STUDI DI
MEMOFONTE Rivista on-line semestrale 1/2008
FONDAZIONE MEMOFONTE Studio per l’elaborazione informatica delle fonti storico-artistiche www.memofonte.it
COMITATO REDAZIONALE
Proprietario Fondazione Memofonte onlus
Direzione scientifica Paola Barocchi Miriam Fileti Mazza
Comitato di redazione Irene Calloud, Alessia Cecconi, Vaima Gelli, Martina Nastasi
Cura redazionale Irene Calloud, Alessia Cecconi
Ristampa ottobre 2015 Segreteria di redazione Fondazione Memofonte onlus, Via de’ Coverelli 4, 50125 Firenze info@memofonte.it
INDICE
M. FILETI MAZZA, Identità di un sito
p. 1
Bibliografia Gabburriana, a cura di A. CECCONI, V. GELLI, M. NASTASI, R. VIALE
p. 3
A. CECCONI, «Nella presente aggiunta all’Abcedario pittorico del padre maestro Orlandi». Per una rilettura delle Vite gabburriane
p. 24
V. GELLI, Osservazioni sulle notizie di artisti stranieri nelle Vite di Pittori di Gabburri. Breve esame di alcune fonti
p. 47
M. NASTASI, «Ben cognita ai dilettanti»: l’arte incisoria per Francesco Maria Niccolò Gabburri
p. 63
BIBLIOGRAFIA
p. 80
Zibaldone Gabburriano, a cura di B.M. TOMASELLO
p. 93
Miriam Fileti Mazza _______________________________________________________________________________
IDENTITÀ DI UN SITO Nell’epoca in cui la comunicazione ha ormai raggiunto un ruolo privilegiato di diffusione e interazione sociale, tanto da essere normata da precisi protocolli e metodi di studio, scegliere di utilizzare un sito web quale unico strumento esplicativo di un organismo scientifico-culturale come si connota essere la Fondazione Memofonte, implica inevitabilmente di abbracciare una precisa linea di condotta. In pratica si è deciso di dare visibilità e fruibilità agli studi che abbiamo realizzato, riversando totalmente sulle pagine del nostro sito, non solo i risultati delle ricerche, ma la consistenza integrale delle fonti e degli elaborati testuali e visivi utilizzati per i diversi multisettoriali programmi affrontati in questi primi anni di attività. Seguendo dunque tali presupposti è stato necessario definire per il sito, un assetto fortemente strutturato che più di ogni altro manifesto programmatico potesse identificarsi con le peculiarità scientifiche e metodologiche della Fondazione illustrando il lavoro che quotidianamente studiosi di varia formazione ed esperienza vanno producendo. Fin dal suo nascere l’identità del sito ha cercato di prestare una particolare attenzione proprio al concetto di comunicazione. Il valore informativo ed in certi casi anche didattico dei contenuti sviluppati in seno all’Istituzione, avrebbe dovuto superare l’aspetto intrinseco di qualità della fonte, fornendo in tempo reale una visibilità completa ed una facilità di accesso indispensabili alla consultazione e allo studio per utenze il cui target di riferimento poteva e doveva essere fortemente variabile. Il nostro sito può dunque definirsi di proiezione diretta, cioè concepito utilizzando un tipo di architettura concettuale in grado di restituire, senza filtri inibitori d’informazione, la consistenza dei contenuti così come vengono elaborati. La proiezione quindi del dato informativo non è stata filtrata, né sintetizzata o ridotta, evitando interpretazioni soggettive, ipotesi di elaborazione, abstract di progettualità, come spesso accade in alcuni portali dedicati alla cultura oggi a disposizione in rete. Tale aspetto, mentre da un lato arricchisce in maniera incondizionata ed esponenziale il panorama di notizie offerto dagli studi della Fondazione Memofonte, dall’altro impone un impegno di gestione non indifferente che applica continue verifiche del livello informativo nelle diverse sezioni tematiche. La complessità di pubblicare con periodicità molto serrata i materiali documentari, viene risolta da un lavoro di controllo e adeguamento agli standards di comunicazione scelti, da parte di figure professionali diverse e interagenti (storici, storici dell’arte, linguisti e informatici) che applicano ai dati un trattamento capace di offrire all’utente il contatto diretto con la fonte antica. L’intero patrimonio testuale e visivo presente nel sito della Fondazione può essere consultato secondo tre criteri principali: visualizzando e interrogando trascrizioni spesso integrali in formato PDF, o riproduzioni visive ottenute tramite acquisizione digitale delle immagini del manoscritto o di un testo a stampa ma da edizione antica, oppure una banca dati con accesso filtrato da tracciati di ricerca che suggeriscono itinerari di indagine e indici di contenuto. Anche in quest’ultima soluzione il recupero conduce comunque alla selezione della trascrizione o riproduzione digitale della fonte. Generalmente la scelta di tali criteri di trattamento informatico ha cercato di attenersi alle stesse peculiarità strutturali del documento da pubblicare (carteggio, inventario, diario, catalogo, biografia, indice, dizionario, trattato, guida, atlante visivo, ecc.), che ha privilegiato, ad esempio, la definizione di una banca dati ogni qual volta ci siamo trovati di fronte ad un tessuto informativo complesso e per il quale era necessario predefinire una guida alla consultazione.
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Identità di un sito _______________________________________________________________________________
Il sito presenta sostanzialmente due macroaree d’interesse, una denominata AUTORI nella quale, sezioni distinte, accolgono materiali documentari di natura diversa prodotti dal personaggio e dove possono essere pubblicati anche testi di riferimento, come per il caso della sezione FILIPPO BALDINUCCI che consente di consultare opere da lui prodotte, ma anche testi di Francesco Saverio e di Camillo Sagrestani navigabili nella sottosezione TESTI BALDINUCCIANI. L’altra area è quella delle RICERCHE con sezioni rivolte a sviluppare e rendere consultabili fonti (sempre nella dualità del testuale e visivo) riferite ad un particolare tema d’interesse. Le RICERCHE utilizzano in gran parte la struttura della settosezione in grado di soddisfare non solo approfondimenti che abbiano gerarchicamente un diverso flusso di consultazione, dal generale al particolare, ma anche sottosezioni che a loro volta si configurano autonomamente dalla definizione base dell’argomento generico. Esemplificativa la sezione COLLEZIONISMO DI DISEGNI E STAMPE DAL XVI AL XX SECOLO, all’interno della quale vivono con architettura indipendente aree che pubblicano i testi relativi alla Collezione mediceo-lorenese, a quella di F.M.N. Gabburri, dell’Accademia Colombaria e dei Marucelli. L’occhio del navigatore di oggi è abituato ai dinamismi e agli effetti speciali che dominano le moderne pagine web, e trova numerosi casi in cui l’elaborazione grafica del sito raggiunge comunque ottimi livelli di presentazione della multimedialità di un messaggio culturale. Chi consulterà le pagine del nostro sito troverà una formula editoriale essenziale e nitida, che in nessun settore sovrastruttura i contenuti o ne ritarda la comprensione. Crediamo che l’espressione scelta per dare visibilità alle ricerche consenta una consultazione diretta, orientata a selettive indagini in un contesto di pluralismi tipologici dove la distribuzione delle informazioni porta comunque a percorrere un filo logico anche per riferimenti tematici differenziati. Un sito di proiezione, proprio nella sua trasparenza ed apertura totale, intende inoltre favorire le collaborazioni con altre realtà culturali affini a quelle della Fondazione Memofonte nel desiderio di mettere a fattor comune esperienze e metodologie per uno stesso patrimonio culturale. Molte cooperazioni sono già attive e con una programmazione di lavoro scientifico che si distende in bienni o trienni di attività; le pagine del sito riconducono a tali rapporti specificandone le competenze e i referenti settoriali. Il valore di un servizio che offre gratuitamente materiali raccolti ed elaborati nei programmi di ricerca dell’Istituzione, potrà crescere in funzione di quanto e come gli studiosi sapranno recepire il linguaggio di questa particolare comunicazione culturale e saperne cogliere le potenzialità storico-scientifiche e didattico-metodologiche. Chi leggerà queste righe starà già fruendo della rivista on-line creata dalla Memofonte che cercando di mantenere una linea di coerenza con la natura stessa del proprio sito, affida alle sue pagine il periodico della Fondazione. Questo si pone ad uno stesso livello informativo rispetto alle aree di ricerca applicata sviluppate nel sito; la rivista potrà essere monografica o diversamente impostata, ma cercherà comunque di rappresentare lo spirito del nostro laboratorio nell’ampliamento delle brevi note introduttive che illustrano le diverse sezioni. Rispettando dunque le regole del nuovo linguaggio che la scienza della comunicazione impone ai propri autori, con «Studi di Memofonte» abbiamo comunque ottenuto spazi più ampi, ma affini alla contemporanea letteratura settoriale che sempre più sta dilagando nella bibliografia telematica.
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A. Cecconi, V. Gelli, M. Nastasi, R. Viale _______________________________________________________________________________
BIBLIOGRAFIA GABBURRIANA: FONTI CITATE NELLE VITE DI PITTORI DI FRANCESCO MARIA NICCOLÒ GABBURRI* Attraverso il lavoro di trascrizione delle Vite di Pittori di Francesco Maria Niccolò Gabburri è stato possibile individuare le metodologie di lavoro e gli strumenti utilizzati dall’erudito nel lungo lavoro di stesura del manoscritto. Oltre all’utilizzo di una cospicua rete di corrispondenti, il fiorentino si servì di un’aggiornata biblioteca, citando nelle sue biografie un numero estesissimo di fonti, alcune edite, altre manoscritte. Data la ricchezza del panorama bibliografico offerto, si è ritenuto opportuno presentare agli studiosi una possibile mappa dei testi citati, frutto di una ricerca, complessa e suscettibile di ulteriori studi e approfondimenti, mirata, quando possibile, all’individuazione delle singole edizioni dei testi consultati dal Gabburri. A tale scopo, in primis si è proceduto individuando le fonti citate da Gabburri nel manoscritto delle Vite, indicazioni non sempre riportate per esteso ma frammentarie e talvolta difficilmente identificabili. A questi dati sono stati accostati quelli rintracciabili nell’elenco dei libri posseduti al 17221, posto in chiusura del Catalogo dei disegni e delle stampe di Francesco Maria Niccolò Gabburri, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze2. Occorre però considerare che Gabburri arricchì costantemente la sua biblioteca, soprattutto negli anni Trenta, periodo in cui lavorò alacremente all’ampliamento delle sue biografie: per questa ragione il suddetto catalogo non riporta le pubblicazioni uscite dopo il 1722, che invece risultano essere numerose all’interno delle Vite3. Il catalogo dei codici Palatini della Biblioteca Nazionale di Firenze4 si è rivelato un nuovo e prezioso strumento di ricerca bibliografica, nel quale sono stati rintracciati alcuni manoscritti che presentano lo stemma di Gabburri: si tratta di trascrizioni di specifiche edizioni, che evidentemente sopperivano alla difficoltà di reperire gli antichi testi a stampa. In tutti quei casi in cui le informazioni disponibili non hanno permesso l’individuazione della precisa edizione usata dallo scrittore, è stata riportata l’editio princeps oggi conosciuta, mentre le fonti non identificate sono state segnalate in Appendice alla bibliografia. ABBE DE VILLELOIN vedi: MAROLLES MICHEL DE, Catalogue de livres d’estampes et de figures en taille douce, avec un dénombrement des pièces qui y sont contenues, Parigi 1666. ABELA FRANCESCO, Descrizione di Malta, colle sue antichità ed altre notizie, Malta 1647. ACCOLTI PIETRO, Lo inganno degli occhi. Trattato di prospettiva pratica, di lumi e d’ombre e altri insegnamenti di pittura, Firenze 1625.
*Si ringrazia vivamente la Dott.ssa Micaela Sambucco per aver identificato alcune fonti di difficile reperimento. Le fonti inserite nel catalogo del 1722 (DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722) e citate nelle Vite sono state marcate con un asterisco. 2 L’elenco dei libri di letteratura artistica appartenuti a Gabburri fino al 1722 è in appendice a DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722, consultabile nel sito di Memofonte alla pagina dedicata a Gabburri www.memofonte.it. 3 Potrà probabilmente essere di ulteriore utilità la consultazione del catalogo manoscritto conservato presso la Fondation Custodia di Parigi, collocabile cronologicamente proprio negli anni Trenta (STAMPE E DISEGNI). 4 CODICI PALATINI 1889-1950. 1
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
ACHILLINI GIOVANNI FILOTEO, Viridario, Bologna 1513. AGOSTINO DEL RICCIO, Istoria delle pietre, ms. AGOSTINO DEL RICCIO, Trattato dell’agricoltura, ms. ALBERTI LEANDRO, Descrittione di tutta Italia […], nella quale si contiene il sito di essa, l’origine, et le signorie delle città, et delle castella, coi nomi antichi et moderni, i costumi de popoli, le condicioni de paesi: et più gli huomini famosi che l’hanno illustrata, i monti, i laghi, i fiumi, le fontane, i bagni, le minere, con tutte l’opre maravigliose in lei dalla natura prodotte, Bologna 1550. ALBERTI LEANDRO, Descrittione di tutta Italia […], Bologna 1550. ALBERTI LEON BATTISTA, Trattato della scultura, traduzione di Cosimo Bartoli, Venezia 1568. ALBERTI ROMANO, Origine, et progresso dell’Accademia del dissegno, de’ pittori, scultori e architetti di Roma, Pavia 1604. ALBERTINI FRANCESCO, Memoriale di molte statue et picture di Florentia, Firenze 1510. ALBERTINI FRANCESCO, Opusculum de mirabilibus novae e veteris urbis Romae, in De Roma prisca et noua varii auctores prout in sequenti pagella cernere est, Roma 1523. ALBRIZZI GIOVANNI BATTISTA, Il Forestiere illuminato intorno le cose più rare e curiose antiche e moderne della città di Venezia e dell’Isole circonvicine, Venezia 1740. ALESSI CESARE, Elogia civium Perusinorum, qui patriam, rerum, pace ac Bello gestarum gloria illustrarunt. Centuria prima Caesar Alexius I.V.D. Perusinus colligebat, Foligno 1635. ALESSI CESARE, Elogia civium Perusinorum, qui patriam, rerum, pace ac Bello gestarum gloria illustrarunt. Centuria secunadae Caesar Alexius I.V.D. Perusinus colligebat, Roma 1652. ARFE Y VILLAFAÑE JUAN DE, De Varia commensuración para la esculptura y architectura, Siviglia 1585. ARIOSTO LUDOVICO, Orlando furioso, Venezia 1532. ARMENINI GIOVANNI BATTISTA, De’ veri precetti della pittura libri tre. Ne’ quali con bell’ordine d’utili, et buoni avertimenti, per chi desidera in essa farsi con prestezza eccellente; si dimostrano i modi principali del disegnare, et del dipignere. Opera non solo utile, et necessaria a tutti gli artefici per cagion del disegno, ma anco a ciascun altra persona intendente di così nobile professione, Ravenna 1587. AURIA VINCENZO, La Sicilia inventrice o vero le invenzioni lodevoli nate in Sicilia, opera del dottor d. Vincenzo Auria palermitano. Con li divertimenti geniali, osservazioni e giunte all'istessa di d. Antonino Mongitore sacerdote palermitano, Palermo 1704. AVEROLDI GIULIO ANTONIO, Le scelte pitture di Brescia additate al forestiere, Brescia 1700.
