DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA Corso di Laurea Triennale in Pianificazione della Città, del Territorio e del Paesaggio
VALORIZZAZIONE E RECUPERO AD USO TURISTICO-NAUTICO DEL WATERFRONT URBANO DI LA SPEZIA
Relatore Prof. Carlo Pisano Correlatore Prof. Matteo Scamporrino Laureanda: Melissa Hoxha Relatore esterno Ing. Davide Vetrala
Matricola: 6382204
Anno Accademico 2020/2021 1
Alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuta. Con affetto.
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Indice INTRODUZIONE ...................................................................................................................................... 8 1 1.1
IL WATERFRONT, PROTAGONISTA DELLE RELAZIONI CITTÀ - PORTO ...................................... 10 Origine e sviluppo ...........................................................................................................................
2 2.1
CASI STUDIO - ESEMPI DI ALTRE PASSEGGIATE E ALTRI PORTI ................................................ 13 Amburgo, HafenCity: un caso di trasformazione urbana e spazi pubblici nel recupero del waterfront ...................................................................................................................................... Il waterfront di Lisbona come rigeneratore dello spazio pubblico ............................................... 16 Rotterdam “Water City”, scenario futuro 2035 ............................................................................ 17 La rigenerazione dei waterfront di Bordeaux e Lione .................................................................. 19 Elementi comuni al porto ligure .................................................................................................... 21
2.2 2.3 2.4 2.5
3 INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELLA CITTÀ E DEL PORTO DI LA SPEZIA ......................... 23 3.1 Inquadramento generale ............................................................................................................... 3.2 Il porto della Spezia: come nasce e come si sviluppa ................................................................... 26 4
AMBIGUITÀ E CONTRADDIZIONI CARATTERIZZANO L’EVOLUZIONE TEMPORALE DEL PORTO SPEZZINO ........................................................................................................................................ 30 4.1 L’aspetto militare della città ottocentesca: l’Arsenale come punto zero .................................... 4.2 Il Novecento e l’avvento dell’industrializzazione del Golfo .......................................................... 32 4.3 Lo sviluppo portuale dalla fine del Novecento sino ai giorni nostri ............................................. 38 5 5.1 5.2 5.3 5.4
UN SUSSEGUIRSI DI SINTONIE E CONFLITTI NELL’AMBITO PORTUALE ..................................... 42 A quali realtà si interfaccia il waterfront urbano? ........................................................................ Il riscontro dei punti di forza e di criticità ...................................................................................... 45 I grandi cluster di occlusione lungo il fronte mare del Golfo ........................................................ 47 La percezione visiva messa a rischio dalle aree che costituiscono un vero limite ...................... 50
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QUADRO NORMATIVO ................................................................................................................... 53 Piano Urbanistico Comunale di La Spezia ..................................................................................... 6.1.1 Il destino economico della città dipende dal mare .............................................................. 6.1.2 Gli obiettivi da perseguire nelle politiche ambientali e di sviluppo economico/territoriale della città, riassunte dall’Autorità Portuale ........................................................................ 56
6.2 Piano Regolatore Portuale ............................................................................................................. 58 6.2.1 Una nuova organizzazione portuale con la legge di riforma .............................................. 6.2.2 Una visione più dettagliata delle opere previste dal piano ............................................... 60 6.2.3 Obiettivi generali e specifici del piano ................................................................................ 64 6.3 Documento di Pianificazione Strategica di Sistema dei porti ..................................................... 67 6.3.1 Delineazione degli obiettivi di sviluppo per la pianificazione strategica portuale ........... 6.4 Piano Integrato per la Mobilità - Piano Urbano della Mobilità Sostenibile ................................. 71 7 7.1 7.2 7.3 4
VERSO DELLE LINEE GUIDA PROGETTUALI ................................................................................ 73 Il progetto concorsuale vincitore dell’architetto Llavador ........................................................... L’importanza degli spazi aperti ...................................................................................................... 76 Individuazione degli obiettivi e linee guida per una vision portuale strategica .......................... 77 5
7.3.1 7.3.2 7.3.3 7.3.4 7.3.5 7.3.6
Intervista con l’Ingegnere dell’Autorità Portuale Davide Vetrala .................................... Calata Paita ....................................................................................................................... 79 Marola ................................................................................................................................. 82 Viale Amendola .................................................................................................................. 86 Terminal Ravano ................................................................................................................ 90 Ruffino ............................................................................................................................... 94
CONSIDERAZIONI FINALI .................................................................................................................... 99 ALLEGATI .............................................................................................................................................. 100 Intervista all’ Ing. Davide Vetrala (Adsp) ............................................................................................. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ............................................................................................................. 104 RINGRAZIAMENTI ................................................................................................................................ 107
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INTRODUZIONE
L’interazione tra città e porto si rivela, dunque, un processo continuo di particolare difficoltà che richiede molti sforzi, soprattutto nella collaborazione tra le diverse amministrazioni competenti.
L’obiettivo di questa tesi è quello di descrivere attraverso un’attenta analisi il territorio portuale spezzino, caratterizzato da varie divergenze critiche che attraversano, in qualche modo, gran parte della costa. Molti elementi si ripetono e si confondono tra loro, generando un enorme caos. Altri fattori, invece, se potenziati, possono costituire un’ottima fonte di rigenerazione economica per la città. Ho voluto, quindi, riportare, dopo un attento studio, le analisi ritenute più rilevanti a sostegno della mia tesi e che pretendono una maggiore attenzione per quanto riguarda l’estensione degli spazi accessibili al pubblico.
Da un paio di anni è emersa la necessità di un maggiore dialogo tra le istituzioni competenti e i vari enti/soggetti coinvolti, che sperimentano forme di collaborazione pubblico-privata sempre più efficaci per investire a lungo termine sullo sviluppo futuro. Ma cos’è che rende la riqualificazione dei waterfront in Italia così difficile? Come mai non si riesce a trovare un accordo per portare avanti queste iniziative? La risposta è legata alla specificità dei porti italiani ad essere porti attivi all’interno della città stessa, mentre in altri paesi sono state utilizzate le aree portuali dismesse per i progetti di riqualificazione del waterfront. In Italia le politiche e le normative adottate mettono in risalto alcune problematiche, tra cui: la disomogeneità delle soluzioni e degli strumenti adottati, la complessità dei contesti e degli interventi. Allo stesso tempo, però, si va verso la ricerca di possibili soluzioni orientate verso la messa a punto di strumenti innovativi e metodi sperimentali per la pianificazione e progettazione degli spazi costruiti sul rapporto tra la terra e l’acqua.
Il tema del waterfront e della relazione tra cittàmare/città-porto è stato e continua ad essere un ambito di ricerca di grande rilievo. Si tratta di un tema diventato di grande attualità a livello internazionale, in grado di considerare opere di riqualificazione e di recupero funzionale non solo nelle grandi realtà urbane, ma anche nelle piccole e medie città affacciate sull’acqua. Mentre in passato il porto è stato parte integrante della città, successivamente si è trasformato in un corpo estraneo, distaccato, conflittuale rispetto alle esigenze urbane. Con il passare degli anni si è osservato questo grosso cambiamento nella relazione tra le due parti, tanto da arrivare ad una situazione in cui queste non comunicano e non interagiscono più tra di loro, hanno vita propria e propri interessi che non combaciano ormai da troppo tempo. Per questo è importante individuare gli strumenti con i quali è possibile gestire tale mutamento relazionale, anche a livello economico, di esigenze per lo sviluppo urbanistico, di tutela e valorizzazione paesistica, sostenibilità culturale e sociale.
Ciò che si vede, purtroppo, è una linea netta di separazione tra la città e il porto, una linea che arreca tensione, conflitto e interessi contrapposti tra le due parti e per questo motivo i porti continuano a separarsi dalle città in quanto, per garantire la loro funzionalità ed efficienza, non posso interagire tra di loro. A dimostrare questo fenomeno in molte città portuali è la linea di separazione che si materializza in barriere, fratture e recinti invalicabili, in grado di impedire la visione stessa dello spettacolo del porto.
Lo scopo principale, dunque, è sicuramente, quello di riconnettere il porto alla sua città e per farlo è necessario riconfigurare tali aree portuali, trasformandole da semplici scali in vere e proprie porte d’accesso per le città stesse per permettere ai cittadini di usufruire delle aree destinate a nuove attività culturali e per il tempo libero, consentendo in questo modo il totale recupero dell’affaccio sul mare.
con le adeguate strumentazioni normative ed istituzionali. Il tema della rigenerazione delle città d’acqua si sta aprendo a nuove opportunità di trasformazione urbana e territoriale, agendo in modo attivo nello scenario della produzione della qualità urbana. Si aprono nuove prospettive, con le conseguenti sfide, per questo tipo di cambiamento ponendo particolare attenzione anche alle condizioni di rischio, alle pressioni antropiche e alle opportunità offerte dall’identità storica e culturale, opportunità di sviluppo e di crescita che connettono il waterfront al sistema produttivo territoriale nella sua completezza. I waterfront sono, di fatti, per loro natura, luoghi densi caratterizzati da una mixitè di funzioni, in cui le risorse e le opportunità, così come le ambizioni delle città, si fanno avanti in una visione di nuove relazioni e nuovi progetti. Tutte le città portuali, in particolare quelle europee, costituiscono il portale di una potente piattaforma produttiva, economica, sociale, culturale ed identitaria. Le città-porto, sempre più considerate come gateway cities, ovvero delle vere e proprie porte di accesso alla città, devono essere in grado di insediare nuove funzioni in modo da rompere l’idea delle aree marginali e degradate che spesso caratterizza le aree portuali, per poter ambire a luoghi di identità di una comunità locale con l’implementazione dei valori che li caratterizzano. Il waterfront è, dunque, oltre a una semplice fascia che si affaccia sul mare o su un fiume, anche un nuovo atteggiamento della città che entra in contatto diretto con questa parte di territorio che fornisce la chiave per comprendere molti aspetti della città contemporanea, in grado di trasformare e interagire con l’intero centro abitato e non solo limitandosi al perimetro costiero. Per questo motivo, i waterfront vengono considerati dei generatori di qualità urbana che mettono in risalto gli aspetti turistici, culturali e produttivi del posto.
Questo è il tema che regola il principio di riqualificazione dei waterfront in Italia, ovvero una zona filtro dove far convivere non solo due realtà economiche e sociali, ma anche due piani: quello urbanistico e quello portuale. Un tema che merita di essere approfondito culturalmente e assimilato 8
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1. IL WATERFRONT, PROTAGONISTA DELLE RELAZIONI CITTÀ - PORTO
1.1 Origine e sviluppo Il termine inglese “Waterfront”, tradotto alla lettera, equivale al cosiddetto “Fronte mare” o meglio “Fronti di territorio a contatto con l’acqua”. La parola “Fronte” sta ad indicare un limite, un bordo o una soglia, non con il semplice significato di linea ma come fascia di territorio dove si incontrano identità diverse come l’acqua e la terraferma, in cui l’uomo ha costruito, col passare del tempo, edifici ed infrastrutture che ne hanno modellato forma e struttura. Il secondo termine “mare” indica l’acqua come risorsa di vita dell’uomo nei secoli, che lo ha portato a difendersi da quelli che sono i fenomeni disastrosi causati da tale risorsa, quali esondazioni, mareggiate, ecc. I waterfront, considerati, dunque, aree urbane costiere adiacenti a grandi masse d’acqua (es. mari, fiumi e laghi), attraggono ed ospitano una quantità considerevole di popolazione in particolare per la rilevanza socio-economica assunta nel corso della storia. Possiedono, in alcuni casi, una varietà di ecosistemi ricchi di biodiversità che vengono descritti comunemente come aree di interfaccia o transizione tra territorio e mare. Attualmente si tratta di aree organizzate e gestite come multifunzionali e versatili, all’interno di due lembi: il lungomare e la linea di battigia. Alla base del concetto è importante riconoscere questi sistemi. Si tratta di sistemi complessi caratterizzati da due componenti che interagiscono tra loro: i sistemi naturali, che includono differenti posizioni eco sistemiche e geologiche come estuari, delta, scogliere, spiagge, dune, lagune ecc.; e quelli umani o artificiali che sopportano una grande varietà dinamica di attività socio-economiche e scambi culturali. La storia del waterfront ha inizio a partire dagli anni ‘60 con i grossi processi di trasformazione che riguardarono, principalmente, i porti maggiori del Nord America e dell’Europa. L’ingombro,
però, delle grosse componenti di appartenenza dell’ambiente industriale come i container, le navi, le nuove tecnologie di movimentazione delle merci e il declino del trasporto passeggeri, portarono ad un fenomeno di abbandono di queste aree portuali storiche e, le persone, iniziarono così ad indirizzarsi verso nuovi luoghi in cui risiedere. In Italia la situazione cambia, in quanto i porti sono localizzati nel cuore delle città all’interno di territori fortemente urbanizzati. Sono avvenuti dei casi di decentramento come a Trieste, Genova (Voltri) e Savona (Vado Ligure), ed è proprio questa condizione e la separazione tra il piano regolatore del porto e quello urbanistico che rendono complicati i programmi e progetti di riqualificazione di waterfront in Italia. I sistemi costieri urbani hanno tre componenti predominanti: - Sono caratterizzati da aree residenziali, infrastrutture per il trasporto marittimo e terrestre, da insediamenti industriali e aree portuali, attive e dismesse; - dalle attività antropiche adiacenti alla linea di costa, quali pesca, acquacoltura, sport, tempo libero, turismo e le attività che già da tempo hanno condizionato l’ambiente lungo la linea di costa come le dighe, l’inquinamento del suolo e dell’acqua e la deforestazione; - dalle istituzioni legali e giurisdizionali, dai supporti culturali, dalle organizzazioni territoriali e dalla legislazione racchiusa all’interno delle aree costiere. Al giorno d’oggi, ad ogni modo, la riqualificazione del fronte mare portuale è situato al centro di grandi progetti di riconversione urbana: Barcellona, Londra, Buenos Aires, Rotterdam, Amburgo, Sidney. Solamente da alcuni decenni, in Italia il termine indica proprio la riqualificazione del porto cittadino e della fascia urbana immediatamente retrostante a cui vengono assegnate funzioni non mercantili per mitigare l’impatto ambientale, attrarre flussi turistici con le varie attività presenti e migliorare il paesaggio. I waterfront, perciò, non rappresentano una 10
semplice linea, ma una rete di luoghi e funzioni, di ricuciture tra la costa e la città, tra i parchi e le attività urbane; non sono zone chiuse al pubblico, ma accessibili a tutti; non costituiscono soltanto luoghi di fruizione ricreativa, ma anche la mixitè di attività produttive e commerciali rilevanti.
e ludiche; - non è un’area chiusa e protetta, ma un’interfaccia osmotica, esso è un perimetro permeabile, talvolta rigido, ma altrettante volte spugnoso, fino a proporsi come confine “liquido” della città; - non è un nodo locale, non si esaurisce nella sua relazione con la città, ma è l’incrocio di fasci infrastrutturali (marini e terrestri) che lo attraversano e che lo alimentano, è un nodo di una rete sempre più planetaria di energie relazionali, connesso ad altri luoghi, ad altre città, ad altri waterfront; - non è solo un nodo, ma è soprattutto un luogo formato dall’intersezione di usi, di funzioni e di flussi: è sintesi creativa di spazio e di comunità, è contemporaneamente un luogo fisico e relazionale; - non può essere considerato come un luogo dello svago (la retorica della rigenerazione urbana troppo spesso ha prevalso), non si limita ad essere una “macchina di intrattenimento” da offrire al turismo internazionale, ma è un luogo attivo di produzione e di commercio: è quindi una macchina funzionale delicata; -infine, un waterfront non è solo storia (non esprime solo la necessità della conservazione) e non è solo futuro (non richiede di cogliere le opportunità della trasformazione), ma è sintesi feconda di identità e prospettive: è un luogo in cui la sapiente conoscenza storica alimenta le visioni per il futuro, in cui l’ambizione delle strategie produce un’efficace interpretazione del passato ».
Il processo di rivalorizzazione dei waterfront è iniziato da diversi anni e si sta sviluppando con forza in tutto il mondo, attraverso varie richieste quali: la disponibilità di aree adiacenti ai porti non più utilizzabili per le attività portuali (depositi container lontani dai porti), un miglioramento della qualità delle acque legate ai processi di disinquinamento delle coste, la tutela dei siti storici, l’attenzione sui problemi della qualità della vita in quanto i waterfront riflettono i cambiamenti sociali, economici e tecnologici. Rilevante è anche il tema del rapporto tra il waterfront e le infrastrutture viarie, specialmente quella ferroviaria, che hanno causato in molti casi chiusure del fronte verso il mare di importanti città e litorali e, per questo, il rapporto tra le due componenti inizia ad assumere una nuova forma per lasciare spazio al rapporto e legame con il mare (come i casi della Liguria di Ponente), le cui linee dismesse sono state trasformate nei cosiddetti “Greenway” (es. la ex linea ferroviaria nei pressi di Sanremo). Il concetto di waterfront viene ben descritto da Maurizio Carta 1 nella sua pubblicazione scientifica “I waterfront come generatori di qualità urbana” (2008). Si tratta di un saggio sui principi fondativi dei fronti mare, in cui illustra molto bene la chiave per interpretare al meglio questa formazione, definendola un’identità plurale attraverso sette tipi di ambiguità, ovvero sette punti di vista multipli che sono in grado di restituirne un’immagine complessiva, sette postulati che definiscono “cosa un waterfront non è”:
Si tratta, dunque, di una riqualificazione basata sull’identità dei luoghi, che evita gli incrementi di pressione e di rischi sul patrimonio storico lungo i fronti costieri delle città. Guardare alla modernità non vuol dire solamente “costruire del nuovo”, ma intervenire nello spazio presente prendendo coscienza dei segni del passato, rendendoli propri, per strutturare lo spazio del futuro, ovvero guardare più da vicino quel che è il carattere culturale dei waterfront, all’interno dei quali sono riconoscibili i segni della storia che ne strutturano il territorio. Alcuni studi recenti, da parte dell’ Università americana “Johns Hopkins”, hanno dimostrato i vantaggi del contributo che le aree urbane costiere possono avere nella sfera dello sviluppo
« - Non è una linea ma una rete di luoghi, di funzioni, di innesti e ricuciture tra la costa e la città, tra le attività portuali e le attività urbane; - non si identifica solo con l’area portuale, ma si dispiega lungo la costa come sito dell’addensarsi di funzioni abitative, produttive, relazionali, culturali 1
Maurizio Carta è professore di Urbanistica nell’ Università di Palermo
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sostenibile e il potenziale delle medesime aree potrebbe essere ulteriormente arricchito in termini di sostenibilità se fossero pensate come sistemi integrati fra l’aspetto ecologico, sociale ed economico (Hopkins 2012, Newton). Il fenomeno che stressa continuamente le aree dei waterfront è, sicuramente, quello dei cambiamenti climatici, causati sia da sistemi naturali che artificiali. I rischi a cui sono sottoposte le aree costiere sono rappresentati dalle inondazioni prodotte dall’innalzamento del livello globale dei mari, dai danni causati da eventi esterni quali cicloni tropicali, forti precipitazioni, periodi di siccità e ondate di calore. Tutti questi rischi producono impatti sulla salute umana, sulla disponibilità dell’acqua e sulla presenza di cibo nelle aree costiere. Per questo motivo, risulta molto importante porre l’attenzione sulla gestione delle aree urbane costiere che comprendono non solo i fattori naturali ma anche le attività antropiche che contribuiscono al funzionamento del sistema. L’intento è quello di progettare un intervento in grado di rispondere ai differenti impatti risultanti da qualsiasi tipo di cambiamento, come quello climatico, tramite un disegno che si adegui al tessuto urbano costruito e supportato da politiche territoriali. Il progetto urbano diventa l’occasione per definire nuovi scenari evolutivi in grado di risolvere le problematiche attuali e future, ma soprattutto uno strumento capace di prevenire conseguenze maggiormente dannose. Il disegno racchiude e relaziona, così, le misure utilizzate per risolvere le problematiche ambientali (es. inondazioni urbane, incremento del livello dei mari, esondazione dei fiumi, periodi di siccità) e delle problematiche funzionali sotto il profilo urbanistico (infrastrutture di trasporto, aree residenziali esistenti, attività economiche presenti, aree di nuova espansione del tessuto urbano e aree di completamento del tessuto urbano).
Al giorno d’oggi l’offerta turistica si sente protagonista di un cambiamento radicale per le città mare, in quanto le richieste non riguardano più soltanto l’afflusso del turismo stagionale, ma una maggiore connessione e integrazione tra i beni culturali del territorio. Infine, i processi di rigenerazione dei waterfront tengono conto anche dell’aspetto sociale dei luoghi, dove è fondamentale la partecipazione della comunità nelle scelte di sviluppo.
2. CASI STUDIO - ESEMPI DI ALTRE PASSEGGIATE E ALTRI PORTI
2.1 Amburgo, HafenCity: un caso di trasformazione urbana e spazi pubblici nel recupero del waterfront
la dismissione delle aree industriali, portuali e ferroviarie che costituivano un blocco visivo o fisico per gli abitanti. Di fatti, i cittadini si stanno riappropriando di questi luoghi dando vita a nuovi spazi pubblici fruibili a tutti. Al giorno d’oggi la visuale viene resa più ampia grazie ai progetti di recupero dei waterfront urbani di molte città europee, che li rendono le attrazioni principali di una città.
L’evoluzione portuale, di un pò tutte le realtà marittime in generale, viene raffigurato molto bene nel modello del ricercatore Brian Stewart Hoyle, nel quale vengono rappresentate tutte le fasi delle relazioni tra il porto e la città durante gli anni (Figura 1). Hoyle distingue cinque fasi differenti del legame tra queste due componenti, a partire da una loro integrazione nel Diciannovesimo secolo ad una loro espansione, l’avvento dell’età industriale che occupa sempre più spazio all’interno della città stessa, il ritiro del porto dalla città tra gli anni ‘60 e ‘80 e infine la riqualificazione del waterfront. L’intento di questo percorso è quello di illustrare la disintegrazione, nel tempo, tra porto e città, ed è proprio con il passare del tempo che i porti hanno sviluppato uno spazio lontano dai nuclei delle città.
Un richiamo fondamentale è, sicuramente, il progetto di rigenerazione ad Amburgo nell’area di HafenCity che coinvolge una superficie di 155 ettari in cui è previsto che, entro il 2025, vi andranno ad abitare all’incirca 12000 persone. Altri esempi emblematici di recupero dei waterfront si possono trovare, oltre che ad HafenCity, anche nel museo Guggenheim di Bilbao, nella Ciudad di Valencia, nel Baltic di New Castle, negli Albert Docks e nella Tate di Liverpool. HafenCity rappresenta uno degli esempi più rilevanti anche perchè riguarda non solo il recupero dell’identità come città marittima, ma anche l’integrazione di un accurato disegno degli spazi pubblici, dell’uso misto, della sostenibilità degli interventi e della partecipazione del pubblico.
A partire dagli anni Ottanta è iniziato un processo di trasformazione urbana che ha visto
Per poter garantire un fronte mare di qualità è importante valorizzare anche l’aspetto economico che vede l’insieme delle componenti locali come un elevato valore potenziale, in grado di creare occasioni di sviluppo e consolidamento dell’offerta dei servizi.
Figura 1 | Le diverse fasi della tradizionale relazione porto - città. Fonte: B.S. Hoyle “Revitalising the Waterfront”, London, Belhaven Press, 1988.
