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THE MAGAZINE OF INTERIORS AND CONTEMPORARY DESIGN

N° 8 LUGLIO-AGOSTO JULY-AUGUST

2019

MENSILE ITALIA / MONTHLY ITALY € 8

DISTRIBUTION 11 LUGLIO/JULY 2019 AT € 16,30 - BE € 15,10 - CH Chf 18 - DE € 20,50 DK kr 145 - E € 15 - F € 15 - MC, Côte D’Azur € 15,10 PT € 15 - SE kr 160 - US $ 28 Poste Italiane SpA - Sped. in A.P.D.L. 353/03 art.1, comma1, DCB Verona

MEDITERRANEAN PROJECTS



FocusINg

MATERA 2019 CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA

INteriors&architecture

PROGETTI DI ARCHINOW!, ARCHITREND MARCO BEVILACQUA GIOVANNI CAPPELLETTI GIUSEPPE GURRIERI, CORRADO PAPA STUDIO MARCO PIVA CRISTINA SUMMA

TalkINg About GIULIANO DELL’UVA

DesignINg

PROGETTO MEDITERRANEO

ShootINg

I COLORI DELL’ESTATE EVERGREEN NUOVE TRAME WITH COMPLETE ENGLISH TEXTS

Cover story

ISPIRAZIONE AUTENTICA





CERSAIE – BOLOGNA 23/27 settembre 19 HALL 21 • STAND A39–B38



FILOMURO Porta collezione Filomuro, modello Biplan, rivestita con pannelli in laminato ceramico Laminam.

www.garofoli.com


IN dice CONTENTS luglio-agosto/July-August 2019

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In copertina: l’illustrazione di Mauro Bubbico omaggia Matera 2019 Capitale Europea della Cultura mediante la stilizzazione di un vaso antropomorfo e di una decorazione a intarsio presenti in due musei della città lucana, Ridola e Palazzo Lanfranchi. Sempre al Sud Italia fanno riferimento le collezioni Panis e Setacci di Amura, firmate da Emanuel Gargano, Anton Cristell, Elisabetta Furin e Rosaria Copeta. I pouf hanno un taglio sulla superficie come quello praticato sull’impasto dei pani di Altamura. I tavoli si ispirano ai setacci per la farina tipici della tradizione contadina. On the cover: the illustration by Mauro Bubbico pays tribute to Matera 2019 European Capital of Culture through a stylized anthromorphic vase and an inlaid decoration found at two sites in the city, Museo Ridola and Palazzo Lanfranchi. Southern Italy is also evoked in the Panis and Setacci collections by Amura, created by Emanuel Gargano, Anton Cristell, Elisabetta Furin and Rosaria Copeta. The ottomans have an incision on the surface like that made on loafs of bread in Altamura. The tables are based on the typical flour sieves of the rural tradition.

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16 ART MAURO BUBBICO

INBRIEF

18 VARIOUS TABLE ARCHITECTURES; NON SOLO OUTDOOR / NOT JUST OUTDOOR 19 FOOD PROJECT SAPORI D’AVANGUARDIA; A TAVOLA COME UNA VOLTA / AVANT-FLAVORS; AT THE TABLE, AS IN THE PAST

LookINgAROUND

20 PRODUCTION LA TAVOLA MEDITERRANEA / THE MEDITERRANEAN TABLE DESIGN QUOTIDIANO / EVERYDAY DESIGN PERDORMIRE, LA FIABA CONTINUA / THE TALE GOES ON ILVA, GREEN WOOD COATING 30 SHOWROOM TALENTI A MILANO / IN MILAN 32 PROJECTS I MURI RACCONTANO / WALLS TELL STORIES VOLUTTÀ E MEMORIA / DELIGHT AND MEMORY IL SALVATAGGIO INCRIMINATO / INCRIMATED RESCUE NEROPECE CONNESSIONI CULTURALI / CULTURAL CONNECTIONS UN’OASI NELLA CAMPAGNA / AN OASIS IN THE COUNTRYSIDE

10 luglio-agosto 2019 INTERNI

42 CASE HISTORIES UNOPIÙ, RILANCIO DINAMICO / DYNAMIC REVIVAL KAVE HOME, OMNI-CHANNEL AMARA, ALL’INIZIO C’È SEMPRE UN’IDEA / IN THE BEGINNING, THERE IS ALWAYS AN IDEA 46 YOUNG DESIGNERS MARINO SECCO, MARCO ZANZARELLA 48 EXHIBITIONS GERMAN FILM ARCHITECTURE 1918-1933 COME PENELOPE / LIKE PENELOPE DESIGN A FUMETTI / DESIGN IN COMICS LE ANIME DEL BRASILE / SPIRITS OF BRAZIL SULLE ONDE DELL’ARTE / ON THE WAVES OF ART 56 EVENTS SUPER TALK PROGETTI PER L’ANIMA / PROJECTS FOR THE SOUL I CITTADINI DI DOMANI / CITIZENS OF TOMORROW 64 AWARDS IL GRAND PRIX DELLA CERAMICA / THE GRAND PRIX OF CERAMICS NUOVE IDEE SOTTO LA TORRE VELASCA / NEW IDEAS UNDER TORRE VELASCA 68 CONTEST A HUMAN POINT OF VIEW 70 VISION PROJECTS L’ASCOLTO DEI SASSI / LISTENING TO THE SASSI 72 BOOKSTORE 78 TRANSLATIONS 91 FIRMS DIRECTORY



IN dice CONTENTS

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luglio-agosto/July-August 2019

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INtopics 1

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EDITORIAL

DI / BY GILDA BOJARDI

INsights ARTS

8 MICHELE ZAZA, UN PROGETTO DI REDENZIONE / REDEMPTION DI / BY GERMANO CELANT

PhotographINg NATURAL VIEW

A CURA DI / EDITED BY CAROLINA TRABATTONI 2 CAMP ADVENTURE PARK, TREETOP EXPERIENCE DI / BY EFFEKT FOTO / PHOTOS RASMUS HJORTSHØJ DI / BY MARINA JONNA 4 ANAMORPHOSE DI / BY FRANÇOIS ABÉLANET, RADICE PURA GARDEN FESTIVAL FOTO / PHOTOS ALFIO GAROZZO DI / BY CAROLINA TRABATTONI 6 BAMBOO THEATRE DI / BY XU TIANTIAN FOTO / PHOTOS WANG ZILING DI / BY CAROLINA TRABATTONI

MATERA 2019

12 UNA TERRA OLTRE IL TEMPO / A LAND BEYOND TIME DI / BY ANDREA BAGNATO FOTO / PHOTOS PIERANGELO LATERZA 18 MAPPE DELLA MEMORIA / MAPS OF MEMORY DI / BY SHUMI BOSE FOTO / PHOTOS PIERANGELO LATERZA 22 TEATRI URBANI / URBAN THEATERS DI / BY ANTONELLA BOISI FOTO / PHOTOS ANDREA MARTIRADONNA

INside ARCHITECTURE

A CURA DI / EDITED BY ANTONELLA BOISI 26 MALTA, INNESTO CONTEMPORANEO / CONTEMPORARY GRAFT PROGETTO / DESIGN ARCHITREND ARCHITECTURE, GAETANO MANGANELLO, CARMELO TUMINO ARCHITETTI ASSOCIATI FOTO / PHOTOS MORENO MAGGI TESTO / ARTICLE MATTEO VERCELLONI 34 RAVENNA, TRASPARENZE MODERNE / MODERN TRANSPARENCIES PROGETTO / DESIGN ARCHINOW! FOTO / PHOTOS GIOVANNI DE SANDRE TESTO / ARTICLE DANILO SIGNORELLO

12 luglio-agosto 2019 INTERNI


THE SPIRIT OF PROJECT

RIMADESIO.IT

SISTEMA INTERPARETE SPAZIO, PANNELLI SCORREVOLI SAIL DESIGN G.BAVUSO


IN dice CONTENTS

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luglio-agosto/July-August 2019

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98 72 PROJECTS

INside ARCHITECTURE

38 VAL DI NOTO, PROMENADE MEDITERRANEA / MEDITERRANEAN PROMENADE PROGETTO / DESIGN MARCO BEVILACQUA, FABIO SALINI, CORRADO PAPA FOTO / PHOTOS ALBERTO FERRERO TESTO / ARTICLE ANTONELLA BOISI 44 VAL DI NOTO, ARCADIA SICILIANA / SICILIAN ARCADIA PROGETTO / DESIGN GIUSEPPE GURRIERI FOTO / PHOTOS ALBERTO FERRERO TESTO / ARTICLE ANTONELLA BOISI 52 VAL DI NOTO, UN PICCOLO PARADISO / A LITTLE PARADISE PROGETTO / DESIGN CORRADO PAPA FOTO / PHOTOS ALBERTO FERRERO TESTO / ARTICLE ANTONELLA BOISI

TALKING ABOUT

68 CON IL SOLE ALLO ZENIT / WITH THE SUN AT ITS HEIGHT TESTO / ARTICLE VALENTINA CROCI 72 EPICENTRO MEDITERRANEO / MEDITERRANEAN EPICENTER TESTO / ARTICLE CHIARA ALESSI 76 TERRAZZO A SORPRESA / TERRAZZO BY SURPRISE TESTO / ARTICLE VALENTINA CROCI 80 MATERIAL SPIRITS TESTO / ARTICLE STEFANO CAGGIANO

SHOOTING

82 I COLORI DELL’ESTATE / SUMMER COLORS DI / BY NADIA LIONELLO FOTO / PHOTOS SIMONE BARBERIS 90 EVERGREEN DI / BY CAROLINA TRABATTONI FOTO / PHOTOS PAOLO RIOLZI

REVIEW

98 NUOVE TRAME / NEW PLOTS DI / BY KATRIN COSSETA

58 GIULIANO DELL’UVA, CODICE CAMPANO / CAMPANIA CODE TESTO / ARTICLE DOMITILLA DARDI

DesignINg COVER STORY

62 ISPIRAZIONE AUTENTICA / AUTHENTIC INSPIRATION TESTO / ARTICLE ANDREA PIRRUCCIO

14 luglio-agosto 2019 INTERNI

INservice 106 118

TRANSLATIONS FIRMS DIRECTORY DI / BY ADALISA UBOLDI


Floor: Grande Marble Look Golden White Walls, furnishing and countertop: Grande Stone Look Ceppo di Gré

Human Design Da più di ottant’anni progettiamo ceramiche in cui tecnica e innovazione sono al servizio delle persone. Perché il vero design nasce sempre attorno alle emozioni di chi lo vive marazzi.it


INCOVER art 1

1. L'ILLUSTRAZIONE REALIZZATA DA MAURO BUBBICO PER LA COPERTINA DI INTERNI LUGLIO-AGOSTO. 2. MAURO BUBBICO. 3. XIX EDIZIONE DEL FESTIVAL DUNI, MANIFESTAZIONE MUSICALE DEDICATA AL COMPOSITORE LUCANO EGIDIO ROMUALDO DUNI, MATERA, OTTOBRE 2018.

Il legame con la terra di origine, Matera, tradotto in un linguaggio grafico incisivo. Come nell'illustrazione ideata per la copertina di Interni

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MAURO BUBBICO 2

Con uno stile luminoso, armonioso e mediterraneo, Mauro Bubbico costruisce grandi narrazioni, convinto che sia questo, prima di tutto, il compito della cultura grafica. Nelle sue opere racconta la sua terra d'origine, quella del Sud, con la sua storia e le sue tradizioni. Con un linguaggio visivo accessibile e immediato, sgargiante nei suoi pochi ma vividi colori, ne traduce le radici e, quindi, l'identità. Nato a Montescaglioso (Matera), dove 5

vive e lavora dal 1986 come grafico professionista, Mauro Bubbico è docente di progettazione grafica in diversi istituti e università italiani, nonché membro di AGI – Alliance Graphique Internationale. Nel corso degli anni, i suoi interessi e le ricerche approfondite sui luoghi e i loro abitanti lo hanno portato alla definizione di un linguaggio grafico efficace e contemporaneo, volto a raccontarne le peculiarità e a valorizzarli per favorirne lo sviluppo umano, economico e culturale. La sua sfera creativa, nonché campo d’intervento privilegiato, è quindi il territorio, a partire da quello materano d’origine, luogo da narrare, rivelare e codificare attraverso un design rivolto all’educazione sociale e alla sostenibilità ambientale. ■

4. ZOMBIE, POSTER D'AUTORE PER UNA CAMPAGNA SU CARTELLONI PUBBLICITARI E UNA MOSTRA SUI DIRITTI UMANI, BERGAMO, MARZO 2019. 5. MONTEMURRO, CAPITALE PER UN GIORNO, MOSTRA PERSONALE, GIUGNO 2019. 6. CORPI CELESTI, 2019.

Claudia Foresti

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16 luglio-agosto 2019 INTERNI


®

© 2019 Antolini Luigi & C. S.p.a. - All Rights reserved.

HAUTE NATURE

Black Ice (Granito) Antolini crede nel potere di ciò che è autentico. La maestosa forza di madre natura racchiusa in sorprendenti creazioni. La pietra naturale è un frammento del flusso della vita, il battito del cuore delle epoche, la pelle del nostro pianeta. È la purezza nella sua forma più perfetta: design, colori e trame che ci ha consegnato la storia. Creato dalla natura, perfezionato in Italia. antolini.com


INBRIEF various

RICERCA IN MOSTRA

Table Architectures Nel nutrito programma di eventi di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura, merita una segnalazione la mostra Alessi Tea & Coffee Piazza and Towers. Architecture meets design, promossa da Alessi con Calia Italia, realtà quest’ultima presente sul territorio materano da oltre cinquant’anni. L’esposizione mette in luce gli esiti di due operazioni di ricerca avviate da Alessi sotto la direzione di Alessandro Mendini, “Tea & Coffee Piazza” (1983) e “Tea & Coffee Towers” (2003), che hanno coinvolto esponenti dell’architettura internazionale nello sviluppo dell’oggetto domestico. Gli architetti coinvolti in questi metaprogetti (undici per il primo, ventidue per il secondo) sono stati chiamati a disegnare la propria interpretazione di un servizio da tè e caffè. Il risutato è, citando le parole di Alberto Alessi, “una storia di micro-architetture da tavola, di micro-urbanistica da appartamento che ha portato dentro alle case delle icone dell’ospitalità, dei concentrati delle utopie di ogni autore”. Così, fino al 4 agosto saranno esposti a Matera, negli spazi di Calia Interiors, i progetti di: Michael Graves, Richard Meier, Alessandro Mendini, Aldo Rossi, William Alsop, David Chipperfield, SANAA/ Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa, Doriana O. Mandrelli e Massimiliano Fuksas, Toyo Ito, Tom Kovac, Jean Nouvel, UNStudio/Ben van Berkel + Caroline Bos. alessi.com, caliaitalia.com

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CONCRETE LAMPS

NON SOLO OUTDOOR

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1. IL PROGETTO DI JEAN NOUVEL PER L’OPERAZIONE DI RICERCA TEA & COFFEE TOWERS, VOLUTA DA ALESSI. 2. DALLA STESSA LINEA, L’OPERA DI WILLIAM ALSOP. ENTRAMBI I LAVORI SONO ESPOSTI A MATERA, NEGLI SPAZI DI CALA INTERIORS, FINO AL 4 AGOSTO. TRE LAMPADE IN CEMENTO DI MARTINELLI LUCE: 3. PONT, DI MARC SADLER. 4. CYBORG OUTDOOR, DESIGN KARIM RASHID. 5. PLAN, ANCORA DI MARC SADLER.

Tra le numerose novità che Martinelli Luce ha presentato in occasione dell’ultima edizione di Euroluce, molte sono accomunate dal fatto di essere realizzate in cemento, un materiale che alle sue naturali caratteristiche fisiche (resistenza e durabilità), può abbinarne altre che concernono invece la sfera estetica e progettuale. Così, proprio per i requisiti formali attribuibili a questo materiale, prodotti pensati principalmente per un impiego outdoor possono essere utilizzati e valorizzati anche in ambienti interni. Come Cyborg Outdoor di Karim Rashid, versione in cemento fibrorinforzato ad alta resistenza della lampada da tavolo già presente nel catalogo aziendale. Mobile o fissabile a terra, nei colori grigio cemento o giallo, Cyborg Outdoor, con la sua peculiare configurazione a tre gambe unita al posizionamento interno della sorgente a luce led indiretta, genera scenografici effetti di chiaroscuro. Inoltre, disegnata da Marc Sadler, storico collaboratore del marchio, Pont è un ponte illuminante in cemento da fissare a terra per rischiarare gli spazi con luce indiretta. Due lampade da parete, infine, chiudono il tributo al cemento firmato Martinelli Luce: Plan (ancora di Sadler) è un segno minimale a luce led indiretta, mentre Koala, design Emiliana Martinelli, è un emicilindro a luce diretta e indiretta con alimentatore integrato nel corpo lampada. A.P. martinelliluce.it

18 luglio-agosto 2019 INTERNI

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INBRIEF food project

MARCO BAGLIERI

SAPORI D’AVANGUARDIA Situato nella parte alta della città di Noto, vicino alla chiesa del Crocifisso, da cui prende il nome, sorge questo ristorante condotto dallo chef Marco Baglieri. “Abbiamo scelto alcuni piatti classici siciliani e li abbiamo ‘alleggeriti’, ponendo al centro di ogni progetto gastronomico le materie prime, che per l’85% provengono dalla Sicilia”, spiega lo chef. Delicate e studiate le contaminazioni con altri sapori. “In alcuni piatti posso utilizzare, per esempio, l’aceto invecchiato giapponese. Perché la parola ‘tradizionale’ per me implica innovazione”. L’interno dell’elegante sala con pavimenti neri lucidi, in contrasto con le bianche tovaglie, viene completato dai colori tenui degli arredi nella zona bar. Tutto è stato studiato dall’architetto Vincenzo Ignaccolo, indirizzato, solo per la logistica, da Marco Baglieri. ristorantecrocifisso.it

GIORGIO BAGLIERI

a tavola come una volta Un’atmosfera avvolgente, sottolineata dalle tipiche volte: siamo nel centro di Noto, al piano terra di un antico palazzo recentemente ristrutturato. Qui le ricette classiche siciliane vengono affidate alle mani di Corradina e di Simon che mantengono la tradizione del ‘fatto a mano’. “Mia madre, Corradina, prepara al mattino gli impasti delle pietanze che vengono poi mangiate la sera”, racconta Giorgio Baglieri, manager del Ristorante Dammuso, che si è occupato anche dell’arredo. “L’interno è accogliente con continui richiami ai materiali tipici di Noto: il ferro delle porte e le pietre dei rivestimenti. Stessa scelta per gli esterni, dove gli arredi in ferro ricordano “le panchine della mia infanzia”, come rivela Baglieri. Un luogo semplice ma autentico, dove riscoprire i sapori della Sicilia. ristorantedammuso.it testi Marina Jonna foto Alberto Ferrero

INTERNI luglio-agosto 2019 19


LookINg AROUND production 1. GROTTAGLIE DI UNOPIÙ, SERIE LIMITATA DI PIATTI IN 36 DECORI DIVERSI. REALIZZATI IN CERAMICA TRADIZIONALE, COTTA IN FORNO TRE VOLTE. I PIATTI SONO TUTTI PRODOTTI E DIPINTI A MANO IN PUGLIA DA ARTIGIANI LOCALI CON DISEGNI E COLORI ESCLUSIVI PER IL MARCHIO DI ARREDI OUTDOOR. 2. BAROQEAT, DI SALVATORE SPATARO PER IL MARCHIO DESIGN MEETS SICILY: COLLEZIONE DI PIATTI IN PORCELLANA CON GRAFICHE RAFFIGURANTI ALCUNE DELLE PIÙ BELLE PLANIMETRIE DI CHIESE BAROCCHE SICILIANE A PIANTA CENTRALE.

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Dal Barocco siciliano alle acque cristalline, dall’artigianato tradizionale alle divinità mitologiche: l’iconografia del mare nostrum diventa tema decorativo per nuove collezioni di piatti in ceramica e porcellana

LA TAVOLA MEDITERRANEA Non sono solo la natura potente e la ricca biodiversità di 2

20 luglio-agosto 2019 INTERNI

quest’area del mondo a ispirare ai designer forme e decori per nuove collezioni dell’art de la table. Emblematica è per esempio la ricerca del designer di Noto Salvatore Spataro per interpretare in chiave contemporanea alcune espressioni della cultura siciliana, Barocco in primis. Richard Ginori affida il tema iconografico dell’ultima linea di porcellane a un artista londinese, che a sorpresa rielabora la mitologia greco-romana nel decoro Il viaggio di Nettuno. Rivisitando la tradizionale ceramica di Grottaglie, Unopiù propone, a complemento della propria collezione di arredamento outdoor, una linea esclusiva di piatti dalle grafiche e dai colori vivaci. EmporioZani, infine, trasporta su melamina decori ceramici tipici del Mediterraneo: da Cordova a Santorini. ■ Katrin Cosseta


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3. PIATTI DALLA COLLEZIONE ARTESANO FLOWER ART DI VILLEROY & BOCH, IN PORCELLANA PREMIUM BIANCA E DECORO FLOREALE IN LEGGERO RILIEVO. 4. SERVIZIO DI PIATTI JUNTO, DI TONETTI DESIGN CON MARIO PADIGLIONE PER ROSENTHAL, REALIZZATO IN CERAMICA SMALTATA NEL NUOVO COLORE ACQUAMARINA. 5. LUNCH LAYERS, DISEGNATO DA ANDREA CASTRIGNANO PER KNINDUSTRIE, SET DI TRE ELEMENTI IN GRES IMPILABILI IN SEI VARIANTI CROMATICHE, A EFFETTO DEGRADÉ. 6. PIATTO IN PORCELLANA DALLA COLLEZIONE IL VIAGGIO DI NETTUNO DI RICHARD GINORI, CON DECORO DELL’ARTISTA LONDINESE LUKE EDWARD HALL 7. DALLA LINEA TOUCH-MEL DI EMPORIOZANI, VASSOIO OVALE DELLA COLLEZIONE CORDOBA, IN MELAMINA PURISSIMA.

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INTERNI luglio-agosto 2019 21



LookINg AROUND production

DESIGN QUOTIDIANO

DA LG, FRIGORIFERO COMBINATO DELLA NUOVA SERIE UP. GRAZIE ALLE TECNOLOGIE LINEAR COOLING+ E DOOR COOLING+, LA TEMPERATURA È MANTENUTA UNIFORME IN OGNI ZONA DEL FRIGO, MENTRE LA GRIGLIA SALVA FRESCHEZZA FRESHBALANCER PERMETTE DI PERSONALIZZARE IL LIVELLO DI UMIDITÀ, CREANDO LE CONDIZIONI MIGLIORI PER CONSERVARE FRUTTA E VERDURA. LE MANIGLIE INTEGRATE NELLA PORTA CREANO MAGGIORE CONTINUITÀ ESTETICA CON L’ARREDO DELLA CUCINA E IL DISPLAY INTEGRATO, PRESENTE NEI TOP DI GAMMA IN MODALITÀ METAL TOUCH, DONA AI PRODOTTI UN DESIGN MINIMALE E RIGOROSO. PER QUANTO RIGUARDA I CONSUMI, I FRIGO DELLA LINEA POSSONO ARRIVARE FINO ALLA CLASSE A+++-40%.

Purificano l’aria, conservano al meglio i cibi, assicurano cotture perfette. E sono innegabilmente belli. Non più elementi da celare, oggi gli elettrodomestici arredano la cucina con un’estetica essenziale rigorosamente hi-tech IL PIANO A INDUZIONE CX FULL INDUCTION DI GAGGENAU SI PRESENTA COME UN’UNICA SUPERFICIE INTELLIGENTE CHE CONSENTE LE COTTURE PIÙ COMPLESSE GRAZIE A SPECIALI MICROINDUTTORI CAPACI DI RISCALDARE QUALSIASI SUPPORTO VI SIA POGGIATO SOPRA. UN SOFISTICATO SOFTWARE ELETTRONICO LEGGE, TRAMITE IL PIANO, POSIZIONE, FORMA, DIMENSIONE E INCLINAZIONE DELLA PENTOLA, MENTRE UN INTUITIVO DISPLAY TFT TOUCH CONTROL ASSICURA UN PRECISO CONTROLLO DI POTENZA E IMPOSTAZIONI. DUE LE VARIANTI ESTETICHE: A FILO O IN APPOGGIO SUL PIANO DI LAVORO.

INTERNI luglio-agosto 2019 23


LookINg AROUND production DA ASKO, FORNI DELLA GAMMA CRAFT NELL’INEDITA FINITURA BLACK STEEL DALLA SUPERIFICIE SPAZZOLATA DIAGONALMENTE. CON LA LORO INTERFACCIA INTUITIVA, I FORNI COMBINATI DEL MARCHIO SONO DOTATI DI FUNZIONE ‘COTTURA A FASI COMBINATE’, CHE PERMETTE DI UTILIZZARE VAPORE, ARIA CALDA E GRILL NELLO STESSO PROGRAMMA.

NELLA NUOVA MACCHINA PER IL SOTTOVUOTO DA 14 CM DI KITCHENAID, LA PRESSIONE RESIDUA ALL’INTERNO, DI SOLI 5 MBAR RISPETTO AI 350-500 DELLE MACCHINE TRADIZIONALI, GARANTISCE UN SOTTOVUOTO OTTIMALE CHE CONSENTE DI CONSERVARE PIÙ A LUNGO GLI ALIMENTI. TRA LE FUNZIONI IN DOTAZIONE: LA MATURAZIONE (SIA IN BUSTA SIA IN CONTENITORI), CHE PERMETTE DI INTENERIRE LE CARNI CON UN CICLO DI DIECI MINUTI E IN TOTALE SICUREZZA, LA MARINATURA, L’INFUSIONE, IL SOTTOVUOTO PER I LIQUIDI, LA PULIZIA MOLLUSCHI, LA SIGILLATURA E LA VASO COTTURA CON TRE LIVELLI DI VUOTO.

DISEGNATA DA VITTORE NIOLU PER FALMEC, LA CAPPA A ISOLA ZENITH NRS HA CORPO IN ACCIAIO INOX E MENSOLA IN VETRO TEMPERATO PROFILATA DA UNA CORNICE DI ACCIAIO. ILLUMINATA A LED, LA CAPPA È DOTATA DI PULSANTIERA ELETTRONICA A TRE VELOCITÀ, MA PUÒ ESSERE CONTROLLATA ANCHE TRAMITE RADIOFREQUENZA DAI PIANI A INDUZIONE FALMEC, GRAZIE ALLA FUNZIONE DIALOGUE SYSTEM. CONNOTATA DALLA TECNOLOGIA NRS (NOISE REDUCTION SYSTEM) BREVETTATA DAL MARCHIO, ZENITH SI DISTINGUE ANCHE PER LA SUA ESTREMA SILENZIOSITÀ: UN PLUS RICONOSCIUTO PURE DALL’ISTITUTO INGLESE QUIET MARK, CHE ALL’INTERA COLLEZIONE AZIENDALE SILENCE HA CONFERITO LA CERTIFICAZIONE RISERVATA AI PRODOTTI MIGLIORI IN TERMINI DI COMFORT ACUSTICO.

EVOLUZIONE DEL PIANO A INDUZIONE CON ASPIRAZIONE INTEGRATA PREMIATO COL COMPASSO D’ORO, NIKOLATESLA LIBRA (SEMPRE DISEGNATO PER ELICA DA FABRIZIO CRISÀ) È IL PRIMO PIANO COTTURA CON BILANCIA INSERITA NELLA SUA SUPERFICIE. QUESTA SOLUZIONE PERMETTE DI PESARE DIRETTAMENTE NELLA PENTOLA, AGGIUNGENDO GLI INGREDIENTI DURANTE LE FASI DI COTTURA. LA GRIGLIA IN GHISA AL CENTRO DEL PIANO IN VETRO CELA IL CUORE ASPIRANTE, CHE GARANTISCE UNA CAPTAZIONE DEI FUMI CIRCA CINQUE VOLTE SUPERIORE RISPETTO ALLA LORO VELOCITÀ DI SALITA. LA FUNZIONE AUTOCAPTURE REGOLA IN AUTOMATICO L’ASPIRAZIONE, ADATTANDOLA AL NUMERO E ALLA POTENZA DELLE ZONE DI COTTURA IMPEGNATE. LA BILANCIA HA UN’INTERFACCIA DEDICATA CHE DIVENTA INVISIBILE IN MODALITÀ STANDBY.

24 luglio-agosto 2019 INTERNI


L’IMPONENTE ALTEZZA DI 2,13 METRI È UNA DELLE PECULIARITÀ DI MONOLITH, LA NUOVA GENERAZIONE DI FRIGORIFERI E CONGELATORI DA INCASSO LIEBHERR. I MODELLI SONO EQUIPAGGIATI CON FUNZIONI QUALI BIOFRESH CON FISH & SEAFOOD SAFE, POWERCOOLING E SMARTDEVICEBOX, PER UNA PERFETTA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI. DOTATI DI DISPLAY TOUCH ED ESTREMAMENTE SILENZIOSI, GLI ELEMENTI MONOLITH SONO DISPONIBILI IN DIFFERENTI LARGHEZZE E CON DIVERSI FRONTALI, PER ADATTARSI A OGNI ESIGENZA DI ARREDO.

DISEGNATO DA DROR BENSHETRIT, IL FORNO MARIS FREE MA 86 M DI FRANKE – CON DISPLAY DIGITALE, PROGRAMMATORE ELETTRONICO E MANOPOLE – È UNO DEI MODELLI DELL’AZIENDA DOTATI DI PIZZA GOURMET, FUNZIONE CHE GARANTISCE LA DISTRIBUZIONE OTTIMALE DEL CALORE E IL SUO MANTENIMENTO COSTANTE ALL’INTERNO DELLE CAVITÀ DEI FORNI, MENTRE LA POTENZA BOOST, CHE PERMETTE AL PRODOTTO DI RAGGIUNGERE I 270°, OFFRE LA POSSIBILITÀ DI INFORNARE E SERVIRE LE PIZZE IN APPENA SEI MINUTI. IL MODELLO DELLA COLLEZIONE MARIS, NELLO SPECIFICO, PUÒ ACCOGLIERE ALL’INTERNO DELLA SUA CAVITÀ DI 74 LITRI FINO A TRE PIZZE GOURMET CONTEMPORANEAMENTE.

IL PIANO A INDUZIONE VIRTUAL FLAME DI SAMSUNG PERMETTE DI CUCINARE CON LA MASSIMA PRECISIONE PER MERITO DI UN SISTEMA A LED INSTALLATO SOTTO LA SUA SUPERFICIE, CHE SIMULA L’ASPETTO DI UNA FIAMMA E SI ILLUMINA IN BASE ALLA TEMPERATURA DI OGNI ZONA DI COTTURA. GRAZIE ALLA GRANDE AREA RETTANGOLARE FLEX ZONE, IL PIANO GARANTISCE UN’ESTREMA FLESSIBILITÀ E PREVEDE L’IMPIEGO DI PENTOLE E PADELLE DI VARIE DIMENSIONI. INOLTRE, UN’APP DEDICATA CONSENTE DI MONITORARE DA SMARTPHONE IL FUNZIONAMENTO DI OGNI AREA E IMPOSTARE UN AVVISO DI NOTIFICA PER CONTROLLARE IL PROCESSO DI COTTURA.

INTERNI luglio-agosto 2019 25


LookINg AROUND production

UNA COMPOSIZIONE OTTENUTA CON ALCUNI ELETTRODOMESTICI ELECTROLUX. TRA QUESTI, IL NUOVO FRIGOCONGELATORE MULTISPACE CUSTOMFLEX – CON CASSETTO SIGILLATO ULTRAFRESH+ CHE IMPOSTA AUTOMATICAMENTE IL LIVELLO DI UMIDITÀ IDEALE E RIPIANO ROTANTE SPINVIEW – E IL FORNO STEAMPRO CON STEAMIFY, FUNZIONE CHE ABBINA LA CORRETTA PERCENTUALE DI VAPORE AL GRADO DI CALORE. ALCUNI TRA I NUOVI FORNI DEL BRAND SARANNO DOTATI DI CONNETTIVITÀ E CONTROLLABILI CON LA VOCE GRAZIE A GOOGLE HOME, MENTRE UN MODELLO STEAMPRO DISPONE DI VIDEOCAMERA INTEGRATA CHE PERMETTE DI CONTROLLARE DA REMOTO IL GRADO DI COTTURA DELLE PIETANZE.

DA FABER – AZIENDA CHE DA SEMPRE INVESTE PER SVILUPPARE SOLUZIONI E TECNOLOGIE VOLTE A MIGLIORARE LA QUALITÀ DELL’ARIA INDOOR – LA CAPPA VERTICALE K-AIR, GESTIBILE ATTRAVERSO LO SCHERMO TOUCH O CON UN’APP, MONITORA, GRAZIE A UN ESCLUSIVO SENSORE, LA TEMPERATURA, LA PERCENTUALE DI UMIDITÀ, LA PRESENZA NELL’AMBIENTE DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI, DI ANIDRIDE CARBONICA, DI OSSIDO DI AZOTO E DI METANO. SVILUPPATO DAGLI INGEGNERI FABER, IL SENSORE ATTIVA LA CAPPA NON APPENA SUPERATE LE SOGLIE DI INQUINAMENTO, SPECIE NELLO SPAZIO DOVE SI CUCINA.

DALLA COLLEZIONE STRUMENTI D’OGGI, DI NICO MORETTO PER ALPES-INOX, PIANO COTTURA DA INCASSO IN ACCIAIO INOX CON CINQUE FUOCHI GAS. IL BRUCIATORE CENTRALE È A TRIPLA CORONA DUAL, E SVILUPPA UNA POTENZA DI 4,5 KW. È IDEALE PER COTTURE RAPIDE E ASSICURA UNA DISTRIBUZIONE UNIFORME DEL CALORE.

26 luglio-agosto 2019 INTERNI

DA WHIRLPOOL, FRIGORIFERO DOPPIO TOTAL NO FROST W9 DELLA GAMMA W COLLECTION, CON 6TH SENSE TECHNOLOGY. DUE SISTEMI DI RAFFREDDAMENTO INDIPENDENTI CREANO L’AMBIENTE IDEALE PER LA CONSERVAZIONE, EVITANDO LA FORMAZIONE DI BRINA E GARANTENDO TEMPERATURA E UMIDITÀ IDEALI. IL CASSETTO FRESH BOX+ CON CURSORE INTEGRATO CONSENTE DI MANTENERE LA MASSIMA FRESCHEZZA DEGLI ALIMENTI, MENTRE L’INNOVATIVO FRESH PAD EVITA CHE FRUTTA E VERDURA ENTRINO IN CONTATTO CON L’UMIDITÀ CHE RILASCIANO. IL VASSOIO EASY ACCESS CON FAST FREEZE PAD, INFINE, CONGELA IL CIBO PIÙ RAPIDAMENTE E PERMETTE DI TROVARE IN MANIERA AGEVOLE QUANTO CONSERVATO NEL FREEZER.



LookINg AROUND Production

Due nuovi letti arricchiscono la collezione di Fabio Novembre realizzata da PerDormire nell’ambito del progetto Design Democratico Italiano. Per il buon sonno, i bei sogni e il benessere di tutti

LA FIABA CONTINUA FABIO NOVEMBRE HA DISEGNATO I LETTI DELLA COLLEZIONE UNA FIABA PERDORMIRE. QUI SOPRA, IL MODELLO SIPARIO, LA CUI TESTIERA RICREA L’EFFETTO DI UNA TENDA. A LATO, ABBRACCIO, IL LETTO DALLE LINEE MORBIDE E AVVOLGENTI CHE SI SOVRAPPONGONO COME, APPUNTO, IN UN ABBRACCIO.

"Una serie di letti come compagni di quel terzo della nostra vita che trascorriamo tra le braccia di Morfeo. Strumenti per dormire, ma anche per sognare”. È così che Fabio Novembre racconta Una Fiaba PerDormire, la collezione di letti dai nomi evocativi – Castello, Principessa, Regina, Abito, Luna, Nuvola – che ha disegnato nel 2017 per dare il via al progetto Design Democratico Italiano. Ideato da PerDormire, brand di Materassificio Montalese, il progetto DDI nasce per realizzare prodotti 100% made in Italy capaci di garantire funzionalità, design di alta gamma, comfort e, quindi, buon sonno. Il tutto a un prezzo accessibile. Oggi la collezione si amplia con Abbraccio e Sipario, due nuove proposte dalle linee morbide e suggestive che accolgono e ‘coccolano’. Il primo si distingue per l’inedita sovrapposizione degli elementi che compongono la testiera, che ricorda un gesto caldo e avvolgente: un abbraccio, appunto. La testiera del letto Sipario, invece, ricrea l’effetto di una tenda, rimandando alle forme tipiche dei letti a baldacchino, quelli delle favole, dei desideri e dei sogni. Con Abbraccio e Sipario va in scena il sogno di coniugare alta qualità e design democratico, rigorosamente italiano. ■ Claudia Foresti

28 luglio-agosto 2019 INTERNI


LookINg AROUND Production

Le nuove soluzioni di verniciatura per ogni tipo di superficie in legno testimoniano, ancora una volta, l’attitudine all’innovazione – e l’ampiezza della gamma – di Ilva Vernici per legno. Oltre a rispondere e persino anticipare ogni esigenza estetica e funzionale, per uso sia industriale sia artigianale, la ricerca di Ilva si concentra oggi, in modo particolare, sul tema della sostenibilità. Nascono così le nuove vernici eco-friendly Hecopur Bio e Olio

UV. Impegnandosi a ridurre l’impatto ambientale di processi produttivi, prodotti e servizi, Ilva ha sviluppato Hecopur Bio, la linea di vernici poliuretaniche per legno che permette di ottenere un film secco con il più alto contenuto mai raggiunto di materie prime rinnovabili di origine vegetale di scarto. L’innovativo Olio UV 100% TUM1AA98, trasparente supermatt 3 gloss, si caratterizza per l’assenza di emissioni con un contenuto di materie prime rinnovabili pari al 94%, tra i più alti presenti attualmente sul mercato. Entrambe le soluzioni sono in grado di combinare l’elevata sostenibilità, volta alla salvaguardia dell’ambiente e alla tutela della salute dell’uomo, con alte prestazioni chimico-fisiche. Per Ilva l’innovazione è anche stilistica: Effetti Speciali è infatti l’ampia gamma di

soluzioni di verniciatura dal forte impatto visivo che trasforma il legno, trasferendogli le caratteristiche estetiche di altri materiali come metalli, cemento, ruggine, ghiaccio, seta, marmo o pelle. ■ Claudia Foresti

GREEN WOOD COATING

L’impatto è sull’estetica, ma non sull’ambiente. Ilva Vernici per legno sviluppa soluzioni innovative che enfatizzano il materiale in un’ottica sostenibile

QUI SOPRA E IN ALTO A SINISTRA, LE VERNICI ECO-FRIENDLY HECOPUR BIO E OLIO UV. IN ALTO A DESTRA, ILVA EFFETTI SPECIALI NELLA FINITURA BÉTON BRUT EFFETTO CEMENTO.

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LookINg AROUND showroom

A FIANCO, LE VETRINE DEL NUOVO SHOWROOM TALENTI IN BRERA, A MILANO. SOTTO, ELEMENTI DELLA COLLEZIONE CLEO, DESIGN MARCO ACERBIS E, SULLO SFONDO, IL PARAVENTO SCACCO FIRMATO DA LUDOVICA + ROBERTO PALOMBA. NELLA PAGINA ACCANTO, TAVOLI DA CAFFÈ E DIVANI CLIFF, DESIGN LUDOVICA + ROBERTO PALOMBA.

BRERA EN PLEIN AIR Giovane brand dedicato alla produzione di arredi da esterno, Talenti ha inaugurato il suo primo showroom a Milano, nel cuore del quartiere simbolo della creatività e dell’innovazione

30 luglio-agosto 2019 INTERNI


“Questi ultimi mesi sono stati estremamente positivi e ci hanno visti impegnati su più fronti. Abbiamo fatto importanti investimenti che ci permetteranno di sviluppare ulteriormente la nostra attività sia nel mercato italiano sia in quello mondiale. Grazie allo spazio di Milano e alla nuova struttura, saremo in grado di ampliare la nostra produzione per far fronte alla crescente richiesta nei segmenti residenziale, contract e hospitality”. Con

queste parole Fabrizio Cameli, fondatore e presidente di Talenti, commenta l’inaugurazione del primo showroom dell’azienda umbra a Milano, nel cuore di Brera. Con le sue tre vetrine affacciate nel quartiere simbolo del design e della creatività, il flagship store del marchio produttore di arredi per esterni mette in mostra il meglio della produzione, con collezioni firmate da progettisti come Ludovica + Roberto Palomba, Ramón Esteve e Marco Acerbis, solo per citarne alcuni. Uno spazio in continua evoluzione, pensato per il pubblico ma anche come luogo capace di favorire lo scambio di idee tra architetti e interior designer, e che si pone come punto di riferimento per il settore in un momento in cui le barriere progettuali tra outdoor e indoor si fanno sempre più labili. La scelta di Talenti di inaugurare uno showroom a Milano ratifica una precisa strategia imprenditoriale, quella di potenziare ulteriormente una rete di distribuzione già presente in oltre 50 Paesi, e certifica la crescita, anche internazionale, di un brand nato appena 15 anni fa e oggi diventato una realtà solida che mira a raggiungere i 15 milioni di euro di fatturato nel 2019. ■ A.P.

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LookINg AROUND projects 1. IL PATTERN MATERA DI MORENA TAMBORRINO ILLUSTRAZIONI (IN BASSO, UN RITRATTO DELL’ARTISTA). UN GIOCO DI QUATTRO MOTIVI GRAFICI COMBINATI TRA LORO RACCONTANO IL FITTO E LABIRINTICO GIOCO GEOMETRICO DI INCASTRI TIPICO DEI SASSI. 2. ESAGONI DI ADRIANO ATTUS, ILLUSTRATORE E ART DIRECTOR DE IL SOLE 24 ORE. LE CARTE DA PARATI DI PPPATTERN SONO IN TRADIZIONALE TNT DI CELLULOSA, FACILI DA APPLICARE. 3. SELTZ DI GUMMY GUE, AL SECOLO MARCO MANGIONE, URBAN ARTIST DI CATANIA, CLASSE 1986. LE IMMAGINI DEL SUO PLAYGROUND OPTICAL AD ALESSANDRIA HANNO FATTO IL GIRO DEL MONDO.

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I MURI RACCONTANO 2

Tra gli ultimi arrivati c’è Matera, omaggio alla Capitale Europea della Cultura 2019, un pattern con un vortice di immagini che riproducono lo skyline dei Sassi popolato di motivi grafici tutti da interpretare: nuvole? Astri? Macchine volanti? La firma è di Morena e Sara Tamborrino, illustratrici attive tra Parigi e la Basilicata, due dei quaranta visual

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Optical, etnici, ispirati alla street art. Sono i motivi grafici di PPPattern, il negozio digitale per decorare la casa con i migliori talenti dell’illustrazione under 35 designer arruolati nel progetto Pppattern, che è il modo più semplice per portarsi a casa e mettere al muro il meglio della creatività grafica italiana under 35. L’idea di uno shop on line dove acquistare carte da parati, cancelleria e tovagliette con la più ampia offerta possibile di motivi decorativi – oltre ottanta, dall’optical al rétro – è di Renato Fontana, il talent manager che l’anno scorso aveva indagato le possibilità espressive dei pattern con Come si dice pattern in italiano?, l’allestimento al FuoriSalone realizzato in collaborazione con Lago. Da quell’idea, che aveva trasformato l’appartamento in Brera dell’azienda di arredamento nella terra di conquista di quaranta visual designer, è nato l’e-commerce (pppattern.it) che fa leva su un dato di fatto: i pattern, dall’interior alla moda, sono sempre più uno strumento potente di storytelling, per chi li disegna come per chi li acquista per personalizzare la casa.

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Anche per questo la fiera EDIT Napoli ha scelto lo shop on line come partner, portando nella città partenopea un tavolo artigianale da ping pong con i motivi inediti dell’artista Resli Tale. Altre collaborazioni sono in vista, sempre con l’intento di portare alla ribalta giovani talenti. ■ Paolo Casicci


LookINg AROUND projects

VOLUTTÀ E MEMORIA Il segno mediterraneo di Kiasmo e Marras, una collezione di pezzi unici in ceramica che unisce Salento e Sardegna, erotismo e passato ancestrale

A SINISTRA, I VASI IN CERAMICA NATI DELLA COLLABORAZIONE TRA VINCENZO D’ALBA (KIASMO) E ANTONIO MARRAS. SOPRA, SCULTURA CON MOTIVI GRAFICI PRIMITIVI. PER LA COLLEZIONE SONO STATI IMPIEGATI SCARTI DI LAVORAZIONE. SOTTO, SCULTURE ANTROPOMORFE REALIZZATE CON I DISEGNI DELLO STILISTA SARDO.

Ci sono storie di design che sono anzitutto storie di vite. Incontri che sembrano uscire da un libro di favole, come quello tra Vincenzo D’Alba, anima e mani di Kiasmo, e Antonio Marras, lo stilista sardo che con il marchio pugliese attivo tra moda e architettura aveva già collaborato l’anno scorso per una collezione di ceramiche, in cui il suo contributo si era fermato al decoro. Questa volta il passo dell’accoppiata, stimolata dal direttore creativo di Kiasmo, Francesco Maggiore, è stato più ambizioso, con D’Alba che ha ‘sequestrato’ Marras nella bottega dei Fratelli Colì di Cutrofiano e lo ha guidato nel dare vita a quasi cinquecento pezzi unici in ceramica di piccole e grandi dimensioni. Il risultato sono tre collezioni potenzialmente

infinite, in cui è evidente il segno di quattro mani che si rincorrono per scolpire memorie ancestrali a partire da scarti di lavorazione, inclusi alcuni industriali, o per dare nuove forme a oggetti per la tavola: piatti, vasi, mattonelle, vassoi. O, ancora, per impreziosire di maioliche tavoli da giardino. Erotismo e voluttà, linearità e minimalismo sono la cifra di questo progetto che condensa due diverse idee e visioni di creatività mediterranea ed è, allo stesso tempo, un’esaltazione dell’errore, con Marras che racconta di avere applicato smalti là dove glielo avevano sconsigliato: “E invece”, dice lo stilista, “pustole, escoriazioni ed esplosioni sono stati i risultati più belli”. ■ Paolo Casicci

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LookINg AROUND projects

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1. LA POSIZIONE DELLA NAVE ALLA DERIVA, STABILITA ATTRAVERSO LA MAPPATURA DEL CIELO. 2. LA PROIEZIONE DELLE FOTOGRAFIE SU UN MODELLO 3D. 3. LA SIMULAZIONE DEL MOVIMENTO DELLE ONDE PER RILEVARE LA ROTTA DELLA NAVE. 4. MODELLO A 360 GRADI DELLE OPERAZIONI DI SOCCORSO.

Il caso della nave di soccorso Iuventa e gli effetti delle politiche europee sui flussi migratori nel Mediterraneo. Forensic Architecture usa gli strumenti della rappresentazione architettonica per realizzare una controinchiesta video alla versione ufficiale dei fatti

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IL SALVATAGGIO INCRIMINATO 4

Che cosa c’entra un’opera di denuncia sociale con il design? Per Forensic Architecture, il gruppo di ricerca multidisciplinare all’interno della Goldsmiths, University of London, c’entra molto. L’azione dell’uomo, compresa l’occupazione di spazi e la gestione delle tecnologie, ha sempre un impatto politico, che implica dinamiche di sfruttamento di esseri umani su altri e su differenti specie viventi. L’opera di Forensic Architecture (FA) svolge indagini spaziali su casi di violazioni dei diritti umani al fine di promuovere, attraverso la denuncia, una visione del mondo più inclusiva e tollerante. Il 2 agosto 2017 la nave Iuventa viene sequestrata dalla magistratura italiana e i suoi operatori, membri della Ong tedesca Jugend Rettet (Youth Rescue), accusati di collusione con i trafficanti della costa libica. Le imputazioni arrivano pochi giorni dopo che la Ong,

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insieme ad altre, si rifiuta di firmare un codice di condotta che avrebbe limitato l’attività di salvataggio in mare. Dalla fine del 2016 le autorità europee hanno allargato la zona di ricerca e soccorso (SAR) di competenza della Libia, restringendo il campo di azione delle imbarcazioni della UE e delle Ong, con la conseguenza che molte più persone vengono rispedite nei sovraffollati campi di detenzione libici. L’analisi di FA, con l’unità specializzata Forensic Oceanography, smentisce le accuse mosse alla Iuventa, combinando i dati video e audio raccolti dall’equipaggio

con le informazioni registrate nel diario di bordo, le comunicazioni alla guardia costiera italiana e le immagini scattate dai giornalisti sulla nave tedesca. I ricercatori hanno messo in evidenza la controvertibilità di immagini prive di punti di riferimento oggettivi. Per esempio, con una mappatura sferica del cielo è stato fatto coincidere il movimento di una fotocamera con quello della nave alla deriva, così come attraverso il rilevamento del moto delle nuvole o la simulazione delle onde, che accerta la direzione del vento, è stato possibile risalire alla rotta della nave tedesca e alla sua posizione in mare. Infine, il posizionamento su un modello 3D delle fotografie scattate a bordo ha consentito di determinare la distanza tra la Iuventa e l’imbarcazione degli scafisti. Informazioni meteorologiche, dati storici e fattuali, qui diversamente incrociati, non restituiscono nessun nesso tra la Iuventa e le reti del traffico dei migranti. Mostrano invece le contraddizioni alla base delle politiche europee sull’immigrazione. ■ Valentina Croci


LookINg AROUND projects

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Pietrapece è un nuovo marchio di rivestimenti lapidei costruito attorno a un unico materiale. Una storia di artigianato industriale, rigorosamente made in Sicily, che rilegge in chiave contemporanea la bruna roccia tipica del barocco ibleo

NEROPECE

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Dopo la pietra lavica (Nerosicilia) e il vetro riciclato (Mosaicomicro), anche la pietra pece entra, come omonimo marchio, sotto il cappello di Frama Mosaici. Questa roccia sedimentaria, estratta dall’unica cava esistente a Ragusa, la Tabuna Descat, è un calcare tenero e unico per le sue variazioni cromatiche, dal grigio al marrone scuro, merito del bitume di cui è impregnato. Fossili e venature completano la forza espressiva di questo materiale autoctono, da secoli utilizzato dagli

1. DETTAGLIO DELL’OPERA GEO-GRAFIA DI MASSIMO BARBINI, IN CUI LA SUPERFICIE DI PIETRA PECE È SOLCATA DA INCISIONI REALIZZATE A MANO DALL’ARTISTA E POI DIGITALIZZATE. 2. LA CAVA DI PIETRA PECE TABUNA DESCAT, A RAGUSA. 3. PIETRA PECE POSATA A PAVIMENTO IN UNA CASA PRIVATA A RAGUSA PROGETTATA DA ARCHITREND ARCHITECTURE. (FOTO MORENO MAGGI)

dall’autore e quindi digitalizzate. Al di là delle interpretazioni creative, Pietrapece fornisce il materiale, per rivestimento e pavimento, in formati on demand (spessore 2 centimetri), nelle tipologie Fossile o Striata, e nelle finiture levigata o spazzolata. Per ogni esigenza dell’architettura contemporanea. ■ Katrin Cosseta 3

artigiani ragusani per pavimentare e ornare i più bei palazzi della città. Ed è proprio con uno spirito artigianale, ma espresso dalle tecnologie d’avanguardia dell’industria, che il marchio ha debuttato allo scorso Salone del Mobile con l’installazione Geo-Grafia. Opera del designer siciliano Massimo Barbini, si trattava di una composizione di lastre in pietra pece dalla superficie solcata da incisioni, “come la mappa di un immenso territorio estetico”, realizzate a mano

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LookINg AROUND projects A DESTRA, LA CORTE DI PALAZZO BUTERA ANIMATO DALLE LUCI DEL RISTORANTE LE CATTIVE. IN BASSO, IL PASSAGGIO DI SERVIZIO, AGGETTANTE, DIVIENE UNA SUGGESTIVA ‘LANTERNA’ ANIMATA IN TRASPARENZA DALLE FIGURE IN MOVIMENTO DEL PERSONALE DI CUCINA. A DESTRA, IL PASSAGGIO DI SERVIZIO CHE COLLEGA LA CUCINA CON LA DISPENSA.

CONNESSIONI CULTURALI Le Cattive, all’interno di Palazzo Butera nel cuore di Palermo, non è solo un ristorante ma anche uno spazio polifunzionale dove arte, cultura e cibo si incontrano. E a poca distanza c’è il bistrot MadoniEat, per riscoprire i valori e i sapori della Sicilia

36 luglio-agosto 2019 INTERNI

Nel 2016 i collezionisti Massimo e Francesca Valsecchi acquistano Palazzo Butera, uno dei più interessanti monumenti architettonici all’interno della Kalsa, il quartiere del centro storico prospiciente il lungomare di Palermo. Il progetto architettonico e museografico, con il coordinamento di Marco Giammona, responsabile del restauro statico, è stato affidato a Giovanni Cappelletti che, con Diego Emanuele, ha ideato anche Le Cattive, ristorante, vineria, caffetteria del museo che vuole essere anche un luogo di incontro tra arte, cibo e cultura. Il curioso nome richiama la passeggiata delle Cattive, poco distante, dove nell’Ottocento le captivae, cioè le vedove, potevano camminare lontano da sguardi indiscreti. “Il progetto rientra in un disegno più ampio che parte da Palazzo Butera ma è destinato a coinvolgere l’intero quartiere della Kalsa, per aprire alla gente e al territorio luoghi una volta privilegio di pochi. Attraverso Le Cattive, infatti, si può accedere sia a Palazzo Butera sia all’intero quartiere, superando così la


SOPRA, ENFILADE DELLE SALE DELLA CAFFETTERIA CON LA ‘PASSATOIA’ IN MAIOLICHE ORIGINALI DEL TERRAZZO DI PALAZZO BUTERA. GLI ARREDI SU DISEGNO SONO REALIZZATI DA CHINNICI, LE LAMPADE A SOSPENSIONE SONO DI ARTEMIDE, TAVOLI E SEDIE DI ALIAS. A SINISTRA, LA JACARANDA DI PALAZZO BUTERA INQUADRATA DAI DUE BANCHI DELLA CAFFETTERIA, GESTITA DALLA FAMIGLIA TASCA D’ALMERITA. SOTTO, IL BAGNO: GLI SPECCHI A PARETE E A SOFFITTO SONO STATI REALIZZATI APPOSITAMENTE UTILIZZANDO UNA PELLICOLA COLORATA INTERPOSTA TRA IL VETRO E LA SUPERFICIE SPECCHIANTE.

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LookINg AROUND PROJECTs

A DESTRA, LA SALA A PIANO TERRA DEL BISTROT MADONIEAT, CON IL PAVIMENTO IN MAIOLICHE RECUPERATO DALLE TERRAZZE DI PALAZZO BUTERA. SOTTO, SCORCIO DI UN DETTAGLIO DEL LOCALE. IN BASSO, IL PIANO SUPERIORE; GLI ARREDI SU DISEGNO SONO REALIZZATI CON PANNELLI DI MDF COLORATO IN PASTA, DI VALCROMAT, DALLA FALEGNAMERIA FRANCESCO DOCCULA DI GANGI (PA). MDF LACCATO PER LE PARTI BIANCHE. AL PROGETTO HA COLLABORATO DARIO DE BENEDICTIS.

barriera rappresentata dal palazzo stesso, che con i suoi 110 metri di fronte costituisce un vero e proprio muro tra il quartiere e il mare”, spiega l’architetto. “L’ambiente del locale è definito da una serie di volte a botte: quasi come un grande tunnel scandito da una sequenza di quinte con un intonaco marmorino verde, ai cui estremi si trovano gli ingressi”. Sul pavimento, una ‘passatoia’ realizzata con antiche maioliche provenienti dalla terrazza di Palazzo Butera attraversa longitudinalmente lo spazio: da una parte si trova la zona caffetteria, dall’altra il ristorante. “Durante la fase di progettazione ho voluto mantenere alcune viste prospettiche, come quella che incornicia la spettacolare Jacaranda di Palazzo Butera, inquadrata dai due banchi della caffetteria”. In questo luogo, gestito dalla famiglia Tasca d’Almerita, arte, cultura e bellezza si amalgamano con il cibo, accompagnando la visione dei Valsecchi per il rilancio culturale di Palermo e della Sicilia. Intenzione dimostrata anche dal locale MadoniEat, realizzato

sempre su progetto di Giovanni Cappelletti, che prende il nome dalle Madonie, le montagne nel cuore della Sicilia, “dove la vita conserva il sapore dell’antico e le tradizioni nella coltivazione dei prodotti restituiscono tesori ineguagliabili”, si legge nel sito. Si trova sempre a Palazzo Butera e si affaccia sull’omonima via. “Nel bistrot ho giocato con elementi verticali e orizzontali in mdf colorato in pasta”,

racconta Cappelletti. L’esplosione dei colori di base si armonizza con il pavimento in maioliche antiche e con la scenografica libreria a doppia altezza. Qui si possono degustare i sapori della Sicilia ma non solo: tutti i prodotti possono essere acquistati, per portarsi a casa un pezzo di quest’isola meravigliosa. ■ Marina Jonna foto di Alberto Ferrero

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LookINg AROUND projects

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1. IL FABBRICATO BOUGANVILLE SORGE TRA ULIVI, MANDORLI E ALBERI DI AGRUMI E ACCORPA QUATTRO CAMERE DELUXE, OGNUNA PROVVISTA DI UN PATIO ESTERNO SOVRASTATO DA UN PERGOLATO. DISTA CIRCA CENTO METRI DALLA CORTE PRINCIPALE ED È RAGGIUNGIBILE CON UN PERCORSO PEDONALE. 2. LA BIOPISCINA DI 150 METRI QUADRI, CON ACQUA ARRICCHITA DI OLIGOMINERALI. REALIZZATA IN PIETRA NATURALE, È SITUATA SOTTO IL PALMENTO RESIDENCE, NELLA CORTE PRINCIPALE..

