THE MAGAZINE OF INTERIORS AND CONTEMPORARY DESIGN
N° 12 DICEMBRE DECEMBER 2019
MENSILE ITALIA / MONTHLY ITALY € 10
DISTRIBUTION 28 NOVEMBRE/NOVEMBER 2019 AT € 19,50 - BE € 18,50 - CH Chf 19,80 - DE € 23,50 DK kr 165 - E € 17 - F € 18 - MC, Côte D’Azur € 18,10 PT € 17 - SE kr 170 - US $ 30 Poste Italiane SpA - Sped. in A.P.D.L. 353/03 art.1, comma1, DCB Verona
DOMESTIC PORTRAITS
OUTDOOR LIVING
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IN dice CONTENTS
In copertina: l’illustrazione di Camilla Falsini presenta una figura antropomorfa che contiene, al suo interno, gli arredi e gli elementi tipici di un ambiente domestico. L’artista interpreta la casa come un luogo interiore, versatile e accogliente, dove sentirsi a proprio agio con se stessi. On the cover: The illustration by Camilla Falsini depicts an anthropomorphic figure that contains the typical furnishings and features of a domestic setting. The artist interprets the home as an inner, versatile and welcoming place in which to feel at ease with ourselves.
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INCOVER
14 ART CAMILLA FALSINI
INBRIEF
16 ART&DESIGN MADE IN BARBAGIA, À LA VASCONCELOS 17 VARIOUS MARAZZI ACADEMY, SISTEMA CALORE / WARMTH SYSTEM, LA LUCE PREMIATA / PRIZED LIGHT, LA PRIMA (ANCHE) IN STREAMING / OPENING NIGHT (ALSO) IN STREAMING, VALENCIA 2022, NATUZZI RED DOT AWARD 22 SHOWROOMS ESPORTARE IL MADE IN ITALY; IL REGNO DEL TESSILE / EXPORTING MADE IN ITALY; THE TEXTILE KINGDOM 23 EVENTS 100 GLOBI PER IL FUTURO / 100 GLOBES FOR THE FUTURE
LookINgAROUND
25 PRODUCTION DORMIRE, FORSE SOGNARE / TO SLEEP, PERCHANCE TO DREAM FUNZIONALITÀ CUSTOMIZZABILE / CUSTOMIZED FUNCTIONS GREEN ENERGY
8 dicembre 2019 INTERNI
36 ANNIVERSARY SACCO EVERGREEN / SACCO GOES GREEN 38 SHOWROOMS APPRODO IN FLORIDA / LANDING IN FLORIDA OBIETTIVO FAR EAST / CONQUERING THE FAR EAST 42 PROJECTS IMBEVUTA DI LUCE / SOAKED IN LIGHT TORRE ARIA: ELEGANZA CALIBRATA / BALANCED ELEGANCE 48 SUSTAINABILITY IS MOLAS GOLF RESORT: LA NATURA E L’UOMO, INSIEME / NATURE AND MAN, TOGETHER 52 EXHIBITIONS ARNULF RAINER, TERRITOIRES LATENTS 55 EVENTS PORTO DESIGN BIENNALE: 1A EDIZIONE / 1ST EDITION SENZA BARRIERE / NO BARRIERS LONDON DESIGN FESTIVAL 2019 62 FAIRS SEOUL: 2A EDIZIONE BIENNALE DI ARCHITETTURA E URBANISMO / SECOND EDITION OF THE ARCHITECTURAL AND URBAN PLANNING BIENNIAL PERÒ, IL MARMO... / MARBLE, HOWEVER… IMM KÖLN: DAS HAUS 2020 73 TRANSLATIONS 81 FIRMS DIRECTORY
armanicasa.com
Milano, Corso Venezia 14. Tel. +39 02 76 26 02 30
IN dice CONTENTS
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INtopics 1
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EDITORIAL
DI / BY GILDA BOJARDI
INsights ARTS
PhotographINg ART & DESIGN
A CURA DI / EDITED BY CAROLINA TRABATTONI 2 NOBUYOSHI ARAKI, TOKYO 21 02 2009, COURTESY OF FONDAZIONE BISAZZA 4 VITRA, VASI DÉCOUPAGE / DÉCOUPAGE VASES, RONAN & ERWAN BOUROULLEC FOTO / PHOTOS EDUARDO PEREZ 6 BRIC, MOSTRA DI / EXHIBITION BY NATHALIE DU PASQUIER, MUTINA FOR ART FOTO / PHOTOS DELFINO SISTO LEGNANI
8 MARK BRADFORD: PITTURA DELLE ROVINE URBANE / PAINTING URBAN RUINS DI / BY GERMANO CELANT
VIEWPOINT
12 SEGNI OLTRE IL TEMPO / SIGNS BEYOND TIME DI / BY ANDREA BRANZI
INside ARCHITECTURE
A CURA DI / EDITED BY ANTONELLA BOISI 14 MARYLAND, CASA COME ME / A HOUSE LIKE ME PROGETTO / DESIGN DAVID JAMESON ARCHITECT FOTO / PHOTOS PAUL WARCHOL TESTO / ARTICLE MATTEO VERCELLONI 20 TEL AVIV, INTORNO AL PATIO OTTOMANO / AROUND THE OTTOMAN PATIO PROGETTO / DESIGN PITSOU KEDEM ARCHITECTS FOTO / PHOTOS AMIT GERON TESTO / ARTICLE ALESSANDRO ROCCA
10 dicembre 2019 INTERNI
THE SPIRIT OF PROJECT
RIMADESIO.IT
PORTE SCORREVOLI STRIPE, CABINA ARMADIO ZENIT, TAVOLINO PLANET DESIGN G.BAVUSO
IN dice CONTENTS
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78 DesignINg MASTERS
50 IVO PANNAGGI: BAUHAUS ITALIANO / ITALIAN BAUHAUS TESTO / ARTICLE DOMITILLA DARDI
46 INside ARCHITECTURE
28 MANTOVA, LA CASA DALLE MILLE STORIE / THE HOUSE OF A THOUSAND STORIES PROGETTO / DESIGN STUDIO ARCHIPLAN FOTO / PHOTOS DAVIDE GALLI TESTO / ARTICLE PAOLO CASICCI 34 HEILBRONN, GERMANY, EXPERIMENTA SCIENCE CENTER PROGETTO / DESIGN SAUERBRUCH HUTTON FOTO / PHOTOS ROLAND HALBE TESTO / ARTICLE ANTONELLA BOISI 40 BARCELONA, KÁLIDA SANT PAU PROGETTO / DESIGN MIRALLES TAGLIABUE EMBT + PATRICIA URQUIOLA STUDIO FOTO / PHOTOS DUCCIO MALAGAMBA TESTO / ARTICLE ANTONELLA BOISI 46 NORWAY, THE TWIST PROGETTO / DESIGN BIG FOTO / PHOTOS LAURIAN-GHINITOIU TESTO / ARTICLE MATTEO VERCELLONI
12 dicembre 2019 INTERNI
PROJECTS
54 STORIE DI GRUPPO / GROUP STORIES TESTO / ARTICLE LAURA TRALDI 58 LA LINEA MORBIDA / SOFT LINES TESTO / ARTICLE STEFANO CAGGIANO
SHOOTING
62 IL GIOCO DEGLI OPPOSTI / THE GAME OF OPPOSITES DI / BY NADIA LIONELLO FOTO / PHOTOS MIRO ZAGNOLI 70 ISPIRAZIONE MEMPHIS / INSPIRED BY MEMPHIS DI / BY CAROLINA TRABATTONI FOTO / PHOTOS PAOLO RIOLZI
REVIEW
78 LIGHT METAL DI / BY KATRIN COSSETA
INservice 86 95
TRANSLATIONS FIRMS DIRECTORY DI / BY ADALISA UBOLDI
INCOVER art 1
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CAMILLA FALSINI Colorate, essenziali e simboliche, le opere dell'illustratrice partono da geometrie semplici per raccontare storie evocative. Come la copertina di Interni
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1. LA COVER DI INTERNI. 2. DUE PUNTI, DECORO PER GLI ARREDI DI PICTOOM, 2018. 3. SKATEBOARD PER BONOBOLABO, 2019. 4. MURO DIPINTO PER NAPAPIJRI, MILANO GREEN WEEK 2019. 5. CAMILLA FALSINI RITRATTA CON L'OPERA MURALE REALIZZATA PER ILIAD NEL 2018 (FOTO DI ALFONSO PROTA). 6. PROGETTO LOVE PER LA GRANDE TORRE DI FIDENZA VILLAGE, 2019. 7. GRAFICA PER LA MOSTRA PERSONALE PRESSO LO SPAZIO ZOO DI BOLOGNA, 2019.
Pittrice, illustratrice e street artist, Camilla Falsini è nata a Roma, dove vive e lavora. Le sue opere si distinguono per le linee nette, le forme stilizzate e i colori vividi. Il suo stile attinge da grandi maestri italiani come Fortunato Depero e Bruno Munari, ma affonda le radici nell’iconografia medievale. Dall'illustrazione editoriale alle grandi pitture murali, dalle installazioni agli oggetti di design fino ai libri, i suoi
14 dicembre 2019 INTERNI
lavori sono popolati da esseri enigmatici e simbolici. Immagini archetipe dai colori brillanti raccontano storie e stati d’animo. Come per la copertina di Interni Dicembre, per la quale Camilla Falsini ha ideato un’illustrazione dalle linee geometriche e dalle tinte accese. Una figura antropomorfa contiene elementi d’arredo che rimandano agli ambienti di una casa: una sorta di abitazione stilizzata dai contorni umani. La casa è quindi vista come un luogo interiore, versatile e accogliente, dove sentirsi se stessi: con un gioco di specchi tra dentro e fuori, gli ‘interni mentali’ diventano Interni, appunto. Nel corso degli anni, l'artista ha collaborato con agenzie, case editrici (Erickson, Rizzoli, Salani, Éditions Amaterra, Qed Publishing, Viction:ary), aziende (tra le
7 quali Adidas, Gabs, Iliad, Lavazza, Rai, Michelin, Nike), quotidiani e riviste (come il Corriere della Sera e Rolling Stone). Ha inoltre realizzato lavori per Anas, Eni, Miart, Fidenza Village, Manifesta, Pitti Immagine. Le sue opere murali si trovano in numerose città italiane, tra cui Roma, Milano, Torino, Palermo, Bologna. ■ Claudia Foresti
HOUSE OF SURFACES
BERLIN LONDON MILAN SÃO PAULO CARRARA www.ariostea.com
INBRIEF art&design
PAINTED COLLECTION
made in barbagia Le Botteghe Su Gologone è un marchio di complementi per la casa e la tavola, trasversale tra design, arte e artigianato, che porta la cultura materiale della Sardegna profonda su palcoscenici internazionali quali il FuoriSalone di Milano e Maison&Objet a Parigi. Anima del progetto è Giovanna Palimodde, imprenditrice, collezionista d’arte e artista, che trasforma la passione per la sua terra d’origine, la Barbagia, in un Gesamtkunstwerk con al centro l’experience hotel Su Gologone alle pendici del Supramonte. Qui operano le sei Botteghe, laboratori di design, ceramica, pittura e ricamo, epicentro di una comunità di artigiane che rielaborano tradizioni manifatturiere, tecniche e iconografie antiche, il tutto con materiali locali di altissima qualità. “L’autenticità è il vero lusso” è il credo di Palimodde, che fa rivivere i colori della natura e dei costumi sardi, insieme a simbologie pagane e grafismi contemporanei, nell’ultima Painted Collection di complementi tessili, piatti e ceramiche presentata a Parigi. lebotteghesugologone.com
VERSIONE D’AUTORE
À LA VASCONCELOS L’universo immaginifico della celebre artista portoghese Joana Vasconcelos incontra il design di Roche Bobois. Risultato, sei pezzi unici – tra poltrone, sedie e tavolini, fino all’iconico divano Mah Jong (nella foto) – reinterpretati secondo i suoi codici: “la vita quotidiana è la mia principale fonte di ispirazione. Le mie opere sono concepite a partire dagli elementi e dai materiali del quotidiano”, sempre esprimendo una riflessione sul ruolo della donna nella società contemporanea. Abiti a crochet, ricami, richiami agli azulejos o esuberanti forme femminili rivestono gli arredi trasformandoli in vere e proprie sculture. Già protagoniste della mostra itinerante “A arte de Viver by Joana Vasconcelos”, le sei creazioni “che rappresentano la perfetta unione tra Arte, Design e Vita” approderanno ad Art Basel Miami (5-8 dicembre) per essere battute all’asta. Il ricavato sarà devoluto alla fondazione Joana Vasconcelos, organizzazione no profit volta a promuovere e sviluppare l’arte attraverso progetti educativi. K.C. roche-bobois.com
16 dicembre 2019 INTERNI
INBRIEF various
FORMAZIONE
l’academy della ceramica Nasce Marazzi Academy, un progetto multi-aziendale promosso dal gruppo di Sassuolo – riferimento internazionale nel settore della ceramica per rivestimenti – volto a costruire competenze e conoscenze in una logica non solo di sviluppo e utilizzo interno ma anche di territorio, filiera e distretto. Si tratta di un programma di percorsi formativi creati partendo da nuovi bisogni, legati alla digitalizzazione del business e alla necessità di sviluppare e potenziare competenze inerenti al design del progetto ceramico. I primi due corsi in calendario, di 300 e 400 ore, finanziati dal Fondo Sociale Europeo e dalla Regione Emilia-Romagna, sono dedicati a laureati e diplomati inoccupati residenti o domiciliati in regione. Realizzati in collaborazione con Cerform, rilasceranno le qualifiche di “interior designer esperto nel progetto ceramico” e “tecnico della gestione e data analytics”. K.C. marazzigroup.com
PROGETTO COLLETTIVO
SISTEMA CALORE Window è un radiatore elettrico a piastra, disponibile anche in versione ad acqua, disegnato da Beatrice De Sanctis in collaborazione con l’Università Europea del Design di Pescara. È stato progettato e realizzato da Cordivari Design con attenzione al tema della produzione industriale eco-sostenibile e dell’economia circolare, mediante l’impiego di materiali riciclabili e moderni impianti industriali a basso impatto ambientale che caratterizzano l’attività dell’azienda. La praticità di Window è nella doppia funzionalità: da semplice piastra termica può tramutarsi anche in un comodo portasciugamani grazie alla cornice a ribalta che lo contorna. Disponibile nelle dimensioni di cm 50x50 e 110x50, è facilmente modulabile fino a tre elementi tramite collegamenti con collettore. È realizzato in acciaio verniciato, in ottanta diversi colori, con finiture lucide, opache o materiche, in tinta unita o bicolore. La versione elettrica è conforme per legge alla direttiva Ecodesign 2009/125/CE e al Regolamento UE 2015/1188, mentre la versione ad acqua calda è progettata e costruita al fine di massimizzarne la resa termica anche a basse temperature, garantendo un risparmio energetico che si traduce in un uso più consapevole delle risorse. N.L. cordivari.it
INTERNI dicembre 2019 17
INBRIEF various
ILLUMINARE IL SILENZIO
La luce premiata Disegnato da Mirco Crosatto per Linea Light Group, Derby è un apparecchio fonoassorbente che garantisce un’illuminazione di elevata qualità ed è destinato sia ad ambienti ricettivi sia a luoghi di lavoro. Il prodotto, che nell’estetica richiama la peculiare figura dei copricapi indossati dalle nobildonne in occasione dei derby di trotto – da qui il suo nome – intrappola parte del riverbero causato da suoni e rumori, contribuendo a ‘pulire’ l’acustica e a migliorare la percezione delle parole, che sotto il suo effetto riacquistano pienezza e rotondità. Connotato da una forma avvolgente che sembra abbracciare lo spazio, Derby alloggia la fonte luminosa all’interno di un diffusore centrale rettangolare molto stretto, ed è disponibile o con un’ottica diffusa oppure con una schermatura darklight e UGR (Unified Glare Rating, l’indice unificato in campo internazionale per la valutazione dell’abbagliamento molesto) controllata per l’utilizzo anche negli ambienti di lavoro. Derby è uno dei prodotti vincitori del Red Dot Award 2019 per la categoria Product Design. linealight.com
TECNOLOGIA PER L’ARTE
LA PRIMA (ANCHE) IN STREAMING Coerente con il pay off “l’arte ispira la tecnologia, la tecnologia completa l’arte”, e confermando il proprio impegno costante nel supportare l’eccellenza creativa, LG Signature ha avviato una collaborazione con il Teatro alla Scala. Marchio premium di LG Electronics, LG Signature è infatti partner e fornitore ufficiale della celeberrima istituzione culturale milanese, a cui offre il proprio know-how tecnologico perché gli spettatori possano godere a pieno della magia e delle emozioni offerte dall’opera e dal balletto. Per conseguire questo risultato, diversi spazi del teatro sono stati equipaggiati con i prodotti del brand: elementi che ridefiniscono i concetti di arte ed entertainment attraverso soluzioni all’avanguardia in grado di esprimere risultati di eccellenza nelle immagini e nel suono. LG Signature è anche lo sponsor tecnico di “Nei palchi della Scala. Storie milanesi”, la mostra che dall’8 novembre al prossimo maggio racconterà l’evoluzione del Teatro nel corso degli anni e la sua rilevanza storica e culturale. Inoltre, il marchio affianca La Scala anche in occasione della Prima, collocando nella vicina Galleria Vittorio Emanuele un videowall che permette ai passanti di seguire il live streaming dell’opera. A.P. lg.com
18 dicembre 2019 INTERNI
INBRIEF various
PER GLI AMANTI DEL PROGETTO
Valencia 2022 World Design Organization (WDO), organizzazione internazionale non governativa attiva da 60 anni per la promozione del design, ha eletto Valencia Capitale Mondiale del Design 2022. La candidatura della città, articolata attorno allo slogan “Il design mediterraneo di Valencia. Design per il cambiamento, design per i sensi”, rivendica una visione con implicazioni geografiche, ma anche estetiche, etiche, filosofiche e politiche. Il programma trasversale della candidatura include una serie di eventi che abbracceranno tutte le discipline del settore industriale e di interni, passando per l’architettura e la progettazione di servizi e interfacce. Ogni mese sarà incentrato su una tematica sviluppata attraverso mostre, congressi, seminari e conferenze. L’attenzione sarà focalizzata su contenuti come il design per i cambiamenti climatici, il design mediterraneo, l’impegno del design per l’uguaglianza di genere, la storia del design, lo sviluppo industriale, design e natura e altro. N.L. turisvalencia.es ECO DESIGN
RED DOT AWARD Lo scorso autunno a Singapore, Pasquale jr Natuzzi, direttore artistico di Natuzzi, ha ritirato un ambìto premio per l’azienda di Santeramo (Bari): si tratta del Red Dot Award - Design Concept, ottenuto per la collezione Ergo, disegnata da Ross Lovegrove e presentata all’ultimo Salone del Mobile di Milano. “Nella collezione Ergo by Natuzzi”, dichiara Pasquale jr, “passato, presente e futuro si incontrano nell’approccio audace e non convenzionale di un’azienda che continua a portare il Made in Italy nel mondo senza mai dimenticare i propri valori, la propria identità. Il Red Dot Award è un riconoscimento alla nostra nuova progettualità nel campo del design e all’attenzione volta a ridurre al minimo l’impatto ambientale, sia nella scelta dei materiali che nei consumi energetici”. Gli arredi della collezione sono realizzati con legno proveniente da piantagioni certificate FSC®, gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. Inoltre sono assemblati a incastro, le colle sono naturali e i tessuti organici. P.C. natuzzi.it
20 dicembre 2019 INTERNI
AD GENNY CANTON STUDIO / PH DAVID HATTERS
Fuoco dentro.
Stufa a pellet REFLEX design Michael Geldmacher www.mcz.it
INBRIEF showrooms
NEL CUORE DI MADRID
Esportare il made in Italy Modulnova, in collaborazione con il partner Materia, ha inaugurato un nuovo showroom nel cuore di Madrid: uno store di 400 metri quadrati nel centralissimo Barrio de Salamanca, importante distretto economico e commerciale della capitale spagnola. L’esposizione è articolata in diversi ambienti capaci di esprimere compiutamente il mood estetico dell’azienda italiana nei settori cucina, living e bagno. Emblematico, in questo senso, il sistema Blade, modulare e flessibile, capace di integrarsi perfettamente con gli spazi e i volumi del progetto architettonico in una compiuta simbiosi tra struttura e prodotto. “Il mercato spagnolo rappresenta una quota importante per Modulnova”, spiega Dario Presotto, presidente dell’azienda friulana, “e con questo nuovo flagship siamo certi di poter consolidare la presenza del nostro marchio in questo Paese”. modulnova.it
OPENING A MILANO
IL REGNO DEL TESSILE Gabriel, azienda danese con oltre 160 anni di esperienza nella produzione e nella fornitura di tessili per l’arredo, ha scelto Milano per il suo primo showroom in Italia. Lo spazio si trova all’interno di un palazzo storico nel cuore della città, in piazza Castello, con vista sul Castello Sforzesco. All’interno del negozio i visitatori potranno ammirare l’ampia palette cromatica che il marchio ha previsto per i suoi tessuti, oltre a poterne saggiare con mano l’elevata qualità materica. In aggiunta alle zone operative e di esposizione, il flagship contempla delle aree studiate per chi vi lavora, come la cucina di design che potrà diventare un ‘work cafè’ o un’area relax in cui sostare per brainstorming informali. “Parte della global strategy di Gabriel è l’espansione attraverso nuovi showroom internazionali”, spiega Claus Møller, chief commercial officer, “e quello di Milano è parte fondamentale di questa strategia studiata per ampliare la presenza di Gabriel nei mercati in crescita”. “Lo spazio è progettato come punto di incontro per ricevere clienti e professionisti del settore, ma anche per accogliere workshop ed eventi”, aggiunge Paola Monzani, head of branch in Italia. “La posizione in cui sorge è poi strategica, facilmente accessibile e vicina ai principali distretti milanesi del design, come Brera e la Triennale”. A.P. gabriel.dk
22 dicembre 2019 INTERNI
INBRIEF events
SOSTENIBILITÀ
100 GLOBI PER IL FUTURO
Design, architettura, moda, arte e creatività insieme per un progetto sostenibile nel processo di tutela, salvaguardia e cura del Pianeta. Da questi presupposti è nato “100 Globi per un Futuro Sostenibile”, voluto da WePlanet, Gruppo Mondadori, Mediamond con il patrocinio di Comune di Milano e Regione Lombardia. 100 globi, realizzati e riprodotti con materiale riciclato, di grandi dimensioni (diametro di oltre 130 cm e altezza di 170 cm con la base), diventeranno il supporto affidato a 100 creativi per interpretare il tema dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici informando sull’innovazione sostenibile. Fino a marzo 2020 i globi saranno ospitati ed esposti per essere ‘messi in scena’ in un grande spazio laboratorio presso la Stazione Centrale di Milano (accesso dal sottopasso Mortirolo), sede di eventi e talk show. Dal 12 aprile al 21 giugno 2020 sarà allestita una grande mostra open air per le vie, le piazze, i parchi cittadini. Quindi, il 29 giugno 2020, una selezione di opere verrà battuta a un’asta benefica organizzata da Sotheby’s, i cui proventi saranno devoluti al Comune di Milano a sostegno di un progetto dedicato alla sostenibilità della città. L’iniziativa è realizzata in partnership con cinque testate della casa editrice di Segrate: CasaFacile, Focus, Grazia, Icon Design e Interni. I rispettivi direttori (Francesca Magni, Raffaele Leone, Silvia Grilli, Annalisa Rosso e Gilda Bojardi) concordano sul fatto che sostenibilità significa stare nel mondo senza pesare, proteggendolo, supportandolo, portandolo letteralmente sopra le proprie spalle. La sfida, per chi fa comunicazione, è quella di veicolare l’innovazione sostenibile attraverso design, architettura, moda e tecnologia. milano2020.weplanet.it
UN PARADISO PER LA PERFEZIONE: BENVENUTI ALLA MANIFESTAZIONE N.1! LA PROGETTAZIONE E IL DESIGN DEL NEGOZIO A EUROSHOP 2020
EuroShop LA FIERA N.1 AL MONDO PER IL SETTORE RETAIL 16 – 20 FEBBRAIO 2020 DÜSSELDORF GERMANIA www.euroshop.de/tickets
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LookINg AROUND production 1
Il comfort, certo, è la principale qualità richiesta a un letto. Ma che l’occhio voglia la sua parte lo testimonia la ricerca svolta dalle aziende sul versante estetico, in un gioco di nuance, proporzioni e materiali pregiati di Andrea Pirruccio
1. TWELVE A.M., DESIGN NERI&HU PER MOLTENI&C|DADA, HA UNA TESTATA ALTA E RACCOLTA CON INTERNO FODERATO DA TESSUTI O PELLI MONOCROME, E SUPPORTA AL CENTRO UN CUSCINO CHE FUNGE DA POGGIATESTA. IL CUSCINO È AGGANCIATO ALLA TESTATA DA DUE CINGHIE DI CUOIO, MENTRE SUL FIANCO ESTERNO DI QUESTA SONO COLLOCATI DUE VASSOI CON FUNZIONE DI COMODINO. IL PIANO LETTO IN LEGNO È RETTO DA GAMBE METALLICHE SU CUI POGGIA UN ALLOGGIAMENTO CONCAVO. UNA PANCA CHE RIPRENDE IL DISEGNO DEL LETTO PUÒ ESSERE POSIZIONATA AI SUOI PIEDI. 2. IL LETTO MARSIGLIA DI PERDORMIRE SI DISTINGUE PER LA TESTATA FORMATA DA UN DOPPIO CUSCINO CON TINTE A CONTRASTO RISPETTO AL GIROLETTO. IMPONENTE PUR NELLA SUA LINEARITÀ FORMALE, MARSIGLIA È PROPOSTO CON UN PIEDINO IN METALLO CHE NE DEFINISCE IL PERIMETRO. IL MODELLO È DOTATO DI CONTENITORE SALVASPAZIO DISPONIBILE IN DIVERSE MISURE, ED È PERSONALIZZABILE NEI RIVESTIMENTI, NEI COLORI E NEI PIEDINI. 3. È FIRMATO PIERO LISSONI IL NUOVO LETTO FLOYD-HI BED DI LIVING DIVANI CHE, COME L’OMONIMO DIVANO DA CUI DERIVA, SI CONTRADDISTINGUE PER IL PARTICOLARE DEI CUSCINI GRANDI E MORBIDI APPOGGIATI SULLA TESTATA PIÙ BASSA, CREANDO UN PIACEVOLE GIOCO DI ALTEZZE, INCASTRI E CONSISTENZE NEL SEGNO DELLA TRIDIMENSIONALITÀ E DELLA PUREZZA DELLE LINEE.
DORMIRE, FORSE SOGNARE
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LookINg AROUND production 1
1. PENSATA PER ESSERE COMPLEMENTARE AI LETTI HÄSTENS, LA COLLEZIONE BEING DI ILSE CRAWFORD PREVEDE UNA TESTIERA IMBOTTITA CON TESSUTO DI CANAPA NATURALE, LEGGERMENTE INCLINATA E CAPACE DI ASSICURARE UNA SEDUTA CONFORTEVOLE. AD ACCOMPAGNARE LA TESTIERA, UNA GONNELLINA DA LETTO IN CANAPA CON PIEGHE ANGOLARI E CUCITURE IN EVIDENZA. COMPLETANO LA LINEA CUSCINI LOMBARI IMBOTTITI CON PIUME D’OCA E BIANCHERIA DA LETTO BIANCA. 2. DISEGNATO PER BOLZAN LETTI DA RUGA.PERISSINOTTO, FLAG È UN LETTO DAL MOOD CONTEMPORANEO, LE CUI LINEE ESSENZIALI SONO IMPREZIOSITE DAI MATERIALI UTILIZZATI E DALLA CURA DEI DETTAGLI CHE CONTRADDISTINGUE IL CATALOGO AZIENDALE. LA STRUTTURA IN NOCE È DISPONIBILE ANCHE CON ACCESSORI IN OTTONE NELLE FINITURE SATINATO O NERO OPACO. 3. DA CARLO COLOMBO PER FLOU, KOI È UN LETTO IN CUI LA FORMA RIGOROSA DELLA TESTATA, INCORNICIATA DALLA STRUTTURA IN METALLO CHE SCENDE A FORMARE I PIEDINI, È AMMORBIDITA DAL TESSUTO LAVORATO A TRAPUNTATURE VERTICALI. È DISPONIBILE IN VERSIONE MATRIMONIALE, CON BASE FISSA, BASE CONTENITORE, BASE CON MOVIMENTO ELETTRICO E CON LA NUOVA BASE LEONARDO. IL RIVESTIMENTO, COMPLETAMENTE SFODERABILE, È IN TESSUTO O PELLE. I DETTAGLI DELLA TESTATA SONO NELLE FINITURE NICKEL NERO LUCIDO O BRUNITO OPACO.
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26 dicembre 2019 INTERNI
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1. L’ANIMA DI MADDOX, DESIGN LEONARDO DAINELLI PER LEMA, È L’ABBINAMENTO TRA LEGNO E CUOIO: LETTO AEREO CON STRUTTURA IN FRASSINO TINTO ROVERE TERMOTRATTATO E TESTIERA CUCITA IN CUOIO LIGHT STRUTTURALE CON DOPPIA CUSCINATURA ANTERIORE RIVESTITA IN TESSUTO O PELLE. PENSATO ANCHE PER L’USO A CENTRO STANZA, SI CONNOTA PER IL DIALOGO TRA CARATTERE CONTEMPORANEO E CHIARA MEMORIA MANUFATTURIERA. 2. DISEGNATO DA GIUSEPPE BAVUSO PER ALIVAR, PAPILLON HA LA TESTATA COMPOSTA DA DUE GRANDI CUSCINATURE IN GOMMA POLIURETANICA A DENSITÀ DIFFERENZIATA, CON TRAPUNTA IN PIUMA D’OCA E FODERA IN FIBRA DI POLIESTERE. I VOLUMI AMPI DELLA TESTATA SI CONTRAPPONGONO ALLA STRUTTURA ESILE E ALLE GAMBE SOTTILI, REALIZZATE IN FUSIONE DI ALLUMINIO VERNICIATO. 3. IL LETTO BLENDY, DESIGN OMI TAHARA PER DE PADOVA, HA STRUTTURA IN ACCIAIO E LEGNO, CON IMBOTTITURA IN POLIURETANO ESPANSO A QUOTE DIFFERENZIATE E OVATTA DI POLIESTERE. LA BASE HA STRUTTURA IN ACCIAIO, LA RETE È IN MULTISTRATO CURVATO DI FAGGIO, MENTRE IL GIROLETTO IN LEGNO È RIVESTITO CON VELLUTINO DI POLIESTERE. LE GAMBE SONO DI ACCIAIO VERNICIATO A POLVERE IN NERO OPACO, I PIEDINI REGOLABILI IN MATERIALE TERMOPLASTICO, IL RIVESTIMENTO PUÒ ESSERE SFODERABILE IN TESSUTO O FISSO IN PELLE O VELLUTO. FOTO DI TOMMASO SARTORI
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LookINg AROUND production
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28 dicembre 2019 INTERNI
1. LA TESTATA E IL GIROLETTO DI COUPÉ, DISEGNATO PER POLTRONA FRAU DA GAMFRATESI, SONO FORME GEOMETRICHE CHE SI INCONTRANO IN UN GIOCO DI EQUILIBRI. LA CORNICE È INTERAMENTE AVVOLTA DAL RIVESTIMENTO IN PELLE FRAU, MENTRE UN CUSCINO È COLLEGATO ALLA TESTATA ATTRAVERSO UNA STRISCIA DI VELCRO E DUE PIASTRE IN METALLO. I PIEDI SONO IN METALLO FINITURA CANNA DI FUCILE, LA STRUTTURA È IN MASSELLO DI FAGGIO, MULTISTRATO DI BETULLA E MULTISTRATO DI PIOPPO, RINFORZATA DA ELEMENTI IN LAMIERA D’ACCIAIO. 2. NEL LETTO BYRON, DESIGN PIERO LISSONI PER PORRO, LA TESTATA IN LEGNO DI CILIEGIO SBIANCATO SI SPEZZA A DEFINIRE UN BASAMENTO SU CUI POGGIANO UN SOMMIER IN TESSUTO E DUE CUSCINATURE IN PIUMA, RIPIEGATE SUL BORDO SUPERIORE A CREARE UN SOFFICE SCHIENALE. COMPLETANO IL PROGETTO ACCESSORI COME IL TAVOLINO ORIENTABILE IN METALLO E UNA PANCA IMBOTTITA. 3. SWEET DREAMS, DESIGN DRAW PER CECCOTTI COLLEZIONI, È UN LETTO IN CUI LE LINEE DECISE DEI BORDI PROVVEDONO A DEFINIRE LE SUPERFICI LEVIGATE DELLA STRUTTURA IN LEGNO, COLLEGANDO GLI ELEMENTI PORTANTI ORIZZONTALI ALLE GAMBE E AI SUPPORTI DELL’AMPIA TESTIERA. QUESTA È RIFINITA DA DETTAGLI SARTORIALI COME I BOTTONI RIVESTITI E LA CODA DI TOPO CHE NE ESALTA IL PROFILO. LO STUDIO ACCURATO DELL’IMBOTTITURA HA PERMESSO DI OTTENERE UN GRANDE COMFORT SENZA INFICIARE LA FORMA SNELLA E AFFILATA DEI BORDI.
i filati di rex
PORCELAIN SURFACES FOR LUXURY DESIGN Milan
New York
Moscow
Singapore
Frankfurt
florim.com
LookINg AROUND production
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1. COME TUTTI I LETTI DELLA COLLEZIONE NOTTE DI GIESSEGI, ANCHE IL MODELLO ATELIER È CONNOTATO DA FORME NEUTRE E PRIMARIE, STUDIATE PER VALORIZZARE LA QUALITÀ DEI MATERIALI E DELLE FINITURE. L’IDEA DI COMFORT SOTTESA ALL’INTERA FAMIGLIA DI LETTI È POI DICHIARATA NELL’ESTETICA DA LINEE MORBIDE E SINUOSE. 2. DE-LIGHT, DISEGNATO DA LUDOVICA+ROBERTO PALOMBA CON MATTEO BOLLATI E STEFANO CONTINI PER TWILS, È UN LETTO DALLE PROPORZIONI GENEROSE, RIMARCATE DALLA TESTIERA OVERSIZE: UNA MORBIDA QUINTA CHE OLTREPASSA I BORDI DEL GIROLETTO. LA LEGGERA ANGOLATURA, SOTTOLINEATA DA UN’AMPIA CUCITURA ORIZZONTALE A VISTA, CONFERISCE CARATTERE AL PROGETTO. 3. LA PELLE APPLICATA ALLA TESTATA – UNA TRAPUNTATURA VERTICALE CHE RICHIAMA IL MONDO DELLA MODA TRUSSARDI – È IL SEGNO DISTINTIVO DEL NUOVO LETTO DEVEN, DISEGNATO DA CARLO COLOMBO PER TRUSSARDI CASA. LINEE LEGGERE E SQUADRATE ENFATIZZANO LA MORBIDEZZA DEL LETTO, TRATTEGGIANDO COSÌ IL PROFILO DELL’IMBOTTITO.
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30 dicembre 2019 INTERNI
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1. DI PAOLA NAVONE PER BAXTER, IL SOMMIER CASABLANCA, QUI NELLA FINITURA NABUCK LIGHT GREY, HA UNA STRUTTURA IN TAMBURATO DI ABETE E PIEDINI IN FAGGIO TINTO NOCE. L’IMBOTTITURA È IN POLIURETANO ESPANSO A DENSITÀ DIFFERENZIATA CON RIVESTIMENTO IN FIBRA ACRILICA, LA TESTATA HA L’IMBOTTITURA IN PIUMA D’OCA LAVATA E STERILIZZATA. RIVESTIMENTO CON CUCITURE A FILO VIVO. 2. DA GORDON GUILLAUMIER PER ALF DA FRÉ, NEYÕ EVOCA LA FORMA ORGANICA DEI CIOTTOLI LEVIGATI DALL’ACQUA. IL DISEGNO CHE DEFINISCE GLI ELEMENTI IMBOTTITI E I DOPPI RIPIANI REGALANO ALLA COMPOSIZIONE LA FUNZIONALITÀ DI UN LETTO CHE NON NECESSITA DI ULTERIORI COMPLEMENTI. NEYÕ PUÒ ESSERE RIVESTITO CON TUTTI I TESSUTI E LE PELLI A CATALOGO, MENTRE I RIPIANI LATERALI SONO PROPOSTI IN FASHION WOOD E IN MARMO DI CARRARA. 3. IL LETTO ARRICCHISCE LA COLLEZIONE LAPIS, DISEGNATA PER AMURA DA EMANUEL GARGANO E ANTON CRISTELL, CHE – COMPOSTA DA DIVANO, POUF, COFFEE TABLE E SPECCHI – PRENDE ISPIRAZIONE DALLE PIETRE DELLE ANTICHE STRADE ROMANE. IL DESIGN ESSENZIALE DEGLI ALTRI ELEMENTI DELLA FAMIGLIA È RIPRODOTTO NELLA TESTATA DEL LETTO, REALIZZATA CON MATERIALI E FINITURE CHE RICHIAMANO LA NATURALITÀ.
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LookINg AROUND production DA SERVETTO: A DESTRA, IL NUOVO SERVETTO ELETTRICO I3, ESTENSIBILE IN LARGHEZZA DA 75 A 120 CM E CON UNA PORTATA MASSIMA DI 17 CHILI; IN BASSO A DESTRA, SERVETTO 3T NELL’INEDITA FINITURA CUSTOM A POIS.
Servetto, l’azienda celebre per aver brevettato, nel 1968, l’accessorio capace di agevolare l’accesso ai piani più alti degli armadi, ha recentemente presentato delle novità che ne ampliano la gamma di soluzioni. Tra queste, figura una nuova versione del Servetto Elettrico Serie 3: l’appendiabiti saliscendi azionabile elettricamente attraverso un telecomando. L’inedito Servetto Elettrico i3, che l’azienda ha mostrato in anteprima nel corso della fiera Interzum, a Colonia, è estensibile in larghezza da 75 a 120 cm, ha una portata massima di 17 chili e si può interfacciare con diversi sistemi domotici. Proposto in tre colori standard (bianco-bianco, biancocromato e brown-brown), il modello prevede la possibilità di finiture personalizzate (oro, nickelatura nera, bronzo spazzolato) e il rivestimento in pelle di alcuni dettagli. Custom è anche la finitura a pois con cui, in occasione della stessa manifestazione, è stato presentato un altro best seller del marchio, il saliscendi Servetto 3T, disponibile a catalogo in quattro finiture: bianco-bianco, bianco-
FUNZIONALITÀ CUSTOMIZZABILE Tra rivisitazioni di prodotti a catalogo e la possibilità di scegliere finiture personalizzate, Servetto amplia il ventaglio delle soluzioni sviluppate per agevolare l’accesso agli spazi meno raggiungibili degli armadi 32 dicembre 2019 INTERNI
cromato, brown-brown e nerocromato. Connotato da un design pulito e razionale, Servetto 3T ha introdotto la discesa e la risalita ammortizzate, ha una portata massima di 10 chili ed è disponibile in due misure estensibili in larghezza 75-110 cm e 56-95 cm. ■ A.P.
Nell’aria disegniamo i nostri sogni. GLOW PLUS Disegnata da Carlo Colombo, una sinuosa cappa up&down dalle eccezionali performance che è anche una scultura luminosa, splendido elemento d’arredo per valorizzare ogni spazio. Innovazione e affidabilità by FABER.
Carlo Colombo, designer
LookINg AROUND production
REFLEX, STUFA A PELLET CANALIZZABILE A STRUTTURA STAGNA CON POTENZA 7,8 KW/H, DISEGNATA DA MICHAEL GELDMACHER E REALIZZATA DA MCZ INTERAMENTE IN ALLUMINIO NELLA MISURA DI CM 86X31X116. PORTA A LAME VERTICALI VERNICIATE NERE CHE CELANO IL FOCOLARE, CON A FIANCO ANTA PER DEPOSITO PELLET VERNICIATA NERA, ORO O BRONZO, E USCITA FUMI SUPERIORE. UTILIZZA LA TECNOLOGIA MAESTRO CHE PREVEDE LA GESTIONE EVOLUTA E OTTIMIZZATA VIA WIFI CON UNA APP PER IMPOSTARE VENTILAZIONE E ORARI DI ACCENSIONE E SPEGNIMENTO. RISCALDA PIÙ STANZE CONTEMPORANEAMENTE CON IL SISTEMA COMFORT AIR®. CLASSE ENERGETICA A+, CLASSE DI EFFICIENZA AMBIENTALE 4 STELLE.
ENERGIA GREEN
Fonti primarie di riscaldamento o inserite come sistema integrativo, eco-efficienti e di design, le ultime proposte di stufe a pellet sintetizzano innovate prestazioni ambientali, funzionalità ed estetica in perfetto equilibrio con il progetto casa e d’arredo
ECOFIRE® JACKIE IDRO, STUFA A PELLET IDRO VENTILATA PRODOTTA DA PALAZZETTI NELLA MISURA DI CM 62X66X120, CON VERSIONI DA 20 E 26 KW. FIANCHI IN ACCIAIO VERNICIATO, TOP IN GHISA, PORTA UNICA CON DOPPIO VETRO E SISTEMA DI VENTILAZIONE INTEGRATO PER IL RISCALDAMENTO DEGLI AMBIENTI. SI COLLEGA ALL’IMPIANTO IDRAULICO PER SCALDARE L’ACQUA PER USO SANITARIO E TERMOSIFONI. È DOTATA DI: TECNOLOGIA COMPLETE BURNING SYSTEM, CHE CONSENTE ALTI RENDIMENTI, MASSIMO RISPARMIO E ATTENZIONE ALL’AMBIENTE, E DI SELF CLEAN SYSTEM, SISTEMA PER MANTENERE PIÙ A LUNGO LA STUFA PULITA. UN’APP CONSENTE IL FUNZIONAMENTO IN E FUORI CASA ANCHE ATTRAVERSO SMARTPHONE.
34 dicembre 2019 INTERNI
P230 T FA PARTE DELLA COLLEZIONE DI STUFE A PELLET PREMIUM PLUS LINE, CON POTENZA DA 8,5 O 11 KW. È PRODOTTA DA PIAZZETTA NELLA MISURA DI CM 61X61X132 CON RIVESTIMENTO IN MAIOLICA BIANCO CALCE OPPURE GRIGIO, NERO OPACO, TENNÉ, TERRA COTTA E ROSSO LAVA. È DOTATA DI DOPPIA PORTA: IN GHISA ALL’INTERNO E VETRO ESTERNAMENTE. CON MULTIFUOCO® SYSTEM, SISTEMA A VENTILAZIONE FORZATA, PUÒ RISCALDARE UNIFORMEMENTE ANCHE AMBIENTI DI AMPIE DIMENSIONI. DISPONE DI SISTEMA WIFI PER PROGRAMMARE ACCENSIONE E SPEGNIMENTO DA REMOTO CON L’APP MY PIAZZETTA OPPURE DA CASA VIA BLUETHOOTH. CERTIFICAZIONE AMBIENTALE 4 STELLE.