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Durante la conferenza mondiale delle “Nazioni Unite Urban 21”, svoltasi a Berlino nel 2000, sono stati redatti i dieci principi per lo sviluppo sostenibile dei Waterfront urbani, ispirati alle operazioni di rigenerazione urbana di maggiore successo, che si focalizzano su: spazio pubblico, partecipazione, identità dei luoghi e continuità fisica e storica degli interventi rispetto all’area di trasformazione per un waterfront sostenibile. In dettaglio sono: 1. Fissare la qualità delle acque e dell’ambiente (torrenti, fiumi, canali, laghi, baie e mare), con il recupero sostenibile delle sponde abbandonate e il disinquinamento delle acque. 2. I waterfronts sono parte del tessuto urbano esistente.Infatti, i progetti dovrebbero considerare questo fronte-mare come parte integrante della città e del territorio, incentivando l’utilizzo di funzioni specifiche come il trasporto, la cultura e il tempo libero. 3. L’identità storica da carattere al luogo, ovvero per conferire al waterfront significato, mantenendo vivi il passato e le tradizioni, è necessario mettere in risalto il patrimonio collettivo di eventi, paesaggi e natura rappresentato dall’acqua. 4. L’uso misto è una priorità. Per valorizzare, cioè, l’identità e la presenza dell’acqua i waterfronts dovrebbero offrire diverse attività culturali, didattiche, commerciali e insediative. I quartieri residenziali devono essere misti sia a livello funzionale che sociale. 5. L’accesso pubblico è una condizione necessaria. L’accesso visivo e fisico ai waterfronts dovrebbe essere garantito, sia per gli abitanti ma anche per i turisti, consentendo un uso frequente degli spazi pubblici. 6. La pianificazione in partnerati pubblico-privati velocizza il processo. Gli enti pubblici svolgono, così, funzione di coordinamento delle politiche di intervento, del progetto e degli aspetti gestionali, garantendo la qualità di progettazione e l’equilibrio sociale. Gli enti privati, invece, dovrebbero assicurare la conoscenza dei mercati ed accelerare lo sviluppo. 7. La partecipazione del pubblico è un elemento di sostenibilità. La comunità dovrebbe essere informata e coinvolta nelle decisioni e nei processi sin dal principio, per permettere uno sviluppo anche sociale oltre che economico. 8. I waterfronts sono progetti a lungo termine.
Hanno bisogno di essere riutilizzati gradualmente così che l’intera città possa trarne beneficio dalla loro potenzialità, coinvolgendo diversi attori. 9. La rivitalizzazione è un processo continuo. I piani devono essere flessibili ed avvalersi dell’analisi dettagliata delle funzioni, adattandosi ai cambiamenti. 10. Il profitto dei waterfronts dalle reti internazionali. Poter scambiare conoscenze in una rete internazionale di contatti coinvolge i waterfronts su diversi livelli. Il progetto di HafenCity, uno dei più grandi e ambiziosi a livello europeo, si fonda sull’unione di molti di questi principi (Figura 2). Si tratta di un’esperienza di riuso e trasformazione delle aree portuali dismesse, inserito in un progetto di rigenerazione urbana ad ampia scala, diventato emblema di una città che sta gestendo la fase post-industriale e affrontando il cambiamento della sua struttura economica e sociale. L’idea è quella di un centro urbano, di qualità, funzionalmente complesso, radicato nel territorio e aperto agli abitanti, racchiuso in una visione di livello metropolitano. Ciò significa concepire HafenCity come un’ampia strategia capace di relazionare la nuova centralità e il territorio, sostenendo un progetto ad elevato contenuto di urbanità integrandone la dimensione locale, ma anche globale. Tutte le azioni previste sono volte a creare continuità tra Amburgo e HafenCity, tant’è che vista dall’alto HafenCity è un naturale prolungamento del centro verso il fiume Elba e un ponte verso sud. Il masterplan di HafenCity Hamburg è stato approvato nel 1998 in seguito a un concorso di idee che ha visto vincitori 8 studi, corrispondenti agli interventi previsti nelle 8 macro-aree individuate. Il progetto permette al centro cittadino di ampliarsi, incontrandosi con il mondo portuale al di là del fiume Elba (Figura 3). L’area del porto, fino a ieri recintata e inaccessibile, si apre oggi verso il cuore di Amburgo e verso i territori periferici ed emarginati, restituendo alla città il suo porto. La riqualificazione del waterfront ha visto attraversare diverse fasi, partendo dall’attenzione del tema dell’acqua, attorno al quale concentrare 14
lo sviluppo dell’economia della città, al declino dei cantieri navali, all’ampliamento verso nuovi settori e alla crescita del turismo, fattore per il quale si è vista la ridefinizione del sistema portuale. La realizzazione di HafenCity incrementerà la superficie della città medievale del 40% in venti anni e i 155 ettari complessivi sono per un terzo costituiti d’acqua e per due terzi di terra. Oltre all’enorme afflusso di persone che vi andrà ad abitare, si creeranno 20.000 posti di lavoro nel settore dei servizi. Il progetto è stato pensato per migliorare la vita degli abitanti in modo che coloro che vivono o lavorano ad HafenCity possano essere meno dipendenti dall’utilizzo delle automobili, che i sistemi di riscaldamento soddisfino la domanda di calore di tutti gli edifici residenziali, gli edifici abbiano valori di temperatura, umidità e aria pulita ottimali, che venga offerto un alto livello di sicurezza in caso di incendio e che abbiano bassi costi di mantenimento e manutenzione.
a spazi pubblici e privati con accesso al pubblico, mentre solo il 4% degli spazi privati non sarà accessibile al pubblico. HafenCity è l’esempio perfetto del progetto pensato per lo sviluppo vero e proprio della città nel futuro.
Figura 2 | L’area del vecchio porto a fine anni ‘90. Fonte: HafenCity Hamburg GmbH.
L’obiettivo è realizzare, dunque, una parte di città a misura d’uomo, connessa alla città storica dove vivere, lavorare, fare acquisti, usufruire di opportunità ricreative e culturali. La prossimità tra Amburgo e la parte marina viene rafforzata, quindi, attraverso strade, passeggiate e ponti pedonali sospesi sull’acqua finalizzati a congiungere i luoghi di eccellenza presenti nelle due centralità. Per ottenere questo, sono state definite delle linee guida ben precise per quanto riguarda l’edificato, le destinazioni d’uso, la distribuzione degli spazi. HafenCity, facilmente raggiungibile a piedi, si integra perfettamente con la città e garantisce un’ottima fruizione dei servizi anche da parte dei cittadini del resto di Amburgo. E’ prevista inoltre la realizzazione di una nuova rete infrastrutturale (taxi fluviali, linea della metropolitana), che colleghi velocemente gli spazi di nuova progettazione con il centro, per ricongiungere la città con il fiume. Si tratta di un sistema funzionante a tutti gli effetti poichè garantisce una mixitè di spazi pubblici e privati, interconnessi tra di loro. L’area è così suddivisa: il 3% al settore pubblicitario, l’8% alla cultura, scienza ed educazione, il 33% alle residenze e il 56% ai servizi, terziario e turismo. Per quanto riguarda gli spazi, un 36% è destinato
Figura 3 | Il masterplan di HafenCity, planivolumetrico (2010). Fonte: HafenCity Hamburg GmbH.
Figura 4 | Una parte riqualificata del waterfront di Amburgo. Fonte: HafenCity Hamburg GmbH.
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Sia nella fase di progettazione che in quella realizzativa l’attenzione alla qualità urbana è elevata e ciò si traduce nell’idea di creare una rete di luoghi che attraversi i quartieri e nelle soluzioni che distinguono i singoli spazi, ed è l’insieme di questi luoghi a disegnare la continuità del paesaggio urbano (Figura 4). In definitiva, HafenCity rappresenta un prodotto urbano di alta gamma che racchiude un aspetto culturale, artistico e architettonico, oltre che funzionale, e si differenzia dalle altre realtà portuali in quanto costruisce un ponte tra la dimensione locale e globale in cui ogni visitatore si sente accolto nello spazio di questo nuovo centro.
2.3 Rotterdam “Water City”, scenario futuro 2035
marittimo del paese che permette di ricevere navi di tutte le dimensioni ed è, inoltre, situato in una posizione piuttosto strategica, ovvero all’estremo occidente del continente europeo che fa si che sia molto vicino alle principali rotte commerciali dell’Oceano Atlantico.
In passato, le aree al confine geografico dei porti e delle loro città sono state oggetto di abbandono e di conseguente riqualificazione urbana. A partire dalla sua formazione legata alla pesca fluviale (Fiume Rotte), alla cantieristica e al commercio, nel tempo la città si è trasformata in un vero e proprio porto commerciale, con l’apertura del canale Nieuwe Waterweg del 1872 che ha segnato l’inizio dell’enorme crescita. Si tratta di un porto piuttosto efficiente e facilmente accessibile per via della sua formazione priva di ostacoli e senza ponti, e collegato direttamente verso il mare, permettendogli di accogliere le navi più grandi del mondo (Figura 9). In sintesi, il porto di Rotterdam è, sia in termini di volumi di merci che di industrie petrolchimiche, uno dei luoghi più importanti a livello internazionale e la sua evoluzione principale che ha modificato lentamente il rapporto mare-città, è lo spostamento geografico del porto stesso, lontano dalla città.
Le aree industriali e portuali, durante i secoli, hanno dovuto fortemente fronteggiare fenomeni come l’aumento delle aree e territori dismessi e contaminati e come conseguenza la decrescita urbana. Tutt’ora grandi aree produttive sono in fase di abbandono: scambi ferroviari, infrastrutture e piattaforme. Non è la prima volta che si presenta una situazione di questo tipo e ad ogni fase di rinnovamento urbano è stato proposto di riempire questi vuoti che si andavano a presentare nel tessuto urbano attraverso nuove e diversificate funzioni.
2.2 Il waterfront di Lisbona come rigeneratore dello spazio pubblico
Il porto si ritova frammentato e disperso, con uno spazio naturale che non funziona come spazio di integrazione (Figure 6-7). Sono molte le aree, come si può notare, sul fronte mare che esigono una riqualificazione immediata a causa della loro struttura e morfologia incompatibile con il resto della città, messa a rischio dalle stesse. La dismissione di alcune attività industriali lungo il bordo fluviale, ha consentito la cessione delle aree dismesse al comune, incaricatosi della pianificazione della riqualificazione ad usi e spazi ricreativi così da ricucire il rapporto tra la città e il fiume, interrotto in molte aree urbane dalla presenza delle attività portuali.
Il waterfront di Lisbona, città atlantica e fluviale, si estende per circa 19 km e comporta una strategia particolare di adattamento al cambiamento climatico. La fascia fluviale dell’area occidentale di Lisbona ad oggi è caratterizzata dalla presenza di tre terminal commerciali e numerose aree dismesse, prodotto di un processo di de-industrializzazione che ha interessato la città negli anni ‘90. Quest’area sarà soggetta agli impatti dei livelli futuri dell’estuario sul versante fluviale, mentre l’area retrostante sarà interessata dai fenomeni di inondazione urbana dovuti ad eventi di precipitazione intensa. Gli ambiti che esigono interventi immediati sono proprio quelle dei terminal del porto insieme ad alcune aree dismesse e ad altre funzioni urbane attive (Figura 5). Il tema dell’acqua, quindi, diviene un importante strumento per la costruzione dello spazio pubblico, ma si rappresenta anche come tema problematico sia per le sue componenti ambientali che per gli eventi spesso disastrosi che si manifestano stagionalmente. Prendendo in considerazioni questi aspetti si pianifica un nuovo sistema di spazi pubblici che costituisce una macchina per la conservazione, la depurazione ed il riuso delle acque urbane e meteorihe.
Figura 5 | (A partire dall’alto) Il waterfront di Lisbona. Figure 6-7 | Ipotesi scenari futuri e successivamente una porzione di area portuale dismessa. Figura 8 | Il parco lineare lungo il waterfront. Fonte: Lisbon Waterfront, Università di Cagliari.
Il porto di Lisbona è il principale terminal 16
L’evoluzione del porto di Rotterdam è descritta perfettamente nel modello di B. S. Hoyle, dove a partire dal sito portuale d’origine, caratterizzato da banchine di piccole dimensioni adiacenti al centro città, nel XIX secolo l’espansione del porto è il prodotto dell’evoluzione delle tecnologie marittime. Verso il XX secolo, poi, le banchine e i terminal vengono trasferiti a decine di chilometri di distanza per la necessità di aree di dimensioni maggiori e più moderne, di un’ottima accessibilità al mare, e di aree in grado di sopportare impatti ambientali altamente negativi al di fuori delle aree residenziali. Ciò ha prodotto una separazione netta tra la città e il suo porto, facendolo quasi scomparire. La città deve, comunque, adottare nuove strategie per continuare a sfruttare il vantaggio della presenza di un grande porto. Rotterdam ha prodotto nuovi modi di pensare e agire per quanto riguarda l’interfaccia città-porto e ad oggi la pressione per lo sviluppo di destinazioni alternative in aree degradate o sottoutilizzate, è in crescita.
Viene proposto, infine, un esempio di progetto lungo il waterfront pensato per riconnettere i cittadini, attraverso spazi pubblici, al loro fronte mare. I diversi piani di Lisbona si sono applicati nel trovare una possibile soluzione istituendo due figure principali: quella del parco e quella della piazza sul fiume, in cui l’intento è dare forma a un progetto di spazi pubblici (parchi e giardini), adiacenti al fiume, per fornire continuità ai nuclei storici presenti (Figura 8).
Il progetto CityPorts, avviato nel 2002 come piano di trasformazione su larga scala ha l’obiettivo 17
di riunificare questi due elementi in un unico “sistema città” in cui costruire nuove forme di relazione. Il piano vedeva inizialmente le attività portuali in via di dismissione, è stato articolato in cinque diverse prospettive di sviluppo per cinque ambiti di questa zona, che non vincolano il futuro nei piani di progetto, ma sono adattabili alla situazione dinamica dell’area (Figura 10). Le cinque prospettive di sviluppo sono le seguenti: - “Volume & Valore”, che ha lo scopo di valorizzare il potenziale economico dell’area CityPorts, anticipando le opportunità che la zona può offrire (servizi marittimi, formazione portuale, settori economici minori o produzioni innovative legate al porto); - “Reinventare la Tecnologia Delta”, che si focalizza sullo spazio messo a disposizione; - “Superamento delle frontiere & Comunità fluttuanti”, incentrata sulle opportunità sociali e culturali; - “Insediamenti galleggianti”, che sfrutta un altro tipo di sviluppo del waterfront, ovvero le banchine abbandonate si prestano alla realizzazione di costruzioni galleggianti; - “Mobilità sostenibile”, che utilizza le caratteristiche dell’acqua per il trasporto di persone e merci. A livello internazionale Rotterdam ha la reputazione di una delle città leader a livello di approcci innovativi alla progettazione urbanistica e si pone l’obiettivo di diventare un modello a livello mondiale, riuscendo a risolvere problemi come i cambiamenti climatici, la paralisi della popolazione e il necessario rinnovamento di numerose infrastrutture. Il progetto visionario “Rotterdam Water City 2035” (Rotterdam Waterstad 2035) può essere considerato un passo fondamentale per quanto riguarda la trasformazione della visione della città sul tema della gestione delle acque, considerando le strategie per l’adattamento ai cambiamenti climatici in grado di comprendere appieno i problemi legati all’acqua, ma soprattutto le opportunità che essa comporta. Sin dall’inizio si è fatta strada la volontà di spostare le attività legate al porto e alle industrie fuori dai confini cittadini in modo da poter riqualificare le aree più vicine al centro con attività
Figura 10 | L’area di CityPorts, Rotterdam. Fonte: “Gebiedsontwikkeling”.
Figura 9 | (A partire dall’alto) Il porto di Rotterdam. Fonte: “Port Economics”. Figura 11 | Rotterdam WaterStad 2035. Fonte: “Rotterdam Climate Initiative”.
legate all’acqua o con nuove zone residenziali. Le idee presentate in Rotterdam Waterstad 2035 possono essere sintetizzate in tre punti: 1. River City nel centro: le zone adiacenti al centro, a contatto con il fiume, devono essere riqualificate da, vecchie aree portuali, a luoghi che comprendano tutte quelle attività legate ai temi ecologici e architettonici. Un altro aspetto preso in considerazione è l’incremento del trasporto su acqua, con il duplice compito di ridurre il traffico stradale e quindi migliorare la qualità dell’aria; 2. Channel City a Nord: prevede il miglioramento di tutte le infrastrutture legate all’acqua, nel Nord di Rotterdam, in quanto questa zona risulta essere quella più antica. Le nuove strategie prevedono il controllo della velocità dei flussi d’acqua attraverso nuove tipologie di strutture come tetti verdi, parchi, espansione dei canali; 3. Water Network City a Sud: la parte meridionale della città, che necessita di cambiamenti simili a quelli del Nord. Quì, pero’, la maggior parte dell’acqua, contenuta nei canali alla stessa altitudine, crea una rete d’acqua continua in grado di connettere la 18
disposizione frammentata delle vie d’acqua, generando un nuovo waterfront. In pratica la parte meridionale punta ad essere un ambiente più vivibile, in modo da stimolare la popolazione a trasferirsi. Il programma di Rotterdam Waterstad 2035 cerca, quindi, di esprimere come l’acqua sia in grado di creare nuove sfide in ambito cittadino attraverso la creazione di una grande eterogeneità di ambienti in grado di ospitare diverse attività (Figura 11).
Vediamo nel dettaglio i due progetti. Bordeaux è una città media della Francia, capoluogo del Dipartimento della Gironda e della regione dell’Aquitania, con un economia basata principalmente sul settore vitivinicolo e sul turismo. Il porto fluviale, a 50 km dal mare, è conosciuto per la sua identità di scalo commerciale negli anni Quaranta. Ad oggi, però, il traffico commerciale, trasferito altrove, ha lasciato il posto ad una serie di spazi pubblici sul lungomare e il porto si è trasformato in uno sbarco crocieristico in vista dello sviluppo del settore turistico (Figura 12). Il progetto principale è quello di Bordeaux Les Deux Rives, che punta allo sviluppo e integrazione del paesaggio e del territorio delle due rive del fiume Garonna, e si ritrova ad affrontare: la realizzazione del progetto di mobilità, legata alla rete tramviaria; la riqualificazione del sistema degli spazi aperti; il ricongiungimento della città storica e contemporanea con l’ambito fluviale; gli interventi sul patrimonio edilizio; il risanamento ambientale delle rive della Garonna; la creazione di una rete di mobilità sostenibile per ottenere l’accessibilità alle diverse parti del territorio; la creazione o valorizzazione di attività volte a garantire una ricezione turistica piuttosto elevata per l’intero anno con eventi culturali legati ai luoghi; una vasta area di attrezzature pubbliche, le aree per lo sport, per giochi e per il tempo libero.
2.4 La rigenerazione dei waterfront di Bordeaux e Lione Come si è visto fino ad ora, i progetti di riqualificazione delle aree portuali, volte a una diversa destinazione partendo da una funzione produttiva dismessa a funzioni miste e connesse (es. residenziali, commerciali, culturali e terziarie), delle sponde dei fiumi o degli argini, sono tesi a creare ambienti più attrattivi in grado di generare nuove economie. Due casi studio che hanno posto l’attenzione sul valore del patrimonio culturale, per quanto riguarda la sostenibilità sociale, economica ed ambientale, sono quelli di Bordeaux Les deus Rives e Lyon Confluence, volte a rigenerare il territorio conferendogli un’identità consapevole di tutta la popolazione.
Per quanto riguarda la mobilità, sono stati individuati i nuovi assi di sviluppo per 19
riorganizzare il traffico pedonale, piste ciclabili, automobilistiche, e un ampio sistema tramviario, ed è proprio lungo questa trama in cui vengono effettuati interventi di composizione degli spazi aperti e sulle quali agganciare le reti ecologiche. L’asse portante del progetto è il sistema di spazi aperti storici sulla riva sinistra che, con la dismissione delle aree industriali del porto fluviale, sono stati interessati da un totale ridisegno (Figura 13). La ridefinizione del waterfront lungo la Garonne, realizzata e pensata dal paesaggista francese Michel Corajoud, è costituita da un sistema eterogeneo fatto di acqua, ombre, luci, colori e materiali diversi che rileggono l’intero sistema ponendosi come elemento di ricucitura tra entità e realtà differenti. Ad oggi, è diventato il cuore della città francese, luogo d’incontro e spazio pubblico per eccellenza, caratterizzato dal diverso rapporto tra la città storica retrostante e il corso del fiume ed è qui che prendono vita le relazioni pubbliche e i grandi eventi, qui si trova la sua gente e la sua anima. Il quartiere del Porto Vecchio, il lembo di terra situato sulla sponda sinistra della Garonna, patrimonio dell’UNESCO dal 2007, è rappresentato, inoltre, dall’imponente Place de la Bourse: emblema e simbolo di prosperità della città a partire dal 1794. Alla fine del ventesimo secolo, la necessità di modernizzare gli impianti portuali ha causato lo spostamento delle attività commerciali a valle e questo ha determinato l’abbandono dell’area industriale e il sopravvento di parcheggi a cielo aperto. Negli ultimi anni la municipalità ha deciso di rilanciare la città attraverso importanti operazioni urbanistiche, per poter ridare nuova vita alla città. Tra i molteplici interventi rinasce così l’area del lungofiume, con il suo waterfront, luogo privilegiato per la collettività e la socializzazione. L’intento dei progettisti è stato quello di disegnare i quais jardinès come una sorta di ‘terza natura’, elemento mediatore tra sistema antropico e sistema naturale fluviale. Le direttive principali su questa zona riguardano: limitare l’espansione urbana concentrandone lo sviluppo nel cuore della città e nelle centralità
periferiche; preservare, valorizzare e gestire la struttura naturale del paesaggio attorno all città; definire i maggiori centri economici dello sviluppo della città; promuovere la riqualificazione urbana.
alberature e infrastrutture. È, dunque, agli spazi verdi e all’acqua, che viene conferito il ruolo importante di ricostruire la relazione tra la città ed i suoi due fiumi (Figure 14-15). Il progetto “Confluence” punta a sviluppare a Lione un modello, quindi, di quartiere sostenibile, che si estende sulle aree già liberate dalle attività portuali lungo la Saona, con la realizzazione di un parco urbano lungo il fiume.
Dall’altra parte, Lione ha avviato da un paio d’anni una riconversione ambientale e culturale che mira a trasformare l’area in una metropoli internazionale in grado di conservare i caratteri identitari delle singole aree, mantenendo i collegamenti con il passato e guardando allo stesso tempo a delle prospettive future. Il processo si è, dunque, sviluppato tenendo conto dell’esistente, ma considerando anche un’evoluzione attenta alla morfologia dei luoghi e alla sostenibilità, ed utilizzando il paesaggio come elemento fondante del patrimonio culturale, dove sono stati realizzati elementi di grande visibilità per quanto riguarda la riqualificazione di quartieri degradati e di attuazione di sistemi di trasporto alternativi.
Per entrambi i casi, in conclusione, viene messa in risalto la forte attenzione agli spazi pubblici e al verde, che hanno modificato il paesaggio urbano e il profilo dell’area. È stata, inoltre, migliorata la relazione tra spazi urbani e fluviali, sia seguendo il tracciato dei fiumi, che creando collegamenti trasversali con la città.