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A. Cecconi, V. Gelli, M. Nastasi, R. Viale _______________________________________________________________________________
AVILER, AUGUSTIN-CHARLES D’, Cours d'architecture qui comprend les ordres de Vignole, avec des commentaires, les figures et descriptions de es plus beaux bâtimens, et de ceux de Michel-Ange, plusieurs nouveaux desseins [...] l’art de bâtir avec une ample explication par ordre alphabétique de tous les termes par le sieur A. C. Daviler, Parigi 1691. BAGLIONE GIOVANNI, Le vite de’ pittori scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII del 1572, Roma 1642. BALDELLI FRANCESCO, Uomini illustri di Cortona, ms. BALDELLI NICCOLO, Proteo vagante ammiratore dell’opere dell’immortale pennello di Lorenzo Pasinelli, pittore bolognese, Bologna 1691. BALDI BERNARDINO, Memorie concernenti la città di Urbino, cioè encomio della patria e descrizione del Palazzo Ducale d’Urbino, Roma 1734. BALDI LAZZARO, Breve compendio della vita e morte di San Lazzaro monaco pittore, Roma 1681. BALDINUCCI FILIPPO, Cominciamento e progresso dell’arte dell’intagliare in rame, Firenze 1686. BALDINUCCI FILIPPO, Lettera al Marchese Capponi, nella quale risponde ad alcuni quesiti in materia di pittura, Firenze 1687. BALDINUCCI FILIPPO, Notizie de’ Professori del disegno da Cimabue in qua, Firenze 1681-1728. BALDINUCCI FILIPPO, Vita del cavalier Bernino, Firenze 1682. BALDINUCCI FRANCESCO SAVERIO, Notizie, ms5. BARBARO DANIELLO, La pratica della prospettiva, Venezia 1569. BAROZZI JACOPO DA VIGNOLA, Le due regole della Prospettiva pratica con commentari del P. Egnatio Danti, Roma 1611. BAROZZI JACOPO DA VIGNOLA, Regola delli cinque ordini d’architettura, Roma 1562. BARRI GIACOMO, Viaggio pittoresco in cui si notano distintamente tutte le pitture famose de’ più celebri che si conservano in qualsivoglia città dell’Italia, Venezia 1671. BARTHOLIN THOMAS, Thomae Bartolini Anatome ex omnium veterum recentiorumque observationibus inprimis institutionibus b.m. parentis Caspari Bartholini, ad circulationem Harvejanam, et vasa lymphatica quartum renovata cum iconibus et indicibus, Leida 16736. BARUFFALDI GIROLAMO, Vite de’ pittori e scultori ferraresi, ms. BELLORI GIAMPIETRO, Admiranda Romanarum Antiquitatum ac veteris sculpturae vestigia, Roma 1690. Cfr. ZIBALDONE BALDINUCCIANO 1980-1981. Nelle Vite (VITE DI PITTORI) si trova citata un’edizione del 1686 con il ritratto dell’autore eseguito da Heinrich Ditmer. 5 6
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
BELLORI GIAMPIETRO, Descrizione delle immagini dipinte da Raffaello nelle camere di Vaticano, Roma 1695. BELLORI GIAMPIETRO, Vite de’ pittori, scultori e architetti moderni, Roma 1728. BELLUCCI GIOVANNI BATTISTA, Nuova invenzione di fabricar fortezze, Venezia 1598. BEMBO PIETRO, Lettere, Venezia 1552. BIE CORNELIS DE, Het gulden Cabinet vande edele vry schilder-const [...] waer-inne begrepen is den ontsterffelijcken loff vande vermaerste constminnende geesten ende schilders van dese eeuw, hier inne meest naer het leven afgebeeldt, verciert met veel vermakelijcke rijmen ende spreucken, Anversa 1662. BIONDO FLAVIO, Italia illustrata, Roma 1474. BIONDO MICHELANGELO, Della nobilissima pittura, et della sua arte, Venezia 15497. BISAGNO FRANCESCO DOMENICO, Trattato della pittura. Fondato nell'autorità di molti eccellenti in questa professione. Fatto a commune beneficio de’ virtuosi da Fra D. Francesco Bisagno, Venezia 1642. BOCCHI FRANCESCO, Le bellezze della città di Firenze dove a pieno di pittura di scultura di sacri templi, di palazzi, i più notabili artifizj, e più preziosi si contengono. Scritte già da m. Francesco Bocchi, ed ora da m. Giovanni Cinelli ampliate, ed accresciute, Firenze 1677. BOCCHI FRANCESCO, Opera di M. Francesco Bocchi sopra l’imagine miracolosa della santissima Nunziata di Fiorenza, Firenze 1592. BOECKLER GEORG ANDREAS, Architectura curiosa nova, Norimberga 1664. BOISSAT PIERRE DE, Le Brillant de la Royne, ou les Vies des hommes illustres du nom de Médicis, Lione 1613. BOMBOURG JEAN DE, Recherche curieuse de la vie de Raphaël […]de ses œuvres […] qui ont été gravées […] par Marc-Antoine Bolognais […] Et un petit recueil des plus beaux tableaux […], Lione 1675. BORGHINI RAFFAELLO, Il Riposo, Firenze 17308. BORROMEO FEDERICO, Il libro intitolato La Gratia de’ Principi, Milano 1632. BOSELLI ORFEO, Osservazioni della scoltura antica, ms9.
Dal Catalogo dei manoscritti Palatini (CODICI PALATINI 1889-1950) si evince che nella biblioteca di Gabburri era presente una copia manoscritta dell’edizione citata (DELLA NOBILISSIMA PITTURA). 8 Nel Catalogo del 1722 (DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722) è presente l’edizione del 1584, ma nelle Vite Gabburri cita esplicitamente quella settecentesca, alla cui pubblicazione partecipò in prima persona. 9 Dal Catalogo dei manoscritti Palatini (CODICI PALATINI 1889-1950) si evince che nella biblioteca di Gabburri era presente una copia manoscritta (SCOLTURA ANTICA). 7
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A. Cecconi, V. Gelli, M. Nastasi, R. Viale _______________________________________________________________________________
BOSCHINI MARCO, L’arcipelago con tutte le isole, scogli, secche e bassi fondi […], Venezia 1658.* BOSCHINI MARCO, La Carta del navigar pittoresco, Venezia 1660.* BOSCHINI MARCO, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia e isole circonvicine o sia Rinnovazione delle ricche minere di Marco Boschini. Colla aggiunta di tutte le opere che uscirono dal 1674 fino al presente 1733. Un compendio delle Vite, e maniere de’ principali pittori, Venezia 173310. BOSIO ANTONIO, Roma sotterranea, Roma 1632. BRUNI ANTONIO, Epistole heroiche: poesie, Venezia 1644. BRUNI LEONARDO, La Historia universale de’ suoi tempi di m. Lionardo Aretino. Nella qual si contengono tutte le guerre fatte tra principi in Italia, et spetialmente da Fiorentini in diversi tempi fino al 1404. Con la giunta delle cose fatte da quel tempo fino all’anno 1560. Et con l’annotationi poste in margine a suoi luoghi. Riveduta, ampliata et corretta per Francesco Sansovino, Venezia 1561. BRUNI LEONARDO, Le Vite di Dante e del Petrarca, scritte da Lionardo Aretino, cavate da un manuscritto antico della libreria di Francesco Redi e confrontate con altri scritti s penna, Firenze 1672. BULIFON ANTONIO, Lettere memorabili, istoriche, politiche ed erudite […] e dedicate all’Illustrissimo Signore Mattia Preti Cavaliero gerolosimitano, Napoli 169311. BUMALDO JO. ANTONIUS vedi: MONTALBANI OVIDIO, Minerualia Bonon. ciuium anademata, seu Bibliotheca Bononiensis, cui accessit antiquiorum pictorum, et sculptorum Bonon. breuis catalogus, collectore Io. Antonio Bumaldo, Bologna 1641. BUONARROTI FILIPPO, Osservazioni istoriche sopra alcuni medaglioni antichi all’Altezza Serenissima di Cosimo terzo Gran Duca di Toscana, Roma 1648. BUONFIGLIO GIOSEPPE e COSTANZO, Messina città nobilissima, descritta in VIII libri, Venezia 1606. BURCHIELLO, Rime del Burchiello comentate dal Doni, Venezia 1553. BUTRON JUAN DE, Discursos apologeticos, en que se defiende la ingenuidad del arte de la pintura, Madrid 1626. CAINDA HERMINO, Egloghe, Bologna 1501. CAMPEN JACOB VAN, Afbeelding van’t Stadt Huys van Amsterdam: in dartigh coopere plaaten geordineert, Amsterdam 166112. Nel Catalogo del 1722 (DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722) è presente l’edizione del 1674, intitolata Le ricche miniere della pittura Veneziana […]. La revisione del testo uscito nel 1733 fu curata da Anton Maria Zanetti. 11 Di tale opera furono licenziate molte edizioni negli stessi anni, dedicate a personalità diverse. Nelle Vite Gabburri utilizza Bulifon come fonte nella biografia di Mattia Preti, perciò è stata riportata l’edizione a lui dedicata. 12 È stata indicata l’edizione illustrata da Dancker Danckerts, usata per la redazione della biografia dell’incisore olandese. 10
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
CAMPI ANTONIO, Le cronache di Cremona, fedelissima città et nobilissima colonia de’ Romani rappresentata in disegno, col suo contado, et illustrata d’una breve istoria delle cose più notabili, Cremona 1585. CAPRIOLO ELIA, Delle Historie Bresciane […], Brescia 1585. CARABELLI GIOVANNI, Le belle arti pittura, scultura e architettura, compimento e perfezione delle bellezze dell’universo, Roma 1711. CARDUCHO VINCENTE, Dialogos de la pintura, su defensa, origen, definicion, modos y diferencias, Madrid 1633. CARLEVARIS LUCA, Le fabbriche et vedute di Venetia, disegnate […], Venezia 1703.* CARO ANNIBAL, Lettere, Venezia 1572. CASTELVETRO LODOVICO, Poetica d’Aristotele vulgarizzata, et sposta per Lodouico Casteluetro. Riueduta, et ammendata secondo l’originale, et la mente dell’autore. Aggiuntovi nella fine un racconto delle cose più notabili, che nella spositione si contengono, Basilea 1576. CAVACI JACOBO, Illustriora anachoretarum elogia sive religiosi viri musaeum […], Venezia 1625. CAVALIERI GIOVANNI BATTISTA, Vrbis Romae aedificiorum illustriumquae […] supersunt reliquiae summa cum diligentia a Ioanne Antonio Dosio stilo ferreo vt hodie cernuntur descriptae et a Io Baptista de Caualeriis aeneis tabulis incisis repraesentatae, Roma 1569. CAVALIERI GIOVANNI BATTISTA, Ecclesiae Anglicanae trophaea siue Sanctorum martyrum qui pro Christo catholicaeque fidei veritate asserenda antiquo recentiorique persecutionum tempore mortem in Anglia subierunt, passiones Romae in collegio Anglico per Nicolaum Circinianum depictae: nuper autem per Io. Bap. de Cauallerijs aeneis typis repraesentatae, Roma 1584. CAVALIERI GIOVANNI BATTISTA, Ecclesiae militantis triumphi siue Deo amabilium martyrum gloriosa pro Christi fide certamina prout opera rr patrum Societatis Iesu collegij Germanici et Hungarici moderatoris impensa s.d.n. Gregorii pp. XIII in ecclesia S. Stephani Rotundi, Romae Nicolai Circiniani pictoris manu uisuntur depicta ad excitandam piorum devotionem a Ioanne Bap.ta de Cauallerijs aeneis typis accurate expressa, Roma 1585. CECCHERELLI ALESSANDRO, Delle azioni e sentenze del signor Alessandro de’ Medici, primo duca di Firenze, Firenze 1587. CELLARIUS CHRISTOPH, Notitia orbis antiqui, siue geographia plenior […] Edizione Alteram hanc editionem annotationibus varii generis […] illustrauit et auxit L. Io. Conradus Schwartz […], Lipsia 1731-1732.