UN’OASI NELLA CAMPAGNA

A due passi da Noto, capitale del barocco siciliano, sorge in un vecchio palmeto il Country House Villadorata. Un luogo dove la natura scandisce i ritmi del giorno

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Visitare Noto, proclamata nel 2002 dall’Unesco Patrimonio dell’umanità, è un’esperienza intensa e vibrante. Nel cuore della città, proprio all’interno di Palazzo Nicolaci, Cristina Summa aveva già realizzato la sua prima residenza: Seven Rooms Villadorata. “Dopo Seven Rooms io e il mio compagno, abbiamo deciso di ampliare il nostro progetto portando la nostra idea di accoglienza anche in campagna”. E così, dopo tre anni di ricerca, hanno trovato il luogo ideale. “Volevamo un posto tranquillo in campagna, vicino a Noto, che potesse

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1. SCORCIO DEL RISTORANTE: AL CENTRO, IL TAVOLO SU CUI VIENE ALLESTITO IL BUFFET DELLA COLAZIONE. PAVIMENTO IN CEMENTO INDUSTRIALE TRATTATO E FINITO CON CERA. SEDIE DSR DI VITRA DISEGNATE DA CHARLES & RAY EAMES. 2. LA SALA DA BAGNO ANNESSA A UNA SUITE: IL PAVIMENTO E LA VASCA SONO RIVESTITI IN TRAVERTINO, LE PARETI SONO IN MARMO. 3. UNA CAMERA DELUXE CON IL PAVIMENTO IN CEMENTO INDUSTRIALE E LE PARETI IN COCCIOPESTO. A SINISTRA, LA LAMPADA CHIACCHERA, REALIZZATA A MANO, DI CLAUDIO BROCCHINI. FOTO DI ALBERTO FERRERO

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3 trasmettere emozioni, legate anche a un suo vissuto”. Il Country House Villadorata sorge in una distesa di undici ettari di ulivi, mandorli e alberi di agrumi, con vista sul mare e sulla campagna siciliana. Il corpo principale, dove si produceva l’olio, accoglie oggi il ristorante, quattro camere e la reception. “Da altri due fabbricati, che erano gravemente danneggiati, abbiamo poi ricavato le altre stanze. Il primo era la casa della famiglia che curava il terreno, l’altro era il magazzino degli attrezzi, oggi trasformato in una suite con piscina privata: la stanza più ambita dagli ospiti”, racconta con entusiasmo Cristina Summa. La ristrutturazione dei corpi che compongono la residenza è stata realizzata seguendo i desideri dei proprietari. “Volevamo che la struttura e gli spazi interni quasi ‘sparissero’ di fronte alla natura”. Per questo abbiamo scelto i colori della terra, utilizzando come rivestimento un intonaco pigmentato (cocciopesto, un’antica tecnica romana n.d.r.), in modo che la residenza si integrasse perfettamente nel paesaggio circostante. “Per l’arredamento, abbiamo acquistato anche diversi pezzi moderni, realizzati da designer giovani e

poco conosciuti”, spiega la proprietaria. Il risultato è uno stile essenziale, elegante, dal vago sapore vintage. Nove le camere dedicate agli ospiti, studiate in ogni minimo dettaglio, che hanno il pregio di far sentire chiunque a proprio agio, accarezzati da una leggera brezza marina che passa attraverso le colline. La piscina di 150 metri quadri, sotto l’edificio centrale, è riempita con acqua arricchita di sali minerali, magnesio, potassio, iodio,

e oligoelementi a elevata attività biologica: per un relax totale. Il Country House Villadorata è un’oasi di sosta rigenerante a soli cinque chilometri dal centro di Noto, un punto di partenza per le mete più ambite della Sicilia barocca e per andare alla scoperta del fascino di questa terra, piena di magie e contraddizioni. Per poi ritornare e lasciarsi avvolgere dal silenzio quasi irreale che lo contraddistingue. ■ Marina Jonna

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LookINg AROUND Case histories

Nuove strategie e investimenti per Unopiù, nell'ottica di un'offerta a 360 gradi e nel segno di un'immagine giovane (sempre più digital). Ne abbiamo parlato con Christian Rauch, da un anno ceo e arteficie della rinascita del brand

RILANCIO DINAMICO A un anno dal traguardo dei 40, Unopiù sta attraversando un periodo di rinascita con nuove strategie di rafforzamento e sviluppo, sia in termini di innovazione e creatività sia verso nuovi mercati in espansione, con investimenti sostanziosi da parte degli azionisti. Convinto della potenza dell’heritage del marchio, conosciuto come riferimento storico per il design outdoor, Christian Rauch è da un anno ceo dell’azienda. Nato nel 1972 in Baviera, vanta una lunga esperienza in multinazionali nel settore dei beni di consumo e luxury. Da agosto 2018, dopo dieci anni in Montblanc, sta lavorando per riposizionare il marchio, avviare una nuova brand strategy, creare un nuovo logo e nuovi prodotti. Con lui è cambiato tutto il top management aziendale e, come mai prima d’ora, sono stati riorganizzati gli incarichi e il personale, al fine di ottimizzare le risorse interne. “L’obiettivo è creare una nuova immagine, fresca e dinamica, che si rivolga a un pubblico italiano ma anche internazionale, a una clientela tradizionale ma anche giovane”, spiega Rauch, “sviluppando una comunicazione integrata e sempre più digital. Partendo dal catalogo 2019, realizzato in pdf, scaricabile, multimediale e ‘navigabile’, la digitalizzazione riguarderà anche i negozi, oltre che l’approccio globale di sviluppo del prodotto. Tutto parte dal dna aziendale”, prosegue Rauch. “Unopiù non offre solo arredi e strutture outdoor, ma anche soluzioni a 360 gradi per allestire gli spazi esterni con un design ricercato di stile italiano. Siamo ‘Italian exterior designer’, come recita il nuovo payoff, e siamo in grado di arredare ogni

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IN ALTO, DA SINISTRA, CHRISTIAN RAUCH, CEO DI UNOPIÙ, E I LETTINI IMPILABILI DELLA COLLEZIONE SYNTHESIS, IN TEAK E FIBRA SINTETICA WAPROLACE. QUI SOPRA, L’ICONICA AMACA AUTOPORTANTE AMANDA CHE NEL 2018 HA FESTEGGIATO I SUOI 30 ANNI CON UNA LIMITED EDITION. A SINISTRA, POLTRONCINA IN ALLUMINIO E CORDA DELLA COLLEZIONE LUCE.

tipo di spazio”. Tanti i progetti per il futuro, dunque. Per la parte creativa, oltre al supporto dei designer ‘storici’ verranno coinvolti giovani talenti. Le collaborazioni con i progettisti verranno ampliate anche in un’ottica di potenziamento del settore contract, per il quale Unopiù offre prodotti dedicati, come la linea Luce. Nei prossimi anni apriranno inoltre nuovi punti vendita (negozi, rivenditori e franchising) con l’obiettivo di ampliare la distribuzione a livello internazionale, in particolare in Asia, USA e in alcune aree strategiche dell’Europa, continente dove Unopiù è già ben radicato e riscuote notevole successo. ■ Claudia Foresti


Spazio alla libertĂ Nuovo scorrevole in alluminio SchĂźco ASE 67 Panorama Design


LookINg AROUND case histories

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1. UNO SCORCIO DEL PRIMO STORE KAVE HOME, APERTO LO SCORSO GENNAIO A BARCELLONA AL 488 DI AVINGUDA DIAGONAL. UN ‘LUOGO IBRIDO’ DI 1000 METRI QUADRATI SU DUE PIANI, IN CUI AI SERVIZI DI UN PORTALE DIGITALE SI AGGIUNGONO QUELLI DI UN NEGOZIO FISICO. 2. ALCUNI DEI 5000 PRODOTTI PRESENTI NEL CATALOGO KAVE HOME. 3. FRANCESC JULIÀ GELABERT, FONDATORE E CEO DEL MARCHIO, ASSIEME AL FIGLIO FRANCESC JULIÀ AMETLLER, DIRETTORE DELLE VENDITE.

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Dal B2B al B2C, dall’online all’offline: la storia di Kave Home, marchio spagnolo che vende arredi su piattaforma digitale, racconta un nuovo modo di pensare la distribuzione del design per la casa

OMNI-CHANNEL Sarà che è un marchio nato e cresciuto in Spagna, dove l’e-commerce e la grande distribuzione vantano numeri di forza. Sarà che, in soli quattro anni, il fatturato del gruppo a cui appartiene è cresciuto da 18 a 52 milioni di euro. Fatto sta che Kave Home, il brand di arredo e décor che distribuisce attraverso il proprio portale digitale, è indicato da molti come il futuro Zara del design. Di sicuro oggi rappresenta un interessante case study che traccia nuovi percorsi per la distribuzione dell’arredamento. Kave Home nasce in Catalogna sulla base di 35 anni di esperienza maturata da Julià Grup, l’azienda fondata da Francesc Julià nel 1982 – con sede in Spagna e uffici in Cina, India e Vietnam – che progetta, sviluppa e controlla la produzione di una gamma completa di mobili e decorazioni e li destina a distributori e players online di tutto il mondo, secondo la formula B2B. Nel 2010 Julià decide di aprire un nuovo canale di distribuzione, il B2C, puntando al digitale. Il modello scelto è quello di un brand ‘fast-fashion’, che si posiziona cioè tra il life style e la moda e

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si rivolge a un cliente-tipo di 35 anni, affermato professionalmente, desideroso di trasmettere personalità attraverso la propria casa. Che in termini strategici significa: mettere a punto un’offerta capace di catturare le tendenze e le novità del momento, ma soprattutto di garantire un’incredibile varietà di scelta grazie a 5000 modelli a catalogo – che ogni settimana si rinnovano con 40 nuove proposte – e 250.000 prodotti a magazzino, la cui consegna è garantita in 3

un arco di tempo che va dalle 48 ore ai sette giorni al massimo. Lanciato in Francia nel 2013, Kave Home è approdato in Spagna nel 2015, in Italia nel 2017, in Olanda e Portogallo nel 2018. Il 2019 ha segnato un anno importante per il marchio, ovvero l’apertura del primo negozio fisico a Barcellona: una scelta dettata dalla convinzione che l’online è il canale delle nuove generazioni, ma che è anche importante offrire loro l’opportunità di vedere dal vero ciò che viene presentato sul web. A fine anno seguirà l’inaugurazione di un nuovo negozio a Madrid e presto sarà la volta dell’Italia, che rappresenta uno dei territori più promettenti in termini di sviluppo: in un solo anno ha registrato 5000 ordini per 11.000 prodotti venduti e nei primi quattro mesi del 2019 ha segnato una crescita dell’80%. Questo il motivo per cui saranno inaugurati, nel giro di un anno, quasi 40 shop in shop presso i principali punti vendita partner del gruppo. Con un ulteriore e ambizioso obiettivo: aprire un grande store interamente dedicato all’universo Kave Home nel centro di Milano. ■ Maddalena Padovani


LookINg AROUND case histories

L’originalità di Amara, liquore amaro di arancia rossa di Sicilia Igp, nasce dalle scorze dell’agrume e dalle erbe spontanee dell’Etna, coniugando tradizione artigianale, innovazione produttiva e design. Ce la racconta il suo artefice, Edoardo Strano

IN SENSO ANTIORARIO: EDOARDO STRANO E LA MOGLIE MARGHERITA ANGILELLO. LA SALA DEGUSTAZIONE, CON IL TORCHIO IN LEGNO E LE VASCHE DOVE, FINO A UN SECOLO FA, SI PIGIAVA L’UVA. LA BOTTIGLIA DI AMARA E IL SUO DESIGN DECLINATO CON L’ETICHETTA ROSSA, IL TAPPO DI CERALACCA E IL RAFFINATO PACKAGING. UNO SPAZIO DEL LIQUORIFICIO DOVE SI SVOLGONO LE FASI DI LAVORAZIONE E IMBOTTIGLIAMENTO DELL’AMARO. CASA AMARA SI TROVA IN UNA MASSERIA DELL’OTTOCENTO RISTRUTTURATA A CONTRADA SAN MARTINO PIANA, MISTERBIANCO, CATANIA. WWW.AMAROAMARA.COM

ALL’INIZIO, C’È SEMPRE UN’IDEA raffinato packaging, quasi da soirée. “E poi, c’è quell’uccellino posato sul ramo, per ricordarci che nasciamo agricoltori, e che chi rispetta la terra rispetta gli altri”, continua Strano. “Il successo di Amara è direttamente proporzionale al numero di cocktail che lo vedono protagonista”, conclude il suo ideatore, “ed è dovuto anche al fatto che la nostra è la prima distilleria siciliana che si apre al mondo delle degustazioni con percorsi sensoriali e di gusto abbinati a ricette studiate da cuochi stellati”. A breve, verrà ultimata anche la dimora di campagna che, accanto all’azienda, sarà destinata a un’ospitalità di charme. Ma questo è ancora top secret. ■ A.B.

Edoardo Strano è un giovane imprenditore siciliano di 32 anni, che dopo la laurea in Economia e una specializzazione in Marketing decide di non lasciare la Sicilia e di realizzare un prodotto agricolo. La masseria con il palmento, circondata da ettari di agrumeti che abbracciano un ampio paesaggio collinare nella piana di Catania, donati dal nonno, diventano per lui il punto di partenza e di ispirazione per Amara, un liquore nato nel 2015 che oggi rappresenta la Sicilia nel mondo, con un incremento di vendita del 30% ogni anno. Già riconosciuto nel panorama delle eccellenze siciliane, Amara nasce da un’idea semplice: “Quella di utilizzare anche le scorze delle arance rosse Igp che

noi stessi produciamo”, racconta Strano. “Qualcosa che c’era ma non si vedeva, perché ritenuto senza valore. Partendo da queste, abbiamo aggiunto l’acqua delle sorgenti e le erbe spontanee dell’Etna, in funzione di due fattori: il gusto deciso e il colore limpido. Oggi coltiviamo senza chimica né sprechi d’acqua, raccogliendo a mano e producendo un liquore naturale al 100%”. Quello che sembrava uno scarto è diventato così una risorsa fondamentale per ottenere un amaro originale. E la sua immagine è all’altezza della novità del prodotto. Il design della bottiglia, dalla forma avvolgente, di un nero lavico, con tappo in ceralacca, è infatti valorizzato dall’etichetta minimal con i caratteri lineari delle scritte e dal

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LookINg AROUND young designers

FIGLI DEL SUD

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Fra piccoli artigiani e grandi sogni, Marino Secco in Sardegna e Marco Zanzarella in Puglia rinnovano la sapienza del Mediterraneo con la magia del design

1. DI MARINO SECCO, NURA, LAMPADA IN CRISTALLO INCAMICIATO, REALIZZATA DA CRISTALLERIA NUOVACEV, 2015. 2. MARINO SECCO, LAUREATO ALLA LIBERA ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI FIRENZE NEL 2017. 3. SESTANTE, SOSPENSIONE CON TUBO LED E TERMINALI IN FRASSINO NATURALE, SALONESATELLITE 2019. 4. VERTIGO, TAVOLO CON STRUTTURA IN ROVERE SABBIATO NATURALE E PIANO CON INSERTO IN CEMENTO, PRODOTTO DA MANTELLASSI 1926, 2017. 5. MOBILE DELLA LINEA SHARDANA, IN NOCE CANALETTO CON INSERTI DI RICAMO E BASE IN FERRO OSSIDATO, AUTOPRODUZIONE, 2018. 6. VIVO, SEDIA IN MASSELLO DI FRASSINO REALIZZATA DAL LABORATORIO ARTIGIANO DI EDI BARDUS, SALONESATELLITE 2019.

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L’Italia è divisa in tre parti, e la terza in due: Sud e Isole. È un altro mondo, il mare la fa da padrone e lo si capisce anche dal design, che qui, data la scarsità di industrie, veleggia tra la diffusa sapienza artigiana e il coraggio di pochi. Figlio della Sardegna, insita pure nel suo nome e cognome, Marino Secco è nato a Ozieri nel 1990 e vive a Priatu, un paesino vicino a Olbia, dove è cresciuto nella tappezzeria di famiglia,

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avviata lo stesso anno della sua nascita, sempre a stretto contatto con l’artigianato. Nel 2017, ultimati gli studi sul Continente, è ritornato nell’isola perché, come egli stesso dice, “Sardegna, sempre Sardegna. È quasi impossibile sbarazzarsene una volta che ti entra nel cuore”. A sintetizzare la sua storia e la sua formazione è il lavoro messo a punto lo scorso anno con il progetto Shardana, presentato al SaloneSatellite e poi premiato con

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1. DI MARCO ZANZARELLA, ROY SERIES, CERAMICHE DECORATIVE, PRODOTTE DA NUOVA CER, 2018 2. MARCO ZANZARELLA, LAUREATO IN DISEGNO INDUSTRIALE ALLA SAPIENZA DI ROMA NEL 2007. 3. NEW ECLISSE, COPPA CON SOTTOPIATTO/TAGLIERE, IN LEGNO E GRES, PRODOTTA DA ÜSÜ, ‘15-2019. 4. SEDIA EVA DELLA LINEA D’ARREDI PER ESTERNI, IN ALLUMINIO, PRODOTTA DA FLAAKO, 2017. 5. COULISSE, BOTTIGLIE IN CERAMICA ARTIGIANALE, E CAPO, TAPPO CONICO IN LEGNO DI ULIVO, DISEGNATI CON ALESSIO ZANZARELLA E PRODOTTI DA ÜSÜ, 2014. 6. LUCIO, APPLIQUE IN POLIPROPILENE A STAMPAGGIO ROTAZIONALE, DISEGNATA CON ALESSIO ZANZARELLA PER TELCOM, 2014.

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l’Iconic Award 2019: InnovativeInterior. Partendo da due dati di fatto, e cioè che il mobile tradizionale sardo è la cassapanca intagliata e che il sardo più famoso nel mondo della moda è Antonio Marras, un giorno il designer si è messo alla macchina ricamatrice di

famiglia e ha disegnato un motivo su un foglio d’impiallacciato, poi accoppiato al multistrato di pioppo. Tutto è avvenuto nel classico garage e con l’aiuto del fratello. La naturale evoluzione di questa capacità di reinterpretare materiali e segni si legge anche nel progetto del SaloneSatellite 2019, la sedia Vivo, ispirata agli oggetti dimenticati, ritrovati e tramandati. Una seduta dalle forme archetipiche, in cui natura e tecnologia si incontrano. Il designer Marco Zanzarella proviene invece dalla provincia di Taranto, tra Sava e Manduria, patria del vitigno Primitivo, e anche lui muove i primi passi assieme al fratello, l’architetto Alessio, creando il marchio ÜSÜ (Unico Semplice Utile), con il sostegno di Principi attivi, programma di finanziamento della Regione Puglia per progetti innovativi realizzati da giovani talenti. Nei primi tre anni di lavoro, i due fratelli si focalizzano sulle botteghe artigiane e le imprese terziste di dimensione medio-piccola delle province pugliesi, con l’obiettivo di

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creare un network virtuoso e valorizzare le risorse locali attraverso i linguaggi del design. Poi Marco prosegue il percorso da solo, studiando nuove forme, materiali ad alte prestazioni, lavorazioni a controllo numerico, macchinari per stampa 3D, e prende contatto con aziende storiche del Centro Italia (nella zona di Deruta e Umbertide) specializzate nella produzione della ceramica per uso alimentare. In parallelo coltiva la sua altra grande passione: il lighting design, fondando a Cipro, con l’architetto Kyriaki Paphitou, il team Prisma Lighting Design. Mediterraneo, Sud e Isole. ■ Virginio Briatore

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LookINg AROUND exhibitions

produzione, con la conseguente crescita esponenziale delle sale di proiezione che nel 1933 arrivarono a 5000 nell’intero Paese. Nella produzione cinematografica del periodo, vari architetti acquisirono in Germania molta importanza non solo per l’invenzione della scena e del disegno del contesto urbano, ma anche per l’idea di ripresa, degli scorci da proporre e delle luci da dare alle inquadrature in

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1. ERIC KETTELHUT (1893-1979), VISTA DELLA CITTÀ DALL’ALTO DELLA TORRE DI BABELE, DEUTSCHE KINEMATHEK COLLECTION, ERIC KETTELHUT ARCHIV. 2. HERMANN WARM (1889-1976), I TETTI, DEUTSCHE KINEMATHEK COLLECTION, HERMANN WARM ARCHIV. 3. FRANZ SCHROEDER (1897-1968), INDUSTRIAL LANDSCAPE, DEUTSCHE KINEMATHEK COLLECTION, FRANZ SCHROEDER ARCHIV.

GERMAN FILM ARCHITECTURE 1918-1933

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A Berlino, una mostra di disegni originali mette in luce l’importanza della visione architettonica nel cinema tedesco del periodo della Repubblica di Weimar. In programma fino al 29 settembre presso la Tchoban Foundation Museum of Architectural Drawings

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Dopo la sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale, forti richieste di rinnovamento si svilupparono in Germania nel campo politico e culturale. Con lo sviluppo delle avanguardie artistiche del Novecento e l’apertura della scuola interdisciplinare della Bauhaus (di cui quest’anno ricorre il centenario), una generale sperimentazione si estese al mondo delle arti. Al programma totalizzante

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del futurismo italiano di ‘ricostruzione dell’universo’ si affiancava in Europa il movimento dadaista e l’espressionismo, tendenze che hanno investito nella loro azione arti plastiche e visive, letteratura, musica e teatro e, non ultima, l’arte cinematografica che dal genere muto approdò solo nel 1936 al sonoro. Di questa particolare disciplina la Repubblica di Weimar fu protagonista grazie a un rapido sviluppo delle case di

cui si muovevano gli attori. Otto Hunte, Erich Kettelhut (entrambi inventori della memorabile città di Metropolis di Fritz Lang, 1927), Hermann Warm e Robert Herlth furono tra i protagonisti di questa architettura virtuale, spesso disegnata come sfondo oppure costruita in grandi modelli per le riprese. Come è stato scritto: “la metafisica degli insiemi è un mistero del cinema tedesco. E nei film, dove la composizione significa tutto, l’architetto è l’alchimista di un mondo che sorge grazie alla sua magica abilità” (Henri Langlois). I disegni esposti alla Tchoban Foundation, nella mostra curata dalla direttrice Nadejda Bartels, raccontano della significativa esperienza progettuale di un’architettura possibile, futuribile e sperimentale, chiamata a ‘disegnare’ i film della Repubblica di Weimar. ■ Matteo Vercelloni


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In occasione della Biennale d’Arte di Venezia, Rubelli, storica azienda tessile, ha invitato l’artista argentina Marcela Cernadas a sperimentare le suggestioni poetiche del tessuto

COME PENELOPE

In occasione della Biennale d’Arte di Venezia e nel primo anniversario del ritorno nella storica casa di famiglia, Ca’ Pisani Rubelli, l’azienda tessile veneziana ha invitato l’artista argentina Marcela Cernadas a interpretare il nuovo velluto tecnico Velverforty nella variante glicine. "Una bella sfida lavorare per la committenza italiana", afferma l’artista, che per l'occasione si è trasferita direttamente negli spazi dell'archivio storico. Il velluto tinta unita è stato tagliato, sfilato, smontato e rimontato minuziosamente dando

origine a un’installazione poetica e a una performance che si snodano all’interno e all’esterno dello showroom di Rubelli. Come suggerisce il titolo della mostra, Loom (telaio) è una trama che si intreccia visivamente attraverso ricami, ritagli a forma di petali, frottage, collage che diventano giardino, cielo, ghirlanda, costellazione di petali. Realizzata in collaborazione con la Galleria Michela Rizzo, che ha sede nell’isola della Giudecca, è la tappa successiva del long-term project Penelope, presentato in due diverse performance: nel 2016 nel giardino della galleria e nel 2017 presso la precedente sede veneziana di Rubelli Group. Come Penelope, anche Marcela crea la sua tela tessendo e disfacendo il tessuto fino a ridurlo in fili sottili e piccoli fiocchi, raccolti e riutilizzati per creare paesaggi fluttuati. ■ Carolina Trabattoni

L’INSTALLAZIONE E LA PERFORMANCE DI MARCELA CERNADAS (AL CENTRO) OCCUPA L’INTERO EDIFICIO DI CA’ PISANI RUBELLI, SEDE DELLO SHOWROOM E DELL’ARCHIVIO STORICO DI RUBELLI. (FOTO COURTESY BY RUBELLI)

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LookINg AROUND exhibitions

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1. LAMPADA PASSIFLORA DI SUPERSTUDIO, 1966. (© VITRA DESIGN MUSEUM, FOTO ANDREAS JUNG) 2. MASSIMO GIACON, ETTORE. MR. SOTTSASS JR. E IL MISTERO DEGLI OGGETTI, 2015. (© MASSIMO GIACON) 3. ANGELA E LUCIANA GIUSSANI, SERGIO ZANIBONI E SAVERIO MICHELONI, DIABOLIK, CON LA LAMPADA TACCIA DEI FRATELLI CASTIGLIONI, 1974. (© ASTORINA SRL.) 4. CHARLES SCHULZ, PEANUTS, CON LA PLYWOOD CHAIR DI EAMES E LA BUTTERFLY CHAIR. (© 1953 PEANUTS WORLDWIDE LLC) 5. BUTTERFLY CHAIR, GRUPO AUSTRAL, 1938. (© VITRA DESIGN MUSEUM, FOTO JÜRGEN HANS)

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DESIGN A FUMETTI In una mostra al Vitra Design Museum gli oggetti ideati da celebri progettisti dialogano con le strisce dei cartoon, rivelando reciproche e inaspettate influenze all’insegna del pop

Fino al 20 ottobre al Vitra Schaudepot, il ‘deposito d’esposizione’ progettato nel 2016 da Herzog & de Meuron, il Vitra Design Museum di Weil am Rhein esplora le relazioni tra il mondo dei fumetti e quello del design. Living in a Box: Design and Comics giustappone i cartoon di vari generi e periodi a oggetti della collezione del museo, sottolineando corrispondenze e

influenze reciproche: da un lato nelle strisce più famose (come Le avventure di Tintin, Diabolik, i Peanuts, Valentina) compaiono le icone del design, dall’altro gli oggetti reali rivelano nei fumetti la loro fonte d’ispirazione. Per rendere la storia più realistica, infatti, gli illustratori usano da sempre dei codici sottili, come il design, per evocare rapidamente un’atmosfera o uno stato

sociale. Così Diabolik legge il giornale accanto alla lampada Taccia dei fratelli Castiglioni, Valentina è sdraiata sull’Eames Lounge Chair di Vitra ed Ettore Sottsass si presenta tra i suoi arredi. Fino ad arrivare a Javier Mariscal, che negli anni ’80 ha realizzato le sue sedute giocose (Los Garriris) dopo averle disegnate nei suoi fumetti. ■ Carolina Trabattoni

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LE ANIME DEL BRASILE

La diversità come valore intrinseco di progetto. Questo il messaggio al centro della mostra “Brazil: Essentially Diverse” che, al FuoriSalone 2019, ha raccontato le tante e originali identità del design nel Paese sudamericano Forme, materiali, suoni e aromi. È stato 1

1. YEMANJÁS, SCULTURE IN CERAMICA DI EVELYN TANNUS. 2. UNA VEDUTA DELLA MOSTRA BRAZIL: ESSENTIALLY DIVERSE ALLESTITA AL MUSEO DELLA PERMANENTE DI MILANO PER IL FUORISALONE 2019 (FOTO SIMONE BARBERIS). 3. SEDUTA ARTIGIANALE IN LEGNO DI JASSON GONÇALVES (ALAGOAS) PER MARCO 500.

un viaggio multisensoriale tra le tante suggestioni del design brasiliano quello proposto da Brazil: Essentially Diverse, la mostra organizzata per il FuoriSalone 2019 da Apex-Brasil – l’agenzia brasiliana per la promozione del commercio estero – in partnership con il Consolato Generale del Brasile a Milano. Allestita su due piani e ben 2000 metri quadri del Museo della Permanente, l’esposizione ha offerto un eloquente spaccato dello stato dell’arte del design nel Paese sudamericano, delle sue innumerevoli sfaccettature culturali e della sua ‘voglia di esserci’ in un 2

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panorama internazionale che, per contrastare l’omologazione, risulta sempre più sensibile alla diversità di genere e all’originalità della narrazione. Focus della mostra erano infatti le origini della cultura materica del design brasiliano in cui si intrecciano influenze ancestrali di origine indigena, africana ed europea. L’obiettivo era dimostrare come queste storie, così diverse tra loro, siano oggi in grado di contaminarsi, evolversi ed esprimersi in progetti di assoluta contemporaneità. Ha spiegato Joice Joppert Leal, ceo di Objeto Brasil e curatrice di Brazil: Essentially Diverse: “La nostra storia e cultura popolare sono fonte di inesauribile ispirazione per la creazione di prodotti che contengono una profonda identità brasiliana. Ed è proprio questa identità che volevamo mettere in rilievo al FuoriSalone 2019”.

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La mostra ha messo assieme più di 100 aziende e 400 oggetti artigianali e industriali contemporanei. Anche nei prodotti industriali, la presenza di processi e tecniche artigianali risulta sempre evidente, dalla concezione stessa degli oggetti alle finiture, nonché nella scelta e nell’uso dei materiali. “Il termine ‘artigianale’”, continua Joice Joppert Leal, “fa riferimento non solo a quanto viene realizzato a mano, ma anche a tutto ciò che riflette e dialoga con le conoscenze ereditate dalle arti tradizionali. Arti che, direttamente o

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1. SCULTURA IN LEGNO DI HUMBERTO DE ARAÚJO PER MARCO 500. 2. TAVOLO CARNAÚBA IN LEGNO E FIBRE DI PALMA CARNAÚBA, DI RENATO IMBROISI PER RIMA CASA. 3. PANCA TOINOINOIN IN ACCIAIO AL CARBONIO DI JAIME LERNER; LAMPADE ARUMÃ IN FIBRA DI ARUMÃ, DI SÉRGIO J. MATOS E ZÉ GARCIA (KURIPAKO) PER RIMA CASA.

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indirettamente, gettano le basi su cui poggia il design brasiliano. A dimostrarlo sono le creazioni tessili e i sapienti intrecci di marchi come Asadesign, Lovato Móveis, Luxion e MeMoMad, per esempio. Oppure la pelle di pesce utilizzata da Embraer e Studio Sette7, così come il cotone

colorato impiegato da Santa Luzia per produrre le sue amache: progetti che riflettono un profondo legame con l’idea di naturalità e di natura intesa come fonte di ispirazione e di reperimento di materiali creativi. Quando si allea con comunità autoctone e artigianali, il design è anche in grado di generare nuove forme di economia, produzione e distribuzione collaborativa, fornendo al pubblico oggetti consapevoli della propria storia. I contenuti culturali, artistici e magici delle popolazioni – indigene, africane, europee – che hanno costituito il Brasile sono ancora ben vivi e presenti nell’anima dei nostri oggetti, come ha raccontato la mostra all’ultimo FuoriSalone di Milano”. ■ M.P.

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7 4. LAMPADE PALEAE BRASILIS IN PAGLIA E OTTONE, DI BRUNNO JAHARA E ANA VOSS. 5. CESTI JAPIIM IN FIBRA DI UAMBÉ, DI SÉRGIO J. MATOS PER RIMA CASA. 6. COLLEZIONE DI VASI IN PORCELLANA DEMARCAÇÕES, DI ALEVERSON ECKER E LUIZ PELLANDA PER HOLARIA. 7. SCULTURE MASSARANDUBA, IN LEGNO DI SUCUPIRA E OTTONE, DI IRANI RIGAUD PER MARCO 500. 8. SEDIA AYLA TRICÔ DI LOVATO MÓVEIS.

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LookINg AROUND exhibitions

SULLE ONDE DELL’ARTE

Sanlorenzo rinnova la partnership con Art Basel presentando un’installazione di Piero Lissoni che racconta l’opera Blue Land II di Piero Dorazio È un binomio consolidato quello tra Sanlorenzo e l’arte contemporanea: l’azienda italiana, leader mondiale nella produzione di superyacht di dimensioni maggiori ai 30 metri, è stata tra i protagonisti di Art Basel, la kermesse artistica più importante al mondo, svoltasi dal 13 al 16 giugno a Basilea. L’accordo di global partnership siglato nel 2018 con Art Basel rappresenta per

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Sanlorenzo un’innovativa contaminazione, il desiderio di superare i propri confini, di aprirsi a linguaggi creativi differenti per raccontare il mare in maniera inedita. Un modus opeandi che dalla visione originale del Ceo e Chairman Massimo Perotti che, con coraggio, ha portato l’azienda a sperimentare, prima nel proprio settore,

ART BASEL, BASILEA, 2019, COLLECTORS LOUNGE SANLORENZO, 13-16 GIUGNO, OMAGGIO A PIERO DORAZIO, INSTALLAZIONE DI PIERO LISSONI, OPERA DI PIERO DORAZIO BLUE LAND II (1992).

connessioni nuove e inaspettate. L’incontro tra due realtà apparentemente diverse si traduce in una sintesi poetica nella quale l’azienda svela ogni volta in modo nuovo il proprio approccio creativo. La partnership si inserisce in un percorso coerente che ha visto Sanlorenzo collaborare, nel corso degli anni, con importanti gallerie e istituzioni culturali, da La Triennale di Milano durante il FuoriSalone 2017 e 2018, presentando le installazioni Sanlorenzo: Il mare a Milano e Il mare a Milano: Yachtville, alla Galleria Tornabuoni Arte, con cui ha organizzato, in concomitanza con Art Basel Miami Beach 2016 e con la 57a Biennale d’Arte a Venezia, esposizioni a bordo dei propri yacht dedicate al Monocromo italiano e ad Alighiero Boetti.


In questo contesto sono nate le tre installazioni firmate da Piero Lissoni: la prima presentata ad Art Basel nel 2018, in omaggio a Emilio Isgrò, la seconda in occasione di Art Basel Miami Beach nel 2018 con un tributo all’artista padovano Alberto Biasi e, infine, la più recente, a Honk Hong nel 2019, dedicata all’artista Alixe Fu. Per il secondo anno consecutivo Sanlorenzo ha affidato il progetto del proprio spazio ad Art Basel, all’interno della Collectors Lounge, all’art director Piero Lissoni. Con l’eleganza e la raffinatezza che la contraddistinguono fin dalle origini, l’azienda rivolge ora il suo sguardo all’artista Piero Dorazio, uno dei principali esponenti dell’astrattismo in Italia, attraverso un’installazione di poetica essenzialità. L’opera Blue Land II di Dorazio (1992) è esposta al centro della lounge, in uno spazio minimale che accoglie collezionisti e galleristi: un lavoro di grande forza espressiva, fulcro dell’esposizione, che attraverso una fitta trama di incroci sembra voler conquistare la profondità dello spazio. Ad accompagnare il visitatore verso l’opera, i modellini di yacht e superyacht Sanlorenzo, esposti come pezzi d’arte in teche di vetro, rappresentano quel perfetto connubio tra esperienza, artigianalità e innovazione che sta alla base di ogni nuova creazione sartoriale di Sanlorenzo. ■ Carlo Biasia

DI PIERO LISSONI, DALL’ALTO: TRIBUTO A EMILIO ISGRÒ, ART BASEL, BASILEA, 2018; OMAGGIO A AIXE FU, HONG KONG, 2019; TRIBUTO AD ALBERTO BIASI, ART BASEL MIAMI, 2018.

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A SINISTRA, HUDSON YARDS CON UN DETTAGLIO DI THE VESSEL DI THOMAS HEATHERWICK. QUI A FIANCO, THE SHED DI DILLER SCOFIDIO + RENFRO (FOTO CARLO BIASIA). IN BASSO, UN MOMENTO DELLA SERATA A NEW YORK ORGANIZZATA DA INTERNI AL CONSOLATO GENERALE D’ITALIA A PARK AVENUE.

SUPER TALK

In occasione del NYCxDesign di maggio, Interni era presente al Consolato Generale d’Italia con l’incontro Human Spaces. Per l’evento, moderato da Federico Rampini, una squadra di cinque campioni del progetto ha raccontato il proprio punto di vista sul rapporto tra design, architettura ed ecosostenibilità

Quando Federico Rampini ha accettato di moderare New York Human Spaces, l’evento organizzato da Interni al Consolato Generale d’Italia, ha precisato: “Non sono un esperto del settore, né pretendo di esserlo: datemi tutte le informazioni utili affinché possa gestire al meglio questo incontro”. Che dire: uno dei massimi rappresentanti del giornalismo italiano, corrispondente dagli Stati Uniti per la Repubblica, che ha intervistato alcuni fra i potenti della Terra, era eccezionalmente ‘a disposizione’ del magazine per moderare un dibattito tra cinque campioni del progetto creativo: in ordine di apparizione, Mario Cucinella, Pasquale Junior Natuzzi, Adam Tihany, Jeffrey Beers e Piero

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Lissoni. Tema: New York Human Spaces, ovvero sostenibilità e creatività nei magnifici mondi del design e dell’architettura. Aprendo i lavori di un caldissimo 20 maggio newyorkese, il Console Generale d’Italia a New York, Francesco Genuardi, ha sottolineato quanto il buon rapporto tra Italia e Stati Uniti avesse permesso di portare nella “Casa degli Italiani” il racconto del progetto celebrato al FuoriSalone di Milano, la kermesse della Design Week che ogni anno ad aprile accompagna e rafforza il Salone del Mobile. Primo relatore, Mario Cucinella, l’architetto bolognese che è stato direttore del Padiglione Italia della Biennale Architettura – certamente la figura italiana più rappresentativa nell’ambito del progetto ecosostenibile – ha presentato un suo lavoro ancora in corso: il Museo di Arte Etrusca che sta realizzando per la Fondazione Luigi Rovati a Milano. Si tratta del recupero e dell’ampliamento del palazzo ottocentesco Bocconi-Rizzoli-Carraro in corso Venezia, predisposto per accogliere la prestigiosa collezione di vasi etruschi della Fondazione.

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Cucinella ha raccontato di essersi ispirato al passato, per reinterpretarlo nel presente attraverso un’opera di basso impatto ambientale. Un passato rappresentato sia dall’architettura dell’edificio, con i suoi piani nobili e il suo giardino segreto, sia dalla collezione di arte antica che sarà collocata nella parte interrata del

palazzo, realizzata ex novo. Di valori storici della cultura italiana ha parlato anche Pasquale Junior Natuzzi, direttore creativo dell’azienda di famiglia fondata 60 anni fa dal padre Pasquale e con sede in Puglia, a Santeramo in Colle. Pasquale Junior ha spiegato come tra le linee guida di Natuzzi ci sia anche un approccio 1. IL CONSOLE GENERALE D’ITALIA A NEW YORK, FRANCESCO GENUARDI, DÀ IL BENVENUTO A MODERATORE E RELATORI DEL TALK HUMAN SPACES, ORGANIZZATO DA INTERNI LO SCORSO 20 MAGGIO IN OCCASIONE DI NYCXDESIGN. DA SINISTRA, MARIO CUCINELLA, PASQUALE JUNIOR NATUZZI, ADAM TIHANY, JEFFREY BEERS, FEDERICO RAMPINI.

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2. PASQUALE NATUZZI, A SINISTRA, CON PAOLO JUNIOR TROFINO. 3. ADAM TIHANY E JEFFREY BEERS. 4. MARIO CUCINELLA E PIERO LISSONI. 5. FRANCESCO GENUARDI, CONSOLE GENERALE D’ITALIA A NEW YORK, E IL GIORNALISTA FEDERICO RAMPINI, MODERATORE DELL’EVENTO. 6. IL PUBBLICO DURANTE L’INCONTRO. 7. MAC STOPA DI MASSIVE DESIGN 8. VIVIAN LEE, PARTNER DELLO STUDIO RICHARD MEIER & PARTNERS, STEFANO GIUSSANI E NICOLETTA CANESI, RISPETTIVAMENTE CEO E PARTNER STUDIO LISSONI. 9. PATRIZIA CATALANO E CARLO BIASIA, RIVISTA INTERNI.

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LookINg AROUND EVENTS 1

1. PRESENTATA A INTERNI HUMAN SPACES DURANTE IL FUORISALONE DI MILANO, L’INSTALLAZIONE FROM SHIPYARD TO COURTYARD DI PIERO LISSONI, ART DIRECTOR DI SANLORENZO, HA FORNITO L’IMMAGINE PER LA LOCANDINA DELL’INVITO AL TALK ORGANIZZATO DA INTERNI AL CONSOLATO D’ITALIA A NEW YORK. 2. L’INTERNO DELLO YACHT SX76, PER CUI PIERO LISSONI HA RIVOLUZIONATO IL CONCEPT TRADIZIONALE DEL CABINATO, CREANDO UN UNICO VASTO AMBIENTE DI GRANDE IMPATTO SCENICO.

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3. UN’IMMAGINE DEL CODE - COSTA DESIGN MUSEUM, IL MUSEO DEDICATO AL DESIGN ITALIANO ALL’INTERNO DELLA COSTA SMERALDA DI COSTA CROCIERE, REALIZZATO DA ADAM TIHANY IN COLLABORAZIONE CON MATTEO VERCELLONI. LA NAVE SARÀ VARATA IL PROSSIMO NOVEMBRE.

filantropico nei confronti del proprio territorio. Ne è esempio il sostegno dato alla realizzazione, in Basilicata, dell’Abitazione per la Pace a favore dei rifugiati di tutte le guerre e dei loro figli. Un’iniziativa promossa dal premio Nobel per la Pace 1976 Betty Williams, e dall’attrice e attivista per i diritti umani Sharon Stone. Si tratta di una casa ecosostenibile, a basso costo e profondamente legata al paesaggio: un prototipo ideato da Mario Cucinella e realizzato come esempio da replicare nelle aree dove l’accoglienza dei rifugiati è ormai un fenomeno strutturale. Il tema del progetto contract per grandi navi è stato affrontato da Adam Tihany e Jeffrey

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Beers: il primo è creative director per gli interior di Costa Smeralda, l’ammiraglia di Costa Crociere (in varo il prossimo novembre), e della sua gemella (ancora in fase di realizzazione); il secondo è stato coinvolto da Tihany nella progettazione degli interni della nave insieme a Studio Dordoni, Rockwell Group e Partner Ship Design. Interessante l’approccio di Tihany e Beers e la loro capacità di comunicare i valori della cultura italiana a un pubblico spesso impreparato nei confronti dei cosiddetti alberghi viaggianti sull’acqua. Un obiettivo perseguito con modalità diverse: dalla creazione di

piazze scenografiche alla ricerca di stilemi di gusto italiano, alla collaborazione con importanti brand del made in Italy, fino ad arrivare, per volontà dello stesso Tihany, alla realizzazione di Code (Costa Design Collection): un museo del design creato a bordo della nave con pezzi iconici della storia del progetto italiano. Piero Lissoni, che in quei giorni inaugurava il suo nuovo studio a SoHo, è intervenuto in qualità di art director di Sanlorenzo, il celebre cantiere per imbarcazioni di lusso definite da Rampini “le Ferrari degli yacht”. Lissoni ha spiegato cosa significa lavorare su un progetto d’azienda: dalla trasformazione del

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4. LO STUDIO STATUNITENSE DI JEFFREY BEERS È STATO COINVOLTO DA ADAM TIHANY PER CREARE GLI SPAZI PUBBLICI DELLE NUOVE NAVI DI COSTA CROCIERE CHE SI ISPIRANO ALLE PIAZZE ITALIANE E AI PATTERN CROMATICI DEL BELPAESE. NELL’IMMAGINE IL PROGETTO DI UNA LOUNGE.


concept degli interni di un mega yacht come l’SX76, concepito come un open space, alla progettazione di una fabbrica intesa come luogo destinato ad accogliere i lavoratori per molte ore al giorno e nel rispetto della qualità della loro vita. Ha chiuso la serata Gaetano Pesce, invitato dal Consolato Generale, con un saluto dai risvolti polemici nei confronti del fare design, che ha coinvolto anche i progettisti presenti. Di seguito, riportiamo la bella lettera di replica sul ruolo dei buoni maestri che Mario Cucinella ha rivolto proprio a Pesce. Il dibattito è aperto. ■ Patrizia Catalano, Reportage di Aldo Soligno

New York, 21-05-2019 Caro Gaetano Pesce, Volevo scriverle a proposito del suo intervento conclusivo di ieri al consolato d’Italia a New York, non avendo avuto la possibilità di replicare alle sue parole. Pur condividendo una parte della sua critica sulle presentazioni, credo che Lei non abbia afferrato il problema in merito al tema dell’architettura. Il riferimento al passato non era inteso in vista di un ritorno all’antico, come ho cercato di spiegare, ma piuttosto verso un futuro in cui dobbiamo progettare con sempre meno energia. In questo senso la conoscenza del passato potrà essere sicuramente utile. Ovviamente da reinterpretare senza nostalgia e guardando sempre al futuro. Le sfide che abbiamo davanti non sono aristocratiche o elitarie ma riguardano il futuro del pianeta, della vita delle persone e delle città. Oscar Niemeyer diceva che la vita è piu importante dell’architettura, ma l’architettura può rendere la nostra vita migliore. Quindi mi è sembrato del tutto gratuita la sua affermazione sul tema, paragonando i lavori presentati all’edilizia e non all’architettura con la A maiuscola. Non so bene a cosa si riferisse, però ho colto il suo tono polemico che francamente non ho condiviso. Mi sono sempre chiesto qual è il ruolo dei maestri, soprattutto quando raggiungono un’età e un’esperienza rilevante per la cultura, di cui Lei è un esponente di grande spicco. E ci sono due comportamenti che emergono: uno polemico e l’altro poetico di cui avremmo tanto bisogno. Da un maestro ci aspettiamo una critica, sempre utile, più che un’inutile polemica, ma anche una visione del futuro che purtroppo ieri non è riuscito a raccontarci.

IN ALTO, L’ABITAZIONE PER LA PACE, IDEATA PER I RIFUGIATI DI TUTTE LE GUERRE E PER I LORO BAMBINI. IL PROGETTO, ECOSOSTENIBILE, È FIRMATO DA MARIO CUCINELLA, SI TROVA A SCANZANO IONICO (MATERA), ED È STATO FINANZIATO IN BUONA PARTE DA NATUZZI E PROMOSSO DAL PREMIO NOBEL PER LA PACE BETTY WILIAMS. IL PRIMO EDIFICIO SARÀ PRONTO IL PROSSIMO AUTUNNO. SOPRA, ERGO, LA COLLEZIONE ECO-ORIENTED FIRMATA ROSS LOVEGROVE PER NATUZZI E PRESENTATA AD APRILE IN OCCASIONE DEI 60 ANNI DELL’AZIENDA PUGLIESE. NEI RITRATTI, MARIO CUCINELLA (IN ALTO) E GAETANO PESCE.

Cordialità Mario Cucinella INTERNI luglio-agosto 2019 59


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1. UNA VISTA DEI CANALI DI COPENHAGEN. 2. LE LAMPADE TR14 DI TOM ROSSAU, REALIZZATE A MANO, DALLA LUCE CALDA E AVVOLGENTE. (FOTO MARINA JONNA)

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PROGETTI PER L’ANIMA

Il design, al di là della funzione, deve creare benessere e instaurare un rapporto empatico con le persone. Questo è il tema emerso durante 3Daysofdesign di Copenhagen, un momento di confronto tra creativi che raccontano la loro filosofia e mostrano prodotti capaci di regalare emozioni

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Dal 23 al 25 maggio la capitale danese ha ospitato 3Daysofdesign, appuntamento annuale durante il quale diversi brand di design danesi aprono le porte dei loro studi e degli store e organizzano eventi e mostre sparsi in tutta la città, per raccontare i prodotti e le filosofie che li animano. Si possono così incontrare direttamente gli autori, pronti a rivelare le storie e i retroscena delle loro realizzazioni. Tra le varie tendenze emerse domina quella di progettare arredi capaci di emozionare,

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3. PUZZLE HOUSE BY HHF ARCHITECTS & BIG (BJARKE INGELS GROUP) NEL GIARDINO DELL’AMBASCIATA SVIZZERA. 4. L’INGRESSO DELLO STORE DI FRAMA STUDIO. TRA PROFUMAZIONI E ARREDI PRODOTTI DALLO STUDIO, SI SNODAVA LA MOSTRA SENSE, IDEATA CON LOUISA GREY: UN PERCORSO SENSORIALE PER ESPRIMERE LA LORO IDEA DI CASA.

di regalare un benessere a 360 gradi. I valori trasmessi dal design vanno al di là della funzionalità, e riguardano un percorso sensoriale e una dimensione etica. Montana, per esempio, con la colour designer Margrethe Odgaard, ha svolto una ricerca su come i colori si relazionano tra di loro, con il corpo umano, con i materiali e con lo spazio. Da qui è nata una nuova palette di trenta tonalità che richiamano i materiali naturali (pietra, legno o pelle), proposti in sei diverse texture che riattivano la sensorialità, stimolano sia la vista che il tatto. I loro nomi evocano anche gusti e sapori, come Camomilla, Pino o Fungo. “È importante che i colori interagiscano con i sensi dell’olfatto, del


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1.2. LA COLOUR DESIGNER MARGRETHE ODGAARD (NEL RITRATTO) HA STUDIATO LE NUOVE SFUMATURE DELLA COLLEZIONE MONTANA. 3. LA SEDIA OCEAN DI MATER: LA SCOCCA VIENE REALIZZATA CON 960 GRAMMI DI MATERIALE PLASTICO RICICLATO. 4. IL GIAPPONE INCONTRA LA DANIMARCA NEL DIVANO KINUTA, DESIGN NORM ARCHITECTS PER KARIMOKU CASE STUDY. (FOTO MARINA JONNA). 5. ELISA OSSINO(A SINISTRA) E JOSEPHINE AKVAMA HOFFMEYER, FONDATRICI DI H+O.

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gusto e del tatto. In casa amiano circondarci di un colore, se questo ha un’espressione equilibrata e ‘nutriente’, se ci evoca ricordi di sapori o profumi piacevoli”, spiega Margrethe Odgaard. Inoltre la possibilità di impiegare le tonalità in infinite combinazioni permette di realizzare un progetto personalizzato. Quest’idea viene sviluppata anche nelle ceramiche in 3D del nuovo brand H+O di Elisa Ossino e Josephine Akvama Hoffmeyer. “La collezione ha come obiettivo di restituire alle piastrelle una valenza architettonica e un segno grafico forte, così da farle uscire dalla cucina e dal bagno per proporle come elemento caratterizzante in tutti gli ambienti della casa”, spiega Elisa Ossino. Non solo pareti ma anche colonne, portali, cornici possono essere rivestiti a piacere con queste nuove ceramiche. Ma il prendersi cura del benessere dell’uomo passa anche attraverso la strada della sostenibilità: tanti i prodotti in mostra a Copenhagen che si preoccupano del futuro del nostro pianeta proponendo soluzioni di design ecosostenibile, come la collezione Ocean di Mater realizzata con il riuso dei rifiuti plastici ripescati nell’oceano. “Mater significa madre in latino. Il nome è il promemoria quotidiano del nostro

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piccolo contributo alla tutela della Madre Terra”, spiega Henrik Marstrand, Ceo del brand. Il design etico e sostenibile è dunque in grado di influenzare il modo in cui viviamo, modellando i valori, la cultura e la società. E rimettendo al centro l’uomo e le sue emozioni, in connessione armonica con l’ambiente e la natura. ■ Marina Jonna, foto Filippo Bamberghi

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LookINg AROUND events

I CITTADINI DI DOMANI

È stata presentata a Roma la prima edizione di “Abitare il Paese - La cultura della domanda - I bambini e i ragazzi per un progetto di futuro”, a cura di CNAPPC e Fondazione Reggio Children Compito fondamentale dell’architettura è migliorare la qualità della vita delle persone: da questo principio è nato il progetto “Abitare il Paese - La cultura della domanda - I bambini e i ragazzi per un progetto di futuro”, realizzato e curato dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e dalla Fondazione Reggio Children - Centro Loris Malaguzzi. La prima edizione è stata presentata alla fine del maggio scorso a Roma da Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che ha sottolineato come “sia fondamentale riflettere sugli spazi e sull’architettura a partire dalle scuole, per educare i bambini e i ragazzi a

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SOPRA E A DESTRA, DUE MOMENTI DELLA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO ALL’ACQUARIO ROMANO, ALLA PRESENZA DEL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA MARCO BUSSETTI. SOTTO, LA MOSTRA ILLUSTRA IL PROGETTO ATTRAVERSO SCATTI FOTOGRAFICI, FILMATI, APPUNTI, SCHIZZI E MAPPE, ESEGUITI DAGLI STUDENTI PARTECIPANTI.

pensare a città più intelligenti e sostenibili”. Si è trattato di un percorso di ricerca del quale sono stati protagonisti e autori i bambini e i ragazzi, appunto, cittadini del presente e fruitori delle città di domani. Per esplorare e dialogare con i luoghi ed elaborare la loro visione della città, i giovani protagonisti hanno utilizzato scatti fotografici, filmati, diari di viaggio, appunti, schizzi, mappe, installazioni e plastici: il risultato finale è stata una mostra all’Acquario Romano, in Piazza Manfredo Fanti.


“La promozione della conoscenza dello spazio in cui viviamo, naturale e antropizzato, quindi del paesaggio e dell’architettura, incoraggia il senso di opportunità, di identità e di responsabilità, la collaborazione e l’interazione dell’intera comunità”, ha spiegato Giuseppe Cappochin, presidente di CNAPPC. “Questo implica una grande responsabilità sociale nell’attivare politiche e processi in grado di assicurare la qualità dell’abitare”. Il progetto ha reso evidente quanto sia importante che l’architettura entri nelle scuole, per generare una cultura della domanda, a

partire dall’idea che le persone siano al centro del progetto di rigenerazione urbana. Una città è intelligente quando riesce a valorizzare in modo sempre nuovo, diverso e sostenibile le risorse ambientali, culturali e umane che la compongono, quando è pensata con e per i bambini, i ragazzi, i disabili, gli anziani. La seconda edizione del progetto sarà lanciata il prossimo settembre, alla ripresa dell’anno scolastico, e avrà una diffusione capillare su tutto il territorio, con l’obiettivo di diventare occasione di confronto continuo tra architettura e scuola. ■

I numeri del progetto Oltre 1.500 bambini e ragazzi fra i tre e i diciotto anni, i loro insegnanti, i dirigenti scolastici di 53 scuole, di ogni ordine e grado, 87 classi, 60 architetti/tutor, 33 referenti degli Ordini Territoriali degli Architetti sono stati i protagonisti del primo anno di sperimentazione in 33 realtà territoriali: grandi città e aree interne, zone periferiche e aree di particolare complessità come Bologna, Catania, Como, Genova, La Spezia, Latina, Lecce, Lecco, Milano, Napoli, Novara, Taranto, Padova, Palermo, Prato, Ragusa, Ravenna, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Rimini, Roma, Rovigo, Sassari, Siena, Teramo, Trieste, Torino, Udine, Varese, Venezia, Verona, Vicenza.

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LookINg AROUND Awards

Proclamati i vincitori della XI edizione del concorso internazionale di architettura organizzato da Casalgrande Padana. Da quasi trent’anni, un osservatorio permanente sul progetto contemporaneo 1

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IL GRAND PRIX DELLA CERAMICA 3

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La Casa dell’Architettura di Roma ha ospitato la cerimonia di premiazione del 1. NOA-NETWORK OF ARCHITECTURE, ALPIN PANORAMA HOTEL HUBERTUS VALDAORA (BZ), PRIMO PREMIO EDILIZIA PUBBLICA. FOTO ALEX FILZ. 2. ALFONSO FEMIA ATELIER(S), COMPLESSO DIDATTICO ED ESPOSITIVO DALLARA A VARANO DE’ MELEGARI (PR), PRIMO PREMIO CATEGORIA “RIVESTIMENTI DI FACCIATA”. FOTO STEFANO ANZINI. 3. BIRGITTA HJELM-LUONTOLA, LUXLINE PORI, FINLAND. PRIMO PREMIO “EDILIZIA RESIDENZIALE”. 4. FILIPPO TAIDELLI, HUMANITAS CONGRESS CENTER A ROZZANO (MI), PRIMO PREMIO “CENTRI COMMERCIALI E DIREZIONALI”. FOTO ANDREA MARTIRADONNA.

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Grand Prix Casalgrande Padana, per la migliore interpretazione tecnicocreativa del gres del marchio, in progetti realizzati tra il 2016 e il 2019. La giuria composta da esperti internazionali del settore, tra architetti, critici di architettura ed esponenti della stampa specializzata, ha attribuito tre premi per ogni categoria in concorso, oltre a svariate menzioni speciali. Vincitore per la sezione “Centri commerciali e direzionali (grandi superfici)” è Filippo Taidelli per il campus e centro congressi Humanitas nei pressi di Milano. Un Alpenhotel dalla spettacolare piscina a sbalzo in Trentino Alto Adige è valso a NOA il premio per la migliore realizzazione nel comparto “Edilizia pubblica e dei servizi, edilizia industriale”. Alfonso Femia si è aggiudicato il primo premio alla voce “Rivestimenti di facciata, pavimentazioni esterne, piscine e SPA” per l’uso espressivo della pelle architettonica ceramica in due distinti progetti (un polo didattico-espositivo nel Parmense e un complesso residenziale in Francia). Prima nella categoria “Edilizia residenziale’’, la finlandese Birgitta HjelmLuontola per un’abitazione connotata dal gioco di superfici ceramiche lucide/opache. La longevità del concorso e la folta partecipazione (1200 progettisti e 1700 opere da tutto il mondo, presentate in 11 edizioni) confermano la riuscita dell’impegno dell’azienda nella diffusione della cultura del progetto e della produzione. ■ Katrin Cosseta


A LUGLIO IN EDICOLA IL NUMERO 899/900


LookINg AROUND awards

FIRMATO DA SHAH JAYMIN DEVANSH, MOJSILOVIC ZORAN E MANCERO GILER JAIME ENRIQUE DELLA SCUOLA POLITECNICA DI DESIGN, RADICE È IL PROGETTO VINCITORE DEL CONCORSO VELASCA PROGETTO DESIGN – IDEE SOTTO LA TORRE, INDETTO DA URBAN UP – UNIPOL PROJECTS CITIES (GRUPPO UNIPOL).

NUOVE IDEE SOTTO LA TORRE VELASCA

Sono stati decretati i vincitori del concorso promosso da Urban Up|Unipol per giovani designer. Tema: il progetto di una lampada per spazi pubblici che rappresentasse anche un tributo a un edificio simbolo di Milano

Si è conclusa la seconda edizione di Velasca Progetto Design – Idee sotto la Torre, il contest indetto da Urban Up – Unipol Projects Cities (Gruppo Unipol) volto a valorizzare e promuovere la creatività dei giovani progettisti delle migliori scuole di design. Quest’anno gli

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studenti del Politecnico di Milano, della Scuola Politecnica di Design, dello IED e di NABA si sono misurati sul tema della luce, progettando una lampada per gli spazi pubblici che, al contempo, rappresentasse un omaggio alla Torre Velasca nel sessantesimo anniversario

della sua inaugurazione. Composta da Gilda Bojardi (direttore di Interni), Antonio Citterio (architetto e designer), Fulvio Irace (storico dell’architettura e professore del Politecnico di Milano), Massimiliano Morrone (responsabile asset & investment management real


estate Gruppo Unipol), Marinella Patetta (architetto e lighting designer), Antonella Ranaldi (architetto, soprintendente delle Belle Arti e del Paesaggio per le province di Milano, Bergamo, Como, Lecco, Lodi, Monza, Pavia, Sondrio e Varese) e Attilio Stocchi (architetto), la giuria ha decretato i seguenti vincitori. Il primo premio, del valore di 10.000 euro, va a Shah Jaymin Devansh, Mojsilovic Zoran e Mancero Giler Jaime Enrique della Scuola Politecnica di Design per Radice, lampada che richiama la simmetria e i valori di progettazione 1. IL TERZO PREMIO È STATO della Torre, in cui semplici ASSEGNATO A FUTURA, DI FRANCESCO MUGNAINI, strisce led evidenziano FRANCESCO PERRUCCIO l’idea di movimento dal E ANITA TISSINO DEL POLITECNICO DI MILANO, PER IL PROGETTO FUTURA, LAMPADA SITE SPECIFIC EVIDENTEMENTE ISPIRATA AL PROFILO DELLA TORRE VELASCA.