Al centro della città sorge l’antico quartiere della Confluence: un vero e proprio “polmone” industriale racchiuso al centro della città storica e separato da essa da due fiumi, una stazione ferroviaria e un’ autostrada. L’ area era rimasta isolata dal resto del tessuto urbano a causa della costruzione dell’autostrada sul lungo Rodano, intorno ai primi anni ‘60, rendendola un’area marginalizzata. Con la chiusura al fiume, la Confluence perde definitivamente ogni attrattiva urbana e diventa il quartiere del macello, delle prigioni, del grande mercato all’ ingrosso. In definitiva il luogo dove la città relega tutte le grandi attrezzature urbane necessarie ma che non possono rimanere a vista. In seguito alla crisi post-industriale, dagli anni ‘70, si inizia a pensare ad un progetto di riconversione del quartiere, un vero e proprio intervento di progettazione urbana, atto a rilanciare l’immagine della città, la quale ha intrapreso un’ operazione di riscoperta della propria identità e del proprio patrimonio attraverso la valorizzazione degli spazi pubblici. Al fine di eliminare ogni tipo di barriera fisica, esistente tra il quartiere e la città, si punta a migliorare l’esperienza all’aria aperta, introducendo aperture, nuove piazze, percorsi a vantaggio delle utenze più deboli, ma soprattutto le reti verdi. Un sistema di parchi, ricchi di filari di 20
2.5 Elementi comuni al porto ligure L’importanza della relazione tra città e porto è emersa, come abbiamo visto, nell’intero contesto europeo, anche nelle piccole e medie realtà, che hanno scelto di delocalizzare le attività industriali e commerciali in aree esterne al centro urbano, recuperando così spazi e strutture sull’acqua per la creazione di spazi pubblici ed aree ricreative. Si cerca, perciò, di rivalutare il patrimonio urbanoportuale e trovare le modalità per conservare e riutilizzare elementi, trascurati per molto tempo, in ambiti territoriali affacciati sull’acqua. Dopo aver analizzato questi diversi casi, emerge chiaramente il livello di complessità nel riconvergere queste realtà. Tuttavia, le esperienze di successo testimoniano come l’apertura e la fruizione pubblica del waterfront possa diventare non solo un’opportunità di restituire un luogo affascinante sia ai residenti che ai turisti, ma anche per risolvere criticità consistenti legate, ad esempio, al sistema della mobilità urbana, alla disoccupazione, alla scarsa disponibilità di strutture e servizi di interesse comune, alla carenza di spazi aperti e di aree verdi, con l’obiettivo di delineare scenari futuri più sostenibili che non prevedano, ad esempio, un ulteriore consumo di suolo ma il recupero e la valorizzazione degli insediamenti esistenti.
Figura 12 | (A partire dall’alto) Bordeaux collegamento riva destra e riva sinistra. Fonte: “Alexdebourdeauxii”. Figure 13 | Bordeaux waterfront adiacente a Place de la Bourse. Fonte: “Gizmoweb”. Figure 14-15 | Lyon Confluence Project. Fonte: “Lyonplus”, “Urbandesignpoliba”.
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Dai processi di riqualificazione che interessano le realtà industriali e portuali dismesse, risultano differenti le dinamiche che riguardano arsenali e aree militari, costretti molto spesso a conservare un ruolo nel settore della difesa, dove tuttavia le evoluzioni recenti permettono di ripensare a delle relazioni con la città, aprendo in parte tali aree a destinazioni funzionali alternative. La Spezia ha avviato, recentemente, un processo di riconversione che punta alla ricerca di un equilibrio tra le diverse vocazioni del territorio e alla valorizzazione delle sue risorse, ovvero: dalle attività economiche tipiche della tradizione portuale ed industriale al settore turistico e culturale, in cui si sceglie di conservare in parte il ruolo nel settore militare e della difesa che ha avuto l’Arsenale, ma integrandolo con nuove destinazioni d’uso. Entrando più nel dettaglio, La Spezia una volta metabolizzata la crisi dell’industria è stata interessata, dalla fine degli anni Ottanta, da due sfide decisive per il suo futuro: 1. la realizzazione del nuovo fronte mare, in Calata Paita, area portuale nel cuore della città; 2. la riconversione delle maggiori aree militari e la riorganizzazione dell’Arsenale in modo da conservare un ruolo nel settore militare e della difesa, ma impegnando parte dell’area per destinazioni diverse. Il Piano Regolatore Portuale approvato nel 2006, infatti, prevede un incremento delle aree dedicate ai traffici commerciali, maggiori spazi per la nautica da diporto e una riorganizzazione complessiva del settore della cantieristica militare, civile e diportistica. Viene, inoltre, restituita alla fruizione pubblica l’area centrale di Calata Paita, destinata a ridefinire il waterfront della città. Per ora si parla di forme di collaborazione nell’uso di spazi, non di vere e proprie dismissioni, ma si intravedono i primi sintomi di una inversione di tendenza. La possibilità di ripensare ad una nuova fase di riqualificazione urbana a partire dalle aree militari dismesse o sottoutilizzate, e in particolare delle aree centrali dell’Arsenale, porta La Spezia ad avviare una stagione che sta iniziando a dare alcuni risultati.
che si è vista, come per quella spezzina, impiegata in processi di rigenerazione urbana che hanno investito l’area centrale e il waterfront del porto storico, ridefinendo l’immagine della città, migliorando l’offerta urbana e gli spazi per il tempo libero, favorendo una nuova collocazione verso un’economia mista in cui il turismo e la cultura giocano un ruolo rilevante. Oggi la città di Genova si trova a dover affrontare le continue sfide per i propri scenari futuri, con un settore industriale sempre più marginale. Il Porto Antico è sicuramente una delle aree della città che ha subito le maggiori trasformazioni e le maggiori attenzioni, tanto che al giorno d’oggi le azioni di recupero possono dirsi in gran parte completate e se ne vedono gli effetti, permettendo la connessione tra il bacino portuale e l’antico nucleo del capoluogo attraverso la creazione di un nuovo spazio sul mare, aperto alla città. È a partire dal 1992 che la città ha intrapreso il processo di riappropriazione delle aree portuali in via di dismissione e il libero accesso dei cittadini e dei turisti alle aree portuali ha comportato la dismessa di tutte quelle barriere fisiche che delimitavano quegli spazi. Genova, negli ultimi anni, ha scelto di limitare ulteriori forme di espansione nelle zone collinari, e di investire, piuttosto, risorse nella parte più antica o nelle aree industriali dismesse della città. In conclusione, in entrambi i casi, il processo di rigenerazione urbana è legato a quello di riscoperta dell’identità dei luoghi e dei patrimoni storici, a partire dalla valorizzazione del rapporto con il mare, e da un accordo tra città e porto che integri e renda compatibili la crescita delle attività marittime e la qualità ambientale. Nel caso di Genova la gestione delle progettualità ha determinato un’esperienza particolarmente interessante e si vede già protagonista di una realtà ben costruita che relaziona le due parti, il porto e la città, in uno scenario unico e compatto, almeno per quanto riguarda il Porto Antico. Nel caso di La Spezia, invece, se da un lato la transizione dalla città industriale a quella postindustriale può dirsi in parte avviata e assimilata, in un certo senso, dalla città stessa, dall’altro lato troviamo una realtà più complicata che concerne la transizione dalla città militare a post-militare.
Un’altra celebre realtà ligure è quella genovese 22
3. INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELLA CITTÀ E DEL PORTO DI LA SPEZIA
3.1 Inquadramento generale La Spezia è una città particolare perchè, non solo è una città costiera, ma è anche circondata da una corona di colline che coincide con il confine comunale, infatti si trova all’estremo levante della regione Liguria, in un profondo golfo distante pochi kilometri dal confine con la Toscana e si trova alla confluenza di due importanti direttrici nazionali, la Tirrenica e la Tirreno-Brennero (Figura 16). La dorsale tirrenica è percorsa dall’autostrada A12 Genova-Rosignano e dalla ferrovia tirrenica, la dorsale Tirreno Brennero, invece, congiunge le coste toscane con la Pianura Padana attraverso l’autostrada A15 Parma-La Spezia. I collegamenti ferroviari del porto con le aree logistiche del NordEst sono quelli di La Spezia-Genova-Milano e La Spezia-Pisa-Firenze-Bologna, per via delle pendenze elevate della linea Pontremolese che impediscono il transito di treni merci a pieno carico.
Figura 16 | Posizione del Golfo di La Spezia Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
Nelle rappresentazioni seguenti è possibile vedere un inquadramento del territorio in cui sono presenti le raffigurazioni delle connessioni principali sia interne, ovvero i principali punti di interesse turistico come Portovenere, Lerici, le Cinque Terre, sia esterne alla provincia, considerando una distanza di circa 100-150 km verso Pisa, Firenze, Genova, Parma (Figura 17). Fondamentale è anche la rete infrastrutturale che caratterizza il golfo della Spezia, partendo da una rete ferroviaria, che attraversa anche l’area portuale, una rete autostradale come spiegato dapprima e una strada statale, la più trafficata della zona. Si tratta quindi di una rete infrastrutturale complessa che attraversa completamente lo scheletro compositivo del territorio (Figura 18).
Figura 17 | Connessioni interne ed esterne alla provincia Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
Figura 18 | Riproduzione della principale rete infrastrutturale Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
Dalla fine degli anni Ottanta, una volta metabolizzata la crisi dell’industria, a La Spezia si è iniziato a comprendere come vi fosse la necessità di dedicare particolare attenzione a due grandi progetti decisivi per il proprio futuro: 23
- La realizzazione del nuovo fronte mare, presso Calata Paita, area portuale nel cuore della città; - La riconversione delle aree militari maggiori e la riorganizzazione dell’Arsenale (che comprende una superfiie di 85 ha), in modo da conservare un ruolo nel settore militare e della difesa, ma impegnando parte dell’area per destinazioni diverse. Negli anni Novanta si è alla ricerca dell’equilibrio tra le due componenti che si materializzano successivamente nel nuovo strumento urbanistico generale.
più competitive della tradizione portuale ed industriale (nautica da diporto, logistica, terziario, ellettronica, ecc), l’intento è quello di consolidare il ruolo di città in campo turistico e culturale (Figura 19).
A partire dagli anni Novanta, infatti, la città ligure, importante polo industriale e portuale durante tutto il Novecento (insieme a Genova), conduce un processo di ridefinizione della propria base produttiva verso un’economia diversificata, incentrata sui settori quali il turismo e la cultura accanto a quelli più tradizionali, ovvero portualità e residue presenze industriali. Non sono comunque venuti a mancare periodi di tensione e smarrimento, dovuti alla consapevolezza circa l’irreversibilità alla deindustrializzazione. La città ha mostrato preoccupanti fenomeni di declino e degrado urbano derivanti da una perdita di ruolo e di funzione di ampi settori economici, dalla presenza di aree destinate alla totale o parziale dismissione e dalla carenza di spazi per il miglioramento della qualità del vivere e dell’abitare per i cittadini. E’ proprio in questo contesto che, ormai da molti anni, sono iniziati i processi di riconversione e miglioramento della competitività urbana i quali puntano ad un modello di città dove, accanto alla valorizzazione delle attività economiche
Figura 20 | Il sito d’analisi attraverso uno zoom di dettaglio dell’area a riguardo Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha Figura 19 | Vista dall’alto della città e del fronte mare di La Spezia. Fonte: Comune di La Spezia, 2016.
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3.2 Il porto di La Spezia: come nasce e come si sviluppa Il porto della Spezia gode di una posizione davvero fortunata, all’estremità settentrionale del golfo nell’area verso levante, in quanto si tratta di un golfo naturale molto profondo con uno sviluppo costiero di circa 12 Km e una larghezza media che supera i 3 Km. Proprio la sua ubicazione geografica particolare e la catena montuosa che lo circonda lo protegge dall’esposizione di venti troppo forti, rendendolo un porto sicuro. I particolari accessi al golfo, di Portovenere e Lerici, lo rendono di particolare pregio storicoambientale, apprezzato sia per il turismo che per la nautica (Figura 20). Il porto è noto, soprattutto, per essere uno dei più importanti porti mercantili del mediterraneo che abbraccia nel suo insieme importanti settori dell’economia marittima, quali la cantieristica, la nautica da diporto, l’acquacultura, e negli ultimi anni è presente anche nella geografia dei principali porti crocieristici italiani. L’attività crocieristica è diventata un punto di forza per il porto e si prevede che la costruzione della nuova stazione marittima porti ad ulteriori incrementi di traffico crocieristico, che avranno ripercussioni sul traffico cittadino vista la stretta vicinanza della nuova banchina e del terminal crociere al centro storico cittadino. Una netta separazione che per anni ha differenziato le funzioni legate al porto viene rappresentata dalla diga foranea, costruita nel 1884 per esigenze difensive dell’Arsenale per una questione di maggiore protezione e sicurezza, trasversalmente al Golfo tra la punta di Santa Teresa ed il Varignano e costituisce una vera e propria demarcazione nell’uso della costa tra le attività produttive e turistiche. Le attività industriali come ENEL, l’Arsenale MM, i cantieri navali, i porticcioli turistici, ecc. sono situate all’interno della diga andando a demarcare questa netta separazione di funzioni del territorio che si vedono in stretta correlazione con il rapporto tra la città e il porto stesso (Figura 21). Le funzioni turistiche, invece, sono collocate all’esterno della diga foranea e vedono come protagoniste le aree di maggiore interesse
turistico nelle quali si svolgono diverse attività legate esclusivamente al turismo. Le aree principali sono Portovenere, le Cinque Terre, Lerici, Fiascherino, Bocca di Magra (Figura 22). Questa divisione pero’, negli anni, ha visto un’ evoluzione positiva grazie all’inserimento della nautica da diporto che ha arricchito la struttura produttiva costiera. Alcuni porticcioli turistici sono stati creati all’esterno dell’area portuale (come Porto Lotti, Assonautica, Porto Mirabello ecc.) dando vita ad una realtà più diversificata e multifunzionale.
FUNZIONI PRODUTTIVE
La Spezia nel 1861 era un borgo di 15.330 abitanti priva di linee di comunicazione marittime efficienti a tal punto da poter idealizzare la nascita di un grande porto. Vi erano però altri caratteri favorevoli e vantaggiosi a questa situazione come, ad esempio, la presenza di un’insenatura profonda protetta in modo del tutto naturale dai venti e formata da baie e insenature per un ottimo riparo alle navi. Queste proprietà favorirono la costruzione del porto mercantile verso la fine del XIX secolo (per la precisione nel 1890), che iniziò a funzionare realmente solo dal 1898. Di conseguenza vennero migliorate le connessioni infrastrutturali sia di tipo stradale che ferroviario per connettere la città e le regioni completando la via Aurelia per le comunicazioni longitudinali e la via della Cisa per le relazioni perpendicolari a Parma e alla Pianura Padana e, successivamente, verrà data la giusta importanza anche al sistema ferroviario. Con l’avvento della Prima Guerra Mondiale il traffico merci crebbe smisuratamente, ma con l’avvento della Seconda vennero distrutti l’arsenale e gran parte della città, oltre al porto commerciale. Nonostante la dovuta ripartenza, ciò non tolse nulla allo sviluppo commerciale. Al giorno d’oggi si movimentano fino a 18 milioni di tonnellate di merci trasportate all’anno. Il Piano Regolatore Portuale (PRP), ovvero il piano che definisce l’assetto complessivo del porto e individua le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate, si è evoluto insieme alle dinamiche portuali partendo dal primo PRP approvato nel 1906, il secondo nel 1919 che non ebbe modo pero’ di essere realizzato, arrivando al terzo PRP del 1959 rimasto in vigore sino al 1982. La crescente evoluzione del trasporto marittimo portò alla formulazione del quarto 26
FUNZIONI TURISTICHE
Figura 21-22 | Vista area del comune di La spezia con le funzioni produttive interne alla diga, e all’esterno quelle turistiche Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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PRP (1982) e con la promulgazione della legge di riforma dell’ordinamento portuale nel 1994, l’Autorità Portuale propose il quinto PRP. Per governare le trasformazioni delle funzioni del porto, subite nel tempo, e reggere l’impatto porto-città, la scelta di orientare il trasporto merci su rotaia anzichè su gomma assunse un carattere fondamentale. Il 1981 segnò l’apice dei trasporti marittimi con 16 milioni di tonnellate, tanto da accreditargli il nominativo di “Maggiore porto containerizzato del Mediterraneo“ e inserendolo nel contesto portuale più importante d’Italia. Sulla base del piano regolatore vigente sono presenti tre bacini che danno forma al porto commerciale: 1. PRIMO BACINO - Molo Italia, Calata Malaspina, Molo Garibaldi - ritrae il primo bacino realizzato e quindi il più storico, destinato al traffico passeggeri e al traffico convenzionale; 2. SECONDO BACINO - Molo Garibaldi (lato est), Calata Artom, Molo Fornelli - destinato al traffico containerizzato; 3. TERZO BACINO - Molo Fornelli, Calata Ravano - ancora da completare, destinato sempre al traffico containerizzato. Il primo bacino essendo quello di più antica costruzione presenta le maggiori carenze sia per quanto riguarda le sovrastrutture (magazzini e impianti di stoccaggio) sia per le aree di calata essendo esse molto ridotte ed occupate principalmente dai binari della ferrovia. Il bacino, infatti, che vedrà maggiori cambiamenti e trasformazioni progettuali per restituire il fronte mare alla città è proprio questo. Il secondo bacino vedrà un ampliamento per conferire maggiore spazio alla movimentazione delle merci; e il terzo, infine, sarà destinato al traffico containerizzato. Lungo la costa del golfo, quindi, durante gli anni si sono sviluppate varie aree produttive legate al mare. Il tratto di costa su cui si affaccia la città della Spezia, procedendo verso est, è costituito dal fronte mare di Viale Italia (Passeggiata Morin) e dalla zona del porto commerciale, compresa tra molo Italia e molo Pagliari. Qui di seguito una mappa del porto che raffigura molto chiaramente la suddivisione di questi bacini con le diverse utilizzazioni attuali (Figura 23).
Il porto commerciale, oltre che agli edifici dell’Autorità portuale e della Capitaneria di porto, comprende le seguenti installazioni: Calata Paita (A) e Calata Malaspina (B) sono entrambe aree multipurpose, ovvero delle aree destinate a comprendere vari comparti dell’attività portuale che svolgono funzioni differenti; Calata Artom (D) anch’essa destinata a traffici multipurpose e sulla quale opera una società terminalista; Molo Garibaldi (C) area multipurpose dove vi operano più soggetti che si occupano di merci containerizzate e di traffico crocieristico (accosti di ponente), oltrechè di gestione dei rifiuti raccolti dalle navi in transito nello scalo spezzino; Molo Fornelli (E) è destinato al traffico container e può ricevere navi fino a 400 m di lunghezza. La zona del Canaletto, utilizzata per ormeggio e riparo di piccole imbarcazioni da diporto, confina con la nuova banchina in fase di ampliamento del terminal Ravano (F), anch’esso destinato al traffico container. Proseguendo verso Levante l’eterogeneità dell’utilizzo costiero è ancora più evidente, in quanto si incontrano: - l’importante opera di scarico delle acque di raffreddamento della centrale elettrica di Enel Produzione Spa; - ormeggi di piccole imbarcazioni private; - il terminal del Golfo (G); - il pontile ENEL (H); - il molo Pagliari. Il Molo Pagliari era destinato alla movimentazione delle munizioni navali sino a quando è stato utilizzato dalla Marina Militare. A partire dal 2008 è stato ceduto dalla Marina Militare all’Autorità Portuale per destinarlo a funzioni diportistiche ed artigianali. La zona costiera successiva a Pagliari è principalmente utilizzata come zona industriale del porto con presenza di cantieri di riparazione e costruzione navali ed imbarcazioni da diporto (San Marco, Ferretti, Baglietto, Beconcini Fincantieri, ecc.) frammisti ad insediamenti nautici come Porto Lotti ed attività artigianali di riparazione di barche da diporto.
Figura 23 | Mappa dei vari bacini portuali Fonte: Autorità di Sistema Portuale
privando sempre più porzioni di terreno agli abitanti. Per questo venne realizzata un’area retroportuale nei pressi di Santo Stefano di Magra con l’obiettivo di sopperire alla carenza di spazi per la movimentazione delle merci e per l’ingombrante deposito dei containers negli spazi portuali e periportuali. Ma perchè proprio nella Valle della Magra? In primo luogo per la disponibilità di aree pianeggianti che distano di poco dal porto (6/7 Km) a destinazione ancora agricola, e in secondo luogo perchè la zona di S.Stefano di Magra era già da allora (intorno al 1950/1960) indicata come crocevia infrastrutturale molto importante sia per le ferrovie che per le autostrade e dunque area ideale per gli insediamenti di origine portuale.
Lo sviluppo crescente del trasporto merci ha portato anche ad aspetti negativi, come l’occupazione eccessiva degli spazi a terra, 28
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4. AMBIGUITÀ E CONTRADDIZIONI HANNO CARATTERIZZATO L’EVOLUZIONE TEMPORALE DEL PORTO SPEZZINO
4.1 L’aspetto militare della città ottocentesca: l’Arsenale come punto zero L’immagine e la forma della città antica sono fortemente condizionate dal collegamento tra l’acqua, la spiaggia e la città stessa e tale immagine rimane inalterata fino alla prima metà dell’800 quando si inizia a maturare, oltre che al trasferimento della Marina Militare da Genova alla Spezia, alcune iniziative per uno sviluppo turistico balneare. La Spezia pre-moderna, invece, periodo in cui ha inizio un impatto più significativo sull’ambiente, stabilisce un rapporto ambiguo e marginale con il mare. Per riportare equilibrio e sviluppo si fa ricorso al progetto per il waterfront urbano che vede l’intrecciarsi delle dinamiche, creando armonia ambientale e sociale. La morfologia e la posizione del golfo richiamò spesso l’interesse dei francesi (Napoleone Bonaparte) e dei piemontesi (Camillo Benso di Cavour) per le sue caratteristiche difensive appropriate. Tali caratteristiche disegnavano il golfo più adatto alla costruzione di un arsenale militare piuttosto che a un porto commerciale. Nasce come porto militare del Regno Sabaudo e poi, con la presenza dell’Arsenale, divenne, dopo la Seconda Guerra Mondiale, una città basata sull’industria di Stato e, poi, negli anni ‘80, tra i principali porti mercantili del Mediterraneo. In meno di un secolo, tra il 1850 e il 1930, si è trasformata da paese di 10.000 abitanti a città di 130.000, con uno sviluppo urbanistico pianificato dal generale Domenico Chiodo, generale e architetto italiano, ufficiale del Genio militare, che progettò gli arsenali navali della Spezia e di Taranto e curò l’ampliamento di quello di Venezia.
terminarono nel 1869. L’Arsenale portò ad una vera e propria espansione della città, in quanto inizò ad offrire lavoro per molte persone, creando una nuova città dove prese il via il processo di industrializzazione dell’area. Con la costruzione dell’Arsenale la città mutò completamente aspetto: scomparvero le mura, furono demolite le antiche chiese che sorgevano nella zona che l’Arsenale avrebbe occupato, e furono realizzate nuove arterie urbane come i rettilinei di Viale Italia e Viale Garibaldi e i Giardini Pubblici. Nel susseguirsi di tutti questi eventi, Chiodo aveva dimenticato il suo vero “Genius Loci”, ovvero “essere una città di mare con un paesaggio unico nel nord del paese, un golfo protetto per la nautica da diporto a due ore dalle principali città padane”. L’Arsenale è ubicato nella zona centro-occidentale del golfo della Spezia, nelle immediate adiacenze del centro storico della città stessa e, rappresenta con quelli di Augusta e di Taranto, uno dei tre ancora attivi della Marina Militare (Figura 24). Durante la seconda guerra mondiale, a causa della sua importanza strategica, l’arsenale fu pesantemente bombardato e venne quasi completamente distrutto, ma grazie a veloci lavori
Il 30 Maggio del 1849 venne decisa la costruzione dell’Arsenale Militare Marittimo con D. Chiodo a capo della direzione del progetto e, nel 1862, iniziarono i lavori per la sua costruzione e
Figura 24 | Vista dall’Arsenale Militare. Fonte: Comune di La Spezia, 2016.