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A. Cecconi, V. Gelli, M. Nastasi, R. Viale _______________________________________________________________________________
CELLINI BENVENUTO, Due trattati, uno intorno alle otto principali parti della oreficeria; l’altro in materia dell’arte della scultura, dove si veggono infiniti segreti nel lavorare le figure di marmo e nel gettarle di bronzo, Firenze 173113. CELLINI BENVENUTO, Vita scritta da lui medesimo, Napoli 172814. CERVONI GIOVANNI, Descrizzione de la felicissima entrata del serenis. d. Ferdinando de’ Medici cardinale, gran duca di Toscana nella città di Pisa. Scritta da Giouanni Ceruoni, Firenze 1588. CHIABRERA GABBRIELLO, Rime del signor Gabriello Chiabrera, raccolte per Giuseppe Pauoni, Genova 1599. CIATTI FELICE, Memorie annali ed istoriche delle cose di Perugia, Perugia 163615. CIGNA IPPOLITO, Notizie manoscritte delle opere di pittura di valenti artefici, che si vedono nella città di Volterra, suoi borghi e luoghi di Val di Cecina, ms16. CINI DOMENICO, Osservazioni storiche sopra l’antico stato della montagna pistoiese: con un discorso sopra l’origine di Pistoia [...], Firenze 1737. CIOCCHI GIOVANNI MARIA, Le pitture in Parnaso, Firenze 1725. COPPI GIOVANNI VINCENZO, Annali. Memorie ed huomini illustri di Sangimignano, Firenze 1695. COURTONE JEAN, Traite de la perspective pratique, avec des remarques sur l’architecture, suivies de quelques édifices considérables mis en perspective, et de l’invention de l’auteur [...], Parigi 1725. COYPEL ANTOINE, Discours prononcez dans les conferences de l’academia royale de peinture et de sculpture, Parigi 1721. COZZANDO LEONARDO, Vago e curioso ristretto profano, e sagro dell’historia bresciana del M. R. P. maestro Leonardo Cozzando, Brescia 1694. * CRISPOLTI CESARE, Perugia Augusta descritta, Perugia 1648. DAL POZZO BARTOLOMMEO, Le vite de’ pittori, scultori e architetti veronesi, Verona 1718. * D’AMBROSIO GIOSEPPE, Quattro portenti della natura, dell’arte della grazia e della gloria rappresentati dalla... città di Messina nell’anno 1685 ne’ festeggiamenti della Sagra Lettera che le scrisse Maria Vergine [...], Messina 1685. Nel 1722 (DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722) Gabburri possedeva l’edizione del 1568, mentre nelle Vite cita la suddetta ristampa fiorentina, poiché fa riferimento all’aggiunta di un «frammento di un trattato sopra il modo dell’insegnare il disegno ai fanciulli». 14 Nel 1722 Gabburri ne possedeva una versione manoscritta, utilizzata nel 1728 per l’edizione riportata, eseguita a Napoli e non a Colonia come compare sul frontespizio. 15 Nel manoscritto delle Vite Gabburri indica Ciatti come autore delle «storie di Perugia», e questa sembra essere l’opera più pertinente alla citazione. 16 Parte delle Notizie di Ippolito Cigna si trovano oggi in ZIBALDONE 1198, [cc. 91-100]. La trascrizione del documento è consultabile nel presente numero della rivista «Studi di Memofonte». 13
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
DATI CARLO ROBERTO, Delle lodi del commendatore Cassiano Dal Pozzo orazione di Carlo Dati, Firenze 1664. DATI CARLO ROBERTO, Vite de pittori antichi scritte e illustrate da Carlo Dati nell’Accademia della Crusca lo Smarrito, Firenze 1667.* DAVID LODOVICO ANTONIO, Il disinganno delle principali notizie ed erudizioni dell’arti più nobili del disegno, ms. DAVILA ENRICO CATERINO, Historia delle guerre civili di Francia di Henrico Caterino Davila: nella quale si contengono le operationi di quattro re, Francesco II. Carlo IX. Henrico III. et Henrico IV. cognominato il grande. Con l'indice delle cose più notabili, Parigi 1644. DE DOMINICI BERNARDO, Vita di Luca Giordano, in BELLORI GIAMPIETRO, Vite de’ pittori, scultori e architetti moderni, Roma 1728. DE MILO DOMENICO ANDREA, Ragionamenti del signor Domenico Andrea De Milo [...] con l’aggiunzione di alcune rime non più impresse [...], Napoli 1721. DE ROSSI BASTIANO, Descrizione del magnificentiss. apparato. E de’ maravigliosi intermedi fatti per la commedia rappresentata in Firenze nelle felicissime nozze degl’illustrissimi [...] don Cesare d’Este, e la signora donna Virginia Medici, Firenze 1585. DE ROSSI BASTIANO, Lettera di Bastiano de’ Rossi cognominato lo Inferigno, academico della Crusca a Flamminio Mannelli nobil fiorentino, nella quale si ragiona di Torquato Tasso, del dialogo dell'epica poesia di messer Cammillo Pellegrino, della risposta fattagli dagli accademici della Crusca, e delle famiglie, e degli huomini della città di Firenze, Firenze 1585. DEL MIGLIORE FERDINANDO LEOPOLDO, Firenze città nobilissma illustrata da Ferdinando Leopoldo Del Migliore. Prima, seconda e terza parte del primo libro, Firenze 1684. * DOLCE LODOVICO, Dialogo della pittura […], intitolato l’Aretino. Nel quale si ragiona della dignità di essa pittura, e di tutte le parti necessarie, che a perfetto pittore si acconuengono: con esempi di pittori antichi, et moderni: e nel fine si fa mentione delle virtù e delle opere del Divin Titiano, Venezia 1557. DONATI ALESSANDRO, Roma vetus ac recens vtriusque aedificijs ad eruditam cognitionem expositis auctore Alexandro Donato Senensi e Societate Iesu, Roma 1638. DONIA MATTEO, Il Giorgio, poema sacro et heroico del sig. Matteo Donia palermitano; donato da lui à Giouan Battista suo figliuolo. Con vn breve discorso del r. sig. d. Leonardo Orlandini et Greco, Palermo 1600. EQUICOLA MARIO, Institutioni di Mario Equicola al comporre in ogni sorte di Rima della lingua volgare, con uno eruditissimo Discorso della Pittura, et con molte segrete allegorie circa le Muse et la Poesia, Milano 1541. ERASMO DA ROTTERDAM, Moriae enchomium sive Stultitiae Laus, Basilea 1676.
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Esequie del diuino Michelagnolo Buonarroti celebrate in Firenze dall’Accademia de pittori, scultori et architettori, Firenze 1564. FABRI GIROLAMO, Le sagre memorie di Ravenna antica, Venezia 1619. FABRI GIROLAMO, Ravenna ricercata overo Compendio istorico delle cose più notabili dell’antica città di Ravenna, Bologna 1678. FAZELLO TOMMASO, De rebus Siculis decades duae, nunc primum in lucem editae. His accessit totius operis index locupletissimus, Palermo 1558. FÉLIBIEN DES AVAUX ANDRÉ, Entretiens sur les vies et sur les ouvrages des plus excellens peintres anciens et modernes […], voll. 5, Parigi 1666-1688. FELIBIEN DES AVAUX ANDRE, Des principes de l’architecture, de la sculpture, de la peinture et les autres arts […], Parigi 1697.* FÉLIBIEN DES AVAUX JEAN-FRANCOIS, Recueil historique de la vie et des ouvrages des plus célèbres architectes, Parigi 168717. FERRERO FRANCESCO MARIA, Augustae regiaeque Sabaudae domus arbor gentilitia regiae celsitudini Victori Amedeo II. Sabaudiae duci, Pedemontij principi, Cypri regi et c. [...], Torino 1702. FOPPA VINCENZO, Libro dell’arte della pittura, ms. FRANCAVILLA PIETRO, Il microcosmo, ms. FRANCESCO DA BARBERINO, Documenti d’amore di M. Francesco Barberino, Roma 164018. FRANCHI ANTONIO, La teorica della pittura, ovvero Trattato delle materie più necessarie, per apprendere con fondamento quest’arte, Lucca 173919. FREART ROLAND, Idée de la perfection de la peinture démontrée par les principes de l’art et par des exemples conformes aux observations que Pline et Quintilien ont faites sur les plus célèbres tableaux des anciens peintres, mis en parallèle à quelques ouvrages de nos meilleurs peintres modernes, Leonard de Vinci, Raphael, Jules Romain, et le Poussin, Mans 1662. FREZIER AMEDEE, La théorie et la pratique de la coupe des pierres et des bois pour la construction des voûtes, 3 voll., Parigi 1737-1739. GALLI BIBBIENA FERDINANDO, L’architettura civile preparata su la geometria, e ridotta alle prospettive, Parma 171120. Il nome di Félibien compare innumerevoli volte fra le fonti delle biografie gabburriane, senza alcuna specifica del nome di battesimo. Non ci sono riferimenti alle opere e alle edizioni usate, a parte quello alla «Raccolta delle vite e delle opere degli architetti più celebri»: le edizioni settecentesche dei volumi dei due Félibien presentano i sei volumi tutti insieme, perciò preso atto di questo dato e non avendo a disposizione indicazioni ulteriori, anche in questo caso è stata riportata l’editio princeps. 18 L’opera di Francesco da Barberino è datata 1314, ma Gabburri nelle Vite utilizza l’edizione illustrata del 1640. 19 Tale opera uscì con la dedica a Francesco Maria Niccolò Gabburri. 20 Nel catalogo del 1722 (DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722, c. 185) si trovano «Numero 90 carte di diverse grandezze, di prospettive, di scene e cartelloni e vedute di prospettiva, inventate da Ferdinando Galli detto il 17
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
GARZONI TOMMASO, La piazza universale di tutte le professioni del mondo novamente ristampata et posta in luce da Thomaso Garzoni da Bagnacavallo [...],Venezia 1593. GAURICO POMPONIO, De sculptura, Firenze 1504. GAYOT DE PITAVAL FRANCOIS, Esprit des conversations agréables, ou Nouveau mélange de pensées choisies, en vers et en prose, [...], Parigi 1731. GENERINI FRANCESCO, Disegno del globo andante di Francesco Generini scultor fiorent. formato da lui per mostrare il moto diurno, lunare, et annuo [...], Firenze 1645. GHILINI GIROLAMO, Teatro d’uomini letterati, Venezia 1647. GHIRARDACCI CHERUBINO, Dell’historia di Bologna […], Bologna 159621. Gli eccelsi pregi delle belle arti e la scambievole lor congiunzione con le mattematiche scienze: mostrata nel Campidoglio dall’Accademia del Disegno in occasione del concorso celebrato dalla medesima nell’anno 1732, Roma 1733. GOLTZ HUBERT, Romanae et Grecae antiquitatis monumenta e priscis numismatibus eruta per Hubertum Goltzium […], Anversa 1645. GRAZZINI ANTON FRANCESCO detto il LASCA, De bello Cyprio libri quinque, Roma 1624 GRAZZINI ANTON FRANCESCO detto il LASCA, Libro delle Rime, Firenze 1741. GUALTEROTTI RAFFAELLO, Descrizione del reale apparato per le nozze della Serenissima Madama Cristina di Lorena, moglie del Serenissimo don Ferdinando Medici, Granduca di Toscana, Firenze 1589. GUALTERUZZO CARLO DA FANO, Cento Novelle, Firenze 1724. GUAZZO MARCO, Historie di tutte le cose degne di memoria, Venezia 1544. GUILBERT PIERRE, Description historique des château, bourg et forêt de Fontainebleau, Parigi 1731. Il Gran teatro di Venezia ovvero descrizione esatta di cento delle più insigni prospettive, e di altrettante celebri pitture della medesima città con la narrazione della fondazione delle chiese, monasteri, spedali, isolette, e altri luoghi si pubblici, come privati [...], Venezia 1715. Incongnito conoscitore vedi: LANCENI GIOVANNI BATTISTA, Ricreazione pittorica o sia Notizia universale delle pitture nelle chiese, e luoghi pubblici di Verona. Opera presentata al pubblico in favore de’ dilettanti dall’incognito conoscitore, Verona 1720.
Bibbiena, bolognese pittore e architetto all’Altezza Sovrana del signor duca di Parma. Raccolte da Pietro Abbati ed intagliate da Carlantonio Buffagnotti». 21 Nelle Vite Gabburri cita il primo e il secondo volume del Ghirardacci, perciò si fa presente che la parte seconda fu pubblicata nel 1657 da Giacomo Monti.
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A. Cecconi, V. Gelli, M. Nastasi, R. Viale _______________________________________________________________________________
Indice delle stampe intagliate in rame a bulino e all’acqua forte, esistenti nella stamperia di Domenico de’ Rossi, Roma 1724. JUNIUS FRANCISCUS, De pictura veterum libri tres, Amsterdam 1637. LA MOTTRAYE AUBRY DE, Voyages du Sr. A. de la Motraye en Europe, Asie et Afrique où l'on trouve une grande variété de recherches géographiques, historiques et politiques des remarques instructives sur les moeurs, des peuples, des relations fidèlles des événemens considérables arrivées [sic] pendant plus de 26 années, employées dans ses voyages, comme de la révolution en Turquie, La Haye 1727. LAMI GIOVANNI, Delicae erudito rum suu veterum opuscolo rum collectanea, Firenze 174122. LAMO ALESSANDRO, Discorso intorno alla scultura e pittura, dove si ragiona della vita ed opere in molti luoghi e di diversi principi e personaggi, Cremona 1584.* LAPARELLI ANIBALE, Croniche di Cortona, ms. Le belle arti, pittura scultura e architettura, compimento a perfezione della bellezza dell’universo, mostrate nel Campidoglio dall’Accademia del Disegno, Roma 1711. * Le cabinet de plus beaux portraits de plusieurs princes et princesses, hommes illustres, fameux peintres, sculpteurs, architectes, amateurs de la peinture et autres faits par le fameux Antoine Van Dyck, chevalier et peintre du Roy […], Amsterdam 1732. LE COMTE FLORENT, Cabinet des singularitez d'architecture, peinture, sculpture et graveure, ou Introduction à la connoissance des plus beaux arts figurés sous les tableaux, les statues et les estampes, 3 voll., Bruxelles 1702. * Le pompe dell’Accademia del Disegno solennemente celebrate nel Campidoglio il dì 25 febraro 1702, descritte da Giuseppe Ghezzi pittore e segretario di essa. [...], Roma 1702.* LEONARDI CAMILLO, Speculum lapidum, et D. Petri Arlensis de Scudalupis, […] Sympathia septem metallorum ac septem selectorum lapidum ad planetas. Accedit Magia astrologica Petri Constantii Albinii villanovensis, Amburgo 1717. LEONCINI GIUSEPPE, Instruttioni architettoniche pratiche concernenti le parti principali degli edificij delle case, secondo la dottrina di Vetruvio, e d’altri classici autori. Compendiate da Gioseppe Leoncini cittadin fiorentino, a pro delli studenti d’architettura […], Roma 1679. LETI GREGORIO, L’Italia regnante o vero nova descritione dello stato presente di tutti prencipati, e republiche d’Italia. Dedicata al re christianissimo, voll. 4, Genova 1675-1676. LETI GREGORIO, Vita del catolico re Filippo II monarca delle Spagne […] da Gregorio Leti detto il Resuscitato, voll. 2, Coligny 1679. LETI GREGORIO, Historia, overo vita di Elisabetta regina d’Inghilterra […], Amsterdam 1693.