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basso verso l’alto. Secondo classificato, a cui va un premio di 8.000 euro, è Quadra, di Gaia Temporiti, IED, famiglia di prodotti composta da un lampione e da una seduta segnapasso, realizzati con struttura a vista in acciaio brunito e con ‘cuore’ in resina di polietilene traslucida. Il terzo riconoscimento, per un valore di 5.000 euro, è andato a Francesco Mugnaini, Francesco Perruccio e Anita Tissino del Politecnico

di Milano per Futura, lampada ispirata al profilo della Torre Velasca, dalla struttura in corten ossidato che riprende il colore dell’edificio. La menzione speciale, infine, è andata a Luca Magistrali, Alberto Massara, Marco Merafina e Giovanni Molisse di NABA, per Steelight, ibrido tra corpo illuminante e totem informativo la cui forma è ispirata a quella del Kingdom Centre di Riyad. In occasione della

2. SECONDO CLASSIFICATO È QUADRA, DI GAIA TEMPORITI DELLO IED, FAMIGLIA DI CORPI ILLUMINANTI PENSATI E PROGETTATI PER GLI SPAZI ESTERNI COMUNI DELLA TORRE VELASCA. 3. LA MOSTRA ALLESTITA ALLO SPAZIO ACQUARIO (PIANO TERRA DELLA TORRE) CHE HA RACCOLTO I MODELLI DI STUDIO DEI LAVORI IN GARA E ANCHE I RENDERING E I DISEGNI DEI PROGETTI FUORI CONCORSO.

premiazione, Urban Up ha allestito presso lo spazio Acquario, al piano terra della Torre, una mostra con i modelli di studio dei progetti in gara, oltre a rendering e disegni di alcuni lavori fuori concorso. Tra questi ultimi, la giuria popolare ha premiato Specchio, creato da alcuni studenti della Scuola Politecnica di Design che hanno vinto una notte in un appartamento Domux Home, sempre in Torre Velasca. ■ A.P.

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LookINg AROUND contest

A HUMAN POINT OF VIEW Durante il FuoriSalone di Interni, sei studenti del Master IUAV in Fotografia si sono confrontati in un contest utilizzando una fotocamera unica nel suo genere: GoPro Hero7, un misto di tecnica e fantasia a servizio dello sguardo

“Fotografare è una maniera di vivere. Ma importante è la vita, non la fotografia. Importante è raccontare. Se si parte dalla fotografia non si arriva in nessun altro posto che alla fotografia.” Ferdinando Scianna Nell’ideale parallelismo tra la frase di Oscar Niemeyer: “La vita è più importante dell’architettura” e l’assunto di un maestro come Ferdinando Scianna, sei studenti del Master IUAV in Fotografia hanno ‘vissuto lo spazio’ per dare vita a un personale progetto fotografico durante l’evento INTERNI Human Spaces, tra le location

GLI STUDENTI PARTECIPANTI: DALL’ALTO A SINISTRA IN SENSO ORARIO, GIULIA BARONI, GIORGIO ANDREONI, SARA BASSI, CINZIA MARIA ROMANIN, COSTANZA BETTI, NICOLE PAVONE. FOTO MARTA TONELLI

dell’Università degli Studi di Milano, della Torre Velasca, dell’Orto Botanico e dell’Arco della Pace. Per interpretare il tema della mostra attraverso una action-photographing a diretto contatto con il pubblico, è stata utilizzata una fotocamera GoPro Hero7, dispositivo

non convenzionale per raccontare l’architettura. La formula del concorso è stata scelta al fine di stimolare nei partecipanti la ricerca progettuale e la competizione per il raggiungimento di una serie di obiettivi: la pubblicazione del loro lavoro, lo sviluppo autoriale e il

PROGETTO FOTOGRAFICO DI SARA BASSI: “SCOMPORRE LA REALTÀ IN PIÙ FRAMMENTI PERMETTE DI OTTENERE NUOVE INTERPRETAZIONI”. INSTALLAZIONE DI DOROTA KOZIARA SACRED GEOMETRY PER KROSNO GLASS (A SINISTRA) E DETTAGLIO DI UN’OPERA DELLA MOSTRA BRAIN TAIWAN PROGETTATA DA THE MEET LAB, NEL PORTICO DEL RICHINI ALL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO.

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PROGETTO FOTOGRAFICO DI NICOLE PAVONE: “L’UOMO ATTRAVERSA UN LUOGO, VIVE UN MOMENTO E CREA UNA REALTÀ, PRIMA DI SVANIRE E LASCIARE SPAZIO A UN’ALTRA VITA”, INSTALLAZIONE ENI THE CIRCULAR GARDEN DI CARLO RATTI ASSOCIATI ALL’ORTO BOTANICO DI BRERA (A SINISTRA). “RITROVANDOSI IMMERSI IN UNA MOLTITUDINE, SI METTE A FUOCO CIÒ CHE È ESSENZIALE”: DA UNA SERIE DI IMMAGINI DELL’INSTALLAZIONE THE PERFECT TIME DI ICO MIGLIORE CON M+S LAB PER WHIRLPOOL, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO, CORTILE D’ONORE.

PROGETTO FOTOGRAFICO DI GIORGIO ANDREONI: “L’ARCHITETTURA INCORNICIA L’ESSERE UMANO E LA MATERIA DISEGNA I LIMITI IN CUI ESSO VIVE”. DETTAGLI DELLE INSTALLAZIONI PASSAGGIO IN BLU DI PARISOTTO+FORMENTON PER CIMENTO (A SINISTRA) E FROM SHIPYARD TO COURTYARD DI LISSONI ASSOCIATI PER SANLORENZO, ALL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO.

confronto con il mondo dell’editoria. Coadiuvati dal tutor Marta Tonelli e con la supervisione di Andrea Pertoldeo, responsabile scientifico del Master, i partecipanti dotati di GoPro Hero7 hanno lavorato sullo ‘spazio umano’ generato dalle installazioni, con un approccio nuovo alla ripresa fotografica, per realizzare una selezione di immagini che raccontasse il senso di integrazione tra il pubblico e la mostra. Gli esiti, già pubblicati sui canali social del Master e sul sito internimagazine.it, sono frutto di una giornata di riprese, selezione, cura e lavoro di postproduzione in studio. Ne è risultata una serie di progetti che hanno messo in luce le caratteristiche di GoPro Hero7, action camera che, usata coerentemente con il suo spirito,

MENZIONE PARTICOLARE ALLA FOTO DI GIULIA BARONI PER IL PUNTO DI VISTA DI QUESTA FOTOGRAFIA, ADERENTE ALL’UTILIZZO DELLA CAMERA GOPRO.

produce immagini sensazionali e fuori dal comune. Da evidenziare, il nuovo processore, più evoluto rispetto al modello Hero6, la modalità SuperFoto e il nuovo sistema di stabilizzazione HyperSmooth, che garantisce riprese stabili come con un gimbal. La giuria del concorso, composta da Nicoletta Caluzzi di IAKI, Carlo Biasia di Interni, Marta Tonelli e Andrea Pertoldeo di IUAV Università degli Studi di Venezia, ha selezionato i progetti vincitori. Per aderenza al tema, coerenza con il dispositivo di utilizzo e audacia complessiva nella creazione di un progetto fotografico (che su queste pagine pubblichiamo solo parzialmente) sono stati proclamati vincitori: Giorgio Andreoni, Sara Bassi e Nicole Pavone. ■ Carlo Biasia

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LookINg AROUND vision projects IMMAGINI TRATTE DA MATHERA. L’ASCOLTO DEI SASSI (2019), IL DOCUMENTARIO DIRETTO DA FRANCESCO INVERNIZZI CON VITO SALINARO, DISTRIBUITO DA MAGNITUDO FILM CON CHILI.

Attraverso una serie di testimonianze, un documentario racconta di una città antica e bellissima, in bilico tra passato e futuro

L’ASCOLTO DEI SASSI

Si apre con una successione di dissolvenze incrociate su spettacolari riprese aeree Mathera. L’ascolto dei sassi, il documentario di Francesco Invernizzi con Vito Salinaro distribuito da Magnitudo Film con Chili, da poco disponibile in bluray e dvd. Vedute del territorio appena appesantite da un commento in voice over iper letterario ed eccessivamente languido, che per fortuna nulla toglie alla bellezza, realmente mozzafiato, di una delle tre città più antiche al mondo (le altre sono

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Aleppo e Gerico). Girato in 8K, quindi con una definizione dell’immagine sbalorditiva (almeno se proiettato e visionato nelle condizioni adeguate), il film racconta il riscatto e la resurrezione di una piccola provincia, che negli anni Cinquanta fu definita da De Gasperi “la vergogna d’Italia” (per le condizioni di clamorosa indigenza e di igiene precaria in cui vivevano gli abitanti dei Sassi) e che oggi è patrimonio Unesco, Capitale della Cultura Europea 2019 e meta di un

turismo colto e cosmopolita. La struttura del documentario è molto classica, con interviste a rappresentanti delle istituzioni e della società materana, alternate a immagini di repertorio e ad altre che mostrano aspetti della contemporaneità. Tra i contributi più interessanti, quello del sindaco Raffaello De Ruggieri che racconta come, da giovane, scoprì quasi per caso la Cripta del Peccato Originale (definita la Cappella Sistina dell’arte rupestre), e che ha promosso


la rinascita della città attraverso politiche culturali ed economiche che ne hanno sviluppato l’enorme potenziale; o come quello dell’architetto Mattia Antonio Acito: nato e cresciuto in quei Sassi da cui i suoi genitori sognavano di fuggire, vi è tornato a vivere dopo la laurea a Firenze, collaborando poi, al fianco di Renzo Piano, al restauro e al recupero del luogo. E, ancora, interessante è il racconto del panettiere Massimo Cifarelli, che mentre lavora l’impasto spiega come le tre punte tipiche del pane di Matera siano un richiamo alla Trinità e, più in generale, come quella della panificazione sia vissuta in città come un’arte da tramandare di generazione in generazione: un rituale laico con tanto di ‘attrezzi del mestiere’, come i timbri in legno prodotti artigianalmente con cui ciascuna famiglia marchiava, per identificarle, le proprie pagnotte. L'alternarsi delle testimonianze accompagnano lo spettatore al 'gran finale', quello in cui tanti materani emigrati decidono di tornare a casa per partecipare alla festa della Madonna della Bruna, protettrice della città. La celebrazione, di tradizione secolare, cade il 2 luglio e presenta una vivace successione di eventi che riempiono l'intera giornata (tutto è meticolosamente descritto dal sito dedicato, festadellabruna.it, dove è presente un conto alla rovescia aggiornato al secondo che scandisce la distanza temporale dall’evento) e si chiude con lo strazzo, la distruzione in piazza del carro allegorico di

CARATTERIZZATO DA SPETTACOLARI RIPRESE AEREE SULLA CITTÀ, IL FILM È GIRATO IN 8K, COSÌ DA OFFRIRE UNA SBALORDITIVA DEFINIZIONE DELLE IMMAGINI, ED È DA POCO DISPONIBILE PER L’HOME VIDEO.

cartapesta, che oggi è realizzato (rigorosamente a mano) dai rappresentanti della quarta generazione della famiglia Pentasuglia. Un momento di esaltazione collettiva in bilico tra sacro e profano, dove la ragione cede momentaneamente il passo a istinti ferini (le decorazioni del

carro sono stracciate anche a morsi) e in cui lo scempio del vecchio carro si fa preludio e presagio di un ciclo di vita nuovo per la città e i suoi abitanti. Un percorso di simbolica rinascita che Matera, nel corso della propria storia, ha già sperimentato più e più volte. ■ Andrea Pirruccio

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LookINg AROUND bookstore

L’ORTO BOTANICO DI BRERA a cura di Antonella Testa, Electa 2019, pagg. 216, € 24,90. Luogo di meditazione sin dal XIV secolo ad uso dei padri umiliati e poi dal XVI secolo dei Gesuiti, l’Orto Botanico di Brera fu fondato nel 1774 da Maria Teresa d’Austria come Hortus Oeconomicus, in analogia a quello del Collegium Theresianum di Vienna, e venne progettato da Padre Fulgenzio Witman, già autore dell’Orto Botanico dell’Università di Padova. Oggi fa parte del patrimonio scientifico dell’Università degli Studi di Milano ed è rimasto nel tempo una sorta di ‘giardino segreto’, scientifico e didattico, nel cuore di Milano. Quello di Antonella Testa è il primo libro interamente dedicato a questo luogo prezioso, sorta di museo en plein air in continuo cambiamento, a seconda delle stagioni, che mantiene nei secoli il suo nitido impianto con le aiuole disposte a strisce parallele segnate da un percorso centrale dove insistono due grandi vasche ellittiche; e una parte più naturalistica sul fondo, oggetto di un recente intervento di sistemazione paesaggistica e botanica. Il libro intende raccontare a più voci la storia dell’Orto Botanico e allo stesso tempo sottolinearne il valore museale e didattico, illustrarne i colori dei fiori e delle piante che si avvicendano nelle lunghe aiuole accudite da appassionati e devoti giardinieri. Come scrive nella prefazione Elio Franzini, Rettore dell’Università degli Studi, questo libro “insegna a vedere, insegna a comprendere che ‘il libro della natura’ non è soltanto un universo meccanico, ma una fonte di infinita meraviglia, che deve procedere alternando stupore e ammirazione. Il giardino è natura, ma natura che passa attraverso le mani dell’uomo, divenendo in tal modo arte, opera”. VEDUTA DALL’ALTO DEL SETTORE ORIENTALE DELL’ORTO BOTANICO DI BRERA, CON LA CUPOLA ASTRONOMICA E LA PRIMA VASCA ELLITTICA.

CLOSE-UP. RUCH & PARTNERS ARCHITECTS 1994-2018 con foto di Filippo Simonetti, Scheidegger & Spiess 2019, pagg, 422, € 140,00. Una biografia progettuale scandita da fotografie di grande formato che documentano in modo inequivocabile il senso di ogni intervento, la qualità degli spazi, la cura dei dettagli, il procedimento compositivo e la densa ricerca condotta in un quarto di secolo da Hans-Jörg Ruch & Partners nell’ambito dell’architettura dell’Engadina, oscillando con estremo rigore e controllo dell’insieme tra interventi nel patrimonio storico esistente e nuove costruzioni. L’occhio fotografico di Filippo Simonetti è il filo conduttore, che con i disegni e i testi descrittivi di ogni progetto – questi ultimi redatti dallo stesso Ruch e da Franz Wanner – organizza in modo cronologico il regesto dei progetti affrontati in chiave esemplare. Si tratta di un percorso denso e serrato che indica anzitutto nuove modalità legate alla disciplina del restauro e all’intervento in strutture antiche, come le tante chese (le case tradizionali dell’Engadina nelle loro diverse configurazioni e stratificazioni nel tempo) conservate e trasformate da Ruch con grande rispetto e attenzione nel riportare in luce tracce di epoche passate, nel reinventare i fienili con l’inserimento di nuovi spazi riconoscibili e indipendenti, ma senza mai rinunciare al segno eloquente e necessario del contemporaneo. Nonostante la forte immagine vernacolare dell’architettura tradizionale dell’Engadina, Ruch rifugge con fermezza da ogni revival, percorrendo piuttosto la strada della conoscenza critica di ogni edificio in cui si trova ad operare o ascoltando il paesaggio nel caso di nuove costruzioni che ricercano con la montagna un rapporto dialettico e di confronto. Il lavoro di Ruch, concentrato nel tempo nella valle dell’Engadina, rivela così un metodo convincente, perseguibile per attivare in strutture antiche nuove qualità spaziali, nuovi interni che uniscono storie di varie epoche, che legano passato e presente proiettandosi nel futuro. INTERVENTO IN CHESA MERLEDA, LA PUNT, 1999.

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ARCHIGRAM THE BOOK di Dennis Crompton, Warren Chalk, Peter Cook, Ron Herron, David Greene, Michael Webb, Circa Press Limited 2018, pagg.300, € 95,00. Autobiografia scritta in prima persona da alcuni protagonisti della mitica formazione d’avanguardia Archigram, il libro restituisce la complessità e la interdisciplinarità della ricerca di questo gruppo di architetti e artisti inglesi che nella Londra della cultura pop hanno cercato di suggerire ed esplorare una strada alternativa a quelle indicate dall’eredità del Movimento Moderno e dall’International Style. Archigram pubblicava una sua rivista (riprodotta nei diversi numeri all’interno del libro, di grande formato e con un’eccezionale raccolta iconografica perlopiù inedita), sperimentava progetti nel campo architettonico e urbanistico, territoriale e visivo, con una tensione a progettare il futuro in tempo breve. Tra il 1963 e il 1974, con la consacrazione internazionale ottenuta grazie alla partecipazione alla XIV Triennale a Milano del 1968, si esprime al massimo grado l’impulso creativo del gruppo, con i progetti di Walking City (1964), Plug-in City (1964/65), Underwater City (1964), City Interchange Project (1963), che oscillano tra la scala urbana e territoriale e la capsula abitabile moltiplicata all’infinito. Una scala domestica sviluppata poi, per esempio, nell’ameba abitabile della Spray Plastic House (1961) e soprattutto nel Living Pod (1966). Progetti tutti rappresentati e ben documentati nel volume con disegni, fotografie dei modelli iperrealistici, esplosivi collage, schizzi. Un ‘atlante di felici utopie’ programmatiche da rileggere e osservare con attenzione per l’attualità della forza creativa espressa contro lo stato ‘ingessato’ dell’architettura del tempo e per le suggestioni date alla cultura architettonica della stagione successiva rintracciabili in opere come il Beaubourg di Renzo Piano e Richard Rogers a Parigi, nel lavoro di Coop Himmelb(l)au, ma anche in molti progetti di Zaha Hadid, solo per fare alcuni esempi.

DAVID GREEN, LIVING POD ,1966. FOTO DEL MODELLO.

IL DESIGN DEI CASTIGLIONI - RICERCA SPERIMENTAZIONE METODO a cura di Dario Scodeller, Corraini Edizioni 2019, pagg. 262, € 40,00. Catalogo dell’omonima mostra tenutasi a Pordenone nei primi tre mesi di quest’anno, il libro ha l’importante merito di dedicare per la prima volta attenzione e lettura all’opera collettiva e corale dei tre fratelli Castiglioni (Livio, Pier Giacomo e Achille) senza separarne i nomi, come sempre la storiografia ufficiale del design italiano ha fatto. Nel suo contributo d’apertura al volume, introduzione ai saggi successivi di diversi autori dedicati ad aspetti specifici della storia dei Castiglioni, Dario Scodeller inserisce storicamente “lo Studio Castiglioni nella cultura italiana del design” dal 1936 (anno di apertura dello studio dei tre fratelli anche se Achille, il più giovane, si laureerà durante la guerra nel 1944) al 2002, anno della scomparsa di Achille che dal 1952 dividerà lo studio con Pier Giacomo (“due corpi una mente sola”, scriveva di loro Dino Buzzati sulle pagine del Corriere della Sera); mentre Livio proseguirà da solo le sperimentazioni sulla luce e l’acustica ambientale. Gli anni del sodalizio di Achille e Pier Giacomo (sino alla prematura morte di quest’ultimo nel 1968 a soli 55 anni) definiscono ‘il metodo dei Castiglioni’ in una serie di pezzi memorabili ancora oggi in produzione, testimoniandone la vitalità perenne. Un metodo che spaziava dall’urbanistica all’architettura, dagli allestimenti agli interni, sino al design industriale, e che Scodeller individua nell’allestimento “Colori e forme della casa d’oggi” del 1957 a Villa Olmo a Como, in una serie di principi guida: “il ri-assemblaggio di componenti esistenti che determina nuove forme, la definizione plastica in relazione al corpo umano, il recupero della sapienza funzionale del design anonimo e la caratterizzazione ludica per avvicinare l’utente”. Principi cui Achille rimarrà fedele dopo la scomparsa del fratello Per Giacomo. Tra i saggi presenti nel volume segnaliamo quello di Fiorella Bulegato dedicato agli allestimenti per la Rai alla Fiera di Milano dal 1948 al 1969; quello di Elena Brigi e Daniele Vincenti che esplora il rapporto tra i Castiglioni e gli imprenditori del design italiano; quello di Alberto Bassi che illustra la ACHILLE, LIVIO E PIER GIACOMO ricerca sull’oggetto anonimo condotta con passione e curiosità da Achille e Pier Giacomo alla CASTIGLIONI NEL CORTILE DELLO STUDIO DI PORTA NUOVA NEL 1961. scoperta “dell’intelligenza sedimentata nella storia delle cose”. di Matteo Vercelloni INTERNI luglio-agosto 2019 73


INTERNI PER MARMOMAC

Alcune tipologie di materiale lapideo. Foto Luca Morandini.

Appuntamento a Veronafiere con il business della pietra sotto il segno del digital e dell’internazionalitĂ

Marmomac 2019


Dal 25 al 28 settembre a Verona va in scena la 54ª edizione di Marmomac. Incontri b2b mirati per segmento e tipologia di utilizzo dei materiali, un progetto educational per interior designer, un crescente sviluppo digital e della rete internazionale di promozione: sono queste alcune delle novità della 54ª edizione del più importante salone mondiale dedicato a marmi, graniti, tecnologie di lavorazione, design applicato e formazione. Una filiera importante dell’economia che, nel 2018, ha realizzato a livello globale oltre 18 miliardi di interscambi e vede l’industria italiana ai primi posti per il valore aggiunto della produzione che l’anno scorso ha superato i 4 miliardi di euro, per il 73% realizzati grazie all’export. Marmomac vanta infatti un elevato profilo di internazionalità confermato dai numeri registrati nella precedente edizione. E se il 2018 ha dato grandi soddisfazioni in termini di presenze estere, con il 62% delle 1.616 aziende espositrici straniere e ben 68mila operatori provenienti da 150 nazioni del mondo, quest’anno ci si aspettano risultati ancora più importanti grazie anche alla collaborazione con Ice-Italian Trade Agency, Confindustria Marmomacchine e Regione Veneto sul fronte dell’attività di incoming di buyer stranieri. Spiega Maurizio Danese, presidente di Veronafiere: “Obiettivo di Veronafiere è consolidare la leadership di questo brand grazie agli indirizzi del nuovo piano industriale al 2022 che prevede investimenti di 105 milioni di euro finalizzati anche alla crescita dei nostri format di maggior successo”. Le opportunità commerciali legate alla pietra restano al centro della rassegna, declinate nelle categorie merceologiche di marmi, pietre, graniti, agglomerati e conglomerati, blocchi di pietra grezza e grandi formati, macchine e attrezzature per la lavorazione, mezzi di trasporto e sollevamento, abrasivi, diamantati, prodotti chimici, servizi. Grande spazio agli incontri b2b, strumento di business sempre più efficace, nella forma “speed dating” – quest’anno concentrati sull’utilizzo finale con tre aree (lusso/lastre/tools) – rivolti a target specifici (architetti, distributori, marmisti e

Sopra, il progetto vincitore dell’Icon Award 2018 (Marea di Elena Salmistraro per Vicentina Marmi con Donatoni Macchine e Arabescato Orobico di Cave Gamba). A lato, un’immagine dell’allestimento del Padiglione 1- The Italian Stone Theatre della scorsa edizione dedicata al tema Pietra e Acqua. Sotto, un dettaglio di una macchina per la lavorazione della pietra. Foto Luca Morandini.

installatori) da Paesi come Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Russia, Cina, Sudafrica, Australia, Germania, Mozambico, Turchia e Iran. “L’internazionalità è uno degli asset di sviluppo di Marmomac – dichiara Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – Partendo dall’appuntamento di Verona abbiamo costruito una community globale legata al prodotto lapideo che oggi può contare sul radicamento negli Stati Uniti con StoneExpo e in Brasile grazie a Vitória e Cachoeiro Stone Fair. È un network in continua espansione con cui ora vogliamo testare anche i mercati dell’Asia, con nuove


INTERNI PER MARMOMAC

Ritratto dell’architetto milanese Marco Piva e, accanto, il rendering dell’installazione Marble Storm, un giardino idealmente sconvolto da una tempesta, che presenterà all’interno della mostra Lithic Garden con Lavagnoli Marmi.

Sotto, Shajay Bhooshan, Associate presso Zaha Hadid Architects, e il rendering dell’installazione progettata con Giuseppe Fallacara, Newclaustrum, che sarà realizzata da Pi.Mar in pietra leccese per Lithic Garden.

Andrea Morgante, founder dello studio londinese Shiro Studio, presenta in collaborazione con Vincenzo Minenna il progetto Temno I e Temno II in marmo di Calacatta per Marmi Strada all’interno di Natural Things.

iniziative a Shanghai e Pechino”. Fondamentali per la crescita trade della fiera sono poi gli aspetti di innovazione, design e formazione. Un concetto che a Marmomac è rappresentato dalle mostre protagoniste nel padiglione 1-The Italian Stone Theatre che riunisce ricerca, sperimentazione, marmo e tecnologie italiane. Il tema per l’edizione 2019 è Naturality, la naturalità della pietra intesa nel suo aspetto più puro che ne valorizza l’unicità e la geodiversità, che verrà enfatizzata dall’inserimento in uno scenario green, allusivo al legame esistente tra mondo vegetale e minerale. Un’idea ribadita da Marmomac grazie anche all’adesione alla Rete Pna (Pietra naturale autentica) per la promozione del prodotto lapideo autenticamente naturale. Tra gli appuntamenti all’interno di The Italian Stone Theatre, Brand&Stone 2.0, curata da Giorgio Canale da un concept di Danilo Di Michele, è un’esposizione in cui grandi marchi dell’arredo e del design (Antoniolupi, Aston Martin, Baxter, Casamania, Horm e Tonino Lamborghini Casa) creano progetti indoor e outdoor specifici per le aziende del marmo. Torna la rassegna Percorsi d’Arte, curata da Raffaello Galiotto alla seconda edizione: la mostra vuole indagare il tema della naturalità della pietra attraverso le opere di cinque artisti internazionali che da tempo sperimentano le tecnologie numeriche per la lavorazione lapidea in collaborazione con aziende italiane leader nella produzione di macchinari, software e utensili. Il tema dell’hortus conclusus viene invece affrontato in Lithic Garden, curata da Vincenzo Pavan, e sarà

interpretato in senso litico da prestigiosi architetti e designer internazionali con l’elaborazione di cinque spazi che offrono una vista in sezione dell’interno di un giardino di pietra. Natural Things, anch’essa a cura di Raffaello Galiotto, si pone invece come obiettivo la riscoperta del rapporto tra uomo e natura attraverso otto progetti di design inediti realizzati da importanti progettisti in collaborazione con otto aziende italiane d’eccellenza del settore. Completano il padiglione il Ristorante d’Autore, “Nature Works” – curato da ADI Delegazione Veneto e Trentino Alto Adige: il tema del progetto è approfondire gli aspetti della roccia in natura, interpretandola per dare forma agli oggetti che arredano il ristorante e facendo sentire gli ospiti accolti dal movimento e dalle sensazioni dei paesaggi rocciosi – e il Wine Bar curato da Giorgio Canale. Ai giovani studenti e ricercatori è invece dedicata la mostra Young Stone Project che raccoglie prototipi in materiale lapideo elaborati da sei università (Bari, Bologna, Pescara, Roma, Venezia e Verona) e dalla Scuola del Marmo di Sant’Ambrogio di Valpolicella. Grande spazio agli architetti. A loro sono riservati i corsi di formazione e aggiornamento della Marmomac Academy che quest’anno punta sul mondo degli arredatori d’interni. Una della novità di questa edizione di Marmomac è infatti un progetto educational rivolto in particolare agli interior designer che, grazie ad un corso suddiviso in tre workshop, possono approfondire le caratteristiche del prodotto in pietra per proporlo con più efficacia al cliente finale. Marmomac 2019 è anche più digital, in ottica di supporto al business, così come di


L’architetto siciliano Vincenzo Latina e un rendering dell’opera Sentieri Interrottiin marmo di Aurisina (Pizzul Marmi Aurisina) e granito Nero Africa (Zenith C), l’installazione che presenterà a Lithic Garden.

Dustin White, in collaborazione con Maurizio Barberio e Matteo Generelli, presenta Coral Table, un tavolo di grandi dimensioni in “Palissandro”, caratterizzato da una geometria intrecciata, realizzato con Gruppo Tosco Marmi nella mostra Natural Things.

Raffaello Galiotto e l’opera Symmetric, trittico marmoreo con incisioni a complessi disegni computerizzati, che presenterà a Percorsi d’Arte, mostra di cui Galiotto è anche curatore. (aziende: Emmedue, Fila Industria Chimica, Essegra International, Ca’ d’Oro, DDX)

una sempre maggiore diffusione della cultura litica. A partire dalla nuova App che si integra al sistema di geolocalizzazione in tutti i padiglioni della fiera e consente di salvare espositori preferiti, memo vocali e testuali, così come lo scambio di biglietti da visita digitali. Per il matching tra domanda e offerta c’è la piattaforma online B2in dove aziende, buyer italiani ed esteri hanno la possibilità di conoscersi, organizzare appuntamenti agli stand e gestire l’agenda giornaliera. Sempre più interattivo e ricco di contenuti il catalogo online degli espositori Marmomac Plus +people+products+projects che quest’anno punta ancora di più sul racconto delle storie aziendali e sul portfolio di progetti realizzati. Tornano, infine, anche i due riconoscimenti targati Marmomac: l’Icon Award individua l’opera del The Italian Stone Theatre che diventerà immagine della campagna promozionale 2020, mentre il Best Communicator Award premia la cura e l’originalità delle aziende espositrici nell’allestimento fieristico. www.marmomac.com

Serena Confalonieri e, sopra, l’installazione Libra, realizzata per Bianco Cave, in cui gioca su una composizione di pezzi di alto valore simbolico e totemico, ideata per la rassegna Natural Things.


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INCOVER ART

P16. MAURO BUBBICO

THE BOND WITH HIS PLACE OF ORIGIN, MATERA, TRANSLATES INTO AN INCISIVE GRAPHIC LANGUAGE. AS IN THE ILLUSTRATION CREATED FOR THE COVER OF INTERNI With a luminous, harmonious and Mediterranean style, Mauro Bubbico builds grand narratives, believing this is the main task of graphic culture. He tells about his native land, in southern Italy, its history and its traditions. With an accessible and immediate visual language, using a few vivid colors, he translates roots and therefore identity. Born in Montescaglioso (Matera), where he has lived and worked since 1986 as a professional graphic designer, Mauro Bubbico teaches graphic design in various Italian institutes and universities, and is a member of AGI – Alliance Graphique Internationale. Over the years his interest in places and people has led to the formulation of an effective contemporary graphic language, addressing particular issues of human, economic and cultural development. His creative sphere and field of study is therefore the territory, starting with Matera, a place to narrate, reveal and encode through design aimed at social education and environmental sustainability. Claudia Foresti

INBRIEF VARIOUS P18. TABLE ARCHITECTURE

In the extraordinary program of events of Matera 2019 European Capital of Culture we should mention the exhibition Alessi Tea & Coffee Piazza and Towers. Architecture Meets Design, organized by Alessi with Calia Italia, a company operating in the Matera area for over 50 years. The show puts the spotlight on two research operations launched by Alessi under the creative direction of Alessandro Mendini, “Tea & Coffee Piazza” (1983) and “Tea & Coffee Towers” (2003), involving leading international architects in the development of domestic objects. The architects taking part in these meta-design projects (11 for the first, 22 for the second) were asked to provide their own interpretations of tea and coffee services. The results, according to Alberto Alessi, constituted “a history of micro-architectures for the table, or micro-urbanism for the apartment, bringing icons of hospitality into homes, concentrates of utopia.” Until 4 August in Matera, in the spaces of Calia Interiors, visitors can see projects by: Michael Graves, Richard Meier, Alessandro Mendini, Aldo Rossi, William Alsop, David Chipperfield, SANAA/Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa, Doriana O. Mandrelli and Massimiliano Fuksas, Toyo Ito, Tom Kovac, Jean Nouvel, UNStudio/Ben van Berkel + Caroline Bos. alessi.com, caliaitalia.com

NOT JUST OUTDOOR Among the many new developments presented by Martinelli Luce at the latest edition of Euroluce, a number shared the fact of being made in concrete, a material whose natural physical characteristics (strength and durability) can be joined by others regarding the aesthetic sphere. Precisely regarding the formal properties of the material, products conceived mainly for outdoor use can also be shifted into the spaces of the home. Like Cyborg Outdoor by Karim Rashid, the fiber-reinforced cement version of the table lamp already featured in the company catalogue. Mobile or fastened to the ground, in concrete gray or yellow, Cyborg Outdoor – with its particular three-legged configuration and internal positioning of the indirect LED light source

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– generates dramatic chiaroscuro effects. Furthermore, designed by Marc Sadler, a long-term collaborator of the brand, Pont is a luminous cement bridge to attach to the ground for indirect lighting. Two wall lamps, finally, complete the tribute to cement by Martinelli Luce: Plan (again by Sadler) is a minimal indirect LED lighting fixtures, while Koala, designed by Emiliana Martinelli, is a half-cylinder for direct and indirect light, with a power supply built into the body of the lamp. A.P. martinelliluce.it

FOOD PROJECT P19. AVANT-FLAVORS

takes its name, this restaurant is run by the chef Marco Baglieri. “We have chosen some classic Sicilian dishes and made them lighter, making the raw materials our central focus, 85% of which come from Sicily,” the chef explains. Delicately honed in combinations with other flavors. “Some recipes, for example, make use of aged Japanese vinegar. Because for me, the term ‘traditional’ implies innovation.” The interior of the elegant dining room with glossy black floors, in contrast with the white table linens, is completed by the subtle colors of the furnishings in the bar area. Everything has been carefully prepared by the architect Vincenzo Ignaccolo, relying on the logistical support of Marco Baglieri. ristorantecrocifisso.it

AT THE TABLE, AS IN THE PAST An enveloping atmosphere emphasized by the typical vaulted ceilings: we’re in the center of Noto, on the ground floor of a recently renovated historical building. Here the classic recipes of Sicily are entrusted to the skilled hands of Corradina and Simon, who conserve the ‘handmade’ tradition. “Each morning, my mother Corradina prepares the ingredients of the dishes that are then enjoyed in the evening,” says Giorgio Baglieri, manager of Ristorante Dammuso, who has also created the decor. “The interior is welcoming, with constant references to the typical materials of Noto: the iron of the doors, the stone facings. The outdoor zone reflects the same choices, where iron furnishings suggest the benches of my childhood,” Baglieri reveals. A simple but authentic place in which to rediscover the flavors of Sicily. articles Marina Jonna, photos Alberto Ferrero ristorantedammuso.it

LookINgAROUND PRODUCTION

P20. THE MEDITERRANEAN TABLE

FROM THE SICILIAN BAROQUE TO THE CRYSTALLINE WATERS, FROM TRADITIONAL CRAFTS TO MYTHOLOGICAL DIVINITIES: THE IMAGERY OF MARE NOSTRUM BECOMES A DECORATIVE IN NEW COLLECTIONS OF TABLEWARE IN CLAY AND PORCELAIN Not only the power of nature and the remarkable biodiversity of this area of the world serve as inspiration for designers to create forms and decorations for new collections of tableware. One emblematic case, for example, is the research of the designer based in Noto Salvatore Spataro, a contemporary interpretation of certain aspects of Sicilian culture, first of all the Baroque. Richard Ginori has assigned the imagery of its latest line of porcelain to a London-based artist, who by surprise reworks Greek-Roman mythology in the pattern ‘Il Viaggio di Nettuno.’ Reinterpreting the traditional pottery of Grottaglie, Unopiù proposes an exclusive line of plates with dishes with lively graphics and colors, alongside its outdoor furnishings collection. EmporioZani, finally, transports typical Mediterranean ceramic motifs onto melamine: from Cordova to Santorini. Katrin Cosseta


PRODUCTION

P23. EVERYDAY DESIGN

THE PURIFY AIR, CONSERVE FOODS AND ENSURE PERFECT COOKING RESULTS. AND THEY ARE UNDENIABLY GOOD LOOKING. NO LONGER ITEMS TO BE HIDDEN, TODAY’S APPLIANCES FURNISH THE KITCHEN WITH AN ESSENTIAL, RIGOROUSLY HIGH-TECH AESTHETIC CAPTIONS: pag. 23 By LG, combo refrigerator from the new Up series. Thanks to the Linear Cooling+ and Door Cooling+ technologies, temperature is kept uniform in every zone of the unit, while the Freshbalancer permits custom settings of humidity levels, creating the best conditions for conserving fruit and vegetables. The built-in door handles create aesthetic continuity with the kitchen furnishings, and the built-in display with Metal Touch mode on the premium models provides a minimal, rigorous design touch. Energy consumption: up to Class A+++-40%. The CX Full Induction range by Gaggenau is a single intelligent surface that permits cooking of the most complex dishes thanks to special micro-inductors capable of warming any support placed on the top. Sophisticated electronic software detects position, form, size and angle of the cookware, while an intuitive TFT touch control display offers precise control of levels and settings. Two aesthetic choices: flush-mounted or resting on the worktop. pag. 24 By Asko, ovens from the Craft line in the new Black Steel finish, with diagonally brushed surface. With their intuitive interface, the combo ovens of the brand are equipped with the ‘combined phase cooking function’ that permits use of steam, hot air and the grill in the same program. In the new 14 cm vacuum packer by KitchenAid the residual pressure inside, at just 5 mbar as opposed to 350-500 in traditional machines, guarantees optimal vacuum packing to conserve foods longer. Standard functions include: seasoning (in bags or containers), to permit tenderizing of meats with a cycle of ten minutes in total safety, marinating, infusion, vacuum packing of liquids, shellfish cleaning, sealing and cooking vessel with three vacuum levels. Designed by Vittore Niolu for Falmec, the Zenith NRS island hood has a body in stainless steel and a shelf in tempered glass with a steel frame border. Lit by LEDs, the hood comes with a threespeed electronic keypad, but can also be controlled by radio frequency from the Falmec induction ranges, thanks to the Dialogue System function. Equipped with the NRS (Noise Reduction System) patented by the brand, Zenith also stands out for its extremely quiet operation: a plus recognized by the English Quiet Mark institute, which has assigned the entire Silence collection certification set aside for the best products in terms of acoustic comfort. An evolution of the induction range with built-in exhaust, winner of the Compasso d’Oro, NikolaTesla Libra (again designed for Elica by Fabrizio Crisà) is the first cooktop with a scale inserted in its surface. This solution makes it possible to directly weigh ingredients in the pot, adding others during the cooking phase. The cast iron grille at the center of the glass top conceals the exhaust system, ensuring capture of fumes up to five times faster than their speed of ascent. The autocapture function regulates the intake automatically, adapting it to the number and power of the cooking zones in use. The scale has a dedicated interface that becomes invisible in standby mode. pag. 25 The impressive height of 2.13 meters is one of the special features of Monolith, the new generation of built-in refrigerators and freezers by Liebherr. The models are equipped with functions like BioFresh with Fish & Seafood Safe, PowerCooling and the SmartDeviceBox, for perfect conservation of foods. With touch display and very quiet operation, the Monolith models are available in different widths and with different fronts, to adapt to all decor needs. The Virtual Flame induction range by Samsung permits cooking with maximum precision thanks to an LED system installed below the surface that simulates the image of a flame and lights up based on the temperature of each cooking zone. With the large rectangular Flex Zone area, the range ensures extreme flexibility, allowing use of pots and pans of various sizes. Furthermore, a dedicated app lets you monitor the functioning of each area by smartphone, with optional signals to allow you to control the cooking process. Designed by Dror Benshetrit, the Maris Free MA 86 M oven by Franke – with a digital display, electronic programming and knobs – is one of the company’s models equipped with Pizza Gourmet, a function that guarantees optimal heat distribution and constant levels inside the oven compartments, while the Boost function allows the product to reach 270°, offering the option of cooking and serving pizzas in just six minutes. This specific model of the Maris collection has a compartment of 74 liters, for the

baking of three gourmet pizzas at the same time. pag. 26 A composition made with Electrolux appliances. These include the new MultiSpace CustomFlex refrigerator-freezer – with UltraFresh+ sealed drawer, for automatic setting of the ideal humidity level, and the rotating SpinView feature – and the SteamPro oven with Steamify, a function that combines the correct percentage of steam with the heat level. Some of the brand’s new ovens are equipped with connectivity and voice control, thanks to Google Home, while one SteamPro model features a built-in video camera for remote cooking control. By Faber – a company that has always invested to develop solutions and technologies to improve the quality of indoor air – the K-Air vertical hood, also with control by touchscreen or with an app, monitors temperature and humidity levels thanks to an exclusive sensor, as well as the presence of volatile organic compounds, CO2, nitric oxide and methane. Developed by the engineers of Faber, the sensor activates the hood as soon as the pollution level exceeds its threshold, especially in spaces where foods are prepared. From the Strumenti d’oggi collection by Nico Moretto for Alpes-Inox, built-in range in stainless steel with five gas burners. The central burner is a Dual triple-crown unit, with power of 4.5 kW. It is ideal for rapid cooking and ensures uniform heat distribution. From Whirlpool, Doppio Total No Frost W9 refrigerator from the W Collection, with 6th Sense Technology. Two independent cooling systems create the ideal conditions for conservation, preventing the formation of frost and guaranteeing perfect temperature and humidity. The Fresh Box+ with built-in cursor conserves maximum food freshness, while the innovative Fresh Pad prevents fruit and vegetables from coming into contact with the humidity they release. The Easy Access tray with Fast Freeze Pad, finally, freezes food more rapidly and permits easy locating of what has been stored in the freezer.

PRODUCTION

P28. THE TALE GOES ON

TWO NEW BEDS JOIN THE COLLECTION BY FABIO NOVEMBRE PRODUCED BY PERDORMIRE AS PART OF THE DESIGN DEMOCRATICO ITALIANO PROJECT. SWEET DREAMS AND WELLNESS FOR ALL “A series of beds as the companions during the one third of our lives we spend in sleep. Tools for slumber, but also for dreaming.” This is how Fabio Novembre describes Una Fiaba PerDormire, the collection of beds with evocative names – Castello, Principessa, Regina, Abito, Luna, Nuvola – he designed in 2017 to launch the Design Democratico Italiano project. Invented by PerDormire, a brand of Materassificio Montalese, the DDI project sets out to create products 100% Made in Italy capable of providing functional quality, high-end design, comfort and a good night’s sleep. All at an affordable price. Today the collection expands with Abbraccio and Sipario, two new proposals with soft, suggestive lines that welcome and ‘cuddle’ the user. The first stands out for the unusual overlay of the parts of the headboard, like a warm embrace. The headboard of the Sipario bed, on the other hand, recreates the effect of a curtain, linking back to the typical forms of canopy beds, those of fables, desires and dreams. With Abbraccio and Sipario, a dream comes true: that of combining high quality and democratic, rigorously Italian design. Claudia Foresti

PRODUCTION

P29. GREEN WOOD COATING

IMPACT ON LOOKS, BUT NOT ON THE ENVIRONMENT. ILVA VERNICI PER LEGNO DEVELOPS INNOVATIVE SOLUTIONS THAT ENHANCE MATERIALS IN A SUSTAINABLE WAY The new coating solutions for any type of wood surface bear witness, once again, to the aptitude for innovation – and versatility of offerings – of Ilva Vernici per legno. Besides responding to and even foreseeing aesthetic and functional needs, in both industrial and artisan contexts, Ilva’s research now concentrates on the theme of sustainability. The results are the new eco-friendly Hecopur Bio and Olio UV coat-

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ings. Making a commitment to reduce the environmental impact of production processes, products and services, Ilva has developed Hecopur Bio, the line of polyurethane coatings for wood that make it possible to obtain a dry film with the highest content ever achieved of renewable raw materials of botanical waste origin. The innovative Olio UV 100% TUM1AA98, a transparent 3 gloss supermatt finish, stands out for the absence of emissions, with a content of renewable raw materials equal to 94%, one of the highest presently available on the market. Both solutions are capable of combining high levels of sustainability, to safeguard the environment and human health, with high chemical-physical performance. For Ilva innovation is also a matter of style: Effetti Speciali is a wide range of coating solutions of forceful visual impact that transforms wood, transferring the aesthetic characteristics of other materials like metals, concrete, rust, ice, silk, marble or leather. Claudia Foresti

SHOWROOM

P30. BRERA EN PLEIN AIR

A YOUNG BRAND FOR THE PRODUCTION OF OUTDOOR FURNISHINGS, TALENTI OPENS ITS FIRST SHOWROOM IN MILAN, IN THE HEART OF THE DISTRICT THAT IS A SYMBOL OF CREATIVITY AND INNOVATION “These last six months have been extremely positive for us, on many fronts. We have made major investments that are allowing us to further develop our activities on the Italian market and around the world. Thanks to the space in Milan and the new structure, we will be able to expand our production to meet the growing demand in the residential, contract and hospitality sectors.” This is how Fabrizio Cameli, founder and president of Talenti, comments on the opening of the Umbria-based company’s first showroom in Milan, in the Brera district. With its three windows facing this neighborhood that is a symbol of design and creativity, the flagship store of the producer of outdoor furniture displays the best of its production, with collections created by designers like Ludovica + Roberto Palomba, Ramón Esteve and Marco Acerbis, just to name a few. A space in constant evolution, conceived for the public but also as a place in which to exchange ideas with architects and interior designers, and a reference point for the sector in a moment in which the barriers between outdoors and indoors are getting blurrier by the minute. Talenti’s decision to launch a showroom in Milan reflects a precise business strategy, that of boosting the distribution network already operating in over 50 countries, and it certifies the growth – also on an international level – of a brand founded just 15 years ago, that has now become a solid reality with the objective of reaching 15 million euros in sales in 2019. A.P.

PROJECTS

P32. WALLS TELL STORIES

OPTICAL, ETHNIC, INSPIRED BY STREET ART. THESE ARE THE GRAPHIC MOTIFS OF PPPATTERN, THE DIGITAL STORE FOR HOME DECORATION, WITH THE FINEST TALENTS IN ILLUSTRATION UNDER 35 One of the latest entries is Matera, a tribute to the European Cultural Capital for 2019, a pattern with a vortex of images reproducing the skyline of the Sassi populated by graphic motifs awaiting interpretation: clouds? stars? flying machines? The signature is that of Morena and Sara Tamborrino, illustrators working in Paris and Basilicata, two of the 40 visual designers involved in the Pppattern project, which is the simplest way to take home the best of Italian graphic arts creativity under 35 and put it on your wall. The idea of an online shop selling wallpaper, stationery and placemats with a wide range of decorative

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motifs – over 80, from op art to retro – comes from Renato Fontana, the talent manager who investigated the expressive potential of patterns last year with “Come si dice pattern in italiano?”, the FuoriSalone project done in collaboration with Lago. From that idea, which transformed the company’s apartment in Brera into a space for 40 visual designers, an e-commerce project (pppattern.it) has evolved, relying on one fact: patterns, from interior design to fashion, are an increasingly powerful tool for storytelling, for those who design them and those who purchase them to personalize their homes. This is also why the fair EDIT Napoli has selected the online shop as a partner, bringing a handmade ping point table to Naples with original motifs by the artist Resli Tale. Other collaborations are in the offing, always with a focus on young talent. Paolo Casicci

PROJECTS

P33. DELIGHT AND MEMORY

THE MEDITERRANEAN TOUCH OF KIASMO AND MARRAS, A COLLECTION OF ONE-OFFS IN CERAMIC THAT BRINGS TOGETHER SALENTO AND SARDINIA, EROTICISM AND AN ANCESTRAL PAST There are design stories that are first of all life stories. Encounters that seem like the stuff of fables, such as the one between Vincenzo D’Alba, soul and hands of Kiasmo, and Antonio Marras, the Sardinian fashion designer who had already collaborated with the Apulia-based fashion and architecture brand last year for a collection of ceramics, in which his contribution was limited to the decoration. This time the range of the initiative, stimulated by the creative director of Kiasmo Francesco Maggiore, was more ambitious, with D’Alba ‘kidnapping’ Marras for a stint in the workshop of the Fratelli Colì at Cutrofiano, allowing him to give life to almost 500 one-offs of small and large size. The results are three potentially infinite collections in which the sign of the four hands involved in shaping ancestral memories are clearly visible, starting with scrap materials – some of industrial origin – or giving new forms to objects for the table: plates, vases, tiles, trays. The two have also enhanced garden tables with majolica tiles. Eroticism and delight, linear design and minimalism are the earmarks of this project that condenses two different ideas and visions of Mediterranean creativity, while at the same time paying tribute to error. Marras, in fact, relates the experience of putting glazes where he was advised not to: “Instead,” he explains, “the blisters, abrasions and explosions led to the most beautiful results.” Paolo Casicci

PROJECTS

P34. INCRIMATED RESCUE

THE CASE OF THE RESCUE SHIP IUVENTA AND THE EFFECTS OF EUROPEAN POLICIES ON MIGRATORY FLOWS IN THE MEDITERRANEAN. FORENSIC ARCHITECTURE USES THE TOOLS OF ARCHITECTURAL REPRESENTATION TO CONDUCT A COUNTER-INVESTIGATION IN VIDEO OF THE OFFICIAL VERSION OF THE FACTS What does social protest have to do with design? For Forensic Architecture, the multidisciplinary research group inside Goldsmiths, University of London, it is clearly pertinent. The action of man, including the occupation of spaces and the management of technologies, always has a political impact, implying dynamics of exploitation of human beings in relation to different living species. The work of Forensic Architecture (FA) includes spatial investigation of cases of violations of human rights, a protest that aims to lead to a more inclusive, tolerant vision of the world. On 2 August 2017 the ship Iuventa was seized by the Italian authorities, and its crew – members of the German NGO Jugend Rettet (Youth Rescue) – were accused of collusion with migra-


tion traffickers on the Libyan coast. The charges came a few days after the NGO, together with others, had refused to sign a code of conduct that would have limited rescue operations at sea. Since the end of 2016 the European authorities have widened the search and rescue (SAR) zone belonging to Libya, narrowing the field of action of the ships of the EU and the NGOs, meaning that many more people are sent back to the overcrowded detention camps in Libya. The analysis conducted by FA, with the special unit Forensic Oceanography, denies the charges aimed at the Iuventa, combining video and audio information gathered by the crew with information recorded in the ship’s log, communications with the Italian Coast Guard and images taken by journalists on the German ship. The researchers have shown the disputable nature of images that have no objective points of reference. For example, with spherical mapping of the sky the movement of a camera was made to coincide with that of the drifting ship, and through detection of the movement of clouds or the simulation of waves it has been possible to ascertain wind direction, to reconstruct the course of the German ship and its true position in the sea. Finally, the positioning on a 3D model of photographs taken on board has made it possible to determine the distance between the Iuventa and the boat of the traffickers. Weather information, historical data and facts, when cross referenced in different ways, show that there was no connection between the Iuventa and the networks of illegal migration. At the same time, they reveal the contradictions at the base of European immigration policies. Valentina Croci

PROJECTS

P35. NEROPECE

PIETRAPECE IS A NEW BRAND OF STONE FACINGS BUILT AROUND A SINGLE MATERIAL. A STORY OF INDUSTRIAL CRAFTSMANSHIP, RIGOROUSLY MADE IN SICILY, THANKS TO A CONTEMPORARY REINTERPRETATION OF THE BROWN STONE TYPICAL OF THE HYBLAEAN BAROQUE After volcanic stone (Nerosicilia) and recycled glass (Mosaicomicro), pietra pece also gets its own trademark under the Frama Mosaici umbrella. This sedimentary rock taken from a single quarry in Ragusa, the Tabuna Descat, is a soft limestone unique for its chromatic variations, from gray to dark brown, thanks to the pitch it contains. Fossils and veins complete the expressive impact of this local material used for centuries by artisans in Ragusa for the floors and ornamentation of the city’s most beautiful buildings. With the same crafts spirit, but channeled through the advanced technologies of industry, the new brand made its debut at the latest Salone del Mobile with the installation Geo-Grafia. By the Sicilian designer Massimo Barbini, this was a composition in slabs of pietra pece with incisions on its surface, “like the map of an immense aesthetic territory,” made by hand by the author and then digitalized. Beyond such creative interpretations, Pietrapece supplies the material for facings and floors in on-demand formats (thickness 2 cm), in the types Fossile or Striata, with polished or brushed finish. For all the needs of contemporary architecture. Katrin Cosseta

PROJECTS

P36. CULTURAL CONNECTIONS

LE CATTIVE, INSIDE PALAZZO BUTERA IN PALERMO, IS NOT JUST A RESTAURANT BUT ALSO A MULTIFUNCTIONAL SPACE WHERE ART, CULTURE AND FOOD MEET. NEARBY, THE MADONIEAT BISTRO LETS YOU REDISCOVER THE VALUES AND FLAVORS OF SICILY In 2016 the collectors Massimo and Francesca Valsecchi purchased Palazzo Butera, one of the most interesting architectural landmarks

inside the Kalsa, the historical center facing the waterfront of Palermo. The architectural and museum design coordinated by Marco Giammona, in charge of structural restoration, was assigned to Giovanni Cappelletti, who with Diego Emanuele has also created Le Cattive, a restaurant, wine bar and museum cafe that is also a gathering place amidst art, food and culture. The curious name links back to the nearby promenade of Le Cattive, where in the 1800s the captivae, i.e. the widows, could walk, protected from prying gazes. “The project is part of a wider plan that starts with Palazzo Butera but will extend to involve the entire Kalsa district, to open places previously accessible only to a few to a larger public. Through Le Cattive, in fact, you can enter Palazzo Butera and the entire district, getting past the barrier represented by the palazzo itself with its 110 meter facade, a true wall between the neighborhood and the sea,” the architect explains. “The venue features a series of barrel vaults: almost like a big tunnel paced by a sequence of wings, with green marmorino plaster, with the entrances at its ends.” On the floor a ‘runner’ made with antique majolica tiles taken from the terrace of Palazzo Butera runs along the space: on one side it borders the cafe, on the other side the restaurant. “During the design phase I wanted to conserve several views, like the one that frames the spectacular Jacaranda of Palazzo Butera, framed by the two counters in the cafe.” In this place run by the Tasca d’Almerita family, art, culture and beauty mingle with food, accompanying the vision of the Valsecchis for the cultural revival of Palermo and Sicily. This aim is also clear in the MadoniEat bistro, also designed by Giovanni Cappelletti, which takes its name from the Madonie, the mountains in the heart of Sicily. “In the bistro I played with vertical and horizontal elements in batch-colored MDF,” Cappelletti says. The explosion of colors is in harmony with the antique majolica flooring and the dramatic two-story bookcase. A place to enjoy the flavors of Sicily and more: all the products are on sale, to bring a piece of this marvelous island back home with you. Marina Jonna, photos Alberto Ferrero

PROJECTS

P40. AN OASIS IN THE COUNTRYSIDE

NEAR NOTO, THE CAPITAL OF SICILIAN BAROQUE, CREATED IN AN OLD PALM GROVE: COUNTRY HOUSE VILLADORATA. A PLACE WHERE NATURE SETS THE DAILY PACE Visiting Noto, listed in 2002 by UNESCO as a World Heritage site, is an intense, vibrant experience. In the heart of the city, precisely inside Palazzo Nicolaci, Cristina Summa had already created her first residential facility: Seven Rooms Villadorata. “After Seven Rooms, my partner and I decided to expand our project, bringing our idea of hospitality into the countryside.” After three years of searching, they found the ideal site. “We wanted a quiet place in the country, near Noto, that would transmit emotions, also connected to its past.” Country House Villadorata stands in an area of eleven hectares of olive, almond and citrus groves, with a fine view of the sea and the Sicilian countryside. The main volume, where oil was once produced, now contains a restaurant, four rooms and the reception. “We then created other rooms in two other seriously damaged buildings. The first was the house of the family that tended the land, while the other was a toolshed, now transformed into a suite with a private swimming pool: the most coveted room of all,” Cristina Summa says. The regeneration of the volumes of the residence was based on the desires of the owners. “We wanted the structure and the internal spaces to almost ‘vanish’ with respect to nature.” This is why they chose the colors of the earth, using pigmented stucco for the facings (in cocciopesto, an an-

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cient Roman technique, ed.), for perfect integration in the surrounding landscape. “For the furnishings we have also purchased various modern pieces, made by young and not very famous designers,” the owner explains. The result is an essential, elegant style with a slightly vintage feel. The guestrooms are nine in number, refined down to the smallest details, and they have a way of making everyone feel right at home, caressed by a soft sea breeze that wafts over the hills. The swimming pool of 150 square meters below the main building is filled with water laden with mineral salts, magnesium, potassium, iodine, and biological trace elements: for total relaxation. Country House Villadorata is an oasis of regenerating leisure, just five kilometers from the center of Noto, a starting point for the most appealing destinations of Baroque Sicily, and for exploration of this fascinating land full of magic and contradictions. Marina Jonna

CASE HISTORIES

P42. DYNAMIC REVIVAL

NEW STRATEGIES AND INVESTIMENTS FOR UNOPIÙ, IN THE PERSPECTIVE OF A 360-DEGREE RANGE OF OFFERINGS AND A YOUNG (INCREASINGLY DIGITAL) IMAGE. WE TALKED ABOUT IT WITH CHRISTIAN RAUCH, THE MAN BEHIND THE BRAND’S REBOUND AS ITS CEO APPOINTED ONE YEAR AGO One year away from its 40th anniversary, Unopiù is going through a period of rebirth, with new growth strategies involving innovation and creativity, with an eye on new expanding markets and substantial investments. Convinced of the power of the brand’s heritage, known as a reference point for outdoor design, Christian Rauch has been the firm’s CEO for one year now. Born in 1972 in Baveria, he has extensive experience with multinationals in the consumer goods and luxury sectors. Since August 2018, after ten years with Montblanc, he is working on repositioning the brand, launching a new strategy, a new logo and new products. The top management of the firm has also changed, in a sweeping reorganization of roles to optimize in-house resources. “The goal is to create a new, fresh, dynamic image, aimed at the Italian but also the international audience, a traditional clientele but also young people,” Rauch says, “developing coordinated communication, with an increasing accent on digital channels. Starting with catalogue for 2019, a PDF you can download, with multimedia and ‘navigable’ content, the digitalization will also spread to the stores, as well as the global approach to product development. All part of the company’s DNA,” Rauch continues. “Unopiù does not offer only outdoor furnishings and structures, but also 360-degree solutions to create outdoor spaces based on refined Italian design. We are ‘Italian exterior designers’ as our new slogan puts it, and we are ready to furnish any type of space.” So there are many projects for the future. On the creative side, apart from the support of the ‘historic’ designers, young talents will also be called into play. The collaborations also expand in a perspective of boosting the contract sector, for which Unopiù offers dedicated products like the Luce line. In the next few years the firm will open new points of sale (stores, dealers, franchises) with the aim of expanding on an international level, especially in Asia, the USA and some strategic areas of Europe. Claudia Foresti

CASE HISTORIES

P44. OMNI-CHANNEL

FROM B2B TO B2C, ONLINE TO OFFLINE: THE STORY OF KAVE HOME, THE SPANISH BRAND THAT SELLS FURNISHINGS ON A DIGITAL PLATFORM, SPEAKS OF A NEW WAY OF THINKING ABOUT THE DISTRIBUTION OF DESIGN FOR THE HOME

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Maybe it is because the brand was born and raised in Spain, where e-commerce and big retail rack up major numbers. Or maybe because in just four years the sales of the group to which it belongs have grown from 18 to 52 million euros. In any case Kave Home, the decor brand distributed through various digital portals, is being indicated as the future Zara of design. Certainly an interesting case study on new paths for furniture distribution. Kave Home was founded in Catalonia on the basis of 35 years of experience on the part of Julià Grup, the company founded by Francesc Julià in 1982 – with headquarters in Spain and offices in China, India and Vietnam – which designs, develops and controls the production of a complete range of furniture and decor elements, sent to distributors and online operators all over the world in keeping with the B2B formula. In 2010 Julià decided to open a new distribution channel, B2C, with a digital focus. The model was that of a ‘fast-fashion’ brand, balanced between lifestyle and fashion and aimed at a target with an average age of 35 and professional status, people in search of personality expressed in the home. In strategic terms this means: developing offerings capable of catching the trends and new ideas of the moment, but above all guaranteeing an incredible variety of choices thanks to 5000 models in the catalogue – updated every week with about 40 new proposals – and 250,000 items in stock, for delivery in just 48 hours, with a maximum of just one week. Launched in France in 2013, Kave Home reached Spain in 2015, Italy in 2017, Holland and Portugal in 2018. 2019 was an important year for the brand, with the opening of its first physical store in Barcelona: a choice dictated by the conviction that online is the channel of the new generations, but it is also important to offer the opportunity for people to see things firsthand. A new store will open in Madrid at the end of this year, and the company will soon be a presence in Italy, one of the most promising territories for growth: in just one year it accounted for 5000 orders for 11,000 products, and in the first four months of 2019 growth hit 80%. For this reason, almost 40 shop-in-shop units will soon be opened with the group’s partners. There is one more ambitious goal: to open a large Kave Home store in the center of Milan. Maddalena Padovani

CASE HISTORIES

P45. IN THE BEGINNING, THERE IS ALWAYS AN IDEA

THE ORIGINALITY OF AMARA, THE BITTER RED ORANGE LIQUEUR OF SICILY IGP, COMES FROM THE CITRUS PEEL AND THE WILD HERBS OF MT. ETNA, COMBINING LOCAL TRADITION, PRODUCTIVE INNOVATION AND DESIGN. WE TALKED WITH ITS MAKER, EDOARDO STRANO Edoardo Strano is a young Sicilian entrepreneur, 32 years old, who after taking a degree in Economics and specialized studies in Marketing decided not to leave Sicily, and to focus on an agricultural product. His historic rural complex surrounded by hectares of citrus groves embracing a sprawling hilly landscape on the plain of Catania, left to him by his grandfather, becomes the starting point for Amara, a liqueur created in 2015 that now represents Sicily in the world, with sales growth of 30% year by year. Already considered part of the panorama of excellent Sicilian products, Amara comes from a simple idea: “That of using the peels of the IGP red oranges we produce ourselves,” Strano says. Something that existed but was never seen, because it was considered as having no value. Starting there, we have added spring water and wild herbs from the slopes of Mt. Etna, in pursuit of two factors: hearty flavor and a clear color. Today our growing is done without chemicals or wasting of water, harvesting by hand and pro-


ducing a beverage that is 100% natural.” What seemed like waste has become a fundamental resource to create an original amaro. And its image matches the novelty of the product. The design of the bottle, with its enveloping form in lava-like black, with a sealing wax top, is enhanced by the minimal label with linear characters and refined packaging. “Then there is that little bird perched on a branch, to remind us that we are farmers, and that those who respect to earth respect others,” Strano continues. “The success of Amara is directly proportional to the number of cocktails in which it is mixed,” its inventor says, “and it is also due to the fact that ours is the first Sicilian distillery open to the world of tastings, with experiences for all the senses and tastes, including recipes prepared by award-winning chefs.” Coming soon: a hospitality structure in the countryside (top secret!). A.B.