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di ristrutturazione tornò ad essere operativo già nel primo dopoguerra. Accanto all’ingresso principale dell’arsenale si trova il Museo tecnico navale, regolarmente aperto al pubblico. Il museo, istituito con l’intento di mantenere vive le tradizioni della marineria, comprende diversi modelli di navi ed imbarcazioni, medaglie, cimeli e documenti, oltre a 5000 volumi tecnici e storici.
località balneare. Si vedono scomparire dalla carta tutti i riferimenti agli elementi naturali, cancellati poichè il territorio viene concepito come semplice substrato per l’Arsenale che assume una struttura spaziale di tipo urbanistico, ampiamente fuori scala rispetto alle dimensioni degli insediamenti nel golfo ed al sistema di relazioni, tanto da fondare una nuova gerarchia funzionale. Questo ha determinato un forte disequilibrio dell’intera geomorfologia limitandone la percezione e l’uso, condizionando lo sviluppo della città e di tutto il territorio circostante.
Un esempio di problematica a livello ambientale è il caso del ritrovamento nel 2004, grazie ad un’indagine specifica, di una discarica abusiva di sostanze tossiche (tra le quali amianto, piombo, cadmio ed uranio) nell’area dell’arsenale, sul mare e a ridosso delle case. Parte dei rifiuti nella discarica, ad oggi, è stato rimosso. Per quanto riguarda l’ambito socio-economico si ha sempre una situazione piuttosto critica, in quanto l’Arsenale occupò l’area di futura espansione della città costringendola a svilupparsi verso est. I principali danni causati dall’arrivo dell’Arsenale sono stati subiti dai paesi del ponente del golfo: Fabiano si ritrova senza la possibilità di accesso al mare e a Marola venne distrutto l’adiacente borgo di San Vito, la chiesa, il cimitero e, anch’essa, fu privata di ogni accesso al fronte mare. Stessa situazione per Cadimare, che si ritrova con un accesso fortemente limitato. Sono cambiamenti che hanno fatto perdere la percezione e la collocazione storica e sociale dei luoghi e degli avvenimenti ad essi legati. Queste limitazioni fisiche hanno ritardato, o in alcuni casi impedito, lo sviluppo economico dei borghi dei quali il mare è la naturale continuazione: in particolare oggi con il volgersi al turismo delle attività cittadine tale impedimento è fortemente sentito.
E’ possibile notare una cartografia spoglia, priva di qualsiasi banchina/area portuale in quanto essa doveva ancora porre le sue radici. Il golfo è delineato semplicemente dalla linea di costa e viene messo, invece, in risalto la figura possente dell’Arsenale con una scala di dettaglio maggiore rispetto a tutto il resto. Affianco vi è una linea temporale che parte dall’inizio della storia militare, con il progetto di Chiodo, e l’inaugurazione dell’Arsenale. Iniziano a comparire le prime problematiche a livello urbano, in quanto ai cittadini veniva impedito l’accesso diretto al mare a causa di queste strutture ingombranti dell’Arsenale stesso, tanto che si arrivò a definire l’identità marittima della Spezia di impronta completamente militare. Importante è anche la costruzione della diga foranea da parte dell’Arsenale per una questione di maggiore sicurezza e protezione del golfo. Successivamente ha inizio una trasformazione urbana che porta ad un rapido processo di industrializzazione, in cui prendono vita l’industria degli armamenti e la cantieristica, con la massima crescita del traffico portuale. Questa incontenibile crescita portò alla nascita del porto mercantile con la realizzazione, nel 1890, delle prime opere portuali. Nel 1898 il porto inizia a funzionare definitivamente, andando però a creare una situazione di forte disagio tra gli abitanti che si vedono occupare importanti porzioni di territorio e limitare la fluidità delle passeggiate lungo il fronte stesso, con una riduzione degli spazi pubblici. E’ proprio questo che rappresenta il distacco tra la città dell’800 e quella del ‘900 dove l’industrializzazione inserisce la figura portuale al centro (Figura 25).
La cartografia inserita, risalente al 1863, raffigura il progetto originale dell’Arsenale della Spezia, come concepito da Domenico Chiodo, la cui opera diventa il più grande intervento militare Europeo dell’800. L’opera trasforma completamente la geomorfologia dei luoghi dall’entroterra al litorale confermando la visione programmatica del golfo come “macchina militare” in un disegno unitario, e si pone come fattore di rottura spazio-temporale, compromettendo cioè la capacità del territorio di alternare il ruolo di porto militare a quello di 31
4.2 Il Novecento e l’avvento dell’industrializzazione del Golfo Il periodo che va dalla costruzione dell’Arsenale Marittimo agli anni trenta del Novecento la popolazione cresce smisuratamente. Tale crescita fu influenzata non solo dallo sviluppo di altri settori industriali e del porto mercantile, ma soprattutto dall’Arsenale, il primo vero fattore che generò un salto demografico senza precedenti in Italia e che rappresentò la vera discriminante tra una crescita demografica tradizionale e un aumento di popolazione improvviso seguito da una vera esplosione dovuta alla permanenza in città di moltissimi addetti provenienti da ogni parte d’Italia. Dopo l’importanza avuta dal primo Piano Regolatore della città, presentato nel 1862 e approvato nel 1865, vediamo nei primi del ‘900 affermarsi un quadro storico dei processi di trasformazione della città, rappresentato dal primo Piano Regolatore novecentesco: il Piano Farina (1904). Tale strumento, nel contesto storico della prima industrializzazione, segnata principalmente dall’affermazione del Porto Mercantile, disegnava l’urbanizzazione della Piana di Migliarina attraverso la riproposizione della maglia ortogonale caratteristica delle prime espansioni ottocentesche del nucleo storico. Con la proiezione sulla piana dello schema urbano a scacchiera, attuato con il prolungamento degli assi viari dell’impianto ottocentesco, il piano si caratterizza come tipico strumento di ampliamento, allineamento e risanamento. Il Piano è contraddistinto dal disegno dell’impianto viario delle aree pubbliche con una sostanziale mescolanza di funzioni e individua le aree del nuovo Porto Mercantile e l’impianto generatore della nuova città residenziale e pubblica della piana. Nel 1902 vennero realizzate le prime reti di trasporto pubblico: le tramvie (Figura 26). Il Piano Regolatore di Farina, però, non fu mai compiutamente realizzato, anche a causa del primo conflitto mondiale e delle mutate condizioni della città nel periodo tra le due guerre. Negli anni ‘30 soltanto alcune delle opere previste dal Farina, in particolare quelle legate alla rete stradale, erano già state predisposte. Le esigenze del traffico e dell’insediamento
Figura 25 | Linea temporale risalente all’800 Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
urbano iniziano ad essere differenti, tanto che nel 1930 si avvertì l’esigenza di elaborare un nuovo Piano Regolatore. Al Piano Farina succede, dunque, il PRG del ’32, redatto dal Gruppo Urbanisti Romani sotto la guida di Luigi Piccinato, nel quale si vede l’affermazione delle attività industriali nella Piana 32
di Migliarina, che tendono ad insediarsi in forme pressoché spontanee (Figura 27). Sono proprio l’espansione produttiva e insediativa del porto mercantile a costituire il quadro delle trasformazioni in atto. Il GUR elaborò nel dettaglio la rete stradale principale, la rete minore e il piano edilizio, prevedendo la realizzazione di zone verdi,
giardini, passeggiate e campi sportivi. Questo piano, inoltre, diede molta importanza alla creazione di un centro cittadino che unisse la città vecchia e la nuova: si pensò alla realizzazione di una grande piazza, l’attuale Piazza Europa, aperta verso il mare, con a monte la nuova Chiesa Cattedrale e ai lati la possibilità di realizzare edifici 33
Figura 26 | (A partire dall’alto) Piano Farina Fonte: Comune di La Spezia Figura 27 | Piano GUR, “Gruppo Urbanisti Romani” Fonte: Rapu, 1932
pubblici (tra cui il Comune). Tra Piazza Chiodo e la stessa Piazza Europa fu prevista, inoltre, la realizzazione di una passeggiata a mare, l’odierna Passeggiata Morìn. Per le industrie, invece, fu ritenuta idonea la zona terminale della pianura di Migliarina, nella zona del cimitero. Tale piano pose, dunque, le basi per la reale
conformazione odierna del centro città. L’Arsenale della Spezia, ad ogni modo, fu il fulcro dell’attività di costruzione e in esso vennero create importanti unità navali: negli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra e durante la stessa furono costruite basi aeree per dirigibili, idrovolanti ed aerei della Regia Marina (l’Aeronautica verrà costituita solo nel 34
Figura 28 | (A partire dall’alto) Veduta dello stabilimento Oto Melara Fonte: Archivio storico Melara, 1907 Figura 29 | Piano Moroni Fonte: Rapu, 1958
1923). Durante la guerra vennero inoltre realizzati il molo Pagliari, vari magazzini e depositi e altri stabilimenti vari, collegati con il porto mercantile stesso. Agli inizi del Novecento nacquero diversi cantieri navali, tra cui quelli di Fossamastra, Cadimare e Marola e, nella zona di Melara nacque l’OTO Melara, cardine dell’industria spezzina del ‘900.
Tale industria, insieme alla presenza dei cantieri di costruzione e degli stabilimenti per l’armamento, rendeva l’industria militare italiana autonoma (Figura 28). Un altro piano che ha caratterizzato la storia urbana della città della Spezia è il Piano Regolatore Generale redatto da Moroni, Amati, Malatesta e Di Cagno, adottato nel 1958 e approvato nel 1962. 35
non fa che peggiorare la salute ambientale, condizionata da cambiamenti pressocchè drastici. Tali peggioramenti ambientali porteranno il settore industriale ad una crisi cronica, che vedrà la dismissione della raffineria nel 1985. A fine anni ‘80 ha inizio la riqualifiazione urbana della città nel Piano Territoriale Spezia - Val di Magra elaborato da Bernardo Secchi, il quale mette a punto le principali direttive da realizzare: riqualificare l’area dismessa dell’ex raffineria IP, implementare il nuovo tracciato della Variante Aurelia ed il nuovo sistema logistico - portuale. Tutto il Novecento è percorso da una serie di Piani Regolatori, cinque per la precisione: - I PRP, approvato nel 1906; - II PRP, presentato nel 1919 ma che non ebbe mai modo di essere realizzato; - III PRP, presentato nel 1959; - IV PRP, del 1982, nato grazie alla crescente evoluzione del trasporto marittimo; - V PRP, proposto nel 1994 dall’Autorità Portuale, con l’avvento della Legge Riforma. Con la Legge Riforma, del 1994, si arriverà ad una svolta decisiva: la nascita dell’Autorità Portuale, grazie alla quale il porto diventerà una componente a sè stante e non più vincolata ad altri enti pubblici (Figura 30).
Figura 30 | Linea temporale risalente al ‘900 Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
Si tratta del primo piano che sperimenta la nuova Legge urbanistica del ’42. Si caratterizza per essere il piano regolatore delle espansioni edlizie della città, esteso a tutto il territorio comunale, che ha adottato lo zoning come elemento di controllo dei processi di crescita urbana (Figura 29).
Nella seguente tavola si nota la differenza immediata con il tipo di cartografia di un Piano Regolatore di metà ‘800. Non si ha più uno scenario del tutto spoglio e privo di banchine per attività portuali, ma vediamo l’insorgere del primo bacino portuale che rappresenta l’inizio di una nuova era, il punto di saldatura tra la città 36
dell’800 e quella del ‘900. Con l’arrivo dell’industrializzazione si vedono sorgere non solo le aree portuali, ma anche quelle retro-portuali e lo sviluppo delle diverse raffinerie, come la raffineria IP, e della centrale termoelettrica ENEL. La creazione del polo energetico e la realizzazione del raccordo autostradale 37
4.3 Lo sviluppo portuale dalla fine del Novecento sino ai giorni nostri Le carte utilizzate sino ad ora fanno tutte riferimento ai Piani Regolatori Generali e soltanto con l’avvicinarsi della fine dell’epoca nascono i primi Piani Regolatori Portuali, con particolare riferimento all’ambito portuale stesso e per questo motivo nell’ultima parte di evoluzione temporale ho voluto inserire il PRP per far vedere questa differenza e “conquista” da parte del porto. La parte del porto associata alla funzione turistica è la nautica da diporto e nell’area di interesse portuale esistono già numerosi porticcioli e approdi turistici, da Portovenere, nella costa di ponente, fino a Lerici in quella di levante, così come ne esistono altri nei pressi delle Grazie, Fezzano, La Spezia, Pagliari, Muggiano. Due di essi sono di particolare rilievo: il Molo Mirabello, esterno all’area interessata al porto mercantile, e l’area interna al bacino storico del porto commerciale. La nautica da diporto arricchisce sicuramente la componente costruttiva delle imbarcazioni nell’ambito del Golfo. E’ giusto sottolineare l’importanza degli esperimenti svolti presso l’Arsenale da Guglielmo Marconi, invitato dalla Marina a compiere esperimenti di radiotelegrafia nel 1897. Il nuovo secolo si apre, così, con una grossa incentivazione economica: la scuola nautica Marconi, che ha reso il diportismo ancor più favorevole in quest’area. Si tratta di una scuola di progettazione della nautica da diporto, unica in Italia e tra le poche in Europa, nata nel 2001, e trasformata in corso di laurea breve in Ingegneria Nautica presso il Polo Universitario spezzino G. Marconi, che ha conferito un sostegno all’economia marittima spezzina. Questo fenomeno apre il nuovo secolo con tanta speranza e tante incentivazioni sul territorio, partendo proprio da questo importante progetto che rappresenta un valore aggiunto per la collettività e la città. Questo polo verrà situato inizialmente presso i colli della Spezia e solo il 14 dicembre del 2019 verrà inaugurato il suo dislocamento presso l’ex ospedale Militare Marittimo Bruno Falcomatà. La nuova sede, finalmente posta in centro
città, accoglierà gli studenti a partire dall’anno accademico 2020/2021 (Figure 31-32). Nel 2002 il Comune della Spezia ha predisposto il “Piano d’Area del Primo Bacino Portuale” quale elaborato del nuovo PUC. Si tratta del progetto sul quale i pianificatori hanno concentrato la loro attenzione, costituito dalla riconversione del primo bacino per funzioni urbane e turistiche. Il Piano è articolato in tre fasi: - Prima fase, in cui è prevista la riorganizzazione del fronte mare compreso tra il Molo Italia ed il Molo Crispi e la realizzazione della stazione crocieristica. L’intervento è finalizzato a conseguire sostanzialmente nuovi spazi aperti per la città consistenti nella piazza a mare, nei percorsi pedonali che collegano la passeggiata Morin al nuovo Molo e la realizzazione del Molo Crispi che, insieme al Molo Italia, verrà attrezzato per il diporto nautico; - Seonda fase, per il completamento del porto turistico, la realizzazione della maggior parte delle strutture insediative previste e adeguamenti infrastrutturali. Si tratta, nello specifico, di spostare lo scalo ferroviario e il fascio di binari relativo che consentirà, così, di realizzare un accesso viabilistico al bacino (Viale S. Bartolomeo), funzionale allo sviluppo dei nuovi insediamenti commerciali ricettivi, alberghieri e direzionali, nonché a servizio del diporto nautico. Tale proposta viene presa in esame in quanto si ritiene di fondamentale importanza ritrovare una continuità con il disegno della città; - Terza fase, che prevede il taglio della calata per la realizzazione del secondo bacino turistico, delimitato da una parte dal Molo Crispi e dall’altra dal Molo Dalmazia. Si pone l’attenzione anche sul completamento della passeggiata Morin in collegamento con Via S. Cipriano e Viale S. Bartolomeo” (Figura 33). Si inizia a porre maggiore attenzione all’impatto ambientale, ovvero di come la vicinanza del porto alla città crei disagi anche per l’alta incidenza di traffico, tant’è che si parla di considerare una fascia di rispetto minima da cedere alla parte urbana in quanto Calata Paita occupa una grossa porzione di spazio pubblico, che potrebbe assumere una funzione differente in futuro. L’economia spezzina, inoltre, inizia ad assumere un nuovo aspetto e ad avere altri tipi di esigenze, 38
Figura 31 | Veduta dell’ex ospedale della Marina Militare Fonte: Gazzetta della Spezia, 2019-2020
Figura 34 | Presenza di elementi di ostruzione visiva anche da punti di vista sopraelevati Fonte: Autorità Portuale della Spezia
Figura 32 | Polo Universitario G. Marconi trasferitosi nell’ex ospedale della Marina Militare Fonte: Gazzetta della Spezia, 2019-2020
Figura 35 | Barriera fono-assorbente provvisoria Fonte: Autorità Portuale della Spezia
Figura 33 | Inquadramento del I bacino portuale Fonte: Piano Territoriale Regionale
Figura 36 | Vista del Cruise Terminal presso Calata Paita Fonte: Autorità Portuale della Spezia
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vale a dire: il turismo e la cultura, e la portualità, individuando un nuovo punto di forza: l’attività crocieristica. La relazione percettiva tra la città e il porto è limitata, quindi, dalla presenza del trasporto ferroviario. Si parla di una recinzione dell’area portuale di tipo doganale che deve rispondere ad esigenze normative stringenti in termini di altezza minima e dimensione massima del grigliato. Nella foto seguente si può notare l’ostruzione visiva anche dai piani superiori del plesso scolastico su Viale S. Bartolomeo. Si evidenzia, dunque, la presenza di elementi di ostruzione visiva che impedisce la percezione del mareanche da punti di vista sopraelevati. Facendo una piccola parentesi, al giorno d’oggi, da qualche anno, è stata, inoltre, costruita una barriera fono-assorbente per mitigare il traffico delle merci portuali sui binari, nonchè l’elevato traffico, situati a brevissima distanza dai centri abitati e che per anni hanno causato una moltitudine di lamentele da parte dei cittadini. Anche se si tratta di una barriera fono-assorbente provvisoria, in quanto ne verrà costruita una definitiva negli anni a venire (Figure 34-35). Nel 2006 viene indetto un concorso progettuale internazionale per la riqualificazione dell’area di Calata Paita, vinto da Josè Llavador con un progetto ambizioso che ha riacceso il dibattito su nuovi scenari di sviluppo della città, ripensando e ridisegnando, oltre all’area di Calata Paita, anche la storica passeggiata Morin. Nel 2010 il masterplan, elaborato dall’architetto Llavador, viene approvato dal Comitato Portuale per la realizzazione del nuovo fronte mare presso il primo bacino. Nel 2015 viene inaugurato il nuovo terminal crociere, posto alla fine della passeggiata Morin e, quindi, all’inizio di Calata Paita, per accrescere l’accoglienza di un settore in continua crescita (Figura 36) (Figura 37).
Figura 37 | Linea temporale risalente al 2000 Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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5. UN SUSSEGUIRSI DI SINTONIE E CONFLITTI NELL’AMBITO PORTUALE
5.1 A quali realtà si interfaccia il waterfront urbano? Il tema che percorre l’intera analisi riguarda le relazioni tra il porto e la città di La Spezia, per molti aspetti in conflitto ma per altri anche in sintonia. L’alterato equilibrio tra le funzioni portuali ha generato un conflitto tra le esigenze del traffico portuale con quelle dello sviluppo delle funzioni urbane. Il porto è una realtà complessa con una fisionomia duplice fra trasporto e città, ma rappresenta allo stesso tempo un fattore economico rilevante in quanto le città, con un porto efficiente, che affacciano sul mare possono ritenersi più che fortunate. Un porto è storia, sviluppo delle infrastrutture e trasformazione fisica del territorio che, però, nel tempo ha assunto un significato negativo, una condizione dissociativa dall’adiacente contesto urbano, a causa della presenza sempre maggiore di banchine, magazzini, silos, impianti di sollevamento, binari, arterie stradali ecc. Questo perimetro dell’area portuale chiude ed esclude la città adiacente e ne impedisce lo sguardo verso il fronte mare, condizione che ha portato i cittadini a considerare l’area, che concerne il porto, solo come operativa e non percorribile in quanto presenta realtà difficilmente integrabili. Da non dimenticare il contesto residenziale attorno al porto, molto spesso, in continuo degrado. Cos’è quindi che ha portato a questo fenomeno di crescita smisurata del porto negli anni? Sicuramente la rapida trasformazione tecnicofunzionale del trasporto marittimo che ha visto un uso sempre più esteso dei container e la costruzione di navi sempre più grandi per poter contenere un maggior numero di persone. Il porto si è trovato, quindi, a dover individuare nuovi spazi ricavati perlopiù da aree cantieristiche prima dedite alla demolizione navale. Dunque, la città si è ritrovata con aree dismesse, configurate per funzioni ormai estranee, ma presenti.
Poco a poco la comunità ha ripreso il possesso di quegli spazi di waterfront, prima inaccessibili, progettandone un uso diverso legato alla vita della città. Solo attraverso la pianificazione è possibile restituire alla città degli spazi piacevoli, vivibili e integrati. Si tratta di una rinascita sul piano paesaggistico, un nucleo urbano che si apre a nuove abitudini degli individui, con percorsi prima impossibili. Tutto questo ha avuto origine grazie alla distinzione tra la dimensione tecnica, funzionale, economica (trasporto marittimo) e quella vivibile e bella. Due aspetti, quello di benessere ecomico e quello di benessere psico-fisico, che solo in contesti separati possono esprimersi compiutamente. Le innovazioni tecnologiche, così come la ricerca di nuove aree di espansione non condizionate dall’occupazione urbana per garantire più competitività portuale, hanno prodotto l’allontanamento del porto dalla città, determinato dalla dissociazione spaziale e da interessi contrapposti nel passaggio da una logica portuale ad una prettamente urbana. Il sistema ambientale spezzino si ritrova fortemente aggravato per via della dismissione di questi grandi complessi industriali ai aree periferiche situati in territori piuttosto estesi. Durante il periodo post-industriale, dopo l’abbandono degli edifici e la chiusura degli impianti produttivi, queste aree dismesse sono diventate territori obsoleti e disconnessi dalla rete infrastrutturale. Negli ultimi decenni, la riqualificazione dei waterfront portuali e il recupero degli ambiti industriali dismessi sono al centro di grandi progetti di riconversione urbana, in particolare per quel che riguarda i porti localizzati nel cuore delle città storiche o comunque compresi in un territorio fortemente urbanizzato affacciato sull’acqua. È proprio la deindustrializzazione dei vecchi porti insieme all’abbandono delle banchine a portare con sè il degrado dei quartieri adiacenti. In risposta a tale situazione, molte città portuali 42
hanno voluto ripensare a nuove forme di relazione tra porto e città, tutelando il patrimonio e l’identità del loro fronte d’acqua.
7. fascia di mitigazione tra porto e città, la cosidetta “Fascia di rispetto” da valutare attraverso uno studio sulla sostenibilità che ne misuri le problematiche e i fattori inquinanti cercando di attenuarli e riqualificando i quartieri interessati; 8. riorganizzazione della cantieristica e dei centri nautici; 9. riorganizzazione della Baia di Cadimare a scopo nautico-diportistico-ricettivo.
In un porto storico, come quello di La Spezia, le città avvolgono il porto stesso circondandolo interamente e per questo talvolta risulta pressocchè pesante e gravoso l’impatto tra il movimento del traffico merci con quello urbano, andando a generare disfunzioni, devalorizzazioni, inquinamenti vari e impedendo una maggiore possibilità di sviluppo. L’obiettivo diventa, così, quello di pianificare il territorio della città per coordinarne le funzioni urbane (residenziali, politico-amministrative, sanitarie, scolastiche, ecc.) con quelle produttive, sempre nel rispetto ambientale favorendo lo sviluppo sostenibile.