Il testo comprende una parte intitolata Charitonis et Hippophili Hodoeporici, titolo a cui fa riferimento Gabburri nelle sue citazioni. 22
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
LENZONI CARLO, In difesa della lingua fiorentina, et di Dante. Con le regole da far bella et numerosa la prosa, Firenze 1556. LIGORIO PIRRO, Libro di m. Pyrrho Ligori napolitano, delle antichità di Roma, nel quale si tratta de’ circi, theatri, et anfitheatri […] paradosse […], Venezia 1552. LIPPI LORENZO, Il Malmantile racquistato. Poema di Perlone Zipoli, Firenze 173123. LOMAZZO GIOVANNI PAOLO, Idea del tempio della pittura di Gio. Paolo Lomazzo pittore. Nella quale egli discorre dell’origine, et fondamento delle cose contenute nel suo trattato dell’arte della pittura, Milano 1590. LOMAZZO GIOVANNI PAOLO, Rime di Gio. Paolo Lomazzi milanese pittore, divise in sette libri. [...] Et pero intitolate Grotteschi, non solo dilettevoli per la varietà de le inventioni, ma utili ancora per la moralità che vi si contiene. Con la vita del Auttore descritta da lui stesso in rime sciolte, Milano 1587. LOMAZZO GIOVANNI PAOLO, Trattato dell’arte de la pittura di Gio. Paolo Lomazzo milanese pittore. Diviso in sette libri. Ne’ quali si contiene tutta la theorica, et la prattica d’essa pittura, Milano 1584.* LOTTINI GIOVANNI ANGELO, Scelta d’alcuni miracoli e grazie della Santissima Nunziata di Firenze descritti dal p.f. Gio. Angiolo Lottini […], Firenze 1636.* MAGGI GIOVANNI, Fontane diuerse che si vedano nel’alma città di Roma et altre parte d’Italia delineate da Giouanni Maggi romano pitore et architetto, con diuerse altre nouamente dal istesso inuentate et poste in luce ad instanza di Gio Domenico Rossi alla Pace, Roma 1618. MAGGI GIROLAMO, De tintinnabulis liber postumus. Franciscus Sweertius f. Antuerp. notis illustrabat, Hannover 1608. MAGGI GIROLAMO, De urbium architectura e MAGGI GIROLAMO, De urbium expugnatione vedi: MAGGI GIROLAMO, Della fortificatione delle città, di m. Girolamo Maggi, e del capitan Iacomo Castriotto, ingegniero del christianiss. re di Francia, libri 3. [...] Discorso del medesimo Maggi sopra la fortificatione de gli alloggiamenti de gli esserciti. Discorso del capitan Francesco Montemellino sopra la fortificatione del borgo di Roma. Trattato dell’ordinanze, overo battaglie del capitan Giovacchino da Coniano. Ragionamento del sudetto Castriotto sopra le fortezze della Francia, Venezia 1564. MAGGI GIROLAMO, Hieronymi Magii De equuleo liber postumus. Additae notae: et appendix e viris doctis, qui idem argumentum pertractantur, Hannover 1609. MALVASIA CARLO CESARE, Felsina pittrice vite de pittori bolognesi alla maestà christianissima di Luigi XIV re di Francia e di Navarra il sempre vittorioso consagrata dal co. Carlo Cesare Malvasia fra Gelati l’Ascoso. Divisa in duoi tomi, con indici in fine copiosissimi, Bologna 1678.* MANCINI GIULIO, Trattato di pittura, ms24.
VITE DI PITTORI, [p. 2155 – IV – C_203R]: «Malmantile ristampato in Firenze in due tomi l’anno ... [sic] con molte note e aggiunte, dove sono ancora alcuni rami intagliati da Francesco Zuccarelli». 24 Cfr. MANCINI 1957. 23
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A. Cecconi, V. Gelli, M. Nastasi, R. Viale _______________________________________________________________________________
MANNI DOMENICO MARIA, Osservazioni istoriche [...] sopra i sigilli antichi de’ secoli bassi, Firenze 1739-178425. * MARINO GIAMBATTISTA, Dicerie sacre. La pittura, diceria prima sopra la Santa Sindone. La musica, diceria seconda sopra le sette parole dette da Christo in croce. Il cielo, diceria terza sopra la religione de’ Santi Muritio et Lazaro, Venezia 1615. MAROLLES MICHEL DE (ABBÉ DE VILLELOIN), Catalogue de livres d’estampes et de figures en taille douce, avec un dénombrement des pièces qui y sont contenues, Parigi 1666. MASINI ANTONIO, Bologna perlustrata, in cui si fa mentione ogni giorno in perpetuo delle fontioni sacre, e profane di tutto l’anno. Delle chiese e loro feste, indulgenze, reliquie […], Bologna 1650.* MAZZOLARI ILARIO, Le reali grandezze dell’Escuriale di Spagna, Bologna 1648.* MAZZUCCHELLI GIAMMARIA, La vita di Pietro Aretino scritta dal conte Giammaria Mazzucchelli bresciano, Padova 1741. Memorie del calcio fiorentino tratte da diverse scritture e dedicate all’altezze serenissime di Ferdinando principe di Toscana e Violante Beatrice di Baviera, Firenze 1688.26 Memorie istoriche della guerra tra l’Imperiale Casa d’Austria e la Real Casa di Borbone dall’anno 1701 sino all’anno 1713, Venezia 1736. MERULA PAULUS, Cosmographia generalis et geographia particularis, Amsterdam 1621. MINI PAOLO, Difesa della città di Firenze, et de i fiorentini. Contra le calunnie et maledicentie de maligni. Composta da Paolo Mini fiorentino medico e filosofo, Lione 1577. MINI PAOLO, Discorso della nobiltà di Firenze e de fiorentini. Di Paolo Mini medico, filosofo, e cittadino fiorentino, Firenze 1593. MONGITORE ANTONIO vedi: AURIA VINCENZO, La Sicilia inventrice o vero Le invenzioni lodevoli nate in Sicilia, opera del dottor d. Vincenzo Auria palermitano. Con li divertimenti geniali, osservazioni e giunte all’istessa di d. Antonino Mongitore sacerdote palermitano, Palermo 1704. MONIGLIA GIOVANNI ANDREA, Delle poesie drammatiche di Giovannandrea Moniglia […], voll. 3, Firenze 1689-1690. MORELLI GIOVANNI FRANCESCO, Brevi notizie delle pitture, e sculture che adornano l’augusta città di Perugia. Ragunate da Gio. Franc. Morelli perugino all’illustriss. sig. conte Orazio Ferretti, Perugia 1683.* L’opera è composta da 30 volumi pubblicati fra il 1739 e il 1784: considerata la data di morte di Gabburri (1742) si suppone che lo scrittore abbia potuto consultare solo fino al VII volume, edito nel 1741. In VITE DI PITTORI, [p. 2231 – IV – C_249R] si legge «Giuseppe Maria Manni nella sua opera Sopra i sigilli degli antichi ecc., a 85, pubblicata alle stampe in Firenze nel 1738», sbagliando il nome di battesimo. 26 Il riferimento, riportato da Gabburri solo con la dicitura «Descrizione del calcio fiorentino», è da collegare a tale pubblicazione in quanto la citazione è presente nella Vita di Alessandro Cecchini, autore della tavola illustrativa. 25
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
MUZIO ACHILLE, Achillis Mucii Theatrum sex partibus distinctum […] ad singulas partes argumenta, tum Marij Mutij poetae filij annotationes ad Theatrum ipsum […] Hic etiam Moysis Mucij Bergomatis Pergamenum extremo in Theatro substituimus opus sane antiquissimum […], Bergamo 1596. NEGRI GIOVANNI FRANCESCO vedi: TASSO TORQUATO, La Gierusalemme liberata del signor Torquato Tasso, tradottione in lingua bolognese popolare di Gio. Francesco Negri, pittore, Venezia 1609. NEMEITZ JOACHIM CHRISTOPH, Séjour de Paris, c’est a dire, Instructions fideles, pour les voyageurs de condition, comment ils se doivent conduire, s’ils veulent faire un bon usage de leurs tems et argent, durant leur séjour a Paris […], Leida 1727. NICOLOSI GIOVAN BATTISTA, Hercules Siculus sive Studium geographicum auctore Ioanne Baptista Nicolosio Hyblensi sacerdote, et sacrae theologiae doctore […], Roma 1670-1671. NORIS MATTEO, L’animo eroe, attioni historiche de’ più famosi antichi descritte da Matteo Noris, Venezia 1689. Notizie letterarie, ed istoriche intorno agli uomini illustri dell’Accademia fiorentina, Firenze 1700. OLINA GIOVANNI PIETRO, Uccelliera overo discorso della natura, e proprietà di diversi uccelli, e in particolare di que che cantano. Con il modo di prendergli, conoscergli, allevargli, e mantenergli. E con le figure cavate dal vero, e diligentem.te intagliate dal Tempesta, e dal Villamena, Roma 1684. ORLANDI PELLEGRINO ANTONIO, Abcedario pittorico nel quale compendiosamente sono descritte le patrie, i maestri, ed i tempi, ne’ quali fiorirono circa quattro mila professori di pittura, di scultura, e d’architettura diviso in tre parti, Bologna 1704.* ORLANDI PELLEGRINO ANTONIO, L’Abcedario pittorico dall’autore ristampato e corretto, ed accresciuto di molti professori e di altre notizie spettanti alla pittura: Ed in quest’ultima impressione con nuova e copiosa aggiunta di alcuni altri professori al signor Francesco Mura Eccellente e Magnifico pittore Napoletano, in Bologna ed in Napoli per Angelo Vocola, Napoli 1731. PACHECO FRANCISCO, Arte de la pintura: su antiguedad y grandezas, Siviglia 1649. PAGGI GIOVANNI BATTISTA, Definizione e divisione della pittura, Genova 1607. PALOMINO DE CASTRO Y VELASCO ANTONIO, El museo pictorico, y escala optica, Madrid 1715-1724. PARDO DE FIGUEROA BENITO, Exãmen analitico del quadro de la Transfiguración de Rafaél de Urbino, seguido de algunas observaciones sobre la pintura de los Griegos, ms.* PASCOLI LIONE, Vite de’ pittori, scultori, ed architetti moderni scritte, e dedicate alla maestà di Vittorio Amadeo re di Sardegna da Lione Pascoli, Roma 1730-1736. PATIN CATHERINE CHARLOTTE, Pitture scelte e dichiarate da Carla Caterina Patina, parigina, accademica, Colonia 1691.*
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A. Cecconi, V. Gelli, M. Nastasi, R. Viale _______________________________________________________________________________
PEACHAM HENRY, The complete gentleman. The truth of our times and, the art of living in London, Londra 1634. PERRAULT CHARLES, Le cabinet des beaux arts ou recueil d’estampes gravees d’apres les tableaux d’un plafond au les beaux arts sont representes avec l’esplication de ces memes tableaux, Parigi 1690. PERRAULT CHARLES, Les hommes illustres qui ont paru en France pendant ce siecle: avec leur portraits au naturel, Parigi 1696-1700. PICART BERNARD, Impostures innocentes, ou Recueil d’estampes d’apres divers peintres illustres, tels que Rafael […] par Bernard Picart, dessinateur et graveur: avec son eloge historique, et le catalogue de ses ouvrages, Amsterdam 1734. PIGANIOL DE LA FORCE JEAN AYMAR DE, Nouvelle description des chateaux et parcs de Versailles et de Marly: contenant une explication historique de toutes le peintures, tableaux, statues, vases et ornamens qui s’y voient, leurs dimensions […] Avec le plans de ces deux maisons royalles, Parigi 1701. PILES ROGER DE, Abrégé de la vie des peintres, avec des réflexions sur leurs ouvrages, et un traité du peintre parfait, de la connaissance des dessins et de l'utilité des estampes, Parigi 1699. * PINAROLO GIACOMO, L’antichita di Roma con le cose più memorabili che in essa di presente antiche, e moderne si trovano […] Opera divisa in due tomi, Roma 1703.* PINO PAOLO, Dialogo della pittura, Venezia 154827. PIO GIOVANNI BATTISTA, Elegidia Ioannis Baptistae Pii Bononiensis, Bologna 1509. PORCACCHI TOMMASO, L’Isole più famose del mondo descritte da Thomaso Porcacchi da Castiglione Arretino; e intagliate da Girolamo Porro, Venezia 1572. RICHARDSON JONATHAN JUNIOR - RICHARDSON JONATHAN SENIOR, Traité de la peinture et de la sculpture par Mrs. Richardson, père et fils: divisé en trois tomes, Amsterdam 1728. RIDOLFI CARLO, Le maraviglie dell’arte, overo Le vite de gl’illustri pittori veneti, e dello Stato. Ove sono raccolte le opere insigni, i costumi, et i ritratti loro. Con la narratione delle historie, delle favole, e delle moralita da quelli dipinte. Descritte dal cavalier Carlo Ridolfi. Con tre tavole copiose de’ nomi de’ pittori antichi, e moderni, e delle cose notabili, Venezia 1648.* Ritratti di alcuni celebri pittori del secolo XVII. Disegnati ed intagliati in rame dal cavaliere Ottavio Lioni con le vite de’ medesimi tratte da varj autori, accresciute d’annotazioni. Si e aggiunta la vita di Carlo Maratti scritta da Gio. Pietro Bellori fin all’anno 1689 e terminata da altri […] e un Discorso del medesimo sopra un quadro della Dafne dello stesso Maratti […], Roma 1731. ROSSI OTTAVIO, Le memorie bresciane opera istorica et simbolica di Ottavio Rossi, Brescia 1616. ROUILLE GUILLAUME, Prontuario de le medaglie de’ più illustri e fulgenti uomini e donne […], Lione 1553.* 27Nella
biblioteca di Gabburri era presente una copia manoscritta dell’edizione citata (DIALOGO DELLA PITTURA).
