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Home Page » Area Stampa » News » 2015 » Novembre » La Sierra Leone dichiarata "ebola free"
Venerdì 13 Novembre 2015
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La Sierra Leone dichiarata "ebola free" Dopo 42 giorni senza nuovi casi di contagio, sabato 7 novembre la Sierra Leone è stata dichiarata “ebola-free”, ossia libera dal virus ebola. Un momento atteso dall’intero Paese della costa occidentale dell'Africa, dove vi sono stati più di 14.000 casi di contagio e 3.955 vittime (dati OMS, 1 novembre 2015). Era il 23 marzo 2014 quando l’OMS dichiarò ufficialmente l’inizio dell’epidemia in Guinea Conakry, poi diffusasi nei paesi confinanti Liberia e Sierra Leone, con casi limitati in Nigeria, Mali e Senegal. Il dato complessivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a novembre 2015 rileva 28.607 casi di contagio e 11.314 decessi, per la più grave epidemia di ebola mai registrata. Dopo la Liberia, dichiarata libera dal virus il 3 settembre 2015, ora anche la Sierra Leone è finalmente fuori pericolo. Tuttavia l’epidemia non è ancora stata sconfitta del tutto. Restano casi isolati di contagio in Guinea, non lontano dal confine con la Sierra Leone e soprattutto permane l’impatto forte dell’epidemia sull’economia e sulla società che con fatica stanno tentando di risollevarsi. Gli ambiti più problematici su cui è necessario un aiuto di medio-lungo termine sono la sicurezza alimentare, la sanità,i servizi di base, lo stigma verso gli ex-malati, le attività produttive, l’assistenza e l’educazione degli oltre 16.000 orfani provocati dalla malattia. Caritas Italiana, in collaborazione con la rete Caritas internazionale ed altri organismi ecclesiali, è stata impegnata sin dall’inizio della crisi nel sostegno ai piani di risposta della rete Caritas di Guinea Conakry, Sierra Leone e Liberia. In una seconda fase, grazie anche al contributo di 1 milione di euro della Conferenza Episcopale Italiana, è stato promosso un programma congiunto e un tavolo di coordinamento “Fratelli d’Ebola” con altre realtà ecclesiali italiane (Associazione Dokita onlus, Camilliani, CUAMM Medici con l’Africa, Fatebenefratelli-S. Giovanni di Dio, FOCSIV Volontari nel Mondo, Fondazione AVSI, Giuseppini del Murialdo, Salesiani don BoscoFondazione don Bosco nel mondo, Saveriani, VIS Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) per intensificare l’appoggio agli interventi della Chiesa cattolica dei tre paesi. I programmi hanno adottato un approccio multisettoriale, spaziando dal supporto alle strutture sanitarie locali e la sensibilizzazione, alla distribuzione di kit igienico-sanitari, al supporto psico-sociale, ad azioni per la sicurezza alimentare e l’approvvigionamento di cibo alle famiglie in quarantena, al riavvio di attività agricole e commerciali. Un’azione particolarmente rilevante è quella del supporto ai minori orfani e alle famiglie che li hanno accolti, per favorire il loro reintegro e la loro istruzione. Ad oggi sono incoraggianti i risultati raggiunti. Più di 50.000 sono i destinatari diretti degli interventi e oltre 2 milioni le persone che hanno beneficiato delle attività di sensibilizzazione. Inoltre grazie anche a questi interventi è stato possibile riaprire l’Ospedale cattolico Fatebenefratelli di Monrovia in
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attività di supporto psico-sociale e nel riavvio delle attività produttive. In questo caso come in altri gli effetti della crisi si sentono anche molto dopo che i riflettori mediatici si sono spenti ed è dunque importante continuare a sostenere le popolazioni con aiuti volti a rimuovere le cause della crisi e rafforzare le comunità locali nella loro capacità di prevenzione e risposta. Fondamentali su questo fronte sono anche le iniziative politiche a livello internazionale di sostegno al rafforzamento dei sistemi sanitari locali la cui fragilità è la vera causa del diffondersi di Ebola, Tubercolosi, Malaria, AIDS ed altre malattie più comuni ma non meno letali in contesti impoveriti come molti dei paesi dell’Africa Sub Sahariana.
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Liberia, l’ospedale Fatebenefratelli di Lunsar in Sierra Leone, un nuovo laboratorio permanente di immunologia e serologia presso l’ospedale cattolico “Holy Spirit” di Makeni in Sierra Leone, in grado di effettuare test su ebola, ma anche su altre malattie molto comuni in Africa. Più di 1.300 famiglie direttamente e indirettamente colpite da ebola sono state sostenute nei bisogni fondamentali, con
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Storie che riempiono il cuore elisa, Faggiano Roberta
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Fare i conti sulla sabbia
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Parola d'ordine: condivisione Faggionato roberta
L’epidemia di Ebola è stata, per la Sierra Leone, un vero e proprio Tsunami che ha portato via medici, infermieri, mamme, papà, famiglie, ospedali, scuole. Solo in Sierra Leone ci sono stati 14.061 casi e 3.955 morti. In totale, nei paesi colpiti dell’Africa sub-Sahariana, sono state contagiate
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caratterizza il nostro nome e il nostro stile. Non è stato facile, ma a Pujehun, distretto sanitario
È bello veder crescere i progetti Roberta Faggionato
28.575 persone e ne sono morte 11.313. (Dati Oms al 25/10/2015). Noi abbiamo deciso di rimanere, sempre a fianco dei locali, per rendere fattivo il “con” che
A n g e l a, A n g e l a, Daniela, L u i g i, Chiara
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Una sensazione di benessere Mahée Ferlini
con un unico medico locale per 350.000 abitanti, anche grazie al nostro team, ci sono stati solo 51 casi di Ebola. È stato il primo distretto a essere dichiarato ‘Ebola free‘. Qui le mamme hanno
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continuato a ricevere assistenza al parto e i bambini ad essere curati per la malaria o la polmonite. Mi
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Foglio piace dedicare questa “vittoria” sul virus al dottor Khan (e con lui a tutti gli Ebola Fighters), collega
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Aber a c q u a Ambulanza Angola Beira Chiulo
medico sierraleonese di 43 anni, che ha perso la vita nell’ospedale di Kenema, vicino al nostro. Ora l’importante è guardare avanti. Abbiamo 9 persone, tra medici, amministrativi e logisti impegnate in
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Sierra Leone, per continuare questo cammino e ogni sfida che ci si presenterà.
