterà a raccontare … Un lungo viaggio nel tempo e nello spazio, in cui scorrono la vita e le vicende di una famiglia etiope nel periodo della dittatura di Mengistu Hailè Mariam, e nel decennio successivo dell’emigrazione. Un romanzo che percorre oltre cento anni di storia, dal tempo di Menelik ai giorni nostri. Una narrazione che non riguarda solo la dimensione del passato etiopico, ma è anche un modo di interrogarsi sull’identità della memoria coloniale italiana. A cavallo tra lingue ed etnie, tra nazioni e continenti, tra occupazioni militari e guerre fratricide, si dipanano le mille storie di questa Shahrazade dei nostri tempi, fiera delle sue origini etiopi ed eritree, e insieme capace di usare la lingua italiana con l’intensità e la precisione di un bisturi.

[10 1 ITA GHE - 4180007355] Ghermandi, Gabriella
 Regina di fiori e di perle / Gabriella Ghermandi. Prefazione di Cristina Lombardi-Diop. - Roma: Donzelli, stampa 2011. - VI, 313 p. ; 20 cm. - (Meledonzelli). ISBN 978-88-6036-623-8


AMARA LAKHOUS

AMARA LAKHOUS

Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio

Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario

La sapiente e irresistibile miscela di satira di costume e romanzo giallo imperniato su una scoppiettante polifonia dialettale di gaddiana memoria (il Pasticciaccio sta sullo sfondo segreto della scena come un nume tutelare), la piccola folla multiculturale che anima le vicende di uno stabile a piazza Vittorio sorprende per la verità e la precisione dell’analisi antropologica, il brio e l’apparente leggerezza del racconto. A partire dall’omicidio di un losco personaggio soprannominato “il Gladiatore”, si snoda un’indagine che ci consente di penetrare nell’universo del più multietnico dei quartieri di Roma: piazza Vittorio.

Ottobre 2006. Mancano pochi mesi all‘entrata della Romania nell‘Unione Europea, ma Torino è scossa da una serie di omicidi che coinvolgono albanesi e rumeni. È in corso una faida fra delinquenti, o c‘è dietro la mano della criminalità organizzata che prima ‚infesta‘ e poi ‚bonifica‘ certe aree per speculare nel settore immobiliare? Enzo Laganà, nato a Torino da genitori calabresi, è un giornalista di cronaca nera che vuole vederci chiaro e scoprire il movente degli omicidi. Ma prima di far luce sul caso dovrà occuparsi di una spinosa vicenda che riguarda Gino, il maialino del suo vicino di casa, il nigeriano Joseph. Chi ha portato il maialino nella moschea del quartiere? E soprattutto perché? Enzo dovrà far luce su questi piccoli e grandi misteri usando un bel po‘ di fantasia, ironia e tanta pazienza. Un giallo multietnico per raccontare il nostro Paese multiculturale all‘insegna della commedia all‘italiana.

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Amara Lakhous è nato ad Algeri nel 1970 e vive a Roma dal 1995. Laureato in filosofia all‘Università di Algeri e in antropologia culturale a La Sapienza di Roma, ha iniziato il suo percorso professionale nel 1994 come giornalista della radio nazionale algerina. In Italia ha lavorato per tanti anni nel campo dell‘immigrazione, svolgendo attività di mediatore culturale, interprete e traduttore. Nel 1999 ha pubblicato il suo primo romanzo, Le cimici e il pirata (Arlem editore) in versione bilingue arabo/italiano, e nel 2003 ha pubblicato in Algeria il secondo romanzo in arabo, Come farti allattare dalla lupa senza che ti morda, successivamente riscritto in italiano con il titolo Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio (Edizioni E/O 2006). Con questo romanzo, tradotto in varie lingue, ha vinto nel 2006 il premio Flaiano per la narrativa e il premio Racalmare Leonardo Sciascia.

[10 1 ITA LAK - 4180004965] Lakhous, Amara Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio Romanzo / Amara Lakhous. Roma: E/o, c2006. - 189 p.; 18 cm. - (Assolo). ISBN 978-88-7641-716-0

[10 1 ITA LAK - 4180004966] Lakhous, Amara Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario / Amara Lakhous. Roma: E/o, stampa 2013. - 158, [3] p.; 21 cm. (Dal mondo). ISBN 978-88-6632-338-9