YOUNG DESIGNERS

P46. SONS OF THE SOUTH

AMIDST SMALL CRAFTSMEN AND BIG DREAMS, MARINO SECCO IN SARDINIA AND MARCO ZANZARELLA IN APULIA UPDATE THE KNOW-HOW OF THE MEDITERRANEAN WITH THE MAGIC OF DESIGN Italy is divided into three parts, and the third into two: South and Islands. Another world, where the sea calls the shots, as can also be seen in design, which given the lack of industrial infrastructure navigates amidst widespread crafts expertise and the courage of a few entrepreneurs. A son of Sardinia, Marino Secco was born in Ozieri in 1990, and lives in Priatu, a town near Olbia where he grew up in his family’s upholstery workshop, launched during the year of his birth. In 2017, having completed his education on the continent, he returned to the island because, as he says, “Sardinia, always Sardinia. It is almost impossible to get away from it once it enters your heart.” His background and work are summed up in the project Shardana, presented at the SaloneSatellite and winner of the Iconic Award 2019: Innovative-Interior. He began with two givens, namely that traditional Sardinian furniture model is the carved bench-chest, and the most famous Sardinian in the world is Antonio Marras. One day he began working with the family’s embroidery machinery and designed a new motif for a veneer, bonded with poplar plywood. It all happened in the classic garage, with the help of his brother. The natural evolution of this ability to reinterpret materials and signs is on view in the project for SaloneSatellite 2019, the Vivo chair inspired by forgotten, rediscovered and passed-on objects. A chair of archetypal forms, in which nature meets technology. The designer Marco Zanzarella, on the other hand, comes from the province of Taranto, between Sava and Manduria, home of the wine Primitivo, and he too got started in tandem with his brother, the architect Alessio, creating the brand ÜSÜ (Unico Semplice Utile), with the support of Principi Attivi, the program of financing of the Apulia Region for innovative projects by young talents. In the first three years of work the brothers focused in crafts workshops and medium-small supplier companies, with the aim of creating a functioning network that makes use of local resources through the languages of design. Then Marco set out on his own, studying new forms, materials and types of high performance, numerically controlled machinery and 3D printing, in contact with historic companies in Central Italy (in the zone of Deruta and Umbertide) specializing in the production of ceramics for use in relation to food. At the same time, he cultivates another major passion: lighting design, for which in Cyprus, with the architect Kyriaki Paphitou, he has founded the Prisma Lighting Design team. Mediterranean, South and Islands. Virginio Briatore

EXHIBITIONS

P48. GERMAN FILM ARCHITECTURE 1918-1933

IN BERLIN, AN EXHIBITION OF ORIGINAL DRAWINGS SHEDS LIGHT ON THE IMPORTANCE OF ARCHITECTURAL VISION IN GERMAN CINEMA FROM THE PERIOD OF THE WEIMAR REPUBLIC. ON VIEW UNTIL 29 SEPTEMBER AT THE TCHOBAN FOUNDATION - MUSEUM OF ARCHITECTURAL DRAWINGS After the defeat of Germany in World War I, there were forceful demands for renewal in Germany in terms of politics and culture. With the development of the art avant-gardes of the 20th century and the opening of the interdisciplinary Bauhaus school (this year is its centenary), experimentation spread across the arts. The all-encompassing program of the Italian Futurists for the ‘reconstruction of the universe’ was flanked in Europe by the Dada movement and Expressionism, trends that had an impact on the plastic and visual arts, literature, music, theater and, last but not least, the art of cinema, which from a silent discipline had begun to use sound in 1936. The Weimar Republic was a protagonist of this particular art thanks to rapid growth of its production houses, with a resulting exponential rise in the number of movie theaters, which in 1933 reached a level of 5000 in the whole country. In the film production of this period, various architects gained importance in Germany not only for sets and the design of the urban contexts, but also for ideas for shots, views to utilize, the lighting to bring to the images and the spaces where the actors moved. Otto Hunte, Erich Kettelhut (both inventors of the memorable city of Metropolis by Fritz Lang, 1927), Hermann Warm and Robert Herlth were among the exponents of this virtual architecture, often drawn as a backdrop or built as large models for the shooting. As has been written: “the metaphysics of the sets is a mystery of German cinema. And in the films, where composition is all, the architect is the alchemist of a world that arises thanks to his magical ability” (Henri Langlois).The drawings shown at the Tchoban Foundation, in the exhibition curated by its director Nadejda Bartels, narrate the significant design experience of a possible, futuristic and experimental architecture deployed for the ‘design’ of the films of the Weimar Republic. Matteo Vercelloni

EXHIBITIONS

P49. LIKE PENELOPE

DURING THE VENICE ART BIENNALE, RUBELLI, THE HISTORIC TEXTILE MANUFACTURER, INVITES THE ARGENTINE ARTIST MARCELA CERNADAS TO EXPERIMENT WITH THE POETIC ASPECTS OF FABRICS For the Venice Art Biennale and the first anniversary of the return to the historic family home, Ca’ Pisani Rubelli, the Venetian textiles firm has invited the Argentine artist Marcela Cernadas to interpret the new Velverforty technical velvet in the wisteria version. “It is an intriguing challenge to work for Italian clients,” the artist says, who has moved directly into the spaces of the historical archives for the occasion. The solid-color velvet has been cut, frayed, dismantled and reassembled to give rise to a poetic installation and a performance taking place inside and outside the Rubelli showroom. As the title of the exhibition suggests, Loom is a visual weave of embroidery, petal-shaped cuttings, frottage and collage, which become garden, sky, garland, a constellation of petals. Made in collaboration with Galleria Michela Rizzo, located on the island of Giudecca, this is the next phase in the long-term project Penelope, presented in two different performances: in 2016 in the garden of the gallery, and in 2017 at the previous Venetian headquarters of Rubelli Group. Like Penelope, Marcela creates her weave, making and unmaking the fabric until it is reduced to thin threads and little bows, gathered and reutilized to create floating landscapes. Carolina Trabattoni

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EXHIBITIONS

P50. DESIGN IN COMICS

IN AN EXHIBITION AT THE VITRA DESIGN MUSEUM, THE OBJECTS CREATED BY FAMOUS DESIGNERS ESTABLISH A DIALOGUE WITH COMIC STRIPS, REVEALING MUTUAL AND UNEXPECTED POP INFLUENCES Until 20 October at Vitra Schaudepot, the ‘exhibition depot’ designed in 2016 by Herzog & de Meuron, Vitra Design Museum in Weil am Rhein explores the relations between the world of comics and that of design. Living in a Box: Design and Comics juxtaposes cartoons of various kinds and periods with objects from the museum’s collection, underlining reciprocal affinities and influences: on the one hand, in the most famous strips (like the Adventures of Tintin, Diabolik, Peanuts, Valentina) design icons may appear, while on the other real objects reveal comics as their sources of inspiration. To make the story more realistic, in fact, illustrators have always used subtle codes like design to rapidly suggest an atmosphere or social status. Thus Diabolik reads the paper next to the Taccia lamp by the Castiglioni brothers, Valentina stretches out on the Eames Lounge Chair by Vitra, and Ettore Sottsass appears amidst his own creations. All the way to Javier Mariscal, who in the 1980s created his own playful seats (Los Garriris) after having drawn them in his comics. Carolina Trabattoni

EXHIBITIONS

P52. SPIRITS OF BRAZIL

DIVERSITY AS AN INTRINSIC VALUE. THIS IS THE MESSAGE AT THE CENTER OF THE EXHIBITION “BRAZIL: ESSENTIALLY DIVERSE,” WHICH DURING FUORISALONE 2019 NARRATED THE MANY ORIGINAL DESIGN IDENTITIES OF THE SOUTH AMERICAN COUNTRY Forms, materials, sounds, aromas. A multisensory voyage through Brazilian design. This was “Brazil: Essentially Diverse,” the exhibition organized during the FuoriSalone 2019 by Apex-Brasil – the Brazilian agency for foreign trade – in partnership with the Consulate General of Brazil in Milan. Set up on two levels of the Museo della Permanente in an area of 2000 square meters, the show offered an eloquent overview of the state of the art of design in that country, with its countless cultural nuances and its desire to be part of an international scene that is battling standardization by focusing on differences and original narratives. The exhibition focused on the origins of the material culture of design in Brazil, that blend of ancestral influences of native, African and European civilizations. The goal was to demonstrate how these various stories are now able to contaminate each other, evolving in absolutely contemporary expressions. Joice Joppert Leal, CEO of Objeto Brasil and the curator of Brazil: Essentially Diverse explains: “Our folk culture and history is an endless source of inspiration for the creation of products that contain a deeply Brazilian identity. Precisely this identity was what we wanted to reveal during the FuoriSalone 2019.” The show brought together over 100 companies and 400 industrial and crafted objects. Even in the industrial items, the presence of crafts processes and techniques is always evident, from the conception of the objects to the finishes, as well as the choice and use of materials. “The term ‘crafts,’” Joice Joppert Leal continues, “refers not only to what is made by hand, but also to everything that reflects and interacts with forms of knowledge inherited from the traditional arts. Arts that directly or indirectly lay the groundwork for Brazilian design. This is demonstrated in the textile creations and weaves of brands like Asadesign, Lovato Móveis, Luxion and MeMoMad, for example. Or the fish skin used by Embraer and Studio Sette7, and the colored cotton applied by Santa Luzia to produce hammocks: projects

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that reflect a deep bond with the idea of nature seen as a source of inspiration and creative materials. When it is aligned with native communities and craftspeople, design can also generate new forms of economics, production and distribution on a cooperative level, offering objects that are aware of their own history. The cultural, artistic and magical content of the populations – native, African, European – that have formed Brazil are still very much alive in the spirit of our objects, as seen in the exhibition at the latest FuoriSalone in Milan.” M.P.

EXHIBITIONS

P54. ON THE WAVES OF ART

SANLORENZO UPDATES ITS PARTNERSHIP WITH ART BASEL, PRESENTING AN INSTALLATION BY PIERO LISSONI THAT NARRATES THE WORK BLUE LAND II BY PIERO DORAZIO A consolidated partnership, between Sanlorenzo and contemporary art: the Italian company, a world leader in the production of superyachts with lengths of over 30 meters, is one of the protagonists of Art Basel, the world’s most important art fair, held from 13 to 16 June in Basel. The global partnership pact signed in 2018 with Art Basel represents an innovative contamination for Sanlorenzo, the desire to get beyond boundaries, to open to different creative languages and to narrate the sea in an original way. A modus operandi based on the original vision of the CEO Massimo Perotti, who has courageously guided the company in experimentation to make new and unexpected connections, as the first company in its sector to do so. The encounter between two apparently different realities translates into a poetic synthesis in which the company reveals its creative approach in always new ways. The partnership is part of a coherent strategy in which Sanlorenzo has collaborated, over the years, with important galleries and cultural institutions, from the Milan Triennale during the FuoriSalone 2017 and 2018, presenting the installations Sanlorenzo: Il mare a Milano and Il mare a Milano: Yachtville, to Galleria Tornabuoni Arte, with which the company organized, during Art Basel Miami Beach 2016 and the 57th Venice Art Biennale, exhibitions on board its yachts, on the Italian Monochrome and Alighiero Boetti. This is the context for the three installations created by Piero Lissoni: the first was at Art Basel in 2018, a tribute to Emilio Isgrò; the second was for Art Basel Miami Beach 2018, in honor of the artist from Padua Alberto Biasi; and the third, more recently, was in Hong Kong in 2019, on the artist Alixe Fu. For the second consecutive year, Sanlorenzo has assigned the project for its space at Art Basel, inside the Collectors Lounge, to the art director Piero Lissoni. With the elegance and refinement that are intrinsic to its background, the company now focuses on the artist Piero Dorazio, one of the most outstanding exponents of abstract painting in Italy, through an installation of great poetic impact. The work Blue Land II by Dorazio (1992) is on view at the center of the lounge, in a minimalist space that welcomes collectors and gallerists: a work of great expressive force, fulcrum of the exhibition, with a dense pattern of intersections that seem to set out to conquer the depths of space. Visitors are accompanied by models of Sanlorenzo yachts, displayed like works of art in glass vitrines, representing the perfect combination of experience, crafts and innovation that lies behind every tailor-made creation of Sanlorenzo. Carlo Biasia

EVENTS

P56. SUPERTALK

DURING NYCXDESIGN IN MAY, INTERNI WAS ON HAND AT THE CONSULATE GENERAL OF ITALY WITH THE ENCOUNTER HUMAN SPACES. THE EVENT MODERATED BY FEDERICO RAMPINI FEATURED A TEAM OF FIVE DESIGN CHAMPIONS, NARRATING


THEIR VIEWPOINTS ON THE RELATIONSHIP BETWEEN DESIGN, ARCHITECTURE AND SUSTAINABILITY When Federico Rampini agreed to be the moderator of New York Human Spaces, the event organized by Interni at the Consulate General of Italy, he remarked: “I am not an expert in this field, nor do I claim to be: so you’ll have to provide me with all the information I need to conduct this conference.” One of the leading figures in Italian journalism, the US correspondent of La Repubblica, who has interviewed many of the world’s most powerful people, was getting ready to moderate an encounter with five champions of creativity for Interni: in order of appearance, Mario Cucinella, Pasquale Junior Natuzzi, Adam Tihany, Jeffrey Beers, and Piero Lissoni. The theme of New York Human Spaces was sustainability and creativity in the magnificent worlds of design and architecture. The program began on a very warm May 20th in New York with the Consul General of Italy in New York, Francesco Genuardi, who emphasized that good relations between Italy and the United States can make it possible to construct an encounter, for one evening, that represents a microcosm of a corresponding Main Event: the FuoriSalone in Milan, the festival of Milano Design Week that accompanies and reinforces the Salone del Mobile every April. The first speaker, Mario Cucinella, the Bologna-based architect who was the director of Padiglione Italia at the Venice Architecture Biennale, is certainly the most representative Italian player in the field of sustainable design. He presented a project still in progress, the Museum of Etruscan Art he is completing for Fondazione Luigi Rovati in Milan. The work involves the renovation and expansion of the 19th-century Bocconi-Rizzoli-Carraro building on Corso Venezia, now organized to present the foundation’s prestigious collection of Etruscan urns. Cucinella explained his working method: gaining inspiration from the past and reinterpreting it in the present through design with low environmental impact. A past represented both by the architecture of the building, with its elegant halls and secret garden, and by the collection of ancient art that will be on view in the newly constructed basement levels of the building. The historical values of Italian culture were also addressed by Pasquale Junior Natuzzi, creative director of a family business founded 60 years ago by his father Pasquale, based in Sant’Eramo in Colle in Apulia. The young entrepreneur illustrated the guidelines of Natuzzi, which also include a philanthropic approach to the company’s territory. As in the support for the construction in Basilicata of the Abitazione per la Pace to assist refugees from all wars and their children, an initiative promoted by the Nobel Peace Prize winner in 1976, Betty Williams, and the actress and human rights activist Sharon Stone. The project is an ecosustainable low-cost residence with close ties to the landscape, a prototype created by Mario Cucinella to become an example that can be replicated in areas were the accommodation of refugees has become a structural necessity. The theme of large-scale contract projects for cruise ships was approached by Adam Tihany and Jeffrey Beers, respectively creative director for the interiors of the Costa Smeralda, the flagship of Costa Crociere (due to launch in November) and its twin Costa Venezia (still under construction), and the person called in by Tihany among the design firms involved, also including Studio Dordoni, Rockwell Group and Partner Ship Design. Tihany and Beers take an interesting approach: the idea is to bring the values of Italian culture to these ‘seagoing hotels,’ for an audience that often lacks in an extensive background. Their work ranges from the creation of striking piazzas to research on Italian style and taste, as well as collaboration with important brands of Made in Italy, all the way to the creation – at the urging of Tihany himself – of Code (Costa Design Collection), a design museum presenting icons from the history of Italian design. Piero Lis-

soni, who was opening his new studio in SoHo in the same period, contributed thoughts based on his role as art director of Sanlorenzo, the important shipyard for luxury yachts indicated by Rampini as “the Ferrari of yachts.” Lissoni explained what it means to work on a project with this company: from the transformation of the concept of the interiors of a mega-yacht like the SX76, shifting from cabins to open spaces, to the design of a factory as a place created to welcome workers for many hours each day, improving their quality of life. The evening came to a close with Gaetano Pesce, invited by the Consulate General, with a polemical contribution on design profession, a challenge also addressed to the designers on hand. Below we are publishing a rebuttal on the role of good examples penned by Mario Cucinella, addressed to Pesce. The debate goes on. Patrizia Catalano, reporting by Aldo Soligno New York, 21-05-2019 Dear Gaetano Pesce, I wanted to write you regarding your concluding remarks yesterday at the Italian Consulate in New York, since I did not have a chance to reply in that moment. Though I agree with a part of your critique of the contributions, I believe you have not grasped the issue in relation to architecture. The reference to the past was not meant to take a perspective of a return to antiquity, as I tried to explain, but a perspective of looking towards a future in which we have to design using less and less energy. In this sense, knowledge of the past can definitely be useful. Obviously the past has to be reinterpreted without nostalgia, always looking towards the future. The challenges that face us are not aristocratic or elitist, but have to do with the future of the planet, the life of people and cities. Oscar Niemeyer said life is more important than architecture, but architecture can improve our lives. So I thought your remarks on the theme were quite gratuitous, when you compared the works presented to construction, not to Architecture with a capital A. I’m not sure exactly what you were referring to, but I could sense your polemical tone, which I frankly did not find very interesting. I have always asked myself about the role of mentors, above all when you reach an age and a sum of experience that can be important for the culture, of which you are an outstanding exponent. And there are two behaviors that emerge: one is polemic, the other poetic, and we have a great need of the latter. From a mentor we expect criticism that is always useful, rather than uselessly caustic, but we also expect a vision of the future that you were unfortunately not able to convey to us yesterday. With kind regards, Mario Cucinella

EVENTS

P60. PROJECTS FOR THE SOUL

DESIGN, BEYOND FUNCTION, HAS TO CREATE WELLBEING AND ENTER INTO EMPATHY WITH PEOPLE. THIS IS THE THEME THAT SURFACED DURING 3DAYSOFDESIGN IN COPENHAGEN, A MOMENT OF INTERACTION AMONG CREATIVE TALENTS NARRATING THEIR PHILOSOPHY AND REVEALING PROJECTS THAT OFFER EMOTIONS From 23 to 25 May the Danish capital hosted 3Daysofdesign, an annual event during which various Danish design brands open the doors of their studios and stores and organize events and exhibitions to narrate their products and their philosophical musings. Visitors can come into direct contact with authors, ready to offer insights and background stories of their achievements. Among the emerging trends, there was that of furnishings capable of triggering emotions, bestowing all-around wellness. The values transmitted by design go beyond function and have to do with a sensory path and an ethical

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dimension. Montana, for example, with color designer Margrethe Odgaard, has conducted research on how colors relate to one another, to the human body, materials and space. The result is a new palette of 30 hues that link back to natural materials (stone, wood or leather), presented in six different textures to reactivate sensory activity, stimulating sight and touch. Their names also suggest tastes and flavors, like Chamomile, Pine or Mushroom. “It is important for colors to interact with the senses of smell, taste and touch. In the home we like to be surrounded by a color, if it has a balanced and ‘nourishing’ expression, if it reminds us of pleasant flavors and aromas,” says Margrethe Odgaard. The possibility of using tones in infinite combinations permits project personalization. This idea is also developed in the 3D ceramics of the new brand H+O of Elisa Ossino and Josephine Akvama Hoffmeyer. “The collection has the aim of restoring an architectural value and strong graphic impact to tiles, taking them out of the kitchen to propose them as a characteristic feature in all the spaces of the home,” says Elisa Ossino. Not just walls but also columns, portals and frames can be dressed up at will with these new products. But taking care of human wellness also means taking the path of sustainability: many of the products on view in Copenhagen pay attention to the future of the planet, proposing ecosustainable design solutions, like the Ocean collection by Mater, made with plastic waste salvaged from the ocean. “Mater means mother in Latin. The name is an everyday reminder of our small contribution to the protection of Mother Earth,” says Henrik Marstrand, CEO of the brand. Ethical and sustainable design can therefore influence the way we live, shaping values, culture and society. Putting human beings and their emotions back at the center, in harmonious contact with nature. Marina Jonna, photos Filippo Bamberghi

EVENTS

P62. CITIZENS OF TOMORROW

PRESENTATION IN ROME OF THE FIRST EDITION OF “ABITARE IL PAESE – THE CULTURE OF DEMAND – CHILDREN AND YOUNG ADULTS FOR A PROJECT OF THE FUTURE,” ORGANIZED BY CNAPPC AND FONDAZIONE REGGIO CHILDREN The fundamental job of architecture is to improve quality of life: this is the principle behind the project “Abitare il Paese - La cultura della domanda - I bambini e i ragazzi per un progetto di futuro” organized by the National Council of Architects, Planners, Landscape Designers and Conservators (CNAPPC) and Fondazione Reggio Children - Centro Loris Malaguzzi. The first edition was presented in late May in Rome by Marco Bussetti, Ministry of Education, the University and Research, who underlined that it is “fundamental to think about spaces and architecture starting from schools, to teach children and young people to think about the city in a more intelligent and sustainable way.” In this path of research the protagonists are the kids, citizens of the present and users of the city of tomorrow. To explore a dialogue with places and develop their own vision of the city, the young protagonists used photography, film, diaries, notes, sketches, maps, installations and models: the final result was an exhibition at Acquario Romano, on Piazza Manfredo Fanti.“The promotion of knowledge of the space in which we live, natural or manmade, and therefore of landscape and architecture, encourages a sense of opportunity, identity, responsibility, collaboration and interaction with the whole community,” said Giuseppe Cappochin, president of CNAPPC. “This implies social responsibility in the activation of policies and processes to ensure quality of life.” The project revealed the importance of a focus on architecture in schools, to generate a demand-side culture starting with the idea that people should be at the center of urban regeneration. A city is intelli-

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gent when it manages to make new, different, sustainable use of environmental, cultural and human resources, when it is designed to welcome children, teens, the disable, and senior citizens.

AWARDS

P64. THE GRAND PRIX OF CERAMICS

ANNOUNCEMENT OF THE WINNERS IN THE 11TH EDITION OF THE INTERNATIONAL ARCHITECTURE COMPETITION ORGANIZED BY CASALGRANDE PADANA. FOR ALMOST THIRTY YEARS, A PERMANENT OBSERVATORY ON CONTEMPORARY DESIGN La Casa dell’Architettura in Rome hosted the prize ceremony of Grand Prix Casalgrande Padana, for the best technical and creative interpretation of the brand’s stoneware in projects completed from 2016 to 2019. The jury composed of international experts, including architects, architecture critics and specialized journalists, assigned three prizes for each category, as well as a number of honorable mentions. The winner for the “Shopping and office centers (large areas)” section is Filippo Taidelli, for the Humanitas campus and convention center near Milan. An Alpen-Hotel with a spectacular overhanging swimming pool in Trentino Alto Adige brought NOA the prize for best achievement in the section “Public buildings and services, industrial construction.” Alfonso Femia took first prize in the category “Cladding, outdoor pavements, swimming pools and spas,” for the expressive use of ceramic facings in two separate projects (an education-exhibition center near Parma and a residential complex in France). First prize in the “Residential building” category went to the Finnish architect Birgitta Hjelm-Luontola for a house featuring a game of glossy-matte ceramic surfaces. The longevity of the contest and its many participants (1200 designers and 1700 works all over the world, presented in 11 editions) confirm the company’s renewed commitment to the spread of design culture and production. Katrin Cosseta

AWARDS

P66. NEW IDEAS UNDER TORRE VELASCA

THE WINNERS OF THE COMPETITION ORGANIZED BY URBAN UP|UNIPOL FOR YOUNG DESIGNERS. THE THEME: THE DESIGN OF A LAMP FOR PUBLIC SPACES THAT IS ALSO A TRIBUTE TO ONE OF THE SYMBOLIC BUILDINGS OF MILAN The second edition of Velasca Progetto Design – Idee sotto la Torre, the contest organized by Urban Up – Unipol Projects Cities (Gruppo Unipol) to promote the creativity of young talents from the most outstanding design schools, has come to a conclusion. This year the students of the Milan Polytechnic, the Scuola Politecnica di Design, IED and NABA came to terms with the theme of light, designing a lamp for public spaces that would also be a tribute to the Torre Velasca, for the 60th anniversary of its opening. The jury composed of Gilda Bojardi (editor of Interni), Antonio Citterio (architect and designer), Fulvio Irace (architecture historian and professor at the Milan Polytechnic), Massimiliano Morrone (in charge of asset & real estate investment management at Gruppo Unipol), Marinella Patetta (architect and lighting designer), Antonella Ranaldi (architect, Superintendent for Fine Arts and Landscape of the Provinces of Milan, Bergamo, Como, Lecco, Lodi, Monza, Pavia, Sondrio and Varese) and Attilio Stocchi (architect) announced the following winners. First prize of 10,000 euros went to Shah Jaymin Devansh, Mojsilovic Zoran and Mancero Giler Jaime Enrique of the Scuola Politecnica di Design for Radice, a lamp that embodies the symmetry and design values of the tower, where simple LED strips underline the idea of movement from below to above. Second place, with an award of 8000 euros, went to Quadra by


Gaia Temporiti of IED, a family of products composed of a street light and a path-marker seat, with an exposed structure in burnished steel and a core in translucent polyethylene resin. The third award, for a value of 5000 euros, was assigned to Francesco Mugnaini, Francesco Perruccio and Anita Tissino of Politecnico di Milano for Futura, a lamp inspired by the profile of the Torre Velasca, with structure in Cor-ten to reference the color of the building. The special mention, finally, was for Luca Magistrali, Alberto Massara, Marco Merafina and Giovanni Molisse from NABA for Steelight, a hybrid between a lighting fixture and an information totem, whose form is based on that of the Kingdom Center in Riyadh. At the prize ceremony, Urban Up presented an exhibition with the models of the projects in the Acquario space on the ground floor of the tower, including renderings and drawings of some works submitted outside the competition. In this group, the popular jury selected Specchio, created by students at the Scuola Politecnica di Design, who won a one-night stay in the Domux Home apartment in Torre Velasca. A.P.

CONTEST

P68. A HUMAN POINT OF VIEW

DURING THE FUORISALONE OF INTERNI, SIX STUDENTS IN THE IUAV MASTERS PROGRAM IN PHOTOGRAPHY TOOK PART IN A CONTEST, USING A UNIQUE CAMERA: THE GOPRO HERO7, A BLEND OF TECHNIQUE AND FANTASY AT THE SERVICE OF THE GAZE “Photography is a way of life. But what is important is life, not photography. It is important to tell a story. If you start from photography, you arrive nowhere except at photography.” Ferdinando Scianna In an ideal parallel between Oscar Niemeyer’s view that “life is more important than architecture” and the motto of a great master like Ferdinando Scianna, six students of the IUAV masters program in photography ‘experienced space’ to give rise to a personal photography project during the event INTERNI Human Spaces, in the locations at Università degli Studi di Milano, Torre Velasca, Orto Botanico di Brera and Arco della Pace. To interpret the theme of the show through action-photography in direct contact with the audience, they used the GoPro Hero7 camera, an unconventional device for the narration of architecture. The competition formula was chosen to stimulate participants to conduct intensive research, leading to a series of objectives: publication of their work, growth as artists and an approach to the world of publishing. Aided by Marta Tonelli and with the supervision of Andrea Pertoldeo, in charge of the master program, the students equipped with GoPro Hero7 cameras worked on the ‘human space’ generated by the installations, in a new approach to photography leading to a selection of images that narrate the interaction between the audience and the exhibition. The results, already posted on the social network pages of the university program and the website internimagazine.it, constitute a series of projects that reveal the characteristics of the GoPro Hero7, an action camera that produces sensational images if utilized with the right spirit. The new processor, more evolved than that of the Hero6 model, the SuperFoto mode and the new HyperSmooth stabilizer system are all exceptional features. The competition jury composed of Nicoletta Caluzzi of IAKI, Carlo Biasia of Interni, Marta Tonelli and Andrea Pertoldeo of IUAV Università degli Studi di Venezia, selected the winning projects. For pertinence to the theme, coherent use of the device and overall daring in the creation of a photography project (only partially shown here), the winners were: Giorgio Andreoni, Sara Bassi and Nicole Pavone. Carlo Biasia

VISION PROJECTS

P70. LISTENING TO THE SASSI

THROUGH A SERIES OF CONTRIBUTIONS, A DOCUMENTARY NARRATES A BEAUTIFUL ANCIENT CITY BALANCED BETWEEN PAST AND FUTURE A series of crossfades of spectacular aerial shots opens the film “Mathera. L’ascolto dei sassi,” a documentary by Francesco Invernizzi with Vito Salinaro, distributed by Magnitudo Film with Chili, a now available in Blu Ray and DVD versions. Views of the territory slightly weighed down by a hyper-literary and excessively languid voiceover, that fortunately takes nothing away from the truly breathtaking beauty of one of the worlds three oldest cities (the others are Aleppo and Jericho). Shot in 8K, with amazing image definition (at least if you screen it in the proper conditions), the film narrates the redemption and resurrection of a small province, which in the 1950s was defined by De Gasperi as “the shame of Italy” (due to extreme poverty and lack of hygiene among the inhabitants of the Sassi), a place that is now listed by UNESCO as World Heritage, and has been named European Capital of Culture 2019, attracting erudite and cosmopolitan tourism. The documentary has a classic structure, with interviews with representatives of the institutions and the society of Matera, alternating with historical images and others that show aspects of the present. Among the most interesting contributions, the mayor Raffaello De Ruggieri talks about how as a youth he almost accidentally discovered the Crypt of Original Sin (known as the Sistine Chapel of cave art), and how he has promoted the rebirth of the city through cultural and economic policies that have developed its enormous potential. Another intriguing story is that of the architect Mattia Antonio Acito: born and raised in those Sassi from which his parents dreamt of escaping, he returned to live there after taking a degree in Florence, and then collaborated, by the side of Renzo Piano, on the restoration and regeneration of the place. The remarks of the baker Massimo Cifarelli are also of interest, when as he kneads bread dough he explains how the tree typical points of Matera’s bread are a reference to the Holy Trinity, in a city where bread baking is seen as an art to pass on from one generation to the next. These musings bring the viewer to the grand finale, in which many Matera natives who have moved away decide to return and to take part in the feast of the Madonna della Bruna, the protector of the city. The centuries-old celebration is on 2 July and includes a lively sequence of events through the day (all painstakingly described at the website festadellabruna.it, featuring a countdown leading to the event). It concludes with the strazzo, the destruction of an allegorical cart made of paper, now produced (by hand of course) by components of the fourth generation of the Pentasuglia family. A moment of collective excitement, balanced between sacred and profane, where reason temporarily yields to instinct. Andrea Pirruccio

BOOKSTORE

P72.

L’Orto Botanico di Brera ed. Antonella Testa, Electa 2019, 216 pages, €24.90. At a place of meditation used since the 14th century by the Humiliati order of monks, and then by the Jesuits starting in the 16th century, the Botanical Garden of Brera was founded in 1774 by Maria Teresa Archduchess of Austria as a Hortus Oeconomicus, similar to that of the Collegium Theresianum in Vienna, and designed by the monk Fulgenzio Witman, who also designed the Botanical Garden of the University of Pavia. Today the Brera garden is part of the scientific heritage of the Università degli Studi di Milano, and over time it has

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remained a sort of ‘secret garden’ used for educational purposes in the center of Milan. The book by Antonella Testa is the first to focus entirely on this precious site, a sort of outdoor museum that changes with the seasons, with a clear layout of parallel plots around a central path featuring two large elliptical basins, with a more naturalistic part at the back, recently renovated in terms of landscaping and plantings. The book narrates the garden’s history through various contributions, emphasizing its value, illustrating the colors of its flowers and plants. Close-up. Ruch & Partners Architects 1994-2018 with photos by Filippo Simonetti, Scheidegger & Spiess 2019, 422 pages, €140.00. A biography through projects, featuring large photographs that clearly document the meaning of each intervention, the quality of the spaces, the attention to detail, the compositional procedure and the intense research conducted over a quarter of a century by Hans-Jörg Ruch & Partners in the context of architecture in the Engadine, covering interventions in the existing historical context and new constructions. The photographic approach of Filippo Simonetti becomes the red thread of the narration, along with drawings and descriptions of every project – with texts prepared by Ruch himself and by Franz Wanner – in a chronological outline of the projects. The coverage focuses on new approaches to the discipline of restoration and intervention in historical structures, such as the many chese (the traditional houses of the Engadine with their various configurations and stratifications in time) conserved and transformed by Ruch with great care and respect, revealing traces of past epochs, and the reinvention of haylofts with the insertion of new, recognizable and independent spaces, never avoiding the eloquent, necessary influence of the contemporary. In spite of the vivid vernacular image of traditional architecture in the Engadine, Ruch firmly rejects any imitation, taking a path of critical interpretation of every building and listening to the landscape in the case of new constructions that set out to establish a dialectic relationship with the mountain context. Ruch’s work, concentrated over time in the valley of the Engadine, reveals a convincing method that can be applied to activate new spatial qualities in historical structures, new interiors that combine the stories of various eras, linking past to present with an eye on the future. ARCHIGRAM The Book by Dennis Crompton, Warren Chalk, Peter Cook, Ron Herron, David Greene, Michael Webb, Circa Press Limited 2018, 300 pages, €95.00. An autobiography written in the first person by some of the protagonists of the legendary avant-garde group Archigram, this book con-

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veys a sense of the complex interdisciplinary approach of this circle of English architects and artists who in the Pop culture of London set out to explore an alternative to the path indicated by the Modern Movement and the International Style. Archigram published a magazine (various issues are reproduced in the book, in large format and with an exceptional range of illustrations), experimented with projects in the fields of architecture and urbanism, on territorial and visual scales, with a drive to design the future over a short time span. The group’s creativity found maximum expression from 1963 to 1974 – rising to international visibility thanks to their participation in the 14th Milan Triennale in 1968 – with the projects Walking City (1964), Plug-in City (1964/65), Underwater City (1964), City Interchange Project (1963), shifting between the urban and territorial context and the inhabitable capsule infinitely multiplied. A domestic scale that was then developed, for example, in the inhabitable amoeba of the Spray Plastic House (1961) and above all in the Living Pod (1966). The projects are all illustrated and thoroughly documented in the volume with drawings, photographs of hyper-realistic models, explosive collages and sketches. An ‘atlas of positive utopias’ to re-examine and observe for the timeliness of their creative impact, and the suggestions picked up in the years to follow, visible in the Beaubourg of Renzo Piano and Richard Rogers in Paris, in the work of Coop Himmelb(l)au, but also in many projects by Zaha Hadid, just to cite a few examples. Il design dei Castiglioni - Ricerca Sperimentazione Metodo ed. Dario Scodeller, Corraini Edizioni 2019, 262 pages, €40.00. The catalogue of the exhibition of the same name held in Pordenone in the first three months of this year, the book has the important virtue of focusing for the first time on the collaboration of the three Castiglioni brothers (Livio, Pier Giacomo and Achille) without separating their names, as has been the case in official chronicles of Italian design. In his introduction to the essays by various authors on specific aspects of the story of the Castiglioni brothers, Dario Scodeller outlines the historical position of “Studio Castiglioni in Italian design culture” from 1936 (the year of the opening of the studio of the three brothers, though Achille, the youngest, took his degree during the war, in 1944) to 2002, the year of Achille’s death. The latter, starting in 1952, divided the studio with Pier Giacomo (“two bodies, one mind,” Dino Buzzati wrote in Corriere della Sera), while Livio moved forward on his own with experimentation on lighting and acoustics. The years of partnership between Achille and Pier Giacomo (until the latter’s premature death in 1968, when he was only 55 years old) defined the ‘Castiglioni method’ in a series of memorable creations that are still in production today. A method that ranged from urbanism to architecture, installations to interiors, all the way to industrial design, which Scodeller identifies in the installation “Colors and forms of the home of today” in 1957 at Villa Olmo in Como, through a series of guiding principles: “the re-assembly of existing components to determine new forms, the plastic definition in relation to the human body, the recovery of functional know-how from anonymous design, and a playful character to establish a relationship with the user.” After the death of his brother Pier Giacomo, Achille kept faith with these principles. The essays in the book include those of Fiorella Bulegato on the installations for the RAI at the Milan Fair from 1948 to 1969; of Elena Brigi and Daniele Vincenti, exploring the relationship between the Castiglioni brothers and the entrepreneurs of Italian design; of Alberto Bassi, who illustrates the research on anonymous objects conducted with passion and curiosity by Achille and Pier Giacomo, to discover “the intelligence layered in the history of things.” curated by Matteo Vercelloni


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Promos srl



Drawing by

Antonio Aricò per

DRAWINGS COLLECTION


I

Scorcio dell’albergo diffuso Le Grotte della Civita del gruppo Sextantio (presieduto da Daniele Kihlgren), nella zona più antica ed estrema dei Sassi di Matera. Il progetto si è declinato nel recupero conservativo di 18 grotte e di un’antica chiesa rupestre per un’ospitalità integrata con il paesaggio.

INtopics EDITORIAL INTERNI luglio-agosto 2019

l nostro orizzonte sul Mediterraneo quest’anno si amplia, dalla Sicilia a Napoli, con un focus su Matera, Capitale Europea della Cultura 2019. La città lucana dei Sassi, delle antiche grotte, delle chiese rupestri e delle cisterne scavate nella roccia è diventata oggetto negli ultimi decenni di un capillare restauro conservativo per non disperderne la memoria e scriverne un possibile futuro. Dalla Matera ospitale di Daniele Kihlgren, visionario precursore del concept di hotel diffuso nella Civita, a quella dello Studio Marco Piva che firma La Suite nel centro storico al piano, questo paesaggio millenario induce per l’eccezionalità dell’anno altri sguardi approfonditi e multiformi. Sono gli esperimenti e le iniziative espositive, riconducibili al progetto culturale guidato creativamente da Joseph Grima a cui lavorano decine di progettisti e artisti sia locali che internazionali, impegnati a riutilizzare edifici esistenti e recuperare spazi dimenticati, secondo una precisa idea: fare architettura senza volume. Bagnata dal mare nostrum, la Sicilia rappresenta un altro mondo di antichi saperi-sapori e progettualità tailor-made. Come ci raccontano le più recenti realizzazioni di Architrend (in trasferta a Malta), di Giovanni Cappelletti a Palermo e, in Val di Noto, di Marco Bevilacqua, Giuseppe Gurrieri e Corrado Papa che declinano involucri materici grezzi e li coniugano con arredi di design sofisticato spesso di matrice metropolitana. Ma c’è anche un design specificatamente mediterraneo per caratteri estetici, produttivi e culturali, di sostenibilità economica e sociale. Una realtà locale interessante è EDIT Napoli, la prima fiera del design d’autore che porta alla ribalta il patrimonio dell’alto artigianato e della piccola industria in un fecondo scambio tra luoghi che dialogano con lo stesso mare. Gilda Bojardi

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CAMP ADVENTURE PARK - TREETOP EXPERIENCE, PROGETTO DI EFFEKT, DENDERUP VÆNGE, NÆSTVED (DANIMARCA). FOTO RASMUS HJORTSHØJ, COURTESY EFFEKT PASSEGGIARE NELLA NATURA, NEL CUORE DELLA STORICA FORESTA DI GISSELFELD KLOSTERS, ATTRAVERSO 900 METRI DI PASSERELLE SOPRAELEVATE CHE CONDUCONO A UNA SPETTACOLARE TORRE: UN’ESPERIENZA TOTALMENTE IMMERSIVA PROGETTATA DALLO STUDIO DANESE EFFEKT. APERTO AL PUBBLICO AD APRILE, IL PERCORSO TROVA NELLA TORRE DI 45 METRI, CON UNA RAMPA A SPIRALE INTERNA DI 650 METRI, IL SUO PUNTO PIÙ SCENOGRAFICO: DA QUI SI PUÒ GODERE DI UNA VISTA A 360 GRADI SULLA FORESTA, FINO AD ARRIVARE A VEDERE A 50 CHILOMETRI DI DISTANZA NELLE GIORNATE TERSE. LA STRUTTURA È CARATTERIZZATA DA UN PROFILO ‘A CLESSIDRA’ CHE SI ASSOTTIGLIA AL CENTRO PER POI RIALLARGARSI SULLA SOMMITÀ. I MATERIALI SCELTI, IL LEGNO E L’ACCIAIO CORTEN, SI FONDONO CON I COLORI DELLA NATURA CHE LA CIRCONDA. TUTTO IL PERCORSO È PRIVO DI BARRIERE ARCHITETTONICHE. (M.J.) CAMPADVENTURE.DK/EN


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ANAMORPHOSE, FRANÇOIS ABÉLANET, GIARDINI PRODUTTIVI, RADICEPURA GARDEN FESTIVAL, GIARRE (CT), FINO AL 27 OTTOBRE. FOTO ALFIO GAROZZO RADICEPURA GARDEN FESTIVAL È IL PRIMO EVENTO INTERNAZIONALE DEDICATO AL GARDEN DESIGN E ALL’ARCHITETTURA DEL PAESAGGIO DEL MEDITTERANEO. A GIARRE, ALL’INTERNO DEL PARCO RADICEPURA, I PROGETTISTI SI CONFRONTANO SUL TEMA DEI GIARDINI PRODUTTIVI PER CONIUGARE GLI ASPETTI FUNZIONALI CON LE ESIGENZE ESTETICHE CONTEMPORANEE. ACCANTO AI DUE GRANDI GIARDINI SITE-SPECIFIC, HOME GROUND DI ANTONIO PERAZZI E LAYERS DI ANDY STURGEON, VI SONO ALTRI DIECI GIARDINI DI DIMENSIONI PIÙ PICCOLE REALIZZATI DAI GIOVANI PAESAGGISTI, OLTRE AGLI INTERVENTI DEGLI ARTISTI RENATO LEOTTA E ADRIAN PACI. NELLA FOTO, ANAMORPHOSE DI FRANÇOIS ABÉLANET CON LA PISCINA CENTRALE A STELLA E ELEMENTI DI GIARDINO SOPRAELEVATI, DI ISPIRAZIONE ORIENTALE. (C.T.) RADICEPURAFESTIVAL.COM



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BAMBOO THEATRE, DI XU TIANTIAN, DNA_DESIGN AND ARCHITECTURE, CINA; FOTO WANG ZILING © DNA_DESIGN AND ARCHITECTURE BAMBOO THEATRE È UNA STRUTTURA VIVENTE SITUATA IN UN VILLAGGIO RURALE IN CINA, LE CUI PARETI DI BAMBÙ SONO PIEGATE E INTRECCIATE DAGLI ABITANTI DEL LUOGO A CREARE UNO SPAZIO A VOLTA. IL PROGETTO È DI XU TIANTIAN, FONDATORE DELLA DNA_DESIGN AND ARCHITECTURE DI PECHINO, E FA PARTE DEI 60 PROGETTI PRESENTI ALLA MOSTRA NATURE-COOPER HEWITT DESIGN TRIENNIAL, CO-ORGANIZZATA DA COOPER HEWITT, SMITHSONIAN DESIGN MUSEUM DI NEW YORK E CUBE DESIGN MUSEUM DI KERKRADE (FINO AL 20 GENNAIO 2020). L’INTENTO È QUELLO DI RIUNIRE DESIGNER, SCIENZIATI, INGEGNERI, AMBIENTALISTI PER TROVARE SOLUZIONI INNOVATIVE ALLE SFIDE AMBIENTALI. (C.T.) COOPERHEWITT.ORG, CUBEDESIGNMUSEUM.NL/EN


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UN PROGETTO DI REDENZIONE Quando, alla fine degli anni Sessanta, Michele Zaza co-

Il desiderio di una trasformazione esistenziale e sociale vive nell’opera di Michele Zaza attraverso la sua visione umanistica, che propone un ruolo di opposizione non distruttiva bensì costruttiva dell’arte di Germano Celant

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minciava a impegnarsi nel discorso visuale, le ricerche artistiche del momento prolungavano un’attitudine a considerare l’oggetto quale strumento di lotta contro la tradizione e la conservazione linguistiche. Cercavano di superare la pura esteriorità e superficialità dei prodotti pop, aspirando ad una congiunzione tra politica e storia, condotta attraverso il ricorso ad una materialità che non fosse rappresentativa e narrativa. Era un’ipotesi di arte in divenire rispetto a un linguaggio apatico e restaurativo: il tentativo di trasformare l’arte in energia dinamica e performativa. Michele Zaza, Nonostante la fonte di ispirazione Ritratto magico, fosse l’idea di cambiamento, le 2005, 1 fotografia a cose realizzate, seppur impregnacolori, 134 x 125 cm. te di un forte spirito costruttivo rispetto al sistema dell’arte, offrivano tuttavia una dimensione temporale ed effimera che penalizzava la loro permanenza, quasi dovessero esistere solo come sperimentazioni. Invece erano state create quali agenti storici, portatori di una possibilità di cambio e di emancipazione dal passato. Per evitare questa precarietà, che spesso ha trasformato gli oggetti in pure idee, la posizione soggettiva doveva trasformarsi in un progetto organizzato. E sebbene ci siano stati aggregati di artisti, raccolti sotto diverse definizioni, dalla Conceptual Art all’Arte Povera, la messa in discussione massiccia e radicale del linguaggio per immagini è stata travolta, dal 1980, dal suo esatto contrario, la ritenzione pittorica e mercantile. Seppur intriso di una polivalenza, capace di sconvolgere, e di traiettorie variabili, atte a sfuggire ad una codificazione, tale atteggiamento ha portato ad un fallimento. Per impedirlo, la nuova generazione ha mantenuto l’ipotesi storica di un mutamento, ma ha adeguato il suo fare ad una progettazione più lunga e più organizzata, in modo che lo strappo linguistico non si sviluppasse in un vuoto temporale, così da consumarsi e depotenziarsi, ma si distendesse in una continua riformulazione che permettesse di sfuggire al gioco dell’annullamento consumistico, indotto dagli artefatti pensati con il fine di diventare commodity. Sin dagli esordi Zaza ha aspirato a evitare la contrapposizione e lo scontro tra passato e presente, e ha invece cercato di risolvere la sua pratica secondo un progetto di fondo che l’asservisse ad una visione ‘umanistica’, in cui la scelta delle immagini rispondesse ad un discorso di redenzione e di trasformazione dell’esistenza dell’essere


Michele Zaza, Cielo abitato, 1985, 9 fotografie a colori, 110 x 120 cm ciascuna.

Michele Zaza, Apparizione cosmica, Palazzo Bertalazone di San Fermo, Torino, 2010.

umano. Più che l’aggressione del reale, l’artista è interessato alla sua formazione. Pertanto, dopo una focalizzazione, nel 1970, sulle forme primarie, ottenute in legno con un processo artigianale, e dopo lo ‘strappo’, nello stesso anno, con Simulazione d’incendio, un evento inusuale in cui attraverso fumogeni è simulato l’utilizzo del fuoco, Zaza si concentra sull’uso della fotografia come mezzo di supporto per definire un suo progetto di redenzione. Vale a dire un procedere teso alla conquista integrale di se stesso, non come soggetto, ma come persona simbolica: l’essere. Per avvicinarsi alla rigenerazione, in una delle prime mostre, nel 1972, intitolata Cristologia, l’artista affronta la sua duplice esistenza, di essere e di immagine, ritraendosi come entità che si incarna nell’arte, da Presente, 1972, a Pro soteriologico, 1972, alla ricerca di un desiderio di cambiamento, che è sacrificale, per poi passare, nel 1973, al richiamo per

le fonti e le radici dell’esistenza. Queste sono identificate nei genitori, madre e padre, che nella loro congiunzione alchemica hanno dato vita al figlio: la pratica soteriologica è basata sulla rifusione della dualità nell’uno. Questa unione degli opposti s’inscrive in un milieu estetico permeato di miscele fisiche e concrete, dove gli artisti utilizzano elementi naturali ed artificiali, animali e minerali, deserti e residui industriali, per cui per distinguersi Zaza ricorre ad un linguaggio freddo e meccanico, come la fotografia, per delineare un progetto che deve essere, per natura, non soggettivo, così da sviluppare una stesura intuitivo-simbolica capace di produrre una ’teoria’ visiva sul desiderio di una diversa società. Tuttavia la scelta dell’immagine fotografica, assunta nella sua autonomia come entità a sé stante, è già veicolata da altri artisti, da Dan Graham a Joseph Kosuth e a John Baldessari, quindi per evitarne l’attitudine distaccata e impersonale, l’artista cerca di ricongiungerla ad un livello più creativo. S’immerge in un fare fotografico, che in seguito sarà definito della “staged photography”, dove la ripresa non registra il reale, ma partecipa di una scena, prodotta dall’artista stesso, che l’ha costruita e allestita. Il risultato è la dichiarazione

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INsights ARTS

Michele Zaza, Mito segreto, 2003, 2 fotografie a colori 60 x 60 cm ciascuna, 60 sculture in legno, dimensioni variabili.

di un’immagine in contrasto con il reale, quasi una sua sublimazione, in modo che diventi metaforica. Zaza suggerisce un’arte dell’apparizione, al fine di muoversi fuori del mondo in cui è cresciuto e ha vissuto. Più che trasgredire aspira a produrre un immaginario, la cui comunicazione riguarda la pienezza dell’essere. Per farlo parte dalle proprie radici carnali, i genitori (l’arte non può separarsi dalla vita), e ne fa il punto di sosta e di partenza di una luminosità (la luce è continuamente presente nelle sue sequenze) per muoversi verso la profondità dell’essere. Il bagliore della lampadina è simbolo di un fuoco che fa percepire l’umanità dei protagonisti, da cui tutto deriva. Rispetto alla proclamazione di trasgressione e di ribellione, intrise di false libertà professate dalle avanguardie contemporanee, Zaza propone un’espressività costruttiva. Traduce le immagini in pensiero e in discorso, tanto che, all’inizio, le arricchisce con citazioni di Rousseau e di Nietzsche, e si aggancia agli archetipi della vita per dare spazio a un’integrità perduta, quella di una fusione tra corpo e spirito, memoria e comunicazione. Così dal 1973 al

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1980, le figure dei genitori e di lui stesso, in un Michele Zaza, Paesaggio, 1980, 4 fotografie a colori 47 gioco di dissolvenze e di cromatismi, immortax 33 cm ciascuna, lano la condizione esistenziale e espressiva di cui una a cuspide, dell’artista. Essere solitario che trova – nel suo e 3 sculture in legno, territorio familiare e in sé – il nutrimento per dimensioni variabili. mettere in luce l’enigma della vita, egli illumina, attraverso momenti magici, il flusso metaforico della sua visione, che è metafisica in atto, al fine di mettere in scena il ruolo di opposizione, non distruttiva, ma costruttiva dell’arte. E per evitare l’errore che il suo discorso sia inteso solo sul piano virtuale, tipico della pittura e della fotografia, l’artista lo aggancia al contesto, mettendolo in dialogo con l’architettura, in modo che costituisca, anche mediante la sua complessa strutturazione in sequenze multiple, una categoria antitetica all’artefatto, vagante e manipolabile, omologabile ad altri. L’intento è evitarne l’inerzia per esprimere la sua determinazione a collocarsi, con il ricorso alla pluralità degli elementi, autonomamente in un luogo, così da non essere gestito. Dal 1981, pertanto, oltre a sopperire all’assenza dei genito-


Michele Zaza, Meditazione al vertice, 1973, 2 fotografie in bianco e nero, 24 x 30 cm ciascuna.

ri, scomparsi, con la propria presenza e quella dei suoi nuovi familiari, Zaza comincia ad inserire una materialità inanimata, sia all’interno sia all’esterno delle sue fotografie. Il processo di rigenerazione e di redenzione si dilata ad altre entità che non siano i corpi, dotandole di forme astratte e primordiali. Irrora i muri di colori e di frammenti scultorei di legno e le immagini, ‘altre da sé’, di elementi di cotone e di pane, quasi spinga sempre più il discorso da una ponderabilità carnale ad una simbolica e mentale. Aggancia le materie ed esprime un’energia allegorica, così che il suo progetto si prolunghi in una risonanza che ab-

braccia il contesto e il mondo. L’approdo è, dal 2000, una dilatazione ambientale del montaggio delle immagini e dell’involucro cromatico e materico. L’inclusione dell’architettura, già enunciata, diventa strumento di rovesciamento del reale, concreto e avvolgente. I simboli, dal blu alla mollica, dal cuscino alla maschera, si diffondono sulle superfici dei muri e portano ad un capovolgimento interpretativo dell’ambiente, dove il cielo diventa terra e viceversa, al fine di comunicare un processo di idealizzazione del progetto, che tende ad una nuova dimensione dell’esistere umano. ■ Michele Zaza, Paesaggio magico, 2008, 8 fotografie a colori 80 x 80 cm ciascuna, 12 sculture in legno, dimensioni variabili.

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INsights

MATERA 2019

UNA TERRA OLTRE IL TEMPO

Antiche grotte, chiese rupestri e cisterne scavate nella roccia danno vita al paesaggio millenario di Matera, sfuggito alla modernizzazione. Quest’anno la città, Capitale Europea della Cultura, è al centro di un progetto di architettura non costruita, volto al recupero di edifici esistenti e spazi ‘dimenticati’ foto di Pierangelo Laterza testo di Andrea Bagnato


I Sassi di Matera visti dal Parco della Murgia. Due universi, quello urbano e quello rurale, che altrove sono sempre stati considerati in antitesi, a Matera sono compressi verticalmente in un unico paesaggio.


Non molti sanno che ogni giorno, alle 15.20, un Frecciarossa parte da Milano e arriva alle 23.03 a Ferrandina, una piccola stazione a trenta minuti di macchina da Matera. Passate Napoli e Salerno, il treno si allontana dalla costa tirrenica e viene repentinamente avvolto da un’oscurità che disorienta chi è abituato all’urbanizzazione diffusa della maggior parte del paesaggio italiano. La Basilicata è, insieme alla Val d’Aosta, la regione con la minore densità di popolazione, quasi un decimo di quella della Lombardia. Se di notte stupisce la sua oscurità, attraversandola di giorno è ugualmente sorprendente la quasi totale assenza di capannoni e case mono e bifamiliari, che sono ormai la norma nel resto della penisola. Da Ferrandina, che come molte stazioni appenniniche si trova nel fondovalle, la strada sale ripida verso l’altopiano della Murgia. A differenza degli altri paesi lucani, la città storica di Matera si

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MATERA 2019

I Sassi sono parzialmente scavati nella calcarenite, una roccia porosa simile al tufo. A lungo considerati come ‘primitivi’, definiscono in realtà un sistema urbano molto complesso e ben integrato con l’ambiente circostante.

erige non su una cima ma sul fianco di una gravina profonda un centinaio di metri, ed è invisibile dalla città nuova che occupa l’altopiano soprastante. Se le fotografie dei Sassi sono ormai familiari a molti, raramente viene raffigurato l’altro versante della gravina. Abitata da migliaia di anni, si tratta di un’area selvaggia e verdeggiante, dove le principali tracce umane sono una rete di antiche grotte, chiese rupestri e cisterne scavate nella roccia. Per secoli i due versanti di Matera – il centro abitato da un lato, i pascoli per il bestiame e le cave di pietra dall’altro – si sono mantenuti in equilibrio. Due universi, urbano e rurale, che altrove sono sempre stati considerati in antitesi, a Matera sono compressi frontalmente in un unico paesaggio. Poche altre città hanno una così forte presenza dell’ambiente naturale. Se si considera la sua geografia così peculiare, non sorprende quindi che Matera abbia vinto la nomina a Capitale Europea della Cultura grazie a un programma che rigettava esplicitamente nuove edificazioni. Spesso infatti questo tipo di investiture diventa un’occasione per costruire immobili e infrastrutture di alto profilo architettonico ma dal lascito incerto, come fu nel caso di Marsiglia, Capitale della Cultura nel 2013. Il dossier di candidatura di Matera, sviluppato sotto la direzione artistica di Joseph Grima, parla invece di riuso degli edifici esistenti e recupero di spazi ‘dimenticati’ come le cave di pietra. Matera 2019 è molte cose, ma è soprattutto un esperimento del fare architettura senza volume. Del resto, Matera ha un rapporto complesso con l’architettura moderna. Come è noto, a partire dal 1952, anno della “Legge speciale per il risanamento dei Sassi”, gli abitanti dei Sassi furono evacuati e trasferiti nei quartieri della città moderna. Sulla scorta del successo di Cristo si è fermato a Eboli, che descrive i Sassi come una sorta di inferno dantesco, il governo guidato da Alcide De Gasperi fece della modernizzazione di Matera una delle proprie iniziative di spicco. Sebbene sia gli stessi studiosi chiamati ad analizzare i Sassi sia molti degli abitanti avessero sostenuto la possibilità di ristrutturare le abitazioni, il governo insistette sulla necessità dello sfollamento, facendo leva sull’immagine negativa che le ‘caverne’ avevano per un Paese che stava faticosamente cercando di costruirsi un’identità moderna. L’espansione di Matera coinvolse alcuni dei più importanti architetti italiani del periodo, come Carlo Aymonino, che progettò il rione Spine Bianche, e Ludovico Quaroni, autore del borgo rurale La Martella. Quest’ultimo in particolare fu un esperimento riuscito solo in parte: nonostante alcuni edifici esemplari, come la Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli, molti dei servizi pubblici previsti non furono mai costruiti, e la visione idealistica di ricreare ex novo la vita comunale dei Sassi rimase sulla carta. Quello che Carlo Levi e i politici dopo di lui, concentrandosi sull’aspetto sanitario, non avevano visto, fu che le abitazioni dei Sassi costituivano un sistema sofisticato e ben integrato con l’ambiente naturale circostante. Il risanamento migliorò sì le condizioni materiali dei materani, ma al costo di spazzare via una cultura millenaria.