Jpo
g i o v a n i guerra HIV i m m i g r a t i J u b a Kuplumussana LifeIsSweet L u i malnutrizione mamme M a m m e e
comunità e dalle istituzioni locali. Insieme hanno intonato la canzone “Bye Bye Ebola”, una vera e propria “hit” nel paese, un canto liberatorio per lasciarsi alle spalle la paura di tutti questi mesi.
Medici con l'Africa Cuamm m i g r a n t i b a m b i n i M a t a n y
Don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm. TAG: Africa, Ebola, Medici con l'Africa Cuamm, Sierra Leone
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Sabato a Pujehun anche loro hanno partecipato ai festeggiamenti organizzati spontaneamente dalla
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Finalmente la Sierra Leone è “ebola free” 0
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08/11/2015 - 01:28 - 07/11/2015 Da un mese e mezzo non ci sono casi di contagio. Il 7
novembre è un grande giorno per il Paese africano, che festeggia la fine di un lungo incubo. Ma anche per il Cuamm-Medici con l'Africa, che ha affrontato tutta questa terribile epidemia ... (Famiglia Cristiana) Vedi tutti gli articoli di questa notizia | Condividi | Avvisami | Commenta Sezione: SALUTE (Leggi l'Articolo)
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"Ebola è ancora un pericolo": allarme Medici senza frontiere ROMA – Non bisogna abbassare la guardia col virus Ebola. A tenere alta l'allerta è Medici senza frontiere che il 7 novembre a ribadito il pericolo di epidemie in Guinea, mentre in Sierra Leone l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parla di ... (Blitz quotidiano - 9 ore fa)
Ebola, Oms annuncia fine del contagio in Sierra Leone. Prudenza da Msf: "Virus è ancora in Guinea" L'Organizzazione mondiale della sanità sottolinea che i test del sangue dell'ultima persona affetta sono negativi. Ma Medici senza frontiere avverte: "Non abbassare la guardia". di F. Q. | 7 novembre 2015. Commenti ... (Il Fatto Quotidiano - 11 ore fa)
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Simone Bonomi, 35 1980, Milano (Italia)
Ebola, l'Oms dichiara finita l'epidemia in Sierra Leone L'epidemia, la più grave
Christie Hefner, 63
dall'identificazione del virus in Africa centrale nel 1976, ha fatto oltre 11.300 morti di cui circa 4.000 nella sola Sierra Leone. L'Oms aveva già dichiarato superata l'epidemia di Ebola in Liberia nel settembre scorso, mentre ... (Rai News - 14 ore fa)
Alain Delon, 80
Ebola: l'Oms annuncia la fine dell'epidemia in Sierra Leone Si intravede la fine
1952, Wilmette (Usa)
1935, Sceaux (Île-de-France)
dell'incubo Ebola, l'epidemia che nei mesi scorsi ha colpito diversi Paesi dell'Africa centrale causando migliaia di morti. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato per oggi la fine del contagio in Sierra Leone. Il ... (Radio Vaticana - 18 ore fa)
Tom Anderson
Ebola, in Sierra Leone l'epidemia è finita. «Dal terrore alla speranza» Il virus si è
1978, Karaj (Iran)
diffuso per 18 mesi, ha contagiato 14.089 persone, uccidendone 3.955. Intervista a Nicola Orsini, responsabile di Avsi nel paese. «Qualcuno ricomincia timidamente a stringersi la mano, ma sono pochi. E all'ingresso dei luoghi pubblici ... (Tempi.it - 23 ore fa)
1970, Los Angeles (Usa)
Ali Karimi, 37
Tutti i compleanni e gli anniversari
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Don Antonio Sciortino Direttore di Famiglia Cristiana
Don Sciortino risponde
FINALMENTE LA SIERRA LEONE È “EBOLA FREE” 07/11/2015 Da un mese e mezzo non ci sono casi di contagio. Il 7 novembre è un
grande giorno per il Paese africano, che festeggia la fine di un lungo incubo. Ma anche per il Cuamm-Medici con l’Africa, che ha affrontato tutta questa terribile epidemia, con i propri medici e il proprio personale accanto alla popolazione sierraleonese. E con loro l’ha vinta. 0
6 COMMENTA
Stefano Pasta
Da alcune settimane, gli abitanti della Sierra Leone si stringono la mano per salutarsi. Questo gesto, banale da altre parti, qui non lo era più. Era vietato perché poteva trasmettere il virus che in un anno e cinque mesi ha contagiato 14.061 persone e ne ha uccise 3.955 solo nel Paese, mentre il bilancio sale a 28.575 casi e 11.313 morti se si considera tutta l’Africa subsahariana. Il 7 novembre è un giorno di grande festa: Il mondo singolare di un sierraleonese di festeggiare la fine da questa data la Sierra Leone è dichiarata dell'epidemia. In copertina: la gioia di un sopravvissuto a ebola. “ebola free”, senza nessun contagio da 42 giorni, ovvero il periodo che fa ritenere conclusa l’epidemia. Per celebrare la notizia, le autorità
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Più di 500 casi, oltre 330 vittime. Ebola ora ha oltrepassato i confini della Guinea e ha fatto la sua comparsa in Sierra...