UBAH CRISTINA ALI FARAH

SAMIRA FATIH

Il comandante del fiume

Il paese più lontano del mondo

Roma, lungotevere. Il diciottenne Yabar si trascina verso l’ospedale Fatebenefratelli con un occhio sanguinante. Yabar, poca voglia di studiare e molta di provocare, è appena stato bocciato e ha litigato con Sissi, la sua migliore amica. Chiuso in sé stesso, solo grazie alla pazienza di zia Rosa comincia un lungo racconto fatto di sfoghi e domande, in cui ripercorre tutta la sua vita: la fuga dalla Somalia prima della guerra civile, il collegio, il suo essere nero, i problemi con la madre che lo vuole mandare a Londra dalla zia e che lo ha tenuto lontano dal padre, accusato di omicidio e scomparso nel 1992. C’è un tempo per conoscere certe verità, c’è una Somalia dell’anima, e non importa se suo padre è o meno un eroe perché Yabar imparerà da solo a distinguere il bene dal male, come il comandante del fiume della vecchia leggenda somala che, su mandato dei saggi del villaggio, ci protegge dai coccodrilli. Ubah Cristina Ali Farah narra con delicata efficacia la storia di un giovane che, come tanti, è arrivato da bambino in Italia per sfuggire a un destino di guerra e morte.

Il difficile cammino dell‘integrazione, l‘abbandono della patria e il distacco dalle proprie radici sono al centro di questo romanzo che si sviluppa con la freschezza di un diario e narra la storia di una famiglia di migranti attraverso la voce e lo sguardo della protagonista, prima bambina e poi ragazza. Una realtà fatta di partenze e ritorni, di telefonate a un papà che ha lasciato il Marocco per „il paese più lontano del mondo“, quell‘Italia da dove porta vestiti e giocattoli per i suoi figli. Quando anche il resto della famiglia si trasferirà al Nord di quel paese lontanissimo per ricongiungersi al capofamiglia, per la protagonista e per i suoi cari comincerà la sfida di integrarsi in un contesto segnato da modi di vivere e usanze molto diversi, facendo i conti con la nostalgia per il paese d‘origine. Una scrittura semplice e spontanea per una storia che affonda nel cuore della nostra epoca e racconta senza ipocrisia le contraddizioni ma anche la ricchezza umana di una società in cui convivono popoli diversi.

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Ubah Cristina Ali Farah è nata a Verona da padre somalo e madre italiana. A soli tre anni si è trasferita con la famiglia a Mogadiscio dove è rimasta fino allo scoppio della guerra civile nel 1991. Fuggita dal paese, dopo alcuni anni trascorsi in Ungheria è tornata in Italia e si è stabilita a Roma. Oggi vive a Bruxelles. Il suo primo racconto, Interamente, è apparso nel 2003 su «El Ghibli», prima rivista italiana dedicata alla letteratura della migrazione e della diaspora. Il suo romanzo d’esordio, Madre piccola, si è aggiudicato nel 2008 il premio Elio Vittorini.

Samira Fatih, terza di quattro fratelli, è nata ad Ouled Youssef, paese della regione di Tadla-Azilal, un territorio da tutti considerato il polmone verde del Marocco. A sei anni arriva in Italia e da allora è sempre vissuta in Trentino. Il paese più lontano del mondo è la storia della sua famiglia.

[10 1 ITA FAT - 4180008399] Fatih, Samira Il paese più lontano del mondo / romanzo / Samira Fatih. [Nardò]: Besa, c2016. - 105 p.; 21 cm. (Comete ; 72). ISBN 978-88-497-1051-9

[10 1 ITA ALI - 4180007415] Ali Farah, Ubah Cristina
Il comandante del fiume / Ubah Cristina Ali Farah. [Roma]: 66thand2nd, stampa 2014. - 204 p.; 21 cm. ISBN 978-88-96538-95-1


WIDAD TAMIMI

NIKOLA P. SAVIC

Il caffè delle donne

Vita migliore

Da sempre Qamar è in equilibrio tra due mondi, e trascorre felicemente gli inverni in Italia e le estati in Giordania, ospite della famiglia musulmana del padre. Nella Grande Casa sulla collina ascolta la nonna raccontare favole da Mille e una notte e sul terrazzo accarezzato dai raggi dell’ultimo sole incontra il suo primo amore. Finché, al compimento del quattordicesimo anno, diventa ufficialmente donna e viene sottratta a ogni contatto promiscuo. Nelle lunghe giornate trascorse con le donne di famiglia viene introdotta all’antico, affascinante rituale del caffè. Anni dopo, di fronte al dolore di una maternità mancata, Qamar sentirà la necessità di recuperare le proprie radici e ripensare alle parole ascoltate il giorno lontano in cui lesse la propria vita nel sedimento. Un esordio originalissimo, una voce sicura, capace di illuminare con sguardo partecipe i diversi modi di essere donna oggi. Un romanzo intenso, diretto, sorprendentemente aromatico: come un indimenticabile caffè.