Queste linee guida vogliono risolvere e rendere più fruibile il fronte mare della città dove da un lato vi sono le strutture dell’Arsenale militare marittimo e dell’altro le strutture portuali e cantieristiche che impediscono un rapporto diretto con il mare e di conseguenza una fruizione immediata da parte della popolazione. Risulta perciò importante trovare un accordo tra le varie esigenze, in quanto vi è la consapevolezza che l’attività del porto genera ricchezza, occupazione e benessere. L’aspetto forse più critico nel rapporto cittàporto è rappresentato dalle implicazioni di tipo ambientale come possono essere l’inquinamento da traffico, da rumore ed anche visivo che hanno alimentato nel tempo forme di protesta rivolte a preservare condizioni di vita accettabili negli spazi periportuali. Già con la strada subalvea di accesso al porto, inaugurata nel 2001, ha consentito di attenuare l’inquinamento da traffico portuale, molto sentito dalla popolazione dei quartieri limitrofi. Sulle altre forme di inquinamento come le polveri sottili, i rumori, l’invasività dei containers, invece, il dibattito è tuttavia aperto.
I punti di maggiore impatto fisico e visivo sono: i varchi di accesso al porto; l’interfaccia tra lo sviluppo portuale e gli insediamenti urbani storici, Canaletto e Fossamastra, che hanno avuto un rapporto più diretto con il mare rispetto ai quartieri ubicati in altre zone; le aree di movimentazione e stoccaggio containers; l’opzione per il trasporto ferroviario anzichè stradale. Di conseguenza, sia la città che il porto sono sedi di trasformazioni complesse dove quelle di origine portuale comprendono una componente piuttosto significativa ed è per questo che le due realtà non possono non aprirsi alla comunicazione ed integrazione. Gli strumenti urbanistici dettano le linee guida per rendere più concreto lo sviluppo tra il porto e la città: 1. Recupero a usi urbani e a stazione marittima del primo bacino portuale con la costruzione del molo crocieristico in calata Paita; 2. limite di sviluppo del porto commerciale; 3. corridoio infrastrutturale unico di accesso al porto (strada e ferrovia) costituito dal varco realizzato sotto il cavalcavia di viale San Bartolomeo; 4. eliminazione del binario dal viale S. Bartolomeo; 5. eliminazione delle marine e trasferimento delle attività insediate; 6. molo Pagliairi e un tratto del molo ENEL funzionali all’attività nautica e ai traghetti per il trasporto marittimo;
La rigenerazione urbana si vede protagonista nel nuovo progetto di waterfront, dove linea di costa e nuova centralità si incontrano. Per ricostruire una nuova immagine della città si prende in considerazione la riscoperta e la valorizzazione del mare, che diventa, quindi, identità locale volta a riscattare la città dall’onnipresenza dello sviluppo miltare, industriale e portuale. La riqualificazione dell’area dismessa dell’ex raffineria IP, il nuovo tracciato infrastrutturale della variante Aurelia e il nuovo sistema logisticoportuale, conoscono una prima efficace sintesi nel preliminare del Ptc La Spezia-Val di Magra elabrato da Bernardo Secchi a partire dalla fine degli anni ‘80. 43
Alcuni progetti su La Spezia costituiscono, infatti, un’importante fase di avvio per la revisione del piano urbanistico comunale. Vengono prese in considerazione le dismissioni del primo bacino portuale da destinare a nuove funzioni urbane ricreative e ricettive e a funzioni diportistiche, ma non verranno recepite, invece, le ipotesi di integrazione tra città e porto. L’importanza crescente assunta dal porto commerciale vedrà, infatti, revisionare il piano Secchi. Tre sono i progetti principali di trasformazione per definire un nuovo assetto urbano: il piano d’area dell’ex raffineria IP, il piano d’area del primo bacino portuale e il piano d’area degli ambiti territoriali del Levante. Tutti e tre i piani vengono recepiti dal Puc che rafforza la sua visione policentrica della città attraverso l’individuazione di alcuni distretti di trasformazione di importanza strategica in cui sono previsti, la realizzazione della nuova stazione ferroviaria Valdellora, il riutilizzo dell’area dell’Ospedale civile da destinarsi a funzioni terziarie, commerciali e ricettive e il completamento di un porticciolo diportistico localizzato nello specchio acqueo su cui affaccia la città storica ottocentesca. Il piano strategico della Spezia, sviluppato in due fasi tra il 1999 e il 2004, concorre ad accentuare la valenza simbolica del progetto del waterfront. La vision del piano si fonda su quattro obiettivi di lungo periodo (identità, competitività, solidarietà e sostenibilità) e su nove assi strategici, che vedono il mare come l’elemento cardine nella costruzione di una nuova immagine della città. La seconda fase del piano strategico permette, invece, di approfondire gli aspetti progettuali scaturiti dai lavori delle diverse commissioni. Per riorganizzare la linea di costa vengono definite le linee guida per la progettazione del nuovo waterfront, che vede il suo espletamento nel nuovo Prp, approvato nel 2006, e per la prima volta il piano comprende non più solo il porto commerciale, ma tutta la linea di costa, comprese le attività presenti interne alla diga foranea. Questa riscoperta del mare porta a una visione completa del territorio portuale, vedendo come protagoniste integrate: la portualità, la cantieristica, il settore industriale e petrolifero, la nautica da diporto e il turismo.
Figura 38 | Il waterfront come doppia cerniera Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
Con il piano territoriale di Secchi, la concentrazione di funzioni e nuovi assetti corrisponde chiaramente all’intenzione di conferire un ruolo di forte centralità che restituisca alla città la funzione di capoluogo di conurbazione di area vasta estesa. Questa centralità è rappresentata dalla sequenza infrastrutturale acqua-ferro-gomma che dal 44
terminal crocieristico e dal porticciolo turistico, previsti nel waterfront, si connette con la nuova stazione ferroviaria e la nuova tangenziale di collegamento autostradale. Il waterfront costituisce, così, una “doppia cerniera” in quanto: da una parte si qualifica come l’affaccio urbano al mare, l’approdo marittimo
principale, lo spazio pubblico e porta di accesso; dall’altra, segna i confini dell’espansione del porto, ponendo una serie di condizionamenti sul riassetto portuale verso Levante (Figura 38). L’ipotesi di sostituire il primo bacino portuale, un’infrastruttura ancora pienamente efficiente, per dare avvio ad ua nuova stagione turistica, 45
richiede una forte strategia sotto il profilo economico-territoriale. In assenza di una pianificazione della relazione tra città e porto, la dismissione del bacino porta, il piano urbanistico, a stabilire i criteri della sostenibilità, valutando non solo il miglioramento delle condizioni ambientali ma, anche, il sottodimensionamento delle espansioni portuali. Il waterfront diventa, dunque, l’emblema di una trasformazione storica dell’economia locale della città con l’affermazione del settore turistico e diportistico, e non più industriale, vedendosi attribuire il ruolo di attrattore di funzioni privilegiate, un ruolo che riguarda: la riconfigurazione dell’impianto insediativo della città, la riappropriazione e il potenziamento di spazi aperti pubblici, la connessione delle varie parti urbane con la definitiva reinvenzione di un nuovo rapporto diretto con il mare, rapporto che nella sua storia è risultato carico di ambiguità e contraddizioni.
Figura 39 | Analisi SWOT di La Spezia come città portuale Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
5.2 Il riscontro dei punti di forza e di criticità L’impianto del porto ha risvolti importanti nella comunità locale, nella vita cittadina, nelle condizioni ambientali, nei rapporti sociali e politici tra i suoi membri. Il porto pone in evidenza due aspetti contrapposti, quali la conflittualità e la sinergia, in quanto da un lato è presente l’avversione all’espansione e dall’altro l’irrinunciabile apporto commerciale alle attività economiche e al loro sviluppo. L’analisi SWOT è uno strumento di pianificazione strategica utilizzato per valutare dettagliatamente i punti di forza (Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e infine le minacce (Threats) di una situazione in cui un’organizzazione o un individuo debba prendere una decisione per il raggiungimento di un obiettivo. L’analisi può riguardare l’ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o esterno (analizzando minacce ed opportunità).
- Tra i punti di forza troviamo: il sostegno offerto alle attività economiche (industrie, turismo, commercio, ecc.); la crescita della cultura tecnica, organizzativa e gestionale nelle attività del terziario; la centralità geografica del porto rispetto agli importanti sistemi infrastrutturali, vicino a Genova, Carrara, Pisa, Firenze che gli conferisce identità di polo attrattore per i turisti, che lo utilizzano come punto di riferimento per altre mete turistiche; il Porto Mirabello, importante area da diporto, che rappresenta l’esempio unico in Italia realizzato completamente sul mare, che mantiene inalterata la costa, valorizzandone la vocazione nautica. È ben collegato alla città tramite un ponte pedonale e possiede oltre 400 posti barca, 100 dei quali destinati al super yacht ed è inserito in un contesto ambientale di altissimo pregio per la vicinanza con realtà di enorme valore storico e paesaggistico come Lerici, Porto Venere, Cinque Terre e Portofino. - Tra i punti di debolezza troviamo: la mancanza 46
di un sistema pedonale continuo nel tratto che va dallo sbarco delle crociere dei turisti al collegamento con la città; la separazione della città dal suo mare, che ha portato solo ad uno scontento generale, creando diversità del territorio invece di dialogo ed inclusione delle due parti; la costruzione di una barriera anti-fonica provvisoria che vede una buona parte di Viale San Bartolomeo recintata, diminuendo il valore estetico-paesaggistico della città; l’occupazione consistente dell’Arsenale della Marina Militare in molte aree del waterfront, seppur rimaste inutilizzate per la maggior parte (come Cadimare, Marola, ecc.).
quanto l’attuale terminal crociere è solamente provvisorio, in attesa della nuova banchina di progetto; la dismissione dell’ex ospedale della M.M. con inserimento dell’università “G. Marconi”, trasferitasi dai colli spezzini; mixitè di funzioni d’uso future nel porto che saranno fonte di attrazione turistica; un arretramento futuro dei binari in Calata Paita per una realizzazione di aree verdi di riequlibrio e compensazione con aree verdi e ciclabili. - Tra le minacce troviamo: un porto commerciale, chiuso alla città; l’intersezione del traffico urbano a quello portuale che crea congestionamento stradale; la presenza di diverse forme di inquinamento (polveri, rumore, visivo, delle acque, ecc.); l’espropriazione di spazi sul mare ai quartieri storici; aree in via di dismissione sparse lungo l’area di levante che portano solo ulteriore degrado ai quartieri adiacenti; ritardi sui tempi di realizzazione del PRP, riguardanti anche la fascia di rispetto.
- Tra le opportunità troviamo: la crescita del valore aggiunto locale dell’identità storica con il nuovo waterfront di progetto; la proiezione dello sviluppo nelle aree retro-portuali, per liberare sempre più zone adiacenti al centro urbano; un ulteriore potenziamento per un porto passeggeri più accogliente, dotato di ogni comfort, in 47
L’obiettivo è quello di liberare più spazio arretrando i binari e ciò porterà ad un allargamento stradale (Figura 39).
5.3 I grandi cluster di occlusione lungo il fronte mare del Golfo Le aree che presentano per i cittadini problemi di accesso al proprio fronte mare sono diverse lungo il perimetro del Golfo. L’arsenale occupò l’area di futura espansione della città costringendola a svilupparsi verso est. I principali danni causati dall’arrivo dell’Arsenale sono stati subiti dai borghi del ponente del golfo della Spezia, a partire dal caso di Marola, sconvolta dalla costruzione dell’Arsenale. Marola è un piccolo borgo marinaro che si è visto per troppo tempo il divieto di accesso al proprio fronte mare tanto che ora i marolini affermano di sentirsi come in una prigione, in quanto il mare lo riescono a vedere solamente dall’alto. Provando a fermarsi lungo la strada sembra quasi che il mare non esista nemmeno, in quanto le spesse mura impediscono la vista e l’accesso. Attualmente, la zona di banchina di fronte al borgo non è utilizzata militarmente ed è invasa da rovi, rottami, automezzi e imbarcazioni inutilizzati, capannoni, ecc. I Marolini ribadiscono, così, che le aree non impiegate dalla Marina Militare Italiana devono essere restituite per ristabilire il naturale fronte mare del paese espropriato per fini militari, e non essere impiegate per insediarvi altri soggetti. Un’altro paese del ponente del golfo è Fabiano, dove gli abitanti si ritrovano senza la possibilità di arrivare al mare, bloccato sempre dall’Arsenale. Si tratta non solo di un accesso fisico impedito, ma anche visivo in quanto la visuale verso il mare è bloccata proprio dai cantieri e attracchi di imbarcazioni. L’arrivo dell’Arsenale ha portato, dunque, a dei cambiamenti che hanno fatto perdere la percezione e la collocazione storica e sociale dei luoghi e degli avvenimenti ad essi legati. Queste limitazioni fisiche hanno ritardato, o in alcuni casi impedito, lo sviluppo economico dei borghi dei quali il mare è una naturale continuazione: in particolare oggi con il volgersi al turismo delle
Figura 40 | Lo studio del waterfront in cinque aree diverse Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
attività cittadine tale impedimento è fortemente sentito, visibile ed aggravato. Proseguendo verso il centro della città, l’altra zona che presenta problemi sul waterfront è proprio Calata Paita che vede questa chiusura causata 48
principalmente dalla ferrovia per il trasporto merci. Di questo waterfront si parla dal 1996 e con il bando aggiudicato nel 2007, l’achitetto spagnolo Llavador afferma che il progetto “Riporterà l’armonia perduta, ristabilendo il contatto con il mare, e compenetrando interessi diversi, da quelli
turistici a quelli nautici, da quelli economici a quelli dello svago”. Un vero e proprio mix insomma, che renda più vicine città e porto. Una volta realizzato il progetto si potrà finalmente percorrere a piedi un tratto di fronte mare che va dal Porto Mirabello a Calata Paita, per un totale di 49
circa 1500 m. Proseguendo verso Levante ci si imbatte nel Terminal Ravano, un altro tassello dell’area portuale che si occupa della parte prettamente industriale-commerciale. La Marina Militare essendosi istituita nella parte a ponente della città, ha costretto il porto a formarsi lungo tutta l’area di levante, a ridosso dei quartieri urbani. L’area del Terminal Ravano è situata in posizione antistante i quartieri di Canaletto e Fossamastra. Quartieri, questi, sempre caratterizzati da un forte legame con il mare e nei quali permangono tutt’ora spazi dedicati alla nautica sociale, ma che il PRP prevede siano destinati all’espansione del porto mercantile. Qui la città scompare, lasciando il posto ad un enorme area industriale degradata. La zona del Canaletto infatti, in prossimità del terminal, si ritrova ad essere uno spazio del tutto deteriorato, con presenza di attività produttive in via di dismissione. La riqualificazione di questi quartieri è un tema discusso ormai da tempo, in cui è prevista una realizzazione di servizi di interesse collettivo e culturale; l’inserimento di verde urbano; la rigenerazione ecologica e la riduzione dei consumi energetici ed idrici; la gestione sostenibile dei rifiuti urbani e dei cicli delle acque; la piantumazione di alberature lungo il margine stradale; l’eliminazione delle condizioni di degrado urbano. Ruffino, invece, l’ultimo tassello di analisi, inizia al confine tra Viale San Bartolomeo e Muggiano, dove quasi tutta la zona si sviluppa verso l’alto. Nonostante si tratti di una zona piuttosto tranquilla di per sè, la presenza di tutta quella serie di cantieri, come San Marco e Baglietto, crea problemi agli abitanti di Ruffino, specialmente la notte in quanto i rumori del porto sono abbastanza disturbanti. L’ estratto di mappa (Figura 40) rappresenta queste cinque zone in cui vengono evidenziati dei particolari attraverso una serie di diagrammi.
5.4 La percezione visiva messa a rischio dalle aree che costituiscono un vero limite Come si è visto sino ad ora sono molte le aree urbane che si ritrovano degradate a causa dell’estrema vicinanza portuale e, per evitare ciò, servirebbe rispettare la cosiddetta “Fascia di rispetto”.
In tale tratto l’intervento assume un’importante valenza di protezione per i residenti, dalle emissioni acustiche provenienti dal porto. È proprio grazie all’eliminazione del primo e del secondo binario dell’attuale fascio ferroviario che verrà restituito, all’ambito urbano, una fascia pari a 10 metri, da attrezzare con itinerari ciclopedonali e potenziamento del patrimonio vegetazionale già esistente.
Si tratta di una fascia compresa tra l’ambito urbano e le aree portuali, in particolare presso i quartieri di Fossamastra e Canaletto, che conferisce l’occasione di riqualificazione urbana e valorizzazione dell’interfaccia porto-città. Il significato di “fascia di rispetto” trova la sua puntuale esplicitazione nel Piano Regolatore Portuale (nell’ art. 11.7), nella sezione relativa alla Valutazione d’Impatto Ambientale, in cui si evidenzia l’importante ruolo di mitigazione del clima acustico e dell’inquinamento atmosferico, oltre al valore di integrazione fra porto e città.
Ad oggi, la costruzione della ferrovia marittima ha arrecato soltanto danni a livello urbano. Il confine tra porto e città si ritrova ad essere minacciato e distaccato, a causa della recinzione portuale e, di conseguenza, la vicina e importante presenza del mare risulta ulteriormente negata dalle ampie aree attinenti alle attività portuali: quali manufatti, impianti ed aree di stoccaggio containers, che determinano l’ostruzione visiva anche dai piani superiori degli edifici. Queste recinzioni metalliche eliminano del tutto una qualsiasi percezione che una persona potrebbe avere sul mare, a soli due passi, ma irraggiungibile.
Nel PRP viene, infatti, proposta la creazione di una fascia di rispetto nel Comune, che prevede la realizzazione di spazi verdi e di “riambientalizzazione”, nonché di strutture fonoassorbenti, di ulteriore compatibilizzazione del rapporto Città-Porto, cioè di un segmento di “spazio pubblico” per mezzo del quale risolvere in maniera integrata il disegno della recinzione doganale, le barriere antirumore, l’arredo urbano, la continuità pedonale degli spostamenti urbani, la circolazione perimetrale al porto, la vivibilità dei luoghi.
L‘elemento di recinzione oggi esistente è, chiaramente, definibile come il confine fisico e percettivo tra la dinamicità eterogenea dell’ambito portuale e la regolarità lineare dell’ambito urbano (Figura 42) (Figura 43). Per questo motivo, tali elementi hanno portato a considerare la realizzazione della fascia di rispetto un importante elemento di riqualificazione del paesaggio urbano, in grado di esprimere le relazioni presenti tra il porto e la città, che da secoli caratterizzano e contraddistinguono il territorio della Spezia.
Il progetto prevede la restituzione alla città di una fascia di larghezza variabile lungo l’asse storico di viale San Bartolomeo, di circa 2,4 km, attrezzata con marciapiedi e piste ciclabili, sistemazioni a verde, filari arborei e luoghi di relazione e svago (Figura 41). Il tratto più rilevante, che è giusto approfondire, è quello compreso tra l’intersezione di Viale San Bartolomeo - Viale Italia - Via Giulio della Torre con uno sviluppo di circa 730 m, caratterizzato dalla presenza di un tessuto urbano compatto e dalla prossimità dell’ambito portuale, con particolare riferimento al fascio di binari interno al porto, all’asse di Viale S. Bartolomeo stesso. 50
Figura 41 | Aree interessate dalla realizzazione della fascia di rispetto dell’ambito urbano Fonte: Adsp Interventi di riqualificazione e sviluppo del porto, ambito 5 e 6, Progetto Preliminare.
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6. QUADRO NORMATIVO
6.1 Piano Urbanistico Comunale di La Spezia
Figura 42 | Fascia di rispetto nel tratto iniziale di Viale San Bartolomeo - Simulazione virtuale Fonte: Adsp Interventi di riqualificazione e sviluppo del porto, ambito 5 e 6, Progetto Preliminare.
ed impianti militari della Marina M. Il PUC si pone come obiettivo, l’unione delle due parti (mare e città) trovando i corretti limiti entro i quali entrambe possano convivere e divenire occasioni di rafforzamento dell’economia della città.
La Spezia si presenta come la città-cerniera tra la costa e l’entroterra, in quanto collegabile a diverse mete turistiche molto richieste. La domanda turistica necessita di un trasformazione ed è alla ricerca di modelli territoriali che consentano la fruizione, contemporanea, dei fattori di attrazione ambientale e degli eventi socio-culturali caratterizzanti l’area stessa, puntando ad ampliare l’offerta anche su altri settori, come ad esempio l’intrattenimento, rivalutando il mare come concreto elemento di offerta. La città, quindi, punta a svolgere un ruolo di porta d’ingresso al mare, e per far ciò ha bisogno di riconquistare il rapporto perso tra città e mare e ridistribuire le diverse funzioni, prevedendo la creazione di nuove attrezzature urbane lungo tutta la linea di costa, ed è proprio grazie alla nuova stazione crocieristica prevista nel Primo bacino portuale che lo scalo spezzino riassumerà il proprio ruolo nel turismo.
6.1.1 Il destino economico della città dipende dal mare La città, storicamente, non ha mai coltivato un rapporto positivo con il mare, ma è sul mare che oggi essa gioca in gran parte il destino economico della città. Le contraddizioni di questo processo sono visibili: un porto che soffoca i quartieri limitrofi, porticcioli turistici di alta qualità senza alcun rapporto con le realtà urbane circostanti o assediati da attività di bassa qualità ambientale, infrastrutturale, edilizia; cantieri che soffocano le potenzialità turistiche dei borghi marinari. Si devono invece valorizzare le vocazioni naturali e fisiche della costa, definendone contemporaneamente il corretto modello di sviluppo.
Secondo l’art. 1 del piano la definizione è la seguente: “Il Piano Urbanistico Comunale (PUC) definisce le indicazioni per il governo del territorio in collegamento e in coerenza con le politiche territoriali e di settore Provinciali e Regionali”. In particolare, il PUC si pone i seguenti obiettivi: lo sviluppo sostenibile; la tutela, l’integrità fisica e l’identità culturale del territorio; la valorizzazione delle risorse ambientali e dell’economia locale; la disciplina delle trasformazioni territoriali ed urbanistiche.
Figura 43 | Fascia di rispetto nella zona di Fossamastra - Simulazione virtuale Fonte: Adsp Interventi di riqualificazione e sviluppo del porto, ambito 5 e 6, Progetto Preliminare.
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Alcuni punti di questo programma sono ormai conseguiti (o presenti nelle decisioni): i confini del porto mercantile, il recupero del primo bacino a scopi turistico-ricettivi, il porto Lotti, la darsena e il distretto nautico del Levante, i programmi per il riassetto della linea di costa. Altri sono da perseguire tenacemente: una più razionale infrastrutturazione del porto mercantile. Per fare tutto ciò, occorre un disegno copianificato con l’Autorità Portuale, ma innanzitutto una corrispondenza di intenti con l’intera città e con i suoi operatori marittimi.
L’art. 25 individua quelle attività utili alla formazione del PRP e sono: - Il porto commerciale, di cui stabilisce i limiti territoriali, varchi e aree doganali; - Attività produttive del porto, individuando le destinazioni d’uso, gli indici e i parametri edilizi; - Approdo turistico; - Arsenale, di cui sono destinate alle attrezzature
Lo scopo è, dunque, quello di far crescere iniziative e sostenere operazioni che sappiano instaurare un rapporto fisico con la città, una continuità con i suoi tessuti e un riavvicinamento all’acqua dei suoi confini. 53
Il porto non può più continuare ad essere considerato come un corpo estraneo nella città, a maggior ragione oggi in un quadro in cui sono tramontate le condizioni e le norme che sancivano tale separazione. Questo, è un tema molto importante, in quanto vi è in ballo non solo il riposizionamento della città nel settore turistico, ma anche tutta la logistica del trasporto nautico e dell’organizzazione degli spostamenti nel golfo (Figura 44).