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L’epidemia è scoppiata in gennaio, in Guinea. Ora è fuori controllo: il virus colpisce anche in Sierra Leone e Liberia. Nella... 6 COMMENTA
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Ebola, il contagio si allarga a tre Paesi
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hanno invitato tutti a vestirsi di giallo, mentre nell’ultima settimana le compagnie telefoniche inviavano ogni giorno un sms con il conto alla rovescia: «-5», «-4», «-3»… IL CUAMM-MEDICI CON L'AFRICA È SEMPRE RIMASTO ACCANTO ALLA POPOLAZIONE In realtà, la vera festa sarà il 5 febbraio, quando saranno passati ulteriori 90 giorni e anche le misure di sorveglianza verranno sospese. Accanto alla gioia, rimane infatti anche un po’ di paura: due strutture, una nell’est e una nella capitale Freetown, rimarranno aperte, pronte a un eventuale nuovo emergere di focolai. D’altronde, nella vicina Guinea, pur meno colpita dalla crisi rispetto la Sierra Leone, l’Organizzazione mondiale Un posto di controllo anti-ebola, durante l'infuriare dell'epidemia (foto di Nicola Berti). della sanità (Oms) ha confermato nuovi casi anche nel mese di ottobre. La Liberia, invece, è “ebola free” dal 3 settembre.
Msf, «Aiutateci a fermare l’epidemia»
«L’impegno a livello mondiale per combattere ebola è pericolosamente inadeguato», dice Medici senza frontiere. «Serve una... 47 COMMENTA
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Tra chi ha scelto di non lasciare sola la Sierra Leone c’è il Cuamm-Medici per l’Africa. Oggi gli operatori italiani sono nove, ma alcuni connazionali sono stati sempre presenti anche durante l’epidemia. Spiega il direttore don Dante Carraro: «Abbiamo deciso di rimanere, sempre a fianco dei locali, per rendere fattivo il “con” che caratterizza il nostro nome e il nostro stile. Per la Sierra Leone si è trattato di un vero e proprio tsunami che ha portato via medici, infermieri, mamme, papà, famiglie, ospedali, scuole». Tra le vittime del virus, anche il missionario spagnolo don Garcia Viejo, che per dodici anni aveva diretto l’ospedale San Giovanni di Dio nella città di Lunsar, dallo scorso gennaio gestito dal Cuamm. Ha 151 posti letto ed è il riferimento per mezzo milione di persone della zona.
DISCUSSIONI IN CORSO E' giusto in Italia festeggiare una ricorrenza pagana e anglosassone come Halloween?
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Operatori del Cuamm-Medici con l'Africa quando infuriava l'epidemia.
Da Freetown Matteo Bottecchia, responsabile per l’associazione in Sierra Leone, parla della «grande festa liberatoria del 7 novembre» dopo una «una lunga attesa, stancante». Ripercorre questi diciassette mesi: «All’inizio il Paese era messo in ginocchio, annichilito e incapace di reagire di fronte alle cifre dell’epidemia in crescita frenetica. Poi il coprifuoco, le restrizioni ai movimenti, la caccia ai casi di contagio, la dura lotta contro disinformazione e pericolose credenze».
Prima che venisse attuato un piano con procedure chiare, tutti raccontavano la propria verità. Chi diceva che bastava non mangiare la carne venuta dalla foresta, chi spiegava di non toccare le scimmie. Intanto, i primi cadaveri diffondevano il virus. Qui il rapporto con il defunto è, come spesso in Africa, un rapporto fisico: lo si tocca, lo si espone, lo si lava. È così che ebola ha attecchito e svolto il suo lavoro di morte. All’inizio, nella mancanza di vera informazione, quando le autorità hanno mandato gli uomini coperti da maschere e strani camici protettivi a portar via i cadaveri dalle case, la gente ha nascosto i morti.
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La sfida ora è superare lo stigma che circonda i sopravvissuti, alcuni dei quali devono anche fare i conti con problemi di salute, specialmente agli occhi. «La paura», aggiunge la cooperante, «ha coinvolto tutti; il proprietario della casa che abbiamo affittato per ospitare il personale medico del nostro centro di isolamento, pur senza alcun reale motivo, era stato accusato dai vicini di portare il virus». Tra l’altro, il distretto di Pujehun è stato tra i meno colpiti dall’epidemia: nel 2014 sono stati stimati 51 casi positivi per ebola (tra cui un autista del Cuamm, poi deceduto), mentre le morti di madri sono
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Uno dei centri di trattamento di ebola del Cuamm, ora in via di chiusura.
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Francesca Tognon, dottoressa italiana specialista in igiene, è anche lei in Sierra Leone con il Cuamm a Pujehun, distretto sanitario con un unico medico locale per 350 mila abitanti. Conferma che da luglio la vita quotidiana si avvia verso la normalità: «La gente», dice, «ha ripreso ad andare al mercato, uscire di casa, darsi la mano per salutarsi. Ad agosto hanno riaperto anche i due bar della cittadina, mentre i bambini e i ragazzi sono tornati a scuola».