„Vita migliore“ racconta di Deki, un ragazzo serbo che all‘inizio della storia ha dodici anni e mezzo e poco alla volta diventa adolescente, ma parla anche dell‘Ingegnere suo padre, di Sve sua madre, della sua nonna-vampiro, e di Ivana, di Milica, di Uros il Piccolo, di Scabbia, di Mihailo. Racconta del quartiere 62° nord della Nuova Belgrado, dei ragazzi che vivono nei palazzoni grigi costruiti dal regime titoista e passano i pomeriggi sui cubi di cemento nei cortili tra un edificio e l‘altro. Racconta dell‘amicizia, del senso di appartenenza. Racconta della scoperta del sesso, di palpeggiamenti e innamoramenti, di inseguimenti, di estati arroventate, di bagni nel fiume Sava, della ricerca di un‘identità difficile da trovare e ancora più da conservare. Racconta di una generazione che cresce tra le rovine di un sistema totalitario, molto più coinvolta nelle rivalità tra i diversi quartieri che nei conflitti interetnici e di religione. Racconta del Maresciallo Tito, in pagine esilaranti che si inseriscono tra le vicende del protagonista. Racconta della violenza latente, di ragazzoni che girano per i quartieri periferici con le pistole sotto il golf in cerca di pretesti per usarle. Racconta delle conseguenze della guerra.

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Widad Tamimi è nata a Milano nel 1981. Figlia di un profugo palestinese fuggito dall’occupazione israeliana del 1967 e di una donna di origini ebree, la cui famiglia scappò a New York durante la Seconda guerra mondiale, è cresciuta in Italia. Attualmente vive a Lubiana col marito e i due figli e presta servizio nei campi di accoglienza ai profughi nell’ambito del programma “Restoring Family Link” della Croce Rossa Slovena. Nel 2012 ha pubblicato il suo primo romanzo Il caffè delle donne, a cui è seguito Le rose del vento. Scrive racconti per “Delo”, il principale quotidiano sloveno.

Nikola P. Savic di origine serba, nato a Belgrado nel 1977, si è trasferito in Italia quando aveva 12 anni. Campione di Thai Boxe, laureato in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Bologna, vive e lavora in provincia di Venezia con la moglie bulgara e la figlia. “Vita migliore” è il suo primo romanzo.

[10 1 ITA SAV - 4180007664] Savic, Nikola P.
 [10 1 ITA TAM - 4180007028] Tamimi, Widad

Vita migliore / Nikola P. Savic

Il caffè delle donne : romanzo / Widad Tamimi.

Con una nota di Andrea De Carlo. - Milano: Bompiani;

Milano: Mondadori, 2012. - 295 p.; 24 cm.

Roma: Rai Eri, 2014. - 281 p.; 21 cm. -

(Scrittori italiani e stranieri).

(Narratori italiani) (Romanzo Bompiani).

ISBN 978-88-04-60422-8

ISBN 978-88-452-7728-3


ADRIÁN N. BRAVI

ADRIÁN N. BRAVI

Restituiscimi il cappotto

L‘albero e la vacca

La scomparsa di un cappotto azzurro polvere impedisce al protagonista di realizzare i suoi progetti, cioè di ammazzarsi come aveva deciso di fare dopo aver capito che “la morte è l’unica cosa che può salvare da tutte le fatiche”. Senza cappotto, tocca ancora stare qui a faticare, a patire freddo, a avere vergogna, a dannarsi con le parole.

„L‘albero e la vacca“ racconta la storia di un bambino, Adamo, che assiste da sopra a un albero alla separazione dei genitori. Seduto sul ramo del tasso, dopo aver mangiato le sue velenosissime bacche, Adamo vede apparire una placida vacca che rasserena l‘orizzonte. L‘irresistibile comicità di Bravi nasce dai serissimi sforzi dei suoi personaggi per risolvere situazioni spinose. L‘autore riesce a far ridere restando serio, come il grande comico americano Buster Keaton. Al suo protagonista bastano poche bacche velenose e una mansueta allucinazione per affrontare il dolore, sbarcare nell‘età adulta e lasciarsi la famiglia alle spalle. Con la sua prosa comica e visionaria, Adrián N. Bravi racconta il quotidiano, trasformandolo in un‘avventura fantastica, e viceversa.