Figura 44 | PUC della Spezia Fonte: Adsp Interventi di riqualificazione e sviluppo del porto, ambito 5 e 6, Progetto Preliminare.
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6.1.2 Gli obiettivi da perseguire nelle politiche ambientali e di sviluppo economico/territoriale della città, riassunte dall’Adsp
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6.2 Piano Regolatore Portuale Nella realtà ligure, è la regione a pianificare il territorio con dei piani a valenza settoriale (es. Piano della Costa) e a valenza generale (es. Piano Paesistico), così come programma attraverso indirizzi lo sviluppo socio-economico trattando temi come la portualità, il turismo, l’agricoltura ecc. A questi indirizzi devono attenersi gli enti subordinati come le Province che hanno il compito di pianificare il territorio di competenza e di coordinamento provinciale. Entrambi i casi servono da coordinamento delle attività dei Comuni, sia per i Piani Urbanistici Comunali (PUC) sia per lo sviluppo delle attività produttive. A completare il quadro pianificatorio è proprio il Piano Regolatore Portuale, che ha per oggetto solamente i porti della II categoria, vale a dire quelli mercantili, escludendo i porti aventi funzioni turistiche e da diporto. Un Piano Regolatore di Sistema Portuale (P.R.P.) definisce la strategia di sviluppo futuro dei porti, in questo caso di La Spezia. Il nuovo articolo 5 della legge 84/1994 prevede: “Il piano regolatore di sistema portuale è lo strumento di pianificazione del sistema dei porti ricompresi nelle circoscrizioni territoriali delle Autorità di sistema portuale (nel caso nostro Spezia e Carrara). Il piano si compone di
un Documento di pianificazione strategica di sistema (DPSS) e dei piani regolatori portuali di ciascun porto”. Lo sviluppo della città e del territorio viene pianificato dal Comune attraverso il PUC (Piano Urbanistico Comunale), mentre la Provincia realizza il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale). Di conseguenza, il PRP non può risultare, per legge, in contrasto con gli altri strumenti urbanistici. Vi è, dunque, un’esigenza di coordinamento tra la pianificazione portuale e la pianificazione urbanistica in cui entrambe le parti devono rispettarsi.
6.2.1 Una nuova organizzazione portuale con la legge di riforma Si va incontro ad una voglia di cambiamento ed evoluzione attraverso una riforma che razionalizzi e valorizzi la portualità, quella introdotta dalla Legge 28/01/1994 n.84 (“Riordino della legislazione in materia portuale”). Essa istituisce un nuovo ente pubblico: l’Autorità Portuale, che ha competenze nel coordinare le attività, promuovere lo scalo generando un’omogeneità organizzativa nella vita dei principali scali nazionali, controllare le operazioni 58
portuali ed accertarsi della manutenzione. La Legge di riforma 84/94 ha stabilito che i Piani regolatori dei porti debbano essere adottati in un’intesa tra Autorità portuale e Amministrazione comunale. Si tratta di un passaggio importante, in quanto, integra e condivide i contenuti del piano portuale e del piano urbanistico, facendone emergere spesso conflittualità tra le esigenze del rapporto mare-città. In passato il piano urbanistico si fermava sul confine portuale, ma da tempo le città hanno
riscoperto il valore del rapporto con il mare e il fronte portuale, cercando di riproporre la storica integrazione delle due parti. In Italia il waterfront ha assunto maggiore evidenza soltanto dopo la legge 84/94 e, da allora, la città ha trovato nell’Autorità portuale un interlocutore preciso, imprenditoriale, pubblico, che difende energicamente lo spazio demaniale affidatogli dallo Stato. Di fatti, tutte le iniziative che hanno raggiunto una fase attuativa sono 59
state sostenute dalle Autorità portuali stesse. Il Piano regolatore portuale del Golfo della Spezia interpreta il porto come un grande ecosistema urbano complesso, le cui strutture e infrastrutture operano in forte e dinamica integrazione con un contesto insediativo e sociale caratterizzato da un’elevata e diffusa valenza ambientale, paesaggistica e culturale.
a banchina, per far fronte a questa richiesta di mercato dei traffici. In particolare, è prevista la restrizione del lato costiero del porto commerciale in quanto sul lato di Ponente la Calata Paita è adibita ad usi turistici, diportistici e terminal per navi passeggeri, mentre quello di Levante non potrà subire raccorciamenti in vista della realizzazione del polo artigianalediportistico in località Fossamastra-Pagliari. Di seguito sono illustrate le planimetrie generali delle infrastrutture ferroviarie a servizio del Porto Mercantile, che rende molto bene l’idea delle funzioni ferroviarie esistenti e dell’assetto finale previsto (Figura 47) (Figura 48).
Il piano, approvato nel 2006, prevede un aumento degli spazi a favore dei traffici commerciali, più aree per la nautica da diporto (settore in forte espansione in quegli anni nell’area spezzina) e una riorganizzazione complessiva del settore della cantieristica militare e civile. In attesa di queste progettualità, nel settembre del 2015 è stato inaugurato il nuovo terminal crociere per migliorare l’accoglienza di un settore in continua crescita, le cui opere effettuate nel bacino portuale permettono l’attracco di meganavi di nuova generazione per fomentare un turismo che da La Spezia può poi proseguire verso le Cinque Terre, Lerici, Portovenere o l’isola Palmaria: un ricco patrimonio paesistico che si combina con una grande eredità artisticoculturale e diversi musei.
Il PRP propone così una soluzione attingendosi al generico bisogno sociale di apertura al contatto con il mare della comunità residente, che consiste nel ristrutturare la zona antistante Calata Paita per consentire un accesso più agevolato al filo di banchina, destinato in quel luogo al traffico dei passeggeri. Tale soluzione si vede già avvantaggiata dopo la demolizione di enormi strutture che creavano una vera e propria barriera all’accessibilità visiva del mare e delle navi.
Figura 45 | Funzioni caratteristiche esistenti Fonte: Adsp Interventi di riqualificazione e sviluppo del porto, ambito 5 e 6, Progetto Preliminare.
6.2.2 Una visione più dettagliata delle opere previste dal piano Uno dei compiti fondamentali del piano è quello di individuare e delimitare l’ambito del porto, ovvero tutte quelle aree, specchi d’acqua e pertinenze riconosciute idonee a creare lo spazio fisico all’interno del quale si svolgerà l’attività portuale, secondo criteri di unità, funzionalità ed efficienza. La planimetria generale degli ambiti (Figura 45) rappresenta e analizza il confine del porto commerciale, compreso tra il Molo Mirabello e il Molo Pagliari. Gli ambiti presenti sono dieci, ma quello di particolare interesse riguardante la mia analisi l’ambito n° cinque denominato “Marina della Spezia” con funzioni urbane, turistiche e commerciali. Successivamente, invece, viene riportato nel
dettaglio la sua configurazione funzionale (Figura 46): una parte destinata al diportismo e al turismo nautico (da Molo Mirabello all’asse con Via S.Cipriano), un’altra parte destinata alla movimentazione di merci e persone (dall’asse con Via S.Cipriano al Molo ENEL compreso), e infine una parte adibita a diportismo nautico (dal Molo ENEL al Molo Pagliari compreso). Le tematiche più importanti affrontate all’interno del piano, riguardano: - Il potenziamento delle infrastrutture; - Una maggiore efficienza del flusso merci; 60
- Una maggiore competitività del sistema portuale stesso. In particolare, il piano prevede l’ampliamento delle aree portuali. Il porto di La Spezia è sicuramente uno degli scali mercantili principali del Mar Mediterraneo, specializzato nella movimentazione di container e da qualche anno, con l’approdo di navi da crociera, ha raggiunto un notevole sviluppo a livello turistico. Secondo le previsioni future dei prossimi dieci anni è prevista una crescita corposa dei traffici marittimi e per questo motivo è stato ritenuto opportuno un incremento delle aree 61
Figura 46 | (In alto a sinistra) Funzioni esistenti Figura 47 | (In basso a sinistra) Funzioni ferroviarie esistenti Figura 48 | (In alto a destra) Funzioni ferroviarie: assetto previsto Fonte: Adsp Interventi di riqualificazione e sviluppo del porto, ambito 5 e 6, Progetto Preliminare.
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6.2.3 Obiettivi generali e specifici del piano L’obiettivo è definibile, volendo, come un obiettivo triplice, poichè riguarda: la delimitazione dell’ambito del porto; disegnare l’assetto complessivo del porto, inglobando le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie; e, infine, l’individuazione delle caratteristiche e destinazione funzionale delle aree interessate. Il piano regolatore, inoltre, è fortemente legato al Piano Operativo Triennale (POT) che stabilisce le strategie di sviluppo delle attività portuali, consentendo di programmare quanto viene indicato nel PRP stesso.
È importante precisare la previsione dell’ampliamento del Molo Garibaldi, la cui realizzazione consentirà la liberazione degli spazi di Calata Paita destinati a divenire il nuovo waterfront della città, a servizio dell’attività crocieristica. L’illustrazione riassuntiva impiegata dall’Autorità di Sistema Portuale serve a chiarire nel miglior modo possibile il piano, con il seguente programma (Figura 49).
La pianificazione della portualità è importante per il benessere economico e sociale del paese. La crescita delle attività portuali ha introdotto, sempre più, il tema della compatibilità ambientale delle attività svolte, tra cui: la qualità e quantità delle emissioni e produzione dei rifiuti all’interfaccia porto-città e a carico dell’ambiente marino e costiero; le dinamiche della morfologia dei litorali, indotte dalla presenza del porto; le conseguenze fisiche date dai lavori infrastrutturali. Per quanto riguarda l’ambito n° 5, il PRP prevede, dunque, non solo la riorganizzazione dei binari, ma anche: il nuovo waterfront con stazione crocieristica a Calata Paita; l’implementazione della fascia di rispetto tra porto e città; la riduzione delle interferenze tra le attività commerciali e quelle diportistiche, attraverso il trasferimento delle attività legate alla nautica sociale all’esterno delle zone interessate al porto mercantile; una serie di interventi volti a migliorare la compatibilità ambientale del porto, con la riduzione degli impatti negativi dell’attività mercantile verso i quartieri residenziali limitrofi (cold ironing, mobilità elettrica, produzione di energia da fonti rinnovabili, ecc.); la realizzazione della fascia di rispetto al confine tra il porto mercantile e la città, mediante una zona a verde che, oltre ad allontanare le zone operative dai quartieri residenziali, potrà fungere da vera e propria barriera a polveri e rumori, oltre a creare spazi utili per servizi e attività ricreative. 64
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Figura 49 | PRP Porto La Spezia - TAV A.05.B - Ambito 5 e funzioni previste Fonte: Adsp Interventi di riqualificazione e sviluppo del porto, ambito 5 e 6, Progetto Preliminare.
6.3 Documento di Pianificazione Strategica di Sistema dei porti
disegnato, successivamente, dal PRP, che individuerà le caratteristiche di dettaglio di ogni singola opera. All’interno dello stesso, convivono la comunità portuale e la comunità urbana; inoltre, l’ente che si occupa della redazione del DPSS è l’Autorità Portuale. I Comuni, all’interno del DPSS, hanno un ruolo importante in quanto oltre a definire un parere sul documento, definiscono la pianificazione delle aree con funzione di interazione porto-città, previo parere della competente Adsp.
Il Documento di Pianificazione Strategica (DPSS) riguarda la pianificazione strategica portuale, avviata dal Dlgs del 4 agosto 2016 n° 169. Il DPSS: - Definisce gli obiettivi e le strategie di sviluppo e i contenuti sistemici di pianificazione delle Autorità di sistema portuale; - Individua e perimetra le aree destinate a funzioni strettamente portuali e retro-portuali, le aree di interazione porto-città e i collegamenti infrastrutturali di tipo viario e ferroviario con i singoli porti del sistema e gli attraversamenti del centro urbano; - Prevede una relazione illustrativa che descrive una chiara e univoca identificazione di indirizzi, obiettivi e strategie per la redazione dei singoli piani regolatori. Quanto individuato nel documento verrà 66
6.3.1 Delineazione degli obiettivi di sviluppo per la pianificazione strategica portuale L’Adsp del Mar Ligure Orientale è nata dalla fusione delle Autorità Portuali di La Spezia e di Marina 67
di Carrara e, per questo, la nuova pianificazione portuale deve partire dalla valutazione dello stato di fatto di entrambi gli scali per poter individuare i giusti fattori di crescita utili a conferire ulteriore incentivo ai due porti. I nuovi PRP della Spezia e di Marina di Carrara hanno il compito di ottenere alcuni risultati che gli attuali PRP non avevano necessità di raggiungere, e per questo sono stati individuati cinque obiettivi, necessari a conferire al sistema portuale potenzialità strategiche nel panorama dei traffici marittimi, creando sinergia ed integrazione con il territorio. Il DPSS 2 mette a punto una serie di obiettivi per la nuova redazione dei nuovi PRP:
più significative elaborate ed allegate al DPSS (Figura 50) (Figura 51).
« Gli obiettivi da perseguire, a tal fine, nella redazione dei nuovi PRP sono: I. Massimizzare l’efficienza delle infrastrutture esistenti, eliminando le funzioni non più attuali e prevedendo ampliamenti misurati e sostenibili in tempi celeri ed a costi contenuti; II. Razionalizzare le funzioni esistenti creando legami sinergici tra funzioni simili nei due porti e, al tempo stesso, specializzando le diverse peculiarità dei due scali; III. Migliorare gli accessi sia viabilistici, sia ferroviari ai due scali ed efficientare le realtà retroportuali quanto più possibile; IV. Adeguare i fondali agli scenari futuri del naviglio; V. Individuare significative misure di mitigazione ambientale e di armonizzazione del porto col territorio, sia tramite l’adozione di misure di contenimento delle emissioni, sia tramite la realizzazione di opere che abbiano funzione di filtro e di servizio ai quartieri urbani limitrofi ai due scali. Questo obiettivo, ancorché elencato come ultimo, non deve mai essere perso di vista e deve essere perseguito in parallelo agli altri obiettivi elencati, garantendone in ogni loro fase di attuazione la piena sostenibilità ».
Figura 50 | Porto La Spezia - Aree demaniali marittime dell’Adsp Fonte: DPSS, Documento di Pianificazione Strategica di Sistema dei porti.
Figura 52 | Porto La Spezia - Aree di interazione porto - città Fonte: DPSS, Documento di Pianificazione Strategica di Sistema dei porti.
Il DPSS ha, perciò, l’obiettivo di definire le aree demaniali marittime sulle quali il PRP potrà pianificarne la destinazione d’uso, le funzioni annesse, gli standard urbanistici, le possibilità di ampliamenti e/o di nuove edificazioni. A questo scopo vengono, di seguito, riportate le planimetrie 2
Figura 51 | Porto La Spezia - Le principali funzioni esistenti Fonte: DPSS, Documento di Pianificazione Strategica di Sistema dei porti.
Documento di Pianificazione Strategica di Sistema dei porti
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6.4 Piano Integrato per la Mobilità (PIM) - Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS)
vero e proprio, in particolare in uno dei punti più critici: Largo Fiorillo, per il movimento crocieristico e non. Il PUMS propone una serie di interventi che tendono ad indirizzarsi verso vogliono una città più bella, che invita a utilizzare e ”vivere” maggiormente gli spazi stradali, da parte di pedoni, ciclisti e utenti del Trasporto Pubblico.
Il documento è composto da tre parti: 1. Il quadro conoscitivo, che contiene fotografie degli interventi sulla mobilità spezzina definendone lo “stato dell’arte”; 2. Il PUMS - Piano Urbano della Mobilità Sostenibile - che individua, all’interno delle tematiche della mobilità sostenibile, le linee di indirizzo volte ad una città più accessibile, sicura, vivibile e ambientalmente sostenibile; 3. Il PUT - Piano Urbano del Traffico - di cui l’ultimo aggiornamento risale al 2006. Si individuano una serie di azioni volte a garantire diverse proposte.
L’obiettivo finale, è quello di garantire alle generazioni future una città più organizzata e più rispondente alle esigenze dei cittadini e nel contempo, più vivibile e che possa anche diventare una attrazione per i turisti, in quanto liberata dalla invasione di auto che attualmente occupano la maggior parte degli spazi stradali rendendo poco gradevole la mobilità ciclopedonale. All’interno del PUMS 3 troviamo, quindi, questa serie di interventi raggruppati in tre punti:
Nel 2008 è stato, inoltre introdotto il PIM Piano Integrato per la Mobilità - che individua tre linee di intervento: il miglioramento della sicurezza strdale; il potenziamento del sistema dei parcheggi in superficie e in struttura; il miglioramento dell’accessibilità e della vivibilità del centro urbano. Lungo le arterie principali della città, come Viale Italia, la condizione di flusso del traffico è molto elevata. Tra i temi evidenziati nello studio del PUMS sono presenti: il viale San Bartolomeo e l’impatto dei mezzi portuali; e la pedonalizzazione della zona più centrale.
« La “ricetta” più adatta per la nostra città punta su una serie di “ingredienti” che possono essere ricondotti ai seguenti tre ambiti: - soluzioni “green” : sviluppo della zona a traffico limitato e ampliamento (limitato) della zona pedonale, sviluppo della mobilità ciclopedonale, regolamentazione del trasporto merci in ambito urbano, limitazioni ai veicoli più inquinanti, sviluppo del Park and Ride con potenziamento dei parcheggi di interscambio; - sviluppo della trazione elettrica : ristrutturazione del TPL con transito nella zona più centrale di soli mezzi elettrici filoviari, incentivazione all’uso di veicoli privati elettrici con infrastrutturazione di rete di colonnine di ricarica e sistema di incentivazioni, attivazione di un sistema di car sharing; - Lo sviluppo della tecnologia applicata alla mobilità con sviluppo di sistemi di infomobilità e di e-ticketing. Realizzazione di un’app unica della mobilità possibilmente integrata con sistemi già diffusi in ambito nazionale che possano consentire la costante informazione per l’utente e la possibilità di acquistare servizi diversi di mobilità (parcheggi, ingresso ZTL, bike sharing, trasporto pubblico, ecc.) ».
Il viale S. Bartolomeo, è forse la via che presenta le maggiori criticità stante l’elevato numero di veicoli che vi transita e le infinite interferenze quali intersezioni semaforizzate e non, attraversamenti perdonali, fermate bus, svolte a sinistra, soste abusive, etc. E’, quindi, necessario uno studio di fattibilità su eventuali deviazioni di traffico su assi alternativi. Come ben sappiamo, ormai, anche Viale Italia presenta una situazione critica: presenta un tasso di incidentalità elevato ed è al 1°posto nella realtà cittadina da molti anni con circa 100 incidenti annui, e questo giustifica solo in parte la consistente mole di traffico che si va a sviluppare. Necessita urgentemente di un miglioramento 3
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Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile
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7. VERSO DELLE LINEE GUIDA PROGETTUALI mare. Questa densa co-pianificazione è stata sicuramente resa possibile con il progressivo declino della militarizzazione e industrializzazione della città a partire dagli anni Novanta, che ha portato a definire le condizioni e gli strumenti per un ridisegno complessivo della linea di costa. L’insieme delle funzioni industriali portuali e militari, che avevano occluso il fronte marino recidendo i nessi tra mare e città, viene ricomposto in un disegno volto a garantire una maggiore efficienza degli spazi di banchina del porto commerciale.
7.1 Il progetto concorsuale vincitore dell’architetto Llavador Nel caso della Spezia è interessante soffermarsi sul passaggio dallo schema del contenuto del Piano d’Area del Primo bacino portuale (che ha anticipato il concorso), all’impianto disegnato nel masterplan del progetto vincitore. L’obiettivo è proprio quello di integrare un mix di funzioni centrali del waterfront per quanto riguarda la connessione e la qualità spaziale. Dal masterplan vincitore, però, domina l’idea della continuità con la città che viene affidata, più che all’allineamento dei volumi, al flusso dei nuovi spazi pedonali. Questo nuovo e vasto spazio pedonale, che rimodella la linea di costa, punta ad unire i tessuti ed il lungomare della città storica con i nuovi spazi liberati (Figure 53 - 54) come dimostrano le due planimetrie messe a diretto confronto.
La definizione planivolumetrica e architettonica di quest’area passa attraverso tre momenti: la redazione del piano d’area del primo bacino portuale (Calata Paita, 1998), recepito dal Puc come proposta programmatica con valore di indicazione per la stesura del Prp e per la definizione del bando concorsuale del waterfront; il progetto vincitore del concorso internazionale di idee bandito nel 2006 dal Comune della Spezia, Regione Liguria e Autorità portuale; la successiva traduzione e riconfigurazione del progetto in un nuovo masterplan, presentato nel 2010 (Figura 55). Il prolungamento della passeggiata storica Morin, spazio pubblico sul mare definito nella sua attuale configurazione della radicale trasformazione ottocentesca della città e del territorio operata con la realizzazione dell’Arsenale, rafforza la continuità dell’asse principale dalla strutturazione novecentesca, interpretato come tema urbano riconosciuto a livello collettivo.
I simboli che vengono visti dal masterplan di progetto come immagini del nuovo panorama urbano rappresentano una nuova collettività globale e sono: il centro multimediale la “lanterna”, il contenitore per il fitness acquatico l’ “isola d’acqua”, l’isolotto-terminal della stazione crocieristica, il grande centro congressi-albergo. Queste funzioni-oggetto sono separate e rese contigue da una lastra-piazza-centro commerciale. Le linee piuttosto rigide della razionalità della città militare e del funzionalismo della città industriale portuale sono negate e piegate dallo spazio civile, che necessita di una maggiore reciprocità tra città e mare. L’elemento, dunque, più cruciale è la riassimilazione ad usi urbani di aree portuali che impone un’attenzione specifica al disegno dello spazio pubblico e di conseguenza alla ricostruzione delle relazioni tra acqua e città.
Figura 53 | (A partire dall’alto) Piano d’Area del Primo Bacino - 1998 Figura 54 | Progetto vincitore del concorso per il nuovo waterfront Fonte: “Waterfront d’Italia. Piani, politiche e progetti”, Michelangelo Savino.
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Il fatto di voler raddoppiare la passeggiata Morin attraverso modalità spaziali ben determinate rappresenta, a tutti gli effetti, un tema collettivo e un punto di condensazione simbolica del nuovo fronte mare. Il progetto vincitore si muove in opposizione alle idee formulate nel piano d’area. La linea di costa, soggetta a pressioni contrapposte, assume un andamento irregolare: sporgenze, rientranze e isole artificiali che vanno a interrompere la continuità della passeggiata, che portano a lacerazione del suolo da cui emergono
Si vedono così intersecare diverse ambizioni provenienti dal progetto quali: il desiderio della città ad inserirsi nella rete dei flussi turistici internazionali, il consolidamento del ruolo di capoluogo di un comprensorio di area vasta, la riappropriazione di un rapporto storicamente ambiguo, conflittuale e controverso, con il 73
Figura 55 | Planivolumetrico del Piano d’Area del Primo Bacino, 1998 Fonte: “Waterfront d’Italia. Piani, politiche e progetti”, Michelangelo Savino.
Figura 56 | vista prospettica del nuovo masterplan, 2010 Fonte: “Waterfront d’Italia. Piani, politiche e progetti”, Michelangelo Savino.