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La Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli, consacrata nel 1955, è il centro del borgo rurale La Martella, a 10 km dal centro di Matera. Il progetto è di Ludovico Quaroni, le maioliche del battistero di Piero e Andrea Cascella.

Tre progetti per una nuova cultura del territorio L’idea di un’architettura non costruita è ciò che ispira Open Design School (ODS), uno dei progetti cardine di Matera-Basilicata 2019, che consiste in un laboratorio di progettazione collettiva ideato dallo stesso Grima, da sempre sostenitore della progettazione ‘dal basso’ nel campo del design. Lo scopo di ODS, a cui lavorano quasi venti tra architetti e designer sia locali che internazionali, è stato quello di sviluppare in loco tutte le strutture necessarie agli eventi culturali di Matera 2019. Come spiega il manuale, scritto collettivamente dai partecipanti e disponibile online, ODS si pone apertamente come un’alternativa alle modalità classiche di allestimento, la cui la realizzazione è demandata a ditte esterne scelte tramite procedure burocratiche. Ha scelto invece di partire dalla struttura THREE+ONE, ideata dal designer tedesco Lukas Wegwerth come un progetto open source, i cui elementi vengono riadattati, quindi prodotti da aziende del posto secondo le esigenze. Il risultato è un sistema leggero e riutilizzabile, erigibile in poco tempo senza conoscenze tecniche specifiche, che può servire per un punto informazioni, per un palco o un allestimento museale. In un altro senso, anche la grande mostra Blind Sensorium. Il Paradosso dell’antropocene di Armin Linke, aperta il 6 settembre, parla di un’architettura senza volume. Dall’inizio dell’anno, il fotografo italo-tedesco sta viaggiando in Basilicata e Puglia per raccontare “ciò che non si vede”, vale a dire le trasformazioni del territorio imposte dall’attività umana, e soprattutto le infrastrutture che le governano. Il lavoro che Linke porta avanti instancabilmente da più di vent’anni è riassumibile come un archivio di centinaia di migliaia di immagini, che spazia dai corridoi anonimi delle Nazioni Unite alle esplorazioni dei fondali oceanici. Questo modo di guardare sembra trovare una destinazione ideale in Basilicata, regione che per più di centocinquant’anni è rimasta invisibile nella rappresentazione che l’Italia aveva di sé, se non come un problema da risolvere. Nella mostra, che si terrà al Museo Archeologico di Matera, Linke racconterà come l’azione umana ha alterato in profondità il pianeta Terra, in quella che negli ultimi anni è stata definita come l’era dell’antropocene. Poco abitata ma solo all’apparenza vuota, la Basilicata reca testimonianze diffuse di questi processi, e molti dei suoi paesaggi offuscano il limite tra ciò che è naturale e ciò che non lo è: ne sono un esempio i giacimenti di petrolio in Val d’Agri, così come i calanchi prodotti da secoli di deforestazione. L’altra faccia di questo territorio sono le molte istituzioni scientifiche che hanno sede nella regione, e di cui Linke ritrae gli spazi interni raramente accessibili al pubblico – dalle celle frigorifere dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR di Bari, che conserva più di 60mila semi per salvaguardare la biodiversità del Mediterraneo, al Centro di Geodesia Spaziale dell’ASI. E il paesaggio è l’oggetto di Gardentopia, un progetto coordinato dalla sociologa Pelin Tan. Lavorando con i materani Rossella Tarantino e Massimiliano Burgi, che hanno ideato l’iniziativa tre anni fa, Tan sta costruendo una rete di 32 giardini di comunità in tutta la Basilicata. Il ruolo di Tan è quello di affidare le istanze locali, selezionate con un concorso aperto a tutti i comuni lucani, ad artisti di reputazione internazionale, che sono chiamati a coordinare la trasformazione dei diversi giardini. Tra loro, Luigi Coppola, che ha recentemente mostrato la sua ricerca sulla circolazione globale delle piante in una grande opera per Manifesta 12, sta seguendo un orto di comunità alla periferia di Matera. Anton Vidokle, artista russo-americano, lavorerà invece con i cittadini del paese di Oliveto Lucano partendo dall’antica tradizione arborea della Festa del Maggio. L’obiettivo di Gardentopia, spiega Tan, è sfruttare la progettazione dei giardini per cambiare la percezione del paesaggio rurale. A partire dagli anni ’50, racconta, la migrazione verso le grandi città del nord portò allo svuotamento delle campagne e alla scomparsa della cultura contadina, che oggi viene riproposta in chiave esclusivamente turistica e commerciale. Per quanto legati a un contesto specifico, questi problemi hanno una risonanza planetaria. Matera-Basilicata 2019 non offre facili soluzioni, ma ne accoglie la complessità. Progetti come Open Design School, Blind Sensorium e Gardentopia ribaltano l’idea di architettura come costruzione a tutti i costi, suggerendo possibili traiettorie per una nuova cultura dei luoghi e del territorio. ■

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MATERA 2019


MAPPE DELLA MEMORIA Il progetto I-DEA, curato da Joseph Grima e Chiara Siravo, presenta una successione di cinque mostre, in cui gli artisti, attraverso un dialogo creativo con materiali di archivio e oggetti di collezioni private di Matera, rileggono e ‘riscrivono’ la storia della città lucana testo di Shumi Bose foto di Pierangelo Laterza

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MATERA 2019 Nella mostra Le due culture curata da Mario Cresci, che ha inugurato a marzo le rassegne del progetto I-DEA, le fotografie di Mimmo Castellano erano esposte accanto a una collezione di legni intagliati, tra le ultime tracce della cultura pastorale e contadina della Basilicata. Pagina a lato, uno scorcio dell’allestimento; in basso, l’hangar di Cava Paradiso, sede delle mostre di I-DEA.

Quando

Matera è stata nominata Capitale Europea della Cultura – un titolo che ha portato in dote un finanziamento di 50 milioni di euro – chi conosceva la città ha avuto buone ragioni per preoccuparsi del suo futuro. Dopotutto, “capitale della cultura” è un’arma a doppio taglio, che rischia di danneggiare quello su cui cerca di costruire. Joseph Grima, il direttore artistico, e la curatrice associata Chiara Siravo hanno iniziato a studiare la cultura locale prendendo come ispirazione John Cage, che a Filadelfia nel 1993 realizzò una mostra in continua trasformazione fatta da materiali provenienti da un raggio di trenta chilometri dal museo. “Fino a poco fa, molte persone nel Nord Italia come all’estero non sapevano nemmeno dove si trovasse Matera”, racconta Elisa Giuliano, responsabile dell’allestimento e della produzione. All’interno del programma di Matera 2019, I-DEA è una sequenza di mostre consecutive che esplora gli archivi e le collezioni della Basilicata da un punto di vista artistico; un progetto che non fa promesse stravaganti, ma offre alla città uno sguardo su se stessa, approfondito e multiforme. Senza focalizzarsi sul passato né su un futuro fantasioso, I-DEA crea dunque un dialogo tra materiali e documenti locali, apparentemente sconnessi, e un gruppo di artisti internazionali, ciascuno dei quali cura una di cinque mostre organizzate in un programma fluido: l’artista concettuale Liam Gillick e la sociologa Pelin Tan, gli artisti James Bridle e Navine G. Khan-Dossos, lo studio di design Formfantasma e il fotografo sperimentale Mario Cresci. Nell’hangar dismesso di Cava Paradiso, poco fuori dal centro di Matera, i curatori portano materiali d’archivio insieme ai propri interventi e interpretazioni. Al termine di ogni mostra, ciascuno lascia delle tracce per stimolare una risposta da parte del curatore successivo. Se I-DEA ha un tema unificante, è quello della natura e del potenziale dell’archivio, in particolare per quanto riguarda la produzione di storie e identità. Quando Chiara Siravo ha iniziato a occuparsi del progetto, alcuni studiosi dell’Università della Basilicata avevano già compilato una lista degli archivi regionali: da quelli

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della riforma agraria a eccentriche collezioni private, si tratta di materiali molto eterogenei. La curatrice ha esaminato i contenuti di questi archivi, alla ricerca di elementi attraverso i quali i genii loci di Matera (intenzionalmente al plurale) potessero essere definiti. “Scavando dentro così tanti archivi senza avere in mente una forma o uno scopo, a volte è difficile distinguere quello che ha un valore da quello che non ce l’ha”, spiega Siravo descrivendo il metodo particolare con cui gli archivi sono stati studiati senza un’agenda predefinita. “L’opportunità di offrire diverse prospettive ci permette di parlare della storia d’Italia attraverso la lente di Matera, allo stesso tempo riconoscendone la condizione peculiare”. Quando nel 1993 l’Unesco iscrisse Matera nella lista dei Patrimoni dell’umanità, gli abitanti furono invitati a ritrovare l’orgoglio della loro città e ad adoperarsi per sviluppare un’economia locale, ma si videro di fronte la potenziale minaccia di un numero eccessivo di visitatori. Grima è più che consapevole di tali rischi e ha adottato un tocco leggero, ‘anti-olimpionico’. Non sono stati costruiti musei iconici: rimuovere manufatti dal loro contesto e trasformarli in oggetti da esporre e consumare provocherebbe un ulteriore snaturamento del luogo. “Abbiamo voluto chiedere ai curatori di lasciare qualcosa di se stessi nello spazio, di creare un dialogo”, spiega Siravo riferendosi al formato seriale di I-DEA, che è ora alla seconda tappa del ciclo. Il progetto ha anche un’interessante presenza digitale: la piattaforma online crescerà in parallelo alle mostre, includendo materiali d’archivio e nuove ricerche prodotte dal team e da attori esterni. Il primo ‘atto’, a cura del fotografo settantasettenne Mario Cresci, ha rappresentato una scelta ottimistica. Basato sul lungo periodo trascorso a Matera negli anni Settanta, il lavoro di Cresci è stato fondamentale per promuovere un dibattito sulle condizioni del Sud Italia e su come la fotografia (vista come una forma di antropologia culturale) potesse dare un contributo. Con Le due culture (22 marzo - 7 giugno) Cresci ha messo in discussione la dualità tra scienza e cultura umanistica e la loro “crescente incomunicabilità”. La mostra attualmente in corso, a cura di Formafantasma, è provocatoriamente intitolata

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MATERA 2019

Visione unica, a cura di Formafantasma (allestita fino al 15 settembre a Cava Paradiso), mette insieme diversi racconti sulla trasformazione del territorio, rielaborando documentari degli anni ’50 e ’60 insieme a oggetti, come le falci, dalla valenza sia utilitaria che rituale.

Visione unica, come se tale ricerca artistica sugli archivi e sulle collezioni locali potesse essere portata a termine (o anche solo cominciata), tra tutti i luoghi possibili, soltanto a Matera. L’installazione multimediale di Formafantasma (visitabile fino al 15 settembre) include rari filmati e oggetti misteriosi che rivelano la ricchezza del passato della regione, suggerendo nuove domande sul suo possibile futuro. Il progetto di allestimento si può riassumere come un sistema flessibile per argomenti flessibili, che cambia tra i vari ‘atti’ come se fosse una scenografia teatrale, per ospitare la narrazione di ogni successivo gruppo di curatori. Come si legge sul sito di I-DEA, la serie è un atto performativo continuo. “All’inizio eravamo preoccupati di come tenere aperto lo spazio espositivo, di come mantenerlo attivo durante i periodi di transizione fra una mostra e l’altra”, dice Elisa Giuliano. “Abbiamo sviluppato un sistema costruttivo modulare e mobile fatto per poter creare elementi di base come plinti, pareti e padiglioni. Non c’è un design fisso ma una infrastruttura che, senza imporsi, mette a fuoco i materiali d’archivio”. Insieme a Martha Schwindling, progettista dell’allestimento, Siravo e Giuliano condividono il merito del lavoro con Rossella Tarantino, manager di area, Rita Orlando, project manager, e Antonio Elettrico, venue manager. Giuliano racconta il processo, a volte arduo, di realizzare un anti-museo: “Abbiamo costruito un metodo di lavoro da zero, un’operazione fatta di parti in movimento e interdipendenti”. Le collaborazioni, come ha scoperto il team, sono un modo per costruire fiducia. “Ci sono molte persone, sia qui che all’estero, interessate alla regione”, dice Schwindling parlando delle dinamiche di potere all’interno della comunità locale. “Nelle mostre, i visitatori possono davvero osservare il processo di raccolta e traduzione del materiale. È una costruzione trasparente”, aggiunge Giuliano, “che comunica il ruolo dei singoli curatori e del programma d’insieme”. Il formato seriale enfatizza la stratificazione storica di Matera, o meglio l’impossibilità di scegliere una storia univoca: ogni intervento consente di mettere in discussione gli eventi, i materiali e i miti che ne costituiscono il tessuto. È comprensibile che possa esserci poca fiducia tra i cittadini e le istituzioni, in un luogo dove le narrazioni sono state imposte dall’alto più di una volta. “Fino all’inizio del programma, era piuttosto difficile spiegare quello che stavamo facendo. Nei vari archivi, ci veniva spesso chiesto se avremmo acquisito i documenti in blocco”, racconta Siravo. Ma I-DEA non raccoglie informazioni per le ricerche di esperti, bensì tutto ciò che “può costruire connessioni, prospettive diverse, cambiando continuamente le storie che vengono raccontate su un luogo e le fonti su cui queste si basano”. Come spiega Schwindling, “quello che resterà è un nuovo processo di dialogo tra i cosiddetti insider e outsider. Per chi vive qui, confrontarsi con uno sguardo esterno è una sfida interessante”. Descrivere qualcosa come ‘archivistico’ significa suggerire un modo di vedere, un istinto di conservazione non sistematico. A proposito della natura sperimentale di I-DEA, Siravo dichiara: “Capiremo davvero come fare a mano a mano che andremo avanti”. Ma, per una volta a Matera, i suoi abitanti sono invitati a prendere parte alla creazione della sua storia. ■

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TEATRI URBANI

Accoglienza, incontro e integrazione. Dai Sassi al piano, Matera è sempre più ospitale e proiettata al futuro di Antonella Boisi

Il 19 gennaio scorso è iniziato l’anno di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 ed è molto aumentata la richiesta di un’ospitalità, proiettata a un turismo di alto livello, in grado di costruire un ponte ‘esperienziale’ tra l’antica identità rupestre e quella contemporanea del centro lucano. Nell’immaginario comune, Matera resta la città-borgo, unica al mondo, dei Sassi, iscritti nella lista dei patrimoni dell’Umanità dall’Unesco nel 1993, un paesaggio storicoantropologico quasi irreale fatto di ancestrali caverne scavate nella roccia, che accoglievano primitive abitazioni di una civiltà agricola e pastorale; anfratti, scale, scalette e giochi di quota indissolubilmente legati al territorio e alla sua discesa verso le profonde cisterne e i canali utilizzati per la raccolta delle acque. Uno straordinario patrimonio paesaggistico prima che architettonico del nostro Sud Italia, che regala

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MATERA 2019

Le Grotte della Civita, l’albergo diffuso del gruppo Sextantio, nella zona più antica ed estrema dei Sassi di Matera, a strapiombo sul torrente Gravina e di fronte alla suggestiva scenografia del Parco della Murgia. Il progetto di Daniele Kihlgren ha interpretato il recupero conservativo di 18 grotte e di un’antica chiesa rupestre in chiave di ospitalità integrata con il paesaggio. Foto courtesy Sextantio

sensazioni e emozioni, sapori e profumi, ed è diventato oggetto negli ultimi decenni di un capillare restauro conservativo, per scongiurarne il deperimento e non disperderne la memoria. Paradigmatico in questo senso è stato il progetto di Le Grotte della Civita, un hotel diffuso concepito da Daniele Kihlgren e realizzato dal gruppo Sextantio nella parte più antica dei Sassi, la Civita appunto, a strapiombo sul torrente Gravina e di fronte alla maestosa scenografia del Parco della Murgia. Con la mission di onorare la primordiale essenza materica di questo genius loci, il gruppo Sextantio ha conservato gli spazi e le cubature originari di 18 grotte (stanze) e di un’antica chiesa rupestre (diventata spazio conviviale), integrandoli con contemporanei arredi minimali in un continuum simbolico e strutturale di grande fascino e genuinità. Ma c’è dell’altro nella

piccola città della Basilicata, 63.000 abitanti, dove la luce è dominio dello spazio come l’ombra, e la terra non è solo quella aspra e scarna delle rocce. Le eleganti vie, scandite da monasteri, chiese barocche, palazzi seicenteschi e architetture razionaliste, ci riconducono infatti a un modello classico di sviluppo della morfologia urbana. E proprio nel centro lucano, al piano, La Suite, facilmente accessibile anche in macchina e correlata a un parcheggio multipiano interrato, propone una forma di ospitalità atipica, cinque stelle, che dialoga con la storia del luogo, integrando in un’architettura di ispirazione modernista il ridisegno di una piazza in chiave di scenografia urbana destinata a spettacoli e intrattenimenti culturali. È stata realizzata da Rita Tamburrino, a guida della Tam.co, costola della più nota Cogem creata dal padre

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MATERA 2019

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La Suite, nel centro storico al piano di Matera, la struttura ricettiva progettata dallo Studio Marco Piva per la Tam.co. Il volume rivestito in locale pietra mazzaro è segnato da ampie e profonde logge belvedere in cui si innestano decorative texture frangisole in lamiera stirata. Nella pagina a fianco, in alto, l’arco d’ingresso, restaurato, dell’ex giardino Porcari è sottolineato da una pensilina in metallo e integrato nel nuovo essenziale sistema di facciata. In basso, il fronte retrostante con il corpo vetrato del giardino d’inverno che estende la lounge verso la piazza, assunta come teatro urbano. Il progetto illuminotecnico è stato curato con Artemide. Foto Andrea Martiradonna


Egidio Tamburrino, e progettata dallo Studio Marco Piva. Un risultato importante in un contesto preesistente non facilmente malleabile, che è in via di completamento negli interni. La Suite nasce infatti dalla trasformazione di una struttura residenziale, già parcellizzata dagli sviluppatori del progetto in un insieme di unità abitative private distribuite su cinque livelli. È stata riconfigurata per accogliere 40 confortevoli suite, da cui il nome, ‘assistite’ da spazi di relazione che vanno dalla spa con piscina nell’interrato alla lobby, zona bar, sala colazioni e cucina (attiva anche per servizi food & beverage e room service) al piano terra. “Siamo intervenuti sull’orto-giardino di pertinenza del palazzo originario”, spiega Armando Bruno, partner in charge di Marco Piva, “un ‘vuoto’ della città quattrocentesca, di cui era rimasto soltanto l’arco storico d’ingresso che è stato smontato, restaurato e rimontato esattamente dov’era in principio, per integrarsi in un sistema di facciata completamente differente. È stato il primo passo per ricercare un dialogo e saldare un’architettura contemporanea in un luogo di forti stimoli ed emozioni”. L’edificio si trova infatti in una posizione strategica della città, allo snodo tra la zona storica medioevale e quella del Novecento e del dopoguerra: da una parte regala il panorama del Castello Tramontano in stile aragonese e dall’altra il presepe vivente delle case-grotta e delle chiese rupestri.

“Abbiamo fatto un’approfondita indagine sull’architettura storica recente di Matera, che comprende opere di Giancarlo De Carlo, Ludovico Quaroni e Carlo Aymonino”, continua Marco Piva. “Da questa è venuta l’ispirazione per definire l’essenzialità dei fronti che mantengono una percezione di antiche profondità e si presentano come una tessitura di superfici in mazzaro – una pietra dura estratta a conci dall’unica cava esistente – ritagliate da ampie bucature lineari. Queste forature integrano le logge belvedere con le decorative texture frangisole in lamiera stirata (corredo di ogni suite) e le grandi vetrate a sbalzo del volume del giardino d’inverno, che estende la lounge verso la piazza”. Le magie della luce rivestono un’importanza fondamentale nel progetto. Infatti, non solo dinamizzano i fronti dell’edificio valorizzando l’effetto di tempo sospeso e straniante dell’architettura, ma coinvolgono anche lo spazio di relazione urbano predisposto agli incontri di carattere culturale, nell’ambito della musica, delle arti performative, della letteratura, del teatro. Per parlare non solo ai materani. ■

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ARCHITECTURE Progetto di ARCHITREND ARCHITECTURE GAETANO MANGANELLO CARMELO TUMINO ARCHITETTI ASSOCIATI

INNESTO CONTEMPORANEO A Malta, affacciata sul porto della Valletta, una casa a tre livelli si inserisce nella cortina edilizia esistente, affermando in modo efficace la propria modernità attraverso un corpo geometrico dal fronte completamente vetrato, che denuncia la spazialità unitaria degli interni foto di Moreno Maggi testo di Matteo Vercelloni

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Vista serale del fronte su strada. La grande vetrata a doppia altezza, con infisso Schüco di alluminio elettrocolorato testa di moro, raggiunge la quota del cornicione degli edifici adiacenti. Pagina a fianco, scorcio della piscina sul tetto, con il portale conclusivo della facciata principale. In basso, schizzo di progetto.

Frutto di un procedimento di demolizione e ricostruzione di una vecchia terrace house che non rispondeva più alle esigenze dei proprietari, il progetto di questa abitazione su tre livelli ha permesso allo studio Architrend di Ragusa di operare nella logica della ricomposizione e dell’innesto, che appare una delle pratiche diffuse e di riferimento nell’architettura del nuovo millennio. Lavorare cioè nel tessuto urbano con opere di ‘microchirurgia urbanistica’ e di ricuciture di piccole dimensioni che ben si

rapportano con gli edifici circostanti, prestando attenzione alle cortine edilizie che formano le città, per rinnovarne in parte l’immagine in una continuità morfologica che non cada mai nella replica stilistica. È questa una delle strade che in molti Paesi le nuove generazioni di architetti stanno seguendo, visto che abbondano quelle macrostrutture edilizie generate dalla cultura architettonica degli anni Settanta e Ottanta e calate come minacciose astronavi sulle città, di cui hanno stravolto fisionomia e significato in

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ARCHITECTURE

Viste della biblioteca e dell’ingresso al piano rialzato. Libreria Wall System di R&D Poliform, lampada Arco di Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Flos, illuminazione a soffitto The Tracking Magnet di Flos, tavolino in cristallo Rialto di CRS Fiam Italia. Sulla sinistra, la scala a nastro di cemento armato staccata dal muro come elemento indipendente.

nome della figura dell’architetto demiurgo e dei suoi interventi a macroscala. Questa casa alla Valletta appare così esempio dei nostri tempi e di un lavoro scrupoloso che lega alla soluzione progettuale degli interni quella della sua immagine urbana, chiamata a confrontarsi in modo diretto ed esplicito con l’architettura della città che l’accoglie. Di forma stretta e allungata verso il fondo, dove trova un piccolo cortile trasformato in giardino segreto, la casa dai fronti laterali ciechi si innesta con precisione nello spazio disponibile tra le due case che la affiancano. La scelta è stata quella di aprire il più possibile i fronti della facciata e del retro per catturare la luce del giorno, invitata a scendere anche dall’alto attraverso un’ampia apertura costituita dal fondo vetrato della piscina sul tetto, che regala allo spazio a tutt’altezza dell’ingresso suggestivi riverberi di luce e riflessi in movimento. Un unico materiale, il cemento faccia a vista, modulato sulla base di criteri matematici seguendo la dimensione dei casseri orizzontali che scandiscono il ritmo delle superfici cieche, funge da elemento unificante per uno spazio articolato in ogni suo livello. Il motivo guida di un’unica, ampia spazialità che caratterizza l’intero approccio progettuale è percepibile in ogni ambiente della casa, a cominciare dall’ingresso dalla strada, rialzato e a doppio livello, accessibile da una scala esterna affiancata dalla rampa che conduce al piano seminterrato del garage. La scala prosegue poi

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Il soggiorno home theatre al primo livello, dalla passerella di collegamento alla zona notte. Sulla destra si sviluppa la seconda scala a nastro che conduce al terzo piano. Los Project Catania ha curato il progetto illuminotecnico, Di Betta Arredamenti Ragusa le opere di falegnameria.


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ARCHITECTURE La camera da letto padronale si affaccia su un giardino segreto realizzato in quota al livello rialzato. Zona lavabo in travertino su disegno, letto Alcova di Antonio Citterio per Maxalto, lampada a sospensione Spokes di Garcia Cumini per Foscarini.

negli spazi interni, segnati da un patio che attraversa in verticale il loro sviluppo. Questi accolgono le ingegnose scale a nastro, sovrapposte e staccate dal muro a cui si allineano per esprimere il loro valore di elementi compiuti e indipendenti. Le testate risolte come vetrate continue a tutt’altezza, che possono essere oscurate con tende a rullo esterne, permettono di creare un significativo cannocchiale visivo e di luce che attraversa gli ambienti per poi raggiungere la terrazza in copertura con la piscina, affiancata dalla cucina e zona pranzo. Verso strada, all’ingresso, sono organizzate la zona giorno e la biblioteca cui si sovrappongono un living con home theatre e, all’ultimo piano, la sala da pranzo rivolta verso il deck esterno, pensato come sua diretta estensione, che anticipa

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ARCHITECTURE

la vasca della piscina a sfioro. Nella parte più interna e protetta è collocata la zona notte. La facciata principale, nell’ascolto delle preesistenze adiacenti, si sviluppa per due livelli con la grande vetrata a tutt’altezza che raggiunge la quota dei cornicioni degli edifici confinanti, sottolineando il valore dell’innesto che il progetto intende perseguire. Al culmine, un portale sospeso dalla linea essenziale, che accoglie il parapetto di vetro della piscina, crea una figura architettonica di completamento incorniciando i colori del cielo, e allo stesso tempo rettificando il profilo dell’edificio in rapporto ai tre livelli che esso raggiunge nella parte più interna del lotto d’intervento, dove l’innesto trova la sua maggiore estensione. ■

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Il deck con piscina diventa una naturale estensione all’esterno della zona living; poltrona Fat-Sofa di Patricia Urquiola per B&B Italia, in esterno poltrona e pouf Float di Francesco Rota per Paola Lenti. Sotto, scorcio della zona pranzo interna; tavolo Long Island di Giuseppe Bavuso per Rimadesio, sgabelli Norma di Lievore Altherr Molina Arper, sedie Hola di Hannes Wettstein, Cassina.


Il grande lucernario, ricavato sul fondo vetrato di parte della piscina posta in copertura, illumina la zona a doppia altezza dell’ingresso.


TRASPARENZE MODERNE

Nella campagna ravennate, P+L House è frutto del recupero di un vecchio casolare, luogo delle memorie d’infanzia dei proprietari, al quale sono stati aggiunti due nuovi volumi per dare vita a un’articolata residenza-laboratorio foto Giovanni De Sandre testo di Danilo Signorello

Sopra, per il corpo mediano, il sistema per facciate Schüco AOC 50 SG facilita l’installazione su scheletri portanti assemblati in opera. Per il fabbricato di nuova costruzione, finestre Schüco AWS 70 BS HI composte da telai con ante a scomparsa dalla sezione ridotta. A sinistra, dettaglio dell’involucro in zincotitanio di VM Zinc che avvolge il nuovo volume.

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ARCHITECTURE Progetto di STUDIO ARCHINOW!

A sinistra, nell’edificio ristrutturato, le nuove aperture si distinguono dalle preesistenti (recuperate utilizzando il sistema OS 2 di Secco Sistemi) grazie a bow-window formati da telai metallici rivestiti in rame: al loro interno, specchiature fisse realizzate con il sistema Schüco SFC 85. Sotto, sistema di vetrazione scorrevole Schüco a tutta altezza per il vecchio fienile, in cui è stata ricavata la piscina.

Un luogo dell’anima: è stata questa la richiesta della committenza per la ristrutturazione di un antico casolare in campagna presso Ravenna. Luogo delle memorie d’infanzia dei proprietari, del quale era necessario conservare intatto lo spirito poetico originale. Un’operazione complessa, perché d’altro canto occorreva stabilire un delicato equilibrio tra preesistenze (la parte ottocentesca e un volume aggiunto negli anni Sessanta del ‘900) e intervento ex novo. La sfida è stata raccolta dallo studio riminese ArchiNOW! fondato dai partner associati Marcello Dellarosa, Luca Foschi, Alessandro Gazzoni e Stella Andriani. Giocare sulle differenze si è rivelato la chiave di volta. “Siamo più simili a un laboratorio artigiano”, spiega l’architetto Dellarosa, “nel quale, prima di essere realizzate, tutte le idee vengono sperimentate manualmente, dalla campionatura dei materiali alla realizzazione di plastici e prototipi, ai disegni tecnici, ai rendering”. Per l’antico casolare, la lettura delle stratificazioni storiche è diventata filosofia progettuale, mentre l’edificio più recente, privo di valore architettonico, è stato demolito e sostituito da un nuovo volume rivestito da una parete ventilata in zinco-titanio. Lo ‘spazio cerniera’ ha assunto una

forte permeabilità con l’esterno, diventando un giardino d’inverno, l’ambiente della casa che ha un rapporto privilegiato con il paesaggio e lo scorrere delle stagioni. I tre fabbricati, che danno vita a P+L House, marcano, nella loro diversità, la separazione delle funzioni abitative. Nel corpo storico, caratterizzato da vasti ambienti luminosi e doppi volumi, si trovano lo studio-laboratorio della proprietaria, l’area living, la zona pranzo, la sala dei camini e della musica, la biblioteca. Dominano i materiali originali, recuperati e ristrutturati: solai in tavelle di cotto realizzate a mano, travi centenarie di quercia, pareti in mattoni faccia a vista. Il volume in zinco-titanio, chiuso e

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ARCHITECTURE

contenitivo (frames verticali che scandiscono il disegno delle facciate, griglie metalliche a protezione delle finestre, lastre che fungono anche da copertura), accoglie la cucina e i locali di servizio al piano terra e gli ambienti più intimi, dalle camere da letto ai bagni, al livello superiore. Il volume centrale funge da ingresso e mediante una scala elicoidale mette in comunicazione i livelli abitativi. Tutti gli ambienti interni della casa sono connotati dal contrasto formale e stilistico fra gli arredi: mobili d’epoca e ricordi di famiglia alternati a pezzi di design contemporaneo. Tra gli elementi che definiscono il progetto, spicca la varietà di soluzioni per le parti trasparenti dell’involucro. “Nel recupero dell’edificio storico sono stati mantenuti tutti i vani finestra esistenti, inserendo nuove aperture in corrispondenza di scorci e vedute della campagna circostante, oltre a vetrate e porte trasparenti realizzate su misura per suddividere gli spazi interni”, racconta Dellarosa. “Occorreva conferire ai sistemi vetrati una visione unitaria che, pur nella diversità, valorizzasse il ruolo della luce naturale”. Nel nuovo fabbricato è stato utilizzato un modello di finestra particolarmente performante dal punto di vista termoacustico, nel contesto di un rivestimento metallico del tutto inusuale per un edificio residenziale, realizzato per garantire continuità tra copertura e elementi verticali e per creare un contrasto provocatorio con l’ambiente circostante. “La ricerca delle migliori soluzioni tecnologiche ha costituito un aspetto importante, e anche divertente, dell’intero progetto”, spiega Dellarosa. Una architettura in cui classico, moderno, ipermoderno coesistono. Una modalità progettuale che invita a riflettere sul fatto di dover considerare qualsiasi intervento architettonico come un’operazione di innesto o comunque di confronto con l’esistente. ■

Sopra, vista interna dell’antico casolare recuperato con l’utilizzo di materiali originali: tavelle in cotto, travi in legno di quercia, pareti in mattoni faccia a vista. A destra, il livello superiore del giardino d’inverno nel corpo mediano.

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Tinte forti per la suggestiva scala elicoidale realizzata su misura da artigiani locali su disegno dei progettisti. Ai suoi piedi, un’opera della proprietaria, Patrizia Dalla Valle, artista del mosaico bizantino classico reinterpretato in chiave contemporanea. Sullo sfondo, l’ambiente cucina che accosta con equilibrio arredi classici recuperati e elementi moderni su misura.

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Un riuscito progetto a sei mani nato dalla collaborazione tra Fabio Salini, Marco Bevilacqua e Corrado Papa. La nuova costruzione, distesa su dodici ettari in cima alla collina, si affaccia strategicamente su Noto e, a perdita d’occhio, su un affascinante paesaggio di mare, campagne e monti. È stata confezionata attorno alle esigenze abitative di Fabio Salini, designer di gioielli artistici di caratura internazionale che, come tale, ha svolto un ruolo importante nelle scelte estetiche. “La casa doveva rappresentare un rifugio personale, confortevole, lontano dalla formalità richiesta nel lavoro e nella vita quotidiana”, spiega. “Una totale immersione nella natura, in un’atmosfera di essenzialità, relax e calore, autenticamente riconducibile alla terra argillosa del luogo. Ecco perché ho invitato gli architetti che mi hanno aiutato nell’impresa a impiegare il legno, altri materiali naturali di provenienza locale e lavorazioni artigianali, e a realizzare la passeggiata con gli aranci che ricorda una strada di paese: tutti elementi desunti dalla tradizione, in grado di dare una connotazione e una riconoscibilità siciliana a un’architettura che di per sé, nell’immagine, non sembrerebbe tale. Senza fratture tra dentro e fuori, tra struttura e decorazione”.

PROMENADE MEDITERRANEA Profumi, colori e materiali della Sicilia più autentica per una residenza in cima a una collina, che regala una vista a 360 gradi sul paesaggio di Noto. Un’architettura essenziale e rigorosa in armonia con la natura del luogo foto di Alberto Ferrero testo di Antonella Boisi

Il viale degli aranci che profumano l’aria lungo i due corpi di fabbrica della casa. La pietra di Noto caratterizza tutte le superfici orizzontali e la loro continuità sia in esterno che in interno. L’intonaco a calce color sabbia riveste i muri, scanditi da aperture alte e strette. Il ferro verniciato accomuna invece le grate di ombreggiatura e sicurezza, simili a solidi canneti. Accanto, le piccole scale che conducono al livello superiore riservato alla piscina e alla terrazza, mimetizzate dal tetto piano della dépendance degli ospiti in cui si integrano.

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ARCHITECTURE Progetto di MARCO BEVILACQUA FABIO SALINI - CORRADO PAPA

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ARCHITECTURE

Tutto è iniziato nello studio romano di Marco Bevilacqua, che ne ha definito la composizione ispirandosi nello schema tipologico al piccolo borgo contadino del Sud Italia, declinato con una stecca e uno spazio antistante utilizzato come area cortilizia comune, separato dalla casa padronale e dalla corte centrale. L’architetto siciliano Corrado Papa è intervenuto in seconda battuta curando anche la direzione dei lavori e, da esperto conoscitore dei materiali e delle lavorazioni locali, portando quel substrato di mediterraneità che ha insaporito la trama narrativa di Salini. Già, perché questi 600 metri quadrati di costruito si riconducono a un layout molto rigoroso e archetipico: pochi volumi a un piano di forma semplice e lineare, disposti e collegati tra loro geometricamente secondo tre assi principali. “Due cipressi fiancheggiano l’inizio di un viale rialzato in pietra che conduce verso l’abitazione, costeggiando le lunghe terrazze dei muri a secco che caratterizzano l’insediamento e il suo sviluppo, segnato nei diversi livelli di quota da teorie di ulivi, fichi d’India, palme e grandi agavi”, racconta Bevilacqua. “Ho iniziato a disegnare la residenza di Fabio intorno a un grande ulivo secolare che ne ha definito il corpo a forma di C. A questo albero e alla corte centrale si relazionano tutti gli ambienti,

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In questa pagina, la piscina incastonata nella terrazza pavimentata in pietra di Noto lavorata a mano. Da questo livello si gode un panorama a 360 gradi. Nella pagina accanto, il generoso living concepito come un cannocchiale sul grande ulivo secolare al centro della corte. Lo incornicia una grande porta-finestra e ne amplificano le suggestioni, nelle nicchie laterali della parete, due arazzi ricamati su lino di Allegra Hicks. I divani su disegno sono rivestiti in lino grezzo e corredati da cuscini in canapa di lino recuperata da vecchi sacchi. Il tavolino è un lettino da campo in metallo e tela grezza. Le poltroncine in midollino sono pezzi vintage. In basso, le scale che raccordano i diversi livelli di quota dal giardino popolato di ulivi, fichi d’India e agavi.

perché le aperture, a partire da quella del salone che lo incornicia, allineate sugli assi principali, sono state concepite per permettere allo sguardo di attraversare la casa e ricongiungersi in ogni momento con la natura circostante”. La dépendance destinata agli ospiti è stata costruita alle spalle di questo corpo principale, nella piccola stecca parzialmente incastonata nella fascia a gradoni


della collina. Lo spazio vuoto che si è creato tra i due volumi ha generato un viale di unione tra le parti, che rappresenta il cuore del progetto. Si è trasformato in quella strada di paese immaginata da Salini, profumata dall’incedere ritmico di rigogliosi aranci, battezzati “I picciotti”, che danno il nome alla proprietà stessa. Su questa promenade mediterranea si affacciano le stanze degli ospiti,

scandite da aperture alte e strette, incassate nella profonda muratura piena, quasi a proteggerne l’interno dal sole e dagli sguardi. E si incontrano le linee di cesura che accolgono le piccole scale di collegamento al livello superiore, dove si trovano la piscina e la terrazza-belvedere, integrate nella copertura piana della stecca. “La zona più esposta, open-air, è stata posizionata discretamente, nel punto più alto, accessibile soltanto percorrendo le scalette esterne”, sottolinea Bevilacqua, “innanzitutto perché la piscina non appartiene alla tradizione della tipologia rurale eletta a paradigma di riferimento e poi certamente perché da qui si abbraccia la visione più ampia e spettacolare, a 360 gradi, sul golfo di Noto, sui monti Iblei e sui tetti piani della casa sottostante”. I rivestimenti sapientemente scelti minimizzano l’impatto ambientale dell’impianto predisposto anche all’adozione di pannelli solari in copertura. La pietra di Noto lavorata a mano, che costituisce l’unitaria pavimentazione della terrazza al piano superiore, ritorna nelle superfici orizzontali di tutti gli ambienti sottostanti sia all’esterno che all’interno, “rendendo percepibile in una teorica visione zenitale una sola forma ed un solo piano a favore di una più completa integrazione dell’architettura nel paesaggio”, commenta Papa.

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Qui sopra, uno spazio distributivo verso gli ambienti notte, con armadi a muro a tutta altezza e ante in abete spazzolato, verniciate in una tinta semicoprente che mostra la venatura del legno. Appeso alla parete finita a tonachina, uno specchio ispirato al barocco di Noto. Di scorcio, nel soggiorno, poltroncina tripolina fine Ottocento in cuoio di Joseph Fendy, consolle in legno di recupero sbiancato e un arazzo di Allegra Hicks ispirato al paesaggio siciliano. In basso, in una camera la panca in paglia di Vienna e la lampada con paralume in tessuto dipinto, pezzi antichi di provenienza locale, coesistono con un recente mobile minimale in ferro di Antonino Sciortino e con la scultura in canapa di Thomas De Falco sopra il letto vestito di lino. A destra, un bagno, con una vasca in cemento primi Novecento acquistata da un antiquario locale e corredata con rubinetterie Stella, serie Roma.

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Un intonaco a calce color sabbia, una finitura molto materica e soft, spontaneamente permeabile alla patina del tempo, è stato adottato per i muri e i soffitti a travi e tavolati. Il ferro verniciato è stato invece scelto per infissi e grate che simulano solidi canneti con funzione di ombreggiatura e sicurezza. “Anche nell’arredo”, continua Salini, “ho privilegiato materiali naturali e colori neutri, con il desiderio, ancora una volta, di ribadire l’armonia fra l’architettura e la natura. Legno, cuoio, midollino, pietra di Modica, tessiture grezze e un po’ stropicciate in canapa di lino. Essendo la casa così rigorosa e squadrata, volevo enfatizzare l’alto grado di comfort che offrono i suoi ambienti nei diversi momenti della giornata e dell’anno. Con tocchi delicati ma incisivi. I listelli verticali in faggio delle ante della cucina, per esempio, sopperiscono alla mancanza dell’incannucciato sui soffitti, che su superfici orizzontali così ampie avrebbe fatto troppo un ‘effetto pergolato’. Mi piacciono molto anche gli arazzi ricamati su lino di Allegra Hicks nelle due nicchie laterali della porta-finestra del salotto aperta sull’ulivo secolare in giardino, il ‘quadro’ intorno a cui tutto è nato. Sono interventi site-specific che interpretano paesaggi siciliani, rafforzando l’idea di una natura che entra in casa”. ■

Lo spazio dedicato al pranzo si apre sul viale degli aranci. Nella nicchia, due anfore in ceramica fiancheggiano un’opera di Alessandro Twombly su carta grezza. I tavoli modulari, con struttura in tubolare di ferro naturale e piano in larice, realizzati su misura, si accompagnano alle sedie in ferro verde oliva di Antonino Sciortino. Comunicante, la cucina disegnata da Marco Bevilacqua si caratterizza per le ante a listelli verticali in faggio, simil incannucciato, piano e lavelli in pietra di Modica. In basso, una planimetria del complesso.

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ARCHITECTURE Progetto di GIUSEPPE GURRIERI

Visto dalla corte d’ingresso, il casale di fine Ottocento di matrice rurale, situato tra Ragusa e Catania, su cui è intervenuto, insieme a Officine Restauro, l’architetto Giuseppe Gurrieri


ARCADIA SICILIANA Dal restauro filologico alla radicale attualizzazione di spazi e funzioni, la ristrutturazione di un casale dell’Ottocento in Val di Noto mescola diversi saperi e modelli figurativi per integrare tradizione e contemporaneità collaboratore Giulia Filetti architetto foto di Alberto Ferrero testo di Antonella Boisi


Il passaggio dalla cucina-pranzo al soggiorno è sottolineato dal mobile-architettura bianco e neutrale realizzato su disegno di Giuseppe Gurrieri da Omet di Tumino F. & CO, come anche gli armadi, le librerie, gli arredi fissi in legno e le opere in ferro di tutta la casa. La pavimentazione è una texture ininterrotta di cementine grafiche a effetto pixellato, realizzata con prodotti di Sansone Concrete Creations.


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ARCHITECTURE

Nel soggiorno, sideboard, poltrona e poggiapiedi di modernariato scandinavo anni Cinquanta/ Sessanta (forniti da Level50), divano di Divani&Divani e oggetti decorativi di Alice Valenti. Sul tavolino in plexiglass di Kartell, lampada AJ Tavolo di Louis Poulsen. Sulla credenza, lampada Snoopy e, in fondo, Arco, entrambe di Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Flos.

Un intervento sul costruito, tanto cristallino e preciso nell’espressione quanto sorprendente e pertinente nel risultato. Nel Val di Noto, tra Ragusa e Catania, in una zona disegnata da distesi declivi collinari e poderi agricoli, l’architetto siciliano Giuseppe Gurrieri ha trasformato questi 150 metri quadrati al piano terra di un casale fine Ottocento, riuscendo ad amalgamare così tanti elementi in modo talmente sintetico e fluido, che i piani temporali del racconto serbano già in nuce un respiro molto più ampio. “A onor del vero”, riconosce Gurrieri, “l’area di intervento sarebbe stata davvero più consistente: l’intero insediamento conta oltre 800 metri quadrati tra stalle, porcilaie, ricoveri degli attrezzi, corpi aggiunti in seguito e attualmente chiusi, che potrebbero diventare presto una struttura ricettiva, e il progetto è in via di

definizione. Per ora il mio committente tedesco necessitava soltanto di un buen retiro privato, con l’intenzione di farne a breve una base stabile di residenza con ospitalità correlata”. Così Gurrieri ha svolto il suo lavoro, che si gioca tutto sul dualismo tra contemporaneità e tradizione, con molta prudenza e rispetto. Nella ricerca di un delicato equilibrio con il contesto, ha fatto dell’esterno dell’edificio, a partire dal fronte con l’ingresso che attesta sull’immancabile corte, un oggetto di restauro filologico. “Non è stato toccato. Era talmente bello nella sua imperfezione che così è rimasto, è stato soltanto consolidato”, spiega. All’interno, invece, il suo fascino antico è stato rinfrescato con soluzioni che ne hanno radicalmente attualizzato gli spazi nelle funzioni e nell’immagine. Perché in origine il casale era organizzato con un ingresso segnato dalle scale

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Qui sotto, l’ambiente pranzo visto nelle sue connessioni spaziali con l’area disimpegno-studio, concepita come preludio verso la zona notte. Il percorso è sottolineato dalla nuova apertura ad arco e dalla soglia in pietra pece. Sedia gialla con braccioli e side chair rossa di modernariato scandinavo anni Cinquanta/ Sessanta (forniti da Level50), lampada Tolomeo di Artemide. Nei disegni, a fianco, due sezioni e una planimetria dell’abitazione.

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centrali che conducevano al piano nobile (dove ora si sta realizzando un appartamento per il figlio del committente) e ai lati di questo si sviluppavano due stalle separate. Misurandosi con una pianta rigida e poco malleabile, costruita con muri spessi 80 centimetri, scandita da una teoria di volte a botte e archi di passaggio, l’architetto ha ricavato un importante varco nel sottoscala, sfondando e rendendo comunicanti i due volumi preesistenti. Ha così creato una circolazione continua intorno al corpo-scale, assunto poi come schema-guida di un percorso traslato che conduce nelle zone via via più intime

della casa. Ha cioè individuato un asse visivo centrale parallelo, sottolineato dalla pavimentazione, che si snoda ininterrotto tra gli ambienti, dal living alla zona cucina-pranzostudio per poi proseguire fino alla zona letturadisimpegno, e da lì alla camera da letto e al bagno che si apre di nuovo sul cortile e sul paesaggio intorno. “I materiali restano gli stessi, ma le atmosfere cambiano passo dopo passo, stanza dopo stanza”, spiega Gurrieri. “Il disegno dei pavimenti, una texture decorativa realizzata con pastine di cemento monocromatiche, una tradizione siciliana reinterpretata, non è fine a se stesso. Questo ‘tappeto pixellato’ cambia colore da un ambiente all’altro, dal bianco al verde al nero, aiutando a orientarsi nei passaggi. Crea un effetto sorpresa, come lo fanno le soglie trasversali in pietra pece, un altro materiale tipico del Ragusano. Per il resto, tutte le coperture a volta e le porzioni parietali preesistenti in pietra calcarea dura sono state restaurate e lasciate a vista, mentre le pareti più povere e deteriorate, una volta risanate, sono state finite con intonaco a base di calce, una tecnica costruttiva sempre di tradizione locale. Abbiamo aperto un unico arco,

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Nella camera da letto ritornano la pavimentazione-tappeto in pastine di cemento e l’armadiatura integrata nella costruzione muraria. Comodino di Kartell e lampada a sospensione Brera S di Flos. Nella pagina a fianco, scorcio del bagno, realizzato tutto su disegno. Gli acquai in acciaio grezzo sono una stilizzazione delle vecchie mangiatoie. Vasca di Aqualife, rubinetteria di Palazzani. Tra i fornitori locali, Iperbagno, La Luce di Marletta, Cannizzaro Home Design e Muccio Mobili.

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quello che va dalla cucina al disimpegno”. Lo step successivo è stato così quello di fare di questo layout semplice ed essenziale, ritmato da compenetrazioni e concatenazioni lineari e curve, un paesaggio a tutto tondo. Alle soluzioni d’arredo e al design si è affidato l’importante compito di rinsaldare la coerenza dell’architettura e la sua matericità rustica, interpretandone la filosofia. Un’opera eseguita con grazia, attraverso una semplificazione elegante che evita scorciatoie folcloristiche. Soprattutto gli arredi fissi realizzati artigianalmente su misura da Gurrieri, come gli armadi contenitori e tecnici (contengono anche gli apparecchi dell’aria condizionata), assecondano le geometrie curvilinee degli archi amplificandone la forza: con i loro 70 centimetri di profondità si giustappongono ai muri – spessi 80 centimetri – creando passaggi di un metro e mezzo. Vi sono poi pezzi originali di modernariato scandinavo degli anni Cinquanta e Sessanta di grande leggerezza, accostati ad elementi decorativi di Alice Valenti, nota artista catanese e sensibile interprete delle tradizioni dell’isola in chiave contemporanea, tanto più che è, tra l’altro, l’unica donna a dipingere gli iconici carretti siciliani, dopo averne appreso la tecnica a bottega dal maestro Domenico Di Mauro. Non da ultimo, gli specchi. Opportunamente distribuiti negli ambienti, creano un gioco geometrico di dilatazione dello spazio, generando percezioni talvolta disorientanti e stranianti. Del resto, non è la Sicilia la storica musa di grandi contaminazioni di culture, di linguaggi e di valori? La chiave del tutto. ■



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ARCHITECTURE Progetto di CORRADO PAPA

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UN PICCOLO PARADISO

In Val di Noto, l’innesto di due nuovi corpi di fabbrica destinati all’ospitalità sull’antica volumetria di un casale recuperato come residenza. A ricordare la tipologia architettonica di un eremo di campagna foto di Alberto Ferrero testo di Antonella Boisi

Un piccolo insediamento adagiato tra le dolci colline del Val di Noto, che comprendeva un vecchio casale dell’Ottocento e una serie di costruzioni ad uso agricolo di minor pregio e di epoca successiva, viene acquistato da una giovane coppia, innamorata del territorio di Noto, Elaine e Pietro Viola, lei irlandese e lui siciliano. I due committenti si affidano all’architetto Corrado Papa, scegliendo di conservare soltanto la “casuzza” a due piani. L’enorme cubatura, recuperabile dal demolito, per circa 800 metri quadrati, spinge infatti i proprietari ad una precisa richiesta: progettare, oltre ai loro spazi privati, una parte dedicata all’ospitalità, un hotel di campagna, poi battezzato Battimandorlo, in omaggio alle importanti ‘architetture verdi’ presenti, mandorli ma anche ulivi. “Mi sono subito reso conto”, spiega Corrado Papa, “delle difficoltà che avrei dovuto affrontare nel rispettare il La grande corte (pavimentata con blocchi di tufo) e l’ingresso principale. Al centro, il casale ristrutturato accoglie ora la residenza dei proprietari. Ai lati, i nuovi volumi del Battimandorlo dedicati all’ospitalità, con i muri finiti a calce romana. A destra, una vista dell’architettura dal fondo valle. Corrado Papa ha studiato con cura anche il progetto del verde, che valorizza l’impianto a terrazze dell’insediamento.

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delicato equilibrio tra il contesto e la preesistenza. Non volevo turbare, con un intervento ‘muscoloso’, la bellezza di questa piccola valle, la fragilità di un luogo abitato da quiete, pace e silenzio”. L’architetto si ricorda così della storia di Madonna Marina, una contrada di Noto a pochi chilometri da Battimandorlo, e del fatto che nel primo Seicento era stato qui eretto un eremo a ringraziamento del miracoloso salvataggio dell’equipaggio di una nave inglese, naufragata nel golfo di Noto insieme ad una statuetta lignea di una Vergine nera, anch’essa messa in salvo. “Avevo studiato e ridisegnato questa architettura conventuale quando ancora, neo laureato, pensavo a dei committenti teorici”. Così l’architetto Papa ha lavorato sulle nuove funzioni abitative, lasciandosi condurre proprio dalla tipologia architettonica dell’eremo di Madonna Marina: “è diventato una sorta di griglia, un canovaccio, uno schema guida”, continua, “che mi ha consentito di gestire gli incastri di volumetrie, talvolta articolate su tre livelli – interrato, piano terra e primo – su un terreno leggermente in pendio. Alla ricerca di un’armonia d’insieme.”

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Affiora nel verde lo specchio d’acqua della piscina, contornata da lastre di pietra vulcanica nera dell’Etna. Lettini linea Solar di Maison du Monde. Accanto, schizzi di progetto di Corrado Papa. In basso, vista della parte più bassa e profonda, dove una sorta di basamento accoglie le funzioni tecniche, allineandosi al muro a secco di contenimento che delimitava il terrazzamento preesistente.


Quest’edificio ha infatti due linee di percezione, una dall’accesso storico, il viale fiancheggiato da alti cipressi, e l’altra dal fondo valle dove la costruzione s’innalza per tre piani, rivelando la differenza di quota rispetto all’ingresso con la sua corte. Dall’architettura del convento il progettista trae spunto per le infilate dei lunghi corridoi e l’ordinata sequenza di finestrelle quadrate che guardano ora sui tetti della residenza e sui nuovi spazi open air creati nel raccordo tra le parti. L’unione del corpo di fabbrica destinato all’abitazione privata con quello riservato all’ospitalità è stata infatti realizzata immaginando dei filtri spaziali che ne valorizzano la compenetrazione: alla corte preesistente si aggiungono nuovi cortili, aperture strategiche (che incorniciano le colline e le sue macchie di colore fino a farle diventare protagoniste negli ambienti comuni) e terrazze con vista panoramica, protette dal tradizionale incannucciato che filtra e mitiga la luce nelle camere degli ospiti. Il nuovo si integra al vecchio riprendendo le coperture a falda ispirate alla casa ottocentesca. I muri a secco di contenimento dei

La sala-ristorante con la finestra-quadro affacciata sul paesaggio, che diventa protagonista. Tavoli di Pedrali e sedie di Calligaris. L’ambiente comunica visivamente anche con la cucina, qui sotto, che accosta attrezzature tecniche Electrolux, piastrelle antiche e tavolo in noce canaletto.

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Un’ampia suite del Battimandorlo, connotata dalla vasca a vista e da strategiche aperture fino alla terrazza belvedere esterna. Pavimenti in pietra di Noto, muri a intonaco di calce naturale, soffitto a travi e tavolato ligneo bianchi, armadiatura su disegno integrata nella costruzione spaziale. In basso, la cucina privata della residenza con il pavimento in nuove cementine prodotte da Bisazza. Il sapore modernista dell’ambiente è sottolineato dalla soluzione curtain-wall d’angolo.

terrazzamenti sono stati tutti recuperati e il complesso appare come un puzzle tridimensionale che interrompe il lineare pendio di queste fasce territoriali. In una delle terrazze è stata ritagliata la sagoma della piscina, concepita come uno specchio d’acqua incorniciato da lastre di pietra nera dell’Etna, che affiora nel verde dell’intorno. Poi, nella parte più bassa e profonda, Papa ha creato una sorta di basamento per contenere tutte le funzioni di servizio necessarie all’ospitalità (magazzini, celle frigorifere, locali tecnici). Nei solai piani ha predisposto invece pannelli fotovoltaici e solari. I materiali adottati sottolineano una ricerca di continuità tra dentro e fuori. La pietra bianca di Noto, che ha una matericità cromatica particolare, è stata scelta per tutta la pavimentazione interna ed esterna, con finiture differenti, e per i gradini della scala interna realizzata in ferro e vetro. Negli ambienti, gli intonaci non sono stati tinteggiati, ma lasciati a calce naturale, per conferire loro una patina di morbidezza. A una calce romana, macchiata e fessurata in origine, Papa ha affidato

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Lo stile essenziale di una stanza da bagno in una delle cinque suite della struttura. Il piano che accoglie il lavabo di Flaminia è in pietra nera dell’Etna smaltata. Vasca di Victoria + Albert, rubinetterie Zucchetti. In basso, il prolungamento outdoor di una stanza nella terrazza pavimentata in pietra di Noto e coperta con il tradizionale incannucciato che inquadra nuovi volumi del complesso e le colline sullo sfondo.

invece la finitura dei muri esterni. “Era perfetta per dare un’aria vissuta a un nuovo che doveva sposarsi con l’intonaco antico della casa preesistente in modo discreto, anche nella colorazione”, commenta. Per gli infissi è stato scelto invece un verde salvia. Il progetto ha poi richiesto due cucine, una destinata alla famiglia, pavimentata con nuove cementine, e l’altra professionale, visibile anche dalla sala ristorante, con antiche piastrelle siciliane, piani e superfici in marmo bianco di Carrara e tavoli in castagno. “Perché gli ospiti devono sentirsi come nella cucina di casa”, dice l’architetto. Il Battimandorlo dispone poi di cinque generose camere doppie e il ristorante, che accoglie fino a 40 coperti, è aperto anche al pubblico. L’essenzialità delle soluzioni d’arredo fisso, realizzate su misura, contempla nei bagni rivestimenti ceramici di Made a Mano in colori tenui e piani in pietra dell’Etna smaltata. Per il resto domina invece uno stile eclettico: un corredo di mobili di famiglia che annovera scrittoi, armadi, divani, quadri, ritratti e che racconta la storia dei proprietari. ■

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TALKING ABOUT Sotto, Giuliano dell’Uva nel suo appartamento napoletano. Qui a destra e nella pagina accanto, studio grafico e composizione di mattonelle artigianali realizzate da Galleria Elena Superfici per l’Hotel Miramare a Sant’Angelo d’Ischia su disegno di Giuliano dell’Uva.