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Adrián N. Bravi (San Fernando, Buenos Aires, 1963), vive a Recanati e lavora come bibliotecario presso l’università di Macerata. Nel 2004 comincia a scrivere in italiano: dopo l’esordio con Restituiscimi il cappotto (Fernandel, 2004), ha pubblicato con nottetempo La pelusa (2007), Sud 1982 (2008), Il riporto (2011), L’albero e la vacca (nottetempo/ Feltrinelli 2013) con il quale è stata inaugurata la collana indies di Feltrinelli e ha vinto il Premio Bergamo 2014. Nel 2015 l’editoriale argentina Sofia Cartonera ha pubblicato una breve raccolta dei suoi racconti, Después de la línea del Ecuador. Nel 2012, il cortometraggio di Andrea Papini ispirato al romanzo Il riporto ha vinto la prima edizione del Premio Bookciak 2012. I suoi libri sono stati tradotti in francese, inglese e spagnolo.

[10 1 ITA BRA - 4180008522] Bravi, Adrián N.
 Restituiscimi il cappotto / Adrián N. Bravi. Ravenna: Fernandel, stampa 2004. - 93 p.; 20 cm. - (LDM) ISBN 88-87433-45-3

[10 1 ITA BRA - 4180008523] Bravi, Adrián N. L‘albero e la vacca / Adrián N. Bravi. Milano : Feltrinelli; [Roma]: Nottetempo Feltrinelli, 2013. 125 p. ; 21 cm. - (Indies) ISBN 978-88-07-04101-3


MOHAMED BA

CHEIKH TIDIANE GAYE

Il tempo dalla mia parte

Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera

Da anni la siccità non lascia tregua. Nessuna goccia di pioggia ammorbidisce il terreno secco della mitica Jolof, terra africana densa di racconti e incrocio di popoli. Poco più che ragazzino, Amed si vede affidare una missione importante: dovrà partire per l‘Occidente alla ricerca del tamburo magico, capace di invocare la pioggia e interrompere l‘arsura. Il cielo non lascia altra speranza, ma Amed non è il primo a partire: un gruppo di giovani ha tentato l‘impresa e non ha mai fatto ritorno. Tra Francia e Italia, tra momenti spassosi e altri di intensa drammaticità, questa vicenda si legherà a doppio filo ai problemi della convivenza tra popoli diversi, fino a costituire una vera e propria fiaba di riconciliazione.

Nella forma di lettere all‘amico Silmakha, un cittadino italo-senegalese con impiego in banca a Milano vuole trasmettere il disagio che prova nello stare in quella che potremmo chiamare la società sviluppata. Il suo non è il rifiuto di un mondo, perché in questo mondo l‘autore vuole vivere: ormai è anche il suo mondo, in cui però non si sente accettato, non si sente parte a pieno titolo. Questa città, di cui l‘autore parla perfettamente la lingua, lo vorrebbe diverso. In fondo si dovrebbe spogliare della sua pelle nera, dei suoi legami culturali, di ciò che per lui è il valere la pena, e la gioia, del vivere. L‘opera è da un lato una raccomandazione al fratello e ai suoi di non spogliarsi di se stessi, dall‘altro una critica interna alla società che si vuole democratica e del diritto, e di cui l‘autore vuole far parte. Per sconfiggere l‘odio e il rancore occorre maggiore giustizia. Non dobbiamo avere paura. Dove sono finiti oggi i diritti e la legalità?

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Mohamed Ba è nato a Dakar nel 1963. Trasferitosi in Europa, prima di arrivare in Italia ha vissuto in Francia, dove ha pubblicato il romanzo Parole de nègre. Autore e interprete per il teatro, ha messo in scena, tra gli altri, Parole fuori luogo, B-Sogni, Negritudine, Canto dello spirito, Invisibili e Sono incazzato bianco. Ha collaborato con numerose associazioni impegnandosi nella diffusione, anche nelle scuole, dei valori dell’intercultura. Il tempo dalla mia parte è il suo primo romanzo scritto in italiano.

[10 1 ITA BA - 4180007503] Ba, Mohamed
 Il tempo dalla mia parte : romanzo / Mohamed Ba. Cinisello Balsamo: San Paolo, c2013. - 137 p.; 22 cm. (Narratori). ISBN 978-88-215-7896-0

Cheikh Tidiane Gaye è nato a Thiès in Senegal nel 1971. La scrittura è sempre stata la sua passione più o meno segreta, sbocciata in ambiente e lingua italiana con il libro Il giuramento (2001), seguito da Méry principessa albina (2005), e Il canto del djali (2007). Ha ottenuto significativi riconoscimenti letterari ed è presente sulla scena culturale italiana attraverso interventi, letture e performance poetiche che testimoniano una coerente partecipazione alla vita del suo nuovo paese. Nel 2003 partecipa al concorso “Genova città della poesia europea”, dove viene premiato per l’opera A mio padre Mandela.