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
RUGGIERI FERDINANDO, Libro delle fabbriche di Firenze. Studio di architettura civile sopra gli ornamenti di porte e finestre colle misure tratte dalle fabbriche più insigni di Firenze, Firenze 1722.* RUSCONI GIOVANNI ANTONIO, Della architettura di Gio. Antonio Rusconi, con centosessanta figure dissegnate dal medesimo, secondo i precetti di Vitruvio, e con chiarezza, e brevità dichiarate libri dieci […], Venezia 1590.* SAAVEDRA DIEGO FAXARDO, Idea Principis Christiano-Politici Emblem., Amsterdam 1651. SACCHETTI FRANCO, Delle novelle di Franco Sacchetti cittadino fiorentino, Firenze 1724. SAGRESTANI GIOVANNI, Vite, ms28. SALVINI ANTONIO MARIA, Prose toscane di Anton Maria Salvini recitate dal medesimo nell’Accademia della Crusca, Firenze 173529. SAMPERI PLACIDO, Iconologia della gloriosa Vergine Madre di Dio Maria protettrice di Messina, divisa in cinque libri, ove si ragiona delle imagini di nostra Signora […], Messina 1644. SANDRART JOACHIM VON, Academia nobilissimae artis pictoriae. Sive de veris et genuinis huiusdem proprietatibus, theorematibus, secretis atque requisitis aliis […], Noriberga 1683.* SANMICHELI MICHELE, Li cinque ordini dell’architettura civile di Michel Sanmicheli rilevati dalle sue fabriche, e descritti e publicati con quelli di Vitruvio, Alberti, Palladio, Scamozzi, Serlio, e Vignola dal co. Alessandro Pompei, Verona 1735. SARNELLI POMPEO, Guide de’ forestieri, curiosi di vedere, e d’intendere le cose più notabili della regal città di Napoli, e del suo amenissimo distretto. Ritrovata colla lettura de’ buoni scrittori, e colla propria diligenza dall’abate Pompeo Sarnelli, hoggi vescovo di Biseglia. In questa nuova edizione dall’autore molto ampliata, e da Antonio Bulifon di vaghe figure abbellita, Napoli 1697.* SAUVAL HENRY, Galanterie des rois de France, depuis le commencement de la monarchie, Parigi 1731. SCANNELLI FRANCESCO, Il microcosmo della pittura, overo trattato diviso in due libri. Nel primo spettante alla theorica si discorre delle grandezze d’essa pittura, delle parti principali, de’ veri primi, e de’ più degni maestri […], Cesena 1657. * SCARAMUCCIA LUIGI, Le finezze de pennelli italiani, ammirate, e studiate da Girupeno sotto la scorta, e disciplina del genio di Raffaello, Pavia 1674. Scelta di sonetti e canzoni de’ più eccellenti rimatori d’ogni secolo, Bologna 1718. SCHEDEL HARTMANN, Liber chronicarum, Norimberga 1493. SCILLA AGOSTINO, La vana speculazione disingannata dal senso, Napoli 1670.
28Cfr.
ZIBALDONE BALDINUCCIANO 1980-1981. L’opera è stata pubblicata in 6 volumi dal 1735 al 1743: Gabburri lo cita sempre come «abate Anton Maria Salvini, nella parte IV, volume II, delle Prose fiorentine, a 280», per questo motivo ne è stata riportata la data specifica. 29
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A. Cecconi, V. Gelli, M. Nastasi, R. Viale _______________________________________________________________________________
SCOTTO FRANCESCO, Itinerario overo descrizione dei viaggi principali d’Italia, Padova 1687.* SGRILLI BERNARDO SANSONE, Descrizione e studj dell’insigne fabbrica di S. Maria del Fiore metropolitana fiorentina in varie carte intagliati da Bernardo Sansone Sgrilli […], Firenze 1733. SOPRANI RAFFAELE, Le vite de pittori scoltori, et architetti genovesi. E de’ forastieri, che in Genova operarono con alcuni ritratti de gli stessi. Opera postuma, dell’illustrissimo signor. Rafaele Soprani nobile genovese. Aggiontavi la vita dell’autore per opera di Gio. Nicolo Cavana, patritio genovese, Genova 1674.* SAUVAL HENRI, Galanteries des Rois de France, depuis de le commencement de la monarchie […], Parigi 1738. STOSCH PHILIPP, Pierres antiques gravees, sur lesqulles les graveurs ont mis leurs noms. Dessinees et gravees en cuivre sur les originaux ou d’apres les empreintes, par Bernard Picart [...], Amsterdam 1724. STROZZI TITO VESPASIANO, Strozii poetae pater et filius, Venezia 1513. SUPERBI AGOSTINO, Apparato de gli huomini illustri della città de Ferrara: i quali nelle lettere, et in altre nobili virtù fiorirono […], Ferrara 1620. TEMANZA TOMMASO, Delle antichità di Rimino, Venezia 1741. TEOLI ANTONINO, Storia della vita, e del culto di s. Vincenzo Ferrerio dell’ordine de predicatori, composta dal p. lettore fr. Antonino Teoli […], Roma 1735. TESTELLIN HENRY, Sentimens des plus habiles peintres, Parigi 1696. TETI GIROLAMO, Aedes Barberinae ad Quirinalem […], Roma 1642. TICCIATI GIROLAMO, Storia dell’Accademia del Disegno, ms. TITI FILIPPO, Nuovo studio di pittura, scoltura et architettura nelle chiese di Roma […], Roma 1708.* TORRE CARLO, Il ritratto di Milano, diviso in tre libri, colorito da Carlo Torre, canonico dell’insigne basilica degli Appostoli,[…] Nel quale vengono descritte tutte le antichità, e modernità, che vedevansi, e che si vedono nella città di Milano, Milano 1674. TOURNEFORT JOSEPH PITTON DE, Relation d’un voyage du Levant fait par ordre du roy […], Parigi 1717. TROILI (TROGLIO) GIULIO, Paradossi per praticare la prospettiva senza saperla, Bologna 1682. TRONCI PAOLO, Descrizione delle chiese di […] Pisa, ms. TRONCI PAOLO, Memorie istoriche della città di Pisa […], Livorno 1682. UGURGIERI AZZOLINI ISIDORO, Le pompe sanesi, o’ vero Relazione delli huomini, e donne illustri di Siena, e suo Stato […], Pistoia 1649.*
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
VAN MANDER KAREL, Het schilder-boeck waerin voor erst de leerlustighe lueght den grondt der edel vry schilderconst in verscheyden deelen wort voorgedraghen: daer nae in dry deelen t’leven der vermaerde doorluchtighe schilders des ouden en nieuwen tyds; eyntlyck d’wtlegghinghe op den Metamorphoseon Pub. Ovidij Nasonis oock daerbeneffens wtbeeldinghe der figueren; alles dienstich en nut den schilders, constceminders en dichters, oock allen staten van menschen, Harlem 1604. VARCHI BENEDETTO, Due lezzioni di m. Benedetto Varchi: nella prima delle quali si dichiara un Sonetto di m. Michelagnolo Buonarroti, nella seconda si disputa quale sia più nobile arte la scultura, o la pittura, con una lettera d’esso Michelagnolo, et più altri eccellentiss. pittori et scultori, sopra la quistione sopradetta, Firenze 1549. VARCHI BENEDETTO, Storia fiorentina di messer Benedetto Varchi. Nella quale principalmente si contengono l’ultime revoluzioni della repubblica fiorentina, e lo stabilimento del principato nella casa de’ Medici […], Colonia 1721. VARILLAS ANTOINE DE, Les Anecdotes de Florence, ou L’Histoire secrete de la maison de Medicis. Par le sieur de Varillas, La Haye 1687. VASARI GIORGIO, Le vite de più eccellenti architetti, pittori, et scultori Italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri: descritte in lingua toscana, da Giorgio Vasari pittore Aretino. Con una sua utile et necessaria introduzzione a le arti loro, Firenze 1550.* VASARI GIORGIO, Le vite de più eccellenti pittori, scultori, e architetti scritte da m. Giorgio Vasari pittore et architetto aretino, di nuovo dal medesimo riviste et ampliate con i ritratti loro et con l’aggiunta delle Vite de’ vivi, et de morti dall’anno 1550 insino al 1567 […], Firenze 1568.* VASARI GIORGIO, Ragionamenti […], Firenze 1588.* VEDRIANI LODOVICO, Raccolta de’ pittori, scultori, et architetti Modonesi più celebri, nella quale si leggono l’Opere loro insigni, e dove l’hanno fatte. Cavata da vari Autori […], Modena 1662.* VERDIZOTTI GIOVANNI MARIO, Dell’Aspramonte poema heroico di M. Gio. Mario Verdizzotti, Venezia 1591. VIANI SOSTEGNO, Istoria delle cose operate nella China da Monsignor Gio. Ambrogio Mezzabarba patriarca d’Alessandria, legato Appostolico in quell’Impero e di presente Vescovo di Lodi, scritta dal Padre Viani suo confessore e compagno nella predetta Legazione, Parigi 1739. VICTORIA VINCENTE, Osservazioni sopra il libro della Felsina pittrice per difesa di Raffaello da Urbino, dei Caracci, e della loro scuola. Publicate, e divise in sette lettere da d. Vincenzo Vittoria patrizio valenziano, e canonico di Xativa, Roma 1703. VIOLA ZANINI GIUSEPPE, Della architettura di Gioseffe Viola Zanini padovano pittore et architetto. Libri due ne’ quali con nuova simmetria, et facoltà si mostrano le giuste regole dei cinque ordini di detta architettura, et osservationi de’ più eccellenti architetti, che in quella habbiano dato ammaestramenti […], Padova 1629. WAN WITTEL GASPERO, Gli eccelsi pregi delle belle arti, Roma 1733.
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WEYERMAN JACOB CAMPO, De Levens-beschryvingen der nederlandsche konst-schilders en konstschilderessen, met een uytbreyding over de schilder-konst der ouden, Gravenhage 1729. WRIGHT EDWARD, Some observations made in travelling through France, Italy, etc. in the years 1720, 1721, and 1722, Londra 1730. ZANELLI IPPOLITO, Vita del gran pittore co. Carlo Cignani dedicata al signor co. Cristoforo Tardini […], Bologna 1722.* ZANOTTI GIAMPIETRO, Dialogo di Gio. Pietro Cavazzoni Zanotti pittore bolognese in difesa di Guido Reni steso in una lettera al sig. dottor Girolamo Baruffaldi ferrarese, Venezia 1710. ZANOTTI GIAMPIETRO, Lettere familiari scritte ad un amico in difesa del conte Carlo Cesare Malvasia autore della Felsina pittrice da Gio. Pietro Cavazzoni Zanotti pittore [...], Bologna 1705.* ZANOTTI GIAMPIETRO, Storia dell’Accademia Clementina in Bologna, Bologna 1739. ZUCCARO FEDERIGO, L’idea de’ pittori, scultori et architetti, Torino 1607. ZUCCHI BARTOLOMEO, L’idea del segretario dal signore Bartolomeo Zucchi da Monza academico insensato di Perugia, rappresentata et in un trattato de l’imitatione, e ne le lettere di principi, e d’altri signori, Venezia 1600.