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state 162. La Sierra Leone, infatti, è lo Stato al mondo con la mortalità materna più alta: 1.100 ogni 100 mila abitanti, rispetto ai 4 ogni 100 mila dell’Italia.
ORA LA SFIDA È RICOSTRUIRE UN SISTEMA SANITARIO DISTRUTTO DALLO TSUNAMI-EBOLA In varie zone del paese il Cuamm si è concentrato da un lato sul fornire agli operatori sanitari tutti gli strumenti di protezione di cui avevano bisogno, dall’altro sull’identificazione e l’isolamento dei malati. Per sensibilizzare le comunità e contrastare la diffusione di falsi miti, è stata creata una squadra di “contact tracer”: un gruppo di giovani che, percorrendo il territorio in lungo e in Il dottor Enzo Pisani con alcune infermiere del Cuammlargo, muniti di moto, cellulare e taccuino, Medici con l'Africa. Non hanno mai lasciato la Sierra Leone (foto di Nicola Berti). tracciavano tutti i contatti avuti da un nuovo malato. In totale sono state messe in isolamento più di 1.200 persone ed è stato possibile contenere il contagio. «Mi piace dedicare questa “vittoria”», conclude don Dante Carraro, «al dottor Khan (e con lui a tutti gli ebola fighters), collega medico sierraleonese di 43 anni, che ha perso la vita nell’ospedale di Kenema, vicino al nostro, mentre combatteva il virus». Infine, ora che la Sierra Leone è “ebola free”, il Cuamm indica la sfida per il futuro: «Ricostruire un sistema sanitario distrutto e ridare alla gente la fiducia nel personale sanitario». Intanto, in collaborazione con le strutture locali, l’associazione continuerà ad assistere le mamme durante il parto e a curare i bambini per la malaria o la polmonite. Non ha mai smesso, neanche quando il virus si diffondeva come la peste di manzoniana memoria.
TAG: cuamm, ebola, ebola free, epidemia, festa, medici con l'Africa, Sierra Leone COMMENTA CON:
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«Ebola, i morti e le quarantene così abbiamo aiutato a sconfiggerla»
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La fine dell’emergenza in Sierra Leone nel racconto dei volontari veneti del Cuamm. «Sembrava impossibile riuscire a batterla» PADOVA Ci sono luoghi in cui la morte più brutale è una COME TI FA SENTIRE QUESTA NOTIZIA
compagna premurosa della vita. Lo è anche in Sierra Leone, dove alle atrocità di una guerra civile è seguita un’epidemia. Poi arrivano anche i giorni di festa, come ieri, quando il paese africano ha potuto ufficialmente dichiararsi libero da ebola. Il più spaventoso tra gli ultimi contagi di massa. Solo laggiù ha
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infettato 14.061 persone e ne ha sepolte 3.955. Un virus intelligente, che si replica per semplice contatto e ti fa morire prosciugato da febbre ed emorragia. Ascolta
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Ma a Freetown si festeggia, almeno per un giorno. E la festa sarà anche un po’ veneta. Per questo il ministro della Sanità della Sierra Leone sarà a Verona, il 21 novembre. Lo porta qui una delle esperienze più straordinarie vissute nel suo paese. Protagonista il Cuamm, la Ong dei Medici per l’Africa. Una sede a Padova e una storia che risale agli anni ‘50. Obiettivo: il diritto FOTO GALLERY
alla salute di madri e bambini. Fino al 2012 quelli del Cuamm si erano concentrati
Cani, gatti e freddo
Una foto dei medici del Cuamm
soprattutto in Africa Occidentale, dal Sud Sudan al Mozambico.
c’era che un solo pediatra», racconta don Dante Carraro, direttore della Ong. A Pujehun, al confine con la Liberia, distretto di 350 mila anime, hanno allora installato la loro equipe. Come sempre «una cinque più uno», come la chiama don Dante, vale a dire cinque medici o sanitari e uno per la logistica. Ancora non sapevano cosa li aspettasse. «Quando all’inizio del 2014 l’epidemia ha colpito in Guinea Conakry e poi in Liberia, abbiamo capito che era in arrivo uno tsunami». Che fare? «Ci siamo detti: non dobbiamo trovarci impreparati». Primo: riempire i magazzini di materiali di protezione. Dunque: maschere, stivali, occhiali, cappelli, camici. Ad aprile i primi casi. Bisognava far presto. Allora era necessario informare e «costruire fiducia: quando sei in quelle situazioni le persone si devono fidare di chi sei, cosa dici, cosa fai». C’era bisogno di rafforzare l’equipe. In quest’anno e mezzo ha lavorato una ventina di volontari, metà veneti, 9 di loro infermieri e medici. Chi pensava di rimanere un breve periodo, alla fine si è fermato a lungo.