MARILENA, STUFA A PELLET CANALIZZATA SLIM CM 75X107X35, ADATTABILE A QUALSIASI AMBIENTE GRAZIE ALLE DIMENSIONI RIDOTTE E ALLE TRE POSSIBILITÀ DI USCITA PER LO SCARICO FUMI (POSTERIORE, SUPERIORE E LATERALE SINISTRO). È MUNITA DI MOTORE PER LA CANALIZZAZIONE E CONDUZIONE DEL CALORE FINO A 8 METRI DI DISTANZA, CON LA POSSIBILITÀ DI TERMOSTATARE L’USCITA. MEDIANTE LA FUNZIONE COMFORT È POSSIBILE RIDURRE AL MINIMO LA POTENZA DELLA VENTILAZIONE PER GARANTIRE SILENZIOSITÀ. VIENE PRODOTTA DA LA NORDICA CON PARETE FOCOLARE, BRACIERE E PORTA IN GHISA E RIVESTIMENTO IN ACCIAIO VERNICIATO BIANCO, NERO O BORDEAUX. POTENZA TERMICA 8,0 KW. È DOTATA DI TELECOMANDO IR TOUCH CON DISPLAY RETROILLUMINATO. CLASSE DI EFFICIENZA AMBIENTALE 4 STELLE, CLASSE ENERGETICA A+.
SLIMFOCUS MURAL, CAMINO DA PARETE A LEGNA, CHIUSO CON PRESA D’ARIA AMBIENTE, DISPONIBILE SOLO IN VERSIONE A FLUSSO SEMPLICE. È FISSATO ALLA PARETE MEDIANTE UNA PIASTRA MURALE E VIENE RACCORDATO ALLA CANNA FUMARIA ESTERNA. IL SISTEMA DI REGOLAZIONE DELL’ARIA OTTIMIZZA LA COMBUSTIONE PRESERVANDO LA PULIZIA DELL’AMPIO VETRO RICHIUDIBILE. FA PARTE DELLA GAMMA DI FOCUS DI ATELIER DOMINIQUE IMBERT E VIENE REALIZZATO IN ACCIAIO NERO OPACO NEL DIAMETRO DI CM 32 X 175, ACCESSORIATO DI TELAIO PORTANTE. CLASSE ENERGETICA A+, POTENZA 4,5 KW.
TUA, STUFA A PELLET COMPATTA A EMISSIONI RIDOTTE, DISEGNATA DA ART-Ù DESIGN STUDIO PER UNICAL. CAMERA DI COMBUSTIONE RIVESTITA IN ACCIAIO CON BRACIERE IN GHISA, CASSETTO PER RACCOGLIERE LA CENERE, VENTILATORE PER LA DIFFUSIONE DELL’ARIA CALDA, FRONTALE PROTETTIVO 3D OPPURE IN ALTRE TRE VERSIONI. PANNELLO COMANDI SUL TOP SUPERIORE. POTENZA TERMICA DI 6,2 KW, CLASSE DI EFFICIENZA AMBIENTALE 4, CLASSE ENERGETICA A+.
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LookINg AROUND anniversary
A 50 anni, la mitica poltrona di Zanotta entra nell’età verde. Con una limited edition firmata Pierre Charpin e con innovativi materiali sostenibili
SACCO EVERGREEN Zanotta celebra mezzo secolo della iconica poltrona di Gatti, Paolini e Teodoro con una nuova veste che è anche sostanza. L’esclusiva collezione numerata Sacco goes green si compone di tre serie da 100 esemplari che si differenziano per il pattern creato, in tre varianti cromatiche, da Pierre Charpin ispirandosi al concetto di ‘rete’. Il tema del fitto intreccio di linee colorate non è casuale. L’involucro interno e il rivestimento esterno sono infatti realizzati con Econyl®, un filo di nylon rigenerato, interamente ricavato da reti da pesca raccolte dai fondali marini, scarti di tessuto e plastica industriale. Un filo che può essere ricostituito, ricreato e rimodellato all’infinito senza usare altre
36 dicembre 2019 INTERNI
risorse naturali del pianeta. Nello stesso spirito, le palline di polistirolo espanso ad alta resistenza (EPS) dell’imbottitura del progetto originario sono sostituite nell’edizione green con microsfere BioFoam® di Synbra, una bioplastica (PLA) ottenuta dalla canna da zucchero. Così la poltrona continua a essere rivoluzionaria, ma in modo diverso, come sottolinea Carlo Oliverio, neo general manager Zanotta: “Cinquant’anni fa Sacco è stato un oggetto di rottura, segnando una svolta nel modo di sedersi, di utilizzare un prodotto, nel
sentirsi più liberi, perché erano anni in cui si rompevano degli schemi, si protestava per i diritti. Oggi la protesta e la sensibilità che muta sono nei confronti di un sistema di consumo che non può più funzionare ignorando il tema della sostenibilità”. ■ Katrin Cosseta
EIKON EXÉ Materia e Forma Materiali naturali e pregiati donano un inconfondibile effetto materico, definendo l’identità e la personalità di ogni finitura. Forme pure ed essenziali sottolineano l’estetica di Eikon Exé, con la certezza del made in Italy e una garanzia di ben 3 anni.
LookINg AROUND SHOWROOMS
Concepito come punto d’incontro per professionisti e appassionati di cultura del progetto, il monobrand Rimadesio recentemente inaugurato nel Miami Design District ospita sia i prodotti iconici, sia le ultime novità dell’azienda italiana
APPRODO IN FLORIDA Il primo showroom in Florida di Rimadesio, appena inaugurato, sorge nel Miami Design District, quartiere consacrato all’innovazione che ospita oltre 130 tra gallerie d’arte e flagship store dei maggiori marchi (italiani e internazionali) della moda e dell’arredamento. Realizzato in collaborazione col partner locale Solesdi – da anni specializzato in grandi progetti residenziali – il monobrand nasce con l’intento di diventare un punto di incontro per architetti, interior designer e privati, interessati a familiarizzare con la qualità e l’innovazione tecnologica delle collezioni del marchio. All’interno dello store (la cui area espositiva è di circa 100 metri quadrati) convivono sia le collezioni iconiche, sia i prodotti più recenti, pensati per arredare la zona giorno (come il tavolo Manta e le madie Alambra e Self bold) e quella notte (la cabina armadio Zenit con porta scorrevole Velaria). A completare la proposta espositiva, una rigorosa selezione di complementi, tavolini, porte e scorrevoli, declinabili in numerose possibilità compositive, materiali inediti e finiture di pregio. Il nuovo showroom di Miami rappresenta per l’azienda un traguardo
38 dicembre 2019 INTERNI
importante, inserito in un ampio programma di sviluppo commerciale che prevede, per il prossimo futuro, aperture a Denver, Mosca, Nizza, Valencia, Vigo, Sydney, Seoul e Bangalore. ■ A.P.
IMMAGINI DEL PRIMO SHOWROOM RIMADESIO IN FLORIDA, NEL MIAMI DESIGN DISTRICT. IL NEGOZIO OFFRE UNA SELEZIONE DEL MEGLIO DELLA PRODUZIONE AZIENDALE PER LE ZONE GIORNO E NOTTE, OLTRE A COMPLEMENTI, TAVOLINI, PORTE E SCORREVOLI.
LookINg AROUND SHOWROOMS
OBIETTIVO FAR EAST Dopo la recente apertura dello showroom Dada Kitchen di Gloucester Road, Molteni&C|Dada inaugura un nuovo flagship store a Hong Kong, ampliando la propria rete di distribuzione in Estremo Oriente
40 dicembre 2019 INTERNI
IMMAGINI DEL NUOVO FLAGSHIP STORE MOLTENI&C|DADA DI HONG KONG. ALLESTITO COME UN APPARTAMENTO, LO SPAZIO È CONNOTATO DALLA PRESENZA MASSICCIA DI VETRO E LEGNI IN DIVERSE FINITURE, DAL LEGNO AL GRIGIO.
Con l’inaugurazione del nuovo flagship store Molteni&C|Dada a Hong Kong, il gruppo Molteni – oltre a consolidare la propria ultra decennale collaborazione col partner locale, Firmstone – compie un ulteriore, significativo passo avanti verso la riqualificazione del proprio network distributivo nello strategico mercato del Far East. Realizzato su una superficie di 600 metri quadrati all’interno del Wanchai Harbour Center, con vista sulla baia e sul centro congressi di Hong Kong, lo spazio, allestito come una casa privata, si distingue per la luminosità garantita dalle sue ampie vetrine e per l’impiego di materiali naturali e sofisticati: vetro e legni in differenti finiture, come sabbia (chiara e scura) e una palette di grigi scuri. Lo showroom riserva ai visitatori un’esperienza immersiva, un affascinante percorso tra i prodotti più rappresentativi e iconici dei brand, tutti portatori di un’idea di design atemporale, capace di superare gli influssi di mode e correnti. L’apertura di questo nuovo store segue di pochi
mesi quella del Firmstone’s Dada Kitchen di Gloucester Road, dedicato prevalentemente all’esposizione delle cucine Molteni&C|Dada e Armani/ Dada. La prossimità di questi due negozi, distanti pochi minuti a piedi l’uno dall’altro, permette alla clientela di soddisfare qualsiasi esigenza d’arredo: dalle cucine alle sale da pranzo, dai soggiorni alle soluzioni per la zona notte e l’ufficio. ■ A.P.
LookINg AROUND PROJECTS
IMBEVUTA DI LUCE
Immersa nel verde delle Fiandre, House Bras è stata ideata dallo studio DDM Architectuur per essere irradiata il piÚ possibile dal sole in ogni stagione. Interamente rivestita con lastre di pietra naturale, si apre e si fonde con il paesaggio circostante grazie ad ampie superfici vetrate che si alternano a volumi in larice scuro. La casa si espone, per farsi bozzolo solo quando serve
Nata da un’attenta ricerca volta a massimizzare le ore di insolazione diurna rispetto al cambio delle stagioni, House Bras vive in comunione con la natura circostante. Composta da volumi essenziali, compatti e oblunghi, la residenza dall'impatto teatrale è stata sapientemente progettata dallo studio DDM Architectuur con l'intento di aprirsi e fondersi con il paesaggio della campagna belga in cui sorge. Tetti e facciate rivestiti in pietra grezza senza soluzione di continuità consentono all'edificio di farsi involucro e mimetizzarsi nella natura, mentre le ampie superfici vetrate da un lato assecondano il movimento del sole e il ciclo stagionale della luce, dall'altro ‘intrappolano’ il verde lussureggiante che si rispecchia nel laghetto antistante. Il piano terra dell'abitazione si articola in tre zone: la prima, dedicata al wellness, è dotata di una scenografica piscina con sauna, la seconda è formata da un ampio soggiorno con cucina open space, la terza accoglie una sala con pianoforte a coda. I tre spazi sono visivamente e fisicamente collegati attraverso passaggi vetrati che creano un percorso tra luminosi cortili interni e blocchi chiusi, rivestiti in larice scuro, che ospitano diverse aree funzionali, come il vano scale, la dispensa, l’ingresso e le camere da letto.
Protagonista del primo piano è la master suite, affiancata da una biblioteca con ampia vista sul laghetto. La minimale e sofisticata rubinetteria in acciaio inossidabile di Cea Design punteggia ed enfatizza i materiali naturali utilizzati, le linee pure dell'interior design e il concept del progetto architettonico. Per la cucina, i progettisti di DDM Architectuur hanno optato per due diversi miscelatori performanti in acciaio inox AISI 316L della collezione Milo360. Nel bagno sono stati invece inseriti i miscelatori per lavabo e il gruppo doccia della linea Giotto disegnata da Natalino Malasorti. Tutti i prodotti Cea sono stati scelti nella raffinata finitura satinata. ■ Claudia Foresti SITUATA A BRASSCHAAT, IN BELGIO, HOUSE BRAS SI DISTINGUE PER LE AMPIE SUPERFICI VETRATE CHE CONSENTONO UN DIALOGO CONTINUO CON L'ESTERNO. SOPRA, IL BAGNO DOTATO DI MISCELATORI PER LAVABO CON BOCCA DI EROGAZIONE GIREVOLE E GRUPPO DOCCIA, CON SOFFIONE ORIENTABILE E DOCCINO DAL FLESSIBILE IN GOMMA SILICONICA, DELLA LINEA GIOTTO. A LATO, LA CUCINA. RUBINETTO CON BOCCA DI EROGAZIONE GIREVOLE PER ACQUA BOLLENTE ISTANTANEA E MISCELATORE MONOFORO CON DOCCINO ESTRAIBILE DELLA COLLEZIONE MILO360. TUTTI I PRODOTTI, IN ACCIAIO INOX AISI 316L SATINATO, SONO DI CEA DESIGN. (FOTO LENZER – PETER VERPLANCKE)
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Servetto, l’ascensore nell’armadio.
s e r v e t t o . i t
LookINg AROUND PROJECTs
PAVIMENTO IN MARMO RIVIERA BEIGE E BOISERIE IN LEGNO DI OBECHE SBIANCATO E IN SPECCHIO DIAMANTATO RIVESTONO LA SOFISTICATA ZONA PRANZO DELL'ABITAZIONE ALLESTITA DA COIMA IMAGE E GIOPAGANI NELLA TORRE ARIA DI MILANO. IL TAVOLO A DAY IN THE LIFE IN LEGNO LACCATO NERO OPACO CON PIANO IN MARMO MARQUINA BLACK, LE POLTRONCINE DIG IT IN PELLE E TESSUTI OPTICAL E LO CHANDELIER ÉCLAT D’EAU IN METALLO NERO OPACO E VETRO DI MURANO FANNO PARTE DELLA CAPSULE COLLECTION DI GIOPAGANI IDEATA AD HOC CON COIMA IMAGE.
ELEGANZA CALIBRATA Ambienti ariosi e luminosi svettano su Porta Nuova. È uno stile contemporaneo dagli accenni retrò quello ideato da Coima Image e GioPagani per un'esclusiva residenza della Torre Aria INTERNI dicembre 2019 45
LookINg AROUND projectS
Sono la luce naturale, i materiali pregiati e le finiture ricercate a spiccare nell'interior design ideato da Coima Image, società di consulenza e progettazione integrata, e GioPagani, maison di arredamento di alta gamma, per un appartamento della Torre Aria in Porta Nuova a Milano. L'edificio residenziale di 18 piani, progettato dallo studio Arquitectonica in collaborazione con Caputo Partnership International, è composto da due strutture indipendenti di diversa altezza e offre soluzioni con doppia o tripla esposizione, enfatizzata dalle ampie vetrate e dalle terrazze abitabili, che, grazie alla scomposizione dei volumi, garantiscono al contempo la massima privacy. L’appartamento scelto per l’allestimento valorizza la caratteristica principale delle residenze: la possibilità di usufruire dei più elevati comfort all’interno di uno spazio privato
46 dicembre 2019 INTERNI
A LATO, CUCINA IN LEGNO DI ROVERE TINTO NERO CON BANCONE IN MARMO MARQUINA BLACK, STRUTTURA IN OTTONE SPAZZOLATO, BOISERIE IN PELLE ANILINA NERA E SGABELLI DÉJÀ VU DI GIOPAGANI. SOTTO, BAGNO RIVESTITO IN PREGIATI MARMI E CAMERA CON LETTO VOYAGE D’UNE NUIT E COMODINI RENDEZ-VOUS DI GIOPAGANI. NELLA PAGINA ACCANTO, SOPRA, DIVANI PS I LOVE YOU IN PELLE NERA E TESSUTO SPIGATO DI GIOPAGANI. I TAVOLINI CON PIANI IN MARMO CALDIA VENATO E IN SPECCHIO E IL MOBILE CON TELAIO IN METALLO NERO OPACO E ANTE RIVESTITE IN TESSUTO CANVAS SONO CUSTOM MADE. SULLA PARETE A SINISTRA, L'OPERA D’ARTE HAIKU DI LAURA PANNO. SOTTO, SPICCANO LA SCALA IN MARMO RIVIERA BEIGE, IL PAVIMENTO IN ASSITO DI ROVERE TINTO CENERE A CASSETTONI E IL TAPPETO VERTIGO DI GIOPAGANI IN SETA VEGETALE ANNODATO A MANO.
impreziosito da un panorama scenografico, con vista sul pluripremiato Bosco Verticale. L’interazione con l’esterno è infatti alla base di un nuovo concept abitativo in cui la copiosa luce naturale diviene la vera protagonista degli spazi. Ad arredare, e connotare, i 300 metri quadrati disposti su due livelli della residenza, una capsule collection creata ad hoc, nata dalla collaborazione tra i due studi e prodotta in esclusiva da GioPagani: un'audace fusione tra l'italian style degli anni ’50, con rimandi alla cifra stilistica di Dino Gavina, e le linee più evocative della Beat Generation degli anni ’60. Il progetto di interior si sviluppa in due macroaree, entrambe dal design contemporaneo e dall'eleganza sobria e calibrata, ma dalle caratteristiche differenti. La zona giorno è strutturata come un grande open space dove i diversi momenti della giornata sono
collegati tra loro in un percorso che si snoda dall’ampio living alla cucina, all’occorrenza indipendente, passando per la luminosa zona pranzo. Preziosi marmi rivestono pareti e pavimenti, intervallati da intonaci materici e boiserie in legno sbiancato o in specchio diamantato, mentre le cromie sofisticate, che degradano dal nero ai toni del greige, sono accese da inaspettati elementi metallici. Al piano superiore, la zona notte si configura invece come uno spazio più intimo e personale. Le due camere sono concepite come private suite: dotate di bagno e cabina armadio, sono divise da una zona ‘filtro’ conviviale ma riservata. Le nuance rimandano ai raffinati cromatismi della zona giorno, mentre per i pavimenti sono state scelte moquette intrecciate che, combinate ai legni dei rivestimenti, enfatizzano l’intimità dell’ambiente creando un’atmosfera ovattata. ■ Claudia Foresti
INTERNI dicembre 2019 47
LookINg AROUND sustainability
1. I TETTI-TERRAZZA-BELVEDERE DELLE VILLE PROGETTATE DA MASSIMILIANO E DORIANA FUKSAS. FORME SINUOSE E FLUIDE, FINITURA ESTERNA IN COCCIOPESTO PIGMENTATO CON TERRE NATURALI E OSSIDI, DISOMOGENEITÀ ARTIGIANALE ED EFFETTI CROMATICI: TUTTO RICHIAMA LE SFUMATURE DI SABBIA, ARGILLA E ROCCIA DEL PAESAGGIO MEDITERRANEO LOCALE. 2. VISTA D’INSIEME DI IS MOLAS RESORT, SULLA COSTA SUD OCCIDENTALE DELLA SARDEGNA, A CIRCA 30 CHILOMETRI DA CAGLIARI. LE CASE SONO INCASTONATE NELLA NATURA DEL PARCO DI GUTTURU MANNU, COME IL CAMPO DA GOLF DI 27 BUCHE.
Design, architettura e sostenibilità per l’Is Molas Golf Resort, in Sardegna, progettato da Massimiliano e Doriana Fuksas Dell’Is Molas Golf Resort, nel Sud della Sardegna, una distesa di 120 ettari integrati in una tenuta di 500, gravitante intorno al manto erboso del green (aperto anche ai non residenti), Interni aveva già parlato nel numero di
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LA NATURA E L’UOMO, INSIEME novembre 2016. Allora lo splendido complesso turistico/alberghiero e residenziale progettato da Massimiliano e Doriana Fuksas per il gruppo Immsi, assecondando le linee orografiche di un terreno popolato da lecci, mirti,
corbezzoli e querce da sughero, cervi, cinghiali e volpi, era ancora materia di rendering. E manifesto di una ricerca: “Semplificare ed eliminare il superfluo per far parlare il necessario, in una totale fusione con la natura e le luci del luogo”,
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48 dicembre 2019 INTERNI
1. L’INTERIOR DESIGN DELLE CASE, FIRMATO DORIANA FUKSAS, INTERPRETA IL GENIUS LOCI CON COLORI, FLUIDITÀ DI LINEE E PREZIOSITÀ DI MATERIALI. LE PARETI FINITE IN TADELAKT, UN INTONACO A BASE DI CALCE PRECOLORATO CON PIGMENTI NATURALI, DI TRADIZIONE MAROCCHINA, RESO BRILLANTE DALLA PRESENZA NEGLI IMPASTI DI SAPONE E OLIO DI OLIVO, ARMONIZZA CON IL PAVIMENTO IN COTTO ARTIGIANALE SMALTATO. DI RAFFINATO MADE IN ITALY, SU DISEGNO DEGLI ARCHITETTI FUKSAS, TUTTI GLI ARREDI: LETTO, CHAISE LONGUE, COFFEE TABLE (CUSTOM) DI MOROSO, LAMPADE ZOE DI VENINI (LATERALI SOPRA IL LETTO), CHARLOTTE FLOOR (DA TERRA) E CHANTAL (A SOSPENSIONE, CENTRO DELLA STANZA) DI SLAMP. 2. SEI LAGHETTI ARTIFICIALI INTERCONNESSI SONO PARTE INTEGRANTE, DECORATIVA E AMBIENTALE, DELL’INSEDIAMENTO DI IS MOLAS RESORT. 3. OGNI VILLA DISPONE DI UN GRANDE GIARDINO PRIVATO, UNA PISCINA, UNA VASCA IDROMASSAGGIO E UNA TERRAZZA PANORAMICA. FOTO COURTESY IS MOLAS RESORT
aveva spiegato Massimiliano Fuksas. Ora le 15 ville esclusive dalle linee curve, concepite come sculture abitabili, sono diventate realtà: con i loro patii-giardino, le vasche d’acqua, le sinuose terrazzebelvedere dalle sfumature sabbia, le pareti finite in cocciopesto all’esterno e in Tadelakt dalle nuance pastello all’interno che armonizzano rispettivamente con le lastre di porfido posato a opus incertum e il cotto naturale e smaltato o in Mortex dei pavimenti, mentre il raffinatissimo interior design curato da Doriana Fuksas ispirato dall’artigianato sardo valorizza anche la qualità del prodotto made in Italy di aziende quali Moroso, Baxter, Slamp, Venini, in ciascuna tipologia abitativa. Bene, ora che tutto questo è esperienziale, the show must go on: per scrivere il futuro della sua storia. Il complesso di Is Molas è infatti in fase di ulteriore sviluppo – nei prossimi due anni verranno realizzati un nuovo campo da golf a 18 buche disegnato da Gary Player, un hotel 5 stelle e una spa, come potenziamento del resort già avviato. La
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sostenibilità complessiva dell’intervento è pertanto il valore prioritario con cui il nuovo progetto di trasformazione del territorio si sta misurando. Le soluzioni tecniche e tecnologiche messe a punto per la tutela del paesaggio naturale e costruito, la sua gestione e manutenzione, sono d’avanguardia. L’adozione di un ciclo integrale dell’acqua, rigorosamente disciplinato, ridurrà gli sprechi delle risorse idriche, un tema di grande attualità su scala mondiale, attraverso successivi recuperi e riusi delle stesse. Perché se l’irrigazione delle importanti estensioni dei campi da golf ‘pesca’ dai sei laghetti artificiali interconnessi che sono parte integrante, decorativa e ambientale, dell’insediamento, di fatto tutte le acque di ‘scarto’ (domestico e alberghiero) sono
reimpiegate e reintegrate, anche per il raffreddamento di macchinari e negli impianti di climatizzazione, limitando così inutili dispendi. Ciascuna villa in affitto o in vendita dispone già di un volume tecnico esterno indipendente con pompa di calore di tipo aria/acqua a ciclo invertibile (estate/inverno), attivabile con centralina remotizzata per personalizzare alla bisogna i parametri di funzionamento. Ogni unità abitativa servita dalla tecnologia domotica si avvale inoltre di impianto fotovoltaico. I pannelli solari sono collocati sui pergolati ombreggianti dei parcheggi, strutture dotate anche di
2 colonnina per la ricarica delle auto elettriche. Senza dimenticare che nel borgo tutti i lampioni stradali sono attrezzati di lampade a led a bassissimi consumi energetici e schermi che indirizzano il fascio luminoso verso il basso, ad altezza d’albero. Come dire, la riduzione del volume luminoso e sonoro resta un dato sensibile del comfort ovattato del luogo: gli unici rumori consentiti devono restare i bramiti dei cervi. ■ 3
Antonella Boisi
INTERNI dicembre 2019 49
INTERNI PER FANTONI
Sinergie prestigiose Dalla collaborazione tra il team Fantoni e i progettisti di Gensler è nata Atelier, una collezione sviluppata per rispondere alle necessità di riconfigurabilità e team woking del nuovo headquarter londinese di uno dei maggiori studi di design e architettura al mondo
Il nuovo headquarter Gensler realizzato nell’East London e arredato con elementi della collezione Atelier, sviluppata ad hoc con Fantoni. Le foto sono di Johan Dehlin.
Quando Gensler – tra le maggiori società di architettura e design a livello internazionale, con 48 sedi in tutto il mondo – decide di trasferire il proprio headquarter nell’East London, avvia una ricerca di soluzioni che possano rispondere alle esigenze dei suoi 250 architetti. Quello che cerca è un progetto innovativo, che permetta di creare, all’interno di un ambiente di lavoro aperto, spazi più piccoli, realizzati su misura per le esigenze dei diversi team di progetto, e capace di generare un mirabile e delicato equilibrio tra un ambiente open e un mini quartiere più intimo e discreto. “Miravamo a creare un ambiente flessibile, con pochissimo spazio fisso, dando ai dipendenti la possibilità di rendere lo spazio proprio”, spiega Philippe Paré, Design Principal di Gensler. “Il lavoro agile è una questione di mentalità. Si tratta di offrire alle persone la libertà di scegliere il posto migliore in cui lavorare. Lo spazio ha un ruolo, ma non è quello che conta di più: si tratta di adottare un nuovo modo di pensare e, a sua volta, adottare nuovi comportamenti. Pertanto, i mobili sono uno dei fattori più importanti per un lavoro agile di successo”, conclude. Non avendo trovato sul mercato prodotti che rispondessero a queste esigenze, Gensler avvia così una collaborazione con Fantoni, che sfocia nella creazione di Atelier: una soluzione d’arredo altamente flessibile che raggruppa una molteplicità di funzioni legate allo spazio, e assicura longevità funzionale ed efficienza economica. La collezione – nata dalla collaborazione tra il Design Director di Gensler Londra, il Product Development Leader di Gensler Los Angeles e il team sviluppo prodotto di Fantoni – rispecchia i diversi modi di progettare, rispetta le differenti esigenze normative e progettuali nazionali nonché le caratteristiche indispensabili a un prodotto worldwide, e attiva la possibilità di fare rete con numerose aziende fornitrici. Tutti aspetti che incrementano il valore del progetto, sviluppato per 250 postazioni di lavoro, tutte su ruote, per quella che oggi è la sede Gensler di riferimento per le opere internazionali. Tra gli elementi di Atelier già diventati iconici, da citare la mobile pinboard, vero e proprio elemento progettuale che consente di tenere riunioni ovunque e, in caso di necessità, sganciare il pannello con gli appunti o il moodboard di materiali per portarlo alla propria postazione e appenderlo alla libreria per condividerne la consultazione. La stessa libreria, superato il ruolo di completamento a muro, modifica l’architettura degli uffici, diventando il fulcro di tutti gli arredi. Oltre ad assicurare una piena duttilità Atelier, grazie al suo layout mantenuto volutamente il più aperto possibile, garantisce la massima configurabilità degli spazi evitando un concept fatto di singoli uffici a vantaggio di un’idea che promuova la filosofia democratica dell’azienda. Il suo forte connotato industriale e sperimentale, inoltre, riflette l’attitudine che accomuna Fantoni e Gensler: realtà volte al cambiamento costante e propense alla valorizzazione del capitale umano in termini di consapevolezza di sé e autodeterminazione. fantoni.it
LookINg AROUND exhibitions
TERRITOIRES LATENTS
1. ARNULF RAINER, UNBEKANNT IV (TOTENMASKENSERIE), 1978. FOTO IN SILVER PRINT SU CARTA PLASTIFICATA, CM 60,6X48,6. 2. RÜCKENBILD, 1976. OLIO E PASTELLO A OLIO SU CARTA FOTOGRAFICA E LEGNO, CM 56X40,5.
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L’intento anti-accademico di abbandonare la pittura e le tecniche artistiche tradizionali si esprime nelle opere di Arnulf Rainer, ora in mostra al Museo d’arte moderna e contemporanea di Ginevra grazie alla donazione del celebre gallerista ginevrino Michel Foëx, recentemente scomparso
Le settanta opere di Arnulf Rainer donate al Museo d’arte moderna e contemporanea di Ginevra dal gallerista Michel Foëx, scomparso nel 2015, costituiscono l’occasione per l’allestimento di “Territoires Latents. Fonds Michel Foëx”, una mostra, che, a tutti gli effetti, può essere considerata una retrospettiva del maestro austriaco. Fortemente influenzato dal surrealismo (conosce André Breton, ma non ne rimane entusiasta), attraverso tutta la trafila ecumenica dell’arte della seconda metà del Novecento – Informale, Action Painting, Espressionismo astratto e soprattutto l’Art Brut – approda alle psicosi performanti dell’Azionismo viennese, assieme a Günter Brus, al diabolico Hermann Nitsch e, tra gli altri, a Rudolf Schwarzkogler, morto suicida a soli 28 anni. L’Azionismo praticava una body art estrema, un vero teatro della crudeltà alla maniera di Artaud, condito con l’idea di base di voler rappresentare l’irrappresentabile. Tutto il movimento, e Rainer in primis, predica un abbandono cruento della pittura e delle tecniche artistiche tradizionali, fortemente influenzato da una miscela esplosiva di misticismo eckhartiano e di psicanalismo freudiano. È necessario qui ricordare che i primi passi d’artista di Rainer lo vedono fondatore di una sorta di anti-accademia, il Pinctorium, dove collabora con quelle che, allora, erano le maggiori menti dell’edizione austriaca dell’Espressionismo tedesco e del Surrealismo francese, quell’Hundertwasser divenuto poi icona piccolo borghese di una Vienna un po’ zuccherosa, e soprattutto il folle Ernst Fuchs, pictor optimus ma decisamente kitsch. Il rapporto con l’immagine, e quindi con la rappresentazione, o
52 dicembre 2019 INTERNI
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3. OHNE TITEL, 1983. FOTO SU CARTA, CM 23,8X16,9. 4. LANDSCHAFT, 1973-’87. PUNTASECCA SU ZINCO, CM 46,2X55,6. 5. ZWEIHANDBILD, 1975. OLIO SU CARTONE, CM 73X51. 5. ROTER HINTERN, 1975. OLIO SU CARTONE, CM 102X73.
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6 meglio con la sua continua negazione, come una possibile datità, diventa l’elemento centrale della poetica raineriana a partire dalla serie degli autoritratti fotografici, dalle riproduzioni delle Totenmasken, sino alle immagini residuali dell’espressività di grandi autori, Goethe per esempio, ma anche Goya, Leonardo e Van Gogh, parafrasando gli esperimenti scrittòri di Henri Michaux e intervenendo iconoclasticamente anche su tele di importanti artisti a lui contemporanei, come Miró, Sam Francis o Vasarely, o su simboli iconici fortemente denotativi come la croce o le strutture cruciformi. Spinto da un acuto senso della corporeità, analogamente allo svizzero Louis Soutter, con cui realizzerà un’importante mostra a Losanna nell’86, è affascinato dalle smorfie e dalle strane espressioni facciali, laddove l’azionismo di Rainer si trasforma nella realizzazione dell’opera in un inimmaginabile torrente di parole e suppliche che accompagna e traduce il suo abisso di rabbia per il mondo e per se stesso. La tecnica anti-pittorica usata è la cosiddetta Finger Malen, una pittura eseguita di getto con una buona dose di energia usando tutte le dieci dita della mani, che ricorda da lontano le tecniche rituali e liberatorie alla Jackson Pollock. La denominazione precisa usata da Rainer per il suo lavoro è Übermalungen, ovvero pittura sovrapposta, ritocco, termine che allude appunto a una immagine nata per contrasto come negazione di un’immagine precedente. Certo, un eccessivo indulgere in una pratica molto addomesticata, utilizzabile anche nei salotti buoni, dell’azionismo viennese potrebbe far pensare a una distrazione dai temi fondanti della fenomenologia e della psicanalisi. Ma tant’è... in inferis manebimus optime. ■ Maurizio Barberis
INTERNI dicembre 2019 53
LookINg AROUND events 1. UNIVERSAL KIMONO BY ARK AMSTERDAM, NELLA MOSTRA “MILLENNIALS - NEW MILLENNIUM DESIGN”, A CURA DI JOSÉ BÁRTOLO. FOTO VIVIANE SASSEN. 2. IL GIOCO CREATIVO DEI BAMBINI DEL QUARTIERE TRAIANO DI NAPOLI, 1971-’75, RACCONTATO IN “RICCARDO DALISI - PERFETTA IMPERFEZIONE”, A CURA DI IRA PALMIERI E ANDREA NUOVO. 3.4. DUE ICONE DALL’ESPOSIZIONE “ABITARE ITALIA - ICONE DEL DESIGN ITALIANO” A CURA DI PAOLO DEGANELLO E MARIA MILANO: HOPE DI FRANCISCO GOMEZ PAZ E PAOLO RIZZATTO PER LUCEPLAN, 2009 (FOTO LEO TORRI) E SUPERONDA DI ARCHIZOOM ASSOCIATI PER POLTRONOVA, 1966.
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O TEMPO DE PORTO 3
Fino all’8 dicembre, nel Portogallo della scuola di Porto, generazionalmente passata dal maestro Távora al suo discepolo Álvaro Siza e da questi a Eduardo Souto de Moura e poi ai fratelli Francisco e Manuel Aires Mateus, la 1ª edizione di Porto Design Biennale 2019 raccoglie il testimone di Experimenta Design a Lisbona (l’ultima edizione è del 2017). Porto Design Biennale 2019, rassegna organizzata da
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In Portogallo, la 1ª Edizione di Porto Design Biennale 2019 rifocalizza le potenzialità della cultura del progetto nell’affrontare le tensioni della contemporaneità. Con l’Italia, Paese ospite ESAD/College of Art and Design, sostenuta dall’Istituto Italiano di Cultura e diffusa tra varie sedi di Porto e nella vicina Matosinhos, grazie all’impegno congiunto delle rispettive municipalità, declina un articolato programma di orientamento tematico per intercettare differenti fasce di pubblico e target, partendo dall’analisi delle tensioni positive e negative che oggi toccano tutti nel quotidiano. La convinzione è infatti che la cultura di un progetto consapevole, all’interno di un particolare quadro di riferimento storico, economico, sociale e ambientale, possa fare la sua parte nel portare piccole o grandi migliorie, attivare nuovi comportamenti d’uso fino a innescare più ampi processi di rigenerazione urbana. Non a caso proprio il nostro Paese, leader nel settore, è l’ospite di questa prima
edizione, con tre mostre che hanno il merito di stimolare una riflessione critica, dialettica e trasversale sulle molteplici chiavi della creatività. “Ogni edizione avrà comunque un Paese ospite”, spiega l’italiana Maria Milano, architetto, docente e curatrice di progetti culturali, di casa a Porto e all’ESAD, in prima linea nel coordinamento della sezione italiana.
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LookINg AROUND events
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L’esposizione “Abitare Italia – Icone del Design Italiano”, da lei curata insieme a Paolo Deganello, racconta la storia di 60 icone che hanno segnato la cultura del progetto internazionale interpretando i cambiamenti di un’epoca precisa sul piano tecnologico, produttivo ed estetico. “Frontiere – Espressioni di Design Contemporaneo”, co-curata insieme a Lucio Magri, riflette
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intenderci). Non si racconta, infine, soltanto l’oggetto, ma anche il suo backstage e le capacità del design di attivare rapporti umani, dinamiche sociali e culturali inedite, nella retrospettiva “Perfetta Imperfezione” dedicata a Riccardo Dalisi e al suo
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1. VISTA DELL’HEADQUARTER DI ESAD–IDEA A PORTO, IN PRIMA LINEA NELL’ORGANIZZAZIONE DELLA PORTO DESIGN BIENNALE. 2. RIACE, THE ITALIAN VILLAGE ABANDONED, FOTOGRAFIA DI FRANCESCO PISTILLI NELLA MOSTRA FRONTIERE ESPRESSIONI DI DESIGN CONTEMPORANEO, A CURA DI MARIA MILANO E LUCIO MAGRI, PER LA SEZIONE TERRITORIO ITALIA. 3. UNA VISTA DELL’ESPOSIZIONE “PORTUGAL INDUSTRIAL”. FOTO R. DE KALBERMATTEN
invece sul design emergente nell’attuale panorama italiano, che risponde alla complessa realtà post-millennium con nuovi approcci progettuali: autoproduzioni, piccole serie, manufatti di alto artigianato, oggetti sociali delle cooperative, in bilico tra arte e design, eco-sostenibili. Una mappatura di casi emblematici e nomi già noti in Italia (da Elena Salmistraro a Roberto Sironi, per
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impegno nel quartiere Traiano a Napoli “che risale agli anni Settanta, quando l’artista-designer iniziò a lavorare con i ragazzini del posto per stimolarne la creatività in laboratori di autocostruzione”, continua Andrea Nuovo, curatore insieme a Ira Palmieri della bella mostra al Museu e Igreja da Misericórdia do Porto. Dai prototipi delle caffettiere animate di Dalisi, e
dalla sua idea che occorra “partire dalla necessità di vivere e non dalla testa”, alla voce e alle selezioni del Portogallo. “Post Millennium Tension”, l’articolata mostra curata da José Bártolo, rappresenta un ripensamento delle fonti della creatività, senza barriere geografiche e di espressioni linguistiche. “Non ci interessava riproporre l’ennesima fiera del mobile, la vetrina delle piccole e medie imprese di Porto o un percorso trionfalistico di altre nazioni”, ha commentato Bártolo. “I territori individuati nelle differenti esposizioni sono tutti riconducibili a una riflessione sulla cultura materiale degli oggetti come produttori di significato. Qual è il senso degli oggetti nella contemporaneità? Qual è il giusto rapporto tra pensiero e azione? Come è cambiata la relazione tra progettista e committenza? Quanto la scuola può diventare motore di crescita, con corsi di studio, lauree, master e dottorati, anche nella formazione di nuovi curatori e nella costruzione di cataloghi come strumenti di conservazione della memoria? Alla fine è questo che conta. Si tratta di individuare e indicare nuove modalità di progettare, produrre e comunicare alle nuove generazioni dei designer millennial che operano in un momento di profonda crisi economica, sociale e ambientale. L’Italia ci ha raccontato come si pone di fronte a queste problematiche. Noi abbiamo fatto un altro passo”. Il Portogallo è pronto al binario 9 e 3/4 per la scuola di magia di Hogwarts. ■ Antonella Boisi
INTERNI PER DYSON
Per svilupparlo sono stati necessari oltre tre anni e realizzati più di 700 prototipi, ma oggi Dyson Airblade 9kJ è l’asciugamani con filtro HEPA più rapido e più efficiente dal punto di vista energetico*
*Tempo di asciugatura e consumo energetico calcolati in modalità Max. Tempo di asciugatura misurato usando il test Dyson 769 basato sull’NSF P335 con 0,1 g di umidità residua.
Efficienza silenziosa Si chiama Dyson Airblade 9kJ, per il suo sviluppo sono stati necessari oltre tre anni ma, oggi, è l’asciugamani con filtro HEPA più rapido ed efficiente dal punto di vista energetico, tanto da assicurare l’asciugatura delle mani in appena dieci secondi. “In Dyson crediamo che asciugarsi le mani debba essere un’operazione rapida, igienica e che non trascuri gli aspetti energetici”, spiega Jake Dyson, Chief Engineer. “A queste necessità rispondiamo dal 2006, quando abbiamo rivoluzionato il settore lanciando il primo Dyson Airblade. Oggi continuiamo a innovare il settore col modello 9kJ dove, dall’acustica al design, tutto è stato ripensato per assicurare prestazioni ottimali senza compromettere l’igiene o la user experience”. La tecnologia del motore e del flusso d’aria di Dyson consentono al nuovo prodotto di essere l’asciugamani Dyson più silenzioso di sempre e di risparmiare, in modalità Eco, fino all’87% di energia rispetto agli asciugamani ad aria calda, e di generare fino all’85% di emissioni di CO2 in meno in confronto alle salviette di carta. Dyson Airblade 9kJ, col suo design solido e peculiare e il corpo in acciaio inossidabile, impiega tecnologia all’avanguardia per cui l’azienda è rinomata, e che comprende plus quali: il Curved Blade Design (alimentato dal motore digitale Dyson V4, che compie fino a 75.000 giri al minuto, una lama d’aria passa attraverso due fessure curve da 0,45 mm a 624 km/h. La curvatura è utile affinché l’aria segua il profilo delle mani, rimuovendo l’acqua più velocemente); il funzionamento touch-free (l’apparecchio impiega sensori ‘time of flight’ che rilevano la presenza delle mani per attivare l’aria); il filtro HEPA in fibra di vetro con strato in tessuto, che cattura dall’aria del bagno il 99,95% delle particelle, compresi batteri e virus; l’ingegneria acustica (Dyson Airblade 9kJ è dotato di silenziatori realizzati in schiuma a cellule aperte e con dischi forati, così da ridurre il rumore durante il passaggio del flusso d’aria attraverso il motore). Il nuovo asciugamani Dyson è progettato per adattarsi a qualsiasi bagno pubblico, dagli uffici ai centri commerciali e ai ristoranti, fino agli spazi pubblici, i parchi di divertimento, le scuole, gli ospedali e gli hotel. dyson.it
LookINg AROUND EVENTS
1. ANDREA STELLA. 2. 4. IL CATAMARANO LO SPIRITO DI STELLA. 3. A BORDO DEL CATAMARANO A VENEZIA, IN OCCASIONE DELLA UNIVERSAL DESIGN WEEK. 5. ALLA PRESENTAZIONE DELL’INIZIATIVA, NELLA CORNICE DELLA SALA DA BALLO DEL MUSEO CORRER DI VENEZIA (GLI ONORI DI CASA LI HA FATTI ELISABETTA BARISONI DI FONDAZIONE MUSEI CIVICI DI VENEZIA), ERANO PRESENTI, OLTRE AD ANDREA STELLA CHE HA PORTATO LA SUA TESTIMONIANZA E HA RACCONTATO IL SUO PROGETTO, PAOLO ROMOR PER IL COMUNE DI VENEZIA, L’ATLETA, BALLERINA E PARLAMENTARE GIUSY VERSACE, FEDERICA BOSELLO DELL’AUTORITÀ DI SISTEMA PORTUALE DEL MARE ADRIATICO SETTENTRIONALE, VALERIA TATANO DELL’UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA, FEDERICO CESARO DEL SERVIZIO ASSISTENZA PROGETTISTI DI SCHÜCO ITALIA E FRANCESCO BENVIN, RESPONSABILE MARKETING DI SCHÜCO ITALIA, CHE HA COORDINATO I LAVORI.