“Penso che i miei progetti abbiano un’identità in

CODICE CAMPANO L’identità mediterranea anima i progetti di Giuliano Andrea dell’Uva: nelle scelte di forme e colori, nelle atmosfere solari e nella valorizzazione dell’artigianato, un patrimonio culturale che oggi gli architetti non possono ignorare di Domitilla Dardi

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termini di forme e colori, in cui si riconosce il mio essere campano anche quando lavoro in altri contesti, in giro per il mondo. Poi, ovviamente, la mia origine può interagire con il gusto locale, quando sono in trasferta. Ma se hai un’identità mediterranea, secondo me è bene mantenerla e trasferirla nella propria opera”. A parlare è l’architetto Giuliano Andrea dell’Uva, che nei progetti residenziali sta trovando una specificità di espressione in grado di dialogare apertamente con quanto identifichiamo come ‘mediterraneità’, andando oltre gli stereotipi legati a questo concetto. Per comprenderne appieno le sfumature è utile però ricostruire la sua storia, decisamente sui generis. Particolare innanzitutto perché è la storia di un talento precoce: a soli quindici anni Giuliano passa i pomeriggi dopo la scuola a seguire il cantiere della casa che sarebbe diventata sua, quella appartenuta al bisnonno e che i genitori hanno deciso di riportare a nuova vita. Il ragazzo ha una passione per le case e l’arredamento, ha respirato fin da piccolo la sfida che colori e proporzioni possono lanciare. Il bisnonno paterno era architetto, il nonno materno ingegnere e i suoi genitori lo hanno fatto sempre vivere in case ‘pensate’, che coniugavano mobili di Albini e Ponti con antichi ritratti di famiglia. Così a diciassette anni, quando tocca alla nonna trasferirsi in una delle case progettate dal bisnonno, il padre di Giuliano, che di mestiere fa il giornalista di guerra e non ha grande interesse per l’interior, gli dice: “Fai tu”. Inaspettatamente ne nasce un progetto maturo, consapevole, ricco di riferimenti al passato accostati al moderno. Tanto che il giovane progettista si fa regalare una Reflex, fotografa la casa e al suo primo anno di Architettura la vede pubblicata su una rivista di settore. La redazione del giornale che sceglie quelle foto non può credere che dietro modanature, cromature, proporzioni impeccabili non ci sia un architetto di mezza età, ma un ragazzo alle prime armi. All’Università i professori sono altrettanto increduli quando dell’Uva propone progetti ispirati a Mongiardino, tende arabeggianti disegnate in ogni dettaglio. Lo invitano a non seguire la via della decorazione e a cercare una propria strada, più vicina alla contemporaneità. E qui



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TALKING ABOUT Giuliano incontra, tra i tanti maestri putativi, quello che forse ha più di tutti da insegnargli: Gio Ponti, che con la sua ironia ha saputo interpretare il gusto borghese insinuando critiche sottili dentro decorazioni che sono cavalli di Troia, soluzioni geniali per innovare l’ambiente domestico proprio attraverso dettagli e ornamenti. E soprattutto ha saputo esprimere un senso della mediterraneità che mai nessuno prima aveva osato immaginare: una via fresca e solare per affermare l’identità della nuova architettura italiana. Oggi dell’Uva ha uno studio con al suo attivo molti progetti di interior che spaziano dal residenziale all’hotellerie, dal sud al nord, dall’Italia all’Europa. Un filo conduttore li percorre seguendo alcune costanti: “Da un lato mi interessa aiutare con l’architettura l’inserimento degli oggetti. Dall’altro

lavoro compiendo un’accurata selezione delle preesistenze o di quello che un cliente porta con sé come eredità del suo passato. Così individuo quello che è giusto far uscire dalla storia di una casa. Perché è la casa che si racconta, prima ancora dei suoi abitanti”. La stratificazione del passato emerge a tratti in vecchi dipinti scoperti sotto intonaci più recenti, oppure mediante oggetti o dettagli. A volte la memoria del genius loci è in un colore sbiadito che riaffiora durante i lavori del cantiere. “Mi piace”, spiega meglio, “che il segno dell’architetto in un’abitazione si dispieghi all’interno di un’evoluzione. Dev’essere sempre rintracciabile l’idea originaria del progetto, ma poi questa deve traguardare verso un’evoluzione della casa senza che il passato venga rinnegato. Che poi è quello che è sempre successo: nell’Ottocento non si cancellavano i segni del Settecento, ma

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s’inserivano in un nuovo progetto. Mi piace che una casa si possa leggere come un libro”. I capitoli di questa storia, per esempio in certi edifici milanesi, sono i dettagli delle facciate o degli ingressi che vengono riproposti come leitmotiv negli interni. Oppure i muri, che dell’Uva definisce “morbidi”, suggeriti dall’architettura spontanea e vernacolare per l’hotel progettato a Ischia, dove l’architetto ha studiato le case dei pescatori di Sant’Angelo e ha utilizzato i tessuti di Livio De Simone, reminiscenza dei vestiti di sua mamma. Anche qui è stato Giuliano a immaginarseli come pattern, palette cromatiche e riferimento perfetto per la sua mediterraneità, fino a proporre alla figlia di De Simone di seguirlo in una nuova linea tessile concepita per l’arredo. Il pensiero, inevitabilmente, vola al Ponti del Parco dei Principi di Sorrento. Non per affinità stilistica – anzi, i progetti sono molto diversi – ma l’intenzione di un’opera d’arte totale, che sia un inno all’autenticità dello spazio naturale o antropizzato di quei luoghi, è la medesima. “In Ponti non c’era voglia di stupire”, afferma dell’Uva, “e nel suo albergo il lusso in senso stereotipato non esisteva. Per Ponti il lusso era quello di calare il visitatore in un’atmosfera leggera, fresca, mediterranea, progettando gli ambienti in ogni singolo dettaglio. Quell’idea di mediterraneo non poteva essere separata da una riscoperta programmatica delle eccellenze artigianali della zona. Per questo oggi non penso che l’artigianato sia semplicemente un pavimento di Vietri o una ceramica amalfitana, ma un vero background da riscoprire, che, da progettisti, abbiamo il dovere di includere nel nostro lavoro”. E allora oggi che cos’è il lusso? “Il lusso è avere un cliente colto, che ti dia la possibilità di progettare una casa abitata da tante culture”. ■

A sinistra e nella pagina accanto, due ambienti di una villa a Capri. Tutti i tessuti utilizzati sono di Livio de Simone su disegno di Giuliano dell’Uva, anche quelli a pavimento che sono stati resinati da Rezina (foto Nathalie Krag). Sotto, studio grafico per le mattonelle di rivestimento dell’Hotel Miramare a Ischia.



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COVER STORY Le collezioni di Amura, azienda intimamente connessa al proprio territorio, raccontano di una cultura antica, di un patrimonio millenario che rivive in forme progettuali in grado di sintetizzare passato e presente, tradizione e innovazione di Andrea Pirruccio

ISPIRAZIONE AUTENTICA

Due vedute di una possibile configurazione del divano Lapis, design Emanuel Gargano e Anton Cristell per Amura.

Il territorio in cui nasce Amura – quello compreso tra Altamura, Matera e le Murge – è una zona magica, la cui storia è talmente antica da perdersi nella notte dei tempi. Una terra ancorata a riti ancestrali come quello della panificazione, che a Matera assume connotati addirittura religiosi. Legata a filo doppio a questi luoghi, Amura ha origine dalla collaborazione tra la famiglia D’Ambrosio ed Emanuel Gargano, art director del marchio, e in pochi anni riesce a imporsi anche a livello internazionale grazie a un bilanciato mix di

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ricerca, passione, qualità imprenditoriali e produttive e una capacità di customizzazione talmente ampia da permettere al cliente di ottenere creazioni totalmente sartoriali e 100% made in Italy. Ma la vera specificità del brand, ciò che maggiormente lo identifica, è l’indissolubile connessione con i suoi luoghi nativi. Attraverso le sue collezioni di imbottiti e complementi d’arredo, Amura ha assunto su di sé la responsabilità, quasi la missione, di dare espressione progettuale a un seducente coacervo di storia e cultura,


Un’antica strada romana lastricata di pietre levigate dal tempo, evidente fonte di ispirazione progettuale per la famiglia di imbottiti modulari Lapis.


Il divano Lapis (a sinistra rivestito in tessuto) può assumere diverse dimensioni a seconda delle necessità. Anche le forme possono variare dalle più classiche alle irregolari. Sotto, una poltrona della stessa linea.

Novità 2019 della famiglia Lapis, il letto ne ripropone nella struttura l’accostamento di volumi differenti, enfatizzati dai rivestimenti in pelle e tessuto. A destra, il coffee table in marmo e legno.

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abbracciando una visione in cui il passato della tradizione rurale delle Murge pugliesi si sposa a un presente fatto di assoluto rispetto per la dimensione artigianale del lavoro, a vantaggio di un futuro produttivo in cui l’industria non alteri in alcun modo l’equilibrio ecologico del territorio. Elaborata sintesi di tradizione e innovazione, di antiche lavorazioni e nuove tecnologie, la produzione aziendale contiene evidenti richiami a un patrimonio – architettonico, rurale, perfino gastronomico – millenario ed esprime un invito che, di questi tempi, somiglia a una preghiera: quello di vivere con lentezza, di gustarsi il presente, di riappropriarsi del proprio tempo. Tra le collezioni che maggiormente interpretano questa narrazione – questa “ispirazione autentica” per citare un claim del marchio – sono senz’altro da menzionare Lapis (design Emanuel Gargano & Anton Cristell) e Panis (design Emanuel Gargano, Anton Cristell, Elisabetta Furin e Rosaria Copeta). Pietra e pane, due tra gli elementi più caratteristici del territorio, opportunamente tradotti nella lingua parlata nella regione migliaia di anni addietro, il latino. Lapis, famiglia di divani e poltrone a cui si è recentemente aggiunto un letto, rappresenta un gioco di volumi ispirato alle vecchie strade romane, a quegli antichi selciati magnificamente irregolari, composti da pietre smussate e levigate del tempo. Un gioco di volumi, si diceva, accostati in modo da generare sedute, schienali e braccioli: le dimensioni differenti consentono un’ampia versatilità combinatoria,


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Sopra, ad Altamura l’antica arte della panificazione si tramanda da una generazione all’altra, e dal tipico pane locale trae spunto la collezione Panis (in basso i pouf), sviluppata da Emanuel Gargano, Anton Cristell, Elisabetta Furin e Rosaria Copeta.

con cui è possibile spaziare dalle forme più classiche alle composizioni più irregolari. A connotare Lapis è anche la sua forte componente materica, espressa nell’impiego di materiali e finiture che rincorrono l’idea della naturalità: pelle o tessuto per il divano, pietra per i tavoli bassi, seta per il tappeto, e colori che percorrono l’intera scala dei grigi, dal tortora all’intensità più profonda della grafite. Linea di imbottiti dalle forme abbondanti e generose declinabili in ogni possibile configurazione, dalla seduta al divano al

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Una suggestiva ambientazione con al centro il pouf Panis, connotato da un taglio sulla superficie che richiama quello praticato sull’impasto dei pani di Altamura.


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Sopra, elementi della collezione Panis: specchio, letto, divano, poltrona e sedia. A destra, tavolini appartenenti a Setacci, serie nata dalla medesima ‘matrice ideologica’ di Panis e firmata dagli stessi designer. Diversi per altezza e diametro e ispirati ai setacci per la farina, hanno il piano d’appoggio traforato in lamiera, legno o cuoio.

letto, Panis è invece l’affettuoso omaggio a un altro prodotto tipico della terra d’elezione di Amura: le grandi pagnotte di Altamura, fragranti simboli di convivialità e di un’arte (quella della panificazione) tramandata di generazione in generazione. E se il pouf – i cui tagli sulla superficie alludono a quelli praticati dai fornai sull’impasto del pane – è il prodotto della collezione che racconta meglio il cuore del progetto, le linee decise ed essenziali di ogni elemento di Panis richiamano quelle dei timbri lignei intagliati a mano, storicamente usati dalle famiglie altamurane per marchiare le proprie pagnotte. Dalla stessa ‘matrice ideologica’ di Panis (e dagli stessi progettisti) discende infine la

serie Setacci, composta da tavolini diversi per altezza e diametro. Ispirati, come suggerisce il nome, ai setacci per la farina di tradizione contadina, i tavolini ne riprendono le forme aggiornandone l’estetica. Così, a caratterizzare i modelli è un piano d’appoggio traforato in lamiera, in legno o in cuoio. La base può essere realizzata in legno, metallo o cuoio, ed è composta da un’unica superficie curvata e chiusa da cuciture anch’esse in cuoio. Un progetto, l’ennesimo, che racconta meglio di mille parole il legame tra l’azienda e il territorio che l’ha vista nascere, e di come esso rappresenti per Amura una fonte di ispirazione non solo progettuale ma anche e soprattutto valoriale. ■

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CON IL SOLE ALLO ZENIT

L’accostamento tra la parola design e la parola nordico non stupisce nessuno: tutti capiscono immediatamente perché un concetto come hygge sia tipicamente scandinavo. Parlare di ‘design mediterraneo’, invece, lascia un po’ perplessi. È una definizione che, seppure accettata in architettura, quando si tratta di design sembra non convincere. Perché mentre le aree più legate alla cultura mitteleuropea e alla produzione industriale (Milano, per esempio) sono facilmente associate alla sofisticatezza e all’essenzialità che da sempre sono sinonimo di modernità, nei territori bagnati dal mare si dice design e si pensa “etnico”. Come sinonimo di “dozzinale” e “di basso livello”. “È un cliché che nasce da un errore di base: cercare in questi luoghi un design come quello espresso dalla cultura internazionale. Che in effetti non c’è. Mentre nelle terre che si affacciano sul Mediterraneo c’è ben altro: un saper fare che il mondo ci invidia e da cui la cultura del progetto potrebbe trarre nuova linfa vitale”, dice Antonio Aricò. Nato e cresciuto in Calabria ma con un curriculum di formazione multidisciplinare (moda,

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Un design mediterraneo, lontano da quello che nell’immaginario collettivo si identifica con l’etnico, sta muovendo i primi passi. È un design che piace perché dà spazio, nell’era della globalizzazione, al territorio e alla sua storia: senza nostalgia e agendo su tutti i fronti, dal cucchiaio alla città di Laura Traldi


Seminara, con Editamateria per Delvis, un progetto presentato al FuoriSalone 2019 da Antonio Aricò, qui ritratto in veste mitologica con il piatto Malanova nel Castello Ruffo sulla fiumara dell’Amendolea (RC). Nella pagina accanto, un dettaglio del piatto (a sinistra) e tre totem (al centro). Foto di Alfredo Muscatello

design) e internazionale (Milano, Spagna, Scozia e Australia), Aricò rivendica l’appartenenza alla sua terra come chiave della sua ispirazione. “Un design mediterraneo esiste ed è di qualità quando mescola le origini vernacolari del saper fare con uno sguardo innovativo. Molto può nascere studiando e praticando l’arte di arrangiarsi, tipica di chi è cresciuto in questi luoghi: e, non a caso, tanti dei maestri del design italiano – da Enzo Mari a Gio Ponti – l’hanno declinata in una forma colta ed elevata”. Aricò non è il solo a rivendicare l’esistenza di un design mediterraneo. A lui fa infatti eco Riccardo Scibetta. Architetto, fotografo e figlio di imprenditori che producono in Sicilia forni a legna, ha ideato qualche anno fa MYOP, un progetto che mette in rete piccole botteghe artigiane siciliane per lo sviluppo di progetti di design. “Gli artigiani del Sud non sono pronti per una produzione industriale”, afferma. “Ma offrono una poesia, una comunicativa e un saper fare (bene, e con poco, in modo ingegnoso) da cui può nascere un modo di progettare diverso: più affascinante, autentico, vicino alla storia, alla terra e alle persone”. È questo mix tra cose belle, fatte bene, e storytelling che, secondo Scibetta, potrebbe rappresentare il jackpot per il design mediterraneo. “Gli americani e i russi impazziscono per le storie degli artigiani che lavorano nei paesini inondati dal sole”, afferma. “Non cercano un cliché ma l’autenticità. E ora i pezzi di MYOP sono approdati su un canale di lusso come 1stdibb e nel suo punto vendita di Manhattan”. E qual è il rischio? “Che il design mediterraneo scimmiotti qualcosa che non è. Perché è la diversità, oggi, che ripaga”. Purtroppo non sono molti a capirlo. “In Israele ci sono tanti designer che chiamo ‘gli svedesi’. O realisti: di quelli che sono più realisti del re”, dice Dan Mouktel, curatore della mostra collettiva The Impossible Story of Israeli Design al Fuorisalone 2019. “Tentano disperatamente di svincolarsi dalla

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Qui sotto, piatto e fondina di ceramica prodotti nel cluster di ceramica di Nabeul, in Tunisia, e ora in vendita da CoinCasa. Nascono nell’ambito del progetto Creative Mediterranean di Unido, diretto da Giulio Vinaccia, che intreccia artigianato e design, etica e scopi umanitari. Ne fanno parte anche i cluster e i centri creativi di Beirut e Marrakesh (in basso).

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loro essenza mediterranea, abbracciando estetiche di altri Paesi – soprattutto la Svezia, la Scandinavia, il Giappone. Lo fanno però riesumando versioni polverose, storicizzate, ora francamente irrilevanti. Questa è la gente che, pensando di fare design, distrugge la possibilità di svilupparne una cultura in Israele. C’è poi un altro gruppo, che chiamo ‘multiculturale’: designer realmente connessi con le loro radici, che cercano di attualizzarne linguaggi e ispirazioni con estetiche e idee contemporanee. Il loro è un approccio più rischioso ma culturalmente rilevante e credo anche, nel lungo termine, economicamente promettente. Perché quando il design nasce da un contatto autentico con le proprie origini, la storia e lo spirito di un Paese, diventa una manifestazione di onestà dal valore impagabile. Che il mondo apprezza, anche perché va oltre la semplice citazione estetica di una certa cultura”.

Un design mediterraneo quindi esiste, ma è agli albori. Come un nuovo capitolo che in pochi hanno iniziato a scrivere ma che potrebbe diventare un romanzo collettivo di successo. “Ha un potenziale enorme: creativo, ma anche sociale ed economico”, spiega Giulio Vinaccia responsabile del progetto Creative Mediterranean dell’Unido (United Nations Industrial Development Organization) e finanziato dall’Unione Europea insieme all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Il compito di Vinaccia, dal 2015, è creare processi e gestire team per diffondere – in modo sistematico e progressivo, coinvolgendo istituzioni, centri di educazione, designer e imprese – la cultura del progetto in sette Paesi del sud del Mediterraneo (Giordania, Marocco, Palestina, Algeria, Libano, Egitto, Tunisia). “Lo scopo del progetto è avvalersi della creatività per superare le criticità di un contesto svantaggiato, mettendo a frutto esperienze artigianali e industriali già presenti sul territorio e iniettando una progettualità contemporanea, ma sempre locale. Il momento storico gioca a nostro favore, perché dopo l’abbuffata della globalizzazione la ricerca di identità è ormai una costante un po’ ovunque: i prodotti piacciono, vendono (l’ultima collezione è in vendita da CoinCasa). Grazie a questo progetto, migliaia di donne e giovani hanno trovato un impiego, l’export dei 14 cluster produttivi cooptati è cresciuto dello 0,3% (400 milioni di euro) e sono state create le basi di un ecosistema che coinvolge università e centri di formazione, istituzioni, piccole e medie imprese e il grande pubblico”. Fare rete è il passo più importante – e anche il più complesso – quando si tratta di utilizzare il design come strumento di crescita sociale ed economica. “Ci vuole tanta pazienza”, dichiara Vinaccia. “Nei Paesi mediterranei le relazioni crescono attraverso il rapporto diretto. Quando c’è la fiducia, tutto procede senza intoppi, ma bisogna mettersi in gioco in modo personale e


Riccardo Scibetta racconta la collezione di MYOP attraverso immagini che evocano la cultura mediterranea tradizionale. Sopra, la libreria X.me di Salvator-John Liotta e Fabienne Louyot dello studio LAPS Architecture e le ceramiche Acanto dei Fratelli Bevilacqua. Sotto, il tavolo Filo di Fumo di Riccardo Scibetta, in pietra lavica dell’Etna e acciaio con disegno della trama di Sonia Gamberone.

continuativo. Per questo in tutti i Paesi che partecipano a Creative Mediterranean abbiamo dato vita a dei design hub: luoghi di incontro, formazione e condivisione per chi progetta e chi produce. È, questo, il design che crea resilienza: la creatività diventa aggregatore sociale e mette insieme le persone nello sviluppo del bene comune”. Questo ‘approccio mediterraneo’, che coniuga tradizione e innovazione sviluppando soluzioni sartoriali, è perfetto, a parere di alcuni, anche quando si parla di sviluppo delle città. Secondo l’architetto Giulio Ceppi, per esempio, che ha curato alla Design Week milanese l’hub Smart City con Material ConneXion, “è lecito promuovere un modo latino di progettare la smart city. Che parta dal celebrare la specificità e l’unicità dei luoghi, dall’apprezzare le caratteristiche che li rendono speciali”. Proprio come accade nel product design

mediterraneo di ultima generazione, si tratta di “un approccio diametralmente opposto a quello technology-driven che viene dai Paesi anglosassoni”, continua Ceppi, ”dove si tende ad avere un set di regole quantificabili da applicare universalmente. Nella smart city latina, tutto si gioca sul rapporto personale, sulla persona inserita in un contesto sociale da considerare di volta in volta come un unicum”. Non è un caso che sia stata proprio Barcellona – città mediterranea ma anche decisamente avanguardista in tema di progettazione urbanistica – a inventarsi un Master in Design for Emergent Futures. “La tradizione della città mediterranea è quella di uno spazio costruito a misura delle persone”, dice Tomás Diez, direttore dello IAAC e del Fab Lab di Barcellona, che è anche capofila del gruppo internazionale delle Fab City, uno dei più attivi nel coinvolgere la popolazione nella co-progettazione della città: attraverso processi educativi, momenti di incontro e di discussione. “Per arrivarci – non in chiave nostalgico-passatista bensì contemporanea – bisogna trasformare il design da disciplina che propone soluzioni a disciplina che progetta interventi in grado di influenzare lo status quo e definire scenari di sviluppo preferibili”. In chiave Med. ■

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Debutta EDIT Napoli, la prima fiera del design d’autore che nel capoluogo campano porta alla ribalta il ricco patrimonio dell’alto artigianato e della piccola industria del Sud, tra materiali, lavorazioni, colori, simboli, in un fecondo scambio culturale tra i Paesi che si affacciano sullo stesso mare testo di Chiara Alessi

EPICENTRO MEDITERRANEO

Da sempre la cultura del design non industriale italiano è una cultura creola, fatta di contaminazioni, di tradizioni ibride, di rotte che tracciano percorsi come sinusoidi tra l’Africa, il Medio Oriente, la Spagna, la Grecia, il sud dell’Italia e le sue regioni. Si tratta di simboli e riferimenti culturali che raccontano il Mediterraneo, ma anche processi che ne illustrano i più profondi modelli culturali, fatti di scambio, collaborazione, intrecci dove alla fine non si distingue più la trama dall’ordito. Mentre al Nord alcuni dei più importanti marchi industriali del design fanno di tutto per mantenere la propria identità tra avvicendamenti

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La prima edizione di EDIT Napoli si è svolta dal 6 al 9 giugno presso il Complesso San Domenico Maggiore. Più di 50 espositori selezionati da Emilia Petruccelli e Domitilla Dardi (sopra, da sinistra, nel ritratto di Lea Anouchinsky) hanno portato nella città partenopea il design d’autore. A sinistra, un vaso della collezione Lustri d’alta quota di Andrea Anastasio per Ceramica Gatti 1928 (foto di Massimo Gardone).


Vincitore del premio per il migliore progetto inedito presentato a EDIT Napoli, il mobile bar della collezione Bicolore (sotto a sinistra) è il frutto di una delle nuove collaborazioni tra designer e produttori proposte dalla fiera. In questo caso, quella tra BCXSY e Laboratorio Morseletto (foto di Roberto Pierucci). Sotto a destra, vasi della collezione Dust & Light e Alba di Coralla Maiuri.

In basso, i tavolini Pixel con cui Massimiliano Adami si è aggiudicato il secondo posto per il migliore progetto inedito. La composizione grafica e cromatica del piano, costituito da piccole tessere in ceramica o altro materiale, può essere liberamente variato. (foto di Roberto Pierucci)

generazionali, cambi di leadership, aperture di capitali, il Sud da alcuni anni riparte con esperienze didattiche (si pensi a Made di Ortigia e ad Abadir), laboratoriali, artigianali, e ora anche fieristiche, che impongono di decentrare i riflettori della critica e della storiografia del design verso il Mediterraneo. Il tema del local, che già da tempo la fa da padrone nel settore del food e del turismo (non per niente due leve sempre anticipatorie dei flussi e degli umori) e che non ha mai cessato di far sentire la propria voce anche

nell’artigianato, da alcuni anni ha trovato una nuova ragione d’essere competitiva nel design. Lo stesso epicentro di eventi espositivi finora rimbalzato tra Milano, Torino, Firenze, Venezia, oggi vede la nascita di un nuovo polo, che nuovo non è perché tradizionalmente per l’arte, il teatro e lo stesso artigianato ha rappresentato un vettore potentemente attivo e attrattivo: Napoli. EDIT Napoli, curata da Domitilla Dardi ed Emilia Petruccelli, è la prima manifestazione pensata come fiera del design d’autore. Immaginarla a Napoli sottolinea il messaggio che le rotte del design sono molteplici e che su quello non industriale l’area del Mediterraneo ha una tradizione antica che oggi torna al centro dell’attenzione. EDIT Napoli ospita varie proposte che arrivano dal Sud, anche se non necessariamente hanno portato simboli mediterranei, e testimoniano la presenza di alto artigianato/piccola industria nel Sud d’Italia: Spazio Materiae (Napoli), Andrea Anastasio (Napoli), DiSé (Sicilia), Desine (Sicilia), Hebanon (Campania), Karpeta (Calabria), Texturae (Calabria), B Beds (Campania), Tana Design (Campania) e poi due autori non del Sud che hanno lavorato con artigiani locali: i Gum Design, che hanno fatto per la Casa di Pietra una collezione inedita realizzata con diversi artigiani campani, e Allegra Hicks, che è napoletana di

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Sopra, il centrotavola Ufo di Manufatto, finalista per il miglior progetto inedito presentato in fiera; è realizzato con il ceramista Agostino e i decoratori di Fima. A destra, il tavolino Maniace della collezione Bisanzio, disegnato da Elena Salmistraro per Lithea. Sotto, Molecular Study, una delle virtuose creazioni in vetro borosilicato a lume di Simone Crestani (foto di Alberto Parise).

adozione pur essendo italo-inglese e vive tra Napoli e Londra. Inoltre ci sono autori internazionali che vengono da aree mediterranee: Wael Farran (Libano), Toni Grilo (Portogallo), Nayef Francis (Libano), Sarah Anne Rootert, che ha studio con base in Olanda ma fa intarsi di legno che fondono molte culture e simboli riconducibili al bacino mediterraneo; e infine artisti come Domenico Orefice, autore di una collezione in terra cruda, l’antesignana mediterranea della terra cotta. Ma le presenze forse più rilevanti a proposito della matrice mediterranea sono i progetti residenziali che hanno generato il Made in Edit: tutte esperienze che si differenziano dagli altri più noti e consolidati in ambito di design artigiano per la cifra imprenditoriale che li contraddistingue. Si tratta infatti di processi che hanno portato alla nascita di veri e propri oggetti, dei quali la Fiera è il produttore-imprenditore, il designer è l’autore che riceve un corrispettivo in

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Sopra, la collezione Mycènes di Jean-Christophe Clair per Rometti. Tutti i pezzi sono realizzati in ceramica a mano.

royalties e l’artigiano è il co-autore. Reinaldo Sanguino, per esempio, un ceramista venezuelano, è venuto a Minori dove ha conosciuto un modo diverso di fare ceramica e sicuramente suggestioni mediterranee che si sono tradotte in forme e colori. Sanguino e gli artigiani hanno messo a punto un modo di lavorare che aveva come obiettivo la replicabilità. Gli artigiani hanno appreso da Reinaldo un metodo che

dorato e perfetto dell’utopia sociale voluta dal re illuminista e il baco da seta, che vede la morte dentro il suo bozzolo. Hanno immaginato crisalidi liberate, hanno pensato a quegli operai ventenni che vivevano nella gabbia dorata di un modello costruito per loro, ma che forse li poteva soffocare. È un messaggio sottile, molto in sintonia con la poetica narrativa dei Faberhama. Un modo di leggere la storia che gli artigiani di

potranno adottare nel tempo anche a distanza, senza la sua presenza fisica, e per lui è stata la prima volta in cui ha condiviso con qualcun altro un modus operandi. Entrambi hanno imparato, gli uni dall’altro. Dice Domitilla Dardi: “Questo fenomeno dello scambio culturale – di cultura fatta con le mani e con la testa – è più ‘mediterraneo’ di quanto non siano pattern, figure e colori. Poi ci sono anche le righe delle tende dei terrazzi che Reinaldo vedeva dalla sua finestra quando si affacciava sul paesino di Minori, ci sono le terre diverse rispetto alle sue che reagiscono alla modellazione in una maniera nuova per lui. Però il punto è che ‘mediterraneo’ vuol dire da sempre innestare una cultura sull’altra”. Lo stesso è avvenuto per i Faberhama con le seterie borboniche di San Leucio, una colonia voluta da re Ferdinando per formare artigiani illuminati, giovani che per produrre sete venivano sostentati e usufruivano di vari benefici. “I Faberhama hanno visto un’analogia tra il mondo

San Leucio di oggi – abilissimi nella loro tecnica – non avevano forse mai considerato”. Infine il terzo progetto di Made in Edit è quello di Khaled El Mays, che ha portato un po’ della sua Beirut a Napoli, trovando nella città partenopea e negli artigiani dei Quartieri una grande affinità al suo modo di lavorare con le sue maestranze libanesi. L’ispirazione sono state le scale dei palazzi nobiliari napoletani, che ha ripreso per creare arredi modulari – tavolini, comodini, tavoli, contenitori – attraverso un lavoro corale con gli artigiani, guidandoli verso l’impiego di geometrie che in realtà testimoniano delle stesse influenze orientali e arabe sull’architettura napoletana. Esempi felici come questo di EDIT Napoli, al suo debutto, dimostrano che oggi il tema geografico di quel Sud che avevamo messo a lungo tra parentesi sta tornando più vivacemente che mai al centro della scena e dell’interesse, restituendo al Mediterraneo, come luogo mentale più che fisico, un ruolo da protagonista. ■

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L’azienda Aectual produce su disegno, attraverso grandi bracci robotizzati, pavimenti in resina e graniglie di marmo. In basso, un tavolo della serie Collecta di Alberto Bellamoli che gioca sulle dimensioni dei frammenti in pietra.

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La tipica lavorazione a impasto, di tradizione squisitamente italiana, trova inaspettate interpretazioni nell’estetica, nei processi produttivi e negli ingredienti che la compongono. In un’ottica di riuso e limitazione dello spreco, insita nella sua natura di Valentina Croci

TERRAZZO A SORPRESA Già nel I secolo d.C. i Romani combinavano frammenti di marmo e ceramiche rotte per creare superfici per pavimenti e marciapiedi. Era una delle prime forme di terrazzo, un materiale composito che oggi ritorna nella visione di designer intenti a cercare alternative resistenti e convenienti alla pietra solida. In parallelo a nuovi linguaggi estetici compaiono, a evocare la texture delle graniglie, materiali plastici di scarto, lavorati perfino con tecnologie robotizzate. Il fenomeno riporta alla luce antiche lavorazioni artigiane di distretti produttivi legati al lapideo, di cui l’Italia vanta una lunga storia. È proprio queste radici che Alberto Bellamoli, designer veronese di stanza in Danimarca, ha voluto ritrovare. “Il mio progetto è iniziato più che altro come ricerca antropologica sul contesto: la produzione si realizza da secoli nella stessa zona, in quanto il materiale necessita di una rete di piccole aziende che collaborano su tutta la catena manifatturiera. Il terrazzo è ancora un materiale artigianale con cui le persone si sporcano le mani. E il controllo sul processo produttivo è limitato: i risultati sono sempre leggermente fuori controllo. La serie Collecta presenta forme semplici, quasi archetipiche, che incorniciano l’essenza bidimensionale del terrazzo – da sempre lavorato in lastre piane – e ne mettono in evidenza lo schema ‘liquido’ e la natura intrinsecamente falsa”. Anche il contenitore Dorsoduro, progettato da Antonio

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Il piano del grande tavolo creato per il Caffè Populaire nell’ex-fabbrica Cova a Milano. È realizzato in Silipol da Mariotti Fulget, su disegno dello studio DWA.

De Marco e Simone Fanciullacci per Secondome, ricerca la tridimensionalità e un utilizzo inedito del materiale, non più impiegato a pavimento o su rivestimenti piani. L’opera gioca sul contrasto tra le geometrie dello scheletro e il rivestimento in graniglia fine veneziana – prodotta dall’azienda Grandinetti – richiamando forme archetipiche della tradizione architettonica veneta. Il furniture designer londinese Robin Grasby interpreta il terrazzo in modo artigianale con l’87% di materiali riciclati. Sfridi inutilizzabili dell’industria lapidea quali polveri, graniglie e lastre rotte sono legati con una piccola quantità (il 13%) di resina, creando una superficie resistente e a bassa manutenzione. Invece di imporre motivi geometrici, Grasby predilige una disposizione casuale dei pezzi in marmo, in grado di riflettere la naturale irregolarità della tessitura lapidea. Si allontana dai classici schemi del terrazzo, pur preservandone le radici, il designer di Brooklyn Robert Sukrachand. Anziché frammenti di pietra, utilizza scarti di vetro provenienti da una sua collezione di specchi. Si tratta di un terrazzo

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Sotto, a sinistra, Enis Akiev realizza piastrelle in plastica marina post consumo dall’aspetto naturale. Il processo di produzione si ispira a quello della sedimentazione delle pietre, strato su strato, e della pressione che amalgama i frammenti lapidei. A destra, Robin Grasby produce artigianalmente un terrazzo in resina e materiali lapidei di scarto. In basso, il mobile contenitore Dorsoduro, disegnato da Antonio De Marco e Simone Fanciullacci per Secondome, con graniglia fine prodotta da Grandinetti.

‘epossidico’, in cui al posto del cemento viene impiegata la resina come legante, miscelata con polvere di marmo per dare un aspetto opaco. I pezzi colorati e anticati degli specchi sono tagliati in forme organiche a richiamare i frammenti di pietra. Infine, viene apposta una lucidatura a base di pasta di marmo che conferisce una finitura satinata. La collezione Mirazzo prende spunto dalle panchine di strada, i tavoli degli scacchi nel parco pubblico e gli sgabelli a tre gambe tipici di Bangkok, in omaggio alle origini della famiglia paterna del designer. Nasce così il Thai Terrazzo. Il Silipol è il materiale che venne impiegato da Franco Albini e Franca Helg per rivestire le pareti della linea M1 della metropolitana milanese. Un prodotto industriale riciclabile, composto da sfere di granito, marmo e cemento pressati senza additivi sintetici, che è il protagonista degli arredi progettati da DWA (Frederik De Wachter e

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A destra, la collezione Mirazzo di Robert Sukrachand richiama gli arredi vernacolari di Bangkok, da dove proviene la famiglia del designer. Il terrazzo è prodotto con frammenti di specchi colorati e anticati e una resina epossidica, levigati con polvere di marmo.

Sopra, l’azienda olandese Plasticiet realizza superfici piane effetto terrazzo in plastica riciclata. Il riferimento al materiale antico vuole conferire preziosità a materie di scarto. La produzione si effettua in Olanda e coinvolge la filiera locale della plastica.

Alberto Artesani). “Lastre simili a quadri astratti, punteggiate di colori, una diversa dall’altra. Per molto tempo l’immagine di questo materiale è rimasta in un angolo della nostra mente”, raccontano i designer che poi incontrano Mariotti Fulget, l’azienda produttrice in esclusiva del materiale. Per Caffè Populaire di Alcova, DWA realizza un tavolo che reinterpreta la tradizionale palladiana, con lastre di due centimetri di spessore e i pezzi variegati di Silipol, mettendone in mostra la varietà cromatica e di texture. La versatilità intrinseca nel terrazzo suggerisce l’impiego, nel suo amalgama, di ingredienti alternativi, così come processi sperimentati per la

produzione delle lastre, nell’ottica del minor spreco possibile. La designer kazaka di stanza in Germania Enis Akiev propone piastrelle di plastica marina post consumo. Ne ha sviluppato il processo produttivo ispirandosi alla formazione delle pietre sedimentarie, dando origine a dei plastiglomerati: composti stabili in polimeri da imballaggio leggeri, con una struttura simile alla roccia e dall’aspetto naturale. I giovani Marten van Middelkoop e Joost Dingemans fondano a Rotterdam nel 2018 l’azienda Plasticiet per ripensare il modo in cui viene percepita la plastica, trasformandola in una risorsa a livello locale. I pannelli da 800x800 millimetri sono infatti realizzati con aziende dei Paesi Bassi che dispongono di grandi impianti di triturazione. E il richiamo alla texture del terrazzo vuole evocare un materiale pregiato e durevole. Infine, l’azienda di costruzioni tecnologiche olandese Aectual realizza pavimenti di grandi dimensioni in graniglie di marmo, con frammenti di diverse dimensioni, legati mediante resine a base biologica. Ma la novità sta nel processo: i pavimenti sono stampati in 3D da grandi bracci robotizzati. Tra i designer che hanno sperimentato questa tecnologia, Patricia Urquiola, Mae Engelgeer e DUS Architects. E una tecnica antica trova nella manifattura digitale un nuovo campo espressivo. ■

INTERNI luglio-agosto 2019 / 79


DesignINg PROJECT

I pezzi ‘inattuali’ di Federico Pazienza interpretano il gusto digitale attraverso un’estetica antica, per sfuggire alla frenesia dell’‘attualità’ e proporre una direzione al processo di secolarizzazione degli oggetti di Stefano Caggiano

MATERIAL SPIRITS

I pezzi della collezione Material Spirits, risultato di uno studio approfondito negli archivi del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, sono realizzati in collaborazione con il ceramista Maurizio Russo. Il riferimento esplicito è alle ceramiche Apula e Attica a figure rosse (530-300 a.C.). I decori rappresentano i temi classici della caccia, del mito, della convivialità. Sopra, vaso Cratera. A destra, dall’alto, vaso Psykter, piatto Kylix (vista dall’alto e laterale), vaso Lekythos. Foto Francesco Minotti.

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Federico Pazienza (sopra), dopo un periodo di esplorazione geografica e professionale tra Finlandia, Regno Unito e Paesi Bassi (dove ha collaborato con Gijs Bakker), fonda il suo studio a Rotterdam, dove attualmente vive e lavora. Nel suoi progetti cerca di unire l’estetica digitale alle tecniche artigianali tradizionali. Foto Fabrizia Vittori.


Gli oggetti non sono mai stati semplici presenze inerti. Fin dal mondo antico, le ‘cose’ hanno sempre vissuto accanto agli uomini come compagni benigni o maligni, custodi della memoria o silenti portatori della speranza. Da ciò veniva la forma, sempre ricca, densa, figurale. Fu solo con l’avvento della modernità industriale che la ‘vibrazione esistenziale’ dell’oggetto, recisa dal suo corpo funzionale, venne derubricata a mero ‘ornamento’, possibilmente da eliminare. È stato fino agli anni del postmoderno, quando la cultura del progetto tornò a infondere nel prodotto un nuovo contenuto animistico. Oggi stiamo entrando nella fase successiva, che vede gli oggetti animarsi non più solo ‘simbolicamente’ ma anche letteralmente, funzionalmente, attraverso tecnologie digitali che li mettono in grado di parlare con noi, sapere dove siamo, darci indicazioni e suggerimenti. Più in generale, il digitale ha avviato un processo di secolarizzazione dell’oggetto per il quale ciò che nel mondo antico era qualità simbolica diventa oggi performance effettuale; ciò che nel campo dell’arte era metafora è oggi capacità reale dell’oggetto di agire e ‘sentire’ autonomamente. A partire dalla constatazione della ‘secolarizzazione digitale’ dell’oggetto, il giovane designer Federico Pazienza – già collaboratore dei Gijs Bakker, fondatore di Droog Design – si è presentato al Salone Satellite con la collezione Material Spirits, fatta di pochi, spiazzanti vasi ceramici dall’aspetto volutamente ‘antico’. Non copie di vasi classici, ma oggetti contemporanei il cui decoro, tracciato con sensibilità attica, presenta allo stesso tempo un disegno dal sapore vettoriale. Pazienza ha cioè tentato un’operazione difficilissima: trasfondere il sangue vivo di una proposta estetica contemporanea all’interno del corpo fermo dell’oggetto antico. Il senso di un’operazione come questa, estremamente sofisticata, può essere riassunto in due concetti fondamentali. Il primo consiste nella necessità di preparare l’avvento di una nuova fase del progetto in cui le proprietà digitali non saranno più ectoplasmi di sintesi ma qualità sensoriali dell’oggetto ‘aumentato’. Il secondo nel proporre una temporalità alternativa a quella imperante nell’epoca dell’instagrammata. Gli ‘spiriti materiali’ di Pazienza, rompendo col flusso evanescente delle novità spinte, si radicano invece nel tempo profondo della techné greca, reagendo al gusto digitale dello spettatore contemporaneo con la stessa freschezza con cui avrebbero reagito all’occhio cavernoso dello spettatore antico. ■

Material Spirits Wallpaper, carta da parati realizzata a mano dagli ospiti di San Patrignano Design Lab. La comunità di San Patrignano accoglie ragazzi con problemi di tossicodipendenza ed emarginazione, aiutandoli a intraprendere un percorso di recupero attraverso la conoscenza di tecniche artigianali. Foto Federica Pazienza Studio.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 81


DesignINg SHOOTING

I COLORI DELL’ESTATE Nuove proposte d’arredo, tessuti, rivestimenti e materiali nelle tonalità ispirate al paesaggio mediterraneo di Nadia Lionello foto di Simone Barberis

Tribeca Lounge, divanetto due posti impilabile per outdoor con struttura tubolare d’acciaio verniciato e fettuccia in estruso di PVC ordita verticalmente, con anima in nylon; realizzato in otto varianti colore. Design di CMP Design per Pedrali. Sulla parete, Plié, lampada da muro a led in ottone lucidato nei diamteri da cm 39 e 49, disegnata da Paolo Dell’Elce per Il Fanale. Dune Terra, piastrella cm 5x10 della collezione Biscuit prodotta da 41zero42: monocottura in pasta bianca in cinque disegni tridimensionali e liscia nei colori bianco, terra, salvia e notte.

82 / luglio-agosto 2019 INTERNI


Aronte, tavolo con struttura a croce e gambe in ferro laccate, piano in mdf laccato opaco o in marmo. È possibile richiedere piano, struttura e gambe in tre distinte tonalità. Design Giulio Iacchetti per My Home. Revolver, coppa, vasi e ciotola in terracotta smaltata arancio o giallo ocra. Design di Christoph Radl per Bitossi. Sulla parete: a destra, Diarama, piastrelle in gres porcellanato a impasto omogeneo smaltato, nel formato cm 9,4 x 18,7 in sette varianti colore. Design di Hella Jongerius per Mutina. Al centro, Seventies, Alcantara® stampato in digitale in tre varianti colore nell’altezza di cm 140. A sinistra, Forêt end-grain collection, rivestimento per parete in blocchi di quercia nella finitura Burnt, tagliati con sistema end-grain e assemblati in diverse composizioni. Disegnato da Raphael Navot per Oscar Ono Edition.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 83


DesignINg SHOOTING

Telar, poltroncina outdoor in tubolare d’acciaio verniciato lucido e seduta con cinghie elastiche rivestite in filato Rope intrecciato a mano; è disponibile in numerose tonalità. Design di Lina Obregón per Paola Lenti. Olli of Love, vaso portafiori di polietilene stampato in rotazionale nella versione laccata multicolore o arabescata. Design di Slide Studio per Slide. Sulla parete, a sinistra, Cordoba, lampasso in misto seta, lino e viscosa realizzato da Rubelli in dieci varianti colore con rapporto disegno di 70 cm e nell’altezza di 140 cm. A destra, Lineadeko, superficie in legno di betulla con stampato pattern grafico; design di Aldo Cibic per Inkiostro Bianco. Sotto, superficie rigata, rifinita con vernice acrilica trasparente per legno, con elevata durezza superficiale e potere antingiallente di Ilva vernici per legno.

84 / luglio-agosto 2019 INTERNI


Caryllon, tavolo tondo con base in legno a sezione quadrata, laccata, e piano intarsiato con strisce di paglia tinta e bordo in massello laccato. Design di Cristina Celestino per Gebrßder Thonet Vienna. Mongolfiera, lampada da tavolo in vetro di Murano, soffiato in quattro varianti di colore. Design di Matteo Zorzenoni per NasonMoretti. Sulla parete: a sinistra, piastrella 60x60 cm della collezione Venice Villa di FMG Fabbrica Marmi e Graniti in gres porcellanato a tutta massa e graniglia di marmo, in sei diverse tonalità , quattro formati e pezzi speciali. Al centro, Campus, tessuto jacquard per outdoor in polipropilene di Dedar, in sei varianti di colore con rapporto disegno di cm 13,5x11,5 e nell’altezza di cm 140. A destra, Bowl di Iris Ceramica, piastrelle cm 10x20 di semigres in sei colori lucidi e quattro mat.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 85


DesignINg SHOOTING

Donna, sedia impilabile con struttura in metallo verniciato e seduta leggermente imbottita, rivestita in tessuto, con possibilità di personalizzazione di colori, finiture e tessuti. Design Studio Irvine per Baleri Italia. Mix, tovaglia da cm 180x260, in 100% abaca stampata di Society. Sulla parete, in alto, Cubo, parquet della collezione Forme Antico Asolo che comprende diverse composizioni eseguite a mano durante la posa in opera, prodotto da Cp Parquet in diverse essenze (nella foto noce europeo). Sotto, Magnum, smalto ad acqua nella versione satinata; inodore e anti impronta è certificato Haccp* e A+. Fa parte della collezione I Coordinati di Boero. A destra, Camaguey, piastrelle cm 20x20 in graniglia di marmo della collezione Cuba, design di Laura Renna, prodotte da Mipa con colorazioni personalizzate.

86 / luglio-agosto 2019 INTERNI


Calamobio, cassettone in legno con intarsio policromo e maniglie in alluminio anodizzato rosse; fa parte di una serie di nove esemplari numerati e firmati. Disegnato nel 1985 da Alessandro Mendini per Zanotta Edizioni. Sulla parete, Portofino, applique a luce led, in ottone lucido e paralume in tessuto di Dedar, ideata e prodotta da Servomuto. Push it four, tessuto jacquard ad uso decorativo, leggermente imbottito, della collezione Progetto Tessuti disegnata da Dimorestudio e realizzato da Dimoremilano in misto cotone, seta, viscosa, con rapporto di disegno di cm 10 e in tre varianti colore. In alto, Gentleman Blue, nuova finitura della linea Saga2 per pavimenti professionali ad alto calpestio. 100% riciclabile con fondo in sughero fonoassorbente; è applicabile anche sopra pavimenti giĂ esistenti. Ăˆ prodotto da Gerflor.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 87


DesignINg SHOOTING

Griot, sedia con struttura in acciaio verniciato, seduta in fili colorati in poliestere intrecciati a mano e schienale in latta decorato a mano; design di Gala Fernåndez per Moroso. Tavolino Gilberto della collezione Bossa Nova, design di Pepa Reverter per Bosa, in ceramica smaltata con pattern e decorazioni multicolore o in bianco e nero. Sulla parete, a sinistra, piastrella della collezione Urban in pietra sinterizzata a tutta massa, colore Brooklyn, prodotta da LapitecŽ in lastre da 1500x3365 cm e in quattro colorazioni. A destra, Primitiva, piastrelle cm 25x25 in gres porcellanato con decoro serigrafato in tre varianti colore. Design di Studiopepe per Ceramica Bardelli. Sotto, Grafica, tessuto jacquard per tendaggio decorativo o imbottiti di Agena, in 100% Trevira CS con rapporto di disegno di cm 71x 92h, nell’altezza di cm 140 e in cinque varianti di colore.

88 / luglio-agosto 2019 INTERNI


Ensemble Caillou, lettino relax della collezione Ceci est un Caillou, design di Simone Cagnazzo per Liu.Jo Living Collection, composto da tappeto in poliestere idrofobico, pad e pouf in schiuma poliuretanica e cuscino in fiocco di poliestere rivestiti con tessuti sfoderabili e in diverse combinazioni di colore. Lodi, portavaligie in legno massello di frassino o noce, design di Giulio Iacchetti per Internoitaliano. Sulla parete, a destra, Fuga, elemento a croce in rame disegnato da Studio Irvine; fa parte del sistema TerraFrame che combina elemento rigido e impasto di terra cruda. Prodotto da Matteo Brioni. D_Segni Colore Tappeto 8 composto da cementine cm 20x20 in gres porcellanato, di Marazzi. Al centro, Caleidolegno Blu MN.00.411 di Tabu, piallaccio rigato multilaminare di legno tinto, resistente alla luce.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 89


DesignINg SHOOTING

Da sinistra, La Geometria della Natura, decoro Canopea, moquette stampata, realizzata con filato rigenerato, ottenuto da un innovativo processo di trasformazione dei rifiuti di nylon, design Carolina Nisivoccia per Radici. Vitreo, lavabo da terra in Cristalmood con scarico a terra, design Carlo Colombo_Andrea Lupi, Antoniolupi. Low Pad Anniversary, poltroncina di Jasper Morrison in edizione limitata rivestita con tessuto di Christopher Farr, realizzato a mano su un disegno originale di Anni Albers, Cappellini. Moving Forest 1, tappeto in lana neozelandese di Deanna Comellini per G.T.Design. Foglia, specchio ovale da tavolo di Zanellato/Bortotto con specchi argentati e foglie in vetro applicati a mano, Visionnaire. Aliko, panchetta disegnata nel 1982 da Gianni Arnaudo con struttura in tubolare piegato finitura oro e seduta imbottita e rivestita in velluto, Barel. Sul fondo, Pinus Pinaster, fotografia di Carolina Trabattoni.


EVERGREEN Nelle sue infinite sfumature, il colore della natura trasforma la casa in un paesaggio: dai mobili contenitori per piantine alle piastrelle eco, fino ai muschi stabilizzati di Carolina Trabattoni foto di Paolo Riolzi



DesignINg

SHOOTING

In questa pagina, Dega® Energy, resina magnetica brevettata, arricchita con pigmenti dalle proprietà magnetiche e conduttive, per pavimenti, rivestimenti murali, Gobbetto. Terrarium, oggetto in vetro contenente paesaggi in miniatura con muschi e piante stabilizzate, TerrariumArt. Pagina accanto, USM Haller-E, sistema di arredi modulari combinabili e configurabili liberamente, grazie alla sfera di giunzione in ottone cromato a cui si collegano i tubi e i pannelli di rivestimento in metallo verniciato. Nella struttura è inserito un sistema di conduzione elettrica senza l’utilizzo di cavi. Nella foto, il prototipo realizzato in collaborazione con Ecosphere Institute di Graz contenente vasi e piante di diverse dimensioni, USM Modular Furniture. Come sfondo, Limpha Arborea, lastra di gres porcellanato con trattameneto Bios Self Cleaning® per ridurre l’inquinamento, Casalgrande Padana.


DesignINg SHOOTING


Da sinistra, Cielo, tappeto in fibra sintetica della collezione Atavica di Marcantonio per Opinion Ciatti (anche sul bordo della foto). Eden, lampada da terra con foglia fonoassorbente e luce a led applicata con un magnete, design Dante Donegani & Giovanni Lauda per Rotaliana. Pigreco, sgabello in polipropilene di Francesco Meda per Colos. Ines, sedia imbottita con struttura in metallo nero opaco rivestita in velluto stampato Leaves con motivi foliage verdi su base rosa, design Busetti Garuti Redaelli per Calligaris. Wing, sedia con telaio in alluminio verniciato e corda intrecciata per esterno, colore Forest Green e cuscini Quick Dry Foam, Luxury Living Outdoor. Plato, sedia outdoor impilabile di Jasper Morrison con sedile in pressofusione di alluminio verniciato poliestere, Magis.


DesignINg SHOOTING


Da sinistra, Tape Cord Outdoor, Nendo design for Minotti, poltroncina con struttura in metallo rivestita da fibra intrecciata con effetto midollino color fango, cuscinatura idrorepellente e ecocompatibile, tessuto Fortaleza verde bosco. Laze, divano outdoor con scocca in acciaio inossidabile e corde di poliestere, design Gordon Guillaumier per Roda. Moving Forest 2, tappeto in lana neozelandese di Deanna Comellini per G.T.Design. Panama, daybed di Ludovica e Roberto Palomba per Talenti dalla struttura in alluminio intrecciato con corde sintetiche verdi, materassino e cuscini rivestiti con tessuti Outmap e Outcross di Paola Navone per Dominique Kieffer by Rubelli. A parete, Bambuseae, foto di Carolina Trabattoni.


DesignINg REVIEW

NUOVE TRAME

Il design applica l’arte tradizionale dell’intreccio all’arredo outdoor e indoor, con uno spirito contemporaneo che abbina il fascino della manualità alla performance tecnologica dei materiali. Cime nautiche, fibre naturali, strisce multicolori di pelle o pvc disegnano, a maglie larghe oppure serrate, originali pattern strutturali di Katrin Cosseta

Dettaglio dello schienale della poltroncina Neil Twist, di Jean-Marie Massaud per Mdf Italia. La struttura è in tondino d’acciaio, l’intreccio in corda di poliestere in cinque colori è realizzato a mano, con punto a incrocio interno a contrasto.

98 / luglio-agosto 2019 INTERNI


Da sinistra: poltroncina outdoor Anatra di Patricia Urquiola per Janus et Cie, con telaio in alluminio verniciato a polvere in due finiture che sorregge un intreccio in corda (tessuto Cadet) bicolore platino/ciano o nichel/ciano. Poltrona Peter di Antonio Citterio, dalla nuova collezione outdoor di Flexform. La struttura è in acciaio inossidabile, disponibile anche verniciata a polvere epossidica in quattro colori; l’intreccio di seduta e schienale è realizzato in fibra di polipropilene oppure gomma poliuretanica, in una palette cromatica che spazia dai toni naturali al bordeaux e al verde oliva.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 99


DesignINg REVIEW

Da sinistra: Kilt, poltrona lounge di Marcello Ziliani per Ethimo, proposta nelle varianti in teak naturale e intreccio di corda color sabbia oppure in teak decapato e corda Dark Grey. Mali, poltroncina outdoor disegnata da Federica Biasi per Potocco, prodotta con struttura in legno iroko e schienale intrecciato in fettuccia di tessuto Fly.

100 / luglio-agosto 2019 INTERNI


Da sinistra: Mbarq, divano outdoor tre posti a schienale alto di Sebastian Herkner per Dedon, con struttura in alluminio verniciata a polveri e intreccio in fibra sintetica nella tinta Chestnut, un mĂŠlange tricolore elaborato da Giulio Ridolfo. Poltroncina Manao disegnata da Paola Navone per la Open Air Collection di Baxter, con struttura in giunco di Manila e intreccio di corda tecnica rivestita in pelle Cloister Grey.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 101


DesignINg REVIEW

Da sinistra: poltrona outdoor Buit disegnata da Mayice Studio per Gandiablasco, con struttura in alluminio anodizzato o verniciato a polvere, su cui si sviluppa un maxi intreccio con un tessuto trapuntato speciale per esterni di Febrik by Kvadrat. Diamond armchair di Marcel Wanders per la collezione Objets Nomades 2019 di Louis Vuitton; struttura a intreccio, in legno di frassino e pelle, con rivetti in ottone dorato.

102 / luglio-agosto 2019 INTERNI


Da sinistra: Cielo, di Sebastian Herkner per Ames, poltrona lounge a schienale alto, con struttura tubolare in acciaio verniciato a polvere, seduta e schienale in cinghie di plastica elastica montate a mano in Colombia secondo la tradizionale tecnica di intreccio ‘Momposino’. Lounge Chair AĂŤrias di Ippolito Fleitz Group / Tilla Goldberg per Classicon; la struttura in acciaio verniciato sorregge un intreccio in pelle rinforzata bicolore, a maxi motivo paglia di Vienna.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 103


DesignINg REVIEW

Da sinistra: Bungalow di Jamie Durie per Riva1920, poltrona imbottita con rivestimento in pelle e struttura in legno massello di teak tornita, assemblata e levigata a mano, che sorregge un intreccio di stringhe in tessuto da esterno. La poltrona pieghevole Cuba Chair, di Morten Gøttler per Carl Hansen & Søn, oltre alla classica versione indoor in rovere e tessitura di cotone, è ora proposta anche in variante outdoor in teak e corda intrecciata piatta idrorepellente.

104 / luglio-agosto 2019 INTERNI


Da sinistra: Erica ‘19 di Antonio Citterio per la collezione outdoor di B&B Italia, poltrona con struttura in pressofusione ed estrusi d’alluminio verniciati a polvere poliestere, nella nuova veste color salvia con intreccio di nastri in tessuto sintetico colore naturale. Poltroncina Carousel di Sebastian Herkner per Emu, con struttura in alluminio e scocca per seduta e schienale realizzata in tessuto termoplastico curvato, abbinato a un intreccio in corda.

INTERNI luglio-agosto 2019 / 105


INservice

TRANSLATIONS

INtopics EDITORIAL

p1.

This year our Mediterranean horizon expands, from Sicily to Naples, with a focus on Matera, European Capital of Culture 2019. The city of the Sassi, of ancient caverns, cliffside churches and cisterns excavated in the rock, has become the material over the last few decades for a conservative restoration, in an attempt to conserve memory and to hypothesize a possible future. From the hospitable Matera of Daniele Kihlgren, visionary forerunner of the concept of the distributed hotel in the Civita, to that of Studio Marco Piva, creating La Suite in the historical center on the plain, this age-old landscape is attracting in-depth analysis in many forms during this special year. In experiments and exhibitions formulated in the cultural project guided by Joseph Grima, dozens of both local and international designers and artists have worked on the reutilization of existing buildings and the recovery of forgotten spaces, in keeping with a precise idea: that of making architecture without volume. Sicily, on the other hand, represents another world of ancient knowledge and sensations, along with tailor-made design. As can be seen in the latest achievements of Architrend (working abroad in Malta), Giovanni Cappelletti in Palermo, and – in Val di Noto Marco Bevilacqua, Giuseppe Gurrieri and Corrado Papa, who create rugged material enclosures, combining them with sophisticated design, often with a metropolitan matrix. But there is also a specifically Mediterranean design in terms of aesthetic, productive and cultural characteristics, along with economic and social sustainability. One interesting development is EDIT Napoli, the first signature design fair that puts the accent on the heritage of fine crafts and small industry, in a fertile cultural exchange among places that exist in dialogue with the same sea. Gilda Bojardi CAPTION: View of Le Grotte della Civita, the distributed hotel of Sextantio group (helmed by Daniele Kihlgren), in the oldest and most outlying zone of the Sassi di Matera. The project consists in the conservative regeneration of 18 caverns and an old cliffside church to create a hospitality facility inserted in the landscape.

PhotographINg NATURAL VIEW

P2.

Camp Adventure Park - Treetop Experience, a project by Effekt, Denderup Vænge, Næstved (Denmark). Photo Rasmus Hjortshøj, courtesy Effekt Strolling in nature, in the historic forest of Gisselfeld Klosters, across 900 meters of raised walkways leading to a spectacular tower: a totally immersive experience created by the Danish studio Effekt. Open to the public starting in April, the itinerary reaches its most striking point at the 45-meter tower, with an internal spiral ramp of 650 meters: a 360-degree view of the forest, spanning a distance of 50 kilometers on clear days. The structure has an hourglass profile that slims at the center and flexes back outward at the top. The materials – wood and Cor-ten – blend with the colors of the surrounding nature. The entire route is free of architectural barriers. (M. J.) campadventure.dk/en

P4.

Anamorphose, François Abélanet, Giardini Produttivi, Radicepura Garden Festival, Giarre (CT), until 27 October. Photo Alfio Garozzo Radicepura Garden Festival is the first international event on garden design and landscape architecture of the Mediterranean. In Giarre, inside the Radicepura park, designers face off on the theme of productive gardens to combine functional aspects with contemporary aesthetic requirements. Alongside two large site-specific gardens, Home Ground by Antonio Perazzi and Layers by Andy Sturgeon, there are ten other smaller gardens made by young designers, as well as projects by the artists Renato Leotta and Adrian Paci. In the photograph, Anamorphose by François Abélanet, with a central star-shaped pool and raised elements for an oriental atmosphere. (C.T.) radicepurafestival.com

P6.