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A fine anno l’epidemia aveva raggiunto il picco. «E’ stato il periodo peggiore, la situazione sembrava fuori controllo», ricorda Matteo Bottecchia, 27 anni, una laurea in Scienze Politiche e a capo del coordinamento logistico, tornato solo qualche giorno fa per ritirare il premio Civilitas. «Le autorità avevano perso le speranze, puntavano ormai solo a ridurre i
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danni», dice. «Andavo e venivo di continuo da Freetown a Pujehun, almeno sei ore di auto, per concordare gli interventi, prendere materiale, partecipare alle riunioni nella capitale». L’Oms coordinava gli interventi, mentre molte Ong partecipavano in prima linea contro l’epidemia, dalla Croce Rossa a Emergency. Intanto Pujehun si trasformava in un
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intervento modello. C’è una cosa comunque di cui don Dante va fiero: i contact tracer. «Abbiamo messo in piedi una squadra di 250 ragazzi che a bordo di una moto, muniti di taccuino e
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Sabato 7 novembre si è celebrato a Freetown, ma nel
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distretto del Cuamm già si era festeggiato sei mesi fa. Non c’è niente di eroico nel racconto di questi operatori del Cuamm. Caso mai tristezza. Qui alla fine hanno contato 51 infettati. E metà di loro li hanno pianti. 07 novembre 2015 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Fabio Bozzato
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Gli "Ebola fighters": «Così i medici del Cuamm hanno debellato l'epidemia del secolo» Don Sante Carraro: «30 mila contagi e 11 mila vittime in Africa, finita l’emergenza. Abbiamo scongiurato l’ecatombe» di Silvia Quaranta
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03 novembre 2015
I medici Cuamm assistono un neonato in Sierra Leone
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«Significa» spiega don Dante Carraro, direttore del Cuamm «che l’ultimo caso registrato risale a quarantadue giorni fa, il doppio del periodo di incubazione del virus. Ed è un evento: sul sito del Nerc, National Ebola Response Centre, c’è il conto alla rovescia in attesa di quella data». Quando don Dante controlla sull’Ipad, mancano quattro giorni, sei ore, quarantaquattro minuti ed una manciata di secondi. Insieme ai medici e collaboratori volati in Africa con
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VENEZIA.L’epidemia del secolo è vinta. Dopo 30mila contagi e 11mila morti, l’Ebola sembra finalmente (o momentaneamente) debellata dall’Africa. Sabato la Sierra Leone, che è stata il paese più colpito, sarà dichiarata “Ebola free”: il riconoscimento arriva dal ministero della Salute locale, con l’approvazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
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lui, don Dante è stato un “Ebola fighter”: uno dei combattenti che hanno sfidato il virus e il terrore, andando lì dove i malati avevano bisogno di cure e di speranza. Uno di quelli a cui il settimanale americano Times ha dedicato una delle sue celebri copertine, nominandoli “uomini e donne dell’anno”. E dell’epidemia parla senza mezzi termini: «è stata un’ecatombe. In Uganda, nel 2000, registrò trecento casi. Un virus simile, nel 2005 in Angola, ne registrò 750. E adesso in Sierra Leone, solo in Sierra Leone, ce ne sono stati più di 14mila». Poche cifre, che restituiscono la misura del dramma. «I focolai» ricorda il direttore del Cuamm «iniziarono in Guinea, ma la malattia, che cammina con le persone, esplose in Liberia. Da lì arrivò in Sierra Leone, e primo fra tutti al distretto dove erano e sono tutt’ora i nostri medici». Il culmine è stato tra settembre e novembre del 2014. «Gli ospedali hanno chiuso uno dopo l’altro» racconta don Dante, «perché gli operatori si ammalavano, avevano paura, si rifiutavano di andare a lavoro. Così, ai morti per Ebola, si sommavano i morti per mancanza di cure». Don Dante lo dice sottovoce, ma il compito dei padovani in missione è stato fondamentale, soprattutto sotto il profilo della prevenzione: sono stati affissi manifesti per insegnare a comprendere i sintomi della malattia, contattati i capi delle comunità locali, organizzati incontri per dare informazioni.
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E poi sono stati rintracciati tutti i possibili malati: «Abbiamo organizzato un gruppo di ragazzi del luogo» continua il sacerdote «perché andassero a cercare tutti coloro che erano possibili malati. Andavano individuati sulla base dei contatti e delle interazioni che avevano avuto: i ragazzi li rintracciavano e li portavano in ospedale, per metterli in quarantena». Ne hanno messi in quarantena milleduecento. E mentre altrove i centri sanitari chiudevano, a Pujehun ne aprivano quattro. Non a caso, ci sono stati solo 51 casi, a fronte dei 700 registrati in altri distretti. «Abbiamo lavorato con professionalità e competenza» sussurra don Dante «ma abbiamo avuto anche una buona stella». Pujehun è stato il primo distretto “Ebola Free” di tutta l’Africa. Un traguardo, conquistato a fronte dei molti ritardi istituzionali: «Sia l’Oms sia il Cdc (Centers for desease control) di Atlanta hanno agito tardi e in modo inadeguato: mentre loro si chiedevano come e dove investire, noi abbiamo dovuto comprare un’ambulanza ad hoc, mascherine, camici, tonnellate di disinfettante» dice don Dante. Ora però si guarda avanti: «La gente è stanca» conclude il sacerdote. L’annuncio che
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Don Dante Carraro, direttore del Cuamm
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Ciclo d'incontri "Passi verso l'altrove 3" Inserito Da Alessandra ∙ 27 Ottobre 2015
Presso Auditorium di Villa Zanetti (zona Ippodromo) Dal 26/10/2015 Al 27/11/2015 “PASSI VERSO L’ALTROVE 3”. STORIE DI PERSONE CHE AGISCONO E COLLABORANO PER RENDERE IL MONDO UN POSTO MIGLIORE Fondazione Zanetti Onlus presenta il nuovo ciclo d’incontri di sensibilizzazione 2015/2016
Informazioni DOVE
Auditorium di Villa Zanetti (zona Ippodromo)
Viale Gian Giacomo Felissent, 53,Villorba
QUANDO
Dal 26/10/2015 Al 27/11/2015 10:12 COSTO
Ingresso libero
Dopo l’ottimo riscontro dei precedenti cicli d’incontri “Passi verso l’AltroVE 2013/2014” e Passi verso l’AltroVE 2 – 2014/2015”, inizierà il 10 novembre p.v. “Passi Verso l’AltroVE 3”, il nuovo ciclo d’incontri di sensibilizzazione organizzato dalla Fondazione Zanetti Onlus. Tante le storie che verranno raccontate seguendo nuovamente il filo conduttore della conoscenza dell’altro e dell’altrove. L’intento principale della Fondazione è sempre quello di dare voce a persone che si avvicinano agli altri (e ad altre realtà) con rispetto, comprensione e desiderio di agire e collaborare per creare un mondo migliore. Gli appuntamenti di questa iniziativa di sensibilizzazione sono in tutto 9, si terranno la mattina e sono indirizzati soprattutto agli studenti delle Scuole Superiori di Secondo Grado (ma l’accesso è consentito a tutti tramite prenotazione).