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SENZA BARRIERE 3
58 dicembre 2019 INTERNI
Il progetto WoW (Wheels on Waves), realizzato dalla onlus Lo Spirito di Stella, permette a oltre cinquemila persone con disabilità di vivere una giornata in carrozzina a bordo di un catamarano di 18 metri. Autore e protagonista è Andrea Stella, che durante la prima Universal Design Week a Venezia, promossa in collaborazione con Schüco Italia, ha illustrato il suo concept di progettazione inclusiva
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Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Andrea Stella. Di navigare con lui e il suo equipaggio. E di ascoltare la sua storia. Oggi Andrea ha 43 anni. 19 anni fa, fresco di laurea in Legge, parte per Miami in vacanza premio. Nella città americana, dopo due giorni, gli sparano durante una rapina. Due colpi vanno e segno e uno lede la colonna vertebrale. Dopo 40 giorni di coma, si sveglia senza più l’uso delle gambe. La diagnosi è paraplegia degli arti inferiori. Il suo avvenire di giovane pronto ad affacciarsi alla vita è irrimediabilmente distrutto? Il futuro per lui non ha più alcun senso? Per nulla. Con coraggio e determinazione, riprende in mano il suo destino e comincia una nuova vita. Il mare è sempre stato la sua passione. Sogna di tornare a navigare e, con il sostegno della famiglia, decide di realizzare una barca accessibile a tutti, per affrontare l’avventura su una sedia a rotelle. Si fa progettare e costruire il catamarano Lo Spirito di Stella secondo i criteri dell’architettura inclusiva, senza barriere, in cui potersi muovere libero e senza ostacoli. Nel 2003 fonda l’Associazione Onlus Lo Spirito di Stella, da allora impegnata in una campagna di promozione dell’abbattimento delle barriere architettoniche e di sensibilizzazione sulla disabilità. I risultati ottenuti dimostrano che, nella progettazione di oggetti e luoghi, l’attenzione all’accessibilità rappresenta un punto di
forza e non di debolezza, a vantaggio di tutti e non solo delle persone disabili. L’ultima sfida è quella del progetto WoW (Wheels on Waves), un viaggio di grande valore simbolico (durante il quale Andrea Stella si è sposato in mezzo all’Oceano Atlantico), che a maggio del 2017 è partito da Miami ed è terminato a Venezia a settembre: 21 tappe e 21 equipaggi si sono alternati, uomini e donne di varia nazionalità in sedia a rotelle hanno partecipato attivamente alla gestione della barca, ai turni di guardia, alla cucina. L’iniziativa più recente è stata la prima edizione di Universal Design Week a Venezia, dedicata all’architettura accessibile in collaborazione con Schüco Italia, main partner del progetto e sponsor del catamarano. “L’obiettivo è quello di cambiare il volto di città, edifici e ambienti per renderli accessibili, funzionali e confortevoli per tutti”, ha spiegato Andrea, “e Schüco Italia ha deciso di tradurre in pratica la teoria”. La scelta di Venezia è stata significativa: la città simbolo delle barriere architettoniche con i suoi 430 ponti, dal 2009 ha reso accessibile alle persone con disabilità motoria circa il 70 per cento del centro storico. Il messaggio lanciato dalla UDW veneziana è sintetizzabile in pochi ma fondamentali concetti: “Se è possibile progettare una barca accessibile a tutti, è possibile progettare anche una città accessibile a tutti. Difficile non vuol dire impossibile, è solo difficile. Quindi nulla
vieta di modificare e ri-organizzazione gli spazi, di creare le condizioni per migliorare la qualità della vita”, ha ribadito Andrea Stella. E i costi? Progettare bene o male non implica di per sé una differenza di costi. L’importante è progettare bene, già in partenza senza barriere da eliminare successivamente. In una visione inclusiva che tenga conto del fatto che non siamo tutti uguali e che le soluzioni vanno pensate affinché siano compatibili con le esigenze di ognuno. Perché un mondo che tiene conto delle esigenze di ogni persona è un mondo sicuramente migliore. ■ Danilo Signorello
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INTERNI dicembre 2019 59
LookINg AROUND events
ALESSANDRO MELIS, DIRETTORE DI CLUSTERS FOR SUSTAINABLE CITY ALL’UNIVERSITÀ DI PORTSMOUTH E CURATORE DEL PADIGLIONE ITALIA ALLA BIENNALE DI ARCHITETTURA 2020. SOTTO, L’OSPEDALE PER BAMBINI STELLA MARIS A PISA, UN PROGETTO IN CORSO D’OPERA DELLO STUDIO HELIOPOLIS, DI CUI MELIS È TRA I FONDATORI.
ORA E SEMPRE RESILIENZA
Lo scorso settembre, in occasione della London Design Week, Interni ha organizzato un doppio ciclo di conferenze. Tra gli ospiti, il curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2020, l’architetto Alessandro Melis, con cui abbiamo parlato di rinnovamento urbano
60 dicembre 2019 INTERNI
Mentre le nostre città e la crisi ambientale e climatica sembrano non avere ancora trovato valide soluzioni strategiche e politiche, Oltremanica un architetto e ricercatore italiano, professore e direttore di Clusters for Sustainable Cities all’Università di Portsmouth, in Inghilterra, si dichiara fiducioso, convinto che, a volte, le crisi irreversibili possono risvegliare le coscienze e far scaturire soluzioni praticabili. Stiamo parlando di Alessandro Melis, fondatore dello studio Heliopolis 21 e curatore del Padiglione Italia alla Biennale Architettura di Venezia 2020 che aprirà i battenti il prossimo 23 maggio sotto la regia di Hashim Sarkis. Abbiamo incontrato Melis nel
settembre scorso all’Istituto Italiano di Cultura a Londra, in occasione della conferenza organizzata da Interni “Urban Regeneration: New City, New Habitat, New Technology”, che lo ha visto dibattere sul tema del futuro delle città con il progettista inglese Andrew Waugh dello studio Waugh Thistleton, sotto la moderazione del professore statunitense David Turnbull di Atopia Research. Melis non ha voluto anticipare nulla del suo progetto curatoriale veneziano ma ci ha raccontato perché, secondo lui, “questa terribile situazione di cambiamento
climatico potrebbe essere un’occasione da non perdere”. “Ci troviamo”, secondo Melis, “in un momento storico epocale che per certi versi ricorda la crisi europea del Trecento”. L’architetto pisano ha infatti spiegato che “nel XIV secolo l’Europa attraversò una grave crisi economica che scardinò tutti gli equilibri economici e culturali della società. Questo accadde a causa di una moltitudine di fattori: in primis una mini glaciazione che portò nel continente temperature rigidissime, provocando una forte crisi delle risorse. A questa si aggiunse l’epidemia di peste che sterminò, a seconda delle regioni, dal 50 al 90 per cento della popolazione. La società del secolo successivo dovette quindi completamente reinventarsi, dando vita a quel periodo di straordinaria fioritura e ricchezza culturale noto come Rinascimento”. “Oggi”, continua
Melis, “i dati negativi che impattano sul clima e hanno raggiunto una soglia di non ritorno sono molti, primo fra tutti l’eccessiva emissione di CO2, di cui il 40% generata nell’ambito delle costruzioni, il 33% nei trasporti e il 30% nell’industria. Il modo in cui si costruiscono le città è la prima causa di emissione di CO2, e questo succede perché gli architetti hanno perso l’interesse nel rivestire un ruolo strategico – intellettuale, etico e politico – nella nostra società. L’evidente cambiamento climatico a cui stiamo assistendo rappresenta un’occasione per la nascita di un sistema in cui l’utilizzo dei combustibili fossili venga ridotto a favore di fonti rinnovabili decisamente più economiche e meno inquinanti. Gli architetti devono necessariamente aprirsi a nuove visioni, più radicali, se vogliono che l’emergenza rientri. I progettisti si devono trasformare in pianificatori che
lavorano sul Climate Sensitive Design”. Un processo che prevede collaborazioni interdisciplinari con il coinvolgimento di diverse competenze, per generare un crossover tra biologia, architettura, climatologia e geologia. Il risultato secondo Melis è la ‘resilienza urbana’, ovvero quel fenomeno “che non riguarda solo la sostenibilità, ma può produrre una risposta utile al cambiamento”. Un’architettura che ascolta le necessità e le trasformazioni del territorio, che non si oppone ma asseconda interferenze climatiche quali piogge torrenziali, allagamenti, siccità, sbalzi termici. Un’architettura fertile, insomma, che reinventerà forme, volumi e materiali. Con la mente e con il cuore. ■ Patrizia Catalano
A SINISTRA, I RELATORI DELLA CONFERENZA LONDINESE ORGANIZZATA DA INTERNI ALL’ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA: DA SINISTRA, ANDREW WAUGH, DAVID TURNBULL, ALESSANDRO MELIS. QUI SOTTO, L’INCONTRO ALLA SAATCHI GALLERY IN OCCASIONE DI I-MADE: ALDO CIBIC, RICHARD WOODS, CLAUDIO LAZZARINI, CARL PICKERING, DEYAN SUDJIC.
Gli appuntamenti di Interni Continua con successo la tradizione degli incontri internazionali organizzati da Interni. A Londra, lo scorso settembre, in occasione del London Design Festival, si sono svolte due conferenze. La prima, il 17 settembre all’Istituto Italiano di Cultura, ha visto la partecipazione di Alessandro Melis (Studio Heliopolis 21 Architetti Associati e curatore del Padiglione Italia alla Biennale Architettura di Venezia 2020) e Andrew Waugh (Waugh Thistleton Architects) con la moderazione di David Turnbull (direttore di Atopia Innovation, a Londra): intitolata “Urban Regeneration: New City, New Habitat, New Technology”, si è incentrata sul rapporto tra città e cambiamento climatico (vedi l’intervista ad Alessandro Melis in queste pagine). La seconda, “The Renewed Quality of Made in Italy Design”, si è tenuta il 21 settembre in concomitanza con I-MADE, la manifestazione dedicata al design italiano che si è svolta alla Saatchi Gallery con la direzione artistica di Giulio Cappellini. Aldo Cibic (Cibic Workshop), Claudio Lazzarini e Carl Pickering (Lazzarini Pickering Architetti) e l’artista Richard Woods, moderati da Deyan Sudjic, direttore emerito del Design Museum di Londra, hanno portato l’attenzione sulla qualità del design italiano oggi e sull’opportunità di connettere la cultura e la creatività del design italiano della seconda metà del secolo scorso con il prodotto contemporaneo. Si ringrazia Inhabit Hotel. P.C.
INTERNI dicembre 2019 61
LookINg AROUND fairs
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VOCI DALLA COREA
A Seoul, la seconda edizione della Biennale di Architettura e Urbanismo riflette su come sia possibile progettare città più umane 62 dicembre 2019 INTERNI
1. VEDUTA AEREA NOTTURNA DEL DONGDAEMUN DESIGN PLAZA, PROGETTATO DA ZAHA HADID, CENTRO MULTICULTURALE CHE HA ACCOLTO LA THEMATIC EXHIBITION DELLA BIENNALE DI SEOUL DI ARCHITETTURA E URBANISMO 2019. 2. INSTALLAZIONE BAKU: OIL AND URBANISM ALL’INTERNO DELLA CITIES EXHIBITION NEL DONUIMUN MUSEUM VILLAGE. 3. INSTALLAZIONE CREATION OF SPATIAL VALUE DELLA THEMATIC EXHIBITION, NEL CORRIDOIO ESPOSITIVO SPIRALIFORME DEL DONGDAEMUN DESIGN PLAZA. 4. INSTALLAZIONE DELLA LIVE PROJECTS EXHIBITION CHE ESPLORA IL VALORE COLLETTIVO DEI ‘MERCATI’, ALL’INTERNO DEL SEOUL MUSEUM OF HISTORY.
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Collective City è un’assunzione di responsabilità per un impegno planetario verso una crescita nel rispetto di noi stessi e del nostro mondo. Se la prima edizione del 2017 focalizzava l’attenzione su problematiche ambientali e sul depauperamento delle risorse del pianeta, la seconda edizione della Biennale di Architettura e Urbanismo di Seoul propone l’analisi di incoerenze urbane e spazi disumanizzati. E nella ricerca di proposte teoriche ed esperimenti socialmente riusciti, trova il terreno comune su cui condividere esperienze e cercare soluzioni. Inaugurata lo scorso 7 settembre, distribuita su cinque sedi nel centro di Seoul, Collective City si offre come un prototipo analitico, una piattaforma triangolare di discussione i cui tre vertici, architettura, urbanistica e governance cittadina, collaborano alla creazione di città più umane. Il cittadino ha progressivamente perso le sue connotazioni originali di fruitore attivo degli spazi urbani cominciando a subirli, tra alienazione e nichilismo. Seoul è il manifesto perfetto di tale processo. Una rincorsa, dal dopoguerra coreano (1950-’53), tra povertà assoluta e sforzi inverosimili per ricostruire, per modernizzare il Paese e raggiungere il mondo evoluto. Così Seoul è cresciuta tra l’imponente ombra cinese da un lato e i riverberi della bubble economy giapponese dall’altro. Una città che corre troppo in fretta falcia i propri retaggi storici e così le impronte di un passato importante vengono schiacciate da grattacieli per grandi società finanziarie nordamericane, da centri commerciali plastificati che rimpiazzano le tradizionali case unifamiliari in cotto rosso.
I co-direttori della Biennale, l’architetto colombiano Francisco Sanin e il sudcoreano Jaeyong Lim, parlano con una sola voce di quanto sia importante “umanizzare” le nostre metropoli. “Lo scopo di questa Biennale è di posizionare Seoul in un’arena internazionale in cui scambiare esperimenti e arricchimenti che avvengono nel mondo. Lo sforzo è quello di riequilibrare la bilancia tra nord e sud, nazioni sviluppate e altre in via di sviluppo, invitando soprattutto città di Africa, Sud America e Asia meridionale a condividere le loro esperienze”. Le cinque sedi espositive più importanti sono distribuite strategicamente su un asse longitudinale nel centro di Seoul. Dall’estremità orientale il Dongdaemun Design Plaza, progettato da Zaha Hadid, ospita la Thematic Exhibition curata da Beth Hughes: 48 progetti e sei documentari che sfidano gli attuali paradigmi della metropoli. “È un
invito alle città a pensare alle persone che vi vivranno piuttosto che alla progettazione modernista verticistica della città come oggetto estetico”. Da Atelier Bow-Wow a amid.cero9, con il progetto della ricostruzione del villaggio di Baeska come apripista, la mostra spiraliforme ci fornisce esempi 3
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INTERNI dicembre 2019 63
LookINg AROUND fairs 1. INSTALLAZIONE METROPOLIS BARCELONA, A CITY OF CITIES ALL’INTERNO DELLA SEOUL HALL OF URBANISM & ARCHITECTURE: IN MOSTRA LO STUDIO DEL RAPPORTO TRA NATURA, SPAZI APERTI E FLUSSI CITTADINI. 2. INSTALLAZIONE BLOCK MUTATIONS: PROJECTIVE EVOLUTIONS OF FIVE URBAN BLOCKS, ALL’INTERNO DELLA GLOBAL STUDIO EXHIBITION NEL SEWOON PLAZA. 3. INSTALLAZIONE BANGKOK URBAN PRESENCE ALL’INTERNO DEL SEOUL HALL OF URBANISM & ARCHITECTURE.
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1 di scambi urbano-rurali, di domesticità non convenzionali, di comunità che cambiano il proprio destino da sole. Si prosegue nel Sewoon Plaza con la Global Studio Exhibition, in cui 40 università di diverse nazionalità elaborano progetti d’architettura che diventano strumento d’azione collettiva sostenibile. Si arriva nel cuore della città, di fronte alla City Hall, dove la Seoul Hall of Urbanism & Architecture racconta della Cities Exhibition, in cui 80 centri urbani sparsi per il mondo disegnano una maglia luminosa ricca di colori. Ogni città, col suo percorso e con i suoi problemi, col suo stridere idiosincratico, ha comunque e sempre qualcosa in comune con un’altra città. Dallo slogan “tempo è soldi, efficienza è vita” di Shenzhen alla diatriba storica di Barcellona, dagli sforzi infrastrutturali di Manila alla diffidenza sociale di Lima, ogni spazio in cui una comunità si installa può diventare un luogo e può creare armonia. Il tempo si può condividere con i propri vicini, la natura può essere madre e sorella, il futuro può essere immaginato ascoltando il presente. Il Donuimun Museum Village, un quartiere-museo fatto di ripide stradine e piazzette irregolari, conclude questi racconti urbani con installazioni al coperto e installazioni
64 dicembre 2019 INTERNI
audio in esterno, come la City of Sound, e presenta i case-studies coreani di Cheongju, Cheonan, Tongyeong e Ulsan. Il giro finisce nell’imponente Seoul Museum of History, coda espositiva in cui vari artisti esplorano il ‘mercato’ come spazio d’interscambio, le sue mutazioni e le sue prospettive future. La Biennale di Seoul ha chiuso le porte lo scorso 10 novembre e già programma la terza edizione del 2021, con la forza inarrestabile di chi sa che il cammino sarà impervio, ma che non c’è altra possibilità che affrontarlo con forza e ottimismo. ■ foto e testo Sergio Pirrone
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LookINg AROUND FAIRS
PERĂ’, IL MARMO...
Sempre piĂš internazionale e digital, la 54a edizione di Marmomac ha promosso design, business e cultura del progetto. Protagonista assoluta la pietra
68 dicembre 2019 INTERNI
A SINISTRA, DALL’ ALTO, CORAL TABLE (DETTAGLIO) DI DUSTIN WHITE E MAURIZIO BARBERIO, CON MATTEO GENERELLI E GRUPPO TOSCO MARMI; SYMMETRIC DI RAFFAELLO GALIOTTO CON EMMEDUE. QUI SOTTO, OSSIMORO DI CALVI BRAMBILLA PER ANTONIOLUPI CON LAVAGNOLI MARMI E PRUSSIANI ENGINEERING. IN BASSO, WAVE’S PASSAGE (DETTAGLIO) DI CYNTHIA SAH CON DENVER. PAGINA A FIANCO, LA CAVA IN LOCALITÀ TRAMBISERRA DI TRAMBISERA MARMI A SERAVEZZA, LUCCA (FOTO DAVIDE DAINELLI). SULLO SFONDO, ELEMENTI DELL’INSTALLAZIONE SHARAWAGGI DI CZA - CINO ZUCCHI ARCHITETTI CON STEFANO GOFFI E FRANCHI UMBERTO MARMI.
Per ogni metro cavato, la texture della roccia cambia, assume forme continuamente differenti. Una unicità che rifugge ogni tentativo di imitazione. Irripetibile nella forma, eterna nella sostanza: è la bellezza della pietra. Celebrata all’ultima edizione di Marmomac a Verona lo scorso fine settembre e declinata secondo i canoni della cultura, dell’innovazione, del design, della ricerca e della formazione. Concetti che hanno trovato piena rappresentazione nella mostra “Naturality”, al Padiglione 1 - The Italian Stone Theatre, curata da Raffaello Galiotto e Vincenzo Pavan. Una mostra che ha presentato una panoramica completa sulle opportunità offerte da pietre e marmi, con “Lithic Garden”, ispirata all’hortus conclusus, ricca di idee e spunti di habitat per l’uomo; “Natural Things”, otto installazioni per riscoprire il rapporto tra uomo e natura attraverso la pietra; “Brand & Stone 2.0”, che ha visto la collaborazione tra progettisti e grandi marchi internazionali del design; “Percorsi d’Arte”, focalizzata sull’utilizzo delle macchine nella lavorazione artistica
della pietra; e ancora il Ristorante d’Autore Nature Works, il Wine Bar Natural Beam, i Common Spaces, Young Stone Project con le sperimentazioni litiche nelle università. Questa edizione, dal padiglione 1 alle aree esterne con i grandi blocchi grezzi e i macchinari, ai tanti padiglioni che accoglievano il manufatto finito, ha esibito e mostrato le infinite facce e sfumature della pietra, fragile e inscalfibile allo stesso tempo. Replicarne il fascino naturale è impossibile: superato l’approccio superficiale del colpo d’occhio, è difficile ritrovare in altri materiali lo spessore e la matericità della pietra. Oggi, rispetto al passato, l’uso delle macchine per la lavorazione ha un impatto differente. Nuove tecnologie, legate alla robotica, permettono di lavorare la materia con una precisione che genera tipologie formali inedite, riuscendo a dare vita a strutture complesse in tempi brevi. Fatto salvo che il rapporto con la cultura del progetto risiede comunque nella
competenza e nell’estro creativo di designer e architetti. Non è semplice, infine, identificare il trend del settore. Nonostante le aziende siano più propense a utilizzare rocce locali che leghino i progetti ai luoghi di estrazione, vengono scoperti continuamente, in ogni angolo del Pianeta, nuovi materiali che sollecitano e ispirano la fantasia dei creativi. Lo confermano una serie di dati che dimostrano come la filiera della pietra naturale abbia realizzato a livello mondiale oltre 18 miliardi di interscambi, e che vedono l’industria italiana ai primi posti per valore aggiunto della produzione, con oltre 4 miliardi di euro nel 2018 realizzati per il 76 per cento grazie all’export. ■ Danilo Signorello
INTERNI dicembre 2019 69
LookINg AROUND fairs
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1. 4. IMMAGINI DEL MODELLO DELL’INSTALLAZIONE DAS HAUS PROGETTATA DA MUT DESIGN PER IMM COLOGNE 2020. 2. SCHIZZO DEL CONCEPT PROGETTUALE. 3. ALBERTO SÁNCHEZ ED EDUARDO VILLALÓN, FONDATORI DI MUT DESIGN, CON IL PLASTICO DELLA CASA IDEALE, ISPIRATA ALL’ABITARE MEDITERRANEO.
DAS HAUS 2020 3
Lo studio spagnolo MUT Design porta il Mediterraneo in Germania attraverso il concept di una casa ideale, aperta alla natura e alla comunità, per la prossima edizione di IMM a Colonia
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Al grido di “A la Fresca!”, un inno alla convivialità outdoor (secondo tradizione mediterranea), Alberto Sánchez ed Eduardo Villalón, fondatori dello studio di Valencia MUT Design, hanno presentato il loro progetto per l’installazione di punta al Salone Internazionale del Mobile di Colonia (13-19 gennaio). Ovvero Das Haus, che rappresenta per Claire Steinbrück, Director di Imm Cologne, “un pezzo di cuore della manifestazione, una riflessione sempre diversa sul tema dell’abitare, non solo una bella scenografia”. Il padiglione 3.1 accoglierà la visione fortemente simbolica di un ambiente domestico di 180 metri quadrati che sfuma i confini tra natura e architettura, dentro e fuori, pubblico e privato. Spiegano i due progettisti: “La nostra casa ideale è aperta: l’esterno lascia posto all’interno senza soluzione di continuità. I confini scompaiono. C’è solo un piccolo spazio nascosto nel suo nucleo che custodisce la privacy: il patio è l’elemento recuperato dalla nostra eredità romana e araba”.
70 dicembre 2019 INTERNI
All’impostazione classica di un padiglione in cui si combinano cerchio e quadrato, si sovrappone la visione contemporanea di un abitare ‘liquido’ che dissolve le rigidità funzionali. “Gli spazi sono abbozzati come singole unità che restano però estremamente aperte, per generare un senso di massima fluidità”. Il cuore centrale, il Refugium, è attorniato da quattro ambienti semicircolari simili a verande: una zona per rilassarsi e vestirsi, un’altra dedicata alle attività, una cucina e uno spazio per la cura del corpo. Il tutto proiettato verso l’esterno e dunque arredato con largo uso di mobili per ambienti en plein air. L’installazione ammicca a un comparto merceologico in costante crescita, e dunque strategico per una rassegna internazionale di arredamento: il design per esterni (bagno e cucina compresi). Das Haus diventa così una scenografia ideale per la presentazione in anteprima di molte novità degli espositori (1.158 nel 2019), all’insegna dell’outdoor living. ■ Katrin Cosseta
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LookINg AROUND translations
INCOVER ART
P14. CAMILLA FALSINI
COLORFUL, ESSENTIAL AND SYMBOLIC, THE ILLUSTRATOR’S WORKS START WITH SIMPLE GEOMETRIC FORMS TO TELL EVOCATIVE STORIES. LIKE THE COVER OF INTERNI
A painter, illustrator and street artist, Camilla Falsini was born in Rome, where she lives and works. Her pieces stand out for clear lines, stylized forms and vivid colors. Her style draws on the great Italian masters like Fortunato Depero and Bruno Munari, but has deeper roots in medieval imagery. From illustrated publications to large murals, installations to design objects and books, her works feature enigmatic and symbolic beings. Archetypal images in bright colors narrate stories and states of mind. For the cover of Interni’s December issue, Camilla Falsini has created an illustration of geometric lines and forceful hues. An anthropomorphic figure contains furnishings that remind us of the rooms in a home: a sort of stylized dwelling with human contours. The house is seen as an inner space, versatile and welcoming, in which to be yourself: with a game of mirrors, between inside and outside, ‘mental interiors’ become spaces of life. Over the years, the artist has worked with agencies, publishing houses (Erickson, Rizzoli, Salani, Éditions Amaterra, Qed Publishing, Viction:ary), companies (Adidas, Gabs, Iliad, Lavazza, Rai, Michelin, Nike), newspapers and magazines (Corriere della Sera, Rolling Stone). She has created works for Anas, Eni, Miart, Fidenza Village, Manifesta, Pitti Immagine. Her murals can be seen in many Italian cities, including Rome, Milan, Turin, Palermo, Bologna. Claudia Foresti
INBRIEF ART&DESIGN P16. MADE IN BARBAGIA
Le Botteghe Su Gologone is a brand of complements for the home and table, a crossover of design, art and crafts that puts the material culture of Sardinia onto international stages like the FuoriSalone in Milan and Maison&Objet in Paris. The person behind the project is Giovanna Palimodde, entrepreneur, art collector and artist, who transforms the passion for her native land of Barbagia into a Gesamtkunstwerk whose central focus is the experience hotel Su Gologone at the foot of the Supramonte. This is where the six Botteghe operate, workshops of design, pottery, painting and embroidery, the epicenter of a community of artisans who rework traditions, techniques and motifs, all using local materials of the highest quality. “Authenticity is the real luxury” is the credo of Palimodde, which revives the colors of nature and Sardinian costumes, pagan symbolism and contemporary graphics, in the recent Painted Collection of textile complements, plates and pottery presented in Paris. lebotteghesugologone.com
À LA VASCONCELOS
The imaginative universe of the famous Portuguese artist Joana Vasconcelos encounters the design of Roche Bobois. The results are six unique pieces – chairs and tables, as well as the iconic Mah Jong sofa (in the photo) – reinterpreted with the artist’s own codes: “Everyday life is my main source of inspiration. My works begin with everyday things and materials,” with an accent on the role of women in contemporary society. Crochet work, embroidery, echoes of azulejos, abundant feminine forms for furnishings, transformed into true sculptures. Protagonists of the traveling exhibition A arte de Viver by Joana Vasconcelos, the six creations that “represent the perfect union of art, design and life” arrive at Art Basel Miami (5-8 December) to be sold at auction. The proceeds will go to the Joana Vasconcelos Foundation, a non-profit organization that promotes and develops art through education. K.C. roche-bobois.com
VARIOUS P17. ACADEMY OF CERAMICS
Marazzi Academy is a multi-company project promoted by the group based in Sassuolo – an international reference point in the sector of ceramic tiles – aimed at constructing expertise and knowledge within a logic not just of development and use, but also of territory, supply chain and district organization. It offers a program of training courses starting from new needs connected with the digitalization of the business and the need to develop and boost expertise related to the design of ceramic products. The first two courses on the calendar, of 300 and 400 hours, financed by the European Social Fund and the Emilia-Romagna Region, are for unemployed graduates residing in the region. In collaboration with Cerform, the courses provide credentials as an “interior designer expert in ceramic design” and “management and data analytics.” K.C. marazzigroup.com
WARMTH SYSTEM
Window is an electric plate radiator also available in a version that runs on water, designed by Beatrice De Sanctis in collaboration with the European Design University of Pescara. It is made by Cordivari Design with a focus on ecosustainable industrial production and the circular economy, through the use of recyclable materials and modern industrial facilities for low environmental impact. The practical feature of Window is its dual functioning: from a simple thermal plate, it can also become a handy towel rack thanks to the fold-out frame. Available in the sizes 50x50 and 110x50 cm, it offers configuration of up to three connected pieces. The steel is coated in 80 different colors, with glossy, matte or textured finishes, in solid colors or two-tone solutions. The electric version complies with Ecodesign 2009/125/CE and EU Regulation 2015/1188, while the hydraulic version has been designed and constructed to maximize thermal performance also at lower temperatures, guaranteeing energy savings for more responsible use of resources. N.L.cordivari.it
VARIOUS P18. PRIZED LIGHT
Designed by Mirco Crosatto for Linea Light Group, Derby is a soundabsorbing fixture that offers high-quality light in hospitality structures and workplaces. The product, whose image suggests the particular figure of the hats worn by women at harness racing derbies – hence the name – captures part of the reverberation caused by sounds and noises, helping to ‘clean up’ acoustics and improve the understanding of speech. With its enveloping form, it seems to embrace space. Derby has a light source inside a very narrow rectangular central diffuser, and is available for diffused lighting or with a darklight UGR (Unified Glare Rating) screen, also for use in the workplace. The model is one of the winners of the Red Dot Award 2019 in the Product Design category. linealight.com
OPENING NIGHT (ALSO) IN STREAMING
In keeping with the slogan “art inspires technology, technology completes art,” and confirming its constant commitment to support creative excellence, LG Signature has launched a collaboration with Teatro alla Scala. The premium brand of LG Electronics, LG Signature is the partner and official supplier of the famous institution in Milan, to which it offers technological know-how to enable spectators to fully enjoy the magic and the emotions of opera and ballet. To this end, various spaces in the theater have been equipped with the brand’s products: elements that redefine the concepts of art and entertainment through avant-garde solutions capable of conveying the results of excellence in images and sound. LG Signature is also the technical sponsor of “In the boxes at La Scala. Milanese Stories,” the exhibition from 8 November until May to narrate the evolution of the opera house over the years. The brand also supports La Scala on opening night, placing a video wall in nearby Galleria Vittorio Emanuele to allow passers-by to watch the opera in live streaming. A.P. lg.com
INTERNI dicembre 2019 73
LookINg AROUND translations VARIOUS P20. VALENCIA 2022
World Design Organization (WDO), the international NGO active for 60 years in the promotion of design, has selected Valencia as World Design Capital 2022. The city’s candidacy, around the slogan “The Mediterranean Design of Valencia: Design for change, design for the senses,” points to a vision with geographical but also aesthetic, ethical, philosophical and political implications. The versatile program calls for a series of events involving all the disciplines of the sector, from industrial design to interiors, by way of architecture and the design of services and interfaces. Every month will focus on a theme, developed through exhibitions, conferences and seminars. Subjects include design for climate change, Mediterranean design, gender equality, design history, industrial development, design and nature, and more. N.L. turisvalencia.es
RED DOT AWARD
In the fall in Singapore, Pasquale Jr Natuzzi, artistic director of Natuzzi, received a coveted prize for the Santeramo-based (Bari) company: the Red Dot Award-Design Concept, for the Ergo collection created by Ross Lovegrove and presented at the last Salone del Mobile in Milan. “In the Ergo collection by Natuzzi,” he said, “past, present and future meet in a daring, unconventional approach, through a company that continues to bring Made in Italy into the world, without ever forgetting its values and its identity. The Red Dot Award recognizes our accomplishments in the field of design and our focus on minimum environmental impact, in the choice of materials and in energy consumption.” The furnishings in the collection are made with wood from FSC® certified forests, managed in a correct, responsible way, in keeping with rigorous environmental, social and economic standards. The pieces are assembled with interlocks, while the glues are natural and the fabrics organic. P.C. natuzzi.it
SHOWROOMS P22. EXPORTING MADE IN ITALY
Modulnova, in collaboration with the partner Materia, has opened a new showroom in the center of Madrid: a store of 400 square meters in the very central Barrio de Salamanca, an important economic and commercial district of the Spanish capital. The displays are organized in different settings to fully convey the aesthetic mood of the Italian company in the kitchen, living and bath sectors. One emblematic case is the Blade system, a modular, flexible product that can be perfectly matched to architectural spaces in an ideal symbiosis between structure and furnishings. “The Spanish market is important for Modulnova,” says Dario Presotto, president of the Friuli-based company, “and with this new flagship store we are ready to consolidate and reinforce our operations in this country.” modulnova.it
THE TEXTILE KINGDOM
Gabriel, a Danish company with over 160 years of experience in the production and supply of furnishing fabrics, has chosen Milan for its first showroom in Italy. The space is located in a historic building in the city center, on Piazza Castello, with a view of the Sforza Castle. Inside, visitors can admire the wide range of colors selected by the firm for its fabrics, coming into direct contact with the high quality of the materials. Alongside the operative and display zones, the flagship store contains areas for the staff, including a design kitchen that can become a ‘work cafe’ or a lounge for informal brainstorming. “Part of the global strategy of Gabriel is to expand through new international showrooms,” says Claus Møller, chief commercial officer, “and Milan is a fundamental facet of this strategy developed to boost Gabriel’s presence on growing markets.” “The space is designed as a meeting point, to welcome clients and sector professionals, hosting workshops and events,” says Paola Monzani, head of branch in Italy. “The position is also strategic, for easy access, close to the main Milanese design districts, Brera and the Triennale”. A.P. gabriel.dk
74 dicembre 2019 INTERNI
EVENTS P23. 100 GLOBES FOR THE FUTURE
Design, architecture, fashion, art and creativity, together for a sustainable project to safeguard the planet. These are the basics of “100 Globes for a Sustainable Future,” organized by WePlanet, Gruppo Mondadori, Mediamond with the support of the City of Milan and the Lombardy Region. 100 globes in recycled material, of large size (diameter over 130 cm, height 170 cm with base), become the surfaces assigned to 100 creative talents to interpret the theme of pollution and climate change, informing people about sustainable innovation. Until March 2020 the globes will be on view in a large workshop space at the Central Station in Milan (accessed from the Mortirolo underpass), featuring events and talk shows. From 12 April to 21 June a large open-air exhibition will be set up in the streets, squares and parks of the city. On 29 June 2020 a selection of works will be offered in a benefit auction organized by Sotheby’s, with the proceeds earmarked for the City of Milan to support a special sustainability project. The initiative has been implemented in partnership with five magazines of the publishing group based in Segrate: CasaFacile, Focus, Grazia, Icon Design and Interni. The respective editors (Francesca Magni, Raffaele Leone, Silvia Grilli, Annalisa Rosso and Gilda Bojardi) all agree that sustainability means living in the world without harming it, instead protecting it, supporting it, literally carrying it on one’s shoulders. The challenge for communicators is to convey sustainable innovation through design, architecture, fashion and technology. milano2020.weplanet.it
LookINgAROUND PRODUCTION
P25. TO SLEEP, PERCHANCE TO DREAM COMFORT, OF COURSE, IS THE MAIN QUALITY REQUIRED IN A BED. BUT THE EYES ALSO HAVE THEIR OWN NEEDS, AS REFLECTED IN THE RESEARCH CONDUCTED BY COMPANIES ON THE MATTER OF GOOD LOOKS, IN A GAME OF NUANCES, PROPORTIONS AND FINE MATERIALS
CAPTIONS: pag. 25 1. Twelve A.M., designed by Neri&Hu for Molteni&C|Dada, has a high headboard lined inside with monochrome fabrics or leathers, with a headrest-cushion at the center. The cushion is attached to the headboard by two cowhide belts, while two trays are attached to the outer surfaces as bedside tables. The wooden bed platform is supported by metal legs with a concave housing. A bench that replicates the design of the bed can be positioned at the foot. 2. The Marsiglia bed by PerDormire stands out for the headboard formed by a double cushion in a contrasting color with respect to the sides of the bed. Impressive in spite of its linear simplicity, Marsiglia comes with metal feet. The model features a space-saver compartment available in different sizes. The coverings, colors and feet can be personalized. 3. Piero Lissoni has designed the new Floyd-Hi Bed by Living Divani, which like the sofa of the same name on which it is based stands out for the detail of large, soft cushions placed against the lower headboard, creating an intriguing game of heights, interlocks and consistencies, with a 3D arrangement of pure lines. pag. 26 1. Created to go with Hästens beds, the Being collection by Ilse Crawford offers a padded headboard with natural hemp fabric, slightly angled to provide a comfortable sitting position. The headboard is accompanied by a bed skirt in hemp with corner folds and exposed stitching. The line also includes lower back cushions filled with goosedown and white bedding accessories. 2. Designed for Bolzan Letti by ruga. perissinotto, Flag is a bed with a contemporary mood whose essential lines are enhanced by the materials and the attention to detail that is a vivid characteristic of the company’s catalogue. The walnut structure also comes with brass accessories, in satin or matte black finish. 3. By Carlo Colombo for Flou, Koi is a bed with a rigorous form for the headboard, framed by the metal structure that extends downward to form the feet. The headboard is softened by fabric with vertical quilting. Available in the double version with fixed base, storage base, base with electrical movement or the new Leonardo base. The completely removable covering is in fabric or leather. The details of the headboard are in polished black nickel or matte burnished metal. pag. 27 1. The key feature of Maddox, designed by Leonardo Dainelli for Lema, is the combination of wood
and cowhide: an open structure in ash-stained heat-treated oak and a headboard with double cushions covered in fabric or leather. Also for use in the center of the room, this model stands out for the dialogue between contemporary style and hints of traditional workmanship. 2. Designed by Giuseppe Bavuso for Alivar, Papillon has a headboard composed of two large cushions in variabledensity polyurethane rubber, with a goosedown quilt and polyester fiber lining. The ample volumes of the headboard are combined with a slim structure and slender legs, in coated cast aluminium. 3. The Blendy bed designed by Omi Tahara for De Padova has a structure in steel and wood, with variable-density expanded polyurethane filler lined with polyester wadding. The base is in steel, the platform in curved beech plywood, while the wooden border is covered with polyester velvet. The legs are in matte black powder-coated steel. Adjustable feet in thermoplastic material. The covering can be removable fabric or fixed, in leather or velvet. Photo by Tommaso Sartori. pag. 28 1. The headboard and border of Coupé, designed for Poltrona Frau by GamFratesi, are geometric forms that meet in a game of equilibrium. The frame is entirely clad in Pelle Frau leather, while a cushion is connected to the headboard by means of a velcro strip and two metal plates. The feet are in metal with a gunmetal finish, while the structure is in solid beech, birch plywood and poplar plywood, reinforced with steel sheet. 2. In the Byron bed designed by Piero Lissoni for Porro the blanched cherry headboard folds to create a base on which to rest a fabric sommier and two cushions filled with down, bent at the upper border to create a soft backrest. The project also includes accessories like an adjustable metal table and a padded bench. 3. Sweet Dreams designed by Draw for Ceccotti Collezioni is a bed in which the forceful lines of the borders define the polished surfaces of the wooden structure, connecting the load-bearing horizontal parts to the feet and the supports of the large headboard. The latter is finished with sartorial details, like the covered buttons and the piping that enhances the profile. Careful study of the filler permits great comfort without altering the slim, clean lines of the borders. pag. 30 1. Like all the beds in the nighttime collection by Giessegi, the Atelier model features neutral, elementary forms designed to bring out the quality of the materials and finishes. The idea of comfort of the entire family of beds is conveyed by the image of the soft, sinuous lines. 2. De-Light, designed by Ludovica+Roberto Palomba with Matteo Bollati and Stefano Contini for Twils, is a bed with ample proportions, underscored by the oversized headboard: a soft panel that extends beyond the bed’s border. The slight angle emphasized by the large horizontal cushions adds character to the design. 3. The leather applied to the headboard – a vertical quilt that links back to the world of Trussardi fashions – is the distinctive feature of the new Deven bed designed by Carlo Colombo for Trussardi Casa. Light and squared lines emphasize the softness of the bed and the silhouette of the upholstery. pag. 31 1. By Paola Navone for Baxter, the Casablanca sommier, seen here in the Nabuck Light Grey finish, has a structure in fir sandwich board and feet in walnut-stained beech. The variable-density polyurethane filler is lined with acrylic fiber, while the headboard has padding in washed, sterilized goosedown. Cover with exposed stitching. 2. By Gordon Guillaumier for Alf Da Fré, Neyõ suggests the organic shape of stones polished by water. The padded elements and double shelves give the composition the functional quality of a bed that requires no other furnishing complements. Neyõ can be covered in all the fabrics and leathers in the catalogue, while the lateral shelves are offered in Fashion Wood and Carrara marble. 3. This bed joins the Lapis collection designed for Amura by Emanuel Gargano and Anton Cristell, composed of a sofa, an ottoman, a coffee table and mirrors, taking inspiration from the stones of ancient Roman roads. The essential design of the other items in the family is reproduced in the headboard of the bed, made with materials and finishes that are reminders of nature.
PRODUCTION
P32. CUSTOMIZED FUNCTIONS
REINTERPRETATIONS OF CATALOGUE PRODUCTS AND THE POSSIBILITY OF PERSONALIZED FINISHES. SERVETTO EXPANDS THE RANGE OF SOLUTIONS DEVELOPED TO FACILITATE ACCESS TO THE HARD-TO-REACH ZONES OF WARDROBES
Servetto, the company famous for having patented an accessory to facilitate access to the upper reaches of closets, in 1968, has recently presented new developments that expand its range of solutions. They include a new version of the Servetto Elettrico Serie 3: the electric clothing storage system activated by remote control. The new Servetto Elettrico i3, unveiled during the Interzum fair in Cologne, extends its width from 75 to 120 cm, with maximum load of 17 kilos and the possibility of interfacing with various home automation systems. Offered in three
standard colors (white-white, white-chrome and brown-brown), the model can also have personalized finishes (gold, black nickel, brushed bronze), and leather coverings for a number of details. There is also a custom polka dot finish, seen at the same fair on another of the brand’s bestsellers, the Servetto 3T, available in four catalogue finishes: whitewhite, white-chrome, brown-brown and black-chrome. With its clean, rational design, Servetto 3T introduces buffered upward and downward movement, with maximum load of 10 kilos, available in two sizes extending in width from 75-110 cm and 56-95 cm. A.P.