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diversi spazi acquei in prossimità di Calata Paita (Figura 56). Per ricomporre quel che è la continuità con la città vengono inseriti flussi pedonali trasversalmente al prolungamento ed estensione della passeggiata storica, non più concepita come asse strutturante, ma come flessione e rimodulazione della linea di contatto con l’acqua. L’intenzione di separare le forme della città esistente viene messa in atto attraverso l’ampliamento dei giardini pubblici con il loro inserimento in un grande parco.
di un progetto di Parternariato Pubblico-Privato per lo sviluppo e la gestione dei servizi afferenti l’imbarco e sbarco passeggeri di navi da crociera nel porto della Spezia, e le compagnie di crociere coinvolte (MSC , Costa Crociere e Royal Carribean).
Al giorno d’oggi le strade dove si riversa maggiormente il traffico sono proprio quelle adiacenti al waterfront di liberazione all’accesso futuro, vale a dire: Viale Amendola, Viale Italia e Viale San Bartolomeo. La volontà dell’architettourbanista è quella, invece, di conferire un aspetto più residenziale all’area, difatti si necessita uno studio mirato a soddisfare i bisogni dei visitatori crocieristi e della popolazione residente. Il progetto del nuovo waterfront si attesta precisamente su Viale Italia, uno degli assi principali della struttura viaria spezzina e, d’altro canto, questo può solo che giovare all’attività crocieristica in quanto permette un collegamento pressochè immediato con il centro città e con tutte le penetrazioni di carattere intercomunale, regionale e sovraregionale.
In particolare: la costruzione del molo crocieristico, ovvero l’opera principale per la realizzazione della nuova stazione marittima, in cui il progetto prevede la costruzione di un molo trapezoidale nella zona ovest della calata Paita per l’attracco delle navi da crociera. Esso si inserisce nella più generale sistemazione della calata sottratta al traffico commerciale e destinata ad un recupero del rapporto tra città-mare e città-porto; la realizzazione della fascia di rispetto tra il centro abitato e le aree operative, lunga circa 3 km e larga 15-20 m creata ai margini delle aree attive dello scalo per separare queste ultime dalla linea dell’abitato, per abbattere l’impatto visivo e acustico e migliorare la qualità ambientale con piante, aiuole, pista ciclabile ed attrezzature varie di più estesa vivibilità.
Vediamo come si è giunti a definire questo progetto di riferimento. Nel 2002, il Comune di La Spezia, ha predisposto il Piano d’Area del primo bacino, quale elaborato del nuovo Piano Urbanistico Comunale; nel 2005 l’Autorià Portuale, il Comune e la Regione Liguria hanno bandito un concorso internazionale di idee per la riqualificazione del Waterfront della Città, comprendente l’intera area demaniale di Calata Paita localizzata nel primo bacino dello scalo spezzino. Il concorso si è concluso nel 2007 con la vittoria dell’urbanista spagnolo Josè Llavador, presentando il progetto in questione.
Nell’approvazione del nuovo Piano Urbanistico Comunale, del febbraio 2016, è emersa l’esigenza di riformulare il progetto sulla riappropriazione da parte della città degli spazi del primo bacino con una riduzione sia per i volumi edilizi complessivi sia per il loro sviluppo in altezza. Si è iniziato successivamente a ripensare al rapporto tra le aree militari e la città, ma si parla in un primo momento, di collaborazione nell’uso degli spazi e non di vere e proprie dismissioni. Ad ogni modo, si intravedono le prime forme di un’inversione di tendenza. Nel 2007 ha avuto inizio il miglioramento del contesto di degrado e sottoutilizzo delle aree militari, con l’obiettivo di riutilizzare tali strutture in cambio di una parte del patrimonio storico della Marina.
Il progetto, contenuto nel masterplan elaborato dallo stesso architetto nel 2010 prevede di realizzare un terminal crociere, un bacino per la nautica da diporto con nuovi pontili e 500 posti barca, spazi commerciali, strutture ricettive, un polo sportivo e uno culturale.
Il masterplan venne recepito in sede di Piano Regolatore Portuale e approvato dal Comitato portuale 2010. Nel 2011 il progetto del nuovo waterfront di La Spezia diventa parte del progetto europeo” SEA TO LAND connessione dei porti con il loro entroterra”. Nel giugno del 2018 è stata approvata la fattibilità 75
7.2 L’importanza degli spazi aperti Con la città storica, la modulazione degli spazi aperti garantisce tuttavia ricchezza e variazione nelle forme dello spazio pubblico e collettivo ma, con l’avvio della modernizzazione, il rapporto tra percezione e strutturazione dello spazio urbano sembra dissolversi. L’affermazione dello spazio aperto sembra essere una conquista dell’urbanistica moderna. In questo nuovo spazio dilatato e non più prospettico, solo uno stato d’animo ortogonale sembra capace di concettualizzare e ricostruire un possibile ordine percettivo: « L’angolo retto si può dire che costituisca la condizione necessaria e sufficiente per agire, poiché ci permette di determinare lo spazio con un rigore assoluto. L’angolo retto è valido, anzi indispensabile, in quanto fa parte del nostro sistema d’orientamento » (Le Corbusier 4, 1967). La città ha perso la sua forma diventando una periferia senza fine, vedendo estinguere le proprie differenze interne in una ripetizione indefinita di direzioni e circolazioni. In questa perdita di dimensione e di sostanza, lo spazio pubblico della città si svuota progressivamente di ogni significato. Per la città e il territorio, uno spazio aperto rappresenta la struttura, la spina dorsale che da senso e ricompone città e territori diversi e frammentati. Nella rivista “Casabella 5” (1993), Bernardo Secchi 6 e altri, rilanciarono in Italia con forza il tema del “Disegno degli spazi aperti”. Ancora oggi dopo quasi trent’anni i principi rimangono gli stessi:
L’attenzione per lo spazio aperto viene esaminato su due versanti: da un lato « Lo spazio aperto viene inteso come connettivo, capace di dare continuità fisica e simbolica » (Secchi, 1983), dall’altro è considerata un’infrastruttura ecologicoambientale, che tratta non solo il verde pubblico paesaggistico e per la fruibilità collettiva ma anche la permeabilità dei suoli pubblici e privati, la rete fognaria, gli effetti stagionali del microclima urbano, attravreso forme di rigenerazione ambientale, come piantumazioni, sostituzione delle pavimentazioni in aree pubbliche, ecc. Sono proprio gli spazi di margine tra il mare e la città ad essere molto spesso degradati, e necessitano perciò di un recupero per poter rappresentare nuovamente l’identità della propria città. A partire da questi presupposti sono stati concepiti i nuovi strumenti urbanistici del porto e della città di La Spezia, in un’ottica di riconversione del territorio urbanizzato dove il bacino portuale è diventato il principale contenitore delle funzioni necessarie ad un nuovo modello di sviluppo, permettendo di definire un nuovo spazio aperto sull’acqua e contemporaneamente nuove potenzialità di riqualificazione per i tessuti che si affacciano sull’ambito portuale.
7.3 Individuazione degli obiettivi e linee guida per una vision portuale strategica
varie soluzioni, tutte compatibili con gli obiettivi prefissati. Questo concetto delle prestazioni è stato applicato alle cinque analisi, già affrontate precedentemente, raffiguranti i punti più critici lungo la costa. La prima analisi parte con Calata Paita, l’area più critica tra tutte e l’unica a possedere un progetto a riguardo per il waterfront, già approvato. Da questa analisi si sono sviluppati e riportati gli stessi o nuovi caratteri prestazionali anche in tutte le altre aree, partendo prima da un abaco di scenario che presenta la situazione attuale, messa a confronto con gli obiettivi di scenario futuri (Figura 57).
L’obiettivo per quest’ultima parte del lavoro non riguarda dare un approccio di tipo formale, bensì di tipo prestazionale, grazie al quale si inizia a costruire un concetto. È importante, quindi, definire una serie di “regole” o “linee guida” che garantiscano un determinato sistema di prestazioni, o meglio dei pensieri strategici di tipo prestazionali. Il concetto di prestazione nasce, non specificatamente nell’urbanistica ma, in tutti i campi generali. In campo tecnico-scientifico, ad esempio, si parla di prestazione sia per quanto riguarda il funzionamento dei sistemi e dei processi produttivi, sia per definire indicatori esterni e valori di accettabilità per lo svolgimento di una determinata attività nello spazio e nell’ambiente interessati. Le prestazioni di un oggetto sono sempre legate al suo funzionamento, in base alla risposta data a una certa richiesta, compatibile con le proprie potenzialità. In breve, le prestazioni sono il risultato della risposta a una richiesta.
7.3.1 Intervista con l’Ingegnere dell’Autorità Portuale Davide Vetrala In questo momento del mio percorso di tesi mi è stato, in particolar modo, di prezioso e fondamentale aiuto il contributo dell’Ingegnere dell’Autorità di Sistema Portuale di La Spezia, Davide Vetrala, già conosciuto all’inizio del mio percorso per discutere sulle tematiche riguardanti le dinamiche in ambito portuale. Grazie al suo aiuto ho ricevuto materiali importanti che non avrei potuto trovare altrimenti e molte idee e suggerimenti per quest’ultima parte che riguarda l’ambito più di definizione delle linee guida strategiche per un waterfront più accessibile e rivalorizzato lungo gran parte della costa. Per riuscire ad affrontare al meglio questo capitolo ho deciso di effettuare un’intervista alla persona in questione per poter comprendere alcune tematiche complicate riguardanti la vita portuale. Grazie a queste informazioni è stato possibile valutare quali potessero essere le soluzioni migliori da attuare per ciascuna analisi. L’intervista è stata svolta in un momento cruciale di conclusione della tesi, in quanto le domande poste risultano le più significative per concludere questo percorso con tutte le nozioni necessarie all’apprendimento dello sviluppo di un fronte mare, come quello spezzino, a diretto contatto con il cuore della città. Le prime domande sono rivolte a una conoscenza più profonda circa la collaborazione tra i due enti promotori del waterfront cittadino, il Comune e l’Autorità
Ovviamente, in campo urbanistico, la richiesta di qualità vale per l’ambiente urbano e i suoi elementi costitutivi, andando a individuare delle necessità nel territorio stesso. L’insieme delle caratteristiche prestazionali rendono un luogo confortevole, caratterizzato da un indicatore di benessere e di comfort. Si tratta sicuramente di una categoria concettuale teorica complessa a cui far fronte. Ogni singola componente contribuisce, così, alla costruzione del sistema stesso e tale concezione mette in evidenza le relazioni spaziali.
« Per la città e il territorio gli spazi aperti sono infrastruttura per eccellenza - sia essa verde, blu o grigia - , supporto per attività molteplici, persistenti nel tempo e garanti della continuità spaziale ».
Pseudonimo di Charles - Èdouard - Jeanneret - Gris, architetto-urbanista, era la figura di maggior spicco nel complesso panorama dell’architettura del XX secolo. 4
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Principale rivista italiana di Architettura.
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Architetto-urbanista-ingegnere e professore di Urbanistica presso l’Università di Architettura di Venezia.
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Di conseguenza, la qualità di un ambiente urbano dipende in parte dalla qualità di questi singoli elementi e in parte da quella degli ambiti nel loro complesso e dalla gradevolezza percettiva dell’insieme. L’effetto positivo di un’azione progettuale è strettamente connesso alla rispondenza delle prestazioni e una chiara individuazione delle prestazioni richieste agli spazi ed ai loro elementi costitutivi permette di definire gli obiettivi da perseguire, senza dover necessariamente entrare nel merito dell’assetto fisico dei luoghi. Permette inoltre di prevedere 77
CALATA PAITA: L’OCCLUSIONE
AL CENTRO URBANO
Figura 57 | Scenario attuale e futuro strategico di Calata Paita Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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Portuale, in quanto devono stabilire una relazione idonea per il raggiungimento degli obiettivi, e la questione del progetto vincitore del concorso per il nuovo waterfront non ancora messo in opera. Un’altra situazione che mi premeva affrontare è, sicuramente, la demolizione del fascio di binari in Calata Paita, riproporzionando la fascia di rispetto minima dei dieci metri e, anche la situazione molto critica dell’abitato di Marola, che ormai da tempo non viene presa in considerazione. Per concludere, la differenza della gestione e della situazione in ambito portuale tra la regione Liguria e quella Toscana.
7.3.2 Calata Paita Calata Paita essendo pianificata come unico punto di accesso al fronte mare, ed essendo il primo bacino ad essere stato costruito, presenta sicuramente le difficoltà maggiori tra cui l’occlusione al waterfront, causato dal fascio dei binari e dai grossi container che occupano la vista anche dai punti più sopraelevati. Non si tratta solamente di un blocco visivo ma anche, e soprattutto, fisico, non permettendo agli abitanti di accedervi. Tutti questi impedimenti di accesso creano un’enorme confusione nel percorrimento di quest’area, in particolare perchè adiacente all’approdo turistico delle crociere, tanto da non riuscire più a percepire la percorribilità e l’immagine del fronte mare, che invece dovrebbe essere più che chiaro agli abitanti. La continua presenza del muro divisorio e l’alta percentuale di traffico che percorre Viale Italia e Viale San Bartolomeo quotidianamente, portano ad enormi problemi di inquinamento di vario tipo, tra cui quello acustico, molto risentito dalle aree residenziali retrostanti alla barriera. Nello scenario futuro vengono individuati, principalmente, due obiettivi: restituire il waterfront alla città di La Spezia, attraverso la demolizione delle strutture portuali e del muro divisorio, con lo smantellamento del sistema ferroviario e conseguente fascia di rispetto incrementata; ripristinare la qualità urbana ponendo una maggiore attenzione all’ambiente,
attraverso l’inserimento di aree verdi di accesso pubblico, immissione della continuità pedonale tra il terminal crociere e la città, inclusione di spazi aperti accessibili a tutti e l’inserimento di una mixitè di funzioni per una qualità di servizi multifunzionale.
LEGENDA Aree accessibili Aree non accessibili Aree accessibili temporanee Pedonabilità più prossima al mare
Ad affiancare questi scenari ci sono le rispettive riproduzioni in modelli tridimensionali (Figure 5859), all’interno dei quali sono presenti le figure prestazionali. Nel primo caso sono colorate le strutture e i complessi che verranno demoliti, secondo il PRP attuale, per permettere l’accesso da parte di tutti, abitanti e turisti, del fronte mare di Calata Paita. Nel secondo caso vediamo già dei cambiamenti per quanto riguarda la forma strutturante della costa, la quale si vede più allargata per poter permettere un inserimento e una capienza maggiore di tutte le attività multifunzionali che caratterizzeranno il bacino; l’allungamento dell’attuale Molo Italia, convertito pienamente ad una funzione turistica e diportistica; l’inserimento di un nuovo bacino che ospiterà il molo crocieristico di forma trapezoidale, connesso al resto di Calata Paita, esclusivamente adibito ad attività di trasporto turistico, che sarà libero e accessibile anche agli abitanti solamente in caso di assenza di navi all’accosto, in quanto in presenza di navi, gli aspetti della security lo impedirebbero. In giallo sono indicate le aree che verranno rese accessibili e fruibili a tutti, e in arancione quelle non accessibili per questioni di sicurezza ed efficienza. Per finire vengono inseriti una serie di punti che elencano le caratteristiche principali utilizzate dall’architetto spagnolo Llavador per definire il waterfront urbano e che, per la maggior parte, combaciano con le linee guida prestazionali del mio sistema di rappresentazione (Figura 60). L’obiettivo, in tutte le analisi, è riuscire a far convivere più funzioni per arricchire l’esperienza della città. Ciò non vuol dire mischiare immediatamente funzioni difficilmente compatibili (come vedremo nelle analisi successive), sempre per questioni di sicurezza ed efficienza, però è possibile trovare dei compromessi, anche se temporanei, per poter permettere a tutti gli abitanti di poter vivere la propria città. 80
Sottosistema di connessioni e corridoi Filari di alberi lungo gli assi verticali Strade perpendicolari di connessione città-waterfront Fascia di rispetto
FUNZIONI Ricreativa e turistica Nautica da diporto Servizi alla nautica Culturale e commerciale Servizi culturali Strutture alberghiere Attività commerciali Commerciale e ricreativa
Attività sportive Attività commerciali Turistica e di trasporto Stazione autobus Stazione crocieristica
Figura 58 | Scenario attuale di Calata Paita Figura 59 | Scenario futuro di Calata Paita Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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7.3.3 Marola
Figura 60 | Elenco delle caratteristiche del waterfront che combaciano con le mie linee guida Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
La prossima analisi, a partire da ponente, è quella del borgo di Marola, dove il mare sembra sparire completamente a causa del muro costruito dall’Arsenale, rendendo anche qua il waterfront inaccessibile agli abitanti. L’arrivo dell’Arsenale ha sicuramente portato ad una perdita della percezione e della collocazione storica, e la persistenza di attività che risultano essere inquinanti. Anche la passeggiata che unificava il borgo alla città di La Spezia è stata demolita e, nello scenario futuro, infatti, vediamo come ristabilire questo contatto ormai perso da tempo. Gli obiettivi (Figura 61) anche qua sono due e riguardano: ricongiungere il borgo al proprio fronte mare rendendolo fruibile a tutti, attraverso la demolizione delle spesse mura che circondano le aree che da tempo dovevano diventare pubbliche e la dismissione delle attività e strutture rimaste inutilizzate; riqualificare l’ambiente per un recupero a fini turistici, produttivi e di servizio pubblico, attraverso la demolizione delle condizioni di forte degrado e sottoutilizzo causate dalle poche attività militari rimaste attive, ricongiungendo il percorso di collegamento alla città attraverso una struttura ciclo-pedonale adeguata che permetta a tutti di poterla percorrere senza problemi, in mancanza attualmente di marciapiedi, e il riutilizzo e la razionalizzazione delle strutture militari in cambio del prezioso patrimonio storico della Marina Militare. Successivamente i modelli che rappresentano entrambe le situazioni (Figure 62-63), dell’attuale e del futuro, dove sono riportati sempre una serie di segni grafici per rendere i concetti teorici più chiari, utilizzando lo stesso sistema di Calata Paita.
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Figura 61 | Scenario attuale e futuro strategico di Marola Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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LEGENDA Aree accessibili Aree non accessibili Riconnessione del borgo alla città Riapertura dei varchi
FUNZIONI Ricreativa, nautica da diporto, servizi alla nautica Attività rimaste all’Arsenale
7.3.4 Viale Amendola La Marina Militare colpisce, in particolar modo, anche il centro urbano, ovvero Viale Amendola, una tra le strade più trafficate che si connette direttamente a Viale Italia. La presenza ingombrante dell’ Arsenale obbliga gli abitanti delle aree residenziali retrostanti ad avere una visuale, anche in questo caso, ostacolata dalle strutture presenti (Figura 64). In questo caso, però, pur essendoci diverse strutture non utilizzate, è presente la base principale dell’Arsenale e quindi un’area più difficile da liberare definitivamente per un uso pubblico, proprio perchè non avrebbe più senso la sua presenza. A bloccare la visuale c’è il muro divisorio della Marina che non permette l’accesso in alcun modo a quella parte di fronte mare, se non per una porzione minima riguardante l’unico punto di accesso pubblico, ovvero il Museo Marittimo. Anche le connessioni alla città, nell’immediata vicinanza, sono pressochè assenti se non per piccoli tratti di semplice percorrenza al di fuori delle mura. Non potendo pensare ad una liberazione più immediata, come per le altre zone, l’idea è quella di conferire una scansione temporale agli interventi, sulla base di quando questi percorsi verranno aperti. L’area più prossima all’apertura viene considerata quella retrostante il Museo Marittimo, in quanto vi è già una possibilità di accedervi, e per questo colorata in giallo. Procedendo verso destra, si ha un’apertura sempre più graduale di realizzazione futura. Queste aree (Figura 6566) che verranno man mano riaperte potranno possedere diverse passeggiate trasversali di collegamento diretto con il mare e con la città.
Figura 62 | Scenario attuale di Marola Figura 63 | Scenario futuro di Marola Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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Figura 64 | Scenario attuale e futuro strategico di Viale Amendola Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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LEGENDA Aree prossime alla riapertura futura Aree di media prossimità alla riapertura Aree più lontane alla riapertura Aree non accessibili Pedonabilità più prossima al mare Filari di alberi lungo gli assi verticali Strade perpendicolari di connessione città-waterfront Riapertura dei varchi
FUNZIONI Commerciale, culturale, ricreativa Attività rimaste all’Arsenale Aree di progressiva riapertura futura
7.3.5 Terminal Ravano Il terminal Ravano è un’altra zona che presenta caratteri piuttosto critici a livello urbano e ambientale. Si tratta di un’enorme area industriale-commerciale, riferita per lo più alle attività portuali cantieristiche, che occupa talmente tanto territorio da essere considerata l’area in cui scompare definitivamente la città. Il problema qui sta nel non poter liberare il terminal in quanto si tratta della futura area in fase di espansione delle attività esclusivamente commerciali del porto (Figure 68-69), difatti qui verranno trasferite tutte le attività svolte presso Calata Paita, tra cui quelle di trasporto ferroviario in aggiunta a quelle già esistenti. Anche qui vi è la presenza della barriera fono-assorbente che separa la città dal suo fronte mare e che non rispetta la distanza minima dei dieci metri della fascia di rispetto. A risentirne sono proprio i quartieri residenziali retrostanti a tale barriera che non solo non hanno la possibilità di accedervi, anche se solo visivamente, ma sono colpite da ingenti forme di inquinamento e di degrado ambientale dovute dalla troppa vicinanza con le attività portuali. I quartieri del Canaletto e, in particolare, di Fossamastra risentono della mancanza di spazi pubblici e di grossi polmoni verdi, ormai da tempo. L’obiettivo principale (Figura 67) è proprio quello di riqualificare le condizioni di degrado urbano causate dall’area industriale in questione, incrementando la fascia di rispetto sino ad arrivare alle proporzioni adeguate minime; limitando l’ingombro del sistema ferroviario concentrandolo maggiormente lungo il perimetro del porto; espandendo l’area adibita esclusivamente alle attività commerciali per poter usufruire di un maggiore spazio a disposizione; riconvertendo l’area retrostante del quartiere di Fossamastra per renderlo più vivibile; e infine ponendo maggiore attenzione alla situazione del quartiere andando a inserire più servizi di interesse collettivo e culturale.
Figura 65 | Scenario attuale di Viale Amendola Figura 66 | Scenario futuro di Viale Amendola Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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Figura 67 | Scenario attuale e futuro strategico del Terminal Ravano Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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LEGENDA Aree non accessibili Fascia di rispetto
FUNZIONI Attività del porto commerciale Fascio ferroviario
7.3.6 Ruffino
compatibili tra loro, ma necessari per poter godere appieno di tutte le opportunità che il posto offre. Risulta, inoltre, importante pensare ad un cambiamento d’uso futuro per i cantieri in via di dismissione e valorizzare, per il momento, quell’unico tratto di banchina accessibile per un miglior spazio pubblico percorribile e vivibile.
L’area più a levante tra le analisi di studio è quella dell’abitato di Ruffino, dove anche qua sono presenti varie problematiche a causa della troppa vicinanza con le attività cantieristiche portuali. Si tratta, infatti di una zona invasa dai cantieri navali, in cui gli abitanti risentono dei troppi rumori, specialmente nelle ore notturne, dovuti dalle attività stesse. Anche in quest’ultimo caso, il waterfront si ritrova occupato dalla moltitudine dei cantieri che non lascia spazio ad aree aperte di accesso pubblico, se non per una piccola banchina che risulta essere l’unico spazio per poter accedere ad una minuscola parte di fronte mare, seppur circondata sempre da cantieri. Le forme di inquinamento continuano a persistere anche qui a causa purtroppo dell’avvicinamento con l’abitato stesso di Ruffino al porto. Gli abitanti si sentono, così, completamente esclusi da un bene molto richiesto, quello del mare. La visuale rimane intatta solamente per le persone che abitano nella parte più alta del paese, mentre per coloro che abitano nella parte inferiore risulta minima.