Il 10 novembre si parlerà della storia di Piero Corti e Lucille Teastale, due medici, due coniugi, che hanno lavorato insieme Vai al sito in Uganda 35 anni per trasformare un piccolo dispensario in TI PIACE? uno degli ospedali più importanti dell’Africa Equatoriale: il 0 Lacor Hospital. Per parlarne ci sarà la figlia Dominique che è È necessario attivare cresciuta in Uganda con i genitori e ha vissuto in prima persona Javascript per poter tutte le vicissitudini dell’ospedale. Il 25 novembre si parlerà, visualizzare correttamente questa sfida. grazie alla presenza del regista Paolo Bianchini ideatore del progetto SOS scuola, di come è possibile cooperare dal basso per riqualificare gli istituti scolastici fatiscenti. Il 3 dicembre il Comitato Collaborazione Medica di Torino affronterà il tema del diritto alla salute e lo farà in modo coinvolgente anche parlando di un importante – e premiato - progetto realizzato con le scuole piemontesi. L’ultimo appuntamento del 2015 (17 dicembre) sarà lo spettacolo-inchiesta RWANDA di MC Teatro Civile che racconta una storia vera di coraggio, fratellanza ed eroismo
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avvenuta durante il genocidio del 1994. Il 2016 si aprirà con l’incontro del 28 gennaio dove verrà proiettato il nuovo documentario di Marco Zuin e Luca Ramigni “La sedia di cartone” e se ne parlerà con Simona Atzori, la ballerina e pittrice senza braccia testimonial di un progetto in Kenya per persone disabili dov’è ambientato il documentario. Il tema delle migrazioni forzate, una delle crisi umanitarie più gravi del momento, sarà invece affrontato il 18 febbraio grazie agli operatori di Medici Senza Frontiere. Per ricordare che il virus dell’Ebola è ancora un nemico presente e che per i Paesi colpiti dall’ultima epidemia ricominciare è estremamente complesso, il 4 marzo i relatori saranno un medico di Medici con L’Africa Cuamm e il giornalista Pietro Suber che, insieme a Nicola Berti, ha realizzato il documentario “La vita al tempo di Ebola”. In questa occasione si capirà cos’è successo, cosa sta succedendo e cosa si può ancora fare ora che i riflettori su questa terribile epidemia si sono spenti. Il 17 marzo si terrà un incontro con tutti protagonisti trevigiani: il gruppo rock Quarto Profilo e i volontari della LILT Giocare in Corsia. Grazie alla loro musica e alle loro storie si potrà capire come la musica può unire le persone e trasformarsi in un importante strumento per comunicare con il sociale. Infine, l’8 aprile grazie all’ONG Cesvi e all’attrice Margherita Antonelli che ne è una testimonial, si parlerà dell’importanza delle donne per lo sviluppo globale anche portando l’esempio concreto di un progetto che si sta sviluppando in Sudafrica. Il ciclo d’incontri è patrocinato dalla Regione del Veneto, dalla Provincia di Treviso, dalle città di Treviso e Villorba e dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Treviso. Gli incontri si terranno tutti a Villorba (tranne lo spettacolo teatrale Rwanda che si farà presso l’Auditorium della sede della Provincia di Treviso) presso l’auditorium di Villa Zanetti in V.le Felissent, 53 – zona ippodromo. Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare la Fondazione Zanetti Onlus (Ref. Alessandra Fermi): Tel. 0422/312680 – eventi@fondazionezanetti-onlus.org www.fondazionezanetti-onlus.org G +1
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Bisogna dare più voce a chi si occupa dei bambini nati nei Paesi poveri La battaglia dei neonatologi: «La prima causa di morte neonatale è la mancanza di figure professionali dedicate al neonato e la voce dei genitori resta inascoltata»
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Bisogna dare più voce a chi si occupa dei bambini nati nei Paesi poveri
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Vaccini, perché non devono fare paura
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Ogni anno nel mondo muoiono 6,3 milioni di bambini con meno di 5 anni. Il 44% di loro, oltre 2,7 milioni, muore nel periodo neonatale, ovvero nei primi 28 giorni di vita. Di questo tema si è parlato al congresso nazionale di cure del neonato nei Paesi a limitate risorse, all’Università degli Studi di Milano, organizzato dalla Società Italiana di Neonatologia, dal Gruppo di Studio Neonatologia e Sviluppo della Società Italiana di Neonatologia e da Mangiagalli Life. «Il Millenium Development Goal numero 4 delle Nazioni Unite si poneva l’obiettivo, tra il 2000 e il 2015, di ridurre di due terzi la mortalità infantile nel mondo – spiega Michele Usuelli, coordinatore scientifico del congresso e medico di Terapia Intensiva Neonatale alla Mangiagalli -. L’obiettivo è fallito, nonostante una significativa riduzione della mortalità nei bambini da dopo il primo mese di vita in poi. Resta
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molto alta, pressoché invariata la mortalità dei neonati nel mondo, che è diventata la causa più importante di morte per i bambini. L’obiettivo di riduzione non sarà raggiunto se non saranno potenziati gli interventi a favore della salute del neonato».