PRODUCTION
P34. GREEN ENERGY
PRIMARY OR SUPPLEMENTARY HEATING SYSTEMS, ECO-EFFICIENT, WITH GOOD DESIGN. THE LATEST PELLET STOVES OFFER INNOVATIVE ECOLOGICAL PERFORMANCE, FUNCTIONAL AND AESTHETIC QUALITY, IN PERFECT BALANCE WITH THE DESIGN OF THE HOME AND ITS FURNISHINGS CAPTIONS: pag. 34 Reflex, the ductable pellet stove with a sealed structure, with power of 7.8 kW/h, designed by Michael Geldmacher and produced by MCZ entirely in aluminium, measuring 86x31x116 cm. The door with vertical black coated blades conceals the firebox, beside a hatch for pellet storage coated in black, gold or bronze, with upper smoke outlet. The product includes Maestro technology for ease of use, optimized by WiFi with an app to set ventilation levels and on-off scheduling. The stove can heat more than one room at the same time with the Comfort Air® system. Energy class A+, environmental efficiency 4 stars. Ecofire® Jackie Idro, the hydro-ventilated pellet stove produced by Palazzetti with the measurements 62x66x120 cm, in 20 and 26 kW versions. The sides are in coated steel, the top in cast iron; the single door has double glazing, and the unit has a built-in ventilation system. It can be connected to the plumbing to heat water for bathing and radiators. The Complete Burning System technology offers high performance, maximum savings and low environmental impact, while the Self Clean System keeps the stove clean for long periods of time. An app permits remote control via smartphone. P230 T is part of the Premium Plus Line of pellet stoves, with power of 8.5 or 11 kW. It is produced by Piazzetta in the size 61x61x132 cm, with majolica facings in white, gray, matte black, tenné, terracotta and lava red. The double door is made with cast iron on the inside and glass on the outside. The Multifuoco® System of forced ventilation makes it possible to uniformly heat even large rooms. With the WiFi system it is possible to schedule on-off function, using the My Piazzetta app, or Bluetooth connection in the home. The stove has 4-star environmental certification. pag. 35 The Marilena slim ducted pellet stove, 75x107x35 cm, adapts to any space thanks to its compact size and three exhaust options (rear, upper, left). The dedicated motor of the ducting system permits maximum length of 8 meters, with thermostatic controls. The Comfort function reduces ventilation power to a minimum for silent operation. Produced by La Nordica with cast iron hearth, brazier and door, covered in steel coated in white, black or bordeaux. Thermal input up to 8.0 kW. IR Touch remote control with backlit display. Energy efficiency 4-stars, class A+. Slimfocus Mural, the wall-mounted fireplace, draws ambient air from the room, and is available only with a conventional open flue. It is attached to the wall by means of a plate and then connected to the external chimney. The air regulation system optimizes combustion while keeping the large glass clean. Part of the Focus line by Atelier Dominique Imbert, it comes in matte black steel with a diameter of 32 x 175 cm, accessorized with a load-bearing frame. Energy class A+, power 4.5 kW. Tua compact low-emission pellet stove designed by Art-Ù Design Studio for Unical. Combustion chamber lined in steel with cast iron brazier, ash drawer, fan for warm air diffusion, protective 3D front, also in three other versions. Upper control panel. Thermal power 6.2 kW, environmental efficiency rated class 4, energy class A+.
ANNIVERSARY
P36. SACCO GOES GREEN
AGED 50, THE LEGENDARY CHAIR BY ZANOTTA IS A TRUE CLASSIC, NOW AVAILABLE IN A GREEN LIMITED EDITION CREATED BY PIERRE CHARPIN WITH INNOVATIVE SUSTAINABLE MATERIALS
Zanotta celebrates the 50th birthday of the iconic seat by Gatti, Paolini & Teodoro, in a new guise that is also a matter of substance. The exclusive numbered edition “Sacco Goes Green” includes three series of 100 pieces featuring a pattern in three color variants designed by Pierre Charpin,
INTERNI dicembre 2019 75
LookINg AROUND translations based on the concept of the ‘web.’ The theme of the weaving of colored lines is no coincidence. The internal wrapper and outer covering are made with Econyl®, a regenerated nylon thread entirely recycled from fishing nets gathered on sea beds, fabric scraps and industrial plastic. A thread that can be infinitely reformulated, recreated and reshaped without using other natural resources. Likewise, the polystyrene pellets of the original filler have been replaced with BioFoam® microspheres by Synbra, a bioplastic (PLA) obtained from sugar cane. The chair thus conserves its revolutionary character, but in a different way, as Carlo Oliverio, the new general manager of Zanotta, emphasizes: “Fifty years ago Sacco was a breakthrough, marking a turning point in our way of sitting, of using a product; a spirit of freedom in a period of protest and change. Today the focus of the protest has shifted towards the awareness that our system of consumption can no longer function without awareness of ecological themes.” Katrin Cosseta
away from each other on foot – permits clients to find solutions for all decor needs: from kitchens to dining rooms, living areas to bedrooms and offices. A.P.
PROJECTS
P42. SOAKED IN LIGHT
IMMERSED IN THE GREENERY OF FLANDERS, HOUSE BRAS HAS BEEN DESIGNED BY THE STUDIO DDM ARCHITECTUUR TO BE FILLED AS MUCH AS POSSIBLE WITH SUNLIGHT, IN ALL SEASONS. ENTIRELY CLAD IN SLABS OF NATURAL STONE, IT OPENS AND BLENDS WITH THE SURROUNDING LANDSCAPE THANKS TO LARGE GLAZINGS THAT ALTERNATE WITH VOLUMES IN DARK LARCH WOOD. THE HOUSE REVEALS ITSELF, CLOSING INTO A COCOON WHEN NECESSARY
The first showroom in Florida for Rimadesio, just opened, is in the Miami Design District, an area set aside for innovation, which contains 130 art galleries and flagship stores of leading brands (Italian and international) in fashion and furniture. In collaboration with local partner Solesdi – specialized for years in major residential projects – the monobrand store becomes a meeting place for architects, interior designers and private customers interested in learning more about the quality and technological innovation of the company’s collections. Inside the store (with a display area of about 100 square meters) visitors can see the iconic collections, but also more recent products for the living area (like the Manta table and the Alambra and Self Bold sideboards) and the bedroom zone (the Zenit wardrobe with Velaria sliding doors). The displays are completed by a rigorous selection of complements, small tables, doors and sliding panels, for a wide range of compositional options, unusual materials and precious finishes. The new Miami showroom is an important development for the company, part of a wider program of commercial growth that calls for openings in the near future in Denver, Moscow, Nice, Valencia, Vigo, Sydney, Seoul and Bangalore. A.P.
The result of painstaking research to maximize the hours of sunlight across the changing seasons, House Bras exists in relation to the surrounding natural setting. Composed of essential, compact and oblong volumes, this residence of great theatrical impact has been designed by the firm DDM Architectuur with the aim of opening and blending with the landscape of this zone of Belgium. Seamless roofs and facades in rugged stone allow the building to become an enclosure inserted in nature, while the large windows exploit the movement of the sun and the seasonal cycles of light, while ‘capturing’ the lush greenery that reflects in the nearby lake. The ground floor is organized in three zones: the first, for fitness, features a dramatic swimming pool and sauna; the second is composed of a large living area with an open kitchen; the third contains a room with a grand piano. The three spaces are visually and physically connected by glass passages that create a path between luminous internal courtyards and closed blocks clad in dark larch wood, containing various functional areas, like the stairwell, the pantry and the bedrooms. The protagonist of the first floor is the master suite, flanked by a library with a fine view of the lake. The minimal, sophisticated faucets in stainless steel by Cea Design punctuate and enhance the natural materials, the pure lines of the interior design and the architectural concept. For the kitchen, the designers at DDM Architectuur have selected two different highperformance mixer faucets in AISI 316L stainless steel from the Milo360 collection. In the bathroom, the choice has gone to the washstand mixers and shower grouping of the Giotto line designed by Natalino Malasorti. All the Cea projects have been utilized in the refined satin finish. Claudia Foresti
SHOWROOMS
PROJECTS
AFTER THE RECENT OPENING OF THE DADA KITCHEN SHOWROOM ON GLOUCESTER ROAD, MOLTENI&C|DADA ANNOUNCES A NEW FLAGSHIP STORE IN HONG KONG, EXPANDING ITS DISTRIBUTION NETWORK IN THE FAR EAST
AIRY AND LUMINOUS SPACES AT PORTA NUOVA. A CONTEMPORARY STYLE WITH RETRO HINTS, CREATED BY COIMA IMAGE AND GIOPAGANI FOR AN EXCLUSIVE RESIDENCE IN THE TORRE ARIA
SHOWROOMS
P38. LANDING IN FLORIDA
CONCEIVED AS A MEETING POINT FOR PROFESSIONALS AND DESIGN LOVERS, THE RIMADESIO MONOBRAND STORE RECENTLY OPENED IN THE MIAMI DESIGN DISTRICT HOSTS ICONIC PRODUCTS AND THE LATEST DEVELOPMENTS FROM THE ITALIAN BRAND
P40. CONQUERING THE FAR EAST
With the opening of the new Molteni&C|Dada flagship store in Hong Kong the Molteni Group – besides consolidating its long-term collaboration with the local partner Firmstone – takes another step towards renewal of its distribution network in the strategic market of the Far East. In an area of 600 square meters of the Wanchai Harbour Center, offering a view of the bay and the convention center of Hong Kong, the space is set up like a private home, in a luminous setting thanks to the large windows and the use of natural and sophisticated materials: glass and wood in different finishes, like sand (pale and dark), and a palette of dark grays. The showroom offers visitors an immersive experience, a fascinating itinerary through the most representative and iconic products of the brand, all conveying an idea of timeless design, beyond current and passing fashions. The opening of the new store comes on the heels of the creation of Firmstone’s Dada Kitchen on Gloucester Road, primarily for the display of Molteni&C|Dada and Armani/Dada kitchens. The proximity of the two stores – a few minutes
76 dicembre 2019 INTERNI
P45. BALANCED ELEGANCE
Natural light, precious materials and exceptional finishing stand out in the interior design created by Coima Image, the integrated consulting and design company, and GioPagani, the high-end furnishings maison, for an apartment in the Torre Aria at Porta Nuova in Milan. The 18-story residential building designed by the firm Arquitectonica in collaboration with Caputo Partnership International is composed of two independent structures of different heights, and offers solutions with exposure on two or three sides, enhanced by large glazings and terraces, which thanks to the arrangement of the volumes guarantee maximum privacy. The apartment selected for the project embodies the main characteristic of the residences: the possibility of having the highest levels of comfort inside a private space enhanced by a remarkable panorama, with views of the award-winning “Vertical Forest.” The interaction with the outside world forms the basis of a new habitat concept in which abundant natural light becomes the true protagonist. To furnish the 300 square meters on two levels of the dwelling, a special capsule collection has been created, thanks to collaboration between two studios, produced
exclusively by GioPagani: a daring fusion of Italian style of the 1950s, with reminders of the approach of Dino Gavina, and the most evocative lines of the Beat Generation of the 1960s. The interior is organized in two macro-areas, both with contemporary design of sober, balanced elegance but with different characteristics. The daytime zone is a large open space where the various moments of the day are connected in an itinerary that winds from the ample living area to the kitchen, which can be made independent when needed, passing through the luminous dining zone. Precious marble clads walls and floors, alternating with plaster and paneling in blanched wood or textured mirrors, while the sophisticated colors – shifting from black to greige – are ignited by unexpected metal parts. On the upper level, the bedroom zone is a more intimate, personal space. The two bedrooms are like private suites: with bathrooms and wardrobes, they are divided by a ‘filter’ zone, convivial but secluded. The colors reprise the refined hues of the living area, while the floors feature carpeting which combined with the wooden surfaces underscores the intimate tone, creating a soft atmosphere. Claudia Foresti
SUSTAINABILITY
P48. NATURE AND MAN, TOGETHER
DESIGN, ARCHITECTURE AND SUSTAINABILITY FOR THE IS MOLAS GOLF RESORT IN SARDINIA, DESIGNED BY MASSIMILIANO & DORIANA FUKSAS
The Is Molas Golf Resort, in southern Sardinia, with an area of 120 hectares inside a property of 500, gravitating around the green golf course (also open to non-residents), has already been discussed by Interni in the November 2016 issue. At the time, the splendid complex for residences and tourism facilities designed by Massimiliano and Doriana Fuksas for the Immsi group, following the topography of the land, its plants and wildlife, was still visible only in renderings. It was a sort of research manifesto: “To simplify and to eliminate the superfluous, to make the necessary emerge in total fusion with the nature and light of the place,” Massimiliano Fuksas explained. Now the 15 exclusive villas with curved lines, like inhabited sculptures, have become reality: with their garden-patios, pools of water, sinuous belvedere-terraces in sandy tones, the walls finished in cocciopesto on the exterior and in Tadelakt with pastel tones for the interiors, in respective harmony with the slabs of porphyry installed as opus incertum and the natural and glazed earthenware, or the Mortex of the floors, the very refined interior design by Doriana Fuksas gets inspiration from Sardinian crafts, while bringing out the value of products Made in Italy by companies like Moroso, Baxter, Slamp, Venini. Now that all this can be experienced firsthand, the show must go on: to write the future of its story. The Is Molas complex is now in a phase of further development – in the next two years a new 18-hole course will be installed, designed by Gary Player, along with a 5-star hotel and a spa. The overall sustainability of the project remains the priority value in the new project of transformation. The technical and technological solutions developed to protect the natural and constructed landscape and to ensure its maintenance are very advanced. The use of a complete, rigorously governed cycle of water use will reduce waste – a very timely theme on a worldwide scale – through successive recovery and reutilization of hydric resources. Because while the irrigation of the large extensions of the golf complex draws on six interconnected artificial lakes that are an integral, decorative and environmental part of the complex, the ‘waste’ water (from residences and the hotel) is reutilized, also for the cooling of machinery and climate control systems. Each villa, for rent or for purchase, already has an independent external technical volume with an air-water heat pump with invertible cycle (summer/winter), activated by remote control to personalize functional parameters. Every residential unit served by the automation also relies on a photovoltaic system. The
solar panels are placed on pergolas that bring shade to the parking areas, structures also equipped with stations for recharging electric cars. In the settlement, all the street lights are equipped with LED lamps for very low energy consumption, with screens that aim the light beams downward, at tree height. The reduction of volume of sound and light becomes a perceptible factor of comfort: the only noises are those made by the deer. Antonella Boisi
EXHIBITIONS
P52. TERRITOIRES LATENTS
THE ANTI-ACADEMIC AIM OF ABANDONING PAINTING AND TRADITIONAL ARTISTIC TECHNIQUES IS EXPRESSED IN THE WORKS OF ARNULF RAINER, NOW ON VIEW AT THE MUSEUM OF MODERN AND CONTEMPORARY ART OF GENEVA, THANKS TO A DONATION BY THE FAMOUS GENEVA-BASED GALLERIST MICHEL FOËX
The seventy works by Arnulf Rainer donated to the Museum of Modern and Contemporary Art (MAMCO) of Geneva by the gallerist Michel Foëx, who passed away in 2015, provide the opportunity for the exhibition “Territoires Latents: Fonds Michel Foëx,” a true retrospective on the Austrian artist. Influenced by Surrealism (he met André Breton, but was not enthused), Rainer crossed the entire ecumenical range of art in the second half of the 1900s – Informal, Action Painting, Abstract Expressionism and, above all, Art Brut – arriving at the performative psychosis of Viennese Actionism, together with Günter Brus, the diabolical Hermann Nitsch and, among others, Rudolf Schwarzkogler, who committed suicide when he was just 28 years old. Actionism practiced an extreme form of Body Art, a true theater of cruelty in the manner of Artaud, seasoned with the basic idea of wanting to represent what cannot be represented. The whole movement, with Rainer in the front lines, preached a traumatic abandonment of painting and traditional artistic techniques, driven by an explosive mixture of Eckhartian mysticism and Freudian psychoanalysis. We should recall that the first steps of Rainer as an artist were taken in a sort of antiacademy, the Pinctorium, where he collaborated with the best minds at the time of the Austrian version of German Expressionism and French Surrealism, such as Hundertwasser, who because a petit bourgeois icon of a rather saccharine Vienna, and above all the wild Ernst Fuchs, pictor optimus but decidedly kitsch. The relationship with the image, and therefore with representation, or actually with its continual negation, became the central focus of Rainer’s poetics starting with a series of photographic self-portraits, the reproductions of Totenmasken, all the way to the residual images of expressive impact of great authors such as Goethe, for example, but also Goya, Leonardo and Van Gogh, paraphrasing the written experiments of Henri Michaux and iconoclastically intervening on canvases of important contemporaries like Miró, Sam Francis or Vasarely, or on highly indicative iconic symbols like the cross and cruciform structures. Driven by an acute sense of the corporeal, on a par with the Swiss artist Louis Soutter with whom he did an important exhibition in Lausanne in 1986, Rainer is fascinated by strange facial expressions, where his actionism is transformed in the making of the work into an unimaginable torrent of words and pleading that accompanies and translates his abyssal rage about the world and himself. The anti-pictorial technique utilized is the so-called Fingermalen, painting done with a birst of energy using all ten fingers of the hands, a distant reminder of the ritual, liberating techniques of Jackson Pollock. The precise term used by Rainer for his works is Übermalungen, “overpaintings,” alluding to an image born by contrast as the denial of a previous image. Of course, excessive indulgence in a very well tamed practice on the part of Viennese Actionism, also acceptable in the better social circles, might imply distraction from the foundation themes of phenomenology and psychoanalysis. But there it is... in inferis manebimus optime. Maurizio Barberis
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LookINg AROUND translations EVENTS
P55. O TEMPO DE PORTO
IN PORTUGAL THE 1ST EDITION OF PORTO DESIGN BIENNALE 2019 FOCUSES ON THE POTENTIAL OF DESIGN CULTURE TO COPE WITH THE TENSIONS OF THE CONTEMPORARY WORLD. WITH ITALY AS THE GUEST COUNTRY
Until 8 December, in the Portugal of the school of Porto, with its sequence of generations from the master Távora to his disciple Álvaro Siza and then to Eduardo Souto de Moura and the brothers Francisco and Manuel Aires Mateus, the 1st edition of the Porto Design Biennale in 2019 takes its cue from Experimenta Design in Lisbon (last edition in 2017). Porto Design Biennale 2019, organized by ESAD/College of Art and Design, supported by the Italian Cultural Institute and scattered in various locations in Porto and nearby Matosinhos, thanks to the joint efforts of the municipalities, offers a variegated program of thematic orientation to intercept different segments of audience and target, starting from analysis of the positive and negative tensions that have an impact on us all in the everyday world. The conviction is that aware design culture, inside a particular frame of historical, economic, social and environmental reference, can play a part in small and large improvements, activating new usage behaviors and triggering widerranging processes of urban regeneration. It is no coincidence that our country, a leader in this field, is the guest of this first edition, with three exhibitions that stimulate critical, dialectic and transverse reflections on multiple facets of creativity. “Each edition will have a guest country,” says the Italian Maria Milano, architect, teacher and curator of cultural projects, residing in Porto and working at ESAD, on the front line of coordination of the Italian section. The exhibition “Abitare Italia – Icons of Italian Design” she has curated together with Paolo Deganello tells the story of 60 icons that have had an impact on international design culture, interpreting the changes of a precise epoch on a technological, productive and aesthetic level. “Frontiere – Expressions of Contemporary Design,” co-curated with Lucio Magri, instead looks at the emerging design on the present Italian scene, responding to the complex post-millennium reality with new approaches: self-production, small editions, fine crafts, social objects of cooperatives, balanced between art and design with an eye on sustainability. A mapping of emblematic cases and names already wellknown in Italy (from Elena Salmistraro to Roberto Sironi, for example). Finally, not just the object but also the work behind the scenes, and the capacity of design to activate human relations, unprecedented social and cultural dynamics, in the retrospective “Perfect Imperfection” on Riccardo Dalisi and his work in the Traiano district of Naples, “dating back to the 1970s, when the artist-designer began to work with local kids to stimulate creativity self-construction workshops,” says Andrea Nuovo, the curator together with Ira Palmieri of the interesting exhibition at Museu e Igreja da Misericórdia do Porto. From prototypes to the animated coffeepots of Dalisi, and from his idea that we need to “start from the necessities of living and not from the head,” to the voice and the selections of Portugal. “Post-Millennium Tension,” the engaging exhibition curated by José Bártolo, represents a way of rethinking the sources of creativity, without barriers of geography or linguistic expression. “We were not interested in creating yet another furniture fair, a showcase for the small and medium businesses of Porto, or a triumphant itinerary through other nations,” Bártolo comments. “The territories identified in the various exhibitions can all be traced back to reflection on the material culture of objects as producers of meaning. What is the meaning of objects in the contemporary world? What is the right relationship between thought and action? How has the designerclient relationship changed? How can education become a motor of growth, with courses of study, degrees, masters and doctoral programs, also for the training of new curators and the construction of catalogues as tools of conservation of memory? In the end this is what counts. We
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need to identify and indicate new ways of designing, producing and communicating to the new generations of millennial designers who are operating in a moment of deep economic, social and environmental crisis. Italy has shown us ways to come to grips with these issues. We have taken another step along that path.” Portugal is ready. Antonella Boisi
EVENTS
P58. NO BARRIERS
THE PROJECT WOW (WHEELS ON WAVES), COORDINATED BY THE NON-PROFIT ORGANIZATION LO SPIRITO DI STELLA, PERMITS OVER 5000 DISABLED PEOPLE TO ENJOY A DAY IN THEIR WHEELCHAIRS ON AN 18-METER CATAMARAN. THE CREATOR OF THE PROJECT IS ANDREA STELLA, WHO DURING THE FIRST UNIVERSAL DESIGN WEEK IN VENICE, ORGANIZED IN COLLABORATION WITH SCHÜCO ITALIA, ILLUSTRATED THIS CONCEPT OF INCLUSIVE DESIGN
I have had the chance to meet Andrea Stella in person. To set sail with him and his crew. And to listen to his story. Today Andrea is 43 years old. 19 years ago, after taking a law degree, he set off for Miami for a vacation. In that American city, two days after his arrival, he was shot during a holdup. Two bullets hit him, and one of the severed his spinal cord. After 40 days in a coma, he woke up without the use of his legs. The diagnosis was paraplegia of the lower limbs. Had his future as a young man about to make a life for himself been hopelessly destroyed? Was it now without any meaning? Absolutely not. With courage and determination, he took charge of his destiny and began a new life. He had always had a passion for the sea. He dreamt of sailing again, and with the support of his family he decided to make a boat that would be accessible to all, to approach an adventure in a wheelchair. He ordered the design and construction of the catamaran Lo Spirito di Stella based on criteria of inclusive architecture, without barriers, in which to move freely, eliminating obstacles. In 2003 he founded the non-profit association Lo Spirito di Stella, and since then he has been engaged in a campaign for the removal of architectural barriers, while raising awareness of the problems of the disabled. The results achieved demonstrate that in the design of objects and places a focus on accessibility is a strong point, not a drawback, for the benefit of everyone, not just of the disabled. The latest challenge is the WoW (Wheels on Waves) project, a voyage of great symbolic value (during which Andrea Stella got married in the middle of the Atlantic Ocean), which in May 2017 set off from Miami on the way to Venice, arriving there in September: 21 stops and 21 crews took turns, with crews of men and women of various nationalities, in wheelchairs, taking an active part in the operation of the boat, the sentry duties, the cooking. The most recent initiative is the first edition of Universal Design Week in Venice, on accessible architecture, in collaboration with Schüco Italia, the main partner of the project and sponsor of the catamaran. “The objective was to change the face of the city, its buildings and spaces, to make them accessible, functional and comfortable for all,” Andrea explains, “and Schüco Italia decided to translate theory into practice.” The choice of Venice has a meaning: the city is a symbol of architectural barriers, with its 430 bridges, which since 2009 has made about 70% of the historical center accessible to the disabled. The message sent by UDW in Venice can be summed up in a few fundamental concepts: “If it is possible to design a boat that is accessible for all, it is also possible to design an accessible city. Difficult does not mean impossible. There is nothing to prevent us from modifying and reorganizing spaces, from creating the conditions for improvement of quality of life,” Stella says. But what about the costs? Designing well or badly does not imply different levels of expenditure. What is important is to design things well, without barriers from the outset that will have to be eliminated later on. In an inclusive vision that takes the fact that we are not all the same into account, aware that solutions should be
formulated to be compatible with the needs of everyone. Because a world that takes the needs of every person into account is undoubtedly a better world. Danilo Signorello
EVENTS
P60. RESILIENCE, NOW AND ALWAYS
IN SEPTEMBER, DURING LONDON DESIGN WEEK, INTERNI ORGANIZED A DOUBLE CYCLE OF CONFERENCES. GUESTS INCLUDED THE CURATOR OF THE ITALIAN PAVILION AT THE VENICE ARCHITECTURE BIENNALE 2020, THE ARCHITECT ALESSANDRO MELIS, WHOM WE ASKED TO INTRODUCE US TO A CRUCIAL THEME OF URBAN RENEWAL
While our cities and the climate crisis seem not to have found valid strategic and political solutions, across the channel an Italian architect and research, professor and director of Clusters for Sustainable Cities at the University of Portsmouth, England, says he is optimistic, because he is convinced that irreversible crises can reawaken awareness and trigger feasible solutions. We are talking about Alessandro Melis, founder of the studio Heliopolis 21, and curator of the Italian Pavilion at the Venice Architecture Biennale in 2020, which will open its doors on 23 May under the direction of Hashim Sarkis. We met with Melis in September at the Italian Cultural Institute in London, during the conference organized by Interni “Urban Regeneration: New City, New Habitat, New Technology,” in which he took part in a debate on the future of cities with the English designer Andrew Waugh of the studio Waugh Thistleton, moderated by the American professor David Turnbull of Atopia Research. Melis preferred not to offer any previews of his curatorial project in Venice, but he did explain why, in his view, “this terrible situation of climate chance could be an opportunity not to be missed.” According to Melis, “We find ourselves in an epochal moment in history which in some ways reminds us of the European crisis of the 1300s.” The architect from Pisa explained that “in the 14th century Europe went through a grave crisis that disrupted the economic and cultural values of the society. This happened due to a multitude of factors: first of all, a small Ice Age that brought very low temperatures, causing serious shortages of resources. This was joined by the plague epidemic that exterminated from 50 to 90 percent of the population, depending on the region. The society of the next century had to completely reinvent itself, giving rise to that period of extraordinary cultural ferment known as the Renaissance.” And he continued: “Today the negative data with an impact on the climate have reached a point of no return, first of all in the excessive emission of CO2, 40% of which is generated by construction, 33% by transports and 30% by industry. The way we build cities is the primary cause of CO2 emission, and this happens because architects have lost interest in playing a strategic – intellectual, ethical and political – role in our society. The obvious climate change we are witnessing represents an opportunity for rebirth of a system in which the use of fossil fuels is reduced in favor of decidedly more economic and less polluting renewable sources. Architects necessarily have to open up to new, more radical visions if they want the emergency to subside. Designers have to transform themselves into planners, working on Climate Sensitive Design.” A process that calls for interdisciplinary collaborations with the involvement of different forms of expertise, to generate a crossover of biology, architecture, climatology and geology. The result, in Melis’s view, is ‘human resilience,’ namely that phenonenon “that does not have to do only with sustainability, but can also produce a useful response to change.” An architecture that listens to the needs and transformations of the territory, that does not oppose but adapts to climate interferences like torrential rain, flooding, drought, temperature shifts. A fertile architecture, in short, that will reinvent forms, volumes and materials. With the mind and the heart. Patrizia Catalano
The appointments of Interni The tradition of international encounters organized by Interni continues its success. In London in September, during the London Design Festival, two conferences were held. The first, on 17 September at the Italian Cultural Institute, welcomed Alessandro Melis (Studio Heliopolis 21 Architetti Associati, curator of the Italian Pavilion at the Venice Architecture Biennale 2020) and Andrew Waugh (Waugh Thistleton Architects), with moderator David Turnbull (director of Atopia Innovation, London): titled “Urban Regeneration: New City, New Habitat, New Technology,” it focused on the relationship between the city and climate change (see the interview with Alessandro Melis on these pages). The second, “The Renewed Quality of Made in Italy Design,” was on 21 September, coordinated with I-MADE, the exhibition on Italian design held at Saatchi Gallery with art direction by Giulio Cappellini. Aldo Cibic (Cibic Workshop), Claudio Lazzarini and Carl Pickering (Lazzarini Pickering Architetti) and the artist Richard Woods, with moderator Deyan Sudjic, director of Design Museum London, discussed the quality of Italian design today and the possibility of connecting the culture and creativity of the Italian design of the second half of the last century with contemporary production. Thanks to Inhabit Hotel. P.C.
FAIRS
P62. VOICES FROM KOREA
IN SEOUL, THE SECOND EDITION OF THE ARCHITECTURAL AND URBAN PLANNING BIENNIAL REFLECTS ON HOW TO DESIGN MORE HUMANE CITIES
Collective City is an assumption of responsibility, a planetary commitment to growth that respects us and our world. While the first edition in 2017 focused on environmental problems and the depletion of our planet’s resources, the second Seoul Biennial of Architecture and Urban Planning offers analysis of urban inconsistencies and dehumanized spaces. In the search for socially effective theoretical proposals and experiments, it finds shared ground on which to communicate experiences and seek solutions. Opening on 7 September, in five locations around the city of Seoul, Collective City was like an analytical prototype, a triangular platform of discussion whose three points – architecture, urban planning and governance – interact towards the creation of more humane cities. Citizens have gradually lost their original role as active users of urban spaces, and are instead subjected to them, in a condition of alienation and nihilism. Seoul is the perfect manifesto of this process. After the Korean War (1950-53) it has gone through an evolution from absolute poverty to extraordinary efforts to reconstruct, modernizing the country. Seoul has grown between the looming shadow of China, on the one side, and the repercussions of the Japanese bubble economy on the other. A city that makes too much haste runs the risk of cutting off its historical heritage, as the footprints of an important past are overwhelmed by skyscrapers for big American corporations, plasticized shopping centers and developments that take the place of the traditional singlefamily homes in red brick. The co-directors of the Biennial, the Colombian architect Francisco Sanin and the South Korean Jaeyong Lim, speak in unison about the importance of “humanizing” our big cities. “The goal of this Biennial is to position Seoul in an international context, in which to exchange experiences and enhancements happening in the world. The effort is to restore balance between north and south, developed and developing nations, inviting above all cities from Africa, South America and southern Asia to share their experiences.” The five most important venues are strategically placed on a longitudinal axis in the center of Seoul. From the eastern extremity the Dongdaemun Design Plaza, a project by Zaha Hadid, hosts a thematic exhibition curated by Beth Hughes: 48 projects and six documentaries that challenge the present paradigms of the metropolis. “It is an invitation to the city to think about the people who will live
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LookINg AROUND translations there, rather than the modernist design of the city as an aesthetic object.” From Atelier Bow-Wow to amid.cero9, with the project for the reconstruction of the village of Baeska opening the way, the spiral exhibition provides examples of urban-rural exchanges, unconventional residential development, communities that alter their own destiny through their own efforts. The path continues in Sewoon Plaza with the Global Studio Exhibition, where 40 universities from different nations develop architectural projects that become tools of sustainable collective action. Reaching the heart of the city, facing City Hall, the Seoul Hall of Urbanism & Architecture hosts the Cities Exhibition, in which 80 urban centers from the world form a luminous pattern full of colors. Each city, with its own path and problems, its idiosyncratic voice, still has something in common with other cities. From the slogan “time is money, efficiency is life” of Shenzhen to the historical diatribe of Barcelona, the infrastructural efforts of Manila to the social diffidence of Lima, every space in which a community installs itself can become a place and create harmony. Time can be shared with neighbors, nature can be mother and sister, the future can be imagined by listening to the present. The Donuimun Museum Village, a museum-district made of steep streets and irregular squares, concludes these urban narratives with indoor installations and outdoor audio pieces, like City of Sound, and presents the Korean case studies of Cheongju, Cheonan, Tongyeong and Ulsan. The tour ends in the impressive Seoul Museum of History, a coda in which various artists explore the ‘market’ as a place of interchange, mutations and future perspectives. The Seoul Biennial closed its doors on 10 November, and the third edition in 2021 is already being programmed, with the unstoppable force of those who know that the path will be difficult, but that there is no other possibility other than to approach it with force and optimism. Photos and text by Sergio Pirrone
P68. MARBLE, HOWEVER…
MORE INTERNATIONAL AND DIGITAL THAN EVER, THE 54TH MARMOMAC PROMOTED DESIGN, BUSINESS AND CULTURE. WITH STONE AS THE ABSOLUTE PROTAGONIST
In every quarried meter the texture of the stone changes, taking on constantly different forms. A unique character that defies any attempts at imitation. Impossible to repeat in its form, eternal in its substance: this is the beauty of stone. And the focus of the latest edition of Marmomac in Verona at the end of September, interpreted in keeping with the canons of culture, innovation, design, research and education. Concepts conveyed extensively by the exhibition “Naturality” at Pavilion 1 - The Italian Stone Theatre, curated by Raffaello Galiotto and Vincenzo Pavan. An exhibition that presented a complete overview of the opportunities offered by marble and other stones, with “Lithic Garden,” inspired by the hortus conclusus, full of ideas and stimuli
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FAIRS
P70. DAS HAUS 2020
FAIRS
Europe and Mediterranean Countries Africa, Asia, Oceania, USA, Canada
regarding the human habitat; “Natural Things”, eight installations to rediscover the relationship between man and nature through stone; “Brand & Stone 2.0” which involved the collaboration between designers and large international brands; “Percorsi d’Arte,” focusing on the use of machines in the artistic shaping of stone; and the signature restaurant Nature Works, the Natural Beam wine bar, the Common Spaces, the Young Stone Project with experiments conducted in universities. This year’s event, from Pavilion 1 to the outdoor areas with large blocks of stone and machinery, to the many pavilions that displayed finished products, revealed the infinite characteristics and nuances of the material, which is both fragile and durable at the same time. It is impossible to replicate its natural charm: beyond the surface impression, the first glance, it would be hard to find the same kind of depth and texture in other materials. Today, with respect to the past, the use of machines has a different impact. New technologies in the area of robotics make it possible to shape the material with a precision that generates unprecedented typologies, bringing complex structures to life with relative rapidity. At the same time, the relationship with design culture lies, in any case, in the creative flair of architects and other creative professionals. In the end, it is not easy to identify one trend in this sector. Though companies are more oriented towards the use of local stones, connecting their projects to the site, new materials are constantly being discovered all over the world, which provide stimuli for creative inspiration. This is confirmed by data that demonstrate the way the supply chain of natural stone has grown on a worldwide level to over 18 billion euros of trade, with Italian companies at the top of the ranks of added production value, with over 4 billion euros in 2018, 76% of which in exports. Danilo Signorello
THE SPANISH FIRM MUT DESIGN BRINGS THE MEDITERRANEAN TO GERMANY THROUGH THE CONCEPT OF AN IDEAL HOME OPEN TO NATURE AND THE COMMUNITY, FOR THE NEXT ITERATION OF IMM IN COLOGNE
To the cry of “A la Fresca!”, an ode to outdoor convivial doings (in the Mediterranean tradition), Alberto Sánchez and Eduardo Villalón, founders of the Valencia-based MUT Design, presented their project for the main installation of the International Furniture Fair of Cologne (13-19 January). It is Das Haus, which for Claire Steinbrück, director of IMM Cologne, represents “part of the core of the event, with constantly different reflections on the theme of the habitat, not just a nice set design.” Pavilion 3.1 will welcome the highly symbolic vision of the domestic environment, in an area of 180 m2, blurring the boundaries between nature and architecture, inside and outside, public and private. The two designers: “Our ideal home is open: the outside yields to the inside in a seamless way. Boundaries vanish. There is a small space hidden at its center, to protect privacy: the patio is a feature recovered from our Roman and Arabian heritage.” The classic set-up of a structure that combines the circle and the square is overlaid by the contemporary vision of ‘liquid’ living that breaks down functional rigidity. “The spaces are roughed out as individual units that nevertheless remain extremely open, to generate a sense of maximum fluidity.” The central core, known as the Refugium, is surrounded by four semicircular spaces, similar to verandas: a zone for relaxing and dressing, another for activities, a kitchen and a space in which to care for the body. All projected outward and thus provided with furnishings that also work outdoors. The installation links up with a production sector in constant growth, strategic for an international furniture exhibition: outdoor design (including bath and kitchen furnishings). Das Haus thus becomes an ideal setting for the presentation of many new creations by the exhibitors (1158 in 2019), in the area of outdoor living. Katrin Cosseta
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Drawing by
Studio Archiplan per
DRAWINGS COLLECTION
S
Dettaglio del Twist, lo scultoreo ponte espositivo sul fiume ricondotto a torsione abitabile dall’architetto danese Bjarke Ingels, fondatore dello studio BIG. Si trova all’interno del Kistefos Sculpture Park a Jevnaker, in Norvegia, a un’ora da Oslo. Foto di Laurian -Ghinitoiu.