Per concludere, tutti questi segni grafici che definiscono un concetto, vengono raggruppati in una visione d’insieme finale con una realizzazione a tabella per rendere ancora più chiari e visibili gli obiettivi di scenario strategici inseriti (Figura 73).
L’obiettivo principale (Figura 70) che racchiude una soluzione generale di tutti questi aspetti è la riconnessione dell’abitato di Ruffino al proprio fronte mare, in periodi determinati. Permettere un’accessibilità immediata non è affatto semplice, in quanto se non è stata resa già disponibile, il motivo risale ad una questione di sicurezza e di efficienza che devono essere rispettati, e permettere l’entrata a chiunque in qualsiasi momento della giornata potrebbe comprovare la sicurezza stessa dei cantieri. L’idea si riduce ad un’apertura limitata, in determinati periodi dell’anno: durante occasioni particolari, come sagre e feste di paese, o nel caso di altre festività spezzine come il Palio del Golfo. In periodi quindi limitati, come ad esempio qualche weekend all’anno, inserendo dei percorsi trasversali protetti tra i cantieri (Figure 71-72), che si collegano dall’abitato di Ruffino direttamente al fronte mare. Figura 68 | Scenario attuale del Terminal Ravano Figura 69 | Scenario futuro del Terminal Ravano Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
Questa sarebbe già una situazione più facilmente approvabile dagli ingegneri e dagli addetti dell’Autorità Portuale, in quanto si cercherebbe di far convivere più funzioni, difficilmente 94
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Figura 70 | Scenario attuale e futuro strategico di Ruffino Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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LEGENDA
ABACO DELLE PRESTAZIONI
Aree accessibili Aree non accessibili Riconnessione del borgo alla città Percorsi occasionali
1. ACCESSIBILITA’ Le aree gialle sono quelle già accessibili al pubblico o che lo diventeranno, mentre quelle in arancione sono le aree non accessibili in quanto occupate da attività di vario tipo, come cantieristiche, commerciali/industriali, dell’Arsenale Militare.
6. PEDONABILITA’ PROSSIMA ALL‘ACQUA Integrare con delle aree pedonali percorribili di prossimità al mare, riuscendo dunque a conferire delle aree in cui, dalla città, si arriva ad avere un contatto visivo e quasi fisico con l’acqua. Mette in stretta relazione questi aspetti.
2. PUNTI DI RIAPERTURA L’inserimento di varchi per indicare i punti di riapertura, ovvero dove verranno rese accessibili esattamente queste aree.
7. GRADUALI APERTURE NEL TEMPO Risulta più complicato aprire grosse porzioni di territorio al pubblico e subito (Viale Amendola). L’ideale è un’apertura graduale, dalle aree più prossime (giallo chiaro), ad aree più lontane (giallo via via più scuro).
3. ACCESSIBILITA’ E CONNESSIONI TEMPORANEE LIMITATE Aree in cui l’accesso non è liberamente consentito, se non occasionalmente, (es. futuro molo crocieristico in cui l’accesso sarà libero solo in assenza di navi all’accosto. In presenza di navi, invece, gli aspetti della security lo impedirebbero).
8. FILARI DI ALBERI LUNGO GLI ASSI VERTICALI Lavorano in modo trasversale, proseguendo con percorsi verso l’acqua. Inserimento di pochi, ma fondamentali, elementi di verde urbano.
4. CONNESSIONI TRA CITTA’ E WATERFRONT Collegamenti trasversali per riconnettere città e fronte mare (prima disconnessi) attraverso percorsi affiancati da alberature per la protezione e la delimitazione o per rappresentare un collegamento più esterno che metta in contatto l’abitato in questione con il resto della città.
9. BUFFER ZONE Buffer inserito in aree in cui serve una maggiore distanza tra i fasci dei binari ferroviari e le attività portuali/industriali, in quanto le aree residenziali retrostanti soffrono di diverse forme di inquinamento.
5. SOTTOSISTEMA DI CONNESSIONI Si tratta di corridoi trasversali con la funzione di separare lo spazio adiacente, ad esempio tra due edifici o tra edificio e spazio pubblico.
10. FUNZIONALITA’ Per il recupero di ogni area di waterfront viene assegnata una funzione diversa per arricchire l’offerta del territorio con servizi multifunzionali. Esempi di aree funzionali: esercizi commerciali, culturali, ricreativi/ sportivi, alberghieri, per la nautica da diporto, ecc.
Riapertura dei varchi
FUNZIONI Attività di cantieristica navale
Riqualificazione dell’unica area accessibile
Figura 71 | Scenario attuale di Ruffino Figura 72 | Scenario futuro di Ruffino Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
Figura 73 | Abaco delle prestazioni Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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SCENARIO ATTUALE
CONSIDERAZIONI FINALI
Si conclude il presente elaborato con alcune considerazioni, frutto delle osservazioni maturate durante la fase di stesura di questa tesi. Il porto spezzino rappresenta a tutti gli effetti una delle realtà economiche più trattate e seguite da sempre, in quanto è su di esso che si basano le opportunità di crescita e di sviluppo del territorio, tanto che negli ultimi anni è stata data importanza, in particolar modo, all’attività crocieristica. Il turismo, un settore che presenterà il massimo sviluppo con la nuova stazione crocieristica e con il nuovo waterfront urbano, previsto nel Piano Regolatore Portuale, è oggi oggetto di un accordo di partenariato pubblico/privato.
SCENARIO FUTURO
Figura 74 | Il waterfront di La spezia - confronto scenario attuale e futuro Rappresentazione a cura di Melissa Hoxha
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Lo studio analizzato ad ora ha messo in evidenza come può essere utile partire da alcuni concetti fondamentali per poter ridisegnare il sistema degli spazi aperti e chiusi di alcune aree prese in questione per un’analisi più dettagliata. Linee guida che presentano un certo ordine di sviluppo, chiarezza nella lettura del territorio e un aumento della percezione del luogo che si sta percorrendo. Il lavoro è stato svolto in diverse fasi: - Nella prima fase si è analizzata la parte più teorica, riguardante la terminologia e la consapevolezza del tema sul waterfront; diversi casi studio europei che presentano casi di risoluzione simili al fronte mare ligure; una ricerca e un approfondimento sulla città della Spezia, le crescite demografiche, le tre fasi di evoluzione temporale-storica a partire dall’800 con il periodo militare, il ‘900 con l’avvento dell’industrializzazione e gli anni più odierni con una ridefinizione differente del bacino portuale, della costa e del waterfornt generale; - Nella seconda fase sono state affrontate più nel dettaglio i punti di forza, di criticità, di debolezza e di opportunità riguardanti la vita nel porto e nella città portuale della Spezia; sono state individuate cinque zone lungo il golfo ritenute più critiche ed esemplificative, trattate nel maggior dettaglio possibile; con un’attenzione anche per il quadro normativo che ci permette di comprendere le dinamiche e i punti chiave di tutti i piani principali che regolano il porto;
- Nella terza e ultima fase, invece, una fase più strategica-progettuale che punta a delineare una serie di linee guida utili a comprendere al meglio il territorio e a definire dei pensieri strategici di interventi futuri per riconferire il waterfront ai cittadini, che per troppo tempo ne hanno sentito l’assenza (Figura 74). Sicuramente, il tema legato alla relazione e comunicazione tra la città e il porto, è risultato un mondo, ad essere onesta, quasi del tutto nuovo, ricco di argomenti interessanti e stimolanti che mi hanno portata a stimare particolarmente l’enorme lavoro che c’è dietro alla gestione e organizzazione di un porto. Ho conosciuto persone meravigliose con le quali ho instaurato forti legami e che mi hanno guidata nella stesura di questa relazione. Una vera e propria crescita personale, che mi ha fatto riscoprire con occhi completamente nuovi la mia città, il posto in cui sono nata, casa mia, il mare. Purtroppo in questo periodo le relazioni sociali si sono ridotte drasticamente e non è stato semplice riuscire a visitare ed esplorare tutti i posti possibili all’interno del porto, a causa delle norme di sicurezza vigenti, ma ad ogni modo le persone che mi hanno seguita sono riusciti comunque a trasmettermi un’enorme passione nel studiare le dinamiche del porto. La strada da percorrere, di crescita personale riguardante questo tema, è ancora lunga da intraprendere, ci sono veramente tantissime nozioni da imparare e a cui potersi ispirare, che non vedo l’ora di conoscere più a fondo.
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ALLEGATI - INTERVISTA ALL’INGEGNERE DAVIDE VETRALA (ADSP)
- Per poter garantire nuovamente un waterfront alla città di La Spezia è importante che i due enti principali, il Comune e l’Autorità Portuale, collaborino per il raggiungimento degli obiettivi comuni. Qual’è il tipo di relazione tra questi due enti e come si è evoluto nel tempo?
l’applicazione dell’art. 18 della L. 84/94 che prevede proprio che i privati possano prendere in concessione aree del porto mercantile e su quelle aree sviluppare i propri piani in completa autonomia. Cambia, così, radicalmente la gestione dell’area portuale.
Ing.: « Le Autorità Portuali, come enti pubblici di governo del territorio demaniale marittimo, sono relativamente giovani in quanto costituite nel 1994 con la legge istitutiva 84/94. Da allora, in Italia sono state istituite una ventina di Autorità portuali, a La Spezia è nata in particolare nel 1996. Nel 2016 c’è stata un’ulteriore riforma, passando ad Autorità di “Sistema” portuale (Adsp), accorpando più autorità portuali per poter gestire più realtà portuali attraverso un unico soggetto di riferimento.
La collaborazione con il Comune non cambia particolarmente. I rapporti con l’amministrazione pubblica sono stati sempre regolamentati da un’ impostazione di intesa tra il piano nazionale della portualità e l’interesse locale della città.
In particolare, il porto di La Spezia è stato accorpato a quello di Marina di Carrara, ed ora vengono gestiti insieme dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale. Dalla nuova legge di riforma oggi le Adsp devono redigere il Piano Regolatore del Sistema Portuale, composto da un DPSS e dai due PRP dei due porti. Prima di tale data il territorio demaniale marittimo era governato, dal punto di vista amministrativo, dalla capitaneria di porto e dal punto di vista infrastrutturale dal Genio Civile Opere Marittime. Prima di quella data le infrastrutture portuali erano di interesse statale in tutti i suoi aspetti. Dalla Legge 84/94 in poi, la riforma cambia radicalmente l’impostazione e l’Adsp dismette o chiude tutte le attività gestite dall’Azienda Mezzi Meccanici, società pubblica di gestione di tutte le attrezzature portuali destinate alla movimentazione delle merci, mettendo in gara tutte le superfici portuali per dar modo a un operatore interessato di espletare i propri interessi, sviluppare la propria attività assolutamente in autonomia, con proprio personale e propri mezzi. L’Adsp, quindi, vende tutte le attrezzature per la movimentazione delle merci ai privati, e le aree vengono date in concessione attraverso
Dal punto di vista urbanistico, questa necessità di far confluire in un unico piano di indirizzo le volontà ministeriali e le spinte che arrivano dal territorio è sempre stata la principale difficoltà di colloquio tra le due amministrazioni. Noi per conto del ministero dobbiamo realizzare degli obiettivi che non possono, però, confliggere con le aspirazioni di un territorio nel quale il porto viene ad insediarsi. La capacità di far confluire in un unico piano, due pianificazioni di livello completamente diverso è sempre stata la difficoltà maggiore, che si riscontra, ad esempio, anche nella redazione dei piani regolatori portuali, ovvero i piani di indirizzo principale dello sviluppo portuale. La norma prevedeva allora, ma prevede ancora adesso, che il PRP non debba confliggere con la pianificazione sovraordinata, quindi piani regionali, provinciali e urbanistici comunali. Il bilanciamento, quindi, degli interessi locali con quelli nazionali è sempre stato al centro della politica pianificatoria ». - Il progetto vincitore, dell’architetto spagnolo Llavador, risalente al 2010, enuncia i principi attraverso i quali si potrà riottenere il waterfront urbano. Ad oggi però, la realizzazione vera e propria non ha ancora avuto inizio. C’è un motivo particolare? Ing.: « Il progetto Llavador è costituito principalmente da due fasi: una fase in cui il progetto ha partecipato a un concorso di idee, 102
risultandone vincitore e diventando una soluzione progettuale; e una seconda fase, in cui al progettista vincitore del concorso è stata affidata anche la redazione del masterplan, che ha già visto qualche modifica importante in quanto le spinte, provenienti dall’amministrazione comunale e dall’autorità portuale, hanno portato Llavador a rivedere il piano. In particolar modo è stata rivista: la posizione del molo crociere, assicurandosi che venissero realizzati due accosti e non più solo uno; la stazione marittima, in modo da occupare non più solo il molo crociere ma che potesse estendersi in parte su Calata Paita; una riduzione sensibile dei fabbricati residenziali per dare maggiore spazio alle attività legate alla cultura, musei, all’attività turistica. Per quanto riguarda il masterplan, l’amministrazione ha espresso qualche dubbio dal punto di vista ambientalista puntando, cioè, alla riduzione delle residenze e all’incentivazione del verde per dare un affaccio più concreto sul mare. Per accogliere queste considerazioni, l’amministrazione comunale ha messo in discussione l’intero progetto di waterfront. L’unica cosa di cui si ha una certezza riguarda ciò che ha portato avanti l’Adsp, ovvero la funzionalità di Calata Paita suddivisa in aree per il traffico crocieristico e turistico. Sulle aree restanti si è trovato l’accordo che l’urbanizzazione delle opere previste dal masterplan saranno di competenza comunale, quindi è onere del comune adesso pianificare quelle aree, esterne alla parte crocieristica ».
- Si parla di una dismissione del fascio di binari presso Calata Paita. Che azione svolgono al momento e quanto vengono utilizzati? La presenza della barriera fono-assorbente non aiuta di certo la situazione in quanto, situata a ridosso delle aree residenziali, non considera adeguatamente la fascia di rispetto minima. Come si sono evoluti i fatti a riguardo? Quando è prevista la liberazione di quest’area? Ing.: « Il porto di La Spezia si distingue parecchio da tutte le realtà portuali italiane. Oggi in Italia viaggiano via ferrovia, dai porti, circa l’8-9 % di traffico di merci containerizzate. A Spezia si arriva
tranquillamente al 30 % di traffico via ferrovia, e questo grazie al fatto che il porto al suo interno presenta una stazione ferroviaria dedicata a tutto questo: la stazione di La Spezia Marittima. Fa parte di La Spezia Marittima anche il fascio Italia che troviamo in Calata Paita, nell’area quindi interessata dal nuovo waterfront. Oggi il fascio Italia che è quello che più interessa Calata Paita è un fascio di 11 binari in parallelo di lunghezza variabile tra i 200-250 m, ed è su questi binari che viene fatta la composizione treni prima dell’invio in rete. Quindi, sostanzialmente, i treni vengono scomposti in due parti, trasferiti all’interno delle banchine per lo scarico dei contenitori, vengono poi trasferiti sul fascio Italia per ricomporre il treno prima dell’inoltro in linea. La sua funzione, quindi, risulta molto importante. Per poterlo dismettere abbiamo dovuto trasferire questa funzione esterna al fascio stesso, e quindi riportarla dentro a quello che oggi è il perimetro, previsto dal PRP, del porto commerciale, ovvero in Via San Cipriano. Questo ha comportato la revisione completa di tutta la struttura della Spezia Marittima vecchia, un progetto che viaggia oggi intorno ai € 39.000.000 come investimento, e che è stato recentemente approvato e ad oggi in fase di realizzazione. Realizzeremo al posto della stazione attuale della Spezia Marittima una nuova stazione ferroviaria con nuovi binari in parallelo di lunghezza variabile tra i 550 e 750 m e i treni, che saremo in grado di trasferire in linea, saranno sicuramente più performanti. L’obiettivo fissato al PRP con questa trasformazione è quello di portare il porto mercantile di La Spezia a realizzare circa il 50% del traffico containerizzato via ferrovia, quindi dall’attuale 30% si passerà al 50%. Alla realizzazione dei nuovi fasci ferroviari è legata anche la barriera anti-fonica di recente realizzazione lungo il Viale San Bartolomeo. Il progetto di riqualificazione e potenziamento degli impianti di La spezia Marittima prevedono la dismissione di due binari ferroviari lungo il viale con la possibilità di arretrare, o meglio avanzare verso mare, l’attuale posizione della barriera antifonica di circa 10 m. questo vuol dire allontanare l’attività portuale dai quartieri residenziali e allontanare i binari ferroviari dai palazzi retrostanti, insieme 103
alla barriera. Tutto questo dovrebbe consentire di implementare la riduzione dell’inquinamento acustico prodotto sia dall’attività portuaria che dai trasporti su ferrovia verso i palazzi di Viale San Bartolomeo ». - Un altro caso, piuttosto interessante e preoccupante allo stesso tempo, è quello di Marola, a causa della perenne presenza dell’Arsenale Marittimo che continua a bloccare l’affaccio sul mare ormai da troppo tempo. Cosa ci si aspetta per il futuro di Marola? Ing.: Da anni, è in corso, sia da parte dell’amministrazione comunale che dell’Autorità Portuale, un’azione amministrativa di interfaccia con la Marina Militare per far sì che, in caso porzioni di dette aree risultassero sempre meno di interesse della Marina , queste possano essere via via trasformate e rese fruibili al pubblico. In realtà, qualcosa è stato fatto da parte della Marina. Sicuramente le mura dell’Arsenale ci sono tutt’ora e nessuno le ha ancora rimosse, però è anche vero, ad esempio, che dentro quelle aree è presente un porticciolo diportistico al quale gli abitanti di Marola possono accedervi, essendoci le loro imbarcazioni. Qualche passo in avanti, quindi, per la condivisione di quegli spazi anche con personale, non strettamente militare, c’è stato, seppur debole. Ovviamente, però, fino a quando le aree militari vengono considerate dal ministero della difesa, strategiche per la difesa del nostro territorio nazionale, ci si può fare veramente poco. Ad ogni modo, in questo momento, non siamo noi l’amministrazione competente. Un domani, nel caso in cui, la marina militare dismettesse e rinunciasse ad alcune aree, queste potrebbero essere consegnate prima alla capitaneria di porto e poi, eventualmente, all’Autorità Portuale per un eventuale trasformazione d’uso.
- Per concludere, c’è una qualche differenza nella gestione e organizzazione delle realtà portuali tra la regione Liguria e la regione Toscana? Ing.: Ovviamente la Toscana ha delle realtà portuali di interesse regionale. Una di queste, ad esempio, è Viareggio in cui è presente un porticciolo con cantieristica navale, diportismo, e soprattutto con aree demaniali di competenza regionale, come le spiagge di Viareggio, Lido di Camaiore, e della Versilia in generale. Si tratta, dunque, di aree gestite dalla regione attraverso un’ Autorità Portuale regionale. In Liguria, ad esempio, non esiste un qualcosa di analogo. Per il resto, per quanto riguarda la gestione interna, avviene esattamente come quella ligure. In particolar modo, i porti di Piombino, Livorno e a maggior ragione di Marina di Carrara, di nostra competenza, seguono le stesse logiche di natura nazionale e regionale. Laddove le competenze sul demanio marittimo siano regionali, le regioni stesse possono sviluppare su quelle aree politiche diverse. Ovviamente tutto questo dipende non tanto dalla regione ma dall’idea politica che la regge ».
Per quanto mi riguarda, l’attività portuale non ha alcun interesse a sviluppare in quelle aree attività di tipo commerciale, potrebbero piuttosto esserci le condizioni per realizzare qualche apporto o struttura diportistica o implementare quella già esistente, realizzando anche lì un waterfront allargato si potrebbe sviluppare un progetto simile a quello di Calata Paita. Non c’è ancora nessun progetto certo su queste zone, soltanto idee ». 104
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RINGRAZIAMENTI
Research gate https://www.researchgate.net/publication/301453257_Fortifications_and_landscape_system_geological_and_geomorphological_resilience_in_the_development_of_the_La_Spezia_Gulf#pf6
A conclusione di questo elaborato, desidero menzionare tutte le persone senza le quali questo lavoro di tesi non si sarebbe realizzato.
Urbanistica informazioni http://www.urbanisticainformazioni.it/HafenCity-Amburgo-un-progetto-integrato.html
Un ringraziamento particolare va al mio relatore, il prof. Pisano Carlo, che durante questi mesi di lavoro ha saputo guidarmi nel migliore dei modi, con ottimi suggerimenti, nelle ricerche svolte e nella stesura dell’elaborato.
World architects https://www.world-architects.com/en/astoc-architects-and-planners-koln/project/masterplan-hafencity
Grazie anche al mio correlatore, il prof. Scamporrino Matteo, per i suoi consigli e per avermi spronata ad utilizzare diverse metodologie di approccio al tema.
Hafencity Hamburg https://www.hafencity.com/en/concepts/the-foundation-of-hafencity-the-masterplan.html Lisbon waterfront https://lisbonwaterfront.wixsite.com/lisbon-waterfront City works https://www.destedenfabriek.nl/en/discussing-waterfronts-rotterdam/ International Transport Forum https://www.itf-oecd.org/sites/default/files/docs/container-ship-size-and-port-relocation.pdf
Un grazie all’Ingegnere dell’Autorità Portuale Davide Vetrala, che mi ha accompagnata lungo il mio percorso di approfondimento, rendendomi tutti i materiali possibili disponibili, molto utili e preziosi per la stesura. Al funzionario responsabile della Pianificazione Territoriale del Comune di La Spezia, Daniele Virgilio, per la sua pazienza e disponibilità nell’ascoltarmi e nel suggerirmi una moltitudine di idee e spunti. Ringrazio infinitamente mia madre e mio padre, perchè senza di loro non avrei mai potuto intraprendere questo meravigliso percorso di studi. Mia sorella, sempre comprensiva nei miei confronti e nei miei momenti più tesi, alla quale voglio un bene dell’anima.
Urban-e http://urban-e.aq.upm.es/
Un grazie speciale va al mio ragazzo, che sa sempre come sostenermi e motivarmi nel migliore dei modi, senza mai farmi perdere la forza di volontà in me. Un grazie di cuore a tutti i miei colleghi di studi e agli amici al di fuori della facoltà, che hanno saputo ascoltarmi e che hanno condiviso con me gioie e fatiche di questi anni.
Port of Rotterdam https://www.portofrotterdam.com/en file:///C:/Users/melis/Downloads/Floating+urban+agritecture+in+Rotterdam.pdf
Per finire, vorrei dedicare questo traguardo a me stessa, che nonostante le difficoltà e soprattutto le soddisfazioni, mi hanno permesso di continuare questo bellissimo percorso. A un futuro ricco di opportunità.
Gebiedsontwikkeling https://www.gebiedsontwikkeling.nu/ Aelx de Bordeaux https://alexdebordeauxii.wordpress.com/2013/09/10/il-progetto-del-nuovo-ponte-di-bordeaux/ Gizmoweb http://www.gizmoweb.org/2014/06/i-quais-jardines-bordolesi-tra-riuso-e-rigenerazione/ Lyonplus https://www.lyonplus.com/actualite/2018/04/23/la-confluence-quinze-ans-de-travaux-exposes-aux-archives Urban design poliba https://urbandesignpoliba.wordpress.com/2015/03/22/quartiere-della-confluence/ Issuu https://issuu.com/trasportiecultura/docs/t_c.41_-_file_per_web/141 https://issuu.com/urbinfo/docs/dossier_001 108
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