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Vaccini in Italia: quali sono, a chi sono destinati
Dare voce a chi si occupa del neonato
«La prima causa di morte neonatale è la mancanza di figure professionali dedicate al neonato e la voce dei genitori, molto utile nei Paesi occidentali per migliorare il percorso nascita nell’ultimo ventennio, è invece una voce inascoltata all’interno di queste realtà, soprattutto quella delle madri e soprattutto se sono povere - dice ancora Usuelli -. È importante quindi che le figure professionali che si occupano della salute del neonato nel mondo facciano sentire la propria voce, in modo che la questione arrivi alle Nazioni Unite e venga posta come obiettivo da seguire per i donatori e i ministeri della Salute». Durante il congresso Gino Strada, fondatore e direttore esecutivo di Emergency, ha ribadito l’importanza di cure di eccellenza gratuite e ospedali puliti e belli anche esteticamente, come elemento per affezionare il personale locale alla medicina e come modello che susciti cambiamenti nei ministeri della Salute e negli ospedali pubblici. Tarek Meguid, professore di Ginecologia, ha sostenuto che uno dei principali motivi per cui la cura dell’HIV funziona molto bene anche nei Paesi più poveri è dato dal fatto che la malattia colpisce anche capi di stato, ministri e generali, mentre le cure materno-neonatali sono a livello non accettabile perché spesso figlie e mogli dei “pezzi grossi” vanno a partorire a Città del Capo o a Roma.
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Le vaccinazioni e le malattie che combattono, che -a volte- ritornano. La cronistoria recente
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Enuresi notturna: che cosa fare se il bambino bagna ancora il lettino
Priorità di intervento sanitario
Durante il congresso 18 tra le più importanti Ong italiane (Coopi, Cuamm, Project For People, Emergency, Medici Senza Frontiere Francia, Fondazione Pro-Africa, Osservatorio Nazionale Specializzandi Pediatria (Onsp), Medicu Mundi, Institute Of Tropical Medicine, Karibu Africa Onlus, Comitato Collaborazione Medica, Progetto Sorriso Nel Mondo, Cesvi, Fondazione Veronesi, Patologi Oltre Frontiera, Amici Del Mondo - World Friends Onlus, Mangiagalli Life) hanno presentato progetti sul campo in altrettanti Paesi del mondo (Mali, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Mozambico, Tanzania, Uganda, Burundi, Togo, Burkina Faso, Sud Africa, Sud Sudan, Sierra Leone, Kenya, India, Bangladesh, Afghanistan, Pakistan, Ecuador). In conclusione, i neonatologi italiani impegnati nella cooperazione allo sviluppo chiedono al segretario generale delle Nazioni Unite di inserire le cure neonatali, comprensive e non solo essenziali, nelle priorità di intervento sanitario a livello ospedaliero nei Paesi in via di sviluppo.
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Donne: sopravvivere tra casa e lavoro
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«Questa giornata sulla cooperazione evidenzia l’importanza di tutelare la salute materno-infantile nei Paesi a limitate risorse e affronta problematiche sempre attuali che ci inducono ad alcune riflessioni - sintetizza Mauro Stronati, presidente della Società Italiana di Neonatologia -. Il neonato e la propria madre, senza distinzione di razza, di nazionalità o di religione, devono essere un obiettivo di primaria importanza nell’ambito della cooperazione, che dobbiamo rendere efficace con iniziative a cui la Società Italiana di Neonatologia può e deve dare il proprio contributo. La formazione del personale sanitario locale deve essere promossa non solo nei Paesi di origine, ma favorendo anche periodi formativi in ospedali italiani; nei progetti devono essere coinvolte istituzioni come l’università, i comuni, gli ospedali, l’ordine dei medici e le società scientifiche che “adottando” un progetto ne assicurino stabilità e continuità, affiancando il lavoro delle organizzazioni non governative. Infine l’opinione pubblica e soprattutto i giovani devono essere sensibilizzati sull’idea e la necessità di una cooperazione
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27 ottobre 2015 (modifica il 27 ottobre 2015 | 16:02) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Dopo l’ottimo riscontro dei precedenti cicli d’incontri “Passi verso l’AltroVE 2013/2014” e Passi verso l’AltroVE 2 – 2014/2015”, inizierà il 10 novembre p.v. “Passi Verso l’AltroVE 3”, il nuovo ciclo d’incontri di sensibilizzazione organizzato dalla Fondazione Zanetti Onlus. Tante le storie che verranno raccontate seguendo nuovamente il filo conduttore della conoscenza dell’altro e dell’altrove. L’intento principale della Fondazione è sempre quello di dare voce a persone che si avvicinano agli altri (e ad altre realtà) con rispetto, comprensione e desiderio di agire e collaborare per creare un mondo migliore. Gli appuntamenti di questa iniziativa di sensibilizzazione sono in tutto 9, si terranno la mattina e sono indirizzati soprattutto agli studenti delle Scuole Superiori di Secondo Grado (ma l’accesso è consentito a tutti tramite prenotazione).