INtopics EDITORIAL INTERNI dicembre 2019
i chiude il 2019, un anno che la cultura del progetto ha voluto dedicare alla celebrazione del centenario della nascita del Bauhaus, punto di riferimento del pensiero moderno nel campo dell’architettura e del design. E per concludere nel migliore dei modi abbiamo riservato ai nostri lettori un piccolo cadeau: un servizio su Ivo Pannaggi, progettista eclettico e anticipatorio, eppure poco conosciuto, che può essere considerato l’unico esponente nostrano della celebre scuola tedesca. Dai mobili in tubolare metallico a quelli in legno di Macassar, espressione di un’idea di lusso privo di ornamenti, le sue creazioni raccontano in versione tricolore la lezione di Mies van der Rohe e delle avanguardie artistiche del Novecento. Le architetture selezionate in questo numero focalizzano differenti potenzialità del progetto internazionale di costruire ‘ponti’ metaforici che uniscono mondi abitati, paesaggi e storie particolari. Tutto ci parla di sintesi compositive sospese tra elementi opposti, in una tensione continua tra antico e contemporaneo, sperimentazione materica, rilettura del preesistente e ricordi: il Twist, il nuovo museo norvegese pensato dall’architetto danese Bjarke Ingels, fondatore dello studio BIG, come un ‘tubo’ attorcigliato sul fiume; la ‘scatola’ ludica e tecnica, a piani sfalsati e ruotati, dell’Experimenta Science Center firmato dallo studio Sauerbruch Hutton in Germania; e ancora, l’accogliente centro di sostegno psicologico del Kálida Sant Pau progettato da Benedetta Tagliabue e Patricia Urquiola a Barcellona. Infine, tre abitazioni private dai mille racconti: quella sul mare a Tel Aviv reinventata da Pitsou Kedem intorno a un patio ottomano; il bed & breakfast di studio Archiplan nel centro storico di Mantova con vista su Leon Battista Alberti; la casa-autoritratto di David Jameson nelle colline boscose del Maryland. Gilda Bojardi
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NOBUYOSHI ARAKI, TOKYO 21 02 2009 / COURTESY OF FONDAZIONE BISAZZA COMMISSIONATE DALLA FONDAZIONE BISAZZA, LE IMMAGINI DEL FOTOGRAFO GIAPPONESE NOBUYOSHI ARAKI, SCATTATE A TOKYO NEL 2009, RITRAGGONO UNA FIGURA FEMMINILE SU UNO SFONDO DI MOSAICO ORO. TEMA RICORRENTE NELLA POETICA DI ARAKI È L’ESPLORAZIONE DELLA BELLEZZA, CHE SECONDO L’AUTORE “RISIEDE NELLO SPAZIO INFINITAMENTE PICCOLO CHE STA TRA LA VITA E LA MORTE”. LE OPERE FANNO PARTE DELLA COLLEZIONE PERMANENTE DELLA FONDAZIONE BISAZZA A MONTECCHIO MAGGIORE (VICENZA), DOVE NEL NOVEMBRE SCORSO È STATA INAUGURATA LOVE-DREAM, LOVE-NOTHING, UN’ISTALLAZIONE PERMANENTE DI ARAKI DEDICATA AL ROUGE BAR DI TOKYO. INOLTRE È DI RECENTE USCITA IL VOLUME FONDAZIONE BISAZZA. DESIGN, ARCHITETTURA. FOTOGRAFIA DI IAN PHILIPS CON IL CONTRIBUTO DI JONAS TEBIB E FILIPPO MAGGIA (RIZZOLI), CHE ILLUSTRA TUTTE LE COLLABORAZIONI DELL’AZIENDA CON ARTISTI, ARCHITETTI, DESIGNER, TRA CUI ALESSANDRO MENDINI, FABIO NOVEMBRE, ETTORE SOTTSASS, MIMMO PALADINO. (C.T.) BISAZZA.IT
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VITRA ACCESSORIES COLLECTION, VASI DÉCOUPAGE, DESIGN RONAN & ERWAN BOUROULLEC. FOTO EDUARDO PEREZ SEMPLICI CILINDRI DI CERAMICA COLORATA NELLE TONALITÀ DELL’AZZURRO, DEL CELADON E DEL VERDE A CUI SI FISSANO DELLE FORME BIDIMENSIONALI CHE SEMBRANO RITAGLIATE CON LA FORBICE E DELLE BARRE CHE SI PIEGANO E CHE GIOCANO CON QUESTI ELEMENTI: IL RISULTATO È UNA COLLEZIONE DI VASI UNICI E STRAVAGANTI LEGATI TRA LORO IN UN EQUILIBRIO FRAGILE E POETICO. PRESENTATI DA VITRA ALLO SCORSO SALONE DEL MOBILE COME PROTOTIPI, I VASI DÉCOUPAGE DEI DESIGNER FRANCESI RONAN & ERWAN BOUROULLEC SONO IN FASE DI SVILUPPO PER ESSERE PRODOTTI IN SERIE. “OGNI FORMA VIENE TAGLIATA A PARTIRE DA UN PANETTO DI ARGILLA. ALCUNE SI INSERISCONO ALL’INTERNO DEI CILINDRI, ALTRE SI APPLICANO ALL’ESTERNO. OGNI BARRA VIENE ESTRUSA, POI ARROTONDATA O RIVOLTA VERSO L’ALTO, OPPURE REALIZZA UN PONTE CON ALTRI VASI”. COSÌ I BOUROULLEC RACCONTANO IL LORO PROGETTO. TRA ARTE CONTEMPORANEA E DESIGN. (C.T.) VITRA.COM
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BRIC MOSTRA SITE SPECIFIC DI NATHALIE DU PASQUIER PER MUTINA FOR ART ALLO SPAZIO MUT DI FIORANO MODENESE. FINO AL 19 GIUGNO 2020. FOTO DELFINO SISTO LEGNANI ALL’INTERNO DELL’ARCHITETTURA DI ANGELO MANGIAROTTI, SEDE DELL’AZIENDA CERAMICA MUTINA E DELLO SPAZIO ESPOSITIVO MUT (MUTINA FOR ART), L’ARTISTA FRANCESE NATHALIE DU PASQUIER HA IMMAGINATO UNA GRANDE INSTALLAZIONE COMPOSTA DA SETTE ELEMENTI SCULTOREI DI FORME E DIMENSIONI DIVERSE, A METÀ TRA SCULTURE E ARCHITETTURE. LA MOSTRA, A CURA DI SARAH COSULICH, PARTE DAL MATTONE COME ELEMENTO COMPOSITIVO ARCHETIPO. MINIMALE, ECONOMICO, RITMICO, ADATTABILE PER CONCEPIRE LE FORME PIÙ SVARIATE, IL MATTONE È SIMBOLO DI CONNESSIONE E DA TEMPO È UN SOGGETTO RICORRENTE NELL’OPERA DELL’ARTISTA. NATHALIE NE INDIVIDUA DIFFERENTI TIPOLOGIE PER POI CAPOVOLGERLI, SMALTARLI CON BRILLANTI CROMIE E STRATIFICARLI PER DAR VITA A GRANDI SCULTURE. I MATTONI DIVENTANO COSÌ MODULI DECORATIVI DI UN PATTERN. IL RISULTATO È UN PAESAGGIO INASPETTATO, QUASI METAFISICO, ESALTATO DA UNA PAVIMENTAZIONE FATTA DI SABBIA. (C.T.) MUTINA.IT
INsights ARTS
Scorched Earth, 2006. Tecnica mista su tela. 241.94 x 300.36 cm. Courtesy the artist and Hauser & Wirth Š Mark Bradford Black Wall Street, 2006. Collage su carta montato su tela. 289.56 x 609.6 cm. Courtesy the artist and Hauser & Wirth Š Mark Bradford
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MARK BRADFORD: PITTURA DELLE ROVINE URBANE Indagare
l’identità di un’opera d’arte vuol dire addentrarsi all’interno dell’identità dell’artista. È compiere un viaggio introspettivo all’interno di un’individualità che si può conoscere solo attraverso le sue vicende personali e professionali, partendo laddove tutto è iniziato, andando alle matrici della vita e della crescita. Mark Bradford è nato a Los Angeles, nel 1961, ha passato la sua infanzia nel negozio di parrucchiera della madre e per le strade dei quartieri da Santa Monica a Hollywood, e successivamente, crescendo, ha preso parte alla vita dei club e del mondo della musica della comunità afroamericana. La sua creatività ha fin da subito risentito di tali esperienze, tanto che nel suo lavoro artistico, particolarmente rivolto alla pittura, ha scelto di utilizzare le cartine per la permanente. Tale attitudine, con la sua pratica elementare, porta Bradford ad iscriversi al CalArts (California Institute of the Arts), a Valencia, e, intorno ai trent’anni, a prendere coscienza di voler perseguire un fare professionale in arte. Nel 2001 avviene il primo riconoscimento museale, è invitato da Thelma Golden, direttrice di The Studio Museum in Harlem, ad un’importante esposizione, “Freestyle”, che contribuirà in modo determinante, per la presenza di artisti come Julie Mehretu e Eric Wesley, all’affermazione di quelle arti visuali connesse alla cultura afroamericana contemporanea. È il punto di avvio di un’assertazione di un’estetica che era nata dall’interesse di artisti per la nozione di negritudine e per l’apporto di quest’ultima all’interno della storia dell’arte moderna e contemporanea. Tuttavia l’inizio non sottende un impegno politico, ma riverbera una visione minimalista e astratta. I dipinti dal 1997 al 2000 riecheggiano la linearità e una monocromia di una pittura che va da Agnes Martin a Robert Ryman. Sono immagini strutturate in sequenze orizzontali, in cui i quadrati, le cartine da permanente usate dai parrucchieri, formano un tutto omogeneo e lineare: all’artista sembra interessare l’essenzialità della forma e del percorso ottico. In altri casi le superfici, grazie alla giustapposizione di strati e di colori, da Jheri Now, Curl Later, 2001, a Strawberry, 2002, creano un effetto di riverbero luminoso. Poi gradualmente le strisce cartacee lasciano affiorare scritte e paesaggi grafici, da Juice a Coltrane, Coltrane, 2003, in cui i titoli acquistano un significato narrativo, che chiama in causa un rimando alla cultura afroamericana sul piano della sessualità e dello sport. È l’inizio di un arricchimento del proprio contributo con una componente ‘figurale’, per cercare di superare la dimensione impersonale e non soggettiva. L’intento è di combinare astrazione e figurazione, forma e contenuto, in modo da poter parlare della propria condizione sociale e personale. Così dal 2005 le griglie orizzontali lasciano spazio a immagini topografiche dei quartieri, in South Central Los Angeles, come le zone abitate dall’artista in Leimert Park e, in particolare, quelli segnati dalla rivolta di Watts nel 1965. L’immissione di un termine reale, come la lotta per i Civil Rights, sradica l’insignificanza politica del linguaggio astratto, la sua aspirazione formale e scientifica, e immette la realtà sociale. È
Impegno politico e denuncia sociale animano le opere dell’artista afroamericano, in cui la sovrapposizione di materiali diversi lascia affiorare immagini topografiche di quartieri di città, integrando astrazione e figurazione di Germano Celant
Juice, 2003. Tecnica mista su tela. 183 x 213 cm. Courtesy the artist and Hauser & Wirth © Mark Bradford
un modo per sottrarre l’arte alla sua ‘universalità’, per renderla esperienza vissuta, così che sia comunicabile, attraverso le sue tracce effimere, reperite nel contesto della città. Il processo è simile a quello degli artisti del Nouveau Réalisme, da Mimmo Rotella a Raymond Hains, che negli anni Sessanta avevano strappato e rielaborato strumenti di comunicazione, dai manifesti alle palizzate, ripresi dal contesto urbano. Anche Bradford lega la sua arte, attraverso diversi media, dalla tela ai video, alle condizioni della società da lui vissuta. E se alcune pitture richiamano gli “achrome” di Piero Manzoni, la struttura sottostante, le piegature e le increspature della carta rivelano una mappatura di soggetti non materici, ma linguistici, dove le parole e le configurazioni urbane emergono. Sono tracce della violenza poliziesca e dell’ingiustizia, risultati del razzismo e della cultura istituzionale, bianca e americana, verso le minoranze etniche, dai latini agli africani, come l’inferno scatenato in Black Wall Street, che l’artista nel 2006 rappresenta su una superficie monumentale, attraverso il contrasto tra un fondo urbano, oscuro e notturno, tipico
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INsights ARTS
The Devil is Beating His Wife, 2003. Tecnica mista su compensato. 335.28 x 609.6 cm. Courtesy the artist and Hauser & Wirth © Mark Bradford
di Los Angeles, e le fiammate di rosso che ne occupano drammaticamente il centro. Altrove i soggetti sottesi sotto la crosta di materie sono relativi all’epidemia dell’AIDS e alla scorretta e deformante rappresentazione della cultura omosessuale. La particolare attenzione dell’artista su una situazione costruita dalla società, repressiva e violenta, lo porta a produrre pitture che risultano essere una stratificazione di materiali simbolici, tracce di eventi sociali. Tuttavia, a parlare, attraverso le sue opere, è anche l’aspetto autobiografico, la sua voglia di differenziarsi e di riscatto. Lo spessore dei suoi dipinti – che comprendono frammenti di manifesti pubblicitari, riviste, fumetti e manifesti, simboli della civilizzazione e del potere – tende a evidenziare la pesantezza di una struttura, industriale ed economica, che impregna la società. Ma la sovrapposizione di materie è anche un modo di sottolineare che il sistema soffoca e seppellisce facilmente, sotto strati di informazione, rappresentati dai media – quelli che Bradford definisce Merchant Posters – la memoria degli eventi di violenza: Scorched Earth, 2006. Gli strati di carta appaiono rispondere, sul piano politico e formale, al dripping di Jackson Pollock, sostituendo alla stesura casuale e gestuale del colore puro, estratto direttamente dal contenitore industriale, una stratificazione di momenti sociali e vitali, documentabili concretamente tramite la superficie ritagliata. Bradford non è, quindi, propenso a condividere la struttura individuale e pseudo liberatoria dell’azione informale dell’action painter, ma è piuttosto proteso ad acquisire una coscienza delle vicende che hanno formato la sua cultura di afroamericano. Ogni suo dipinto abbozza una storia che focalizza un’identità, marcata dalla negritudine, con aspirazione di riconoscimento: Tomorrow is Another Day, 2016. La proposta di ‘motivare’ con un ancoraggio alla realtà, propria od altrui, l’arte è un invito a una non integrazione dell’artista nel sistema di potere e di mercato, con la sua continua richiesta di decoro. Individua nel suo fare una soggettività che tende a porsi come testimonianza di un’identità, relativa alla propria
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situazione. Partendo dalla sua condizione di parrucchiere, black boy e queer che, vivendo a Los Angeles, è riuscito a scappare alle tentazioni di corruzione, come nel suo video Niagara, 2005, e ad elaborare una soggettività radicale che si documenta nei suoi quadri, in cui ha attuato un rovesciamento di prospettiva, un modo di accostarsi all’astrazione per comunicare una realtà drammatica, quella di un afroamericano e del suo mondo – come la grande sfera terrestre, Spoiled Foot, 2016, nel padiglione degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia – in una società repressiva e conservatrice. Per rendere evidente il tentativo di transitare da una visione all’altra e per sottolineare il suo desiderio di integrare astrazione e figurazione, soggettività e discorso social-politico, Bradford, nel 2018, fa riferimento ad una figura mitologica, che rappresenta il trapasso e il confine da una condizione all’altra, Cerbero, il cane a tre teste guardiano dell’ingresso dell’Ade. La metafora permette all’artista di comunicare il suo continuo desiderio di rimanere sospeso tra due territori, con tutti i conflitti relativi. I dipinti, sotto questo nome, acquistano allora una dimensione che, per la loro lunghezza orizzontale, ricordano un transito acqueo, in cui la materia fluida è composta da strati di materiali, che combinano diverse cose, frammenti di spago e carta, da accumuli di colori che costituiscono motivi intrecciati, mappe e griglie, quasi osservati da un punto di vista aereo, come se fossero uno spaccato urbano di Los Angeles, con le sue strade e le sue luci. In questo insieme compaiono anche macchie di colore rosso, che richiamano i luoghi dove l’ingiustizia si è manifestata e le conseguenti ribellioni in reazione alla violenza istituzionale. Un fare arte viscerale e autobiografico, che è capace di trasmettere un discorso sui conflitti ancora in atto nella cultura statunitense, se non mondiale. ■
Frostbite, 2019. Tecnica mista su tela. 337.8 x 586.7 cm. Foto Joshua White. Courtesy the artist and Hauser & Wirth Š Mark Bradford
Gatekeeper, 2019. Tecnica mista su tela. 353.1 x 571.5 cm. Foto Joshua White. Courtesy the artist and Hauser & Wirth Š Mark Bradford
INTERNI dicembre 2019 / 11
INsights
VIEWPOINT
SEGNI OLTRE IL TEMPO
Un profondo legame con la memoria della classicità e la tradizione mediterranea nutre l’opera di Cy Twombly, che ha unito il dinamismo della pop art a un’arte vissuta come rito antico e privato di Andrea Branzi
Cy Twombly è nato a Lexington, in Virginia, il 25 aprile 1928. Il padre era stato un giocatore di baseball, ma stranamente appassionato della lingua latina; forse per questo Twombly è stato uno degli artisti americani più legato alla memoria della classicità, particolarmente quella italiana e mediterranea, e alla tradizione funebre latina. Aveva frequentato il liceo a Lexington per poi trasferirsi a New York, dove aveva incontrato Robert Rauschenberg e la pop art americana, ma aveva preferito trasferirsi in Italia dove realizzava navi simboliche, vicine alla tradizione dell’Odissea e della sua ricerca infinita. Questo singolare e misterioso collegamento con la memoria storica ha poi originato una stretta relazione con la famiglia dei nobili romani Franchetti, con cui Cy si è legato attraverso il matrimonio con Tatiana. Nell’opera di Twombly sembra esserci la memoria di un soffio della morte, della sua perdizione in una storia immemorabile vivente. In questo senso è l’unico artista che partendo dal vitalismo della Pop Art si è progressivamente immerso in un misterioso flusso di vibrazioni misteriche e di pianti degni dei sacri Lari. Ma nella sua opera non vi è niente di funebre, piuttosto la sopravvivenza di una memoria o di un ricordo antichissimo, molto vitale, che nell’arte contemporanea risulta sempre inafferrabile. Cy Twombly è stato uno dei grandi maestri contemporanei la cui origine non è esattamente né americana né latina, ma piuttosto lo specchio sfuggente di una storia incomprensibile, che incontrò nel bacino della cultura mediterranea anche la traccia aniconica dell’Islam. I grandi fogli e lavagne riempiti di segni tremanti tracciano un’incolmabile superficie di voci e di gesti che danzano nel vuoto come atomi e molecole, senza mai produrre una deflagrazione. In Twombly l’arte non è più figurazione, ma testimonianza di una morte interminabile; un’angoscia vitale di cui nessuno può spiegare il motivo. La sua arte si svuota di significato per diventare rito privato, antico come gli epigrammi funebri che vediamo lungo le strade consolari romane. Partecipazioni funebri di cui rimangono soltanto esili memorie espresse con una voce serena. ■
12 / dicembre 2019 INTERNI
Cy Twombly, Nini’s Painting, 1971.
INTERNI dicembre 2019 / 13
Il fronte d’ingresso è rivestito da pannelli di acciaio brunito increspato, un effetto ottenuto schiacciando le lastre di acciaio in appositi stampi metallici su disegno: le lastre sono realizzate da Zahner, Kansas City. Al fronte compatto risponde quello interno affacciato sulla piscina e sul bosco. Alla forma a “L” della casa si unisce il padiglione su due livelli di servizio alla piscina, generando così una complessiva pianta a “U”.
14 / dicembre 2019 INTERNI
INside
ARCHITECTURE Progetto di DAVID JAMESON ARCHITECT con Patrick Mcgowan, Alex Stitt, Alexandra Wojno
David Jameson ha fatto della modernità il riferimento della sua ricerca architettonica, e la sua casa nel bosco di Bethesda progettata alla metà del secolo scorso da Charles M. Goodman – architetto noto per la produzione di residenze sperimentali nella periferia di Washington e per un fecondo percorso di ricerca nel campo delle costruzioni di alluminio e prefabbricate – era in un certo senso la cornice abitativa perfetta di questo valore elettivo. Jameson e la sua famiglia erano pertanto felicemente sistemati nella loro casa vetrata calata nei boschi di cui apprezzavano storia, autore e qualità. Un giorno, durante una vacanza invernale nello Utah, mentre sciava immerso nella natura, Jameson ricevette la telefonata da un vicino che lo avvisava che una tempesta di ghiaccio aveva abbattuto un grande pioppo, caduto rovinosamente sulla casa demolendo in modo irrimediabile la copertura e l’intera costruzione. Non si poteva operare nella logica del restauro per la gravità dei danni subiti e abbandonata l’idea di ricostruirla secondo la figura originaria, per non cadere nella trappola della copia e del falso storico, Jameson pensò di progettare una nuova casa per sé e la sua famiglia
CASA COME ME
Nelle colline boscose di Bethesda, nel Maryland, in Usa, la ricostruzione di una casa modernista degli anni ’60 disegnata da Charles M.Goodman. Pensata come sintesi compositiva tra sperimentazione materica, rilettura del preesistente e ricordi autobiografici foto di Paul Warchol testo di Matteo Vercelloni
INTERNI dicembre 2019 / 15
INside
ARCHITECTURE
in crescita. Una casa che fosse un omaggio a quella preesistente, in termini di sperimentazione materica e di rapporto tra interni e paesaggio, ma che fosse anche in grado di rappresentare una sorta di ‘autoritratto’, secondo la famosa espressione di Curzio Malaparte, che definì la sua villa a Capo Massullo arroccata magicamente su uno scoglio dell’isola di Capri “Casa come me”. Seguendo tale ispirazione, Jameson, avvezzo ad audaci invenzioni compositive, che comprendono riferimenti alle strutture molecolari o a figure non appartenenti in modo canonico al mondo dell’architettura, ha deciso di lasciare spazio alle qualità esperienziali della sua vita trascorsa, cercando di fare seguire la forma ai ricordi
16 / dicembre 2019 INTERNI
Vista del soggiorno a doppia altezza; poltrone e divani di Poul Kjaerholm. Soffitti rivestiti con tavole di acero. I pavimenti di pietra chiara si estendono all’esterno creando una continuità tra ambiente domestico e paesaggio.
emozionali, più che alle funzioni da espletare. Così le memorie della sua infanzia sono emerse come elementi guida del progetto, nello specifico uno stagno scuro vicino alla casa di famiglia, sulla costa orientale del Maryland, è stato tradotto nel rivestimento di parte della nuova facciata in pannelli di acciaio increspato. “Lo stagno era buio, misterioso e oscuro”, ricorda Jameson. “Volevo creare qualcosa in grado di catturare quelle effimere qualità dello specchio d’acqua, e allo stesso tempo il ricordo del vapore e della nebbia che si formavano sullo stagno in particolari momenti della giornata e della notte”. La nuova costruzione si caratterizza così per il trattamento bifronte delle facciate. Verso l’ingresso il fronte
Il fronte interno è caratterizzato da una sovrapposizione di corpi vetrati proiettati verso il bosco. Ai volumi della casa si unisce il padiglione indipendente a due livelli della piscina.
scomposto in due volumi di diversa altezza, raccordati da elementi vetrati, si presenta compatto con l’andamento delle lastre brunite di acciaio sovrapposte, come fossero dei grandi mattoni per formare delle pareti ‘liquide’ e iridescenti. Queste ultime ricordano la superficie di uno stagno, cambiano il loro aspetto secondo le ore del giorno e la luce delle stagioni, riflettendo il paesaggio. Il fronte interno invece – a seguire e chiudere su tre lati la grande piscina affacciata sul bosco, insieme al padiglione indipendente su due livelli complementare alla vasca – si compone di una serie di volumi vetrati sovrapposti, disegnando un’architettura leggera e trasparente che si spinge verso l’esterno, e che
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INside
ARCHITECTURE
La cucina a doppia altezza presenta arredi laccati su disegno e isola operativa di acciaio cerato. In basso, scorcio della scala di metallo brunito che collega interrato, piano terra e primo piano.
proietta la dimensione domestica nella rigogliosa e fitta trama arborea dell’intorno. Il grande soggiorno a doppia altezza ingloba la zona pranzo, affiancandosi alla cucina e a cinque camere da letto del piano superiore. Il legno scuro (sapele, legno africano paragonabile al mogano) è chiamato a ricoprire i pilastri strutturali, mentre il cedro grezzo, che riporta ancora volutamente i segni delle seghe rotanti della lavorazione, è impiegato per rivestire gran parte dei soffitti e alcune pareti interne. Le lastre di pietra chiara creano invece una sorta di riuscita ‘piattaforma di appoggio’ nella formazione dei pavimenti della casa, estesi in modo esplicito alle zone esterne e al bordo piscina. La scala metallica che conduce all’interrato e al piano superiore della zona notte si offre come un nastro materico brunito, un elemento volutamente ‘grezzo’ quale il legno di cedro dei rivestimenti che fanno da contrappunto all’accurata lavorazione del sapele scuro e agli intonaci a marmorino che avvolgono l’ambiente cucina a doppia altezza. Una “casa come me” che Jameson ha battezzato Vapor House, nell’intento di sottolinearne la figura mutevole data dai riflessi di facciata, che alla precisione della logica compositiva ha saputo unire la variabilità data dall’emozione, dalla natura e dalla memoria. ■
18 / dicembre 2019 INTERNI
Il fronte vetrato del piano terreno verso la piscina sottolinea la continuità degli spazi interni. Soffitti e vano scala sono rivestiti con tavole di legno d’acero piano sega, i pilastri sono ricoperti da un involucro di sapele, legno scuro africano.
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INTORNO AL PATIO OTTOMANO Affacciato sul mare di Jaffa, immerso nella luce mediterranea di Tel Aviv, l’appartamento trova la sua emozione domestica nell’incontro e nella convivenza pacifica tra le antiche mura e gli inserti leggeri di uno stile contemporaneo cosmopolita e metropolitano design Avital Shenhav, Pitsou Kedem architect in charge Avital Shenhav lighting design Orly Avron Alkabes foto di Amit Geron testo di Alessandro Rocca
Uno scorcio del mare di Tel Aviv, dal soggiorno, e, nella pagina accanto, il patio, la stanza all’aperto che unisce le due zone dell’appartamento.
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ARCHITECTURE Progetto di PITSOU KEDEM ARCHITECTS
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ARCHITECTURE
La storia si tocca con mano, ed entra a far parte del paesaggio domestico, quando si sceglie di costruire e abitare nel quartiere dell’antico porto di Giaffa, a Tel Aviv, dentro strutture vecchie di trecento anni e modellate con tecniche e materiali radicati nella tradizione dell’architettura ottomana. Ritornano a nuova vita le antiche mura, grazie a un progetto attento che comprende, conserva e trasforma allo stesso tempo; che apre gli spazi alla luce e alla vista del mare e, verso l’interno, converge nell’intimità di un patio, il soggiorno all’aperto, il migliore completamento, da sempre, della casa mediterranea. Volte e archi si susseguono e si accavallano, poggiati su mura massicce, in una architettura densa e frammentata; il progetto, di stile minimale,
22 / dicembre 2019 INTERNI
introduce elementi di fluidità che favoriscono la transizione e la connessione tra gli ambienti. Per Pitsou Kedem, architetto israeliano molto attivo nel campo dell’architettura residenziale e commerciale, la sfida sta nel confrontarsi con immagini, materiali, misure e dimensioni non certo coerenti con gli usi, le abitudini e il comfort moderni. La scelta di Kedem è stata di ridurre la struttura esistente all’essenziale, di metterla a nudo, togliendo ogni rivestimento dalle antiche mura, con il risultato di enfatizzare l’esibizione dei grossi conci di pietra, più o meno rudemente sbozzati e accostati, volti a formare un rustico continuo che si modella plasticamente. È un’azione di disvelamento che trasforma il complicato sistema
A sinistra, il soggiorno, con il divano Ile Club di Piero Lissoni e tavolini della Rabbit & Tortoise Collection, design Studio Juju, entrambi di Living Divani; tappeto Canevas Geo di Gan Rugs, design di Charlotte Lancelot; lampada a stelo Model 1095 di Astep, design di Gino Sarfatti. A destra, il soggiorno e la sala da pranzo con il tavolo Element di Desalto, design di Tokujin Yoshioka; le sedie in rete metallica sono le DKR di Charles e Ray Eames, produzione Vitra; a soffitto, lampadario Kopra Burst, di David Weeks Studio. Nel disegno, la pianta del piano terra.
dei soffitti in un paesaggio aereo, in una calotta uniforme ma spezzata, rocciosa e multiforme, articolata in frammenti architettonici che, spesso, assumono aspetti bizzosi e incomprensibili. Ogni camera, ogni angolo, ogni passaggio diventa un brano spaziale scavato in una unica materia omogenea, dalla stereometria spettacolare e imprevedibile. Kedem ha voluto contrapporre, a questo paesaggio murario così aspro e discontinuo, uno spazio fluido, che scorre da un ambiente all’altro con facilità, valorizzando al massimo le misure, abbastanza contenute, imposte dalla struttura ottomana. La scelta è non mimetica, non c’è imitazione dell’antico ma piuttosto l’invenzione di forme, profili, piani e angoli tesi a guidare lo
sguardo attraverso traiettorie spezzate che ricavano gli ambienti e i collegamenti necessari. E quindi, al di sotto di questo cielo di pietra, così rustico e pesante, l’architetto sviluppa una topografia che ha il carattere opposto, fatta di spazi luminosi sospesi sulla superficie immateriale del pavimento, una gettata continua di cemento lucido e riflettente. Nel contrasto tra antico e moderno, emergono elementi architettonici decontestualizzati; nel soggiorno, l’effetto sorpresa è nell’incrocio inusitato tra due pareti voltate che si uniscono in una forma irregolare e poi nell’apertura di una ampia finestra a forma di vela, ritagliata in una frazione di arco interrotto da un perentorio muro in blocchi di pietra che, probabilmente, è
INTERNI dicembre 2019 / 23
INside
ARCHITECTURE
Scorcio della camera matrimoniale dalla cucina. Le volte e i muri di pietra, dove possibile, sono stati stabilizzati e portati a vista. I pannelli addossati alle pareti, in fogli metallici bianchi e specchi, celano gli impianti elettrici e dell’aria condizionata.
Qui sopra, il passaggio che collega il soggiorno alla cucina; i pavimenti sono in cemento grigio lucidato. A sinistra, veduta del soggiorno e a destra, nel disegno, la sezione attraverso la biblioteca e gli ambienti di soggiorno.
un’interferenza sopraggiunta in un tempo ormai lontano. Nell’ingresso alla camera matrimoniale, invece, un arco a sesto acuto si sfrangia in un capitello che forma un ricciolo asimmetrico, mentre sopra il letto le volte, che qui sono intonacate, sovrappongono frammenti di geometrie contrastanti. Alle spalle della cucina i vecchi muri dispiegano un vero e proprio repertorio di archi, finestre, nicchie e pareti voltate, tutte rigorosamente diverse e disallineate. È un’anarchia, antica e spettacolare, probabilmente prodotta da una stratificazione secolare di interventi e di modifiche scaglionate in epoche diverse e provocate da usi e necessità mutevoli. “Il concetto di base”, spiega Kedem, “è tessere un legame tra l’architettura ottomana e il nostro approccio, che è prettamente contemporaneo, e trovare una connessione tra le tecniche costruttive tradizionali e le tecnologie
INTERNI dicembre 2019 / 25
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ARCHITECTURE
innovative di oggi”. Un proposito che, per esempio, si concretizza nell’inserimento, “nelle originarie aperture ad arco, di porte vetrate, con infissi in bronzo brunito, che ruotano attorno un pivot posto in posizione centrale o laterale”. In questo modo, le porte senza cardini esaltano la contiguità, ma anche la differenza, tra due mondi, l’antico e il contemporaneo, che si sfiorano senza toccarsi. Le ampie porte vetrate sottolineano le geometrie irregolari degli archi e guidano lo scambio tra gli interni e il patio, che divide e collega gli ambienti dell’appartamento: da una parte, il soggiorno, la camera matrimoniale, la cucina con la sala da pranzo; dall’altra, al di là del patio, due camere da letto con bagno. Ed è il problema principale, quello di inserire la tecnologia per un comfort contemporaneo in una struttura così antica, che genera la soluzione più radicale. Secondo l’architetto, “il gesto progettuale più importante è rappresentato da un carter metallico che, dinamicamente, viaggiando attraverso i muri di pietra, contiene tutta l’impiantistica elettrica, l’aria condizionata e nicchie che servono da ripostigli. In certi punti”, continua, “il carter si integra con elementi in legno come le porte, la testiera del letto o i parapetti”. Quindi, l’identità dell’appartamento si compone
26 / dicembre 2019 INTERNI
Una veduta del soggiorno aperto direttamente sul patio, con la libreria ricavata nel muro, il divano Ile Club di Living Divani, un tappeto di Gan Rugs; a terra, lampada Taccia di Flos, design di Achille & Pier Giacomo Castiglioni. A destra, la cucina, di Bulthaup, sormontata dalla luce a binario su disegno di Orly Avron Alkabes; nel patio, tavolo B, disegnato da Konstantin Grcic per Barcelona Design, e sedie Koki di Desalto. Nel disegno in sezione, gli ambienti che si inseriscono nella massa muraria come all’interno di una grotta artificiale.
attraverso l’integrazione di due layer separati dove il nuovo non tocca mai, almeno in apparenza, le vecchie mura secolari e sovrappone all’antico un’altra architettura completamente diversa, tecnologica e dinamica, che, in modo elegante e anche molto funzionale, racchiude tutti gli impianti, una fodera che attrezza lo spazio da vivere e proietta la casa ottomana in una dimensione contemporanea. ■
BrolettoUno è una casa vacanze nel centro storico di Mantova, situata in un edificio del tardo Quattrocento con vista sulla basilica di Sant’Andrea di Leon Battista Alberti, appartenuto a Federico II Gonzaga e impreziosito da una serie di affreschi della scuola di Giulio Romano (nell’immagine piccola a destra). Il progetto è di Archiplan, che ha anche realizzato gli arredi su misura, inclusa la poltrona qui sotto, ispirata a un modello di Le Corbusier.
28 / dicembre 2019 INTERNI
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ARCHITECTURE Progetto di STUDIO ARCHIPLAN
LA CASA DALLE MILLE STORIE Antico e contemporaneo si confrontano in un bed & breakfast a Mantova con vista su Leon Battista Alberti, firmato dallo studio Archiplan. Una tensione continua di elementi opposti, tra affreschi e arredi che ‘parlano’ foto di Davide Galli testo di Paolo Casicci
Ci sono case che evocano storie, altre che semplicemente le raccontano. Di questo secondo gruppo fa parte BrolettoUno, il bed & breakfast nel centro storico di Mantova firmato da Archiplan che qui, in un edificio del tardo Quattrocento appartenuto a Federico II Gonzaga, tra cicli della scuola di Giulio Romano, pitture dell’Ottocento e stratificazioni che arrivano fino agli anni Settanta, ha trovato il punto di sintesi di uno stile che fa dialogare antico e contemporaneo senza, però, voler sciogliere la tensione, al contrario alimentandola. “Il senso del nostro progettare”, spiega Diego Cisi, fondatore di Archiplan con Stefano Gorni Silvestrini, “va colto proprio nei contrasti, nelle relazioni ambigue, nel non voler affermare in maniera chiara da che parte stiamo”. BrolettoUno è una casa vacanze con vista sulla basilica di Sant’Andrea progettata da Leon Battista Alberti, dove l’intuizione di fondo della distribuzione è stata abbattere il tramezzo che divideva il living dalla camera da letto, per generare un ambiente articolato in due parti da un separé in legno e paglia di Vienna. A quest’ultimo è affidato il compito di filtrare lo spazio e scandire la gerarchia tra zona notte e zona giorno. L’ambiente, impreziosito da affreschi
INTERNI dicembre 2019 / 29
questa volta ottocenteschi, è punteggiato di arredi tutti disegnati su misura, che aggiungono ulteriori stratificazioni e arrivano a contemplare l’accostamento a elementi più recenti e non necessariamente di pregio. Un mondo di possibilità che va dalla poltrona realizzata artigianalmente ispirandosi ai disegni di Le Corbusier alla porta del bagno in legno tamburato, vetro stampato e maniglia in alluminio anodizzato, “che il gusto contemporaneo fatica davvero ad accettare, ma che negli anni Settanta aveva un senso e che per questo abbiamo deciso di tenere”, spiega Cisi. “Tentiamo, in sostanza, di avvicinare due mondi, quello del vecchio e quello del nuovo, in un equilibrio in grado di garantire le identità di entrambi. Privilegiamo l’ambiguità e la contraddizione rispetto all’unitarietà stilistica”. In questa dialettica degli opposti, gli arredi giocano un ruolo essenziale. Innanzitutto perché interamente su misura, a partire dal tavolo da pranzo Efelidi firmato dagli stessi architetti per Design Mood e eseguito in multistrato di pioppo placcato bianco a listoni trasversali giuntati a secco: un pezzo che mostra il laminato non nella parte più nobile, ma all’interno, come in una
30 / dicembre 2019 INTERNI
‘poetica del rovescio’ che aggiunge ulteriore ‘conflitto’ alla scena. Su misura anche l’armadio realizzato smontando i vecchi infissi della casa, serramenti con trecento anni di storia rinati a nuova funzione, mentre gli inserti di colore verde che ricorrono alle pareti sono il frutto di una campionatura del ciclo di affreschi della scuola di Giulio Romano fatta in cantiere, inseguendo la sfumatura perfetta, da un artigiano esperto, Giampiero Danzini. Unici pezzi non firmati da
Il progetto di Archiplan è consistito innanzitutto nell’abbattere il tramezzo che divideva la zona giorno da quella notte, definendo così un ambiente unico, che ora un separé in legno e paglia di Vienna articola in un’area per il letto e una zona giorno. In quest’ultima, il divano dai cuscini in feltro contiene un secondo letto.
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ARCHITECTURE
Il tavolo della sala da pranzo è Efelidi, ideato per Design Mood da Archiplan: in multistrato di pioppo placcato bianco a listoni trasversali giuntati a secco, si pone in contrasto con gli affreschi della scuola rinascimentale di Giulio Romano. In alto, un sistema a doghe di legno ingloba il condizionatore.
INTERNI dicembre 2019 / 31
INside
ARCHITECTURE
Il lavabo del bagno è in acciaio inox, disegnato su misura dagli architetti di Archiplan.
32 / dicembre 2019 INTERNI
L’ingresso dell’appartamento con una “X” in legno per spingere e tirare la porta. Il verde delle pareti dialoga con il ciclo pittorico ed è stato ricostruito in cantiere con un lavoro certosino eseguito dall’artigiano Giampiero Danzini. Sotto, la cucina in laminato nero.
Archiplan sono i cubi di illuminazione in calcestruzzo di Davide Groppi, Q, poggiati per terra, e gli elementi in gesso, anch’essi luminosi, di Nicola Pianori. “Qui gli arredi”, spiega Cisi, “compongono una sorta di bestiario: caratteri ora scorbutici ora raffinati che vogliono instaurare relazioni ibride con lo spazio”. Per esempio, su disegno è anche il lavabo in inox del bagno con un portascopino in cemento e ottone, sempre di Archiplan per Ever Life Design, premiato nel 2008 con il German Design Award, quasi un oggetto ‘parlante’, che rivendica la sua collocazione nell’ambiente più intimo della casa. Da Archiplan definiscono il loro un approccio all’architettura di tipo letterario: “Cerchiamo di trovare in ogni progetto questioni e temi in grado di renderlo comunicabile a prescindere dagli esiti formali”. Una casa con una storia, insomma. E che ha il piacere di raccontarla. ■
INTERNI dicembre 2019 / 33
il disegno dell’edificio a piani sovrapposti sfalsati e ruotati è valorizzato dalla sua pelle architettonica esterna, ritmata dall’alternanza di tamponamenti in alluminio e in vetro. Nella pagina a fianco, vista d’insieme notturna del nuovo complesso che si insedia lungo il corso orientale del fiume Neckar.
EXPERIMENTA
A Heilbronn, in Germania, l’ampliamento dello Science Center si declina in una seducente toolbox architettonica, ludica e tecnica, firmata dallo studio Sauerbruch Hutton progettisti Matthias Sauerbruch, Louisa Hutton, Juan Lucas Young project manager Andrew Kiel, Peter Apel foto di Roland Halbe testo di Antonella Boisi
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ARCHITECTURE Progetto di SAUERBRUCH HUTTON
“Soltanto le stagioni contano, e le stagioni sono quelle che ti hanno fatto le ossa, che hai mangiato quand’eri ragazzo”, ricorda Cesare Pavese ne La luna e i falò. Il polo di ricerca e divulgazione scientifica Experimenta di Heilbronn, nella Germania del Sud, è nato nel 2009 grazie a una partnership tra la municipalità tedesca e la Fondazione Dieter Schwarz dentro un massiccio fabbricato ristrutturato in klinker, costruito nel 1936 come magazzino sulla Kranen Insel. Nel 2013 lo studio berlinese Sauerbruch Hutton ha vinto il concorso internazionale per il suo ampliamento, realizzato tra il 2015 e il 2019. Operazione riuscita: sono cambiate le stagioni di questo luogo che accoglie ora le scintille di una nuova vitalità, le meraviglie di una scienza in grado di avvicinare in modo friendly, giovane e stimolante anche chi non è più un ragazzo. In sostanza, nuovi 17.720 metri quadrati dilatano le possibilità per i visitatori di interagire ed eseguire esperimenti grazie a un apparato di oltre 275 installazioni in un complesso di circa 25.000 metri quadrati. Il nuovo edificio ideato da Sauerbruch Hutton ha un’architettura particolare e si relaziona al preesistente, dopo aver superato un piccolo ponte di approdo, tramite una piazzetta condivisa e con un collegamento a livello sotterraneo, che accoglie aree espositive speciali e locali tecnici. Di segno scultoreo, insolitamente priva dei marcati cromatismi
Uno dei box centrali di vetro traslucido che accoglie i laboratori sperimentali, circondato dalle aree espositive tematiche. Sistema di sedute su disegno di Sauerbruch Hutton. Nel disegno, sezione trasversale del nuovo edifiico: sulla destra si nota la cupola della Science Dome che si sviluppa su due livelli, di cui uno interrato. Sopra a sinistra, una ripresa aerea dell’insediamento-isola dello Science Center Experimenta.
36 / dicembre 2019 INTERNI
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ARCHITECTURE Gli spazi espositivi tematici sono racchiusi in volumi connotati dall’uniforme colore rosso esterno. La loro composizione sui differenti livelli dialoga percettivamente in modo dinamico e ininterrotto con il sistema elicoidale dei percorsi di collegamento verticali: in questa immagine, una vista dall’alto.
Due gallerie tematiche dedicate a I mondi della scoperta. I contenuti in mostra, tra oggetti, apparati di ultima generazione ed effetti speciali, rendono possibile una interazione diretta e esperienziale con i visitatori.
linguistici in facciata tipici di Sauerbruch Hutton, l’architettura si articola e si sviluppa per cinque piani fuori terra, ciascuno ruotato di qualche grado rispetto al sottostante. Il piano terra, dove si trova il foyer d’ingresso, è il regno della Science Dome, un grande spazio declinato come auditorium, teatro, cinema e planetario sotto la cupola autoportante in alluminio di 21,5 metri di diametro. I quattro livelli superiori, sfalsati, sono dedicati invece per metà a spazio espositivo tematico e per metà ai percorsi di circolazione verticale sviluppati con un dinamico andamento elicoidale. La complessa tecnica costruttiva dell’edificio ha consentito di ottenere planimetrie dalla spazialità il più possibile libera e ininterrotta. Questo fatto ha prodotto una ricchezza percettiva di scorci, prospettive, visuali, dilatazioni e contrazioni, scritte nella grammatica di gallerie tematiche (connotate da un acceso e uniforme colore rosso), percorsi di collegamento e laboratori sperimentali. Questi ultimi sono contenuti all’interno di prismi di vetro opalescente, gravitanti, come impilati, nel vuoto
38 / dicembre 2019 INTERNI
Vista della cupola in alluminio della Science Dome, il grandissimo spazio sviluppato su due livelli (piano terra e interrato) declinato come auditorium, teatro, cinema a 360 gradi e planetario, con 150 posti a sedere. Sul fondo, una zona del ristorante al piano terra. Nei disegni, a destra, la pianta del piano interrato, in basso, quella del secondo piano.
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ARCHITECTURE
centrale a tutt’altezza, dove disegnano un’avvolgente forma a ferro di cavallo. Effetti speciali integrati quali cortine d’acqua e spettacolari scariche elettriche amplificano l’esperienza immersiva proposta dal luogo, che ha un valore percepibile anche nell’opacità e nella trasparenza delle facciate, ritmate da tamponamenti alternati in alluminio e in vetro per potenziare dimensioni introverse (congeniali alla concentrazione sui contenuti in mostra) ed estroverse (ad abbracciare le vedute panoramiche). In questo senso, il piano della copertura-terrazza, insieme all’osservatorio astronomico e a un auditorium, è quello che regala le viste belvedere migliori: sulla Valle del Neckar, il corso orientale del fiume e la campagna ricoperta di vigneti – il rurale contesto paesaggistico di riferimento e insediamento di Experimenta. ■
INTERNI dicembre 2019 / 39
INside
ARCHITECTURE Progetto di MIRALLES TAGLIABUE EMBT (ARCHITETTURA) + PATRICIA URQUIOLA STUDIO (INTERIOR DESIGN)
KÁLIDA SANT PAU
A Barcellona, due donne italo-spagnole, Benedetta Tagliabue e Patricia Urquiola, collaborano al disegno di un centro di sostegno ai malati oncologici che si integra nel complesso ospedaliero progettato agli inizi del XX secolo da Lluís Domènech i Montaner, maestro del modernismo catalano foto di Duccio Malagamba testo di Antonella Boisi
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La ceramica policroma smaltata della copertura e le facciate realizzate in mattoni ed elementi ceramici di forma e colore differenti enfatizzano la forma dell’architettura progettata da Benedetta Tagliabue nel complesso dell’ospedale art nouveau realizzato da Lluís Domènech i Montaner agli inizi del XX secolo. Tutto si ispira alla reinterpretazione dell’apparato decorativo floreale degli edifici storici. Sotto, una rappresentazione grafica.
Metti uno studio spagnolo di architettura blasonato come Miralles Tagliabue EMBT guidato dall’italiana Benedetta Tagliabue (dopo la prematura scomparsa nel 2000 di Enric Miralles); aggiungi uno studio italiano di design altrettanto rinomato, come quello della spagnola Patricia Urquiola, e ottieni uno dei progetti più belli (perché buoni) al femminile, realizzati di recente: il Centro Kálida Sant Pau di Barcellona firmato nell’architettura e nel landscape design dall’italiana Tagliabue e nell’interior design dalla spagnola Urquiola. C’è infatti molta bellezza come cura dell’anima e impegno a favore degli altri in questo
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centro destinato a offrire sostegno morale ai malati oncologici e ai loro famigliari. Nella consapevolezza che l’architettura, dopo quella organica e gli abiti indossati, sia una sorta di terza pelle modellata sulla vita che si svolge al suo interno e può avere un potere terapeutico di benessere. Ecco allora che il Centro Kálida si presenta come una dimora accogliente, dall’atmosfera calda e serena, dove sentirsi a casa circondati da cose belle, per poter affrontare al meglio un momento difficile della vita. Una casa che si traduce in un piccolo padiglionegiardino all’interno del complesso art nouveau dell’Ospedale Sant Pau di Barcellona, progettato
La dimensione outdoor del centro, declinata nella composizione di giardini, patii e pergolati, è parte integrante del progetto di Tagliabue, che ha dedicato allo studio del landscape una grande attenzione per il benessere e la cura degli ospiti.