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Fonti citate nelle Vite di F.M.N. Gabburri _______________________________________________________________________________
APPENDICE Aiguier Michele, Conferenze Asino Michele, Libro con tutti i principi del disegno Bembo, Distico su Raffaello Berni Francesco, Capitolo a Bastiano del Piombo Biblioteca bolognese Bonefal, conte di, Memorie Buonanni Vincenzio, Trionfo degli dei Castiglione Baldesar, Epigramma in morte di Raffaello Catalogo degli Accademici di Roma 1657, Roma 1680 Catalogo dei pittori accademici di Roma Chiarini Marcantonio, Trattato di prospettiva Danti Giulio, Ornamenti dell’architettura Danti Giulio, Trattato dell’alluvione Delizie dell’Italia Francesco del Taglia Gabinetto di monsù Barent Gli eccelsi pregi delle belle arti, 1733 Goltzium Herbipolitanum ecc. Grillo Gudling Atlas Brandemburgensis Istoria del Concilio di Trento, colle note di Pier Francesco de Courages, Amsterdam 1736 Istoria di Enrico II Joseph de Valdivielso Köhler, Muntzbelustigung Lancilli Lancillotto Leers Filippo, Sonetto Libro degli accademici di Roma, 1648 Maggi Girolamo, De machinis et heronis Magrolino, Hist sicil. Mazzolani Montalbano, De para todos Nuovi viaggi di Francia, Parigi 1723 Oddi Mauro, Due libri delle regole di architettura Parrasio Passerini Filippo, Nuove invenzioni d’ornamenti di architettura e intagli diversi, utili agli argentieri, intagliatori, ricamatori e altri professori del disegno Pellini Piggi Bartolommeo, Giardino di vasi, fiori di Batolommeo Piggi di Pistoia Relazione di Giuseppe pittore, Parigi 1717 Ricciardi Francesco, Breve ragguaglio della rinomata fiera Rodriguez de Leon, in Vincenzio Carducci Thevet, Vite degli uomini illustri Ticciati Girolamo, Memorie dell’Accademia del Disegno […], 1738 (consegnate manoscritte all’Accademia del disegno in questa data) Tomberg Guglielmo Turchi
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Ufizio della Madonna, Roma 1600, con storiette da disegni di Antonio Tempesti, intagliate da Leonardo Parasole Varmansal Guido Luigi, Le belle arti, pittura, scultura e architettura, compimento e perfezione delle bellezze dell’universo Willaerts
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Per una rilettura delle Vite gabburiane _______________________________________________________________________________
«NELLA PRESENTE AGGIUNTA ALL’ABCEDARIO PITTORICO DEL PADRE MAESTRO ORLANDI». PER UNA RILETTURA DELLE VITE GABBURRIANE «Questi son libri che subito terminati sono imperfetti» Padre Coronelli in una lettera a Antonio Pellegrino Orlandi
Fino ad oggi le Vite di Francesco Maria Niccolò Gabburri sono state lette e ricercate avidamente dai moderni dilettanti ed eruditi come un prezioso manoscritto da cui trarre notizie originali per gli artisti del primo Settecento. In questo contributo si propone, al contrario, di rileggere l’impresa gabburriana inserendola nella più ampia cultura settecentesca di letteratura artistica, all’interno di un genere affermato e di larga fortuna come quello degli abbecedari. Il primo punto è analizzare le Vite non come un lavoro parallelo all’Abcedario del padre maestro Orlandi, come più volte rimarcato, ma come un vero e proprio tentativo, un’impresa di dare alle stampe una riedizione dell’alfabeto orlandiano emendata da numerosi errori, con cospicue aggiunte per ogni pittore, migliaia di voci in più rispetto all’Abcedario pittorico e un aggiornamento bibliografico degno di nota. Comparando capillarmente le Vite, voce per voce, al testo orlandiano, analisi resa molto più agevole dalla trascrizione e informatizzazione del manoscritto, è possibile in primis fornire una datazione dell’opera più precisa rispetto alla cronologia finora proposta, ricostruire le fasi di stesura che contraddistinguono la metodologia di lavoro gabburriana e, soprattutto, individuare le parti del testo originali, che non si presentano come una mera trascrizione delle biografie orlandiane. Prendendo in esame i soli contributi del Gabburri, aggiunti e intramezzati in un abile lavoro di incastro alla massa di informazioni tratte dall’Abcedario, è possibile leggere criticamente il testo, capirne il valore e i limiti, individuare i topoi ricorrenti connessi alla cultura e agli interessi dell’autore. Una volta individuati i nuclei originali dell’opera, si può procedere a un lavoro di comparazione con altri testi che afferiscono allo stesso genere letterario: l’ulteriore analisi parallela offre spunti per una lettura storica del testo e del genere degli alfabeti pittorici. Per l’analisi proposta in questo contributo, partiamo dalla base e primo foglio di lavoro gabburriano, ovvero il testo di Orlandi, per poi provare ad aggiungere e sedimentare, passo passo, nuove informazioni utili alla comprensione del manoscritto in questione. Quando, nel 1704, Antonio Pellegrino Orlandi1 diede alle stampe nella sua Bologna l’Abcedario Pittorico, probabilmente non avrebbe mai immaginato che tale fatica potesse
Sulla figura di Antonio Pellegrino Orlandi si veda il ritratto che ne dà Giovanni Fantuzzi (FANTUZZI 1788, pp. 191-197) comprensivo dell’elenco delle opere edite e manoscritte, anche se l’indicazione delle ristampe dell’Abcedario non è completa, e quello che traccia Paolo Tinti (ORLANDI 2005) nell’introduzione critica alla ristampa anastatica del testo orlandiano Origine e progressi della stampa. Interessante, ma non analizzata nel presente contributo, è la miscellanea di documenti orlandiani presenti a Bologna, disseminati tra la Biblioteca Universitaria e l’Archiginnasio, che raccolgono manoscritti, opere inedite, lettere e alcuni libri che appartennero alla sua ricca biblioteca. In particolare si segnala la presenza (Bibl. Universitaria, Bologna, coll. 1865) di un fascicolo con «Memorie e lettere al P.D. Pellegrino Orlandi Carmelitano», cart., ca. 1700-1723, significativo per ricostruire la formazione delle prime due edizioni dell’Abcedario. Per una rassegna archivistica più precisa, si rimanda ad ORLANDI 2005, note 11, 12, 13, 14, 17 nella già ricordata introduzione del Tinti. Per le edizioni orlandiane si veda anche SCHLOSSER 1999, p. 508. Notizie sull’Orlandi si ricavano anche da BOSI 1859, dove, nell’appendice, sono riportate le biografie di artisti bolognesi tratte dall’Abcedario; BUSCAROLI 1937, pp. 30-34; GRASSI 1979, p. 38; SCIOLLA 1984; SCIOLLA 1989 e SCIOLLA 1993, pp. 27-28; su esemplari dell’Abcedario chiosati da importanti personalità si veda NICODEMI 1956; VANNUGLI 1991; MAGRINI 1990 e MAGRINI 1994; sulle edizioni napoletane dell’opera, si veda MORISANI 1941 e MORISANI 1951, come trattato più oltre. Recentemente (PLANTENGA 2007) è stata condotta una tesi dal titolo Tra tradizione e innovazione: sulla vita e le 1
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registrare, nel corso del Settecento, tante critiche quante attestazioni di utilità. Angelo Comolli esclamava, circa ottanta anni dopo: «Io sfido tutte le opere stampate che esistono e che esisteranno a vantare tanti supplementi de’ supplementi, e aggiunte delle aggiunte, quanto ne vanta l’Abecedario pittorico2». Dell’utilità e dei limiti dell’opera se ne accorse presto lo stesso Orlandi, che nel 1719, sempre per i tipi bolognesi di Costantino Pisarri, presentò un’edizione aggiornata dell’Abcedario, notevolmente accresciuta e ampliata sia nelle voci biografiche che negli apparati: sulla struttura di questa seconda versione sono state elaborate, dopo la sua morte, tutte le «aggiunte delle aggiunte» ricordate precedentemente. L’Abcedario del 1704, con un elegante frontespizio dello Zannotti (Fig. 1), si presenta come un dizionario biografico nel quale, come asserisce l’autore, «compendiosamente sono descritte le Patrie, i Maestri, ed i tempi, ne’ quali fiorirono circa quattro mila Professori di Pittura, di Scultura e d’Architettura». Oltre alle voci biografiche, sia di artisti «antichissimi» che «antichi, moderni e viventi», disposte «in Alfabetto per maggior facilità dei Dilettanti» il testo è corredato, nella parte finale, da cinque tavole: la I, con la concordanza tra nomi degli artisti e relativi cognomi o soprannomi; la II, con una bibliografia dei libri riguardanti la pittura e le vite dei pittori e scultori; la III con l’indicazione dei volumi su prospettiva e architettura; la IV con i «libri utili e necessari a studiosi del disegno» e infine la V, forse la più preziosa, con le «Cifre, e Marche legate, e sciolte usate dagl’Inventori e dagl’Intagliatori nelle Stampe, con le spiegazioni loro».
Fig. 1 G.P. Zanotti, Antiporta di A.P. Orlandi, Abcedario pittorico, Bologna 1704.
attività culturali di Pellegrino Antonio Orlandi (1660-1727) e la composizione dell’Abcedario Pittorico (1704), conservata presso la biblioteca dell’Istituto Olandese di Firenze. 2 Citazione presente in COMOLLI 1788, p. 105; si vedano inoltre le pp. 94-105.
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L’edizione del 1719, dedicata a Crozat «Eccellente e Magnifico Amatore e Dilettante di Pittura Scultura e di altre belle Arti nella Real Città di Parigi» (Fig. 2), e generoso di informazioni sugli artisti francesi, presenta un ampliamento considerevole delle voci biografiche, aggiunte e correzioni di alcune biografie, un notevole aggiornamento bibliografico (circa 7 pagine in più di bibliografia sulla pittura e 1 di bibliografia di libri sull’architettura) e un’ulteriore appendice con «Notizie a chi professa il Disegno», comprensiva di una parte sull’incisione3.
Fig. 2 Frontespizio di A.P. Orlandi, Abcedario pittorico, Bologna 1719.
Già da una prima analisi sulla struttura complessiva dell’opera, si può facilmente comprendere l’estrema utilità che un testo del genere, in un unico tomo, agile e trasportabile ovunque, potesse rivestire per la fitta schiera di appassionati, conoscitori e dilettanti dell’epoca.
In una lettera datata 1714, inviata dall’Orlandi al Marmi (CAMPORI 1866, p. 180), si definisce questa parte aggiunta come «una bella serie di segreti per fare colori, vernici, pulire quadri e molte altre cose necessarie al pittore». Negli anni 1714-1719, dedicati all’accrescimento della II ristampa, Orlandi amplierà tale parte, come documentato da una lettera datata 7 giugno 1719: «Sono alla lettera P, e questa settimana ventura circa il fine entrarò nel R e la seguente sarò alle Tavole alle quali oltre alle tante aggiunte vi sarà ancora un’instruzione del modo di dipingere a fresco e secco: con gli avvertimenti necessarii particolarmente sopra i colori, che se l’intendono con la calcina, e il modo di purgarne e farne altri alieni da quella nel suo essere naturale. L’ho dedotto dalle pratiche del P. Pozzi, e qui l’ho consultato con i migliori e pratici frescanti figuristi e quadraturisti, e stimano che non sia per spiacere, per esser cosa di cui non ho trovato alcuno che ne parli ex professo a riserva del suddetto P. Pozzi» (CAMPORI 1866, p. 190). 3
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Dalla numerosa letteratura artistica biografica sorta capillarmente nel Seicento, nei centri regionali italiani come europei4, si era giunti alla fine del XVII secolo all’impresa di Baldinucci con le Notizie dei Professori del Disegno5: con un vastissimo lavoro di comparazione bibliografica delle fonti di storiografia regionale e d’Oltralpe, lo storico aveva estratto informazioni, o meglio notizie, utili ad inquadrare le figure di numerosissimi artisti, ampliate e corrette dalle «inchieste», dall’estesissima trama di relazioni intessuta nel corso degli anni con corrispondenti italiani ed europei. Le Notizie, nonostante le critiche di alcuni, godono subito di un largo successo: pubblicate, come è noto, in più tomi tra il 1681 e il 1728, raccolgono molteplici vite di artisti italiani ed europei, divise per annali. Prendendo spunto anche dal lavoro di Baldinucci, una delle principali fonti dell’Abcedario, Orlandi prosegue, seppur con una diversa conoscenza della materia, il lavoro di estrazione di informazioni dai testi di storiografia regionale, realizzando in un unico volume un compendio stringato delle vite dei pittori, non più divise cronologicamente, ma con mentalità già enciclopedica6 in ordine alfabetico. La selezione delle notizie, che risponde a una precisa struttura con cui sono compilate le voci orlandiane (nascita, patria, maestri, opere principali, morte) è ampliata dalle informazioni raccolte tramite corrispondenza epistolare, sia di artisti contemporanei, che gli scrissero numerose lettere autobiografiche7, che di conoscitori ed eruditi dell’epoca8. Alcune di queste lettere, inviate dall’Orlandi ad Anton Francesco Marmi tra la prima e la seconda edizione, permettono di ricostruire, seppur in piccola parte, la formazione della seconda versione dell’alfabeto orlandiano e le finalità dell’opera. Marmi è il corrispondente fiorentino dell’Orlandi, colui che, tra il 1714 e il 1719, segue da vicino la ristampa dell’Abcedario, fornendo informazioni sui fiorentini viventi, correggendo eventuali errori dell’autore sugli artisti toscani del passato e inviando preziose note desunte dagli zibaldoni baldinucciani ancora manoscritti. Altri corrispondenti sono presenti a Roma, dove ha ricevuto informazioni «su virtuosi professori»; in Olanda, dove gli chiedono di ritardare la stampa per potervi inserire anche numerose vite degli artisti olandesi, dal momento che «Houbraken […] incessantemente travaglia per dare alla luce le vite di quei pittori, ma non è possibile il farlo dopo sei mesi che ho aspettato9». Uno altro dei corrispondenti principali è Crozat da Parigi, che gli invia notizie sui pittori francesi, che lo esorta a rendere più completa l’opera inserendo un numero maggiore di pittori inglesi e olandesi tratti dal testo di De Butron10: per aiutare il padre maestro, si è perfino lanciato in una traduzione francese del testo, All’interno della vastissima ed eterogenea bibliografia sull’argomento si rimanda al sempre valido testo di Schlosser (SCHLOSSER 1999, libri settimo e ottavo) e al saggio di Paola Barocchi (BAROCCHI 1979), soprattutto pp. 35-59. Per un primo approccio ai testi si veda l’antologia presente in SCIOLLA 1984. 5 L’edizione di riferimento delle Notizie è BALDINUCCI 1974-1975; si veda inoltre BAROCCHI 1976, pp. 17 e sgg.; BAROCCHI 1979, pp. 60-78. 6 Il carattere enciclopedico dell’opera, sia per l’ordine alfabetico, sia per la presenza di tavole finali in appendice corredate da più indici tipologici, è stato recentemente sottolineato da Paolo Tinti (ORLANDI 2005, p. VIII): «Nell’articolazione complessa della struttura, nell’esattezza del metodo compositivo, nella stratificazione dei livelli di fruizione del testo, nel rapporto con le fonti, nell’allestimento di apparati indicali differenziati e integrati, persino nella presentazione tipografica, il frate anticipò nell’Abcedario alcuni tratti caratteristici dei successivi annali tipografici». 7 Oltre al fascicolo conservato nella Biblioteca Universitaria di Bologna (vedi nota 1) si veda FRATI 1912, che aveva commentato un gruppo di lettere utili alla stesura della prima edizione orlandiana, e SCIOLLA 1989. 8 Oltre a quelle presenti nella raccolta del Bottari, si rimanda al nucleo di quindici lettere, spesso dimenticato dagli studiosi, ma di notevole rilevanza per questa ricerca, riportato dal Campori (CAMPORI 1866, pp. 179-190). Si tratta di una serie di missive conservate nell’allora Biblioteca Magliabechiana (non è indicata dall’autore la collocazione esatta del fascicolo) inviate tra il 1714 e il 1719 da «l’autore del primo Abcedario biografico degli artisti che si sia pubblicato in Italia» ad Anton Francesco Marmi. Da tali lettere si ricavano numerose informazioni anche sugli altri corrispondenti dell’Orlandi, come Crozat. 9 Lettera di Orlandi a Marmi (4 ottobre 1718), in CAMPORI 1866, p. 185. 10 DE BUTRON 1606. Gabburri, al contrario, utilizzerà il testo per le sue Vite (si veda a tal proposito il contributo Bibliografia gabburriana nel presente numero di «Studi di Memofonte»). 4
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che tuttavia non riuscirà a terminare in tempo11. Crozat, che subito intuisce l’estrema utilità dello schema orlandiano, tanto da averne già ordinate 50 copie da Parigi12, sembra pungolare l’Orlandi nel tentativo di dare un respiro più europeo all’opera: M’avvisa ancora da Parigi in questo ordinario Monsu di Crosat esservi pochi Olandesi, Inglesi e Spagnuoli, rispondo che Butron ha stampato in lingua spagnola i suoi, Rickesen in lingua fiamminga i nazionali e Houbraken pittore in Amsterdam altri, ma quei diavoli di linguaggi m’hanno fatto battere la testa per i muri a cavare i piedi per qualcheduno, e a trovare traduttori che ciò facciano, onde sarò degno di compatimento13.