[10 1 ITA GAY - 4180004775] Gaye, Cheikh Tidiane
 Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera / Cheikh Tidiane Gaye. Prefazione di Giuliano Pisapia. Milano: Jaca book, 2013. - 121 p.; 23 cm. ISBN 978-88-16-41181-4


JADELIN MABIALA GANGBO

JADELIN MABIALA GANGBO

Rometta e Giulieo

Verso la notte Bakonga

Rometta è una studentessa: sta preparando una tesina su un film di Greenaway. Giulieo è un consegnapizze cinese. Una sera, in una falsa fine inverno, mentre la luna grassa splende in fondo alla via, i due ragazzi si incontrano. Giulieo è rimasto appiedato con la sua vespa piagata dalla ruggine e ormai vicina alla tomba, Rometta sta uscendo da una pizzeria, dove ha brindato da sola ai suoi vent‘anni. Così ha inizio una grande e tormentata storia d‘amore contemporanea, che porta nell‘oggi contrasti e sentimenti, secondo la matrice rivisitata della grande tragedia scespiriana. Tra i personaggi, oltre alle amiche di Rometta, alla Balya, a Speziano il veterinario, a Benvolio, all‘imprenditore e agente Tonino, a sorella Mercutia, ai gatti, ai piccioni e alle periferie, c‘è anche l‘autore: Jadelin, che entra in scena non come voce narrante, ma come tormentato protagonista che racconta di sé, della propria vita, e che segue (spia) i suoi personaggi con ansia e partecipazione. (Continuai a battere sui tasti per giorni, giorni e giorni senza accorgermi che quella cosa di cui avevo rinnegato la voce lievitava: lievitava spingendomi oltre.) Il linguaggio di questa storia, che a volte è impostata proprio come un susseguirsi di scene teatrali, è stralunato, pieno di immagini, ricco di curiosi arcaismi, ma anche diretto, duro, aggressivo. Ne esce un impasto denso, molto dinamico e certamente originale.

Quando Mika salta sullo skate, le strade di Bologna si fanno molli e si lasciano femminilmente solcare da quelle ruote infernali che sprigionano sulfurei furori giovanili. Mika è convinto di dribblare il mondo e di roteare più rapido degli eventi, non sa che sta girando a vuoto. Dovrà attraversare molte pagine dense e doloranti (di spaccio, di handicap linguistici, di italico apartheid) prima di giungere non a un finale, ma al bandolo della sua storia dimenticata che affonda nella tenebra dell’Africa, là dove, accanto a un’ansa del fiume Congo, vive la tribù dei Bakongo – se pure esiste ancora, se non è stata spazzata via dalle guerre, dalla denutrizione, dai bianchi discendenti di Livingstone.

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[10 1 ITA GAN - 4342] Gangbo, Jadelin Mabiala
Rometta e Giulieo /Jadelin Mabiala Gangbo. Milano: Feltrinelli, 2001. - 165 p. ; 22 cm. (I canguri). ISBN 88 07 70134 0

Jadelin Mabiala Gangbo è nato a Brazzaville, nella Repubblica del Congo, nel 1976. Vive tra Bologna e Londra. Oltre ai romanzi “Verso la notte Bakonga” e “Rometta e Giulieo” ha pubblicato anche “Due volte”.

[10 1 ITA GAN - 4343] Gangbo, Jadelin Mabiala
 Verso la notte Bakonga / Jadelin Mabiala Gangbo. 2. ed. - L‘Aquila: Portofranco, 2001. - 165 p.; 18 cm. - (10). ISBN 88 87952 07 8


FUAD AZIZ

FARIBORZ KAMKARI

Versi da lontano

I fiori di Kirkuk

Fuad Aziz è il cantore di un popolo, quello kurdo, ancora in cerca di pace dopo decenni di guerre. Il segno di Fuad Aziz è riconoscibilissimo: alle bellissime illustrazioni in bianco e nero si aggiungono raffinate poesie. Nella raccolta colpisce la poesia dedicata a Nazim Hikmet, grande poeta dalle tante patrie:

Roma, Università La Sapienza, fine anni Ottanta. Najla proviene da una ricca famiglia araba di Baghdad, vicina al partito di Saddam Hussein, studia medicina, come Sherko, un giovane curdo coinvolto nelle questioni politiche del suo popolo. L‘amore che sboccia improvviso tra i due non basta a trattenere il giovane medico dal tornare a Kirkuk, nel Kurdistan, per reagire alle repressioni contro la sua gente. Najla seguirà le sue orme, lottando contro il volere della sua famiglia e contro Mokthar, giovane ufficiale arabo che ha chiesto la sua mano. Spinta da una passione inarrestabile, Najla attraverserà le sette valli dell‘Amore, celebrate dai poemi mistici arabo-persiani: la Ricerca, l‘Amore, la Conoscenza, il Dolore, il Sacrificio, la Libertà e infine l‘Elevazione.
Per amore di Sherko, Najla conoscerà tutte le tragiche tappe dell‘orrore: la lotta, la prigione, la tortura, gli abusi sessuali, le fosse comuni. Per amore di Najla, Sherko e Mokthar scivoleranno negli abissi dell‘anima, uomini perduti, soli, che dopo anni di scontri si ritroveranno in quel passato che ha cambiato per sempre le loro esistenze.

Poesie 28

O straniero, ho sognato che camminavamo insieme.
 Mi parlavi della dolcezza della vita
 e della sua sofferenza.
 O straniero, mi parlavi dell‘uomo, del grano, degli alberi.
 Evocavi il viaggio di una umanità forte,
 mi indicavi il sentiero della libertà. Pochi versi per ricordare le aspirazioni del proprio popolo e il desiderio eterno di libertà. Fuad Aziz è nato ad Arbil nel Kurdistan iracheno nel 1951 e si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Baghdad. Nel 1977 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze, città dove vive da allora. Ha presentato le sue sculture in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero, realizzando opere permanenti in varie città. E‘ autore di diverse mostre di illustrazioni, di testi ed illustratore di libri per l’infanzia. Opera nelle scuole di Firenze e provincia nell‘ambito dell’educazione interculturale. E‘ autore di molti libri illustrati per bambini tra cui ricordiamo “Ogni bambino ha la sua stella: incontro con i bambini kurdi” e “La primavera viene d‘improvviso: i kurdi, popolo di montagna”.

Fariborz Kamkari, nato in Iran nel 1971, è un regista, sceneggiatore e produttore kurdo. Vive e lavora in Italia e si è laureato in Regia e Letteratura Drammatica. Ha scritto e diretto numerosi cortometraggi, e alcune sceneggiature per il cinema e la televisione. Tra i suoi lavori più importanti figurano, oltre a I Fiori di Kirkuk (2010), Pitza e datteri (2015), Acqua e zucchero - Carlo Di Palma: i colori della vita (2016).

[10 2 KUR AZI - 4180008968] Aziz, Fuad

[10 1 ITA KAM - 4180004640] Kamkari, Fariborz

Versi da lontano / poesie / Fuad Aziz.

I fiori di Kirkuk / Fariborz Kamkari.

Traduzioni in francese di Patricia Karth;

[Roma]: Cooper, 2010. - 271 p.; 20 cm.

illustrazioni di Fuad Aziz. - Leonforte: Euno, 2017.

(Cooper storie).

55, [2] p.: ill.; 19 cm. - (Sikè. Zagara)

ISBN 978-88-7394-170-5

ISBN 978-88-6859-126-7


YOUNIS TAWFIK

YOUNIS TAWFIK

La straniera

Il profugo

Straniero, diverso, estraneo. Così è l‘Architetto, un giovane uomo che da un paese del Medio Oriente si è trasferito in Italia per gli studi universitari e vi è rimasto a lavorare senza incontrare eccessive difficoltà. E così è Amina, una ragazza che l‘uomo incontra per caso e dalla quale si sente irresistibilmente attratto, contro la sua stessa volontà. Perché Amina vive una vita ai margini, estremamente diversa dalla sua, la vita di chi non si è mai integrato, e, per resistere, è costretta a vendere il suo corpo. Una storia d‘amore multietnica e inquieta, insieme toccante e amara.

In questa saga famigliare lirica e avvincente, affidata alle voci di tre generazioni, il dramma dell‘Iraq rivive attraverso le passioni amorose, l‘impegno civile e lo slancio religioso degli uomini e delle donne che ne hanno attraversato le turbolente vicissitudini: amanti e fratelli divisi dalla politica fino al delitto, padri distrutti dalla fuga in Occidente dei figli, giovani che tentano faticosamente di ricostruirsi una vita in Europa, madri rimaste sole ad assistere alla devastazione dell‘Iraq durante la Guerra del Golfo.