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agli inizi del XX secolo dall’architetto Lluís Domènech i Montaner, maestro del modernismo catalano, e iscritto nella lista Unesco dei beni patrimonio mondiale dell’umanità. Si tratta di una micro-città composta da un grappolo di padiglioni, strade interne, chiesa e convento. Qui, il pavilion del nuovo millennio si estende, con le sue forme organiche, su una superficie di 400 metri quadrati all’interno dell’esteso parco che è parte integrante della struttura ospedaliera, con nuove calibrate zone verdi di innesto e connessione tra i fabbricati e il tessuto urbano. Si sviluppa su due livelli
assecondando la conformazione del terreno, con una planimetria esagonale che ha guidato l’articolazione degli spazi in base alle diverse attività ospitate. Il piano terra, aperto verso il giardino, contiene tutti gli ambienti comuni che ruotano intorno a una sala da pranzo centrale a doppia altezza, separata in modo flessibile, grazie a porte scorrevoli, dall’ingresso, dalla cucina, da una piccola biblioteca e da una sala polivalente, dove si svolgono gli incontri con gli psicologi, i corsi per la gestione dello stress, i laboratori artistici o di scrittura creativa. Fuori, in giardino, un percorso
In alto a destra, la pianta del piano terra. Qui accanto, una zona di sosta e relax organizzata lungo le vetrate-quadro perimetrali, a tutt’altezza, in connessione diretta con il giardino e con la calda luce di Barcellona. Pouf della Mangas Space collection di Gan-Rugs, tavolini e poltroncina, sulla destra, di Kettal.
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dal pattern decorativo mette in connessione diretta il centro con il reparto oncologico dell’ospedale, mentre una sequenza di patii, pergolati e isole di vegetazione ad altezza variabile assicura la privacy degli ospiti e le viste più apprezzabili della natura. Al piano superiore le camere private si distribuiscono intorno allo spazio centrale a doppia altezza del soggiorno e hanno grandi finestre belvedere sul verde che recuperano anche il dialogo visivo con le storiche costruzioni liberty del Sant Pau. Dai livelli superiori di quest’ultimo, il Centro Kálida si rende riconoscibile grazie alla sua superficie di copertura in ceramiche verdi smaltate ispirate ai motivi floreali e alla memoria art nouveau del luogo. Come il tetto, anche le facciate dell’edificio declinano una composizione di pareti verticali in mattoni che integrano figurazioni in ceramica smaltata, mutevoli nei colori e nelle geometrie. Sono raffinate policromie materiche che si interrompono in corrispondenza delle vetratequadro sul giardino (dagli articolati infissi lignei), per consentire alla luce di diffondersi in modo fluido negli spazi interni. In ciascun ambiente le soluzioni d’arredo messe a punto da Patricia Urquiola con il suo studio privilegiano nei materiali e nei colori la ricerca di una medesima vena fluida di naturalità e benessere. Con la sua regia, aziende leader del made in Italy quali Arlex, Cappellini, Flos, Listone Giordano, Moroso e Mutina hanno donato mobili, oggetti di design e rivestimenti selezionati ad hoc. Dietro alla realizzazione del Centro Kálida Sant Pau, che è completamente gratuito, ci sono infatti fondazioni private e una rete di donatori e volontari, compresi i medici. Non a caso: il Centro appartiene alla rete dei Maggie’s Centres, intitolati a Maggie Keswick Jencks, defunta moglie del critico di architettura Charles Jencks, nel Regno Unito già progettati, tra gli altri, da Norman Foster, Zaha Hadid, OMA, Steven Holl. Come dire: quando la bellezza estetica, della solidarietà e dello stare insieme in spazi accoglienti e confortevoli, celano l’anima buona delle cose. ■ La sala da pranzo con la cucina, nella pagina a fianco, è il cuore della ‘casa’ su cui gravitano tutti gli ambienti, dalle stanze private del primo piano alle zone lettura e polifunzionali. Nell’interior design, Patricia Urquiola ha privilegiato elementi dalle linee curve, smussate e tonalità morbide, naturali. Listone Giordano ha donato il parquet Biscuit Natural Genius ideato proprio da Urquiola. Tra le altre donazionicollaborazioni: American Hardwood Export Council (AHEC), Andreu World, Bulthaup, Cappellini, Flos, Kettal, Kvadrat, Marset, Moroso, Mutina, Roca, Santa y Cole, Viccarbe.
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All’interno del Kistefos Sculpture Park, a Jevnaker in Norvegia, nelle foreste a nord di Oslo, un ponte pedonale pensato come spazio espositivo e come oggetto architettonico scultoreo concorre ad arricchire il più grande museo di scultura en plein air del Nord Europa foto di Laurian-Ghinitoiu, courtesy by BIG testo di Matteo Vercelloni
THE TWIST Inaugurato nel 1999, il Kistefos Sculpture Park, che annumera oggi quarantasei sculture distribuite nel paesaggio, si estende nel bosco intorno a un’antica cartiera sull’ansa del fiume Randselva. In questo paesaggio naturale dal forte impatto, sotto gli alberi e nelle radure, lungo le sponde del fiume, all’interno dell’antico mulino in mattoni della cartiera, sono distribuite le sculture di artisti norvegesi e internazionali tra cui Anish Kapoor e Olafur Eliasson, Fernando Botero e Elmgreen & Dragset, Fabrizio Plessi e Tony Cragg, solo per citarne alcuni. Il parco-museo aveva un solo passaggio che permetteva l’attraversamento
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da una sponda all’altra del fiume e il concorso per un ponte pedonale aggiuntivo, vinto dallo studio BIG con il suo primo progetto in Norvegia, ha consentito la realizzazione di un migliore accesso al Parco espositivo e di un più comodo percorso di visita. La soluzione è stata quella di un ponte chiuso su tutti i lati con accessi sulle due testate, un’opera che alla funzione dell’attraversamento unisce quella espositiva e di ristoro, accogliendo al suo interno una caffetteria, servizi igienici e diverse configurazioni di spazi espositivi. Allo stesso tempo la soluzione compositiva di un’ideale trave a sezione rettangolare che si torce
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ARCHITECTURE Progetto di BIG – BJARKE INGELS, DAVID ZAHLE con EVA SEO-ANDERSEN e MIKKEL MARCKER STUBGAARD
Il Twist, il ponte espositivo progettato dallo studio BIG in Norvegia, con la vetrata illuminata che si affaccia sul lato nord. Sotto, vista a volo d’uccello del Twist, perfettamente inserito nel paesaggio della foresta di Jevnaker. Accanto, vista dell’esterno dalla vetrata dello spazio espositivo ‘orizzontale’. Nella pagina a fianco, diagramma del percorso di accessibilità del Kistefos Sculpture Park.
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di 90° in mezzeria assume valori scultorei, sommandosi in chiave infrastrutturale alle silenziose opere del Parco. Come racconta Bjarke Ingels, “siamo rimasti affascinati dal drammatico paesaggio di Kistefos: il fiume tortuoso, le rive boscose, il terreno scosceso e ripido. Il nostro progetto per il Twist offre un secondo ponte all’interno del Parco delle sculture, formando un anello continuo attraverso le due sponde del fiume. Il ponte abitato rappresenta la nostra prima sperimentazione sul tema dell’infrastruttura sociale: un edificio che funge da ponte o un’istituzione culturale che funge da infrastruttura”. La soluzione della torsione compositiva di un corpo geometrico semplice ha conosciuto in architettura varie sperimentazioni, tra le quali occorre ricordare il collegamento sospeso (Bridge of Aspiration, 2003) tra la Royal Opera House e la Royal Ballet School a Londra disegnato da Wilkinson Eyre; ma se in quel caso il twirl architettonico univa due edifici, qui, nelle fredde foreste norvegesi di Jevnaker, il Twist unisce due brani di territorio ponendosi come artefatto antropico emergente per figura e funzione. La forma geometrica di riferimento, la trave ideale che costituisce l’edificio, si pone come un percorso ininterrotto che scavalca il fiume e diventa parte del paesaggio che l’accoglie. Questo si offre alla vista dalla vetrata continua sul lato nord – rivolta verso l’antica cartiera – che segue il movimento di torsione a 90° e diventa una sorta di lucernario posto in posizione centrale. La variazione volumetrica consente al ponte abitabile di connettersi alle diverse quote delle sponde: più bassa per l’entrata verticale e l’estremità opposta, leggermente più elevata per l’accesso vetrato orizzontale. La geometria a doppia curva della costruzione è composta da una serie di pannelli di alluminio larghi 40 centimetri, disposti in
parallelo e in modo indipendente così da assecondare la rotazione, come se fosse una pila di libri accatastati che slittano in un movimento a ventaglio. La stessa soluzione è ripetuta all’interno, dove una sequenza di listelli di abete di soli otto centimetri, verniciati di bianco e posti affiancati, seguono in modo plastico la torsione del suggestivo e avvolgente volume unitario, bianco come l’involucro esterno. Lo spazio percorribile si propone come una successione ininterrotta di tre ambienti ‘distinti’. La prima parte del ponte abitabile si presenta come una galleria illuminata da luce naturale con vista panoramica verso nord e una parete cieca su cui accogliere le opere esposte; l’ambiente espositivo all’estremità opposta mostra le stesse proporzioni della galleria, ma ruotate di 90°. Così la dimensione in pianta del primo spazio diventa l’altezza del secondo e l’altezza del primo si trasforma in larghezza orizzontale della galleria ‘verticale’, priva di aperture e illuminata da luce artificiale. Nel mezzo, quale snodo di connessione e cerniera scultorea, si pone lo spazio oggetto della torsione volto a unire i due ambienti espositivi che si confrontano, secondo la filosofia progettuale del Twist di riferimento. ■
Alcuni scorci dell’interno rivestito con listelli di abete larghi otto centimetri. Qui sopra, nella foto piccola, l’accesso allo spazio centrale del Twist. A destra, vista verso la galleria ‘verticale’ illuminata da luce artificiale. A sinistra, particolare della torsione nel fronte esterno. Sotto, diagramma esplicativo e concettuale della torsione della trave orizzontale e dell’unione delle tipologie dell’edificio-museo, dell’infrastruttura-ponte e dell’arte-scultura, che danno vita nella loro sinergia e sintesi al progetto del Twist.
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BAUHAUS ITALIANO
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Progettista eclettico e anticipatorio, eppure poco conosciuto, Ivo Pannaggi può essere considerato l’unico esponente nostrano della celebre scuola tedesca. Dai mobili in tubolare metallico a quelli in legno di Macassar, espressione di un’idea di lusso privo di ornamenti, le sue creazioni raccontano in versione tricolore la lezione di Mies van der Rohe e delle avanguardie artistiche del Novecento di Domitilla Dardi
Pagina accanto, Il costruttore, 1926, olio su tela. Quest’opera, originariamente collocata nella Sala per radioaudizioni di Casa Zampini, rivela il riflesso delle avanguardie storiche con le quali Ivo Pannaggi entrò in contatto: Futurismo italiano, Costruttivismo russo e l’Astrattismo mediato dalle frequentazioni al Bauhaus.
Sotto, Natura morta - Derivazione plastica da bottiglia + bicchiere e ambiente, 1925. Si tratta di una scultura su pietra serena, pensata per la cosiddetta Camerapranzo di Casa Zampini. In basso, Scrittoio, 1936. Il mobile venne realizzato per la Casa Benigni a Padova in legno macassar, un’essenza inconsueta già utilizzata nella Casa Tugendhat a Brno da Mies van der Rohe, maestro di cui Pannaggi era grande ammiratore e che aveva conosciuto nel ruolo di direttore del Bauhaus nell’ultimo periodo della scuola.
Il centenario del Bauhaus ha portato a diverse riletture di cosa la scuola tedesca abbia significato e continui a rappresentare per la cultura del progetto. Molte sono state le riscoperte, come quella di figure femminili quali Anni Albers, relegata a ruoli di co-protagonista negli anni della scuola sebbene sia stata testimone e attrice fondamentale di una ricerca su materiali e tecniche oggi di grande interesse. In Italia l’eco del movimento bauhausiano è senz’altro confluita nella più ampia affermazione di un concetto di modernità che si sovrappone senza sbavature al movimento razionalista internazionale, di cui il nostro Paese avrà i suoi epigoni. Ma, se andiamo a ricercare una testimonianza diretta, la sola voce che riemerge è quella di un personaggio fuori dall’ordinario e dalle correnti istituzionali quale Ivo Pannaggi. Maceratese di nascita, Pannaggi è stato l’unico autore italiano ad avere avuto contatti personali con le grandi avanguardie storiche del Novecento, frequentando i Futuristi italiani, i Costruttivisti russi e la stessa scuola del Bauhaus di Dessau. Raggiunta da poco la maggiore età, egli si trasferisce a Roma dove entra nella cerchia di Bragaglia e si fa apprezzare sia da Marinetti che da Balla (scriverà anche il Manifesto dell’arte meccanica futurista con Vinicio Paladini nel 1922). A partire dal 1924 inizia una stretta corrispondenza con Walter Gropius, durata per una diecina di anni; nella sua prima lettera confida al progettista tedesco la volontà di scrivere un articolo sulla scuola da lui diretta e l’intenzione di seguire un corso di studio. Nel 1925 si presenterà per la prima volta da lui a Dessau, poi tornerà al Bauhaus in altre occasioni
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Sotto, a sinistra, Salottino Casa B (Macerata), 1933. L’arredo è connotato dalla parete in macassar con ribaltina bar e completato da una sedia e da un tavolo di Mies van der Rohe della collezione MR. La parete è un chiaro omaggio a quella della Casa Tugendhat, dove Mies aveva utilizzato le venature tipiche dell’essenza in andamento verticale, mentre Pannaggi ne preferisce qui il senso orizzontale. Al centro, Salottino Casa B, 1933. La sobrietà del progetto degli interni si evidenzia anche nella scelta degli arredi: quelli progettati dallo stesso Pannaggi, come il divano e la fioriera in macassar, ma anche quelli da lui selezionati, come le sedie della serie MR di Mies van der Rohe e le tende di derivazione Bauhaus. A destra, Anticamera Casa B, 1933.
fino a iscriversi nel semestre invernale del 1932, frequentando le lezioni fino alla chiusura nel ’33. Pannaggi viene accettato come studente anche grazie a una certa notorietà acquisita con gli interni di Casa Zampini a Esanatoglia, in provincia di Macerata. Si tratta di una ristrutturazione che fonde le influenze futuriste, neoplastiche e costruttiviste di quegli anni, dimostrando come le avanguardie, da una prospettiva più allargata, abbiano tutte contribuito in senso lato alla definizione di Modernismo recepita dagli autori più attenti al panorama internazionale. A Casa Zampini “nessun incrostamento decorativo: la forma, geometricamente esatta, si completa plasticamente”, come dirà egli stesso. Ma se questo interno è la
prova di un’attenta osservazione del crogiuolo d’influenze internazionali delle avanguardie, che attecchiscono anche dentro il primo Bauhaus di Gropius, il suo esame di maturità progettuale si esplicita nella Casa Benigni, evidentemente elaborata sotto l’influenza dell’ultimo Bauhaus, quello diretto da Mies van der Rohe negli anni della crisi, fino al trasferimento da Dessau a Berlino e alla chiusura per mano nazista. Il semestre di studio ufficiale alla scuola nel 1932 sotto l’aura di Mies, unitamente alla frequentazione amicale degli anni precedenti con gli altri protagonisti, lascia tracce indelebili in questo interno, che a tutti gli effetti può essere considerato l’unico in Italia a essere stato progettato sotto il diretto insegnamento della scuola tedesca.
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In quella che chiamava Casa B – realizzata per la sorella Eura Benigni nel 1933, appena rientrato da Berlino – Pannaggi introduce il mobile in tubolare metallico, che aveva rapito la sua attenzione sin da quando nel 1926 aveva acquistato, durante una visita al neo inaugurato Bauhaus di Dessau, uno dei pezzi di Breuer. C’è da immaginare che si sia trattato di uno dei primi esemplari importati in Italia di quella tendenza a usare il tubolare metallico che, sorretta dal movimento razionalista, avrebbe invaso di modernità gli interni di mezzo mondo. Riprova di questo entusiasmo sono anche gli articoli che Pannaggi scrisse in quegli anni come corrispondente italiano in Germania di La Casa Bella, Domus, Edilizia Moderna. Senz’altro questa posizione nella stampa lo agevolò nella frequentazione, oltre che di Gropius, anche di Breuer, Feininger, Itten, Schlemmer, Klee, Kandinski, Moholy-Nagy, Albers. Ma la traccia progettuale più forte è senz’altro quella di Mies van der Rohe e Lilly Reich. In Casa Benigni l’omaggio al capolavoro di Casa Tugendhat a Brno è ben evidente. Innanzitutto nella scelta non banale del legno di Macassar, che Mies aveva trattato a venatura verticale, mentre Pannaggi riprende in orizzontale. La curva lignea del maestro tedesco viene qui onorata da una parete con porta e anta ribaltabile che cela un angolo/mobile bar. Lo stesso mobilio, realizzato ad hoc, è nella stessa essenza e rivela le linee di una sobrietà elegante che coniuga l’ambizione a una nuova idea di lusso, ottenuta per eliminazione del decoro superfluo ed esaltazione dei materiali nobili. In macassar vengono realizzati anche il divano a tre posti, uno scrittoio, un tavolino e una fioriera per cactus – pianta amata da Gropius e inserita spesso nelle sue architetture d’interni. A completamento del tutto sono diversi elementi che Pannaggi fa arrivare direttamente dalla Germania: maniglie, tendaggi, tavoli e sedie. Le conoscenze impostate negli anni del Bauhaus portarono Pannaggi ad altre frequentazioni internazionali. Oltre che in America – dove anche molti dei suoi docenti e amici della scuola si erano trasferiti per allontanarsi dall’Europa filo-nazista – egli passerà molti anni in Norvegia con ripetuti viaggi verso la Lapponia, iniziando una tendenza di riscoperta delle origini autoctone e artigianali dell’oggetto d’uso che sarà seguita da molti maestri scandinavi. Una vita davvero votata all’apertura mentale e alle sollecitazioni dei maggiori protagonisti della storia progettuale del XX secolo. Anche per questo, oggi, dopo i recenti terremoti nelle Marche, i mobili e gli interni di Pannaggi attendono una meritevole rivalutazione critica e conservativa. ■
Accanto, Cassettiera della Camerapranzo di Casa Zampini (Esanatoglia, Macerata), 1925-’26. Sotto a sinistra, Anticamera di Casa Zampini, 1925-’26. A destra, Camerapranzo di Casa Zampini, 1925-’26. Gli interni sono una sintesi delle influenze esercitate su Pannaggi dalle avanguardie storiche, visibili nella distribuzione spaziale e ancora più evidenti nel design degli arredi.
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A destra, Rolf Fehlbaum proprietario di Vitra e collezionista di sedute. L’immagine è tratta dal film Chair Times, proiettato all’ultima edizione del Milano Design Film Festival, ottobre 2019. A sinistra, gli oggetti che Marialaura Rossiello Irvine raccoglie ed espone nel suo studio.
STORIE DI GRUPPO Mentre grazie alla rete la passione per il collezionismo dilaga, il mondo del progetto porta sulla scena le raccolte tipologiche. Per ricreare un legame tra persone e oggetti e mostrare che il design – quello che dura e conta, che sia firmato o meno – nasce dalla conoscenza e dall’amore per le cose e per chi le usa di Laura Traldi
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“Il collezionismo è una condizione psicologica: quella di una persona che cerca qualcosa che ha perduto e che non ritroverà mai per davvero”. Così Rolf Fehlbaum, patron di Vitra, ha spiegato ad Alice Rawsthorn – guest curator del Milano Design Film Festival 2019 – la sua passione per la raccolta e catalogazione degli oggetti. Nel suo caso, le sedie: al Vitra Design Museum ne ha 20mila, raccontate nel film “Chair Times”. Le persone affette dalla “condizione psicologica” citata da Fehlbaum sono tantissime e la rete ha fatto diventare il collezionismo – soprattutto quello “minore”, quindi incentrato su oggetti non “di valore” - un fenomeno diffusissimo anche perché supportato da strumenti preziosi: un motore di ricerca dedicato (Barnebys), un magazine (CollectorsWeekly), numerose aste online e il colto, a tratti filosofeggiante, blog “Collezione da Tiffany” (made in Italy). Una parte di questo universo è abitato da designer e architetti, una categoria da sempre sensibile all’argomento. Lo dimostrano illustri esempi storici, da Le Corbusier agli Eames (che filmavano le loro raccolte di oggetti, come quella delle trottole). Per arrivare, in Italia, ad Achille Castiglioni. Il maestro,
Sotto, la sezione delle finestre in “Elements of Architecture”, la mostra che analizzava gli elementi di base del linguaggio architettonico proposta da OMA alla 14a Biennale di Architettura di Venezia curata da Rem Koolhaas (2014).
spiega la figlia Giovanna che gestisce la Fondazione, “collezionava oggetti anonimi per il piacere personale di tenere vicino a sé cose che gli parlavano. Poi però li utilizzava come strumenti pratici per portare esempi durante le sue lezioni al Politecnico o per ispirazione: li osservava in attesa che si trasformassero in spunti per arrivare ad altro. Da una matita una posata Alessi, da un sedile da mungitore una seduta per Zanotta, da un bicchiere una lampada per Flos…”. Di fianco a questa modalità ne sono poi sorte altre. “Ho fissazioni tipologiche”, dice Odo Fioravanti, che colleziona oggetti da quando andava all’università e che ne ha (“per stima molto approssimativa”) circa duemila. “Per esempio i timer da cucina o le sedie pieghevoli. O i prodotti di una certa azienda (come Braun o Tupperware). O alcune linee di prodotti (come gli oggetti in legno di Sottsass per Twergi)”. È proprio questa tematica – della tipologia ragionata – che sta venendo alla ribalta da qualche anno con mostre, libri e studi. Con un ruolo importante. Perché attraverso l’esposizione e il racconto la collezione del designer diventa un modo per fornire nuovi sguardi sul progetto e attirare un pubblico più ampio. La mostra
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tipologica infatti (se ben ordinata, esposta e didascalizzata) invia messaggi chiari sulle cose, permette un avvicinamento altrimenti impensabile da parte dei non addetti al lavori, racconta storie capaci di esprimere quel legame affettivo grazie al quale poter apprezzare davvero gli oggetti. E quindi il progetto (cosciente o meno, firmato o anonimo) che ci sta dietro. La prima manifestazione di questo approccio è stata la Biennale di Architettura di Venezia curata da Rem Koolhaas (2014), che ha proposto “un’analisi al microscopio degli elementi fondamentali dei nostri edifici: pavimenti, pareti, soffitti, tetti, porte, finestre, facciate, balconi, corridoi, camini, servizi, scale, scale mobili, ascensori, rampe”. Un ‘catalogo della conoscenza’ da cui emergeva anche una critica verso la ‘leggerezza’ di tanta architettura contemporanea rispetto a più ‘solidi’ esempi storici. Da allora, una serie di piccole ma significative mostre sono nate da collezioni di oggetti senza pretese ma di grande valore antropologico. ‘Esercizi’ che, tra le righe, raccontavano la grande attenzione dei designer per le cose ma soprattutto per le persone che le usano. È fertile, in questo
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senso, Giulio Iacchetti, che nel 2015 mette in scena le razioni alimentari dei soldati, nel 2017 le mollette per il bucato (entrambe alla Triennale) e nel 2019 le caffettiere dei Maestri. Queste ultime, esposte al Lavazza Flagship di Milano fino al 3 novembre scorso, proponevano un’interpretazione della storia della moka, identificando nel 1979 l’anno spartiacque in cui l’oggetto più popolare in Italia si trasforma da semplice attrezzo casalingo in terreno di esplorazione per i progettisti. Si muove su questa linea anche Collections Typologie, studio di design e casa editrice francese che pubblica libri di oggetti raccontati nel loro
Sopra, da sinistra: alcuni dei circa duemila oggetti che Odoardo Fioravanti colleziona ed espone nel suo studio di Milano; un dettaglio di “U-Joints”, la mostra a cura di Andrea Caputo e Anniina Koivu (Milano, 2018, Losanna, 2019) che analizzava il tema del giunto attraverso esperimenti, prototipi e prodotti di 50 designer. In basso, “The wine bottle and the cork stopper”, di Collection Typologie: la collezione, che è anche raccontata in un libro, sarà al Vitra Design Museum fino a maggio 2020.
In alto a destra, il poster della mostra sulle mollette da bucato proposta da Giulio Iacchetti con Elisa Testori e Paolo Garberoglio alla Triennale di Milano nel 2017. Qui sopra, Iacchetti in occasione della mostra “Le Caffettiere dei Maestri” allestita lo scorso ottobre al Flagship store Lavazza di Milano.
divenire storico. Il primo, nel 2017, era dedicato alle bocce. Gli altri, del 2019, sulla bottiglia di vino e il tappo di sughero, hanno dato vita a due mostre, presentate al FuoriSalone lo scorso aprile, al London Design Festival a settembre (nello shop di Jasper Morrison) e al Vitra Design Museum fino al 31 maggio 2020. Attualmente è in lavorazione uno studio sulle cassette di legno. “Analizziamo oggetti che usiamo ogni giorno e fanno parte della nostra cultura, che conosciamo intimamente ma rispetto a cui non abbiamo distanza critica”, spiega Raphaël Daufresne (co-fondatore con Guillaume Bloget, Thélonious Goupil e Guillaume Jandin di Collections Typologie). “Cerchiamo di capire il motivo per cui hanno una determinata forma e perché si sono grandemente diffusi nel quotidiano. Per tutti gli oggetti che abbiamo studiato abbiamo scoperto una storia molto lunga e un articolato sfondo antropologico. Perché per evolversi e raffinarsi e per raggiungere perfezione ed efficienza, la forma di un oggetto ha bisogno di tempo”.
L’evoluzione e l’interpretazione di un oggetto sono state argomento anche di “U-Joints”, a cura di Andrea Caputo e Anniina Koivu (riesposta qualche mese fa a l’Ecal dopo la presentazione al FuoriSalone 2018), che studiava il tema del giunto attraverso esperimenti, prototipi e realizzazioni di 50 designer. “Credo che le mostre debbano raccontare una storia, rivelare un dettaglio sconosciuto o dimenticato o semplicemente aiutare a guardare il design da un’altra prospettiva”, spiega Koivu. “Riorganizzare gli oggetti di design sotto nuovi ombrelli, sia che si tratti di una tipologia, di una focalizzazione sulle articolazioni, di una tassonomia, di un momento specifico nel tempo: sono modi per ricordarci che c’è molto di più da progettare rispetto alla forma e alla funzionalità di un oggetto”. In un momento storico in cui il più grande rischio per la professione è il dilagare del decorativismo a discapito delle innovazioni tipologiche, questo è un messaggio forte e significativo, per tornare concretamente a fare ‘cultura del design’. E per allargarne potenzialmente la portata oltre gli ambiti dei professionisti e degli appassionati grazie a strumenti comunicativi chiari e immediati. ■
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La seduta in frassino Velo //1, di Jan Waterston, ottimizza il precedente modello Velo mediante l’eliminazione delle giunzioni. Foto Matthew Watkins
LA LINEA MORBIDA L’esigenza di individuare una terza via che superi la dicotomia tra natura e artificio dà vita a oggetti dalla forma razionale ma fluida di Stefano Caggiano
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La storia del design può essere vista come una moltiplicazione di linguaggi che si intrecciano in vario modo, una marea di fiumi che, scendendo dal periodo delle origini (nella seconda metà dell’Ottocento), attraversa il Novecento fino a giungere al XXI secolo, modellando lungo il percorso ipotesi formali che spaziano dalle più strutturate alle più amorfe. Le architetture di prodotto razionaliste da un lato e i corpi organici dall’altro rappresentano in tal senso gli estremi tra cui si apre il ventaglio delle possibilità di combinazione degli ingredienti di base del progetto, dalla tecnica all’arte, dalla funzione alla forma. Si individuano così, nella concezione formale dell’oggetto, due ricette fondamentali, di cui tutti gli altri costituiscono gradazioni più o meno accentuate: quella rigida-strutturale, che muove ‘analiticamente’ dalle parti per comporre il tutto, e quella morfologica-organica, che muove ‘sinteticamente’ dal tutto alle parti, scolpendo il corpo oggettuale come una massa cellulare che si specifica gradualmente nella forma stabilita. Questi due modi di concepire l’oggetto riflettono una dicotomia più profonda, filosofica, tra il mondo artificiale e il mondo naturale, caratterizzati il primo dal controllo razionale sulla realtà, il secondo dall’apertura morfogenetica alla libertà. Si tratta di una contrapposizione che, pur avendo segnato l’intera storia del design, trova oggi non facile collocazione nel nuovo scenario che sta profilando. La questione della sostenibilità rende infatti sempre più evidente come il problema di fondo dell’azione antropica sulla Terra non sia tanto la (pur sacrosanta) salvaguardia della dimensione naturale rispetto a quella artificiale, quanto piuttosto il fatto stesso che nelle nostre azioni, progetti e pensieri il naturale e l’artificiale si trovano su due fronti concepiti come distinti e contrapposti. Ciò che appare sempre più necessario, dal punto di vista filosofico e, quindi, estetico, è una sintesi virtuosa tra naturale e artificiale, una crescita sinergica tra la carne del mondo e la struttura della civiltà, che tessa naturale e culturale come la trama e l’ordito di uno stesso racconto, quello dello sviluppo della vicenda umana nel nuovo secolo. I primi segni di questo tentativo stanno già comparendo. Si tratta di progetti che nascono da
Sopra, i disegni e la prototipazione dei modelli Gilda (a sinistra) e Tata (a destra), realizzati dal brasiliano Estudiobola in collaborazione con l’italiana Artelegno per Brazilian Design Made in Italy. L’uso della tecnologia CNC ha permesso di ottenere il senso plastico tipico delle forme fatte a mano. Foto Gui Gomes. Sotto, poltroncina Hypnos di Roberto Lazzeroni per Ceccotti Collezioni, disponibile in massello di ciliegio americano o noce americano. Le linee sinuose e morbide definiscono due proposte di comfort rispettivamente ‘arboricola’ e ‘ossea’.
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Sopra, le sedute Dietal, Edwardes e Gatti, prodotte da Full Grown, sfidano i normali metodi di produzione dell’arredo utilizzando tecniche antiche unite a tecnologie moderne, per coltivare e letteralmente passare al ‘raccolto’ di sedie, tavoli e sculture in legno vivo. Foto Chris Robinson. Sotto, sedia Dusty e tavolo Wind, realizzati da Peter Donders in legno di betulla suddividendo il corpo dell’oggetto in elementi o strati stampati in 3D. La combinazione di artigianato e tecnologia informatica ottimizza l’uso del materiale migliorando la tenuta e diminuendo il peso dell’oggetto.
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una ricerca sulla struttura di tipo morfologico; progetti, cioè, che definiscono le architetture di prodotto non tramite la controllata distinzione dei componenti ma attraverso l’armonica fusione delle parti. È il caso delle sedute Gilda e Tata di Estudiobola, leggermente più sobria la prima, appena più esplicita nel suo riferimento alla dimensione organica (quasi ossea) la seconda, ma entrambe frutto di un sofisticato lavoro scultoreo che ne ha guidato la composizione senza soffocarla sotto un ferreo controllo top-down bensì concedendo alla morbida spontaneità bottom-up di raccordare le parti con razionale armonia. Questo approccio ‘ossimorico’ alla curatela estetica del prodotto (nel senso di gestione organica applicata a un’architettura razionale) può portare a risultati di vera e propria poesia spaziale, come nel caso della seduta Velo di Jan Waterston, che esplora l’aerodinamica immaginaria di un flusso plastico sottile e scattante, o della serie Ethereal realizzata da Marc Fish, che si accosta al design con una sensibilità artistica di tipo art nouveau, ma attualissima e contemporanea, mettendo a punto oggetti che sono autentici distillati di coerenza formale. Estremamente interessanti, da questo punto di vista, anche i progetti Hypnos e Marlowe di Roberto Lazzeroni per Ceccotti Collezioni, che fondono addirittura una struttura dal sapore ‘tech’
con la morbidezza organica del legno. Ancora più ‘spinte’ appaiono poi le sedute Dusty e Wind di Peter Donders, la seconda in particolare immaginata come deformazione estrema di un albero perpetrata dal vento, che ne ha aperto e rimodellato la massa così come il movimento disegnava Forme uniche di continuità nello spazio di Boccioni. Risultato, questo, di tipo organico, che fonde un’estetica arboricola a una sinaptica, a partire dalla loro comune origine biologica. Che questi percorsi di sintesi tra organico e razionale possano aprire la via a nuovi processi in cui il naturale e l’artificiale trovino una produttiva coesistenza lo dimostrano i casi di crescita guidata dei fusti vegetali affinché assumano la forma di oggetti d’uso. È il caso, tra gli altri, di Full Grown, marchio che produce elementi d’arredo attraverso una vera e propria linea di coltivazione. Si tratta, ancora, di esperienze locali, difficilmente implementabili su larga scala (e comunque già adatte per un ‘design a chilometro zero’). E tuttavia il valore di questi esperimenti sta proprio nel loro porsi come statement non solo teorici ma anche pratici, in grado di suggerire un possibile cambio di paradigma. Progetti di apertura pensati per farci vedere che, come cantava Leonard Cohen, “c’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce”. ■
Marc Fish accanto alla sua scultura Ethereal Sycamore Seed, realizzata in sicomoro e acrilico con la stessa tecnica usata per le sedute della serie Ethereal (a sinistra), caratterizzate da forme organiche ed eteree. Foto courtesy Todd Merrill Studio, NYC.
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Forme e dettagli contrastanti: quadrato e tondo, caldo e freddo e altro, combinazioni che rivelano la varietĂ e la tipicitĂ del progetto di Nadia Lionello - foto di Miro Zagnoli
IL GIOCO DEGLI OPPOSTI
Maschile e femminile Da sinistra, Kay Lounge, poltrona con struttura in acciaio satinato brown nickel o acciaio satinato. Seduta e schienale rivestiti in cuoio a bordo vivo, pelle o cavallino. Design di Jean-Marie Massaud per Poliform. Nepal Mama, poltrona con struttura in metallo verniciato, schienale in multistrato di faggio e seduta in multistrato di betulla e cinghie elastiche. Imbottiture in poliuretano e fibra acrilica rivestite in Mongolia bordeaux, bianca, blu o cammello. Design di Paola Navone per Baxter. 62 / dicembre 2019 INTERNI
DesignINg
SHOOTING
Vuoto e pieno Da sinistra, Lost, lampada da terra a led in ABS con diffusore in metacrilato opalino satinato, asta in metallo e base in pressofusione di alluminio, disponibile nera o bianca. Design di Brogliato Taverso per Magis. Kwic, lampada da terra a led con disco in alluminio e diffusore semi-sferico in vetro soffiato; disco, asta e base in metallo sono verniciati nero o bronzo. Design di Serge & Robert Cornelissen per Axolight.
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DesignINg SHOOTING
Geometrica e curva Da sinistra, Zoe, poltrona con struttura in legno rivestita in gomma poliuretanica a quote differenziate e fodera in fibra di poliestere con rivestimento in pelle o tessuto. Piedi in fusione di alluminio brillantato o verniciato. Design di Giuseppe Bavuso per Alivar. Revival, poltrona con struttura in multistrato di legno e imbottitura in poliuretano e fibra poliestere accoppiata. Cuscino seduta in poliuretano e piuma e schienale in poliuretano, rivestimento in tessuto sfoderabile. Piedini in metallo pressofuso o legno tinto wengĂŠ. Design di R&D Twils per Twils Lounge.
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Tonda e quadrata Da sinistra, Dot, poltrona sferica girevole con struttura in abete massiccio e multistrato di pino, imbottitura in mousse alta resistenza a doppia densità, sospensioni con cinghie elastiche. È rivestita in tessuto elastico. Fa parte della collezione Nativ disegnata da Raphael Navot per Roche Bobois. Suitcase Line, poltrona cubica nella nuova versione (1997/2019) con struttura in legno massello, cinghie elastiche e imbottitura in poliuretano espanso, cuscino seduta in piuma e poluretano “Performance” e schienale optional in piuma d’oca; base con fasce in estruso di alluminio verniciate color brandy. Rivestimento in tessuto sfoderabile oppure pony look o cenere, zebra look e pelle stampata coccodrillo con cuscino seduta rivestito in pelle lodge o nabuk o aspen. Design di Rodolfo Dordoni per Minotti. INTERNI dicembre 2019 / 65
DesignINg SHOOTING
Pesante Giudecca, tavolo in CimentoÂŽ, materiale composto per il 90% da aggregati minerali mescolati a legante cementizio. Viene realizzato in diverse nuance di rossi, azzurri, verdi o senape, calibrate in livelli differenti di saturazione ed intensitĂ , polverose o brillanti. Design di Parisotto+Formenton Architetti per Cimento. LuĂ , lampada da tavolo a led, con diffusore a disco orientabile e corpo in alluminio verniciato testa di moro con base rame, bianco con base alluminio lucido o dorata oppure rame con base dorata. Design di Marco Pagnoncelli per Icone Luce. 66 / dicembre 2019 INTERNI
Leggero Jabot, tavolo in cristallo trasparente extralight fresato e molato filo lucido con gambe sagomate resistenti grazie a uno speciale trattamento chimico del cristallo. Il piano è temperato termicamente. Design di Mario Belleni per Glas Italia. Giulietta Be, lampada da tavolo a led con accensione touch, con asta e disco diffusore in ottone. Design di Enzo Catellani per Catellani & Smith.
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DesignINg SHOOTING
Nuda e vestita Da sinistra, Paloma, sedia indoor outdoor in tubo metallico verniciato in diversi colori. Design di Radice Orlandini per Baleri Italia. Pippi S, sedia con struttura in tubolare metallico verniciato e seduta imbottita, rivestita in tessuto Vision, bielastico e leggermente imbottito, in undici colori. Design di Roberto Paoli per Midj.
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Caldo e freddo Terrazzo, tappeto in poliestere ispirato al terrazzo veneziano. É prodotto in un’unica variante e nelle misure di cm 170x240 e cm 200x300 da Calligaris. Dal progetto decorativo Play di ABK Ceramiche, Drops, piastrelle in gres porcellanato cm 20x20 con disegno marmo ricomposto realizzato con tecnologia digitale full HD.
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DesignINg SHOOTING
Carlton miniatura, riproduzione in scala 1:4 della scaffalatura di Ettore Sottsass presentata alla storica mostra di Memphis nel 1981, in laminato tinta unita e con il decoro Bacterio, in edizione limitata di 1000 pezzi, Memphis Milano. A pavimento, Hexa, mosaico esagonale in tessere colore Ocean wave matt, Terratinta Ceramiche di Terratinta Group. A parete, pannello con tessuto Rete di Ettore Sottsass in puro cotone, Memphis Milano.
ISPIRAZIONE MEMPHIS Tornano gli anni Ottanta: mobili in laminato, decori geometrici mixati, colori forti a contrasto. Il mood postmoderno rivive nelle opere dei protagonisti e nelle reinterpretazioni dei giovani designer di Carolina Trabattoni foto di Paolo Riolzi
Sofa with Arms, limited edition di 33 pezzi per colore (nella foto in fucsia) dell’iconica poltrona di Shiro Kuramata del 1982 per Cappellini. Arizona, tappeto in lana annodato a mano di Nathalie Du Pasquier, Memphis Milano. Paravan, pannelli fonoassorbenti rivestiti in tessuto, componibili e modulabili per creare composizioni lineari, angolari e curve, design Lievore Altherr per Arper.
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Da sinistra, Meta, sedia impilabile indoor e outdoor interamente in alluminio verniciato e rifinita con chiodi metallici e rivetti, design Giulio Iacchetti per Internoitaliano. Ant™ Deco Silhouette, la classica sedia di Arne Jacobsen per Fritz Hansen, nella versione dalla scocca stampata con disegno tribale tono su tono dell’artista danese Krista Rosenkilde. Pablo Piano, tavolino disegnato da Nava + Arosio per Rubelli Casa in poliuretano HD con piani sfaccettati e laccati.
Lagoa, di Zanini De Zanine per Tacchini, poltrona con rivestimento tessile dal volume morbido e tondeggiante con seduta sospesa. A pavimento, collezione Contrasti di Ragno, in gres bianco e antracite con superficie opaca, setosa e morbida al tatto. A parete, Monforte, sistema divisorio fonoassorbente mobile e snodabile composto da elementi tubolari rivestiti in tessuto di Kvadrat, design Raffaella Mangiarotti per IOC project partners.
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Smalto, tavolo di Edward Barber & Jay Osgerby per Knoll con gambe in tubolare d’acciaio e piano in acciaio con finitura smaltata lucida in porcellana. Lisa lounge, design Marcello Ziliani per Scab Design, poltrona con struttura in acciaio tubolare verniciato, seduta e schienale imbottiti con anima in multistrato curvato. Geometrie Volanti, tappeto di Paola Pastorini per antoniolupi in velluto stampato con tecnica Tufting. A parete, pannello rivestito con tessuto in cotone Cerchio di Nathalie Du Pasquier per Memphis Milano.
Arcom, comodino con cassetto ad apertura a ribalta, design Giulio Iacchetti per My Home Collection. Delux, lampada da tavolo nella versione in marmo nero Marquinia e diffusore in vetro soffiato opal, di Studio Natural per Martinelli Luce. Trix, trasformabile di Piero Lissoni per Kartell, composto da elementi in poliuretano espanso collegati da elastici e rivestiti con tessuto LeTraset di Ettore Sottsass. A parete, Monforte, sistema divisorio snodabile composto da elementi tubolari, di Raffaella Mangiarotti per IOC project partners. A pavimento, collezione Contrasti, piastrelle in gres bianco e antracite di Ragno.
DesignINg SHOOTING
Da sinistra, Mrs Rainbow, collezione Raw & Rainbow, design Zanellato/Bortotto per Altreforme, vaso scultura in limited edition di alluminio colorato. Double, ciotole sovrapposte di Donato D’Urbino – Paolo Lomazzo, a doppia parete in acciaio colorato nero e rosso con decoro a rilievo, ottenuto con un procedimento di coniatura a freddo a effetto granulazione, Alessi.
Table Joy di Aldo Cibic, collezione di oggetti per la tavola combinabili e sovrapponibili, in ceramica rifinita a mano colorata o platinata e vetro bicolore soffiato a bocca, composta da coppa, alzata, caraffa, vaso, di Paola C.. Piano realizzato con cementine in gres della Collezione Contrasti, disponibile in sei colorazioni polverose, qui con decoro Tappeto 13 color ottanio, Ragno.
DesignINg REVIEW
In questa pagina, dettaglio della poltrona Filinea di Antonino Sciortino per LaCividina, la cui struttura è composta da un complesso intrico in tondino d’acciaio laccato rame. Pagina accanto, Puddle, tris di tavolini in ottone di Yabu Pushelberg per Henge, proposti nelle finiture argento, ottone nero o brunito. Sullo sfondo, boiserie Nebula di Paola Lenti e De Castelli, formata da elementi in Tela, un tessuto di rame disponibile in quattro tonalità di colore.