Bamboo Theater by Xu Tiantian, DnA_Design and Architecture, China; photo Wang Ziling © DnA_Design and Architecture Bamboo Theater is a living structure located in a rural village in China, where bamboo walls have been bent and woven by the inhabitants of the place to create a vaulted space. The project is by Xu Tiantian, founder of DnA_Design and Architecture of Beijing, and is part of 60 projects presented in the exhibition NATURE-COOPER HEWITT DESIGN TRIENNIAL, co-organized by Cooper Hewitt, Smithsonian Design Museum of New York and Cube Design Museum of Kerkrade (until 20 January 2020). The goal is to bring together designers, scientists, engineers and environmentalists to find innovative solutions to today’s challenges. (C.T.) cooperhewitt.org, cubedesignmuseum.nl/en

INsights ARTS P8. REDEMPTION by Germano Celant

THE DESIRE FOR EXISTENTIAL AND SOCIAL TRANSFORMATION THRIVES IN THE WORK OF MICHELE ZAZA THANKS TO HIS HUMANISTIC VISION THAT PROPOSES A ROLE OF NOT DESTRUCTIVE BUT CONSTRUCTIVE OPPOSITION FOR ART When at the end of the 1960s Michele Zaza began to focus on visual expression, the artistic research of the moment was prolonging an attitude in which objects were seen as a tool of struggle against linguistic tradition and conservation. They attempted to get beyond the pure surface image of pop products, seeking a conjunction between politics and history by relying on a materiality that was not representative and narrative. It was a hypothesis of art in a state of becoming with respect to an apathetic and rehabilitative language: the attempt to transform art into dynamic and performative energy. Although the source of inspiration was the idea of change, the things achieved, though steeped in a strong constructive spirit with respect to the art system, offered a temporal and ephemeral dimension that undermined their permanence, as if they were doomed to exist only on a level of experimentation. Instead, they had been created as historical agents, bearers of a possibility of change and of emancipation from the past. To avoid this precarious state that has often transformed objects into pure ideas, the subjective position had to be transformed into an organized project. And though there were groupings of artists gathered under various definitions, from Conceptual Art to Arte Povera, the massive, radical challenge to the language of images was overwhelmed, from 1980 onward, by its exact opposite, namely the retention of painting and the market. Though full of versatility, capable of disruption and variable trajectories deployed to elude codification, this attitude led to a failure. To prevent it, the new generation conserved the historical hypothesis of a change, but adapted its activity to a more organized project, over a longer term, so that the linguistic break would not happen in a temporal void, exhausting and weakening itself, but would spread in a continuous reformulation that makes it possible to avoid the game of erasure by consumption triggered by artifacts designed to become commodities. From the outset Zaza wanted to avoid the opposition and clash between past and present, instead trying to resolve his practice in terms of a basic project tied to a ‘humanist’ vision, in which the choice of images would respond to a discourse of redemption and transformation of human existence. More than the aggression of the real, the artist is interested in its formation. Therefore, after a focus in 1970 on elementary forms made in wood with a crafts process, and after the ‘breakthrough’ that same year with Simulazione d’incendio, an unusual event using smoke to simulate fire, Zaza has concentrated on the use of photography as a way of defining a project of redemption. This implies a procedure aimed at complete conquest of the self, not as subject but as symbolic persona: the being. To approach regeneration, in one of the first exhibitions, in 1972, titled Cristologia, the artist approached his dual existence, as being and image, portraying himself as an entity incarnated in art, from Presente, 1972, to Pro soteriologico, 1972, in pursuit of a desire of change that is sacrificial, then passing in 1973 to the summoning of the sources and roots of existence. These are identified as parents, mother and father, who in their alchemical conjunction have given life to the son: the soteriological practice is based on the re-fusion of dualism in oneness. This union of opposites is inserted in an aesthetic milieu permeated by physical and concrete mixtures, where the artists use natural and artificial elements, animals and minerals, deserts and industrial remnants, so to distinguish himself Zaza uses a cold, mechanical language like photography to outline a project that by nature has to be non-subjective, so as to develop an intuitive-symbolic formulation capable of


producing a visual ‘theory’ of desire for a different society. Nevertheless, the choice of the photographic image, taken in its autonomy as an entity in its own right, had already been channeled by other artists, from Dan Graham to Joseph Kosuth and John Baldessari, so to avoid a detached, impersonal attitude, the artist attempts to rejoin it on a more creative level. He immerses himself in a photographic practice that would later be defined as ‘staged photography,’ where the shot does not record reality but takes part in a scene produced by the artist himself, who has constructed the setting. The result is the assertion of an image in contrast with reality, almost its sublimation, so as to become metaphor. Zaza suggests an art of apparition, with the aim of moving outside the world in which he grew up and has lived. Rather than transgression, he aspires to produce an imaginary whose communication has to do with the fullness of being. To do this, he starts from his own carnal roots, his parents (art cannot be separated from life), making them the point of lingering and departure of a luminosity (light is a continuous presence in his sequences) to move towards the profundity of being. The glow of the lamp is the symbol of a fire that makes us perceive the humanity of the protagonists, from which everything is derived. With respect to the proclamation of transgression and rebellion full of false freedoms made by the contemporary avant-gardes, Zaza proposes constructive expressivity. He translates images into thought and discourse, so much so that at the outset he enhances them with quotations from Rousseau and Nietzsche, and links back to the archetypes of life to make room for a lost wholeness, that of a fusion between body and spirit, memory and communication. Thus from 1973 to 1980 the figures of the parents and of the artist, in a game of shadings and hues, immortalize his existential and expressive condition. A solitary being that fines – in his familiar territory and in himself – the nourishment to shed light on the enigma of life. Through magical moments he illuminates the metaphorical flow of his vision, which is metaphysics in action, with the aim of staging the role of not destructive but constructive opposition of art. And to prevent the error of his discourse being understood only on a virtual plane, typical of painting and photography, the artist attaches it to the context, putting it into dialogue with architecture so that it can constitute, also through the complex structuring in multiple sequences, a category antithetical to the artifact, migrant and manipulable, comparable to others. The intention is to elude inertia in order to express his determination to position himself, through the use of a plurality of elements, independently in a place, so as not to be managed by others. From 1981, then, besides making up for the absence of the parents, who passed away, with his own presence and that of new family members, Zaza begins to insert an inanimate materiality both inside and outside his photographs. The process of regeneration and redemption expands to other entities that are not bodies, granting them abstract, primordial forms. He covers walls in colors, sculptural fragments of wood and images, things ‘other than self,’ pieces of cotton and bread, almost as if to press onward with the discourse from a carnal ponderability to one that is symbolic and mental. He latches onto the materials and expresses an allegorical energy, so his project is prolonged in a resonance that embraces the context and the world. The arrival point, since 2000, is an environmental expansion of the montage of the images and the chromatic-materic enclosure. The inclusion of architecture, already enacted, becomes a tool of reversal of the real, concrete, enveloping. The symbols, from blue to bread, pillow to mask, spread out on the surfaces of the walls and trigger a reversal of the interpretation of the environment, where the sky becomes the earth and vice versa, in order to communicate a process of idealization of the project, which tends toward a new dimension of human existence. CAPTIONS: pag. 8 Michele Zaza, Ritratto magico, 2005, color photograph, 134 x 125 cm. pag. 9 Michele Zaza, Cielo abitato, 1985, nine color photographs, 110 x 120 cm each. Michele Zaza, Apparizione cosmica, Palazzo Bertalazone di San Fermo, Turin, 2010. pag. 10 Michele Zaza, Mito segreto, 2003, two color photographs, 60x60 cm each, sixty wooden sculptures, dimensions variable. Michele Zaza, Paesaggio, 1980, four color photographs, 47x33 cm each, of which one at cusp, and three wooden sculptures, dimensions variable. pag. 11 Michele Zaza, Meditazione al vertice, 1973, two black and white photographs, 24x30 cm each. Michele Zaza, Paesaggio magico, 2008, eight color photographs, 80x80 cm each, twelve wooden sculptures, dimensions variable.

INsights MATERA 2019

P12. A LAND BEYOND TIME photos Pierangelo Laterza - article Andrea Bagnato

ANCIENT CAVERNS, CLIFFSIDE CHURCHES AND CISTERNS EXCAVATED IN THE ROCK ARE INGREDIENTS OF THE AGE-OLD LANDSCAPE OF MATERA, A PLACE SEEMINGLY IMMUNE TO

MODERNIZATION. THIS YEAR THE CITY, AS THE EUROPEAN CAPITAL OF CULTURE, IS THE FOCUS OF A PROJECT OF NON-CONSTRUCTED ARCHITECTURE BASED ON RECOVERY OF EXISTING BUILDINGS AND ‘FORGOTTEN’ SPACES Few people know that every day, at 15.20, a Frecciarossa high-speed train leaves Milan to arrive at 23.03 in Ferrandina, a small station 30 minutes away from Matera by car. Passing Naples and Salerno, the train leaves the coast and is suddenly enveloped by disorienting darkness, unlike the widespread electrical glow of most of the Italian landscape. Basilicata, together with Val d’Aosta, is the region with the lowest population density, almost one tenth of that of Lombardy. The darkness is striking at night, and the daytime is just as surprising, due to the almost total lack of industrial sheds and one or two-family houses, scattered all over the rest of the peninsula. From Ferrandina, which like many stations of the Apennines is located in a valley, the road climbs steeply to the Murgia plateau. Unlike other cities in this zone, historic Matera does not stand on a peak, but alongside a ravine hundreds of meters deep, invisible from the new city organized on the plateau above. While photographs of the Sassi (cave dwellings) are familiar images now, we seldom see shots of the other side of the gorge. Inhabited for thousands of years, this is a wild green area where the main traces of human existence are a network of old caverns, cliffside churches and cisterns excavated in the rock. For centuries the two sides of Matera – the inhabited center vs. pastures and quarries – have been kept in a sort of balance. Two universes, urban and rural, always seen in terms of antithesis elsewhere, face off in Matera in a single landscape. Few other cities have such a strong presence in the natural environment. Considering its special geography, it comes as no surprise that Matera has been selected as European Capital of Culture, thanks to a program that explicitly rejected the idea of new construction. Often this type of appointment becomes an opportunity to build structures and infrastructures with a high architectural profile but uncertain future impact, as in the case of Marseille, Capital of Culture in 2013. The dossier of Matera’s bid, developed under the artistic direction of Joseph Grima, instead speaks of reuse of existing buildings and recovery of ‘forgotten’ spaces like the stone quarries. Matera 2019 is many things, but it is above all an experiment in the making of architecture without volume. After all, Matera has a complicated relationship with modern architecture. As we know, starting in 1952, the year of the “special legislation for the regeneration of the Sassi,” the inhabitants of the Sassi were evacuated and moved into the districts of the modern city. In the wake of the success of Christ Stopped at Eboli, which describes the Sassi as a sort of Dante’s Inferno, the government run by Alcide De Gasperi made the modernization of Matera one of its leading initiatives. Though the experts called upon to analyze the Sassi, and many of their inhabitants as well, urged the option of restructuring the dwellings, the government insisted on the need to move the population, exploiting the negative image of ‘caves’ in a country that was struggling to build itself a modern identity. The expansion of Matera involved some of the most important Italian architects of the time, like Carlo Aymonino, who designed the Spine Bianche district, and Ludovico Quaroni, creator of the rural settlement of La Martella. The latter, in particular, was an experiment that was only a partial success: in spite of some excellent buildings, like the church of San Vincenzo de’ Paoli, many of the planned public services were never built, and the idealistic vision of recreating the community life of the Sassi remained on paper. What Carlo Levi and the politicians who came after him hadn’t seen, in their focus on health and hygiene, was that the dwellings in the Sassi constituted a sophisticated system, skillfully inserted in the natural environment. The renovation improved the material conditions of the people of Matera, but at the cost of sweeping away an age-old culture. Three projects for a new territorial culture The idea of a work of non-constructed architecture lies behind the Open Design School (ODS), one of the main projects of Matera-Basilicata 2019, a community design workshop created by Grima, who has always advocated working ‘from the bottom up’ in the field of design. The aim of ODS, involving the work of almost twenty local and international architects and designers, has been to locally develop all the structures needed for the cultural events of Matera 2019. As the manual collectively written by the participants and placed online explains, ODS openly presents itself as an alternative to classic set-ups, whose making is commissioned to external companies selected in bureaucratic bidding procedures. The workshop, instead, starts from a THREE+ONE structure created by German designer Lukas Wegwerth as an open-source project, adapting its elements, which are then produced by local companies to meet the various needs. The result is a light system that can be reused, easy to rapidly erect without specific technical know-how, that can serve as an info point, a stage or an exhibition venue. In another direction, the major exhibition Blind Sensorium: The Paradox of the Anthropocene by Armin Linke, opening on 6


September, also speaks of architecture without volume. From the start of the year the Italian-German photographer has traveled in Basilicata and Apulia to narrate “what you don’t see,” meaning the transformation of the territory caused by human activity, and above all the infrastructures that govern that activity. Linke’s work has moved tirelessly forward for over 20 years, and takes the form of an archive of hundreds of thousands of images, ranging from anonymous corridors in the United Nations building to explorations of the ocean floor. His way of looking seems to find an ideal location in Basilicata, a region that for over 150 years has remained invisible in the self-representation of Italy, seen only as a problem to be solved. In the exhibition, held at the Archaeological Museum of Matera, Linke narrates how human action has deeply altered Planet Earth, in what in recent years has come to be known as the Anthropocene era. With a small population but only apparently empty, Basilicata bears witness to these processes, and many of its landscapes blur the boundary between what is natural and what is not: examples include the oil deposits in Val d’Agri, but also the ravines left behind by centuries of deforestation. The other side of this territory is represented by the many scientific institutions located in the region, where Linke shows us interior spaces rarely open to the public – from the refrigeration cells of the Institute of Biosciences and Bioresources of CNR in Bari, which conserves over 60,000 seeds to safeguard biodiversity in the Mediterranean, to the Center of Spatial Geodesics of ASI. The landscape is the focus of Gardentopia, a project coordinated by the sociologist Pelin Tan. Working with Matera residents Rossella Tarantino and Massimiliano Burgi, who created the initiative three years ago, Tan is building a network of 32 community gardens across Basilicata. Her job is to assign local contributions, selected in a competition open to all the municipalities, to internationally acclaimed artists called on to coordinate the transformation of the various gardens. They include Luigi Coppola, who recently presented his research on the global circulation of plants in a large work for Manifesta 12, working on a community garden on the outskirts of Matera. Anton Vidokle, a Russian-American artist, will work with citizens of the town of Oliveto Lucano, starting with the ancient arboreal tradition of the Festa del Maggio. The objective of Gardentopia, Tan explains, is to use the design of gardens to change people’s perception of the rural landscape. Starting in the 1950s, she says, migration to the big cities of the north led to the emptying out of the countryside and the disappearance of the peasant culture, which now exists only in terms of tourism and commercial interests. Though linked to a specific context, these problems have planetary impact. Matera-Basilicata 2019 does not offer facile solutions, but grasps the full complexity of the issues. Projects like the Open Design School, Blind Sensorium and Gardentopia overturn the idea of architecture as construction at all costs, suggesting possible trajectories for a new culture of places and the territory. CAPTIONS: pag. 13 The Sassi di Matera seen from the Parco della Murgia. Two universes, urban and rural, that have been seen in antithesis elsewhere, are vertically compressed in a single landscape in Matera. pag. 15 The Sassi are partially dug into calcarenite, a porous rock similar to tuff. Long thought of as ‘primitive,’ they actually form a very complex urban system, intelligently inserted in the surrounding environment. pag. 16 The church of San Vincenzo de’ Paoli, consecrated in 1955, stands at the center of the rural settlement of La Martella, 10 km from the center of Matera. Designed by Ludovico Quaroni, with majolica tiles in the baptistery by Piero and Andrea Cascella.

P18. MAPS OF MEMORY photos Pierangelo Laterza - article Shumi Bose

THE I-DEA PROJECT COORDINATED BY JOSEPH GRIMA AND CHIARA SIRAVO PRESENTS A SEQUENCE OF FIVE EXHIBITIONS IN WHICH THE ARTISTS, THROUGH A CREATIVE DIALOGUE WITH ARCHIVAL MATERIALS AND OBJECTS FROM PRIVATE COLLECTIONS IN MATERA, REINTERPRET AND ‘REWRITE’ THE HISTORY OF THE CITY When Matera was named a 2019 European Capital of Culture – a title coming with a €50 million investment fund – those who knew the city may have feared for its future. After all, cultural capital is a double-edged sword, cutting at that which it seeks to build on. For the I-DEA project, artistic director Joseph Grima and associate curator Chiara Siravo began excavating Matera’s local culture taking inspiration from John Cage, who in Philadelphia in 1993 set up a continually changing exhibition made with materials coming from a 30-km radius of the museum. “Until recently, most people outside of Italy, or even in the North, didn’t know where Matera is,” laughs Elisa Giuliano, head of exhibition design and production. Within the larger program of Matera 2019, I-DEA is a continuous multi-act exhibition series – one that makes no decadent promises, but a insightful and multivalent way of presenting Matera to itself. Neither fixated on the past nor speculative about the future, the I-DEA cycle of exhibitions will bring local archives and actors into dialogue with a cohort of artistic practitio-

ners: the conceptual artist Liam Gillick and sociologist Pelin Tan; artists James Bridle and Navine Khan-Dossos; critical design studio Formafantasma; and the experimental photographer Mario Cresci, each of whom is curating one of a fluid sequence of five installations. In the hangar-space of Matera’s Cava Paradiso, the guest curators will bring archival materials, together with their own interventions and interpretations; each will leave traces to provoke responses from the subsequent occupants. If I-DEA is indebted to any single theme, it is the nature and potential of the archive – especially in the production of histories, of identities. At the outset of Siravo’s work, the local university had already been collating a list of regional archives: from eccentric personal collections to the archives of the authorities for Agrarian Reform, it was local intelligence at various scales and material qualities, held by numerous parties, intersecting the private, public and communal. Part of Siravo’s task was to investigate the nature of these archives, looking for undefined elements in which Matera’s genii loci – intentionally in the plural – might be found. “While digging through so many archives without a definite form or goal in mind, it was sometimes hard to know what’s of value or not,” shares Siravo, describing a peculiar lateral methodology, in which archives were studied with no fixed agenda. ‘The opportunity to provide multiple perspectives allows us to address the history of Italy through the lens of Matera, as well as acknowledging the specifics of its own condition.” When in 1993 UNESCO awarded Matera World Heritage status, the locals were invited to rediscover pride in the area and redevelop the local economy – while facing the potentially overwhelming threat of an influx of visitors. Grima was more than conscious of such perils, declaring a light-touch, anti-Olympian strategy. No iconic museum has been built: to remove artifacts from their context, and therefore transform them into objects for display and consumption, would be to further ‘deracinate’ what is Matera. “We wanted to ask the curators to leave something of themselves in the space, to create dialogue,” says Siravo, referring to I-DEA’s serial format, now in its second exhibition cycle. The project also has a strong and compelling digital presence: its online platform will grow in tandem with the exhibition cycle, featuring archival material as well as new research generated by the project team, guest curators and visitors. The first act, by the septuagenarian photographer Mario Cresci, is a sanguine choice. Basing himself in Matera during the 1970s, Cresci’s work was foundational in promoting a discourse about the conditions of life in the Italian south, and how photography – as a form of cultural anthropology – could be instrumental. His exhibition The Two Cultures — Artifacts and Archives (22 March–7 June) questioned the dualities between science and the humanities, and their “increasing incommunicability.” The most recently opened intervention, curated by Formafantasma, is provocatively titled Visione Unica – one vision, as if in Matera of all places, such a thing may be achieved, or even attempted. Formafantasma’s multimedia installation (running from June 8 until September) comprises rarelyseen footage and objects which reveal mysterious and often beautiful richness in the region’s past, prompting questions about its imagined futures. The exhibition design essentially forms a flexible framework for flexible arguments, shifting between ‘acts’ like a theatrical set to accommodate the narrative of each successive set of guest curators; as the exhibition’s website describes it, the series is “a continuous performative act.” “At the beginning, we were concerned with how to keep the space open – to keep the exhibition space alive within its transitional phases,” says Giuliano. “We came to a system that was modular and movable: standard elements, connectors, plinths, walls or pavilions. No fixed design as such, but rather an infrastructure that, without imposing, gives focus to the archival materials.” Together with Martha Schwindling, exhibition designer, Siravo and Giuliano share shout-outs with area manager Rossella Tarantino, project manager Rita Orlando, and Antonio Elettrico, a local architect and venue manager. Giuliano describes the sometimes arduous process of building an anti-museum, including its practical challenges: “We basically constructed a way of working from scratch… an operation of moving parts and dependencies.” But collaborations and dependencies, as the team have found, are a way of building trust. ‘There are a lot of people both from inside and outside who are interested in the region,” Schwindling continues, on the subject of power dynamics with the local community. “Visitors really see the process of dealing with and translating the material. It’s intended to be a very transparent construction,” rejoins Giuliano, “one which communicates the agency of the curator and the program as a whole.” A serial format emphasizes Matera’s successive layering of histories – or rather, the inadequacy of attempting any single one; each curatorial intervention allows the questioning of events, materials and the mythologies that construct its flexible fabric. It is understandable to expect little trust between locals and institutions, where narratives have been imposed more than once. “Until the program began, it could be a little difficult to explain what we were doing. Discussing archives, for example, we were sometimes asked whether we were going to take everything,” says Siravo. But I-DEA does not deal with arcane information for expert researchers, but looks at that which “might build connections, other perspectives, continuously changing the stories


that are told about the area, and the sources from which these are drawn.” As Schwindling explains, “What will remain is a new process of dialogue between so-called insiders and outsiders. For insiders, it is revealing and challenging to see how you are discussed by others.” To describe things as archival is a way of looking – suggesting an instinct to preserve, if not systematize, as an index would. On I-DEA’s experimental, performative interpretation of the archive, Siravo admits with cheerful humility, “We are going to understand as we go.” But for once in the dynamic narrative of Matera, its inhabitants both ancient and new are invited to take part and hold a position in its creation. CAPTIONS: pag. 19 In the exhibition Le due culture curated by Mario Cresci, the opening event in March of the I-DEA project, the photographs of Mimmo Castellano were shown alongside a collection of wood carvings, among the last traces of the pastoral and peasant culture of Basilicata. On the facing page, view of the exhibit installation; below, the hangar of Cava Paradiso, location of the exhibitions of I-DEA. pag. 21 Visione Unica, curated by Formafantasma (on view until 15 September at Cava Paradiso) brings together different narratives on the transformation of the territory, reinterpreting documentaries from the 1950s and 1960s together with objects like scythes with both utilitarian and ritual overtones.

P22. URBAN THEATERS by Antonella Boisi

WELCOME, INTERACTION, INTEGRATION. FROM THE SASSI TO THE PLAIN, MATERA IS INCREASINGLY HOSPITABLE AND AIMED AT THE FUTURE On 19 January the year of Matera European Capital of Culture 2019 began, and demand has soared for hospitality for high-level tourism, ready to build an ‘experiential’ bridge between the ancient cliff-dwelling identity and the contemporary character of the city. In the collective imagination, Matera remains the unique village of the Sassi, the cave dwellings that entered the UNESCO world heritage listings in 1993, an almost unreal historical-anthropological landscape made of ancestral caverns dug into the rock that once contained primitive dwellings of an agricultural and pastoral civilization; niches, crannies, steps, ladders, level shifts, inseparably linked to the territory and its descent towards deep cisterns and canals used for gathering water. An extraordinary legacy of landscape, even more than architecture, of southern Italy, offering sensations and emotions, flavors and aromas, subject over the last few decades to an extensive conservation restoration, to guard against damage and loss of memory. In this sense, the project of Le Grotte della Civita is emblematic, a distributed hotel created by the Sextantio group in the oldest part of the Sassi, the Civita, over the Gravina stream and facing the majestic setting of the Parco della Murgia. With the mission of honoring the primordial material essence of this genius loci, the Sextantio group has conserved the original spaces and volumes of 18 caves (rooms) and an ancient cliffside church (now a communal space), matching them with minimal contemporary furnishings in a symbolic and structural continuum of great charm and authenticity. But there is more in the small city in Basilicata, with 63,000 inhabitants, where light and shadow dominate the space and the earth is not just the rugged, harsh context of the rocks. The elegant streets lined with monasteries, Baroque churches, 17th-century palaces and works of rationalist architecture take us back to a classic model of urban morphological development. Precisely in the center, on the plain, La Suite can easily be reached by car and includes a multilevel underground parking facility; the structure provides an atypical form of 5-star hospitality, in dialogue with the history of the place, inserting in a work of modern architecture the redesign of a piazza as an urban set, ready for performances and cultural events. The facility has been produced by Rita Tamburrino, at the helm of Tam.co, a division of the better-known Cogem created by her father, Egidio Tamburrino, and designed by Studio Marco Piva. An important achievement in an existing context that was not easy to shape, where the interiors are now being completed. La Suite is the result of the transformation of a residential structure, already split up by the project developers into a set of private units on five levels. It has been reconfigured to contain 40 comfortable suites – hence the name - ‘assisted’ by spaces for interaction and activities, ranging from the spa with pool in the basement to the lobby, the bar, the breakfast room and the kitchen (also utilized for food & beverage and room service) on the ground level. “We have intervened in the garden belonging to the original building,” says Armando Bruno, partner in charge in the studio of Marco Piva, “a ‘void’ of the 15th-century city of which all that remains is the historic entrance arch, which has been dismantled, restored and reassembled exactly where it was, to combine it with a completely different facade system. This was the first step in pursuit of a dialogue, grafting a work of contemporary architecture into a place full of stimuli and emotions.” The building is in a strategic location of the city, at the joint between the medieval histori-

cal zone and the area of 20th-century and postwar development: on one side, the panorama of Castello Tramontano in Aragonese style, on the other the living nativity scene of the cave dwellings and cliffside churches. “We have conducted in-depth research on the recent architectural history of Matera, including works by Giancarlo De Carlo, Ludovico Quaroni and Carlo Aymonino,” Marco Piva says. “This has led to the idea of defining the essential image of the fronts, which conserve a perception of ancient depth and appear as a texture of surfaces in mazzaro – a hard stone, taken in blocks from the only existing quarry – but by large linear grooves. These openings integrate the belvedere loggias with the decorative sunscreen texture in stretched sheet metal (supplied for every suite) and the large overhanging glazings of the volume of the winter garden, which extends the lounge towards the piazza.” The magic of light has a fundamental role in the project. Lights not only add dynamism to the facades, enhancing the effect of suspended time of the architecture, but also involve the urban space of relations developed for events of a cultural character, including music, performing arts, literature and theater. Not only for the residents of the city. CAPTIONS: pag. 23 Le Grotte della Civita, the distributed hotel of Sextantio group, in the oldest outlying zone of the Sassi di Matera, perched above the Gravina stream and facing the evocative setting of the Parco della Murgia. The project involved the conservative renovation of 18 caverns and a historic cliffside church to create a hospitality facility inserted in the landscape. Photo courtesy of Sextantio pag. 25 La Suite, in the historical center on the plain of Matera, is a hospitality structure designed by Studio Marco Piva for Tam.co. The volume clad in local mazzaro stone has wide, deep belvedere loggias in which to graft the decorative textures of sunscreens in stretched sheet metal. On the facing page, the restored entrance arch of the former Porcari garden is emphasized by a metal canopy and inserted in the new, essential facade system. Below, the rear facade with the glass volume of the winter garden that extends the lounge towards the piazza, converted as an urban theater. The technical lighting design has been done with Artemide. Photo Andrea Martiradonna

INside ARCHITECTURE

P26. CONTEMPORARY GRAFT project ARCHITREND ARCHITECTURE, GAETANO MANGANELLO, CARMELO TUMINO ARCHITETTI ASSOCIATI photos Moreno Maggi - article Matteo Vercelloni

IN MALTA, FACING THE PORT OF LA VALLETTA, A HOUSE ON THREE LEVELS IS INSERTED IN THE EXISTING FRONTAGE, EFFECTIVELY ASSERTING ITS MODERNITY THROUGH A GEOMETRIC VOLUME WITH A COMPLETELY GLAZED FACADE THAT REVEALS THE UNIFIED SPACE OF THE INTERIORS The outcome of a procedure of demolition and reconstruction of an old terrace house that not longer met the needs of its owners, the project for this threestory dwelling has permitted the firm Architrend of Ragusa to operate within a logic of rearrangement and grafting, which seems to be one of the most widespread and relevant practices in the architecture of the new millennium. Working on the urban fabric in terms of ‘microsurgery’ and small-scale mending in relation to the surrounding buildings, paying attention to the frontage that forms the city to partially update its image in morphological continuity that never descends to the level of stylistic imitation. This is one of the paths being taken in many countries by the new generation of architects, given the fact that large real estate structures exist, generated by the architectural culture of the 1970s and 1980s and set down like menacing spaceships in the city, disrupting its physiognomy and its meaning in the name of the architect as demiurge. This house at La Valletta thus seems like an example of our times and a painstaking operation that connects the interior design solution to the urban image, in a direct and explicit relationship with the architecture of the host city. With a narrow oblong form extending to the back, containing a small courtyard transformed as a secret garden, the house with its closed sides is precisely grafted into the available space between the two neighboring buildings. The choice has been to open the facade and the back as much as possible, in order to capture daylight, also conveyed inside from above through a large opening formed by the glass bottom of the pool on the roof, adding evocative moving patterns of brightness in the full-height space. A single material, fair-face reinforced concrete, shaped on the basis of mathematical tenets regarding the dimensioning of the horizontal formwork setting the rhythm of the blank surfaces, functions as a unifying element in a space that is rearranged at every level. The motif of a single, ample spatial character for the entire project can be seen in each room,


starting with the entrance from the street, a raised two-story space accessed from an external staircase placed alongside a ramp that leads to the semi-basement garage. The staircase then continues inside, where a patio vertically crosses the interiors. Ingenious ribbon staircases are detached from the walls and aligned with them as independent features. The ends, designed as full-height continuous glazings, can be darkened with external roller blinds, and offer a striking perspective of vista and light that crosses the spaces to reach the roof terrace with its swimming pool, flanked by the kitchen and the dining zone. Towards the street, at the entrance, the daytime zone and library are joined by a home theater, and on the upper level by the dining room facing the outdoor deck, conceived as its direct extension, leading to the infinity pool itself. The innermost, most protected part of the house contains the bedroom zone. The main facade, in relation to the existing adjacent buildings, develops on two levels with a large full-height glazing that reaches the height of the cornices of the neighboring houses, underlining the value of the graft achieved in the project. At the top, a suspended portal with essential lines, containing the glass parapet of the pool, creates an architectural figure of completion, framing the colors of the sky and at the same time rectifying the profile of the building in relation to the three levels reached at the innermost part of the lot. CAPTIONS: pag. 27 Evening view of the streetfront. The large two-story glazing with Schüco frames in dark brown electrocolor aluminium reaches the cornice level of the adjacent buildings. Facing page, view of the swimming pool on the roof, with the portal concluding the main facade. Below, design sketch. pag. 28 Views of the library and the entrance to the mezzanine level. Wall System bookcase by R&D Poliform, Arco lamp by Achille & Pier Giacomo Castiglioni for Flos, Tracking Magnet ceiling fixtures by Flos, Rialto glass table by CRS Fiam Italia. On the left, the ribbon staircase in reinforced concrete, detached from the wall as an independent feature. pag. 30 The home theater area on the first floor, seen from the walkway connecting to the bedroom zone. On the right, the second ribbon staircase leading to the third floor. Los Project Catania has done the technical lighting design; woodworking by Di Betta Arredamenti Ragusa. pag. 31 The master bedroom faces a secret garden created on a raised level. Washstand zone in custom travertine, Alcova bed by Antonio Citterio for Maxalto, Spokes suspension lamp by Garcia Cumini for Foscarini. pag. 32 The deck with swimming pool becomes a natural extension of the living area; Fat-Sofa by Patricia Urquiola for B&B Italia, and (outside) Float chair and ottoman by Francesco Rota for Paola Lenti. Below, view of the internal dining area; Long Island table by Giuseppe Bavuso for Rimadesio, Norma stools by Lievore Altherr Molina Arper, Hola chairs by Hannes Wettstein, Cassina. pag. 33 The large skylight created in the base of the swimming pool on the roof brings brightness to the two-story entrance zone.

P34. MODERN TRANSPARENCIES project STUDIO ARCHINOW! photos Giovanni De Sandre - article Danilo Signorello

IN THE COUNTRYSIDE NEAR RAVENNA, THE P+L HOUSE IS THE RESULT OF THE REFURBISHING OF AN OLD FARMHOUSE, A PLACE OF CHILDHOOD MEMORIES FOR THE OWNERS, JOINED BY TWO NEW VOLUMES TO GIVE RISE TO A RESIDENTIAL-WORKSHOP COMPLEX A place of the spirit: this was the request of the clients in the refurbishing of an old farmhouse in the countryside near Ravenna. A place of childhood memories, where the original poetry had to be kept intact. A complicated operation because a delicate balance had to be established between existing parts (the 19th-century portion and a volume added in the 1960s) and new interventions. The challenge has been met by the Rimini-based studio ArchiNOW! founded by the partners Marcello Dellarosa, Luca Foschi, Alessandro Gazzoni and Stella Andriani. The key concept has been that of playing with differences. “We are more like a crafts workshop,” says Dellarosa, “in which before being settled ideas are tested by hand, in the selection of materials and the making of models, technical drawings, renderings.” For the old farmhouse interpretation of historical stratifications becomes a design philosophy, while the more recent structure, of little architectural value, has been demolished and replaced by a new volume clad in a ventilated zinc-titanium facing. The ‘hinge space’ becomes very permeable with respect to the outdoors, like a winter garden, the space of the home that has a stronger relationship with the landscape and the seasons. The three portions of the P+L House, with their diversity, reflect a separation of habitat functions. The historic house, with large, luminous spaces, contains the studio-workshop of the owner, the living and dining areas, the fireplace, music and library spaces. The original materials have been salvaged and recycled: the floor slabs in hollow earthenware blocks made by hand, the old oak beams, the exposed brick walls. The zinc-titanium volume, a true enclosure (with vertical frames that set the design of the facades, metal grilles to protect the windows,

slabs that also function for the roofing), hosts the kitchen and the service spaces on the ground floor, and more intimate zones, including bedrooms and bathrooms, on the upper level. The central volume functions as an entrance, with a helical staircase to connect the levels of the home. All the interiors display formal and stylistic contrasts in their furnishings: vintage items and family heirlooms, alternating with contemporary design creations. The defining features of the project include a variety of solutions for the transparent parts of the enclosure. “Recovering the original building, all the existing windows have been conserved, while new openings have been inserted to provide ulterior views of the surrounding countryside, along with transparent doors and custom glazings to subdivide the internal spaces,” Dellarosa says. “We had to give the blazing systems a unified look, in spite of their diversity, to focus on the value of natural light.” In the new building a window model with particularly high thermal and acoustic performance has been chosen, in the context of metal cladding that is very unusual for residential buildings, made to guarantee continuity between the roof and the vertical parts, and to create a provocative contrast with the surroundings. “The search for the best technological solutions was an important and also intriguing aspect of the whole project,” Dellarosa continues. A work of architecture in which classic, modern and hypermodern can coexist. A way of designing that urges thinking about any architectural intervention as an operation of grafting, and thus of interaction with what already exists. CAPTIONS: pag. 34 Above, for the middle volume the Schüco AOC 50 SG facade system facilitates installation on load-bearing skeletons assembled at the site. For the new building, Schüco AWS 70 BS HI windows composed of frames with panels that vanish thanks to their limited thickness. Left, detail of the zinc-titanium cladding by VM Zinc wrapping the new volume. pag. 35 Left, in the renovated building, the new openings stand out from the originals (refurbished using the OS 2 system by Secco Sistemi) thanks to bow windows formed by copper-coated metal frames: inside, fixed panels made with the Schüco SFC 85 system. Below, the Schüco full-height sliding window system for the old hayloft, which now contains the swimming pool. pag. 36 Above, interior view of the old farmhouse refurbished with the use of the original materials: hollow earthenware blocks, oak beams, exposed brick walls. Right, the upper level of the winter garden in the middle volume. pag. 37 Vivid colors for the evocative helical staircase made to measure by local craftsmen based on a project by the architects. At the bottom, a work by the owner, Patrizia Dalla Valle, an artist who works with classic Byzantine mosaic, reinterpreted in a contemporary way. In the background, the kitchen space combines classic recycled furnishings with modern custom pieces.

P38. MEDITERRANEAN PROMENADE project MARCO BEVILACQUA - FABIO SALINI - CORRADO PAPA photos Alberto Ferrero - article Antonella Boisi

AROMAS, COLORS AND MATERIALS FROM SICILY FOR A HILLTOP RESIDENCE THAT OFFERS A 360-DEGREE VIEW OF THE LANDSCAPE OF NOTO. AN ESSENTIAL WORK OF ARCHITECTURE IN HARMONY WITH THE NATURE OF THE SITE An outstanding project based on the collaboration between Fabio Salini, Marco Bevilacqua and Corrado Papa. The new construction, on twelve hilltop hectares, faces Noto and a fascinating landscape, where the gaze reaches the sea, the countryside and the mountains. The house was built around the needs of Fabio Salini, a designer of artistic jewelry on an international level, who played an important role in the stylistic choices. “The house had to be a personal refuge, a comfortable place far from the formalities of work and everyday life,” he says. “Full immersion in nature, an atmosphere of simplicity, relaxation and warmth, linked to the land and the location. This is why I invited architects to help me to use wood and natural materials of local origin crafted by artisans, and to make a promenade through orange trees, like a street in the town: all elements taken from the tradition, generating a Sicilian character for a work of architecture that would not seem to belong here on its own. Without barriers between indoors and outdoors, structure and decoration.” It all began in the Roman studio of Marco Bevilacqua, whose composition is based on the typological scheme of a small town in southern Italy, border by a linear structure and a space in front to use as a shared courtyard, separated from the main house and the central court. The Sicilian architect Corrado Papa entered the picture later, supervising the construction and lending his expertise on local materials and crafts to add a Mediterranean atmosphere, enhancing Salini’s narrative. In fact, the 600 square meters of construction follow a very rigorous, archetypal layout: a few one-story volumes with a simple linear form, arranged and connected along three main axes. “Two cypresses flank the start of a raised stone drive that leads to the house, running along the terraces with stone walls that set the tone of the place, marked by different levels with plantings of olive trees, prickly pear cacti, palms and large agave plants,” Bevilacqua


says. “I began by designing Fabio’s residence around a large age-old olive tree, defining the volume with a C-shaped form. All the spaces have a relationship with this tree and the central courtyard, because the openings, starting with those of the living area, are aligned on the main axes, conceived to permit the gaze to cross the house and to reunite at any time with the surrounding nature.” The annex for guests has been built behind this main volume, in the small wing partially set into the steps of the hillside. The empty space created between the two volumes has generated an avenue connecting the parts, representing the heart of the project. It has become that rural street Salini imagined, with the scent of orange blossoms, known as “i picciotti” which is also the name of the property itself. This Mediterranean promenade is faced by the guestrooms, featuring high narrow openings set into the depth of the masonry, protecting the interiors from too much sun and prying gazes. The separation lines marking the small connecting staircases leading to the upper level converge at the swimming pool and terrace-belvedere, built into the flat roof of the long wing. “The most exposed outdoor space has been discreetly positioned in the highest point, accessed only by means of the external steps,” Bevilacqua explains, “first of all because the swimming pool is not part of the rural tradition that has been chosen as the paradigm of reference, and also because from this point you have a spectacular 360 view of the Gulf of Noto, the Hyblaean Mountains, and the flat roofing of the house below.” The carefully selected facings minimize visual impact of the structure, which is also ready for the use of solar panels on the roof. Hand-washed Noto stone used as the sole paving of the terrace on the upper level returns in all the spaces below, both outside and inside, “making perceptible, in a theoretical bird’s-eye view, a single form and a single plane, for the fullest insertion of the architecture in the landscape,” Papa remarks. Sand-color stucco, a very materic, soft finish, spontaneously open to the patina of time, has been used for the walls and the ceilings with beams and boards. Painted iron has instead been chosen for the casements and grates that simulate solid reeds, bringing both shade and security. “Also in the furnishings,” Salini continues, “I have focused on natural materials and neutral colors, with the desire – once again – to emphasize the harmony between the architecture and nature. Wood, cowhide, wicker, Modica stone, raw and wrinkled linen/hemp fabrics. Since the house is so rigorous and squared, I wanted to emphasize the high level of comfort offered by the spaces in the various moments of the day and the year. With a few delicate but incisive touches. The vertical beech slats of the doors in the kitchen, for example, make up for the lack of cane lattice on the ceilings, whose large horizontal surfaces would have made it seem too much like a pergola. I also like the tapestries embroidered on linen by Allegra Hicks in the two lateral niches of the glass door in the living area, open to the old olive tree in the garden, where everything began. These are site-specific pieces that interpret Sicilian landscapes, reinforcing the idea of nature that enters the home.” CAPTIONS: pag. 38 The avenue of orange trees scenting the air along the two volumes of the house. Noto stone is used on all the horizontal surfaces, both inside and outside. Sand-color stucco clads the walls with long, narrow openings. Painted iron has been chosen for the grates offering shade and security, resembling solid reeds. To the side, the small steps leading to the upper level, set aside for the swimming pool and terrace, camouflaged by the flat roof of the annex for the guests. pag. 40 On this page, the swimming pool set into the terrace faced in handcrafted Noto stone. This level offers a 360-degree view. On the facing page, the ample living area, conceived as a long perspective towards the large, age-old olive tree at the center of the courtyard. It is framed by a large glass door, while the lateral niches contain two tapestries embroidered on linen by Allegra Hicks. The custom sofas are covered in raw linen and supplied with hemp cushions using fabric salvaged from old sacks. The table is a camp cot in metal and rugged canvas. Vintage wicker chairs. Below, the steps leading to the different levels of the garden, containing olive trees, prickly pear cacti and agave plants. pag. 42 Above, a space leading to the bedrooms, with full-height wall wardrobes and doors in brushed fir coated with a light varnish that brings out the wood grain. On the walls finished in lime wash, a mirror inspired by the Baroque style of Noto. In the living area, Tripolina chair from the late 1800s in cowhide by Joseph Fendy, console in salvaged blanched wood, and a tapestry by Allegra Hicks inspired by the Sicilian landscape. Below, in one of the bedrooms, a Vienna straw bench and a lamp with shade in painted fabric, local antiques that coexist with a recent minimal cabinet in iron by Antonino Sciortino and the hemp sculpture by Thomas De Falco over the bed covered in linen. Right, a bathroom with a cement tub from the early 1900s purchase at a local antique store, outfitted with Stella faucets from the Roma series. pag. 43 The dining space opens onto the avenue of orange trees. In the niche, two pottery amphorae flank a work by Alessandro Twombly on rough paper. The modular tables with structure in natural iron tubing and larch tops, made to measure, are accompanied by olive green iron chairs by Antonino Sciortino. The connected kitchen designed by Marco Bevilacqua stands out for the vertical beech slats of its doors, like cane lattice, and the counter and sinks in Modica stone. Below, plan of the complex.

P44. SICILIAN ARCADIA project GIUSEPPE GURRIERI with Giulia Filetti, architect photos Alberto Ferrero - article Antonella Boisi

FROM PHILOLOGICAL RESTORATION TO RADICAL UPDATING OF SPACES AND FUNCTIONS, THE RENOVATION OF A 19TH-CENTURY FARMHOUSE IN VAL DI NOTO MIXES DIFFERENT FORMS OF EXPERTISE AND FIGURATIVE MODELS TO COMBINE TRADITION AND CONTEMPORARY STYLE Intervention in a constructed context, with such clarity and precision that the result is surprising and pertinent. In Val di Noto, between Ragusa and Catania, in a zone formed by hilly slopes and agricultural estates, the Sicilian architect Giuseppe Gurrieri has transformed the 150 square meters of the ground level of a late 19th-century farmhouse, blending many elements in a very synthetic, fluid way, making the temporal layers of the narrative convey a much wider perspective. “To be honest,” Gurrieri admits, “the area of the project should have been larger: the entire complex has over 800 square meters of space, including stables, tool sheds, pigsties, added annexes that are now closed. All this could become a hospitality structure, and the project is still being developed. For the moment, my German client required only a private refuge, which will become a stable residential base as the rest of the project proceeds.” Gurrieri has conducted the operation with great care and respect, bringing tradition and contemporary taste into harmony. In pursuit of a delicate balance with the context, he has approached the exterior of the building, starting with the entrance facing the omnipresent courtyard, in terms of philological restoration. “It has been left intact. It was so beautiful in its imperfection that it has remained as such, and has been simply reinforced,” he explains. Inside, on the other hand, the place’s antique charm has been supplemented with solutions that radically update the spaces with respect to functions and image. The farmhouse was originally organized with an entrance marked by central steps leading to the main level (where an apartment for the client’s son is now being completed), with two separate stalls placed at the sides. Coming to grips with a rigid, inflexible plan formed by walls with a thickness of 80 centimeters, featuring barrel vaults and arched passages, the architect has made a large opening below the staircase, connecting the two existing volumes. The result is continuous circulation around the volume of the staircase, taken as a guiding schema for a shifted path that gradually leads into the more intimate zones of the house. Gurrieri has identified a central parallel visual axis, underscored by the flooring that winds seamlessly through the spaces, from the living area to the kitchen-dining-studio zone, all the way to a reading area, followed by the bedroom and bathroom, opening onto the courtyard and the internal landscape. “The materials remain the same, but the atmospheres change step after step, room after room,” Gurrieri explains. “The design of the floors, a decorative texture made with monochrome cement topping that is the reinterpretation of a Sicilian tradition, is not an end in itself. This ‘carpet of pixels’ changes color from one space to the next, from white to green to black, facilitating orientation. It creates a surprise effect, like the crosswise thresholds in pietra pece, another typical material of the Ragusa region. Otherwise, all the vaulted roofs and existing wall portions in hard limestone have been restored and left exposed, while the more humble and damaged walls, after repairs, have been finished with lime-base plaster, another construction technique from the local tradition. We have opened a single arch, leading from the kitchen to the circulation space.” The next step was to take this simple, essential layout with its rhythm of interpenetrations, of linear and curved concatenations, and making it into an all-around landscape. The furnishings and design solutions have the important job of reinforcing the identity of the architecture and its rustic substance, interpreting its philosophy. This has been gracefully accomplished, through elegant simplification that avoids overtones of folklore. Especially in the fixed furnishings designed to measure by Gurrieri, like the wardrobes and technical parts (also for the air conditioning system), which match the curved lines of the arches, augmenting their force: with a depth of 70 centimeters they are juxtaposed with the walls – 80 centimeters thick – creating passage of 1.5 meters. There are also original pieces of Scandinavian modern from the 1950s and 1960s, of great lightness, combined with decorative elements by Alice Valenti, a well-known artist from Catania and sensitive interpreter of the island’s traditions in a contemporary key; she is the only woman capable of painting the iconic Sicilian carts, after having learned the technique from the master Domenico Di Mauro. Last but not least, there are mirrors. Skillfully scattered in the various spaces, they create a geometric game of spatial expansion, at times generating disorienting and unexpected effects. After all, isn’t Sicily the historic crossroads of contaminations of cultures, languages and values? This is the key to everything.


CAPTIONS: pag. 44 Seen from the entrance court, the farmhouse from the late 1800s, located between Ragusa and Catania, has been renovated by the architect Giuseppe Gurrieri, together with Officine Restauro. pag. 46 The passage from the kitchen-dining area to the living room is underlined by neutral white architectural cabinets designed by Giuseppe Gurrieri and produced by Omet di Tumino F. & Co., like the wardrobes, bookcases, fixed furnishings in wood and works in iron of the entire house. The flooring is a seamless texture of graphic cementina tiles producing a pixel effect, made with products by Sansone Concrete Creations. pag. 47 In the living area, sideboard, chair and footrest with Scandinavian modern design from the 1950s and 1960s (supplied by Level50), sofa by Divani&Divani and decorative objects by Alice Valenti. On the plexiglass table by Kartell, the AJ table lamp by Louis Poulsen. On the credenza, a Snoopy lamp and, in the background, the Arco model, both by Achille and Pier Giacomo Castiglioni for Flos. pag. 48 Below, the dining area seen in its spatial connections to the circulation-studio zone, designed as a prelude to the bedroom area. The path is emphasized by a new archway and the threshold in pietra pece. Yellow armchair and red side chair, both pieces of Scandinavian modern design from the 1950s and 1960s (supplied by Level50), Tolomeo lamp by Artemide. In the drawings, to the side, two cross-sections and a plan of the apartment. pag. 50 The flooring-carpet in cement topping and the cabinets built into the wall structure return in the bedroom. Bedside unit by Kartell, Brera S suspension lamp by Flos. On the facing page, view of the bathroom, entirely custom made. The rugged steel sinks are a stylized version of old feeding troughs. Bathtub by Aqualife, faucets by Palazzani. Among the local suppliers, Iperbagno, La Luce di Marletta, Cannizzaro Home Design and Muccio Mobili.

P52. A LITTLE PARADISE project CORRADO PAPA photos Alberto Ferrero - article Antonella Boisi

IN VAL DI NOTO, THE GRAFTING OF TWO NEW VOLUMES FOR HOSPITALITY ONTO THE ORIGINAL BODY OF A REGENERATED FARMHOUSE. REFERENCING THE ARCHITECTURAL TYPE OF A COUNTRY HERMITAGE A small settlement nestled into the rolling hills of Val di Noto, which included an old farmhouse from the 1800s and a series of agricultural facilities of little value, from a later period, was purchased by a young couple in love with the Noto area, Elaine and Pietro Viola, respectively Irish and Sicilian. The couple commissioned the architect Corrado Papa, opting to conserve only the twostory “casuzza.” The enormous volume gained from the demolished structures, with an area of about 800 square meters, prompted a precise request: to design not only their private spaces but also an area for hospitality, a country hotel that was then named Battimandorlo, a tribute to the almond (and also olive) trees on the property. “I immediately understood the difficulties,” says Corrado Papa, “I would have to face regarding the delicate balance between the context and the existing features. I did not want to disturb the beauty of this little valley, the fragility of a place of peace and quiet.” The architect remembered the story of Madonna Marina, a portion of Noto just a few kilometers away from Battimandorlo, where in the early 1600s a hermitage was built to give thanks for the miraculous rescue of the crew of an English ship that sunk in the Gulf of Noto, together with a wooden statuette of a black Virgin, which was also saved. “I had studied and drawn this work of architecture when I had just graduated from college, and was imagining working with hypothetical clients.” So Papa concentrated on the new hospitality functions, letting himself be guided precisely by the architectural type of the hermitage of Madonna Marina: “it become a sort of grid, a scenario, a guiding schema,” he continues, “which permitted me to work on interlocking volumes, at times organized on three levels – basement, ground floor, first floor – on slightly sloping ground. In pursuit of overall harmony.” This building, in fact, has two lines of perception, one from the historic access, the avenue flanked by tall cypresses, and one from the lower valley, where the construction rises for three levels, revealing the level shift with respect to the entrance with its courtyard. The architect has taken his cue from the hermitage for the long corridors and the orderly sequence of small square windows that now overlook the roof of the residence and the new outdoor spaces created by connecting the various parts. The union of the private residence and the hospitality facility is achieved by imagining spatial filters that enhance their interpenetration: the existing courtyard has been joined by new ones, strategic openings (that frame the hills and their colors, making them become the protagonists of the communal areas) and terraces with panoramic views, protected by the traditional reed lattice that softens the light in the guestrooms. The new blends into the old, replicating the pitched roofs of the 19th-century house. The dry stone containment walls of the terraces have all been recovered, and the complex seems like a three-dimensional puzzle that interrupts

the linear slope of these territorial strips. On one of the terraces a swimming pool has been created, conceived as a reflecting body of water framed by slabs of black stone from Mt. Etna, surfacing in the surrounding greenery. In the lower part, Papa has created a sort of base to contain all the service functions for the hotel (storerooms, refrigeration units, technical systems). On the flat slabs, he has arranged solar panels. The materials utilized emphasize the ongoing pursuit of indoor-outdoor continuity. The white Noto stone, which has a particular chromatic-materic effect, has been chosen for all the floors and pavements, with different finishes, and for the steps of the internal staircase made of iron and glass. In the rooms the plaster is never colored or painted, but left with a natural lime finish for a soft patina. Papa has chosen Roman hydraulic lime, with its natural marks and fissures, to finish the exterior walls. “It was perfect to give a lived-in look to something new that had to blend with the old stucco of the existing house in a discreet way, also in terms of coloring,” the architect says. For the casement, he has opted for sage green. The project called for two kitchens, one for the family with new cementina tile floors, another for professional use, also visible from the restaurant dining room, with antique Sicilian tiles, counters and surfaces in white Carrara marble and tables in chestnut wood. “To make the guests feel as if they are at home, in their own kitchen,” the designer says. Battimandorlo has five large double rooms and a restaurant that can welcome up to 40 guests, and is also open to the public. The essential simplicity of the fixed furnishing solutions, made to measure, includes bathroom facings in ceramics by Made a Mano in pale colors, and tops in enameled Etna stone. For the rest, an eclectic style prevails: a mixture of family heirlooms including desks, wardrobes, sofas, paintings, and portraits that speak of the history of the owners. CAPTIONS: pag. 53 The large courtyard (paved with blocks of tuff) and the main entrance. Center, the renovated farmhouse now contains the residence of the owners. At the sides, the new volumes of the Battimandorlo for hospitality, with walls finished in Roman lime. Right, view of the architecture from the valley. Corrado Papa has also carefully honed the landscaping, taking advantage of the terraced contours of the property. pag. 54 The swimming pool seems to surface from the greenery, surrounded by slabs of black volcanic stone from Mt. Etna. Solar cots by Maison du Monde. To the side, design sketches by Corrado Papa. Below, view of the lower, deeper part where a sort of basement contains the technical functions, aligned with the stone containment wall that sustained the existing terracing. pag. 55 The restaurant dining room with a window framing the landscape, which becomes the protagonist. Tables by Pedrali and chairs by Calligaris. The space also visually communicates with the kitchen, below, which combines Electrolux technical equipment with antique tiles and a table in Canaletto walnut. pag. 56 A spacious suite in the Battimandorlo, with a bathtub on view and strategic openings to the external belvedere terrace. Floors in Noto stone, walls and plaster in natural lime, ceiling with white wooden planks and beams, custom wardrobes built into the spatial construction. Below, the private kitchen of the residence with flooring in new cementina tiles produced by Bisazza. The modernist tone of the space is emphasized by the corner curtain-wall solution. pag. 57 The essential style of a bathroom in one of the five suites. The counter containing the washstand by Flaminia is in enameled black Etna stone. Tub by Victoria + Albert, faucets by Zucchetti. Below, the outdoor extension of a room towards the terrace paved in Noto stone and covered by the traditional cane lattice that frames new volumes of the complex and the hills in the background.

INside TALKING ABOUT

P58. CAMPANIA CODE by Domitilla Dardi

MEDITERRANEAN IDENTITY GIVES LIFE TO THE PROJECTS OF GIULIANO ANDREA DELL’UVA: IN THE CHOICES OF FORMS AND COLORS, THE SUNNY ATMOSPHERES, THE FOCUS ON THE VALUE OF CRAFTSMANSHIP, A CULTURAL HERITAGE ARCHITECTS CANNOT OVERLOOK TODAY “I think my projects have an identity in terms of forms and colors, in which it is possible to recognize by Campania background even when I work in other contexts around the world. Then, obviously, my origin can interact with local tastes, in other places. But if you have a Mediterranean identity, I think it is worth keeping and transferring into your work.” These are the words of the architect Giuliano Andrea dell’Uva, who in his residential projects is finding a specificity of expression capable of establishing an open dialogue with what we identify as ‘Mediterranean,’ getting beyond the stereotypes connected with that concept. To fully understand the shadings, it is useful to go back and reconstruct his unique history. It is the tale of a precocious talent: at the age of just fifteen, Giuliano spent his afternoons, after school, supervising


the worksite of the house that would later become his, which belonged to his great-grandfather and was being renovated by his parents. He had a passion for houses and furnishings, and from childhood he understood the challenge of taming colors and proportions. His paternal great-grandfather was an architect, his maternal grandfather and parents always lived in ‘thought-out’ homes that mixed furniture by Albini and Ponti with old family portraits. At the age of seventeen, when his grandmother moved into one of the houses designed by his great-grandfather, Giuliano’s father – a war correspondent who wasn’t particularly interested in interiors – told him: “you do it.” Unexpectedly, the result was a mature, well-organized project, full of references to the past combined with modern touches. The young designer got his hands on a camera, photographed the house, and during his first year of architecture school it was published in a shelter magazine. The editorial staff that selected the photographs couldn’t believe that behind those moldings, chrome accents, impeccable proportions, there was a youngster just getting into the field, not a seasoned professional. At the university the professors were equally astonished when Dell’Uva proposed projects inspired by Mongiardino, tents with Arabian overtones, designed down to the smallest details. They urged him not to follow the path of decoration, but to seek his own path, closer to the contemporary spirit. It was at this point that Giuliano – among the many possible masters – came across Gio Ponti, perhaps the one with the most to teach, who with his irony was able to interpret bourgeois tastes, sneaking in subtle critiques of decoration that are like Trojan horses, brilliant solution to update the domestic environment precisely through details and ornaments. Above all, Ponti was able to express a sense of Mediterranean identity no one had ever before dared to imagine: a fresh, sunny path to assert the identity of the new Italian architecture. Today Dell’Uva has a studio with many interior design projects under its belt, from residences to hotels, from south to north, Italy to Europe. One leitmotif runs through them all, as well as certain recurring factors: “On the one hand I am interested in using architecture to facilitate the insertion of objects. On the other, I work by making a careful selection of existing features, or of what clients bring with them, inherited from the past. I try to identify what should be brought to the fore in the story of a house. Because it is the house that tells its own story, even prior to its inhabitants.” The stratification of the past emerges in episodes from old paintings discovered under more recent coats of plaster, or through objects and details. At times the memory of the genius loci is in a faded color that surfaces during the renovation work. “I like it when the touch of the architect finds a place inside an evolution. It should always be linked back to the original idea of the project, but then it has to look towards an evolution of the house, without rejecting the past. After all, this has always been what happens: in the 19th century one did not erase the signs of the 18th… they were inserted in a new project. I like it when a house can be read, like a book.” The chapters of this story – for example, in certain buildings in Milan – are details of facades or entrances that return as leitmotifs in the interiors. Or the walls, which Dell’Uva defines as ‘soft,’ suggested by spontaneous and vernacular architecture, for a hotel designed in Ischia, where the architect studied the houses of fishermen of Sant’Angelo and used fabrics by Livio De Simone that remind him of the dresses his mother wore. Here too, Giuliano imagined them as patterns, chromatic palettes of reference, perfect for his take on the Mediterranean, and he has even suggested that De Simone’s daughter follow suit, with a new line of furnishing fabrics. The thinking inevitably returns to Gio Ponti and the Parco dei Principi in Sorrento. Not due to stylistic affinities – the projects are very different, in fact – but due to the intention of making a total artwork, the same kind of ode to the authenticity of natural or man-made spaces. “Ponti did not set out to astonish anyone,” says Dell’Uva, “and in his hotel luxury, in the stereotypical sense, did not exist. For Ponti luxury meant immersing the visitor in a light, fresh, Mediterranean atmosphere, designing the spaces down to the smallest details. That idea of the Mediterranean could not be separated from a programmatic rediscovery of excellent craftsmanship in the zone. For this reason, today I don’t think that craftsmanship only means a floor from Vietri or Amalfi ceramics, but also a true background to be rediscovered, which as designers we have a duty to include in our work.” So what does luxury mean today? “Luxury means having an erudite client who gives you the possibility of designing a house inhabited by many cultures.”