Sfortunatamente per Crozat, Orlandi non riuscirà ad inserire le voci di numerosi artisti stranieri, né di altri che gli sono giunti quando già la seconda edizione era in corso di stampa. L’autore, tuttavia, non sembra dolorsene: le numerose lacune nell’Abcedario, che saranno poi ben individuate e colmate in parte nelle Vite del Gabburri, non nascono da una scelta critica dello scrittore, ma da eventi esterni connessi alla lentezza nella spedizione delle informazioni, all’impossibilità di leggere testi che non siano in italiano o in francese, al necessario lavoro di sintesi che si è imposto l’autore. Da quando ha reso nota la volontà di ristampare l’opera, notizie e appunti su artisti di tutta Europa hanno assalito il padre priore, che nella quiete del proprio convento incessantemente lavora per perfezionare il suo compendio: «veda lei in quali imbrogli io mi trovo -confessa sempre Orlandi al Marmi- perché si è saputo per tutto questa ristampa: ogni cognizione per verità mi è cara, ma si stancherebbe ognuno che scriva quando mai si viene al fine14». E «venire al fine» è l’obiettivo ultimo dell’Orlandi: consapevole che l’opera appena stampata sarà già suscettibile di variazioni15 ed aggiunte, non si cura che le vite rispondano, come si era prefissato probabilmente il Gabburri, ad un principio di assoluta completezza. Tra il 1718 e il 1719 Orlandi riceve numerosissime biografie che non riesce ad inserire perché la stampa del testo è già in corso: come spiega lui stesso nelle lettere, se il nome o il cognome del pittore iniziano per una lettera che è già stata impressa (procedendo la stampa dalle prime pagine fino alle ultime) la vita dell’artista non può essere inserita, in quanto lo scrupolo maggiore dell’autore, più del contenuto, riguarda la struttura dell’opera. L’Abcedario deve infatti rispondere necessariamente a due requisiti: l’ordine alfabetico e la sintesi schematica di ogni voce: Sa Iddio se vorrei soddisfare a tutti e non rendermi debitore ad alcuno, ma il conservare l’opera mia con l’ordine intrapreso me lo proibisce. Se volessimo cercare quanti ne ha tralasciati il Baldinucci e tanti altri autori staressimo bene16 -e, in un’altra lettera- il mio libro è un compendio dell’opere dei pittori, altrimenti un tomo non sarebbe bastante a scrivere tutto17.
Lettera di Orlandi a Marmi (20 settembre 1714), in CAMPORI 1866, pp. 181-182: «Monsù di Crosat […] vorrebbe egli che notassi ancora alcuni olandesi e Inglesi che sono stampati nel libro di Butron nuovamente dato in luce in idioma inglese, ma la traduzione, la lontananza e il non mai venire al termine m’impediranno il farlo. Egli però mi farà l’onore di farli tradurre in francese». Nella successiva lettera del 10 dicembre 1714 (CAMPORI 1866, p. 182), il bolognese comunica: «Monsù di Crosat mi ha dispensato dall’aspettare la traduzione dall’Olandese e Inglese di quattro gran tomi in franzese, tutti concernenti alli pittori di quei contorni, perché vede che in un anno non è potuto venire al termine di quelli”. 12 Lettera di Orlandi a Marmi del 9 agosto 1718, in CAMPORI 1866, p. 184. 13 Lettera di Orlandi a Marmi del 9 agosto 1718, CAMPORI 1866, p. 184. 14 Lettera di Orlandi a Marmi del 4 ottobre 1718, CAMPORI 1866, p. 185. 15 Scrive Orlandi a Marmi il 26 novembre 1718, CAMPORI 1866, p. 185: «Il fare poscia dopo un’Appendice di quelli che non arrivano a tempo sarà opera d’altro scrittore, perché io non voglio rompere l’ordine del mio libro». 16 Lettera di Orlandi a Marmi del 10 dicembre 1714, CAMPORI 1866, p. 182. 17 Lettera di Orlandi a Marmi del 4 ottobre 1714, CAMPORI 1866, p. 184. 11
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Orlandi non errava su impianto e razionalità dell’opera, perché probabilmente queste sono all’origine del successo del suo Abcedario nel corso del Settecento, tanto da costituire quasi un genere letterario a sé18. Il contenuto delle biografie riportate è necessariamente costellato da errori, dovuti a una riproposizione di sbagli già presenti nelle fonti quasi mai verificate, carente di numerose biografie, velato da una capziosa polemica antivasariana: come abbiamo visto nella breve rassegna precedente, Orlandi raccoglie e gestisce un’ingente massa di informazioni sulla quale applica un tipo di selezione che porta a una schematizzazione delle notizie, ma non ad una scelta critica su artisti e loro operato19. Manca lo spirito di un’esegesi attenta e la ricerca di veridicità nei fatti, elementi che contraddistingueranno l’erudizione dei decenni successivi; tuttavia nell’opera orlandiana è già presente quella tensione che Martino Capucci, caratterizzando proprio la grande erudizione tra Sei e Settecento, definì «rinnovamento profondo del metodo»: Quel che più impressiona nella grande erudizione tra Sei e Settecento non è la mole del lavoro compiuto, ma la qualità, la tensione morale, il metodo che governa quel lavoro. […] Non è un caso, ha osservato un grande studioso [Ernst Cassirer] che Bayle scelga la forma del dizionario, che “contrariamente allo spirito di subordinazione che governa i sistemi razionali, mette in puro
I giudizi sull’Abcedario orlandiano, soprattutto negativi, proliferano nel corso del Settecento; l’accanimento dei commenti si spiega proprio alla luce dell’ossimoro creato tra straordinaria utilità del testo e mancanza di correttezza. La fortuna dell’opera, nell’accezione ambivalente di una vox media latina, si registra non solo nelle esponenziali ristampe e aggiunte, ma anche nei lucidi giudizi espressi da personalità come Lanzi e Cicognara tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. L’enfasi con la quale personaggi eminenti come Mariette e Gabburri deprecano l’Abcedario e, parallelamente, lo sforzo con il quale impiegano gran parte della propria vita a correggere e ampliare il testo, non permettono loro di elaborare un giudizio più fine e distaccato, come troviamo in Lanzi. Nella prefazione alla terza ristampa della Storia Pittorica, Lanzi apre una finestra sul secolo appena passato, mostrando come per arrivare alla sua Storia sia passato anche dalle Notizie e dagli Abbecedari, che, insieme ad altre fonti di natura eterogenea, consegnano i dati, da elaborare, filtrare e fermentare: «La storia pittorica ha i suoi materiali già pronti nelle tante vite che de’ pittori di ogni scuola si son divolgate di tempo in tempo; ed oltre a ciò ha de’ supplementi a tali vite negli Abbecedari, nelle Lettere Pittoriche, nelle Guide di più città, ne’ Cataloghi di più quadrerie, ed in altri opuscoli pubblicati in Italia or su di un artefice o di un altro» (LANZI 1968, p. 3). Nel giudizio di Lanzi l’alfabeto pittorico assume lo statuto di genere, da non disprezzare, ma al quale non si può né si deve chiedere principi di criticità e completezza. L’evoluzione dell’Abcedario nell’opera del Lanzi si concretizza nella realizzazione di un indice ragionato in appendice alla sua storia: «Or l’indice di quest’opera presenterà quasi un Nuovo Abbecedario Pittorico, più copioso certamente e forse meno scorretto degli altri, quantunque capace di essere migliorato molto, specialmente coll’aiuto degli archivi e de’ manoscritti»: (LANZI 1968, p. 12). Anche Cicognara, nel suo Catalogo ragionato dei libri d’arte e d’antichità (CICOGNARA 1821, pp. 371-375, in particolare p. 374), dedica una parte precisa agli abbecedari, che significativamente pone insieme non alle collezioni figurate o al genere biografico, ma ai dizionari. Scorrendo i testi inseriti alla voce «Dizionarj e Abecedarj», spesso chiosati da brevi commenti dell’autore, si percepisce non solo come Cicognara abbia inserito l’Abcedario orlandiano in un preciso genere di letteratura artistica, ma come nel corso del Settecento, tra l’Italia e la Francia siano proliferate opere con intenti e impianti simili. Colpisce che l’alfabeto orlandiano, descritto significativamente da Cicognara come un volume tratto «da tutte le opere Biografiche con molto cura […] divenne la più comoda fonte di simili notizie», sia la prima opera del genere da un punto di vista cronologico. 19 A tal proposito si rimanda alla chiave di lettura offerta sempre da Lanzi nella prefazione alla terza edizione della Storia Pittorica: «Quando le storie particolari son giunte a un numero che non si posson tutte raccorre né leggere facilmente, allora è che si desta nel pubblico il desiderio di uno scrittore che le riunisca e le ordine e le dia loro aspetto e forma di storia generale; non già riferendo minutamente quanto in esse trova, ma scegliendo da ciascuna ciò che possa interessare maggiormente e istruire: così avviene d’ordinario che a’ secoli delle lunghe istorie succeda poi il secolo de’ compendi»: (LANZI 1968, p. 3). Naturalmente il compendio orlandiano si basava, come sopra ricordato, sulla ricerca di un’ossatura di dati, scarnificando ancor più le notizie baldinucciane: indici, tavole, ordine alfabetico con pochi elementi per ogni artista convogliano negli sforzi, non pienamente raggiunti, di oggettività e divulgazione. L’impresa di Lanzi, un secolo più tardi, porterà nella direzione opposta: i dati materiali ricavabili dalla storiografia regionale, guide, opuscoli e abbecedari non sono il prodotto finale, ma gli elementi da cui partire per vagliare, collegare, discernere ed inserire le notizie in una rete critica di giudizi che prende il nome di «storia». 18
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Per una rilettura delle Vite gabburiane _______________________________________________________________________________ rilievo lo spirito della semplice coordinazione”. Non c’è nessuna gerarchia dei concetti, ma solo un semplice assieme di materie20.
Oltretutto Orlandi, pur sensibile al figurativo tanto da raccogliere in tredici volumi una collezione di ben 2880 ritratti incisi di uomini illustri21, non può considerarsi un conoscitore o dilettante d’arte alla stregua di un Crozat, Mariette, e lo stesso Gabburri. Nato e vissuto a Bologna tra il 1660 e il 1727, trascorse la maggior parte della propria vita nel convento di San Martino Maggiore, dedicandosi all’attività di studio e ricerca, che indirizzò in opere di respiro già enciclopedico: simili all’impianto dell’Abcedario, si presentano le sue Notizie di scrittori bolognesi e Origine e progressi della stampa22. Dopo tali considerazioni, doveroso è tuttavia mettere in risalto l’importanza, già riconosciuta all’epoca, della trattazione biografica secondo un ordine alfabetico e della presenza di tavole in appendice all’opera, che forse rivestono un valore maggiore delle informazioni contenute nelle vite degli artisti. Tale considerazione trova conferma nelle tipologie di ristampe che seguirono, dopo la morte dell’autore, a Firenze, Napoli e Venezia ed è utile per capire, nell’insieme, la struttura e le finalità dell’alfabeto gabburriano. A Firenze l’Abcedario pittorico fu ristampato nel 1731, 1776, 178823; a Napoli nel 1731, 1733 e nel 176324; a Venezia nel 175325. Interessanti anche gli utilizzi del volume in contesti
CAPUCCI 1968-69, p. 120. La collezione, ora dispersa, prendeva il nome di Museum Calcographicum Virorum quavis facultate memorabilium, ex aerea a vivum espressa repraesentans immagine num. 2880 (FANTUZZI 1788, p. 193). 22 Le Notizie degli scrittori bolognesi e delle opere loro stampate e manoscritte furono edite in Bologna nel 1714 sempre per Costantino Pisarri (ORLANDI 1714): anche questa opera, pur ristretta all’ambito bolognese, è strutturata secondo un ordine alfabetico nominale degli scrittori, seguita da sei tavole che indicizzano i dati contenuti o trattano schematicamente argomenti correlati (come la tavola dei cognomi o le «materie sopra le quali gli Scrittori Bolognesi hanno dati alle stampe libri»). L’Origine e progressi della stampa (ORLANDI 2005), forse l’opera più complessa dell’autore, è dedicata all’elenco degli incunaboli impressi in Europa dal 1457, raccolti sotto la città di stampa e, a sua volta, disposti per tipografo, editore o libraio (la suddivisione dipende dall’ordine cronologico delle prime edizioni pubblicate in ciascuna città). La prima parte conserva al suo interno numerose tavole di classificazione che comprendono un indice delle fonti utilizzate, tavole cronologiche e alfabetiche delle città, degli stampatori, librai, editori; la seconda, redatta in latino, offre il catalogo degli incunaboli esaminati nella prima parte, ma in ordine alfabetico per autore e titolo, corredati da un index finale che suddivide gli autori citati in trentuno grandi classi. 23 L’edizione fiorentina del 1731 fu stampata da Giorgio Ubaldi (ORLANDI 1731a) con dedica a Francesco Mura «eccellente e magnifico pittore napoletano»; quella del 1776 (ORLANDI 1776), arricchita e aggiornata dopo l’edizione veneziana curata dal Guarienti, prese il nome di Supplemento alla Serie dei Trecento Elogi o Ritratti degli Uomini i più Illustri in Pittura, Scultura, Architettura, o sia Abecedario Pittorico dall’origine delle Belle Arti a tutto l’anno MDCCLXXV e fu pubblicata, in due parti, come XIII e ultimo tomo della Serie degli Uomini i più Illustri nella Pittura, Scultura e Architettura con i loro Elogi e Ritratti incisi in rame, cominciando dalla sua prima Restaurazione fino ai Tempi Presenti (a tal proposito si veda PELLEGRINI 2006 e GRISOLIA 2008); l’edizione del 1788 è la ristampa del Supplemento del 1776 ad opera di Gaetano Cambiagi, il quale nella prefazione spiega come abbia deciso di farne una nuova edizione separata dai 12 tomi che costituivano l’opera intera: «ho creduto bene di levargli il postole titolo di supplemento ec., e porvi il suo vero di Abecedario Pittorico col nome del suo primo autore, per essere un’opera che può stare separata anco dai detti Elogi a vantaggio dei Dilettanti delle Belle Arti, che sotto brevità possono ad ogni occorrenza vedere le notizie di qualunque professore che le abbisognasse riscontrare» (ORLANDI 1788, p. I). 24 L’edizione napoletana del 1731 fu edita da Angelo Vocola con l’aggiunta di voci biografiche di Antonio Roviglione (ORLANDI 1731b); quella del 1733 (ORLANDI 1733) fu dedicata a Francesco Solimena dal nuovo editore Niccolò Parrino; l’edizione del 1763 è identica alla precedente se non per la diversa data riportata (ORLANDI 1763). Per le edizioni napoletane dell’Abcedario si veda MORISANI 1941 e MORISANI 1951. 25 A Venezia l’Abcedario fu ristampato da Giambattista Pasquali con le aggiunte di Pietro Guarienti (ORLANDI 1753). 20 21
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d’Oltralpe26, nonché i numerosi esemplari chiosati -e mai dati alle stampe- appartenuti a personalità di spicco27. Prendendo in esame le precedenti ristampe, tranne quelle fiorentine della fine del secolo, notiamo come l’impianto dell’opera sia complessivamente rispettato: gli ampliamenti riguardano le vite dei pittori, ma sono conservati la rigidità dell’ordine alfabetico e la serie di tavole in appendice. Osservando le tre edizioni napoletane, che sostanzialmente non differiscono molto l’una dall’altra, si registra come la struttura dell’opera orlandiana sia interamente conservata: presenti alcune aggiunte ma il contenuto delle vite redatte dall’Orlandi è intatto, come lo sono le tavole in appendice al testo. Nell’edizione del 1731, che come vedremo sarà quella utilizzata dal Gabburri per l’ampliamento del suo Abbecedario, compare una significativa aggiunta posta al termine delle vite orlandiane: tali biografie, redatte dal napoletano Antonio Roviglione, riflettono naturalmente il milieu di provenienza dell’edizione, andando a tracciare le biografie di artisti napoletani e stranieri, con inclusione di alcuni romani e fiorentini. Segue «la ristampa della ristampa»: due anni dopo esce una nuova edizione, molto simile alla precedente, ma con la variazione di una dedica e lunga biografia a Solimena e alcune vite aggiunte nell’appendice inserita nel 1731. L’edizione del 1763 è una ristampa identica a quella del 1733: anche in questa, come nelle precedenti, struttura dell’opera, ordine alfabetico, vite orlandiane e tavole finali rimangono inalterate (Fig. 3).