LIGHT METAL
Il calore del rame. Il fascino algido delle cromature. La classicità dell’ottone. L’appeal industrial del ferro. La sostenibile leggiadria dell’alluminio. L’eclettico incontro tra design e metallurgia regala agli interni nuovi spunti d’arredo: dalle forme morbide e specchianti alla Jeff Koons fino alla sintesi grafica del filo d’acciaio di Katrin Cosseta
DesignINg REVIEW
A sinistra, dettaglio della lampada a sospensione Ring Sphere di Brian Rasmussen per Pallucco, con diffusore formato da anelli in nastro di PVC nei colori oro, nichel e rame. Tavolino con vassoio asportabile Frinfri, di Dondoli e Pocci per Bonaldo, in metallo verniciato dai riflessi opachi piombo, bronzo, rame e ottone. Poltroncina Riviera disegnata da LucidiPevere per Emu, con struttura in acciaio interamente saldata, realizzata in tubolare e barre con profilo arrotondato; rivestimento in Emu-Coat (cataforesi + verniciatura) colore ferro antico.
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Lampada a sospensione Sun-Light of Love, di Tord Boontje per Foscarini, in acciaio e alluminio verniciato a liquido finitura oro. Graffio, madia a due ante disegnata da Paolo Benevelli per De Castelli: la struttura in legno di rovere naturale è rivestita in metallo (Rame DeErosion) su tutti i lati a vista, con superficie solcata da una texture di intrecci casuali. Tappo, sgabello-tavolino di Studio NOOII (Stefano Bortoletto e Valentina Brunetta) per la collezione Living Extra di Zanetto, realizzato a mano in metallo nelle finiture argento satinato, lega argentata lucida, ottone lucido, rame lucido.
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DesignINg REVIEW
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Specchio multi-elementi Nucleus, dalla Gradient Collection, disegnato da Oskar Zieta per il proprio brand Zieta, in acciaio inossidabile colorato dai riflessi cangianti. Lampada da terra Chiara, riedizione di Flos del progetto di Mario Bellini del 1969; disponibile anche in versione da tavolo, è realizzata da un unico foglio di acciaio inox tagliato e piegato, nelle varianti acciaio lucido, bronzato e nero lucido. Chaise longue 01 dalla Uncollected Collection in edizione limitata disegnata da Piero Lissoni per i 50 anni di Living Divani, realizzata in fusione d’alluminio.
Seduta modulare Pantonova, un classico di Verner Panton del 1971 rieditato da Montana; è composta da tre moduli (lineare, concavo e convesso) in filo d’acciaio cromato, utilizzabili singolarmente o in combinazione. Tavolino Next 148 disegnato da Paola Navone per Gervasoni, realizzato in fusione di alluminio lucidato con piano decorato effetto martellato. Flow Filo di Jean-Marie Massaud per Mdf Italia, poltroncina in filo d’acciaio finitura cromo nero o cromo nichel, disponibile anche in versione outdoor.
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Lampade da parete Brinco di Paolo Castelli, composte da moduli quadrati o tondi in ottone lucido e spazzolato connessi da archi in vetro di Murano. Lampada da tavolo Jack Fruit, disegnata dai Fratelli Campana per Ghidini 1961, realizzata totalmente in ottone dorato o con base in palissandro. Credenza Solanas, di Daniel Germani per Gandiablasco, fabbricata in profilato di alluminio termolaccato, lamiera microperforata e DektonÂŽ. Tavolino Athenae disegnato da Maurizio Manzoni per Cantori, con base e piano in bronzo patinato.
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A destra, dettaglio dell’appendiabiti/ portaoggetti Senzatempo di Lapo Ciatti per Opinion Ciatti; utilizzabile a parete e soffitto, è composto da anelli in acciaio intrecciabili all’infinito, nelle finiture galvaniche cromo e oro. Sedia Esqueleto Gold di Pedro Franco per A Lot Of, ispirata allo scheletro umano, in acciaio e polimero iniettato con fibre naturali, nella limited edition colore oro. Poltrona Be Bop di Ludovica + Roberto Palomba per Kartell, realizzata in polipropilene finitura oro metal.
INservice
TRANSLATIONS
INtopics EDITORIAL
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The year 2019 comes to an end, in which design culture has celebrated the centenary of the founding of the Bauhaus, a reference point of modern thinking in the field of architecture and design. As the best possible conclusion, we have set aside a small cadeau for our readers: an article on Ivo Pannaggi, an eclectic designer, ahead of his time and relatively unknown today, who can be considered the sole Italian exponent of the famous German school. From the furnishings in metal tubing to those in Macassar wood, expressing an idea of luxury without ornament, his creations narrate the lesson of Mies van der Rohe and the art avant-gardes of the 20th century from an Italian perspective. The works of architecture examined in this issue focus on the various potentialities of international design to build metaphorical ‘bridges’ that join inhabited worlds, particular landscapes and histories. Everything speaks of a compositional synthesis suspended between opposites, in a constant tension between antique and contemporary, experimentation with materials and reinterpretation of what already exists. The Twist, the new museum in Norway created by the Danish architect Bjarke Ingels, founder of the studio BIG, like a ‘tube’ twisting over a river. The playful and technical ‘box’ with staggered, rotated levels of the Experimenta Science Center by the firm Sauerbruch Hutton in Germany. The welcoming psychological support center of Kálida Sant Pau designed by Benedetta Tagliabue and Patricia Urquiola in Barcelona. Finally, three private homes with a thousand stories to tell: that of the sea in Tel Aviv reinvented by Pitsou Kedem around an Ottoman patio; the bed & breakfast by the studio Archiplan in the historical center of Mantua with a view of Leon Battista Alberti; and the self-portrait house by David Jameson in the hilly forests of Maryland. Gilda Bojardi CAPTION: Detail of the Twist, the sculptural museum-bridge over the river, shaped by torsion in a project by the Danish architect Bjarke Ingels, founder of the studio BIG. Located inside the Kistefos Sculpture Park in Jevnaker, Norway, one hour from Oslo. Photo Laurian-Ghinitoiu.
PhotographINg ART & DESIGN
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Nobuyoshi Araki, Tokyo 21 02 2009 / Courtesy of Fondazione Bisazza Commissioned by Fondazione Bisazza, the images by the Japanese photographer Nobuyoshi Araki, taken in Tokyo in 2009, show a female figure against a backdrop of gold mosaic. A recurring theme in Araki’s poetics is the exploration of beauty, which according to the artist “lies in the infinitely small space that exists between life and death.” The works are part of the permanent collection of Fondazione Bisazza at Montecchio Maggiore (Vicenza), where in November Love-Dream, Love-Nothing was unveiled, a permanent installation by Araki dedicated to the Rouge Bar in Tokyo. The volume Fondazione Bisazza: Design, Architecture, Photography by Ian Philips, with contributions by Jonas Tebib and Filippo Maggia (Rizzoli), has also been published, illustrating all the collaborations between the company and artists, architects and designers, including Alessandro Mendini, Fabio Novembre, Ettore Sottsass, Mimmo Paladino... (C.T.) bisazza.it
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Vitra Accessories Collection, Découpage vases designed by Ronan & Erwan Bouroullec. Photo Eduardo Perez Simple ceramic cylinders in shades of blue, celadon and green, to which to at-
tach two-dimensional forms that seem like scissor cut-outs, and bars that bend and play with these parts: the result is a collection of one-of-a-kind, flamboyant vases linked to each other in fragile, poetic balance. Presented by Vitra at the last Salone del Mobile as prototypes, the Découpage vases by the French designers Ronan & Erwan Bouroullec are now in the development phase for serial production. “Every form is cut starting with a block of clay. Some are inserted inside the cylinders, others are applied on the outside. Each bar is extruded, then rounded or pointed upward, or acts as a bridge with other vases,” the Bouroullecs explain. Between contemporary art and design. (C.T.) vitra.com
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Bric, a site-specific exhibition by Nathalie Du Pasquier for Mutina for Art, in the Mut space at Fiorano Modenese. Until 19 June 2020. Photo by Delfino Sisto Legnani Inside a work of architecture by Angelo Mangiarotti, home of the company Mutina specializing in ceramics and the Mut exhibition space (Mutina for Art), the French artist Nathalie Du Pasquier has imagined a large installation composed of seven sculptural parts of different forms and sizes, halfway between sculpture and architecture. The exhibition curated by Sarah Cosulich starts with the brick as an archetypal compositional element. Minimal, economical, rhythmical, adaptable to create the widest range of forms, the brick is a symbol of connection, and has long been a recurring image in the work of the artist. Nathalie identifies different types and turns them upside down, glazing them with bright hues and layering them to create large sculptures. The bricks thus become the decorative modules of a pattern. The result is an unexpected, almost metaphysical landscape enhanced by a floor covered with sand. (C.T.) mutina.it
INsights ARTS
P8. MARK BRADFORD: PAINTING URBAN RUINS by Germano Celant
POLITICAL COMMITMENT AND SOCIAL PROTEST DRIVE THE WORKS OF THE BLACK AMERICAN ARTIST, IN WHICH THE LAYERING OF DIFFERENT MATERIALS ALLOWS TOPOGRAPHIC IMAGES OF PART OF THE CITY TO SURFACE, COMBINING ABSTRACTION AND FIGURATION To investigate the identity of a work of art means delving into the identity of the artist. It is an introspective journey inside an individuality that can be known only through personal and professional events, starting where it all began, getting to the matrices of life and growth. Mark Bradford was born in Los Angeles in 1961, and he spent his childhood in his mother’s hair salon and the streets of different neighborhoods, from Santa Monica to Hollywood. Later, growing up, he was part of the club scene and the world of music of the African-American community. His creativity benefited from these experiences, so much so that in his art he began to rely on the end papers used for permanents. This approach led Bradford to enroll at CalArts (California Institute of the Arts) in Valencia, and around the age of thirty he realized that he wanted to pursue a career in art. In 2001 he had his first chance to show work in a museum, invited by Thelma Golden, director of the Studio Museum in Harlem. The show, “Freestyle,” with the presence of artists like Julie Mehretu and Eric Wesley, made a definitive contribution to the success of visual art connected with contemporary African-American culture. This was the arrival point of an aesthetic that had developed through the interest of artists in the notion of blackness and its place in the history of modern and contemporary art. The early work does not reflect a political position, but relies on a minimalist, abstract vision. The paintings from 1997 to 2000 have echoes of the linearity and monochrome effects of Agnes Martin or Robert Ryman. They are images structured in horizontal sequences, in which the squares – the end papers used by hairdressers – form a homogeneous, linear whole: the artist seems to be interested in essential form and the optical path of the observer. In other cases the surfaces, thanks to the juxtaposition of layers and colors, from Jheri Now, Curl Later, 2001, to Strawberry, 2002, create an luminous reverberation effect. Then, gradually, the paper strips begin to include inscriptions and graphic
landscapes, from Juice to Coltrane, Coltrane, 2003, in which the titles take on a narrative meaning that calls into play African-American culture, on the level of sexuality and sports. This was the start of a ‘figural’ component, to get beyond the impersonal, non-subjective dimension. The intention was to combine abstraction and figuration, form and content, to be able to speak of the artist’s own social and personal condition. Starting in 2005, the horizontal grids give way to topographic images of neighborhoods in South Central Los Angeles, like the zones inhabited by the artist in Leimert Park and, in particular, the areas impacted by the Watts riots in 1965. The introduction of a real term, like the struggle for civil rights, disrupts the political silence of the abstract language, its formal and scientific aspirations, with an injection of social reality. It is a way of removing art from its ‘universalism,’ of making it into a life experience, something communicable through its ephemeral traces, gathered in the context of the city. The process is similar to that of the artists of the Nouveau Réalisme, from Mimmo Rotella to Raymond Hains, who in the 1960s ripped and reassembled tools of communication such as posters and billboards, taken from the urban context. Bradford too connects his art – through different media, from paintings on canvas to video – to the conditions of the society in which he has lived. And while some of the paintings remind us of the ‘achromes’ of Piero Manzoni, the structure below, the folds and ripples of the paper, reveal a mapping of not material but linguistic subjects, where words and urban configurations can emerge. Traces of police violence and injustice, the results of racism and white American institutional culture, against ethnic minorities, as in the inferno let loose in Black Wall Street, which the artist represented in 2006 on a monumental surface, through the contrast between an urban backdrop, dark, nocturnal typical of Los Angeles, and the red flames that are placed dramatically at its center. Elsewhere the subjects implied under the surface of the material have to do with the AIDS epidemic or the prejudiced depictions of gay culture. The artist’s particular focus on a situation constructed by a repressive, violent society leads him to produce paintings that are the result of a stratification of symbolic materials, traces of social events. Nevertheless, there is also an autobiographical aspects that comes through in his works, his desire to stand out, to make a difference. The thickness of his paintings – which include pieces of advertising posters, magazines, comics, symbols of civilization and power – tends to emphasize the heaviness of an industrial and economic structure that is pervasive in the society. But this layering of materials is also a way to emphasize that the system suffocates and can easily bury the memory of violent events under layers of information, represented by the media – what Bradford defines as Merchant Posters: Scorched Earth, 2006. The layers of paper seem to respond on a political and formal plane to the dripping of Jackson Pollock, replacing the random, gesture-based application of pure paint taken directly from its industrial container with a stratification of social and vital moments, concretely documentable through the cut surface. Bradford, then, is not inclined to share the individual and pseudo-liberating structure of the informal approach of the action painter, but instead attempt to acquire knowledge of the events that have formed his African-American culture. Every painting sketches out a story that puts an identity into focus, marked by blackness, with the aspiration of recognition: Tomorrow is Another Day, 2016. The proposal to ‘motivate’ art by mooring it to reality, of one’s own or of others, is an invitation for the artist not to take part in the system of power and the market, with its constant demand for decorum. It identifies, in its making, a subjectivity that tends to bear witness to an identity, related to the artist’s own situation. Starting from the condition of a hairdresser, a black boy and a queer, who living in Los Angeles was able to avoid the temptations of corruption, as in his video Niagara, 2005, and to elaborate a radical subjectivity that is documented in his paintings, in which he exerts a reversal of perspective, a way of approaching abstraction to communicate a dramatic reality, that of a black American and his world – like the large globe, Spoiled Foot, 2016, in the United States pavilion at the Venice Biennale – in a repressive and conservative society. To underline the attempt to shift from one vision to another and to emphasize his desire to combine abstraction and figuration, subjectivity and socialpolitical discourse, in 2018 Bradford makes reference to a mythological figure, which represents the passage and the boundary from one condition to another, Cerberus, the dog with three heads that guards the entrance of Hades. The metaphor allows the artist to communicate his continuous desire to remain suspended between two territories, with all the accompanying conflicts. The paintings under this name take on a dimension that due to their horizontal length suggests a watery transit, in which the fluid matter is composed of layers of materials that combine various things, pieces of twine and paper, accu-
mulations of colors that form interwoven motifs, maps and grids, almost observed from an aerial vantage point, as if they were an urban cutaway of Los Angeles, with its streets and lights. In this whole patches of red color also appear, indicating the places where injustice has been manifested, and the resulting rebellions against institutional violence. A visceral and autobiographical way of making art, capable of transmitting a discourse on the conflicts still in progress in the United States, and also in the world. CAPTIONS: pag. 8 Scorched Earth, 2006. Mixed media on canvas. 241.94 x 300.36 cm. Courtesy of the artist and Hauser & Wirth © Mark Bradford. Black Wall Street, 2006. Collage on paper mounted on canvas. 289.56 x 609.6 cm. Courtesy of the artist and Hauser & Wirth © Mark Bradford. pag. 9 Juice, 2003. Mixed media on canvas. 183 x 213 cm. Courtesy of the artist and Hauser & Wirth © Mark Bradford. pag. 10 The Devil is Beating His Wife, 2003. Mixed media on plywood. 335.28 x 609.6 cm. Courtesy of the artist and Hauser & Wirth © Mark Bradford. pag. 11 Frostbite, 2019. Mixed media on canvas. 337.8 x 586.7 cm. Photo Joshua White. Courtesy of the artist and Hauser & Wirth © Mark Bradford. Gatekeeper, 2019. Mixed media on canvas. 353.1 x 571.5 cm. Photo Joshua White. Courtesy of the artist and Hauser & Wirth © Mark Bradford.
INsights VIEWPOINT
P12. SIGNS BEYOND TIME by Andrea Branzi
A PROFOUND BOND WITH THE MEMORY OF THE CLASSICAL AND THE MEDITERRANEAN TRADITION EXISTS IN THE WORK OF DI CY TWOMBLY, WHO COMBINED THE DYNAMISM OF POP ART WITH AN ART EXPERIENCED LIKE AN ANCIENT, PRIVATE RITUAL Cy Twombly was born in Lexington, Virginia on 25 April 1928. His father was a baseball player with an odd passion for Latin; maybe this is why Twombly was one of the American artists most closely tied to the memory of the classical world, especially that of Italy and the Mediterranean, and the Latin funerary tradition. He went to high school in Lexington and then moved to New York, where he met Robert Rauschenberg and American Pop Art, but he then moved to Italy where he made symbolic vessels, close to the tradition of the Odyssey and conducted his infinite research. This singular, mysterious connection with historical memory led to a close relationship with the Franchetti family, Roman nobles with whom he was connected due to his marriage with Tatiana. In Twombly’s work there seems to be the memory of a dying breath, of its loss in an immemorial living history. In this sense, he is the only artist who starting from the vitalism of Pop Art gradually edged into a mysterious flow of mysteric vibrations and mourning worthy of the sacred Lares. But there is nothing funereal in his work, just the survival of a very ancient memory, very vital, which in contemporary art always seems impossible to grasp. Cy Twombly was one of the great contemporary masters whose origin is not exactly American nor Latin, but rather the elusive mirror of an incomprehensible history, which in Mediterranean culture also encountered the aniconic traces of Islam. The large sheets and slates filled with trembling signs trace an unbridgeable surface of voices and gestures that dance in the void like atoms and molecules, without ever producing an explosion. In Twombly art is no longer figuration, but bears witness to an interminable death; a vital anguish whose reason can be explained by no one. His art empties itself of meaning to become a private, ancient ritual, like the funerary epigrams we see along the Roman consular roads. Acts of mourning of which only pale memories remain, expressed with a serene voice. CAPTIONS: pag. 13 Cy Twombly, Nini’s Painting, 1971.
INside ARCHITECTURE
P14. A HOUSE LIKE ME project DAVID JAMESON ARCHITECT with Patrick Mcgowan, Alex Stitt, Alexandra Wojno photos Paul Warchol - article Matteo Vercelloni
IN THE WOODED HILLS OF BETHESDA, MARYLAND, IN THE UNITED
STATES, THE RECONSTRUCTION OF A MODERNIST HOUSE FROM THE 1960S DESIGNED BY CHARLES M. GOODMAN. CONCEIVED AS A COMPOSITION SYNTHESIS OF MATERIAL EXPERIMENTATION, REINTERPRETATION OF EXISTING FEATURES, AND AUTOBIOGRAPHICAL MEMORIES David Jameson has made modernity the reference point of his architectural research, and his home in the woodlands of Bethesda, designed halfway through the 20th century by Charles M. Goodman – an architect known for the production of experimental residences in the Washington suburbs, and for his fertile career of research in the field of aluminium and prefabricated construction – was in a certain sense the perfect setting for this elective affinity. Jameson and his family were already happily settled in their glass house in the forest, and they were happy with its history, its author and its qualities. But one day, during a winter skiing vacation in Utah, Jameson got a call from one of his neighbors, saying that an ice storm had felled a large poplar, which had crashed onto the house, demolishing the roof and damaging the whole construction. Due to the extensive state of ruin, it was no longer possible to follow the usual logic of restoration; the idea of reconstructing the house in its original figure was also abandoned, to avoid falling into the trap of the false copy. Jameson thus set out to design a new house for himself and his growing family. A house that would be a tribute to its predecessor in terms of material experimentation and the relationship between interiors and landscape, but would also represent a sort of ‘self-portrait,’ in keeping with the famous motto of Curzio Malaparte, who defined his villa at Capo Massullo, magically perched on a cliff of the island of Capri, as “a home like me.” With this inspiration, Jameson – accustomed to daring compositional inventions that include references to molecular structures or figures not belonging to the conventional architectural canon – decided to make room for the experiential qualities of his past life, making the form reflect emotional memories rather than functions to be performed. Recollections of childhood emerged as guiding principles. A dark pond near the family home on Maryland’s Eastern Shore has been translated in the cladding of part of the new facade with panels of rippling steel. “It was dark, mysterious, and murky,” Jameson recalls. “I wanted to create something that captured those ephemeral qualities of water – like the memory of steam or fog coming off the pond.” The new construction stands out for the doubleface treatment of the facades. Towards the entrance the front is broken down into two volumes of different height, connected by glazings, forming a compact arrangement of burnished steel bands, resembling big bricks with which to shape ‘liquid’ and iridescent walls. Like the surface of a pond, they change their appearance across the hours of the day and the seasons, reflecting the landscape. The inner facade, on the other hand – following and closing on three sides the large swimming pool facing the woods, together with the independent pavilion on two levels – is composed of a series of stacked glass volumes, forming a light, transparent work of architecture that thrusts outward, while projecting the domestic dimension into the flourishing, dense natural setting. The large two-story living area incorporates the dining zone, flanking the kitchen, while five bedrooms are placed on the upper level. Dark wood (Sapele, an African wood comparable to mahogany) covers the structural pillars, while raw cedar, still bearing saw marks, has been used to clad most of the ceilings and some internal walls. Pale stone slabs create a sort of ‘platform’ in the formation of the floors of the house, explicitly extending to the outdoor zones and poolside. The metal staircase leading to the basement and the upper level of the nighttime zone is like a burnished ribbon, an intentionally rugged feature, like the cedar wood of the facings that forms a counterpoint to the careful workmanship of the dark Sapele and the marmorino surfaces that wrap the two-story kitchen space. A “house like me” which Jameson has aptly christened the Vapor House, emphasizing the mutable impression of the reflections on the facade, which combines the precision of compositional logic with the variable impact of emotions, nature and memory. CAPTIONS: pag. 14 The entrance facade is clad in rippling burnished steel panels, an effect obtained by pressing stainless steel into metal molds: the panels were made by Zahner, Kansas City. The compact front forms a contrast with the internal facade towards the pool and the woods. The L-shaped house is joined by a two-story pavilion to serve the swimming pool, generating an overall U-shaped layout. pag. 16 View of the two-story living area; chairs and sofas by Poul Kjaerholm. The ceilings are clad with cedar planks. The pale stone floors extend outward to create continuity between the house and the landscape. pag. 17 The internal facade features stacked glass volumes looking towards the forest. The volumes of the house are joined by an
independent two-story pavilion for the swimming pool. pag. 18 The two-story kitchen has custom lacquered furnishings a work island, resembling waxed steel. Below, view of the burnished metal staircase that connects the basement, ground and first levels. pag. 19 The glass front of the ground floor, towards the pool, underscores the continuity of the internal spaces. The ceilings and stairwell are clad in cedar planks, while the pillars are covered by a wrapper of Sapele, a dark African wood.
P20. AROUND THE OTTOMAN PATIO project PITSOU KEDEM ARCHITECTS design Avital Shenhav, Pitsou Kedem architect in charge Avital Shenhav lighting design Orly Avron Alkabes photos Amit Geron - article Alessandro Rocca
FACING THE SEA AT JAFFA, IMMERSED IN THE MEDITERRANEAN LIGHT OF TEL AVIV, THIS APARTMENT GETS ITS DOMESTIC FEEL FROM THE ENCOUNTER AND PEACEFUL COEXISTENCE OF ANTIQUE WALLS AND LIGHT INSERTS IN A CONTEMPORARY COSMOPOLITAN AND METROPOLITAN STYLE History is a palpable presence, part of the domestic landscape, if you choose to build and dwell in the area of the old port of Jaffa, in Tel Aviv, inside structures three centuries old that are rooted in the Ottoman tradition of architecture. The old walls take on new life thanks to a painstaking project that simultaneously conserves and transforms, opening spaces to light and the view of the sea, but also retreating into the intimacy of a patio, an outdoor living area of the sort that has always been the best counterpart of the Mediterranean house. Vaults and arches form a series and overlap, resting on massive walls in a dense, fragmented architectural context; the project, in a minimal style, introduces elements of fluidity that foster transitions and connections between spaces. For Pitsou Kedem, the Israeli architect very active in the field of residential and commercial initiatives, the challenge was to come to terms of images, materials, proportions and dimensions not particularly suited to modern comforts, customs and habits. Kedem has chosen to reduce the existing structure to its essence, laying it bare, removing any cladding from the old walls, with the result of emphasizing the display of the large stone blocks, more or less roughly hewn and juxtaposed, giving form to a continuous rustic effect, sculpturally shaped. It is an action of revealing that transforms the complicated system of ceilings into an aerial landscape, a uniform by interrupted, rocky and multiform cap, organized in architectural fragments that often take on unruly and incomprehensible aspects. Every room, every corner, every landscape becomes a spatial episode hollowed in a single, homogenous material, with spectacular, unpredictable stereometric effects. The architect counters this harsh, sporadic masonry landscape with a fluid space that shifts from one room to the next with ease, making the most of the rather compact proportions imposed by the Ottoman structure. The choice is not mimetic, not an imitation of the antique, but instead the invention of forms, profiles, planes, corners, guiding the gaze along jagged trajectories, through the rooms and the necessary connections. Under this rustic, heavy stone sky, Kedem develops a topography that has an opposite character, made of luminous spaces suspended over the immaterial surface of the floor, a continuous pour of polished, reflecting cement. In the contrast between antique and modern, decontextualized architectural features stand out; in the living area, the surprise comes in the unusual crossing between two vaulted walls that merge in an irregular form, and then in the opening of a large window shaped like a sail, cut into a fraction of the arch interrupted by a brusque wall of stone blocks that is probably an interference added in what is now a distant past. In the double bedroom a pointed arch frays into a capital that forms an asymmetrical curl, while over the bed the vaults, finished with plaster in this case, overlap fragments of contrasting geometric form. Behind the kitchen the old walls display a true repertoire of arches, windows, niches and vaulted walls, all strictly different from the others and out of alignment. It is a kind of ancient, spectacular anarchy, probably produced by centuries of stratification, different interventions, modifications in various periods prompted by changing uses and necessities. “The basic concept,” Kedem explains, “is to weave a connection between the Ottoman architecture and our approach which is clearly contemporary, and to find a connection between traditional construction techniques and the innovative technologies of the present.” An intention that takes concrete form, for
example, in the insertion “in the original arched openings of glass doors, with casements in burnished bronze, which rotate around a pivot placed in a central or lateral position.” In this way the doors without hinges bring out the contiguity, but also the difference, between two worlds, antique and contemporary, which graze each other without touching. The large glass doors underline the irregular geometry of the arches and guide the interaction between the interiors and the patio that divides and connects the spaces of the apartment: on one side, the living room, master bedroom and kitchen with dining area; on the other, across the patio, two bedrooms and a bathroom. The main problem – that of inserting technology for contemporary comfort in such a venerable structure – generates the most radical solution. According to the architect, “the most important design gesture is that of a metal housing that dynamically runs across the stone walls, containing the entire electrical system, the air conditioning and storage niches. At certain points,” he continues, “the housing is combined with wooden features like doors, the headboard of the bed or the parapets.” Therefore the identity of the apartment is organized through the interaction of two separate layers where the new never touches – at least not apparently – the old walls. A completely different, technological and dynamic architecture is placed over the antique structure, elegantly and very effectively enclosing all the physical plant systems, with a lining that equips the living space and projects the Ottoman building into a contemporary dimension. CAPTIONS: pag. 20 View of the sea of Tel Aviv from the living area, and on the facing page the outdoor salon that connects the two zones of the apartment. pag. 22 Left, the living area with the Ile Club sofa by Piero Lissoni and tables from the Rabbit & Tortoise Collection, designed by Studio Juju, all by Living Divani; Canevas Geo by Gan Rugs, designed by Charlotte Lancelot; Model 1095 stem lamp by Astep, designed by Gino Sarfatti. Right, the living and dining areas with the Element table by Desalto, designed by Tokujin Yoshioka; the metal screen chairs are the DKR model by Charles & Ray Eames, produced by Vitra; on the ceiling, the Kopra Burst lamp by David Weeks Studio. In the drawing, the section through the library and the living area. pag. 24 View of the master bedroom from the kitchen. Wherever possible, the vaults and stone walls have been stabilized and exposed. The panels against the walls, in white sheet metal and mirrors, conceal the electrical and air conditioning systems. pag. 25 Above, the passage connecting the living area to the kitchen; the floors are in polished gray concrete. Left, view of the living area; right, in the cross-section drawing, the spaces inserted in the masonry as if in an artificial grotto. pag. 26 View of the living area opening directly to the patio, with the bookcase created in the wall, the Ile Club sofa by Living Divani, and a carpet by Gan Rugs; on the floor, the Taccia lamp by Flos, designed by Achille & Pier Giacomo Castiglioni. Right, the kitchen by Bulthaup, with custom track lighting by Orly Avron Alkabes; in the patio, the B table designed by Konstantin Grcic for Barcelona Design, and Koki chairs by Desalto.
P28. THE HOUSE OF A THOUSAND STORIES project STUDIO ARCHIPLAN photos Davide Galli - article Paolo Casicci
ANTIQUE AND CONTEMPORARY FACE OFF IN A BED & BREAKFAST IN MANTUA WITH A VIEW OF LEON BATTISTA ALBERTI, DESIGNED BY THE STUDIO ARCHIPLAN. AN ONGOING TENSION BETWEEN OPPOSITES, WITH FRESCOS AND ‘TALKING’ FURNISHINGS Some houses suggest stories, while others simply tell them. BrolettoUno, the bed & breakfast in the historical center of Mantua, designed by Archiplan, is among the latter, in a building from the late 1400s that belonged to Federico II Gonzaga. Amidst cycles by the school of Giulio Romano, 19th-century paintings and stratifications that reach the 1970s, it has honed a style that makes antique and contemporary interact without attempting to ease the tensions between them. “The meaning of our project,” says Diego Cisi, founder of Archiplan with Stefano Gorni Silvestrini, “lies precisely in the contrasts, the ambiguous relations, never taking sides.” BrolettoUno is a vacation dwelling with a view of the basilica of Sant’Andrea designed by Leon Battista Alberti, where the fundamental layout intuition has been to remove the partition that divided the living room from the bedroom, generating an environment organized in two parts by a screen in wood and Vienna straw. The space enhanced by frescos from the 19th century is punctuated by custom furnishings that add further layer, including recent, not necessarily precious things. A world of possibilities,
ranging from a chair made by hand based on drawings by Le Corbusier, to a bathroom door in sandwich board and pressed glass, with an anodized aluminium handle, “which contemporary taste struggles to accept, though in the 1970s it made sense, so we have decided to keep it,” says Cisi. “In substance, we have tried to bring two worlds, old and new, together in a balance that ensures the identity of both. We prefer ambiguity and contradiction, instead of stylistic unity.” In this dialectic of opposites the furnishings play an essential role. First of all because they are entirely custom made, starting with the Efelidi dining table by the same architects for Design Mood, in white poplar plywood, with crosswise slats joined without glue: a piece that displays the material not for its more noble surface, but from the inside, as in a ‘reversed poetic’ that adds ulterior ‘conflict’ to the setting. The wardrobe is also a custom piece, made by dismantling the old casements of the house, frames with 300 years of history reborn for a new function, while the green inserts running along the walls are the result of the sampling of a cycle of frescos by the school of Giulio Romano done during the construction, pursuing a perfect shading by an expert artisan, Giampiero Danzini. One-offs not created by Archiplan including concrete lighting cubes by Davide Groppi, the Q model, resting on the ground, and luminous plaster pieces by Nicola Pianori. “The furnishings form a sort of bestiary,” Cisi explains, “from the cantankerous to the refined, established in hybrid relations in the space.” For example, there is also a custom washstand in stainless steel for the bathroom, with a toilet brush holder in concrete and brass, again by Archiplan for Ever Life Design, winner of the German Design Award in 2008, almost a ‘talking’ object that lays claim to a place in the most intimate space of the house. At Archiplan they define their approach as one of a literary character: “In every project we try to find questions and themes capable of making it communicable, apart from the formal results.” A house with a story, in short. Ready and willing to tell it. CAPTIONS: pag. 28 BrolettoUno is a vacation home in the historical center of Mantua, inside a building from the late 1400s with a view of the basilica of Sant’Andrea by Leon Battista Alberti; the building once belonged to Federico II Gonzaga, and it features a series of frescos by the school of Giulio Romano (in the small image to the right). The project is by Archiplan, which has also created the custom furnishings, including the chair seen here below, based on a model by Le Corbusier. pag. 30 The project by Archiplan first of all removed the partition dividing the living area from the nighttime zone, creating a single space that now features a screen in wood and Vienna straw, to set off a zone for the bed and another for daytime living. In the latter area, the sofa with felt cushions contains a second bed. pag. 31 The table in the dining zone is the Efelidi model created for Design Mood by Archiplan: in white plated poplar with crosswise slats joined without glue, it forms a contrast with the frescos of the Renaissance school of Giulio Romano. Above, a system of wooden planks surrounds the air conditioner. pag. 35 The washstand in the bathroom is in stainless steel, a custom piece by the architects of Archiplan. pag. 33 The entrance of the apartment with a wooden X to push and pull the door. The green hue of the walls establishes a dialogue with the cycle of paintings, and was reconstructed at the worksite through the patient efforts of the craftsman Giampiero Danzini. Below, the kitchen in black laminate.
P34. EXPERIMENTA project SAUERBRUCH HUTTON designers Matthias Sauerbruch, Louisa Hutton, Juan Lucas Young project manager Andrew Kiel, Peter Apel photos Roland Halbe - article Antonella Boisi
IN HEILBRONN, GERMANY, THE EXPANSION OF THE SCIENCE CENTER TAKES THE FORM OF A SEDUCTIVE ARCHITECTURAL TOOLBOX, PLAYFUL AND TECHNICAL, CREATED BY THE FIRM SAUERBRUCH HUTTON “Only the seasons count, and the seasons are what made you who you are, the ones you fed on as a boy,” Cesare Pavese wrote in The Moon and the Bonfires. The Experimenta research and science center of Heilbronn, in southern Germany, was founded in 2009 thanks to a partnership between the German municipality and the Dieter Schwarz Foundation, inside a massive building faced in clinker, constructed in 1936 as a warehouse on Kranen Insel. In 2013 the Berlin-based firm Sauerbruch Hutton won the international competition for its expansion, implemented from 2015 to 2019. The operation is a success: it has changed the seasons of this place that now welcomes the sparks of a new vitality, the wonders of science approached in a friendly, young and stimulating way, also for those who are no longer kids. In substance, 17,720 new square
meters expand the possibilities for visitors to interact and conduct experiments, thanks to over 275 installations in a complex of about 25,000 square meters. The new building created by Sauerbruch Hutton has a particular architectural design and relates to the existing context, after crossing a small bridge, by means of a shared plaza and a connection below ground level, which contains special exhibit zones and technical spaces. With a sculptural image that does not include the usual chromatic facade effects of Sauerbruch Hutton, the architecture rises five stories above ground level. Each floor is rotated slightly with respect to the one below it. The ground floor, containing the entrance foyer, is the place of the Science Dome, a large space for use as an auditorium, theater, cinema and planetarium, under a structural dome in aluminium with a diameter of 21.5 meters. The four staggered upper levels are for thematic exhibition space and vertical circulation, developed with a dynamic helical design. The complex construction technique has made it possible to create free, unencumbered layouts. The result is a rich variety of perceptions, glimpses, perspectives, views, dilations and contractions, inscribed in the grammar of theme galleries (marked by a uniform bright red color), paths of connection and experimental laboratories. The latter are housed inside opalescent glass prisms, gravitating as if stacked on the full-height central void, forming an enveloping horseshoe shape. Special effects like a curtain of water and spectacular electrical discharges amplify the immersive experience offered by the place, which has perceptible value in the opacity and transparency of the facades, paced by alternating infill of aluminium and glass to formulate introverted situations (conducive to concentration) and extroverted ones (taking in the panoramic views). In this sense the roof-terrace, together with the astronomical observatory and an auditorium, offers the finest vistas, over the Neckar Valley, the river to the east, the countryside covered by vineyards – a rural context of reference for the insertion of Experimenta. CAPTIONS: pag. 34 The design of the building with staggered rotated levels is enhanced by the external architectural skin, alternating infill in aluminium and glass. On the facing page, overall nocturnal view of the new complex along the eastern course of the Neckar River. pag. 36 One of the central boxes in translucent glass for the experimental laboratories, surrounded by thematic exhibits. Seating system designed by Sauerbruch Hutton. In the drawing, cross-section of the new building: on the right, the Science Dome develops on two levels, one of which is below ground. Upper left, aerial view of the island of the Experimenta Science Center. pag. 37 Thematic exhibition spaces are placed in volumes marked by a uniform red color on the outside. Their composition on different levels establishes a dialogue with the helical system of vertical connections in a dynamic, seamless way: in this image, a view from above. pag. 38 Two theme galleries on the worlds of discovery. The contents on view, including objects, apparatus of the latest generation and special effects, make direct interaction with visitors possible. pag. 39 View of the aluminium Science Dome, the very large space extending for two levels (ground and basement) for use as an auditorium, theater, cinema and planetarium, with 150 seats. In the background, the zone of the restaurant on the ground floor. In the drawings, right, plan of the basement; below, plan of the second floor.
P40. KÁLIDA SANT PAU project MIRALLES TAGLIABUE EMBT (ARCHITECTURE) + PATRICIA URQUIOLA STUDIO (INTERIOR DESIGN) photos Duccio Malagamba - article Antonella Boisi
IN BARCELONA, TWO ITALIAN-SPANISH WOMEN, BENEDETTA TAGLIABUE AND PATRICIA URQUIOLA, JOIN FORCES IN THE DESIGN OF A SUPPORT CENTER FOR CANCER PATIENTS, INSERTED IN A HEALTH CARE COMPLEX DESIGNED AT THE START OF THE 20TH CENTURY BY LLUÍS DOMÈNECH I MONTANER, A MASTER OF CATALAN MODERNISM Take an award-winning Spanish architecture firm like Miralles Tagliabue EMBT helmed by the Italian Benedetta Tagliabue (after the premature death in 2000 of Enric Miralles), add an equally famous Italian design studio like that of the Spanish talent Patricia Urquiola, and what you get is one of the most beautiful and well-made projects of recent years: Centro Kálida Sant Pau in Barcelona, with architecture and landscape design by Tagliabue and interior design by Urquiola. In this project, beauty is a matter of care for the spirit and commitment to helping others, with a center that offers moral
support to cancer patients and their families. In the awareness that architecture is a sort of third skin – after the body and its garments – shaped around the life that exists inside it, bringing therapeutic value. Centro Kálida is a welcoming dwelling, a warm, serene atmosphere, a place to feel at home, surrounded by beautiful things, in spite of going through a difficult moment of life. A house that translates into a small garden-pavilion inside the Art Nouveau complex of the Sant Pau hospital in Barcelona, designed at the start of the 20th century by the architect Lluís Domènech i Montaner, master of Catalan modernism, and included by UNESCO in its world heritage listings. A micro-city composed of a cluster of pavilions, internal streets, a church and a convent. Here, the pavilion of the new millennium extends with its organic forms across an area of 400 square meters, inside a large park that is an integral part of the health care complex, with balanced new green zones and connections between the buildings and the urban fabric. The complex is on two levels, following the shape of the terrain, with a hexagonal layout that guides the organization of the spaces on the basis of the various activities they contain. The ground floor, open to the garden, hosts all the communal areas, which rotate around a central two-story dining hall, separated in a flexible way from the entrance, the kitchen, a small library and a multifunctional space thanks to sliding doors. The facility offers sessions with psychologists, stress-management courses, workshops for art and creative writing. Outside, in the garden, a pathway with a decorative pattern directly connects the center to the oncological sector of the hospital, while a sequence of patios, pergolas and islands of greenery of variable height ensures the privacy of the guests, offering exceptional views of nature. On the upper level the private rooms are organized around a central two-story space for the lounge, and feature large windows to establish a visual dialogue with the historic buildings of the Sant Pau complex. Seen from their upper levels, Centro Kálida is recognizable thanks to its green ceramic roof, inspired by the floral motifs and Art Nouveau memories of the site. Like the roof, the facades of the building also feature a composition of vertical brick walls that incorporate glazed ceramic motifs, mutable in their colors and geometric forms. Refined multicolored material solutions are interrupted by the windows facing the garden (with wooden casements), allowing light to spread fluidly through the interiors. In every space the furnishings designed by Patricia Urquiola with her studio apply materials and colors in pursuit of the same fluid sensation of natural vitality and wellbeing. Under her guidance, leading companies like Arlex, Cappellini, Flos, Listone Giordano, Moroso and Mutina have donated furnishings, design objects and coverings, produced for the occasion. Centro Kálida Sant Pau has been made possible by private foundations and a network of donors and volunteers, including the doctors. This is no coincidence: the center is part of the Maggie’s Centres network, named for Maggie Keswick Jencks, the late wife of the architecture critic Charles Jencks, facilities that have already been designed in the UK by architects like Norman Foster, Zaha Hadid, OMA, Steven Holl. The message: when beauty, solidarity and coexistence take place in welcoming, comfortable spaces, the positive inner spirit of things cannot help but come to the fore. CAPTIONS: pag. 40 The glazed multicolored ceramics of the roof and the facades, made in brick and other ceramic parts of different forms and colors, enhance the presence of the architecture designed by Benedetta Tagliabue inside the Art Nouveau hospital complex by the architect Lluís Domènech i Montaner, from the early 20th century. The whole project draws inspiration from the floral decorations of the historic buildings. Below, a graphic representation. pag. 42 The outdoor dimension of the center, seen in the composition of the gardens, patios and pergolas, is an integral part of Tagliabue’s project, featuring landscape design as a means of boosting wellbeing for the guests of the facility. pag. 43 Upper right, ground floor plan. To the side, a lounge zone organized along the full-height perimeter windows, directly connected to the garden and the warm light of Barcelona. Ottoman from the Mangas Space collection of Gan-Rugs; tables and armchair, right, by Kettal. pag. 45 The dining room with the kitchen, on the facing page, is the heart of the ‘house’ around which all the spaces gravitate, from the private rooms on the first floor to the spaces for reading and various other functions. In the interior design Patricia Urquiola has chosen elements with curved, smooth likes and soft natural tones. Listone Giordano has donated the Biscuit Natural Genius wood floors, designed by Urquiola. Among the other donations and collaborations: American Hardwood Export Council (AHEC), Andreu World, Bulthaup, Cappellini, Flos, Kettal, Kvadrat, Marset, Moroso, Mutina, Roca, Santa y Cole, Viccarbe.