DesignINg COVER STORY

CAPTIONS: pag. 58 Below, Giuliano dell’Uva in his apartment in Naples. Right and on the facing page, graphic study and composition of tiles made by Galleria Elena Superfici for the Hotel Miramare at Sant’Angelo d’Ischia, designed by Giuliano dell’Uva. pag. 60 Left and on the facing page, two spaces in a villa in Capri. All the fabrics are by Livio de Simone based on design by Giuliano dell’Uva, including those on the floor, treated with resin by Rezina (photo Nathalie Krag). Below, graphic study for the facing tiles of Hotel Miramare in Ischia.

CAPTIONS: pag. 62 Two views of a possible configuration of the Lapis sofa, designed by Emanuel Gargano and Anton Cristell for Amura. pag. 63 An old Roman road paved with stones polished by time, the clear source of inspiration for the Lapis family of modular upholstered furnishings. pag. 64 The Lapis sofa (left, covered in fabric) can take on different sizes, depending on various needs. The forms can also vary from the most classic to the most irregular. Below, an armchair from the same line. A new entry in 2019 for the Lapis family, the bed reprises the combination of different volumes in the structure, underscored by

P62. AUTHENTIC INSPIRATION article Andrea Pirruccio

THE COLLECTIONS OF AMURA, A COMPANY WITH CLOSE TIES TO ITS TERRITORY, NARRATE AN ANCIENT CULTURE, AN AGE-OLD HERITAGE THAT IS REVIVED IN DESIGN FORMS THAT COMBINE PAST AND PRESENT, TRADITION AND INNOVATION The native territory of Amura – between Altamura, Matera and Murge – is a magical zone whose history trails back into the distant past. A land rooted to ancestral rituals, such as that of bread making, which in Matera takes on religious connotations. With close ties to these locations, Amura comes from the collaboration between the D’Ambrosio family and Emanuel Gargano, art director of the brand, and in a few months it has managed to gain an international reputation thanks to a balanced mixture of research, passion, entrepreneurial and productive quality, and such an extensive potential for customization that it permits clients to obtain totally bespoke solutions, 100% Made in Italy. The true specificity of the brand, which sets its identity, is the inseparable bond with this places of origin. Through collections of upholstered furniture and decor complements, Amura has taken the responsibility – almost a mission – to grant design expression to a seductive blend of history and culture, embracing a vision in which the past of the rural tradition of the Murge area in Apulia meets a present based on absolute respect for the dimension of craftsmanship, fostering a productive future in which industry in no way alters the ecological balance of the territory. An elaborate synthesis of tradition and innovation, ancient techniques and new technologies, the company’s production contains clear references to an architectural, rural and even gastronomic heritage developed over thousands of years, expressing an invitation that nowadays resembles a prayer: to live with slowness, to savor the present, to take back control over one’s own time. Among the collections that most aptly interpret this narrative – this “authentic inspiration” to use one of the brand’s slogans – we should definitely mention Lapis (designed by Emanuel Gargano & Anton Cristell) and Panis (designed by Emanuel Gargano, Anton Cristell, Elisabetta Furin and Rosaria Copeta). Stone and bread, two of the most characteristics elements of the territory, translated into the language spoken in the region thousands of years ago: Latin. Lapis, a family of sofas and armchairs, recently joined by a bed, represents a game of volumes inspired by the old Roman roads, those magnificently irregular pavements composed of stones beveled and smoothed by time. A game of volumes combined in order to generate seats, backs and armrests: the different sizes permit great versatility of combination, ranging from the very classic forms to the most unconventional compositions. Lapis also stands out for its materials and finishes, where the idea of naturalness pervades the selection: leather or fabric for the sofa, stone for the low tables, silk for the carpet, colors that range through the entire scale of grays, from dove gray to the deep intensity of graphite. A line of upholstered furnishings with ample forms, to interpret in all kinds of configurations, from seat to sofa to bed, Panis is an affectionate tribute to another typical product of Amura’s elective homeland: the large loaves of bread from Altamura, fragrant symbols of convivial enjoyment and of an art (that of baking bread) that has been passed down from one generation to the next. And if the ottoman – whose cuts on the surface allude to those made by bakers on bread dough – is the product in the collection that most clearly narrates the heart of the project, the forceful and essential lines of each piece in Panis speak of hand-cut wooden stamps, utilized across the centuries by families in Altamura to mark their loaves. The same ‘ideological matrix’ as Panis (and by the same designers) can be seen in the Setacci series composed of tables of various heights and diameters. Based on the flour sieves (setacci) of the peasant tradition, these tables echo their forms while updating their image. The models feature tops in sheet metal, wood or cowhide. The base can be in wood, metal or cowhide, composed of a single curved surface and closed by stitching, also in cowhide. This is yet another project that narrates, far better than words, the bond between the company and the territory where it came into being, a territory that for Amura is a source of inspiration not only in terms of design, but also and above all in terms of values.


leather and fabric covers. Right, the coffee table in marble and wood. pag. 65 Above, in Altamura the ancient art of baking bread has been passed down from one generation to the next, and the typical local loaves are the reference for the Panis collection (below, the ottomans), developed by Emanuel Gargano, Anton Cristell, Elisabetta Furin and Rosaria Copeta. pag. 66 A striking setting with the Panis ottoman at the center, featuring a cut on the surface that echoes the incisions made on the surface of loaves of bread in Altamura. pag. 67 Above, pieces from the Panis collection: mirror, bed, sofa, armchair and chair. Right, tables from the Setacci collection, based on the same ‘ideological matrix’ as Panis, and by the same designers. Different in height and diameter and based on flour sieves, the tables have tops in perforated sheet metal, wood or cowhide.

DesignINg PROJECTS

P68. WITH THE SUN AT ITS HEIGHT by Laura Traldi

MEDITERRANEAN DESIGN, FAR FROM THE ETHNIC IMAGINARY OF THE GENERAL PUBLIC, IS TAKING ITS FIRST STEPS. A DESIGN THAT APPEALS BECAUSE IT MAKES ROOM, IN THE ERA OF GLOBALIZATION, FOR THE TERRITORY AND ITS HISTORY: WITHOUT NOSTALGIA AND OPERATING ON SEVERAL FRONTS, FROM THE SPOON TO THE CITY The combination of the word design and the term Nordic surprises nobody: we all immediately grasp it, because a concept like hygge is typically Scandinavian. To speak of ‘Mediterranean design,’ on the other hand, triggers some perplexities. The expression might be acceptable in architecture, but when it comes to product design it is not so convincing. This is because of the fact that while the areas more connected to Central European culture and industrial production (Milan, for example) are easy to associate with sophistication and essential style, always synonymous with modernity, for the territories closer to the sea design seems to have rather “ethnic” overtones. Which also means ‘mundane’ or ‘low-level.’ “It is a cliché based on an error: that of seeking a design in these places that is similar to the one seen in the international culture. You will not find that, in effect. While in the lands facing the Mediterranean you will find something else: a know-how coveted the world over, from which design culture can draw extraordinary energy,” says Antonio Aricò. Born and raised in Calabria but with a multidisciplinary international background (fashion, design, in Milan, Spain and Australia), Aricò sees his link to his homeland as a key of inspiration. “Mediterranean design exists, and it is of high quality when it mixes the vernacular roots of crafts with an innovative perspective. Much can be learned from observing the art of making do with limited resources typical of those who have grown up in these places: it is no coincidence that many masters of Italian design – from Enzo Mari to Gio Ponti – have interpreted that art in an erudite, exalted way.” Aricò is not the only one insisting on the existence of Mediterranean design. He is joined by Riccardo Scibetta, an architect and photographer, son of a family of entrepreneurs that produce woodburning ovens in Sicily. A few years ago he invented MYOP, a project that networks small Sicilian crafts workshops for the development of design projects. “The craftspeople of the south are not ready for industrial production,” he says. “But they offer a poetic, a way of communicating and doing (well, with few resources, with ingenuity), that can lead to a different way of making design: more fascinating, authentic, close to history, the land, the people.” This mixture between beautiful things well made and a spirit of storytelling, in Scibetta’s view, might just represent the jackpot for Mediterranean design. “The Americans and the Russians go crazy for the stories of craftsmen working in small towns flooded with sunlight,” he says. “They are not looking for a cliché, but for something genuine. Now the pieces of MYOP are reaching luxury channels like 1stdibs and our point of sale in Manhattan.” What’s the risk? “That Mediterranean design will try to imitate something it’s not. Because today what pays is diversity.” Unfortunately not everybody gets it. “In Israel there are many designers I like to call ‘the Swedes.’ Or realists: the realer than real set,” says Dan Mouktel, curator of the group show The Impossible Story of Israeli Design at the FuoriSalone 2019. “They desperately try to get rid of their Mediterranean essence, embracing the aesthetics of other countries – especially Sweden, Scandinavia, Japan. But they do this by unearthing dusty old versions that are frankly irrelevant today. These people, thinking that they are making design, are actually destroying the possibility of developing a culture in Israel. Then there is another group, which I call ‘multicultural’: designers who are truly connected to their roots, who try to update languages and inspirations with contemporary aesthetics

and ideas. Their approach is riskier but culturally relevant, and I also believe that over the long run it is more promising, in economic terms. Because when design springs from honest contact with your roots, the story and spirit of a country, it becomes a priceless manifestation of truth. The world appreciates that, also because it goes beyond mere aesthetic quotations from a certain culture.” So Mediterranean design exists, but in its early phases. Like a new chapter just a few people have begun to write, though it could become a successful collective novel. “It has enormous potential: creative, but also social and economic,” says Giulio Vinaccia, in charge of the Creative Mediterranean project of UNIDO (United Nations Industrial Development Organization), financed by the European Union together with the Italian Agency for Development Cooperation. Vinaccia’s job, since 2015, is to create processes and to manage teams, in order to spread – in a systematic, progressive way, involving institutions, education centers, designers and companies – the culture of design in seven countries of the southern Mediterranean (Jordan, Morocco, Palestine, Algeria, Lebanon, Egypt, Tunisia). “The goal of the project is to make use of creativity to get beyond the critical points of a disadvantaged context, utilizing crafts and industrial firms already existing in the territory and injecting a contemporary but always local design approach. The historical moment is favorable for us, because after the feast of globalization the pursuit of identity has become a constant, almost everywhere: the products have appeal, and they sell (the latest collection is available from CoinCasa). Thanks to this project, thousands of women and young people have found jobs, the exports of 14 cooperative production clusters has grown by 0.3% (400 million euros), and the groundwork has been laid for an ecosystem that involves universities and training centers, institutions, small and medium businesses, and the general public.” Networking is the most important – and also the most complex – step, when what is at stake is how to use design as a tool of social and economic growth. “It takes a lot of patience,” Vinaccia says. “In the Mediterranean countries relations develop through direct contact. When there is trust, everything goes well, but you have to get involved in a personal, continuing way. This is why for all the countries that take part in Creative Mediterranean we have created design hubs: places to meet, to train and to share, for people who design and those who produce. This is the kind of design that creates resilience: creativity becomes a social aggregator and brings people together for the development of the common good.” This ‘Mediterranean approach’ that combines tradition and innovation by working on tailor-made solutions is perfect, according to some, also when the development of entire cities is at stake. The architect Giulio Ceppi, for example, who during Design Week in Milan coordinated the Smart City hub with Material ConneXion, believes “it is legitimate to promote a Latin way of designing the smart city. Which starts by paying homage to the specificities and unique characteristics of places, the things that make them special.” Precisely as happens in Mediterranean product of the latest generation, the idea is to have “an approach that is diametrically opposed to the technology-driven attitude of the English speaking nations,” Ceppi continues, “where there is the tendency to have a set of quantifiable rules to apply everywhere. In the Latin smart city everything is based on personal relations, on the person inserted in a social context, seen in every case as a single unit, one of a kind.” Not by chance, precisely Barcelona – a Mediterranean but also decidedly advanced city when it comes to urban design – has come up with a Master in Design for Emergent Futures. “The tradition of the Mediterranean city is that of a space built to measure for people,” says Tomás Diez, director of the IAAC and the Fab Lab of Barcelona, also heading the international Fab City group, one of the most active in the involvement of the population in the co-design of cities: through processes of education and moments of gathering and discussion. “To get there – not in a nostalgic way, but in contemporary terms – we have to transform design from a discipline that offers solutions to one that carries out interventions capable of influencing the status quo and defining preferable scenarios for growth.” In a Mediterranean way. CAPTIONS: pag. 69 Seminara, with Editamateria for Delvis, a project presented at the FuoriSalone 2019 by Antonio Aricò, seen here in mythological guise with the Malanova plate in Castello Ruffo, on the Fiumara dell’Amendolea (RC). On the facing page, detail of the plate (left) and three totems (center). Photo Alfredo Muscatello pag. 70 Below, plate and bowl produced in ceramic in the cluster of Nabeul, in Tunisia, now on sale at CoinCasa. The products come from the project Creative Mediterranean of UNIDO, directed by Giulio Vinaccia, which combines crafts and design, ethics and humanitarian goals. The initiative also includes clusters and creative hubs in Beirut and Marrakesh (below). pag. 71 Riccardo Scibetta narrates the collection of MYOP through images that evoke traditional Mediterranean culture. Above, the X.me bookcase by Salvator-John Liotta and Fabienne Louyot of the studio LAPS Architecture, and the Acanto ceramics by Fratelli Bevilacqua. Below, the Filo di Fumo table by Riccardo Scibetta, in volcanic Etna stone and steel, with pattern design by Sonia Gamberone.


P72. MEDITERRANEAN EPICENTER article Chiara Alessi

EDIT NAPOLI, THE FIRST FAIR OF SIGNATURE DESIGN MAKES ITS DEBUT IN NAPLES, PUTTING THE SPOTLIGHT ON THE REMARKABLE HERITAGE OF CRAFTS AND SMALL INDUSTRY IN SOUTHERN ITALY, INCLUDING MATERIALS, WORKMANSHIP, COLORS, SYMBOLS, IN A FERTILE CULTURAL EXCHANGE AMONG THE COUNTRIES FACING THE SAME SEA Italian non-industrial design has always been a hybrid culture, of routes that cross and intersect from Africa to the Middle East, Spain, Greece, Southern Italy and its regions. Cultural symbols and references narrate the Mediterranean, but also processes that illustrate deeper cultural models, generated by exchange, collaboration, intertwinings where in the end it is impossible to know what is the warp, and what is the woof. While in the north important industrial design brands do their utmost to conserve their identity across successive generations, changes of leadership, openings of stores in world capitals, in the south for several years now educational experiences (just consider Made in Ortigia and Abadir), workshops, crafts, but also fairs, have shifted the spotlight of criticism and design history back towards the Mediterranean. The theme of local energy, which for some time has been dominant in the food and tourism sectors (always two areas that are forerunners of moods and flows), and has never lost its role in the world of crafts, is now finding a new competitive reason for being in design. The epicenter of trade fair events, previously caroming from Milan to Turin, Florence to Venice, now sees the birth of a new center, which is actually far from new, since traditionally it has represented a potentially active and attractive vector for art, theater and crafts: Naples. EDIT Napoli, coordinated by Domitilla Dardi and Emilia Petruccelli, is the first event conceived as a signature design fair. To envision it in Naples implies underlining the message that the design routes are multiple, and that in the Mediterranean area non-industrial design has an age-old tradition that now becomes a central focus. EDIT Napoli hosts various proposals hailing from the south, though not necessarily bringing Mediterranean symbolism, bearing witness to the presence of fine crafts and small industry in southern Italy: Spazio Materiae (Naples), Andrea Anastasio (Naples), DiSé (Sicily), Desine (Sicily), Hebanon (Campania), Karpeta (Calabria), Texturae (Calabria), B Beds (Campania), Tana Design (Campania), and then two contributors not from the south, who have however worked with local artisans: Gum Design, who have created an original collection made with craftsmen in Campania for Casa di Pietra, and Allegra Hicks, Neapolitan by adoption, an Italo-English talent residing in Naples and London. Furthermore, there are international authors who come from Mediterranean zones: Wael Farran (Lebanon), Toni Grilo (Portugal), Nayef Francis (Lebanon), Sarah Anne Rootert, whose studio is based in Holland but works with wood inlays that blend many cultures and symbols that can be traced back to the Mediterranean; and artists like Domenico Orefice, maker of a collection in raw earth, the Mediterranean forerunner of terracotta. But the most outstanding presences reflecting a Mediterranean matrix are the residential projects that have generated Made in Edit: all experiences that stand out from others that are more wellknown and established in the field of artisan design, due to their entrepreneurial aspects. These are processes, in fact, that have led to the birth of true objects, where the fair becomes a producer-entrepreneur in its own right; the designer is the author who receives royalties, and the artisan is the co-author. Reinaldo Sanguino, for example, a ceramist from Venezuela, came to Minori where he learned about a different way of making pottery, and absorbed Mediterranean influences that are translated into forms and colors. Sanguino and the craftsmen have developed a way of working whose objective is replication. The artisans have learned a method from Reinaldo that they can also use in time and at a distance, without his physical presence, and for him this was the first time in which he has shared a modus operandi with others. Both sides have learned from each other. Domitilla Dardi: “This phenomenon of cultural exchange – culture made with the hands and the head – is more ‘Mediterranean’ than patterns, figures and colors. Then there are also the stripes of the awnings of the terraces Reinaldo saw from his window when he looked out on the town of Minori, and the different types of earth that react to shaping in ways that are new for him. The point is that ‘Mediterranean’ means always grafting one culture onto another.” The same thing happened for Faberhama with the Bourbon silk mills of San Leucio, a colony organized by King Ferdinand to train young artisans, who were supported and offered various benefits to promote production of silk. “Faberhama saw a similarity between the gilded, perfect

world of the social utopia desired by the enlightened king and the silk worm, which sees death inside its cocoon. They imagined a liberated chrysalis, thinking about those young workers who lived in the gilded cage of a model built for them, but that must have felt suffocating. It is a subtle message, very much in tune with the narrative poetics of Faberhama. A way of reading history that the artisans of San Leucio today – with their remarkable technical know-how – had perhaps never considered before.” Finally, the third project of Made in Edit is by Khaled El Mays, who has brought a bit of Beirut to Naples, discovering striking affinities between his way of working with Lebanese crafts and the encounter with artisans in the neighborhoods of Naples. He has been inspired by the staircases of noble palaces, reprised to create modular furnishings – tables, bedside units, cabinets – in a choral process, working with artisans, guiding them towards the use of geometric lines that bear witness to the oriental and Arabian influences on Neapolitan architecture. Intriguing developments like this EDIT Napoli, making its debut, demonstrate that the geographical theme of the south, held so long in a state of suspension, is returning to center stage with more energy than ever before, shifting interest to the Mediterranean as a mental and physical condition, in the role of a protagonist. CAPTIONS: pag. 72 The first edition of EDIT Napoli took place from 6 to 9 June at Complesso San Domenico Maggiore. Over 50 exhibitors selected by Emilia Petruccelli and Domitilla Dardi (above, from left, in the portrait by Lea Anouchinsky) brought signature design to Naples. Left, a vase from the Lustri d’alta quota collection by Andrea Anastasio for Ceramica Gatti 1928 (photo Massimo Gardone). pag. 73 Winner of the prize for best original project presented at EDIT Napoli, the bar cabinet from the Bicolore collection (lower left) is the result of one of the new collaborations between designers and manufacturers presented by the fair. In this case, between BCXSY and Laboratorio Morseletto (photo Roberto Pierucci). Lower right, vases from the Dust & Light and Alba collections of Coralla Maiuri. Below, the Pixel tables with which Massimiliano Adami took second place for best original project. The graphic and chromatic composition of the top, made with small tiles of ceramic or other materials, can be freely varied (photo Roberto Pierucci). pag. 74 Above, the UFO centerpiece by Manufatto, a finalist for best original project at the fair; made with the ceramist Agostino and the decorators of Fima. Right, the Maniace table from the Bisanzio collection designed by Elena Salmistraro for Lithea. Below, Molecular Study, one of the virtuoso creations in borosilicate glass by Simone Crestani (photo Alberto Parise). pag. 75 Above, the Mycènes collection by Jean-Christophe Clair for Rometti. All the pieces are made by hand in ceramic.

P76. TERRAZZO BY SURPRISE by Valentina Croci

THE TYPICAL COMPOSITE MIXTURE, A TRUE ITALIAN TRADITION, MEETS WITH UNEXPECTED INTERPRETATIONS IN TERMS OF IMAGE, PRODUCTION PROCESSES AND INGREDIENTS. IN A PERSPECTIVE OF REUSE AND REDUCTION OF WASTE, PART OF THE NATURE OF THE PRODUCT Already in the 1st century AD the Romans combined fragments of marble and broken pottery to make surfaces for floors and sidewalks. It was one of the first forms of terrazzo, a composite material that is back in the sights of designers bent on finding strong, affordable alternatives to solid stone. Alongside new aesthetic languages, the texture of terrazzo is suggested by plastic waste materials, including products made with robotic technologies. The phenomenon brings ancient crafts techniques back to life in production districts connected with stone, an area in which Italy has a long history. Precisely these roots have been rediscovered by Alberto Bellamoli, a designer from Verona residing in Denmark. “My project began mostly as anthropological research on the context: the production has taken place for centuries in the same zone, because the material requires a network of small companies that collaborate along the whole chain of manufacture. Terrazzo is still a crafted material; people get their hands dirty. And the governing of the production process is limited: the results are always slightly out of control. The Collecta series has simple, almost archetypal forms, which frame the two-dimensional essence of terrazzo – which has always been made in flat sheets – and bring out the ‘liquid’ scheme, the intrinsically false nature.” The Dorsoduro cabinet designed by Antonio De Marco and Simone Fanciullacci for Secondome also features research on the third dimension and an unconventional use of the material, no longer applied to floors or counters. The work plays with the contrast between the geometric lines of the skeleton and the fine Venetian terrazzo facing – produced by Grandinetti – suggesting archetypal forms of the Venetian architectural tradition. London-based furniture designer Robin Grasby interprets terrazzo in a handmade way us-


ing 87% recycled materials. Industrial waste from the cutting of stone, including dust, gravel and broken slabs, is bonded with a small quantity (13%) of resin to create a strong, low-maintenance surface. Instead of imposing geometric motifs, Grasby opts for a random arrangement of the marble pieces, reflecting the natural irregularity of stone textures. The designer from Brooklyn Robert Sukrachand also gets away from classic terrazzo schemes, while conserving the material’s roots. Instead of stone fragments he uses glass waste from the production of his collection of mirrors. This is an ‘epoxy’ terrazzo in which the cement is replaced by resin as a binder, mixed with marble dust for a matte finish. The colored and antique-finish pieces of the mirrors are cut into organic forms, resembling stone fragments. Finally, the pieces are polished with marble paste for a satin finish. The Mirazzo collection takes its cue from park benches, public park checkerboards and the typical three-legged stools of Bangkok, in a tribute to the designer’s family roots. The result is Thai Terrazzo. Silipol is the material that was used by Franco Albini and Franca Helg to cover the walls of the M1 line of the Milan Metro. A recyclable industrial product composed of spheres of granite, marble and cement, pressed without synthetic additives, which is the protagonist of the furnishings designed by DWA (Frederik De Wachter and Alberto Artesani). “Slabs like abstract paintings, punctuated with colors, each different from the others. The image of this material has remained in a corner of our minds for some time,” the designers say, who then met Mariotti Fulget, the exclusive manufacturer of the material. For Caffè Populaire at Alcova, DWA has made a table that reinterprets the traditional Palladiana, with sheets two centimeters thick and various pieces of Silipol, displaying its chromatic variety and texture. The intrinsic versatility of terrazzo suggests the use of alternative ingredients in its mixture, as well as experimental processes for the production of the sheets to reduce waste to a minimum. The Kazakh designer residing in Germany Enis Akiev proposes tiles in post-consumer marine plastic, developing a production process inspired by the formation of sedimentary rocks, and giving rise to plastiglomerates: stable polymer compounds for light packaging, with a structure similar to stone and a natural look. The young designers Marten van Middelkoop and Joost Dingemans founded the company Plasticiet in Rotterdam in 2018 to rethink our perceptions of plastic, transforming it into a resource on a local level. The 800x800 mm panels are made with companies in the Netherlands that have large grinding plants. The reference to the texture of terrazzo aims at suggesting a high-quality durable material. Finally, the Dutch technological construction company Aectual makes large floors in marble composite, using fragments of various sizes, held together by bio-base resins. But the new development lies in the process: the floors are 3D printed by large robotic arms. Among the designers who have experimented with this technology, Patricia Urquiola, Mae Engelgeer and DUS Architects. And an age-old technique finds a new field of expression in digital making. CAPTIONS: pag. 76 The company Aectual produces custom floors in resin and marble composite using large robotic arms. Below, a table from the Collecta series by Alberto Bellamoli that plays with the sizes of stone fragments. pag. 77 The top of the large table created for Caffè Populaire in the former Cova factory in Milan. It is produced in Silipol by Mariotti Fulget, and designed by the studio DWA. pag. 78 Lower left, Enis Akiev makes tiles in post-consumer marine plastic, with a natural look. The production process is based on the formation of sedimentary rocks, layer by layer, amalgamated by pressure. Right, Robin Grasby produces a terrazzo in resin and stone waste, made by hand. Below, the Dorsoduro cabinet designed by Antonio De Marco and Simone Fanciullacci for Secondome, with fine aggregate produced by Grandinetti. pag. 79 Right, the Mirazzo collection by Robert Sukrachand references vernacular furnishings from Bangkok, the place of origin of the designer’s family. The terrazzo is produced with fragments of colored and antique-finish mirrors and epoxy resin, polished with marble dust. Above, the Dutch company Plasticiet makes flat terrazzo-effect surfaces in recycled plastic. The reference to an antique material is aimed at giving scrap materials a precious look. The production is done in Holland and involves the local plastics industry.

P80. MATERIAL SPIRITS article Stefano Caggiano

THE ‘UNTIMELY’ PIECES BY FEDERICO PAZIENZA INTERPRET DIGITAL TASTE THROUGH AN ANTIQUE AESTHETIC, TO ESCAPE FROM THE FRENZY OF THE TIMELY AND TO SUGGEST A DIRECTION FOR THE PROCESS OF SECULARIZATION OF OBJECTS Objects have never been mere inert presences. Since ancient times, ‘things’ have always existed alongside people as benevolent or malevolent companions, repositories of memory or silent bearers of hope. Hence the form, always rich, dense, figural. It was only with the advent of industrial modernity

that the ‘existential vibration’ of the object, cut off from its functional body, was reduced to mere ‘ornament,’ to be eliminated if possible. This was so until the years of the postmodern, when design culture went back to inserting a new animistic content in products. Today we are entering a subsequent phase in which objects are animated not only in a symbolic way, but also literally, functionally, through digital technologies that enable them to talk with us, to know where we are, to give us directions and suggestions. More generally, the digital has launched a process of secularization of the object, through which what was a symbolic quality in the ancient world becomes effective performance; what was metaphor in the field of art is now a real ability of the object to independently act and ‘sense.’ Starting with awareness of the ‘digital secularization’ of the object, the young designer Federico Pazienza – who previously worked with Gijs Bakker, founder of Droog Design – arrived at the Salone Satellite with the collection Material Spirits, composed of a few surprising ceramic vases with an intentionally ‘antique’ appearance. Not copies of classical vases, but contemporary objects whose decoration, traced with Attic sensibility, at the same time conveys a vectorial attitude. Pazienza has attempted to pull of a real feat: to transfuse the living blood of a contemporary aesthetic proposal into the still body of an antique object. The meaning of such an extremely sophisticated operation can be summed up in two fundamental concepts. The first is the need to prepare the advent of a new design phase in which digital properties are no longer ectoplasms of synthesis but sensorial qualities of the ‘augmented’ object. The second is to propose an alternative temporality with respect to the one reigning in the era of Instagram. The ‘material spirits’ of Pazienza, breaking with the evanescent flux of extreme novelties, are rooted instead in the deep time of Greek techné, reacting to the digital taste of the contemporary spectator with the same freshness with which they would react to the cavernous gaze of the ancient observer. CAPTIONS: pag. 80 Federico Pazienza (above), after a period of geographical and professional exploration in Finland, the UK and the Netherlands (where he worked with Gijs Bakker), has opened a studio in Rotterdam, where he now lives and works. In his project he attempts to unite the digital aesthetic and traditional crafts techniques. Photo by Fabrizia Vittori. The pieces of the Material Spirits collection, the result of in-depth research conducted in the archives of the Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, are made in collaboration with the ceramist Maurizio Russo. The explicit reference is to Apulian and Attic red-figure pottery (530-300 BC). The decorations represent classic themes of hunting, mythology and convivial existence. Above, Cratera vase. Right, from top, Psykter vase, Kylix plate (seen from above and from the side), Lekythos vase. Photo Francesco Minotti. pag. 81 Material Spirits wallpaper, made by hand by residents of the San Patrignano Design Lab. The San Patrignano community welcomes young people with problems of drug dependency and adjustment, helping in their rehabilitation through the practice of crafts. Photo Federica Pazienza Studio.

DesignINg SHOOTING

P82. SUMMER COLORS by Nadia Lionello - photos Simone Barberis

NEW FURNISHINGS, FABRICS AND COVERINGS, MATERIALS WITH HUES INSPIRED BY THE MEDITERRANEAN LANDSCAPE CAPTIONS: pag. 82 Tribeca Lounge stackable two-seat sofa for outdoor use, with structure in coated steel tubing and ribbons of extruded PVC with nylon core, vertically warped, in 8 color variations. By CMP Design for Pedrali. On the wall, Plié LED wall lamp in polished brass, in diameters of 39 and 49 cm, designed by Paolo Dell’Elce for Il Fanale. Dune Terra 5x10 cm tile from the Biscuit collection produced by 41zero42: single-fired white clay with five three-dimensional designs, or smooth in the colors white, earth, sage green and midnight blue. pag. 83 Aronte table with cross structure and legs in coated iron, top in matte lacquered MDF or marble. The top, structure and legs come in three different colors upon request. Design Giulio Iacchetti for My Home. Revolver cup, vases and bowl in orange or ochre yellow glazed terracotta. Design Christoph Radl for Bitossi. On the wall: right, Diarama glazed porcelain stoneware tile in the format 9.4 x 18.7 cm, in seven color options. Design Hella Jongerius for Mutina. Center, Seventies digital-print Alcantara® in three colors, height 140 cm. Left, Forêt end-grain collection, wall cladding in oak blocks in the Burnt finish, cut with the end-grain system and assembled in different compositions. Designed by Raphael Navot for Oscar Ono Edition. pag. 84 Telar outdoor chair in glossy coated steel tubing, seat with elastic belting covered in Rope yarn, woven by hand; available in a wide range of colors. Design Lina Obregón for Paola Lenti. Olli of Love, rotomolded polyethylene flower vase in the multicolored or arabesque lacquer versions. Design Slide Studio for Slide. On the wall, left, Cordoba lampas in silk, linen


and viscose blend, made by Rubelli in ten color variants with 70 cm design and height of 140 cm. Right, Lineadeko, birch surface with printed graphic pattern; design Aldo Cibic per Inkiostro Bianco. Below, striped surface finished with transparent acrylic wood varnish for high surface strength, resistant to yellowing, from Ilva wood coatings. pag. 85 Caryllon round table with lacquered square-section wooden base, top inlaid with strips of dyed straw and border in lacquered solid wood. Design Cristina Celestino for Gebrüder Thonet Vienna. Mongolfiera table lamp in Murano blown glass, with four color options. Design Matteo Zorzenoni for NasonMoretti. On the wall: left, 60x60 cm tile from the Venice Villa collection by FMG Fabbrica Marmi e Graniti in full body porcelain stoneware and crushed marble, six color options, four formats and special pieces. Center, Campus jacquard fabric for outdoor use in polypropylene by Dedar, in six color variants, design size 13.5 x 11.5, height 140 cm. Right, Bowl by Iris Ceramica, 10x20 cm tiles in semigres, with six glossy and four matte colors. pag. 86 Donna stackable chair with coated metal structure, lightly padded seat covered in fabric with the possibility of personalization of colors, finishes and fabrics. Design Studio Irvine for Baleri Italia. Mix tablecloth, 180x260 cm, in 100% printed abaca, by Society. On the wall, above, Cubo parquet from the Forme Antico Asolo collection, including different compositions made by hand during installation, produced by CP Parquet in a range of wood types (in the photo, European walnut). Below, Magnum water-base enamel in the satin version; odorless and fingerprintproof, certified Haccp* and A+. Part of the I Coordinati collection by Boero. Right, Camaguey 20x20 cm tiles in marble composite, from the Cuba collection, design Laura Renna, produced by Mipa with personalized coloring. pag. 87 Calamobio chest of drawers in wood with multicolored inlays, handles in red anodized aluminium; part of a series of nine numbered and signed pieces. Designed in 1985 by Alessandro Mendini for Zanotta Edizioni. On the wall, Portofino LED applique in polished brass with fabric shade by Dedar, designed and produced by Servomuto. Push It Four jacquard fabric for decorative use, lightly padded, from the Progetto Tessuti collection designed by Dimorestudio and produced by Dimoremilano in cotton-silk-viscose blend, design module 10 cm in three color variants. Top, Gentleman Blue, the new finish of the Saga2 line for professional high-traffic floors. 100% recyclable with base in soundabsorbing cork; also for application over already existing floors. Produced by Gerflor. pag. 88 Griot chair with structure in coated steel, seat in handwoven colored polyester strips, back in tin, decorated by hand; designed by Gala Fernández for Moroso. Gilberto table from the Bossa Nova collection designed by Pepa Reverter for Bosa, in ceramic glazed with multicolored patterns and decorations, or in black and white. On the wall, to the left, tile from the Urban collection in full-body sintered stone, in the Brooklyn color, produced by Lapitec® in slabs measuring 1500x3365 cm, and four color options. Right, Primitiva tiles, 25x25 cm, in porcelain stoneware with screen-printed motif in three color variants. Designed by Studiopepe for Ceramica Bardelli. Below, Grafica jacquard fabric for decorative drapes or upholstery, by Agena, in 100% Trevira CS with design module of 71x 92 cm, in the height 140 cm, with five colors pag. 89 Ensemble Caillou, relaxation cot from the Ceci est un Caillou collection designed by Simone Cagnazzo for Liu.Jo Living Collection, composed of a carpet in water-repellent polyester, pad and ottoman in polyurethane foam, cushion in polyester wadding, covered with removable fabrics in a range of color combinations. Lodi luggage stand in solid ash or walnut, designed by Giulio Iacchetti for Internoitaliano. On the wall, right, Fuga, a cross-shaped copper element designed by Studio Irvine; part of the TerraFrame system that combines rigid pieces with a mixture of raw earth. Produced by Matteo Brioni. D_Segni Colore Tappeto 8 composed of cementina tiles measuring 20x20 cm in porcelain stoneware, by Marazzi. At the center, Caleidolegno Blu MN.00.411 by Tabu, a striped multilaminar veneer in stained wood, resistant to light.

P90. EVERGREEN by Carolina Trabattoni - photos Paolo Riolzi

IN ITS INFINITE SHADES, THE COLOR OF NATURE TRIUMPHS IN DECOR AND DESIGN. AND THE HOUSE BECOMES A LANDSCAPE CAPTIONS: pag. 90 From left, La Geometria della Natura, Canopea pattern, printed carpeting made with regenerated yarns obtained through an innovative process of transformation of nylon waste, design Carolina Nisivoccia for Radici. Vitreo floor-mounted washstand in Cristalmood with floor drain, designed by Carlo Colombo_Andrea Lupi, Antoniolupi. Low Pad Anniversary chair by Jasper Morrison, in a limited edition covered in fabric by Christopher Farr, made by hand from an original drawing by Anni Albers, Cappellini. Moving Forest 1 carpet in New Zealand wool by Deanna Comellini for G.T.Design. Foglia oval table mirror by Zanellato/Bortotto, with silver mirrors and glass leaves applied by hand, Visionnaire. Aliko bench designed in 1982 by Gianni Arnaudo with structure in bent tubing and gold finish, seat padded and covered in velvet, by Barel. Background, Pinus Pinaster, photograph by Carolina Trabattoni. pag. 93 On this page, Dega® Energy, patented magnetic resin, enhanced by pigments with magnetic and conductive properties, for floors and walls, by Gobbetto. Terrarium, a glass object containing miniature landscapes of moss and plants, TerrariumArt. Facing page, USM Haller-E,

modular furnishing system for free configurations thanks to the chromiumplated brass joint that connects the tubes and facing panels in coated metal. The structure contains a wireless system for electrical current. In the photo, the prototype made in collaboration with Ecosphere Institute in Graz, containing vases and plants of different sizes, USM Modular Furniture. Background, Limpha Arborea, a slab of porcelain stoneware with the Bios Self Cleaning® treatment to reduce pollution, Casalgrande Padana. 95 From left, Cielo carpet in synthetic fiber from the Atavica collection by Marcantonio for Opinion Ciatti (also at the edge of the photo). Eden floor lamp with sound-absorbing sheet and LED light applied with a magnet, design Dante Donegani & Giovanni Lauda for Rotaliana. Pigreco stool in polypropylene by Francesco Meda for Colos. Ines upholstered chair with matte black metal structure covered in Leaves printed velvet with green foliage motifs on pink base, design Busetti Garuti Redaelli for Calligaris. Wing chair with frame in coated aluminium and woven cord for outdoor use, in the color Forest Green, cushions in Quick Dry Foam, Luxury Living Outdoor. Plato stackable outdoor chair by Jasper Morrison with seat in die-cast polyester-coated aluminium, by Magis. pag. 97 From left, Tape Cord Outdoor, Nendo Design for Minotti, chair with metal structure covered in woven fiber with mud-color wicker effect, waterproof and ecocompatible cushions, Fortaleza fabric in forest green. Laze outdoor sofa with shell in stainless steel and polyester cords, design Gordon Guillaumier for Roda. Moving Forest 2 carpet in New Zealand wool by Deanna Comellini for G.T.Design. Panama daybed by Ludovica & Roberto Palomba for Talenti with structure in aluminium woven with green synthetic cord, pad and cushions covered with Outmap and Outcross fabrics by Paola Navone for Dominique Kieffer by Rubelli. On the wall, Bambuseae, photo by Carolina Trabattoni.

DesignINg REVIEW

P98. NEW PLOTS by Katrin Cosseta

DESIGN APPLIED TO THE TRADITIONAL ART OF WEAVING FOR INDOOR AND OUTDOOR FURNITURE WITH A CONTEMPORARY SPIRIT, COMBINING THE CHARM OF HANDIWORK WITH THE HIGH PERFORMANCE OF MATERIALS. NAUTICAL ROPES, NATURAL FIBERS, MULTICOLORED STRIPS OF LEATHER OR PVC, LOOSELY OR DENSELY WOVEN TO CREATE ORIGINAL STRUCTURAL PATTERNS CAPTIONS: pag. 98 Detail of the back of the Neil Twist chair by Jean-Marie Massaud for MDF Italia. The structure is in steel rod, the weave in polyester cord in five colors, made by hand, with contrasting inner cross-stitching. pag. 99 From left: Anatra outdoor chair by Patricia Urquiola for Janus et Cie, with frame in powder-coated aluminium in two finishes, supporting woven cord (Cadet fabric) in platinum-cyan or nickel-cyan two-tone fabric. Peter chair by Antonio Citterio, from the new Flexform outdoor collection. The structure is in stainless steel, also available with epoxy powder coating in four colors; the weave of the seat and back is in polypropylene fiber or polyurethane rubber, with colors ranging from natural tones to bordeaux and olive green. pag. 100 From left: Kilt lounge chair by Marcello Ziliani for Ethimo, offered in natural teak with sand-color woven cord, or pickled teak and dark gray cord. Mali outdoor chair designed by Federica Biasi for Potocco, produced with structure in iroko wood, back woven with Fly fabric ribbon. pag. 101 From left: Mbarq outdoor three-seat sofa with high back by Sebastian Herkner for Dedon, with structure in powder-coated aluminium and synthetic fiber weave in the Chestnut color, a three-tone mélange developed by Giulio Ridolfo. Manao chair designed by Paola Navone for the Open Air Collection of Baxter, with structure in Manila rattan and woven technical cord covered in Cloister Gray leather. pag. 102 From left: Buit outdoor chair designed by Mayice Studio for Gandiablasco, with structure in anodized or powder-coated aluminium, on which to apply special quilted outdoor fabric from Febrik by Kvadrat. Diamond armchair by Marcel Wanders for the Objets Nomades 2019 collection of Louis Vuitton; woven structure, in ash wood and leather, with gilded brass rivets pag. 103 From left: Cielo by Sebastian Herkner for Ames, high-back lounge chair with structure in powder-coated steel tubing, seat and back in elastic belting installed by hand in Colombia using the traditional ‘Momposino’ technique. Aërias lounge chair by Ippolito Fleitz Group / Tilla Goldberg for Classicon; the coated steel structure supports a weave of two-tone reinforced leather, with a maxi-motif resembling Vienna straw. pag. 104 From left: Bungalow by Jamie Durie for Riva1920, upholstered chair with leather cover, structure in solid turned teak, assembled and polished by hand, supporting a weave of outdoor fabric strings. The folding Cuba Chair by Morten Gøttler for Carl Hansen & Søn comes in the classic indoor version in oak and cotton fabric, and an outdoor version in teak with flat water-repellent woven cord. pag. 105 From left: Erica ‘19 by Antonio Citterio for the B&B Italia outdoor collection, chair with structure in die-cast and extruded aluminium coated with polyester powder, in the new sage green color with woven ribbons of natural-color synthetic fabric. Carousel chair by Sebastian Herkner for Emu, with aluminium structure and shell for seat and back in curved thermoplastic, combined with woven cord.


41ZERO42 SRL Via Monte Mongigatto 24 - Int. 11 41042 FIORANO MODENESE MO, Tel. 0536839350 Fax 0536 839360, www.41zero42.com, info@41zero42.it ADAMI MASSIMILIANO Via G. La Farina 18, 20126 MILANO, Tel. 3396590157 www.massimilianoadami.it, massi.adami@libero.it AECTUAL Asterweg 149, NL 1031 HM AMSTERDAM Tel. +31 20 229 1786, www.aectual.com, info@aectual.com AGENA srl C.so Unione Sovietica 225, 10134 TORINO Tel. 0113171919, Fax 0113172000 www.agenagroup.it, agena@agenagroup.it ALCANTARA spa Via Mecenate 86, 20138 MILANO, Tel. 02580301 www.alcantara.com, info@alcantara.com AMES August- Harch Strasse 7-9, D 56637 PLAIDT Tel. +49 2632 700891, www.ames-design.com www.ames-shop.de, shop@ames-design.com AMURA N.E.W.S. srl S.S. 96 km 96+800 Z.I. Mellitto 70025 GRUMO APPULA BA, Tel. 0806180121 Fax 080603620, www.amuralab.com, info@amuralab.com ANTONIO LUPI DESIGN spa Via Mazzini 73/75, 50050 CERRETO GUIDI FI Tel. 0571586881, www.antoniolupi.it, lupi@antoniolupi.it AQUALIFE srl S.S. Maglie-Leuca km 12,600, 73030 SURANO LE Tel. 0836938405, www.aqualife.it, info@aqualife.it ARPER spa Via Lombardia 16, 31050 MONASTIER DI TREVISO TV Tel. 04227918, Fax 0422791800 www.arper.com, info@arper.com ARTEMIDE spa Via Bergamo 18, 20010 PREGNANA MILANESE MI Tel. 02935181, www.artemide.com ATELIER CRESTANI di SIMONE CRESTANI Via Boschi 36/A, 36043 CAMISANO VICENTINO VI Tel. +39 3932399458, www.simonecrestani.com info@simonecrestani.com B&B ITALIA spa Strada Provinciale 32 n.15, 22060 NOVEDRATE CO Tel. 031795111, www.bebitalia.com BALERI ITALIA srl Via G. Verdi 42, 24060 TELGATE BG, Tel. 0358365111 www.baleri-italia.com, info@baleri-italia.com BAREL srl Via Bra 16, 12084 MONDOVÌ CN Tel. 017443001, Fax 0174481073 www.barel.it, info@barel.it BAXTER srl Via Costone 8, 22040 LURAGO D’ERBA CO Tel. 03135999, Fax 0313599999 www.baxter.it, info@baxter.it BELLAMOLI ALBERTO STUDIO Klostergade 7b, DK KOLDING 6000 www.albertobellamoli.com, info@albertobellamoli.com BISAZZA spa V.le Milano 56, 36075 ALTE DI MONTECCHIO VI Tel. 0444707511, www.bisazza.com, info@bisazza.com BITOSSI CERAMICHE srl Via A. Gramsci 16, 50056 MONTELUPO FIORENTINO FI Tel. 057151403, Fax 0571519281 www.bitossiceramiche.it, info@bitossiceramiche.it BOERO BARTOLOMEO spa Via G. Macaggi 19, 16121 GENOVA Tel. 01055001, Fax 0105500300 www.boero.it, sales.boero@boero.it BOSA ITALO BOSA srl Via Molini 46, 31030 BORSO DEL GRAPPA TV Tel. 0423561483, www.bosatrade.com press@bosatrade.com CALLIGARIS spa Via Trieste 12, 33044 MANZANO UD Tel. 0432748211, www.calligaris.com CAMP ADVENTURE Denderupvej 9A, D 4690 Haslev Tel. +45 38 15 00 30, www.campadventure.dk info@campadventure.dk CAPPELLINI CAP DESIGN spa Via L. Busnelli 5, 20821 MEDA MB Tel. 0362372486, Fax 031763322 www.cappellini.it, cappellini@cappellini.it

118 / luglio-agosto 2019 INTERNI

CARL HANSEN & SON A/S Hylkedamvej 77-79, Bygning 2, DK 5591 GELSTED Tel. + 45 66121404, Fax +45 65916004 www.carlhansen.com, info@carlhansen.com CASALGRANDE PADANA spa Via Statale 467 73, 42013 CASALGRANDE RE Tel. 05229901, Fax 0522841010 www.casalgrandepadana.it, info@casalgrandepadana.it CASSINA spa Via L. Busnelli 1, 20821 MEDA MB Tel. 03623721, www.cassina.com, info@cassina.it CERAMICA BARDELLI ALTAECO spa Via G. Pascoli 4/6, 20010 VITTUONE MI Tel. 029025181, Fax 0290260766 www.ceramicabardelli.com, info@ceramicabardelli.com CERAMICA FLAMINIA spa Via Flaminia km 54,630, 01033 CIVITA CASTELLANA VT Tel. 0761542030, Fax 0761540069 www.ceramicaflaminia.it ceramicaflaminia@ceramicaflaminia.it CLASSICON GMBH Sigmund-Riefler-Bogen 3, D 81829 MÜNCHEN Tel. +49 89 748133-0, Fax +49 89 7809996 www.classicon.com Distr. in Italia: IDF INTERNATIONAL DESIGN FURNITURE Via Simoni 16 P.O. Box 46, 33097 SPILIMBERGO PN Tel. 0427927165, Fax 0427928018 www.idfgroup.it, info@idfgroup.it COIN srl Via Maderna 11, 30174 MESTRE - VENEZIA Tel. 0415065100, www.coin.it, www.coincasa.it COLOS CERANTOLA spa Via Giorgione, 31037 RAMON DI LORIA TV Tel. 0423755013, www.colos.it, info@colos.it COOPER-HEWITT, NATIONAL DESIGN MUSEUM Smithsonian Institution, 2 East 91st Street USA NEW YORK, NY 10128 Tel. +1 2128498400, www.cooperhewitt.org CORALLA MAIURI srls Piazza Navona 114, 00186 ROMA, Tel. 066872769 www.corallamaiuri.it, corallamaiuri@gmail.com CP PARQUET Via Rosset 2/8, 31017 CRESPANO DEL GRAPPA TV Tel. 042353305, Fax 0423538993 www.cpparquet.it, info@cpparquet.it CREATIVE MEDITERRANEAN United Nations Industrial Development Organization (UNIDO) Agribusiness Development Department Vienna International Centre, P.O. BOX 300, A 1400 WIEN www.medcreative.org, www.unido.org creativemediterranean@gmail.com CUBE DESIGN MUSEUM Museumplein 2, NL 6461 MA KERKRADE Tel. +31 45 567 6010, www.cubedesignmuseum.nl info@cubedesignmuseum.nl DE SIMONE LIVIO Via Pietro Nenni 36/41, 80018 NAPOLI, Tel. 0817643827 www.liviodesimone.com, info@liviodesimone.com DEDAR spa Via della Resistenza 3, 22070 APPIANO GENTILE CO Tel. 0312287511, www.dedar.com marketing@dedar.com DEDON Zeppelinstraße 22, D 21337 LÜNEBURG Tel. +49 41 31224470, Fax +49 41 312244730 www.dedon.de, info@dedon.de DELVIS www.delvis.com, info@delvis.com DIMORESTUDIO Via Solferino 11, 20121 MILANO, Tel. 0236537088 www.dimorestudio.eu, info@dimorestudio.eu DIVANI & DIVANI NATUZZI spa Via Iazzitiello 47, 70029 SANTERAMO IN COLLE BA Tel. 0808820111, www.divaniedivani.it DOMINIQUE KIEFFER by RUBELLI RUBELLI spa Via della Pila 47, 30175 MARGHERA - VENEZIA Tel. 0412584411, Fax 0412584401 www.dkieffer.com, info@rubelli.com EDITAMATERIA Via Cesare Balbo 39, 10124 TORINO www.editamateria.com, info@editamateria.com ELECTROLUX APPLIANCES spa C.so Lino Zanussi 24, 33080 PORCIA PN Tel. 04341580088, www.electrolux.it servizioclienti@electrolux.it

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ROMETTI Via Canavelle 5, 06019 UMBERTIDE PG Tel. 0759413266, Fax 0759412512 www.rometti.it, rometti@rometti.it ROTALIANA srl Via Trento 115-117, 38017 MEZZOLOMBARDO TN Tel. 0461602376, www.rotaliana.it, info@rotaliana.it RUBELLI spa Via della Pila 47, 30175 VENEZIA - MARGHERA Tel. 0412584411, Fax 0412584401 www.rubelli.com, info@rubelli.com RUBINETTERIE STELLA spa Via Monte Bianco snc, 28040 DORMELLETTO NO Tel. 0321473351, Fax 0321474231 www.rubinetteriestella.it, info@rubinetteriestella.it SCHÜCO INTERNATIONAL ITALIA srl Via del Progresso 42 - Z.I., 35127 PADOVA Tel. 0497392000, Fax 0497392202 www.schueco.it, info@schueco.it SCIBETTA RICCARDO www.riccardoscibetta.it, scibetta.riccardo@gmail.com SECCO SISTEMI spa Via Terraglio 195, 31022 PREGANZIOL TV Tel. 0422497700, Fax 0422497705 www.seccosistemi.it, info@seccosistemi.it SECONDOME DESIGN GALLERY SECONDOME EDIZIONI srl Via Giovanni da Castel Bolognese 81, 00153 ROMA Tel. 0687728650, www.secondome.biz info@secondome.biz SERVOMUTO Via Olona 25, 20123 MILANO Tel. 0291668674, www.servomuto.com info@servomuto.com SLIDE srl Via Lazio 14, 20090 BUCCINASCO MI Tel. 024882377, Fax 024880716 www.slidedesign.it, info@slidedesign.it SOCIETY LIMONTA LIMONTA spa Via C. Battisti 15, 23845 COSTAMASNAGA LC Tel. 031857111, Fax 031857204 www.societylimonta.com, society@limonta.com TABU spa Via Rencati 110, 22063 CANTÙ CO Tel. 031714493, Fax 031711988 www.tabu.it, info@tabu.it TALENTI OUTDOOR LIVING Loc. Le Capanne 45/47/49, 05021 ACQUASPARTA TR Tel. 0744930747, Fax 0744930980 www.talentisrl.com, customerservice@talentisrl.com TERRARIUMART Via Adige 6, 20135 MILANO Tel. 0249480063, www.terrariumart.it UMICORE BUILDING PRODUCTS ITALIA srl VM ZINC® ITALIA Via R. Lombardi 19/16, 20153 MILANO Tel. 024799821, Fax 0247998229 www.umicore.com/en/, www.vmzinc.it/ USM U. Schärer Söhne AG Thunstrasse 55, CH 3110 MÜNSINGEN Tel. +41317207272, Fax +41317207238 www.usm.com, info@ch.usm.com Distr. in Italia: JOINT srl, V.le Sabotino 19/2 20135 MILANO, Tel. 0258311518, Fax 0292887982 www.jointmilano.com, info@jointsrl.it VICTORIA + ALBERT LTD Waterloo Road, UK Ketley - TELFORD TF1 5BA Tel. +441952 221100, Fax +441952 221111 www.vandabaths.com, info@vandabaths.com ZANOTTA spa Via Vittorio Veneto 57, 20834 NOVA MILANESE MB Tel. 03624981, Fax 0362498900 www.zanotta.it, zanottaspa@zanotta.it ZUCCHETTI.KOS ZUCCHETTI RUBINETTERIA spa Via Molini di Resiga 29, 28024 GOZZANO NO Tel. 0322954700, Fax 0322954823 www.zucchettikos.it, marketing@zucchettidesign.it

INTERNI luglio-agosto 2019 / 119


N. 8 luglio-agosto July-August 2019 rivista fondata nel review founded in 1954

on line www.internimagazine.it direttore responsabile/editor GILDA BOJARDI gilda.bojardi@mondadori.it comitato scientifico/board of experts ANDREA BRANZI DOMITILLA DARDI DEYAN SUDJIC consulenti/consultants CRISTINA MOROZZI MATTEO VERCELLONI RUDI VON WEDEL

Nell’immagine: scorcio di Living Tortona a Milano, complesso residenziale di nuova costruzione progettato dallo studio DC10 Architects. Tema guida dell’intervento, la permeabilità tra spazi interni ed esterni. In the image, view of Living Tortona in Milan, the newly built residential complex by the studio DC10 Architects, with the central theme of indoor-outdoor permeability. (foto di/photo by Andrea Martiradonna)

NEL PROSSIMO NUMERO 9 IN THE NEXT ISSUE INsights

DESIGN 2019 PROGETTI E PROTAGONISTI PROJECTS AND PROTAGONISTS INside

ABITARE A MILANO LIVING IN MILAN FocusINg

DOPO LA PLASTICA AFTER PLASTIC ShootINg

DIETRO AL DIVANO BEHIND THE SOFA LE FORME DEL CONTENERE FORMS OF CONTAINMENT

redazione/editorial staff MADDALENA PADOVANI maddalena.padovani@mondadori.it (caporedattore/editor-in-chief) DANILO SIGNORELLO danilo.signorello@mondadori.it (caposervizio/senior editor ad personam) ANTONELLA BOISI antonella.boisi@mondadori.it (vice caposervizio architetture architectural vice-editor) CAROLINA TRABATTONI carolina.trabattoni@mondadori.it (vice caposervizio/vice-editor ad personam) produzione e sala posa production and photo studio KATRIN COSSETA katrin.cosseta@mondadori.it produzione e news/production and news NADIA LIONELLO nadia.lionello@mondadori.it produzione e sala posa production and photo studio ANDREA PIRRUCCIO andrea.pirruccio@mondadori.it produzione e news/production and news rubriche/columns VIRGINIO BRIATORE giovani designer/young designers GERMANO CELANT arte/art grafica/layout MAURA SOLIMAN maura.soliman@mondadori.it SIMONE CASTAGNINI simone.castagnini@mondadori.it STEFANIA MONTECCHI stefania.montecchi@consulenti.mondadori.it ELENA MARIANI elena.mariani@consulenti.mondadori.it segreteria di redazione/editorial secretariat ALESSANDRA FOSSATI alessandra.fossati@mondadori.it responsabile/head ADALISA UBOLDI adalisa.uboldi@mondadori.it assistente del direttore/assistant to the editor contributi di/contributors CHIARA ALESSI ANDREA BAGNATO CARLO BIASIA SCHUMI BOSE STEFANO CAGGIANO MARIA CLARA CAGLIOTI PAOLO CASICCI PATRIZIA CATALANO VALENTINA CROCI DOMITILLA DARDI CLAUDIA FORESTI MARINA JONNA LAURA TRALDI MATTEO VERCELLONI fotografi/photographs SIMONE BARBERIS GIOVANNI DE SANDRE ALBERTO FERRERO PIERANGELO LATERZA MORENO MAGGI ANDREA MARTIRADONNA PAOLO RIOLZI traduzioni/translations TRANSITING SAS

progetti speciali ed eventi special projects and events collaboratori/collaborators ANTONELLA GALLI CARLO BIASIA ANNA BOLLETTA VALERIA MALITO SISTEMA INTERNI 3 Interni Annual monographs Annual Cucina, Annual Bagno, Annual Contract Design Index The Design addressbook Guida FuoriSalone Milano Design Week guide Interni King Size Milano Design Week product preview Interni Serie Oro Volume speciale/Special Edition ARNOLDO MONDADORI EDITORE S.P.A. 20090 SEGRATE - MILANO INTERNI The magazine of interiors and contemporary design via Mondadori 1 - Cascina Tregarezzo 20090 Segrate MI Tel. +39 02 75421 Fax +39 02 75423900 interni@mondadori.it Pubblicazione mensile/monthly review Registrata al Tribunale di Milano al n° 5 del 10 gennaio 1967. PREZZO DI COPERTINA/COVER PRICE INTERNI € 8,00 in Italy

PUBBLICITÀ/ADVERTISING MEDIAMOND S.P.A. Palazzo Cellini - Milano 2 20090 Segrate (MI) Tel. 02 21025259 E-mail: contatti@mediamond.it Vice Direttore Generale Living/ Vice-Director Living Division: Flora Ribera Coordinamento/Coordination: Silvia Bianchi Advertising Manager: Rossella Agnusdei Agenti/Agents: Stefano Ciccone, Simone Salvetti, Mauro Zanella, Paola Zuin Sedi Esterne/External Offices: EMILIA Publiset srl, Via Ettore Cristoni 86 Casalecchio di Reno (BO), Tel. 051.0195126 info@publiset.eu TOSCANA Mediatarget srl, Via degli artisti 6/F Firenze, Tel. 055.7188610 patrizia@mediatargetadv.com PIEMONTE/LIGURIA/VALLE D’AOSTA Full Time srl, Corso Quintino Sella 12, Torino Tel. 011 2387111, info@fulltimesrl.com LAZIO Five Media Communication Viale Bruno Buozzi 107, Roma Tel. 06 36003602, info@fivemediacom.it TRIVENETO (tutti i settori, escluso settore Living/all sectors, excluding Living) Full Time srl, Via Cà di Cozzi 10, Verona Tel. 045 915399, info@fulltimesrl.com TRIVENETO (solo settore Living/ only Living sector) Paola Zuin - cell. 335 6218012 paola.zuin@mediamond.it ROMAGNA/UMBRIA/MARCHE/ ABRUZZO/SAN MARINO Idea Media srl, Via Soardi 6 Rimini (RN) Tel. 054125666, segreteria@ideamediasrl.com CAMPANIA CrossmediaItalia 14 srl, via G.Boccaccio 2 Napoli, Tel. 081 5758835 PUGLIA CrossmediaItalia 14 srl, via Diomede Fresa 2 Bari, Tel. 080 5461169 SICILIA/SARDEGNA/CALABRIA GAP Srl - Giuseppe Amato via Riccardo Wagner 5, Palermo Tel. 091 6121416, segreteria@gapmedia.it

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