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Il 10 novembre si parlerà della storia di Piero Corti e Lucille Teastale, due medici, due coniugi, che hanno lavorato insieme in Uganda 35 anni per trasformare un piccolo dispensario in uno degli ospedali più importanti dell’Africa Equatoriale: il Lacor Hospital. Per parlarne ci sarà la figlia Dominique che è cresciuta in Uganda con i genitori e ha vissuto in prima persona tutte le vicissitudini dell’ospedale. Il 25 novembre si parlerà, grazie alla presenza del regista Paolo Bianchini ideatore del progetto SOS scuola, di come è possibile cooperare dal basso per riqualificare gli istituti scolastici fatiscenti. Il 3 dicembre il Comitato Collaborazione Medica di Torino affronterà il tema del diritto alla salute e lo farà in modo coinvolgente anche parlando di un importante – e premiato - progetto realizzato con le scuole piemontesi. L’ultimo appuntamento del 2015 (17 dicembre) sarà lo spettacolo-inchiesta RWANDA di MC Teatro Civile che racconta una storia vera di coraggio, fratellanza ed eroismo avvenuta durante il genocidio del 1994.
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Il 2016 si aprirà con l’incontro del 28 gennaio dove verrà proiettato il nuovo documentario di Marco Zuin e Luca Ramigni “La sedia di cartone” e se ne parlerà con Simona Atzori, la ballerina e pittrice senza braccia testimonial di un progetto in Kenya per persone disabili dov'è ambientato il documentario. Il tema delle migrazioni forzate, una delle crisi umanitarie più gravi del momento, sarà invece affrontato il 18 febbraio grazie agli operatori di Medici Senza Frontiere. Per ricordare che il virus dell’Ebola è ancora un nemico presente e che per i Paesi colpiti dall'ultima epidemia ricominciare è estremamente complesso, il 4 marzo i relatori saranno un medico di Medici con L’Africa Cuamm e il giornalista Pietro Suber che, insieme a Nicola Berti, ha realizzato il documentario “La vita al tempo di Ebola”. In questa occasione si capirà cos'è successo, cosa sta
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succedendo e cosa si può ancora fare ora che i riflettori su questa terribile epidemia si sono spenti. Il 17 marzo si terrà un incontro con tutti protagonisti trevigiani: il gruppo rock Quarto Profilo e i volontari della LILT Giocare in Corsia. Grazie alla loro musica e alle loro storie si potrà capire come la musica può unire le persone e trasformarsi in un importante strumento per comunicare con il sociale. Infine, l’8 aprile grazie all’ONG Cesvi e all'attrice Margherita Antonelli che ne è una testimonial, si parlerà dell’importanza delle donne per lo sviluppo globale anche portando l’esempio concreto di un progetto che si sta sviluppando in Sudafrica. Il ciclo d’incontri è patrocinato dalla Regione del Veneto, dalla Provincia di Treviso, dalle città di Treviso e Villorba e dall'Ufficio Scolastico Provinciale di Treviso. Gli incontri si terranno tutti a Villorba (tranne lo spettacolo teatrale Rwanda che si farà presso l’Auditorium della sede della Provincia di Treviso) presso l’auditorium di Villa Zanetti in V.le Felissent, 53 – zona ippodromo. Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare la Fondazione Zanetti Onlus (Ref. Alessandra Fermi): Tel. 0422/312680 – eventi@fondazionezanetti-onlus.org www.fondazionezanettionlus.org Condividi
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26/10/2015
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Il premio "Cittadino europeo 2015" arriva in Veneto. A Medici con l'Africa CUAMM il riconoscimento del Parlamento europeo
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Giovedì 15 ottobre 2015
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Ieri sera a Bruxelles si è tenuta la cerimonia di premiazione alla presenza del vice-presidente Sylive Guillaume.
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Padova. Un riconoscimento ufficiale da parte del Parlamento Europeo per l’impegno nella lotta all’Ebola in Sierra Leone e nel garantire il diritto alla salute della popolazione africana, in particolare di mamme e bambini. È con questa motivazione che Medici con l’Africa Cuamm è stata insignita, ieri sera a Bruxelles, del Premio cittadino europeo 2015. Sono 47 le realtà europee premiate e 4 quelle italiane. Insieme al Cuamm, anche l’Istituto di medicina Solidale Onlus, Don Michele De Paolis (Emmaus) e Gaia Ferrara (associazione Viandando). Arriva così in Veneto un premio che, dal 2008, viene assegnato a cittadini singoli o a gruppi che si sono distinti per rafforzare l'integrazione europea e il dialogo tra i popoli, mettendo in pratica i valori della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. A ritirarlo don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm. «Siamo onorati per questo importante premio che oggi ci viene consegnato – afferma don Dante Carraro, direttore del Cuamm – è un riconoscimento che dedico a tutti i nostri volontari che si sono impegnati in prima linea nella lotta all’Ebola e che oggi continuano a lavorare per ricostruire un sistema sanitario, quello della Sierra Leone appunto, distrutto da questo terribile flagello. Sono 34 i cooperanti che dal 2012 hanno prestato servizio in questo paese con il Cuamm. Di questi, ben 11 sono veneti, conferma della generosità del nostro popolo e della capacità di mettersi in gioco per dare un aiuto a chi ne ha bisogno davvero». E l’on. Elena Gentile, membro della Commissione Occupazione e Affari sociali del Parlamento Europeo, così ha sottolineato l’importanza di questa scelta: «In un momento così cruciale e difficile per l’Unione Europea, l’impegno quotidiano delle persone che oggi vengono premiate è una lotta per creare un’Europa che sia luogo di restituzione di diritti e dignità a ogni essere umano. Il messaggio che i vincitori del Premio Cittadino del Parlamento Europeo ci trasmettono è che si può donare sé stessi e la propria passione civile per creare un nuovo modo di stare insieme e di concepire la comunità».
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Fonte: Medici con l’Africa CUAMM
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