P46. THE TWIST project BIG – BJARKE INGELS, DAVID ZAHLE with EVA SEO-ANDERSEN AND MIKKEL MARCKER STUBGAARD photos Laurian-Ghinitoiu, courtesy of BIG article Matteo Vercelloni
INSIDE THE KISTEFOS SCULPTURE PARK AT JEVNAKER, NORWAY, IN THE FORESTS NORTH OF OSLO, A FOOTBRIDGE DESIGNED AS AN EXHIBITION SPACE AND A SCULPTURAL ARCHITECTURAL OBJECT, ENHANCING THE LARGEST OUTDOOR SCULPTURE MUSEUM IN NORTHERN EUROPE Opened in 1999, Kistefos Sculpture Park now contains 46 sculptures scattered in the landscape, in a forest around an old paper mill on a bend of the Randselva River. In this striking natural landscape, under trees and in clearings, along the banks of the river and inside the old brick mill, sculptures have been inserted by Norwegian and international artists like Anish Kapoor and Olafur Eliasson, Fernando Botero and Elmgreen & Dragset, Fabrizio Plessi and Tony Cragg, just to name a few. The park-museum had a single passage that permitted crossing from one side of the river to the other, and the competition for an added footbridge, won by the firm BIG with its first project in Norway, improves access to the park and a more suitable visit itinerary. The solution is a bridge closed along the sides with access from the two heads, a work that combines exhibits and refreshment with the bridge’s main function, containing a cafe, restrooms and various spatial configurations for exhibits. At the same time, the compositional solution of an ideal rectangular beam that twists by 90° at the middle takes on sculptural value, as an infrastructural addition to the silent works standing in the park. As Bjarke Ingels explains, “we were fascinated by the dramatic landscape of Kistefos: the bending river, the wooded banks, the steep terrain. Our design for the Twist offers a second bridge inside the sculpture park, forming a continuous loop across both riverbanks. The bridge with its various facilities represents our first experiment on the theme of social infrastructure: a building that acts as a bridge, or a cultural institution that acts as infrastructure.” The solution of the compositional twisting of a simple geometric body has been seen in other architectural experiments, including the suspended connection (Bridge of Aspiration, 2003) between the Royal Opera House and the Royal Ballet School in London designed by Wilkinson Eyre; but while in that case the architectural twirl joined two buildings, here in the chilly Norwegian forests of Jevnaker the Twist unites two segments of territory, acting as a manmade presence in both figurative and functional terms. The geometric form of reference – the ideal beam – is an uninterrupted pathway that spans the river and becomes part of the landscape. The latter can be seen through the continuous glazing of the northern side, towards the old paper mill, following the twisted 90-degree movement to become a sort of skylight placed in a central position. The volumetric variation enables the inhabitable bridge to connect at different levels of the banks: lower for the vertical entrance and the opposite extremity, slightly higher for the glazed horizontal accessway. The double curve of the construction is composed of a series of aluminium panels with a width of 40 centimeters, arranged parallel and independently to adapt to the rotation, like a stack of books that has slipped into a fan-like formation. The same solution is repeated on the inside, where a sequence of fir slats of just 8 centimeters, painted white and placed side by side, sculpturally follow the twist of the evocative, enveloping volume, white like the external enclosure. The space along which to walk is like a seamless series of three ‘distinct’ environments. The first part is like a gallery, receiving natural light, with a panoramic view towards north and a solid wall on which to place artworks; the exhibition space at the opposite end has the same proportions as the gallery, but rotated by 90°. Hence the measurement of the plan of the first space becomes the height of the second, and the height of the first is transformed into the horizontal width of the ‘vertical’ gallery, without openings and lit by artificial means. In the middle, as a sculptural joint, the space of the twist connects the two exhibition spaces that face each other, in keeping with the design philosophy of the Twist. CAPTIONS: pag. 47 The Twist, the museum-bridge designed by the firm BIG in Norway, with the lighted glazing facing north. Below, bird’s-eye view of the Twist, perfectly inserted in the landscape of the Jevnaker forest. To the side, view of the exterior of the glazing of the ‘horizontal’ exhibition space. On the facing page, diagram of the circulation route of Kistefos Sculpture Park.
pag. 48 Views of the interior clad in 8-centimeter fir slats. Above, in the small photo, access to the central space of the Twist. Right, view towards the ‘vertical’ gallery with artificial lighting. Left, detail of the twist of the outer facade. Below, a conceptual and explanatory diagram of the torsion of the horizontal beam and of the hybrid of museum building, infrastructural bridge and sculptural presence, giving rise in their synergy to the overall Twist project.
DesignINg MASTERS
P50. ITALIAN BAUHAUS article Domitilla Dardi
AN ECLECTIC DESIGNER, AHEAD OF HIS TIME AND NOT VERY WELL KNOWN, IVO PANNAGGI CAN BE SEEN AS THE SOLE ITALIAN EXPONENT OF THE FAMOUS GERMAN SCHOOL. FROM FURNITURE IN METAL TUBING TO OTHER PIECES IN MACASSAR WOOD, EXPRESSING AN IDEA OF LUXURY FREE OF ORNAMENT, HIS CREATIONS NARRATE THE LEGACY OF MIES VAN DER ROHE AND THE ART AVANT-GARDES OF THE 20TH CENTURY The Bauhaus centenary has led to various reinterpretations of the what the German school has meant, and continues to represent, for design culture. Many rediscoveries have emerged, such as that of female figures like Anni Albers, relegated to supporting roles in the years of the school, though they were witnesses and fundamental participants in research on materials and techniques of great interest today. In Italy the echoes of the Bauhaus movement undoubtedly converged in a wide-ranging assertion of a concept of modernity that can be seamlessly overlaid with the international Rationalist movement, where our country had a number of outstanding epigones. But if we decide to search for a direct witness, the only voice that surfaces is that of an extraordinary character, outside institutional currents: Ivo Pannaggi. Born in Macerata, Pannaggi was the only Italian artist to have had personal contact with the great historical avant-gardes of the 20th century, involved with the Italian Futurists, the Russian Constructivists and the Bauhaus in Dessau. Shortly after reaching the age of majority, he moved to Rome where he entered the circle of Bragaglia and came to the attention of Marinetti and Balla (he would also pen the Manifesto of Futurist Mechanical Art with Vinicio Paladini in 1922). Starting in 1924, he began regular correspondence with Walter Gropius, which lasted about ten years; in his first letter, he tells the German designer of his desire to write an article about the school, and to study at the Bauhaus himself. In 1925 he went to meet Gropius for the first time in Dessau, and he then returned to the Bauhaus on other occasions, before enrolling in the winter semester of 1932, attending classes until the closure of the facility in 1933. Pannaggi was accepted as a student also because of a certain fame acquired with the interiors of Casa Zampini at Esanatoglia, in the province of Macerata. This was a refurbishing project that blended Futurist, Neo-Plastic and Constructivist influences, demonstrating that the avant-gardes, from a wider perspective, had all contributed, at least indirectly, to the definition of Modernism accepted by the most attentive artists on the international scene. At Casa Zampini there was no “decorative encrustation: the geometrically precise form completes itself in a plastic way,” as he put it. But if this interior is proof of careful observation of the melting pot of international influences of the avant-gardes, which also have an impact on the first Bauhaus of Gropius, his evolution as a designer is epitomized in Casa Benigni, clearly developed under the influence of the later Bauhaus, that of Mies van der Rohe in the years of crisis, until the move from Dessau to Berlin and the closing of the school by the Nazis. The official semester of study at the school in 1932, in the aura of Mies, together with friendships in the years before with other protagonists, left an indelible mark on this interior, which to all effects can be considered the only one in Italy designed under the direct teachings of the German school. In what he called Casa B – created for his sister Eura Benigni in 1933, just after his return from Berlin – Pannaggi introduced furnishings in metal tubing, which had captured his attention since the time when he had purchased one of pieces by Breuer, in 1926 during a visit to the newly opened Bauhaus in Dessau. We can imagine that this was one of the first specimens brought to Italy of that trend towards used of tubular metal, which with the support of the Rationalist move-
ment was to invade modern interiors in a large portion of the world. Proof of this enthusiasm can be found in the articles Pannaggi wrote in those years, as an Italian correspondent in Germany for La Casa Bella, Domus, Edilizia Moderna. This position in journalism undoubtedly helped him to come into contact not only with Gropius, but also with Breuer, Feininger, Itten, Schlemmer, Klee, Kandinsky, Moholy-Nagy, Albers. But the strongest design link is clearly that with Mies van der Rohe and Lilly Reich. In the Benigni house the tribute to the masterpiece of the Tugendhat house in Brno is vividly perceptible. First of all in the far from banal choice of Macassar wood, which Mies had utilized with vertical grain, while Pannaggi made it horizontal. The wooden curve of the German master is acknowledged here by a wall with a door and a fold-back panel concealing a bar cabinet/corner. The piece itself, custom made, is in the same wood, and reveals elegantly sober lines that combine the ambition of a new idea of luxury obtained by elimination of superfluous decoration with the enhancement of noble materials. The Macassar wood was also used for the three-seat sofa, a desk, a table and a planter for cacti – a type of plant loved by Gropius and often inserted in his interior design. The overall effect was completed by various pieces Pannaggi ordered directly from Germany: handles, drapes, tables and chairs. The acquaintances made in the Bauhaus years led Pannaggi to other international contacts. Besides America – where many of his teachers and friends from the school had moved to get away from Nazi-ruled Europe – he spent many years in Norway, with repeated trips to Lapland, beginning a trend of rediscovery of the native crafts origins of useful objects that was followed by many Scandinavian masters. A lifetime truly marked by mental openness and the stimuli of the greatest protagonists of 20th-century design history. Also for this reason, today, after the recent earthquakes in the Marches, the furnishings and interiors by Pannaggi deserve critical reassessment and conservation. CAPTIONS: pag. 51 Facing page, Il costruttore, 1926, oil on canvas. This work originally located in the radio listening room of Casa Zampini embodies the influence of the historical avant-gardes with which Ivo Pannaggi came into contact: Italian Futurism, Russian Constructivism and abstraction, mediated by time spent at the Bauhaus. Below, Natura morta - Derivazione plastica da bottiglia + bicchiere e ambiente, 1925. This is a sculpture on pietra serena created for the so-called Camerapranzo of Casa Zampini. Below, Desk, 1936. The piece was made for Casa Benigni in Padua in Macassar wood, an unusual type of wood already utilized in the Tugendhat house at Brno by Mies van der Rohe, the great master much admired by Pannaggi, whom he had met in the role of director of the Bauhaus in the final period of the school. pag. 52 Lower left, Salottino Casa B (Macerata), 1933. The decor features a Macassar wall with a folding bar unit, completed with a table by Mies van der Rohe from the MR collection. The wall is a clear tribute to that of the Tugendhat house, where Mies had used the typical grain of the wood in a vertical arrangement, while Pannaggi made it horizontal in this interior. At the center, Salottino Casa B, 1933. The poise of the interior design also emerges in the choice of the furnishings: those designed by Pannaggi himself, like the sofa and the planter in Macassar wood, but also those he selected, like the chairs from the MR series by Mies van der Rohe and the curtains derived from pieces by Bauhaus. Right, Anticamera Casa B, 1933. pag. 53 To the side, Cassettiera della Camerapranzo di Casa Zampini (Esanatoglia, Macerata), 1925-26. Lower left, Anticamera di Casa Zampini, 1925-26. Right, Camerapranzo di Casa Zampini, 1925-26. The interiors are a synthesis of influences on Pannaggi from the historical avant-gardes, visible in the spatial layout and even more clearly in the design of the furnishings.
DesignINg PROJECTS
P54. GROUP STORIES article Laura Traldi
WHILE THE PASSION FOR COLLECTING SPREADS THANKS TO THE WEB, THE WORLD OF DESIGN OPTS FOR TYPOLOGICAL COLLECTIONS. TO CREATE A LINK BETWEEN PEOPLE AND OBJECTS, AND TO SHOW THAT DESIGN – THE KIND THAT LASTS AND COUNTS, ANONYMOUS OR FAMOUS – COMES FROM KNOWLEDGE AND A LOVE OF THINGS AND THOSE WHO USE THEM “Collecting is a psychological condition: that of a person who seeks something that has been lost, and can never be truly found again.” This is how Rolf Fehlbaum, the owner of Vitra, explained his passion for the collection and cataloguing of objects to Alice Rawsthorn, guest curator of the Milano Design Film
Festival 2019. In his case, the subject is chairs: at the Vitra Design Museum he has 20,000 of them, narrated in the film “Chair Times.” People afflicted with the “psychological condition” mentioned by Fehlbaum are numerous, and the web has made collecting – especially of the ‘minor’ variety, focusing on objects ‘without value’ – a very widespread phenomenon, also because it is sustained by precious tools: a dedicated search engine (Barnebys), a magazine (Collectors Weekly), many online auctions, and the erudite blog “Collezione da Tiffany” (made in Italy). Part of this universe is inhabited by designers and architects, categories always subject to the temptation to collect. Historical examples include Le Corbusier and the Eameses (who filmed their collections of objects, such as spinning tops). In Italy we had Achille Castiglioni. The master designer, his daughter Giovanna explains, “collected anonymous objects for his personal pleasure, to surround himself with things that spoke to him. Then he used them as examples during his classes at the Polytechnic, or as sources of inspiration: he observed them, gaining stimuli that could then lead elsewhere. From a pencil to flatware for Alessi, from a milking stool to a seat for Zanotta, from a tumbler to a lamp for Flos…” Other modes of collecting have also developed. “I have typological fixations,” says Odo Fioravanti, who has collected objects since his college days, and owns about 2000 of them (“a very rough estimate”). “For example, I like kitchen timers and folding chairs. Or the products of a particular company (Braun, Tupperware). Or certain lines of products (objects in wood by Sottsass for Twergi).” It is precisely this theme of typological reasoning that is coming back to the fore in the last few years, with exhibitions, books and studies. Through display and narration, the collection of a designer becomes a way to supply new perspectives on design and to attract a wider audience. The type-based exhibition, in fact (if well organized, displayed and captioned) sends clear messages about things, permitting an approach that would otherwise be unthinkable for non-professionals, and telling stories that express bonds of affection that enable us to truly appreciate objects. And, therefore, the project (conscious or not, anonymous or signed) behind the objects. The first instance of this approach was the Venice Architecture Biennale curated by Rem Koolhaas (2014), which proposed an analysis that “looks under a microscope at the fundamentals of our buildings, used by any architect, anywhere, anytime: the floor, the wall, the ceiling, the roof, the door, the window, the façade, the balcony, the corridor, the fireplace, the toilet, the stair, the escalator, the elevator, the ramp.” A ‘catalogue of knowledge’ from which a critique also emerged regarding the ‘lightness’ of much contemporary architecture as opposed to more ‘solid’ historical examples. Since then a series of small but significant exhibitions have been made around collections of objects without airs, but of great anthropological value. ‘Exercises’ that have narrated, between the lines, the intense focus of designer not only on things but also and above all on the people who use them. In this direction, in 2015 Giulio Iacchetti showed us the evolution of military food rations, and in 2017 that of clothespins (both at the Triennale), while in 2019 he examined the coffeepots of the great masters. The latter, at the Lavazza flagship store in Milan until 3 November, offered an interpretation of the history of the ‘moka,’ identifying 1979 as the watershed year in which the most popular object in Italy was transformed from a simple piece of household gear into a terrain for design exploration. Collections Typologie, a French design studio and publishing house, also moves along these lines, creating books of objects narrated in historical terms. The first one, in 2017, was on bocce balls. The others, in 2019, are on wine bottles and corks, giving rise to two exhibitions presented at the FuoriSalone in April, at the London Design Festival in September (in the shop of Jasper Morrison) and the Vitra Design Museum, until 31 May 2020. The studio is presently working with a focus on wooden crates. “We analyze the objects we use every day, which are part of our culture, things that are very familiar, so they are not granted the right critical distance,” says Raphaël Daufresne (cofounder with Guillaume Bloget, Thélonious Goupil and Guillaume Jandin of Collections Typologie). “We try to understand why they have a certain form, and why they are so widespread in everyday life. For all the objects we have studied, we have discovered a very long history and a complex anthropological background. Because to evolve, to be refined and to reach a state of perfection and efficiency, the form of an object needs time.” The evolution and interpretation of an object is also the subject of “U-Joints,” curated by Andrea Caputo and Anniina Koivu (shown again a few months ago at ECAL after the presentation at the FuoriSalone 2018), which studied the theme of the joint through experiments, prototypes and creations of 50 designers. “I believe exhibitions should tell a story, revealing an unknown or forgotten detail, or should simply help us to look at design from another perspective,” Koivu says. “To reorga-
nized design objects under new umbrellas, a typology, a focus on joints, a taxonomy, a specific moment in time: these are ways to remind ourselves that there is much more to be designed, with respect to the form and functioning of an object.” In a historical moment in which the biggest risk for the profession is the spread of decorativism at the expense of typological innovation, this is a strong and significant message, towards a concrete return to making ‘design culture.’ And to potentially widen the coverage, beyond the milieu of professionals and fans, thanks to clear, immediate tools of communication. CAPTIONS: pag. 54 Right, Rolf Fehlbaum, owner of Vitra and a collector of chairs. The image comes from the film Chair Times, screened during the latest edition of the Milano Design Film Festival, October 2019. Left, the objects Marialaura Rossiello Irvine collections and displays in her studio. pag. 55 Below, the windows section in “Elements of Architecture,” the exhibition that analyzed the basic ingredients of the architectural language, presented by OMA at the 14th Venice Architecture Biennale curated by Rem Koolhaas (2014). pag. 56 Above, from left: some of the approximately 2000 objects collected by Odoardo Fioravanti on view in his studio in Milan; detail of “U-Joints,” the exhibition curated by Andrea Caputo and Anniina Koivu (Milan, 2018, Lausanne, 2019), which analyzed the theme of the joint through the experiments, prototypes and products of 50 designers. Below, “The wine bottle and the cork stopper” by Collection Typologie: the collection, also illustrated in a book, will be at the Vitra Design Museum until May 2020. pag. 57 Upper right, the poster for the exhibition of clothespins presented by Giulio Iacchetti with Elisa Testori and Paolo Garberoglio at the Milan Triennale in 2017. Above, Iacchetti during the exhibition “Le Caffettiere dei Maestri” installed in October at the Lavazza flagship store in Milan.
P58. SOFT LINES article Stefano Caggiano
THE NEED TO FIND A THIRD WAY THAT GETS BEYOND THE DICHOTOMY OF NATURE AND ARTIFICE GIVES RISE TO OBJECTS WITH RATIONAL BUT FLUID FORMS The history of design can be seen as a multiplication of languages that intertwine in various ways, a tide of rivers that descending from the period of the origins (the second half of the 1800s), crosses the 20th century and reaches the 21st, shaping formal hypotheses along the way, from the most structured to the most amorphous. The architectural products of rationalism, on the one hand, and organic bodies, on the other, represent the extremes of a range of possibilities of combination of the basic ingredients of design, from technique to art, function to form. In the formal conception of the object we can thus identify two fundamental recipes, of which all the others constitute more or less accentuated shadings: the rigid-structural formula that moves ‘analytically’ from the parts to the whole, and the morphological-organic formula, which moves ‘synthetically’ from the whole to the parts, sculpting the body of the object like a cellular mass that gradually assumes the established shape. These two ways of thinking about objects reflect a deeper philosophical dichotomy between the artificial world and the natural world, where the former is marked by rational control over reality, and the latter is marked by morphogenetic openness to freedom. This polarity, though it has marked the entire history of design, is hard to locate in the new scenario that seems to be emerging. The question of sustainability makes the problem of man’s action on the earth increasingly evident, not in terms of the (nevertheless imperative) safeguarding of the natural dimension with respect to the artificial, but because in our actions, projects and thoughts the natural and the artificial exist on two fronts, perceived as distant and in opposition. What seems to be increasingly necessary, from a philosophical standpoint and therefore aesthetic standpoint, is a virtuous synthesis between natural and artificial, a synergetic growth between the flesh of the world and the structure of civilization, which interweaves natural and cultural like the warp and weft of the same story, that of the development of human affairs in the new century. The first signs of this attempt are already surfacing. They are projects that come from research on structure of a morphological character; projects, that is, that define the architecture of products not through the controlled distinction of the parts, but through their harmonious fusion. This is the case of the Gilda and Tata seats by Estudiobola, where the first is slightly more sober, and the second is a bit more explicit in its reference to the organic dimension (almost bone-like); both, however, are the result of sophisticated sculptural work that has guided the composition without suffocating it with rigid top-down control, permitting soft bottom-up spontaneity to bring the parts into rational harmony. This ‘oxymo-
ronic’ approach to the aesthetic formulation of the product (in the sense of organic management applied to rational architecture) can lead to results of true spatial poetry, as in the case of the Velo seat by Jan Waterston, which explores the aerodynamic imaginary of a subtle, quick plastic flux, or the Ethereal series by Marc Fish, which combines design with an artist sensibility close to Art Nouveau, but updated and contemporary, developing objects that are genuine distillates of formal coherence. From this viewpoint, the projects Hypnos and Marlowe by Roberto Lazzeroni for Ceccotti Collezioni are also very interesting, since they even combine a structure with a ‘tech’ flavor and the organic softness of wood. An even more radical take can be seen in the Dusty and Wind chairs by Peter Donders; in particular, the second has been imagined as the extreme deformation of a tree caused by wind, which has opened up and reshaped the mass, just as movement designed the Unique Forms of Continuity in Space of Boccioni. This is a result of an organic type, which blends an arboreal aesthetic with a synaptic one, starting from their shared biological origin. The fact that these paths of organic-rational synthesis can open up new processes in which natural and artificial engage in productive coexistence is proven by the cases of guided growth of botanical trunks, which thus take on the form of useful objects. This is the case, among others, of Full Grown, a brand that produces furnishings through a true line of cultivation. Again, these are local experiences that would be hard to implement on a large scale (and in any case already suited to a ‘zero-km design’). Nevertheless, their value lies precisely in their way of being not only theoretical but also practical statements, capable of suggesting a possible paradigm shift. Projects of openness conceived to make us see that – as Leonard Cohen sang - “there’s a crack in everything, that’s how the light gets in.” CAPTIONS: pag. 58 The Velo //1 seat in ash wood by Jan Waterston optimizes the previous Velo model by eliminating the joints. Photo Matthew Watkins. pag. 59 Above, the drawings and prototyping of the Gilda (left) and Tata (right) models, made by the Brazil-based Estudiobola in collaboration with the Italian company Artelegno for Brazilian Design Made in Italy. The use of CNC technology has made it possible to obtain the sculptural sense typical of handmade forms. Photo Gui Gomes. Below, the Hypnos chair by Roberto Lazzeroni for Ceccotti Collezioni, available in solid American cherry or American walnut. The sinuous, soft lines generate two proposals for comfort, respectively ‘arboreal’ and ‘skeletal.’ pag. 60 Above, the Dietal, Edwardes and Gatti seats produced by Full Grown defy normal furniture production methods by using ancient techniques combined with modern technologies, to cultivate and literally ‘harvest’ chairs, tables and sculptures in living wood. Photo Chris Robinson. Below, the Dusty chair and Wind table made by Peter Donders in birch, subdividing the body of the object into parts or layers printed in 3D. The combination of craftsmanship and digital technology optimizes the use of material, improving strength and reducing weight. pag. 61 Marc Fish next to his Ethereal Sycamore Seed sculpture, made in sycamore and acrylic with the same technique used for the seats of the Ethereal series (left), characterized by organic, ethereal forms. Photo courtesy of Todd Merrill Studio, NYC.
DesignINg SHOOTING
P62. THE GAME OF OPPOSITES by Nadia Lionello - photos Miro Zagnoli
CONTRASTING FORMS AND DETAILS: SQUARE AND ROUND, WARM AND COOL, AND MORE. AN ORIGINAL GAME OF REVELATION OF THE VARIETY AND TYPICALITY OF DESIGN CAPTIONS: pag. 62 Male and female From left, the Kay Lounge chair with structure in brushed brown nickel steel or brushed steel. Seat and back covered in raw cut cowhide, leather or ponyskin. Designed by Jean-Marie Massaud for Poliform. Nepal Mama chair with structure in coated metal, beech plywood back and seat in birch plywood with elastic belting. Padded with polyurethane and acrylic fiber, covered in blue, white, camel or bordeaux Mongolia. Designed by Paola Navone for Baxter. pag. 63 Empty and full From left, Lost LED floor lamp in ABS with satin-finish opaline methacrylate diffuser, metal rod and base in die-cast aluminium, available in black or white. Designed by Brogliato Taverso for Magis. Kwic LED floor lamp with aluminium disk and semi-spherical diffuser in blown glass; the disk, rod and base in metal are coated in black or bronze. Designed by Serge & Robert Cornelissen for Axolight. pag. 64 Geometric and curved From left, Zoe chair with beech structure covered in variable-density polyurethane rubber, lined with polyester fiber and covered in leather or fabric. Feet in die-cast aluminium, polished or
coated. Designed by Giuseppe Bavuso for Alivar. Revival chair with structure in plywood and padding in polyurethane bonded with polyester fiber. Seat cushion in polyurethane and down, back in polyurethane with removable fabric cover. Feet in die-cast metal or wenge-stained wood. Designed by R&D Twils for Twils Lounge. pag. 65 Round and square From left, Dot spherical swivel chair with structure in solid fir and pine plywood, padded with high-strength double-density mousse, supported by elastic belting. Covered in elastic fabric. Part of the Nativ collection designed by Raphael Navot for Roche Bobois. Suitcase Line, a cubical armchair in the new version (1997/2019) with structure in solid wood, elastic belting, expanded polyurethane filler; seat cushion in down and Performance polyurethane, optional goosedown back. The base is made with extruded aluminium coated in a brandy color. Covered in removable fabric, pony look or ash, zebra look and crocodile-print leather, with seat cushion covered in Lodge, nubuck or Aspen leather. Designed by Rodolfo Dordoni for Minotti. pag. 66 Heavy Giudecca table in Cimento®, a material made with 90% mineral aggregate mixed with cement binder. Made in different tones of red, blue, green or mustard, balanced in different levels of saturation and intensity, powdery or bright. Designed by Parisotto+Formenton Architetti for Cimento. Luà LED table lamp with adjustable diffuser disk and body in brown coated aluminium with copper base, white aluminium with polished base, gold or copper aluminium with gold-color base. Designed by Marco Pagnoncelli for Icone Luce. pag. 67 Light Jabot extralight transparent glass table, milled and ground, with shaped legs strengthened by a special chemical treatment. Heat-tempered top. Designed by Mario Belleni for Glas Italia. Giulietta Be LED table lamp with touch control, rod and diffuser disk in brass. Designed by Enzo Catellani for Catellani & Smith. pag. 68 Nude and dressed From left, Paloma indoor-outdoor chair in metal tubing, coated in a range of colors. Designed by Radice Orlandini for Baleri Italia. Pippi S chair with structure in coated metal tubing and padded seat covered in Vision fabric, bi-elastic and slightly padded, in eleven colors. Designed by Roberto Paoli for Midj. pag. 69 Warm and cool Terrazzo carpet in polyester, inspired by Venetian terrazzo. Produced in a single version, in the sizes 170x240 and 200x300 cm, by Calligaris. From the decorative Play project by ABK Ceramiche, Drops tiles in porcelain stoneware, 20x20 cm, with marble pattern made with full-HD digital technology.
P70. INSPIRED BY MEMPHIS by Carolina Trabattoni - photos Paolo Riolzi
THE 1980S ARE BACK: LAMINATED FURNITURE, MIXED GEOMETRIC PATTERNS, STRONG CONTRASTING COLORS. THE POSTMODERN MOOD RETURNS IN THE WORKS OF THE PROTAGONISTS AND THE REINTERPRETATIONS OF YOUNG DESIGNERS CAPTIONS: pag. 70 Miniature Carlton, a reproduction on a scale of 1:4 of the shelves by Ettore Sottsass first seen in the historic Memphis exhibition of 1981, in laminate with solid colors and the Bacterio pattern; a limited edition of 1000 pieces, from Memphis Milano. On the floor, the Hexa hexagonal mosaic in the Ocean Wave matte color, from Terratinta Ceramiche of Terratinta Group. On the wall, panel with Rete fabric by Ettore Sottsass in pure cotton, Memphis Milano. pag. 71 Sofa with Arms, limited edition of 33 pieces per color (fuchsia, in the photo) of the iconic seat by Shiro Kuramata from 1982, by Cappellini. Arizona carpet in hand-knotted wool, by Nathalie Du Pasquier, Memphis Milano. Paravan sound-absorbing panels covered in fabric, easily combined to create linear, corner and curved compositions, designed by Lievore Altherr for Arper. pag. 72 From left, Meta stackable indoor-outdoor chair, entirely in coated aluminium and finished with metal nails and rivets, designed by Giulio Iacchetti for Internoitaliano. Ant™ Deco Silhouette, the classic chair by Arne Jacobsen for Fritz Hansen, in the version with the shell printed with a tribal ton-sur-ton design by the Danish artist Krista Rosenkilde. Pablo Piano table designed by Nava + Arosio for Rubelli Casa, in HD polyurethane with faceted and lacquered tops. pag. 73 Lagoa by Zanini De Zanine for Tacchini, chair with textile covering and a soft, rounded volume with suspended seat. On the floor, the Contrasti collection by Ragno, in white and anthracite stoneware with a matte, silky surface, soft to the touch. On the wall, the Monforte sound-absorbing mobile divider system, composed of tubular parts covered in Kvadrat fabric, designed by Raffaella Mangiarotti for IOC project partners. pag. 74 Smalto table by Edward Barber & Jay Osgerby for Knoll with legs in steel tubing and top with shiny glazed finish in porcelain. Lisa Lounge, designed by Marcello Ziliani for Scab Design, chair with coated tubular steel structure, padded seat and back with curved plywood core. Geometrie Volanti carpet by Paola Pastorini for antoniolupi in printed tufted velvet. On the wall, panel covered with Cerchio cotton fabric by Nathalie Du Pasquier for Memphis Milano. pag. 75 Arcom bedside unit with drawer and fold-back hatch, designed by Giulio Iacchetti for My Home Collection. Delux table lamp in the black Marquinia marble version, shade in blown opal glass, by Studio Natural for Martinelli Luce. Trix convertible by Piero Lissoni for Kartell, composed of parts in expanded polyurethane connected by elastics
and covered in LeTraset fabric by Ettore Sottsass. On the wall, Monforte, the jointed divider system composed of tubular parts, by Raffaella Mangiarotti for IOC project partners. On the floor, the Contrasti collection of white and anthracite gray stoneware tiles by Ragno. pag. 76 From left, Mrs Rainbow, from the Raw & Rainbow collection, designed by Zanellato/Bortotto for Altreforme, a sculptural vase in a limited edition in colored aluminium. Double stacked bowls by Donato D’Urbino – Paolo Lomazzo, with double walls in black and red colored steel and relief decoration obtained by a cold coining process for a granular effect, from Alessi. pag. 77 Table Joy by Aldo Cibic, a collection of combinable and stackable objects for the table, in hand-finished colored or platinum-coated ceramic and two-tone blown glass. The collection includes a cup, a stand, a carafe, a vase. From Paola C. Surface made with cementina tiles in stoneware from Collezione Contrasti, available in six powder tones, seen here with the Tappeto 13 decoration in the teal color, by Ragno.
DesignINg REVIEW
P78. LIGHT METAL by Katrin Cosseta
THE WARMTH OF COPPER. THE CHILLY CHARM OF CHROME. THE CLASSIC LOOK OF BRASS. THE INDUSTRIAL APPEAL OF IRON. THE LIGHT SUSTAINABILITY OF ALUMINIUM. THE ECLECTIC ENCOUNTER BETWEEN DESIGN AND METALLURGY GRANTS INTERIORS NEW DECOR STIMULI: FROM SOFT REFLECTING FORMS LIKE THOSE OF JEFF KOONS, ALL THE WAY TO THE GRAPHIC IMPACT OF STEEL WIRE CAPTIONS: pag. 78 On this page, detail of the Filinea chair by Antonino Sciortino for LaCividina, with a structure composed of a complex tangle of copper-coated steel rod. On the facing page, Puddle, a trio of tables in brass by Yabu Pushelberg for Henge, in the finishes silver, black or burnished brass. In the background, the Nebula paneling by Paola Lenti and De Castelli, formed by parts in Tela, a copper weave available in four colors. pag. 80 Left, detail of the Ring Sphere suspension lamp by Brian Rasmussen for Pallucco, with a diffuser formed by rings of PVC ribbon in the colors gold, nickel and copper. Frinfri table with removable tray by Dondoli & Pocci for Bonaldo, in coated metal with muted tones of lead, bronze, copper and brass. Riviera chair designed by LucidiPevere for Emu, with structure in welded steel, made with tubing and bars with a rounded profile; covered in Emu-Coat (cataphoresis + coating) with an antique iron color. pag. 81 Sun-Light of Love suspension lamp by Tord Boontje for Foscarini, in steel and aluminium, liquid-coated with gold finish. Graffio cupboard with two doors designed by Paolo Benevelli for De Castelli: the natural oak structure is clad with metal (DeErosion copper) on all the visible sides, with a surface grooved with a texture of random lines. Tappo stool-table by Studio NOOII (Stefano Bortoletto and Valentina Brunetta) for the Living Extra collection of Zanetto, made by hand in metal with the finishes satin silver, polished silver-plated alloy, polished brass and polished copper. pag. 82 Nucleus multi-element mirror from the Gradient Collection, designed by Oskar Zieta for his brand Zieta, in colored stainless steel with iridescent reflections. Chiara floor lamp, a reissue from Flos of the project by Mario Bellini in 1969; also available in the table version, it is made with a single sheet of stainless steel cut and bent, in the variants polished, bronze-plated and polished black steel. Chaise longue 01 from the Uncollected Collection, in a limited edition, designed by Piero Lissoni for the 50th anniversary of Living Divani, in cast aluminium. pag. 83 Pantonova modular seat, a classic by Verner Panton from 1971, reissued by Montana; composed of three modules (linear, concave and convex) in chrome-plated steel wire, for individual or combined use. Next 148 table designed by Paola Navone for Gervasoni, in polished cast aluminium, with top decorating in a hammered effect. Flow Filo by Jean-Marie Massaud for MDF Italia, chair in steel wire with black chrome or nickel chrome finish, also available in an outdoor version. pag. 84 Brinco wall lamps by Paolo Castelli, composed of square or round modules in polished and brushed brass, connected by arches of Murano glass. Jack Fruit table lamp, designed by the Campana Brothers for Ghidini 1961, completely in gilded brass or with rosewood base. Solanas credenza by Daniel Germani for Gandiablasco, made with heat-coated aluminium section, microperforated sheet metal and Dekton®. Athenae table designed by Maurizio Manzoni for Cantori, with base and top in patinated bronze. pag. 85 Right, detail of the Senzatempo coat rack/object caddie by Lapo Ciatti for Opinion Ciatti; to mount on the wall or ceiling, it is composed of steel rings that can be infinitely intertwined, in the galvanic chrome and gold coatings. Esqueleto Gold chair by Pedro Franco for A Lot Of, inspired by the human skeleton, in steel and polymer injected with natural fibers, in a limited edition with gold color. Be Bop chair by Ludovica + Roberto Palomba for Kartell, produced in polypropylene with gold metal finish.
A LOT OF Alameda Gabriel Monteiro da Silva 256 Jardim America, BRA SAO PAULO 01442-000 Tel. +511 34592700-34679700, www.alotofbrasil.com ABK GROUP INDUSTRIE CERAMICHE spa Via San Lorenzo 24/a, 41034 FINALE EMILIA MO Tel. 0535761311, Fax 053592800, www.abk.it AHEC AMERICAN HARDWOOD EXPORT COUNCIL Unit 20.1, 20-22 Vestry Street, UK LONDON N1 7RE Tel. +44 207 6264111, Fax +44 207 6264222 www.americanhardwood.org, europe@americanhardwood.org ALESSI spa Via Privata Alessi 6, 28887 CRUSINALLO DI OMEGNA VB Tel. 0323868611, www.alessi.com, info@alessi.com ALIVAR srl Via L. da Vinci 118/14, 50028 TAVARNELLE VAL DI PESA FI Tel. 0558070115, Fax 0558070127 www.alivar.com, alivar@alivar.com ALTREFORME FONTANA PIETRO spa V.le A. De Gasperi 16, 23801 CALOLZIOCORTE LC Tel. 03416381, Fax 0341638493 www.altreforme.com, info@altreforme.com ANDREU WORLD S.A. C/Los Sauces 7, Urb. Olimar, E 46370 CHIVA - VALENCIA Tel. +34 96 1805700, Fax +34 96 1805701 www.andreuworld.com, aworld@andreuworld.com Distr. in Italia: DESSIÈ srl, Via di Sottomonte 37/b 55012 CAPANNORI LUCCA, Tel. 058394102, Fax 058394266 www.dessie.it, info@dessie.it ANTONIO LUPI DESIGN spa Via Mazzini 73/75, 50050 CERRETO GUIDI FI Tel. 0571586881, www.antoniolupi.it, lupi@antoniolupi.it ARPER spa Via Lombardia 16, 31050 MONASTIER DI TREVISO TV Tel. 04227918, Fax 0422791800 www.arper.com, info@arper.com ARTELEGNO LAB Via Molinara 15b, 24060 GORLAGO BG, Tel. e Fax 035 951134 www.artelegnolab.it, info@artelegnolab.it ASTEP aps Vermundsgade 40b, DK 2100 COPENHAGEN Tel. +4553855775, astep.design, info@astep.design AXO LIGHT srl Via Moglianese 44, 30037 SCORZÈ VE, Tel. 0415845193 Fax 0415845060, www.axolight.it, axolight@axolight.it BALERI ITALIA srl Via G. Verdi 42, 24060 TELGATE BG, Tel. 0358365111 www.baleri-italia.com, info@baleri-italia.com BAXTER srl Via Costone 8, 22040 LURAGO D’ERBA CO Tel. 03135999, Fax 0313599999, www.baxter.it, info@baxter.it BD BARCELONA DESIGN Pujades 63, E 08005 BARCELONA Tel. +34 93 4570052, Fax +34 93 2073697 www.bdbarcelona.com, export@bdbarcelona.com BISAZZA spa V.le Milano 56, 36075 ALTE DI MONTECCHIO VI Tel. 0444707511, www.bisazza.com, info@bisazza.com BONALDO spa Via Straelle 3, 35010 VILLANOVA DI CAMPOSAMPIERO PD Tel. 0499299011, Fax 0499299000 www.bonaldo.it, bonaldo@bonaldo.it BULTHAUP ITALIA srl Via Senato 6, 20121 MILANO, Tel. 0236551819 Fax 0236552188, www.bulthaup.com, info.it@bulthaup.com CALLIGARIS spa Via Trieste 12, 33044 MANZANO UD Tel. 0432748211, www.calligaris.com CANTORI spa Via della Sbrozzola 16, 60021 CAMERANO AN Tel. 071730051, Fax 0717300501 www.cantori.it, info@cantori.it CAPPELLINI CAP DESIGN spa Via L. Busnelli 5, 20821 MEDA MB, Tel. 0362372486 Fax 031763322, www.cappellini.it, cappellini@cappellini.it CATELLANI & SMITH srl Via Cimitero 1/a, 24020 VILLA DI SERIO BG Tel. 035656088, Fax 035655605 www.catellanismith.com, info@catellanismith.com CECCOTTI COLLEZIONI srl V.le Sicilia 4/a, 56021 CASCINA PI Tel. 050701955, Fax 050703970 www.ceccotticollezioni.it, info@ceccotticollezioni.it CIMENTO Via Kennedy 107/a, 30027 SAN DONÀ DI PIAVE VE Tel. 042165422, www.cimento.tech, info@cimento.tech DAVID WEEKS STUDIO 38 Walker Street, USA NEW YORK, NY 10013 Tel. +1 212 966 3433, www.davidweeksstudio.com info@davidweeksstudio.com DE CASTELLI srl Via delle Industrie 10, 31035 CROCETTA DEL MONTELLO TV Tel. 0423638218, Fax 042383467 www.decastelli.it, info@decastelli.com DESALTO spa Via per Montesolaro, 22063 CANTÙ CO, Tel. 0317832211 Fax 0317832290, www.desalto.it, info@desalto.it DESIGN MOOD Via 4 Novembre 26/28, 46024 MOGLIA MN Tel. 0376 59 81 53, Fax 0376 59 88 23 www.designmood.it, info@studiolabo.com EMU GROUP spa Via della Resistenza, Z.I. Schiavo, 06055 MARSCIANO PG Tel. 075874021, Fax 0758743903, www.emu.it, info@emu.it
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N. 12 dicembre December 2019 rivista fondata nel review founded in 1954
on line www.internimagazine.it direttore responsabile/editor GILDA BOJARDI gilda.bojardi@mondadori.it comitato scientifico/board of experts ANDREA BRANZI DOMITILLA DARDI DEYAN SUDJIC consulenti/consultants CRISTINA MOROZZI MATTEO VERCELLONI RUDI VON WEDEL
Nell’immagine: una vista della casa-hub di Taller Aragonés a Città del Messico che riunisce spazi privati e pubblici, studio professionale e ospitalità su misura. In the image: view of the home-hub of Taller Aragonés in Mexico City, which combines private and public spaces, a professional studio and hospitality made to measure. (foto di/photo by Joe Fletcher)
NEL PROSSIMO NUMERO 02 IN THE NEXT ISSUE INsights
FANTASIA AL POTERE POWER TO THE IMAGINATION INside
PROGETTI DI/PROJECTS BY TALLER ARAGONÉS, NUNO GRANDE, PETER PICHLER, MARCEL WANDERS, JEAN MICHEL WILMOTTE FocusINg
IL LINGUAGGIO DEL COLORE THE LANGUAGE OF COLOR: CAMILLE WALALA E/AND ADAM NATHANIEL FURMAN DesigINg
SUPERFICI CREATIVE CREATIVE SURFACES BLACK&WHITE
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progetti speciali ed eventi special projects and events collaboratori/collaborators ANTONELLA GALLI CARLO BIASIA ANNA BOLLETTA VALERIA MALITO SISTEMA INTERNI 3 Interni Annual monographs Annual Cucina, Annual Bagno, Annual Contract Design Index The Design addressbook Guida FuoriSalone Milano Design Week guide Interni King Size Milano Design Week product preview Interni Serie Oro Volume speciale/Special Edition ARNOLDO MONDADORI EDITORE S.P.A. 20090 SEGRATE - MILANO INTERNI The magazine of interiors and contemporary design via Mondadori 1 - Cascina Tregarezzo 20090 Segrate MI Tel. +39 02 75421 Fax +39 02 75423900 interni@mondadori.it Pubblicazione mensile/monthly review Registrata al Tribunale di Milano al n° 5 del 10 gennaio 1967. PREZZO DI COPERTINA/COVER PRICE INTERNI + ITALIAN DESIGN FACTORIES € 10,00 in Italy
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