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Younis Tawfik è nato a Mosul, l‘antica Ninive, in Iraq nel 1957. In Iraq ha ottenuto nel 1978 il Premio di Poesia Nazionale. Vive in esilio in Italia dal 1979. Nel 1986 ha conseguito la laurea in Lettere all‘università di Torino. Tawfik è docente nell‘Università di Genova, dove insegna Lingua e Letteratura araba; dirige inoltre il Centro culturale italoarabo Dar al-Hikma di Torino. La Straniera è il suo romanzo d‘esordio: da questo romanzo è stato realizzato un film diretto da Marco Turco con lo stesso titolo.

[10 2 IRQ TAW - 4351] Tawfik, Younis
 La straniera / Younis Tawfik ; postfazione di Egi Volterrani. Milano: Bompiani, 2001. - 204 p.; 20 cm. (Tascabili Bompiani ; 746). ISBN 88 452 4771 6

[10 2 IRQ TAW - 4180002497] Tawfik, Younis
 Il profugo / Younis Tawfik. Postfazione di Egi Volterrani. Milano: Bompiani, 2006. - 204 p.; 22 cm. ISBN 88 452 5619 7


YOUSEF WAKKAS

BASIR AHANG

Sulla via di Berlino

Sogni di tregua

Youssef Wakkas è un autore del nostro tempo tormentato. In questa sua Marcia forzata mette in scena catastrofi surreali attraverso fantasiose metafore di sperdimenti psicologici, di traumi personali e collettivi, riuscendo a farci assaporare, contestualmente, il colore del mondo mediorientale, il fascino di galee e galeazze, visir e gran sultani, la poesia di tempi lontani che hanno tradito le loro promesse di felicità. Il suo narrare dà voce al vagare nell’incubo della perdita di ogni riferimento dell’umano, è la cronaca dell’attrezzarsi in qualche modo, per chi ha vissuto da uomo, a vivere la costrizione del ritorno ai primordi, nell’inferno della bestialità. Nadia, Milad, Àdel “il guerriero malinconico”, sono tutti protagonisti di un romanzo complesso e appassionante che ci conduce nell’evidenza della tragica insensatezza della guerra, di ogni guerra, in ogni tempo, e che testimonia e racconta, come poco altro, la nostra contemporaneità.

Sogni di tregua è una raccolta di poesie che, tanto quanto un saggio, fanno comprendere cosa è stato per un‘intera generazione di giovani afghani il conflitto nel proprio paese. Un conflitto che ancora oggi, a distanza di anni, continua a produrre profughi, a cancellare generazioni. Dal primo capoverso della poesia “Ho sognato la fine dell‘esilio”: Ho sognato la fine dell‘esilio
e con esso la stagione della rabbia
in quelle gelate terre montuose
a me così care”.

La marcia 30

Yousef Wakkas é nato in Siria, ad Azaz, nel 1955. Ha iniziato a scrivere nel 1995 partecipando per caso al concorso letterario “Eks & Tra”. Nel 1998 ha ricevuto la medaglia del Presidente della Repubblica Italiana per il suo impegno nell’ambito della letteratura italiana della migrazione. Nel 2005 ha lasciato l’Italia per tornare in Siria, ma dal 2016 è di nuovo in Italia a causa dei tragici eventi che sconvolgono il suo paese. Tra le sue pubblicazioni: Fogli sbarrati. Viaggio surreale tra carcerati e migranti (Eks & Tra 2002); Terra mobile (Cosmo Iannone Editore 2004); La talpa nel soffitto (Ediarco 2005); L’uomo parlante (Ediarco 2007); Opera 99. L’autobus dei sogni (Youcanprint 2016).

Basir Ahang, nato a Ghazni il 1 marzo 1984, è un poeta, giornalista e attivista afghano naturalizzato italiano. Si occupa di tematiche legate ai rifugiati e al diritto d‘asilo. Nato in una famiglia di etnia hazāra si è laureato presso l‘Università di Kabul in Storia e Letteratura persiana, con una tesi sulla poesia contemporanea dell‘Afghanistan. Ha iniziato a scrivere per alcuni giornali locali ed ha fondato, lavorandovi come produttore radiofonico, Radio Malistan.
Nel 2006 ha iniziato a collaborare con il quotidiano italiano La Repubblica. Lo stesso anno il fotografo e giornalista italiano Gabriele Torsello venne rapito dai Talebani. Basir Ahang è stato coinvolto nella liberazione del giornalista, ottenendo informazioni venendo a conoscenza dell‘identità dei rapitori. A seguito del rilascio di Torsello, ha subito minacce di morte ed è stato costretto a lasciare il paese. Per questo motivo è stato accolto in Italia come rifugiato politico nel 2008.

[10 1 ITA AHA - 4180008367] Ahang, Basir
 Sogni di tregua / Basir Ahang. Rist. - Asola: Gilgamesh, stampa 2015. - 63 p.; 19 cm. (Le zanzare; 6) - Ed. di 93 esempl. num.

[10 1 ITA WAK - 4180008895] Wakkas, Yousef
 Sulla via di Berlino / la marcia / Yousef Wakkas. Isernia : Iannone, 2017. - 340 p.; 21 cm. - (Kumacreola; 28) ISBN 978-88-516-0185-0

ISBN 978-88-6867-088-7


ALIDAD SHIRI

Via dalla pazza guerra

Un ragazzo in fuga dall‘Afghanistan 31 „Mi chiamo Alidad Shiri. Il mio nome vuol dire „dono di Alì“. Il mio cognome, Shiri, indica l‘abbondanza e la bontà del cibo. Vuol dire infatti: tanto latte, molto dolce. Sono cresciuto in Afghanistan, nella città di Ghazni, ma quando avevo nove anni i talebani hanno ucciso il mio papà. Pochi mesi dopo la mia mamma, la mia sorella più piccola e la mia nonna sono morte sotto un bombardamento. Allora, con i miei zii, mio fratello e mia sorella più grandi siamo emigrati in Pakistan perché per noi era pericoloso rimanere. Ma lì non c‘era futuro per me. Con un amico sono emigrato clandestinamente in Iran dove ho lavorato per due anni in una fabbrica di Teheran finché ho guadagnato abbastanza soldi per fuggire in Europa. Dopo un lungo e pericoloso viaggio sono arrivato in Alto Adige legandomi sotto un tir che partiva dalla Grecia. Adesso ho sedici anni e vivo a Merano. Con l‘aiuto della mia insegnante di italiano, Gina Abbate, vi racconto la mia storia“.

Via dalla pazza guerra Un ragazzo in fuga dall‘Afghanistan / Alidad Shiri Antonio Riccò, Gina Abbate. Trento: Il margine, stampa 2007

Alidad Shiri è nato a Ghazni, in Afghanistan. E‘ arrivato in Alto Adige nell’estate 2005. Attualmente ha 27 anni e studia Filosofia con indirizzo “Politica-Etica-Religioni” presso l’Università degli Studi di Trento. Ha raccontato la sua storia nel libro “Via dalla pazza guerra”, tradotto anche in tedesco, che ha avuto molto successo ed è stato motivo di numerosissimi incontri su tutto il territorio nazionale. Nella sua vita ha visto tante ingiustizie e quella più grande per lui è stata la perdita dei genitori a causa della guerra. Ha ancora nel cuore il dolore di avere perduto dei compagni di scuola sotto le bombe, e durante il suo difficile viaggio verso l’Europa, di avere visto le donne del gruppo che si sono fermate all’interno della Turchia, perché non ce la facevano più ad andare avanti a piedi. L’ultimo tratto del suo viaggio verso l’Italia è avvenuto sotto un tir, dalla Grecia a Bressanone, durante il quale ha rischiato di morire schiacciato, come tanti altri ragazzi, quando ormai si era quasi arrivati. Ha sempre coltivato in questi anni il desiderio di studiare, per contribuire attraverso il suo lavoro al riconoscimento dei diritti fondamentali dei più indifesi, i bambini e le donne. Attualmente collabora con due quotidiani locali, l’Alto Adige e Il Trentino e scrive sull’attualità, in particolare sui problemi che riguardano i nuovi cittadini, i diritti delle donne, i diritti umani, il rapporto tra religioni in Europa, i pregiudizi verso gli stranieri, le aspirazioni dei giovani. Collabora anche con varie associazioni: Libera, Unhcr, Caritas, CIAM (“Centro internazionale per missione e formazione” del Vaticano) e con le Forze dell’Ordine.


Kulturen der Welt | Culture del Mondo | Cultures dl Monn La Biblioteca Culture del Mondo La Biblioteca Culture del Mondo ha come obiettivo quello di informare e sensibilizzare la popolazione locale sui grandi temi dello sviluppo dei paesi del Sud del mondo, sui rapporti tra paesi industrializzati e non, sulla politica della cooperazione internazionale allo sviluppo, sulle grandi questioni ecologiche, sulle culture che rischiano di scomparire, sulle grandi religioni del mondo, sui problemi legati all’immigrazione: infine da noi trovate una selezione della grande letteratura dei paesi del Sud del mondo. ORARI DI APERTURA Lunedì: Martedì: Mercoledì: Giovedì: Venerdì:

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