Nelle Notizie degli scrittori bolognesi del Fantuzzi (FANTUZZI 1788, p. 193) si legge: «Il Padre Cosmo de Villiers ci fa sapere che l’Abcedario Pittorico fu tradotto in inglese e stampato a Londra nel 1730, in 8. Avverte egli inoltre che, nel Dictionaire del Monogrammes, Chiffres […] traduit de l’Allemant de M. Christ, professeur dans l’Université de Leipsick et augumenté de’ plusieurs supplmens par M […] de l’Acad.Imp et de la Societé Royale de Londres, e stampato a Paris chez Sebastien Jorry 1750, avverte, dissi, che l’anonimo traduttore francese al suddetto Dizionario aggiunse Monogrammatum Notas et Notarum explicationem ex Abcedarii Pictorici Libro desumptam» Se nella ristampa francese del Dizionario del Christ era inserita una parte specifica dall’Abcedario, ovvero le tavole con i monogrammi, anche quella che il Fantuzzi nomina come «traduzione inglese dell’Orlandi» è in realtà un estratto dell’opera, ovvero proprio quella afferente l’arte incisoria. Il volume, oggi raro e prezioso, fu stampato col titolo di Repertorium sculptile-typicum: or a complete collection and explanation of the several marks and cyphers by which the prints of the best engravers are distinguished. With an alphabetical index of their names, places of abode, and times in which they lived. translated from the Abcedario Pittorico of Pellegrini Antonio Orlandi. London: s.g. for Sam. Harding, 1730. Una ristampa del Repertorium, intitolata Sculptura-Historico-Technica, the History and Art of Ingraving, fu edita nel 1747 in un volume che collazionava, oltre al contributo tratto dall’Orlandi, anche passi dal Baldinucci, da Florent Le Comte e da altri autori. La fortuna dell’Abcedario in contesti stranieri ha dimensioni considerevoli, tanto da meritare ulteriori approfondimenti. In questa sede si segnala semplicemente che, oltre alle traduzioni vere e proprie di alcune parti, si registrano utilizzi eterogenei dell’opera in alcuni testi di letteratura artistica del Settecento. Curiosa, ad esempio, è l’informazione riportata dallo stesso Orlandi in una delle lettere al Marmi (Lettera del 19 novembre 1718, CAMPORI 1866, p. 186) riguardo al volume di Richardson: «Il sig. Richardson di Londra famosissimo ritrattista mi ha favorito del suo libro stampato in Londra nel 1715 intitolato Saggio sopra la teorica della pittura; ma è in linguaggio inglese. Nel fine poi del libro ha compilato dal mio Abecedario e descritti secolo per secolo i Pittori che fiorirono in quelli, gli anni di età e loro maestri […] non capita inglese a Bologna che non lo mandi da me con mille saluti». In ambito francese, dove nella seconda metà del XVIII secolo germogliano infiniti dizionari ed enciclopedie, si segnala a titolo esemplificativo che nella prefazione del Dictionnaire des artistes di Fontenai, si ricorda come fonte utilizzata l’Abcedario Pittorico: preziose, secondo l’autore, le informazioni relative agli scultori (FONTENAI 1776, pp. VII-VIII). 27 Tra gli esemplari chiosati si ricorda quello di Sebastiano Resta (a tal proposito si rimanda a NICODEMI 1956, che nel suo contributo ha trascritto anche le notazioni originali del pittore e VANNUGLI 1991), quello di Venanzio de Pagave appartenuto al Cicognara (MAGRINI 1990) e quello del conte Giacomo Carrara che avrebbe dovuto vedere la stampa per i tipi di Giambattista Pasquali, già editore della ristampa veneziana (per le vicissitudini dell’opera si rimanda a MAGRINI 1994). 26
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Fig. 3 Frontespizio di A.P. Orlandi, Abcedario pittorico, Napoli 1763.
Andando ad analizzare brevemente l’edizione veneta del 1753, curata da Pietro Guarienti28, si nota un tentativo maggiore di ampliamento e correzione, ma, anche in questo caso, la struttura dell’opera rimane la stessa. Le tavole nella parte finale non vengono ampliate ma riproposte come nella lontana edizione del 1719: solo la parte relativa alla bibliografia è considerevolmente ampliata, anche perché, in trentaquattro anni, erano proliferati numerosissimi testi di letteratura artistica e di periegetica. La novità dell’edizione veneta risiede nel fatto che le numerose vite aggiunte si collocano in ordine alfabetico (evidenziate da un piccolo simbolo) inframezzate a quelle dell’Orlandi e che, in alcuni casi, vi sono delle note finali in corsivo, a mo’ di chiosa, che chiudono alcune vite orlandiane. Tali novità si spiegano alla luce della dedica a Federico Augusto III, re di Polonia, elettore di Sassonia ed artefice della straordinaria collezione di Dresda (Fig. 4): le vite aggiunte sono dei pittori dei quali Pietro ha potuto ammirare le opere nella collezione reale; le notazioni aggiungono informazioni di natura collezionistica, in quanto il Guarienti registra che il tal dipinto o scultura è stato da lui ammirato presso la collezione di Dresda o nelle dimore di altri signori. La natura delle aggiunte, quindi, non va ad alterare o emendare le voci biografiche orlandiane: si tratta di piccole addizioni, ma gli eventuali errori di Orlandi o il necessario aggiornamento nelle vite dei contemporanei non è applicato. Ancora nel 1753, Gherardini e Gabbiani erano riportati come viventi. Pietro Guarienti, curioso personaggio a metà tra l’artista e il mercante, era nato a Verona nel 1678 e, dopo varie vicissitudini, nel 1746 viene nominato ispettore della Regia Galleria di Dresda. Per un profilo più approfondito si rimanda a MAGRINI 1994, pp. 284-285. 28
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Fig. 4 Frontespizio di A.P. Orlandi, Abcedario pittorico, Venezia 1753.
Questa rassegna sulle prime ristampe dell’Abcedario pittorico può essere utile per capire il valore o meno dell’impresa di Gabburri, che, pur inserendosi nella tradizione degli alfabeti e delle ristampe orlandiane, presenta una struttura ibrida e significativa della cultura del personaggio e del suo entourage. Come è noto, il manoscritto delle Vite, conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze e quasi sicuramente approdato in Palatina attraverso l’acquisizione della biblioteca di Gaetano Poggiali29, si compone di quattro tomi rilegati, per un totale complessivo di circa 2500 carte Riguardo alle vicissitudini del manoscritto dopo la morte di Gabburri, si possono ricostruire in parte le tappe prima dell’arrivo nella Palatina. Nel 1782 apparteneva ancora ai della Stufa, eredi diretti della famiglia Gabburri, secondo quanto racconta Giuseppe Pelli Bencivenni nelle sue Efemeridi il 21 agosto 1782: «Doppo il Guarienti, che accrebbe l’Abecedario pittorico del padre Orlandi, non si è veduto nulla di quanto vi aggiunse il cavalier Gabburri, i di cui scritti sono in casa Stufa» (EFEMERIDI, consultabili, fino all’anno 1782, alla pagina www.bncf.firenze.sbn.it/pelli/it/progetto.html). Nel 1803 il manoscritto era in possesso di Filippo Piale, che lo inviò a Parma dall’abate Zani che stava compilando la sua Enciclopedia delle Belle Arti (ZANI 1819, p. 41). Di estremo interesse è invece la preziosissima segnalazione riportata in una nota -passata inosservata agli studiosidi un’edizione del 1829 della Vita di Benvenuto Cellini (della quale, tra l’altro, Gabburri possedeva uno dei manoscritti) curata da Francesco Tassi. In una nota del commento si ricorda l’ultimo possessore del manoscritto: «Il Gabburri nelle Vite MSS. dei Pittori, Scultori ed Architetti, possedute già dal rinomatissimo bibliografo Gaetano Poggiali e passate quindi nell’I. Palatina […]» (CELLINI 1829, p. 102, nota 1). Gaetano Poggiali, bibliografo e collezionista di preziosi manoscritti, nonché amico e collaboratore di Giuseppe Molini, futuro bibliotecario della Palatina, morì nel 1816 e poco dopo la sua biblioteca passò per intero nella Palatina, secondo quanto ricordato anche dal volume del 1854 Intorno ad alcune opere di Leonardo Pisano matematico del secolo decimo terzo, dove in una nota si racconta come «nel 1819 Ferdinando III Granduca di Toscana acquistò dagli eredi del Signor 29
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(comprese le numerose carte bianche); nella costola dei volumi è presente la dicitura «Vite di Pittori». L’opera del Gabburri si presenta come un dizionario delle vite degli artisti elencati per nome e non per cognome; le biografie sono precedute da un lungo elenco dei cognomi degli artisti, seguiti dall’indicazione del nome corrispondente ritrovabile nel manoscritto. Le Vite sono quindi divise per lettere; a seguire di ogni lettera, si ritrovano numerose ulteriori carte che costituiscono gli Aggiunti a ciascuna lettera, secondo quanto espresso nell’intestazione delle varie carte dallo stesso autore. Assenti tavole finali o appendici. Ogni carta è scritta sulla mezza colonna di destra, mentre la sinistra è dedicata a notazioni aggiuntive stese in un momento successivo, relative alla voce biografica della colonna destra. Una prima comprensione della struttura del manoscritto e di come sia stato organizzato dall’autore, è utile per spendere considerazioni relative alla cronologia e a riflessioni ulteriori di ordine più generale. Per quanto attiene alla data di inizio stesura, non sappiamo con esattezza quando Gabburri iniziò a maturare l’idea di realizzare un alfabeto pittorico e a collazionare informazioni sulle vite dei pittori: i numerosi contributi sulla figura del Gabburri 30 avanzano alcune considerazioni, connesse poi alla datazione delle vite. La cronologia sulla fatica letteraria del Gabburri spesso si è affidata al contributo di Fabia Borroni Salvadori31, che collocava le Vite tra il 1719 e il 1741, adducendo come prove che molte volte nel manoscritto era ripetuta la seguente frase: «vive felicemente […] nel 1719». Spesso la bibliografia posteriore ha replicato, quasi come una convenzione già stabilita, la datazione offerta dalla studiosa, mentre in altri casi sono state avanzate ipotesi discordanti con tale versione32. Gaetano Poggiali una ricca collezione di manoscritti già posseduti dal medesimo Gaetano Poggiali e della quale facevano parte molti manoscritti già appartenuti alla Biblioteca Guadagni di Firenze. Questa collezione fu posta dal Granduca Ferdinando III nell’I. e R. Biblioteca Palatina, ov’essa ancora si conserva» (BONCOMPAGNI 1854, p. 337, nota 3). Ulteriori prove sul possesso delle Vite da parte del Poggiali sono dovute in primis al fatto che la stima della biblioteca Poggiali fu condotta proprio da quel Francesco Tassi che curò l’edizione celliniana (si veda il documento sulla stima conservato in BNCF: MANOSCRITTI POGGIALI); in seconda analisi alcuni manoscritti di letteratura artistica appartenuti a Gabburri erano parte della biblioteca Poggiali (si veda a tal proposito il contributo sulla Bibliografia gabburriana nel presente numero di «Studi di Memofonte»). Nella consultazione del manoscritto non sono passate inosservate alcune notazioni laterali (rare, presenti soprattutto nel primo volume), stese con grafia diversa e individuabili da un segno di aggiunta mai utilizzato da Gabburri, con le quali si segnala la presenza di un altro manoscritto, probabilmente delle Vite. Solitamente sono chiose molto brevi nelle quali si appunta la discordanza di informazioni tra il manoscritto in questione e un’ulteriore possibile versione menzionata semplicemente come «altro manoscritto». Ovviamente tali notazioni a margine, registrate, forse, da uno dei possessori o da chi come l’abate Zani, si servì del manoscritto, suscitano curiosità e, nello stesso tempo, chiedono verifica. 30 Il profilo del Gabburri è stato tratteggiato da Fabia Borroni Salvadori, che per prima ha pazientemente perlustrato il manoscritto delle Vite: anche se la datazione offerta dalla studiosa si è rivelata in parte errata, tale studio rimane sempre un documento di riferimento sull’opera dell’erudito (BORRONI SALVADORI 1974a); altri contributi più recenti hanno aggiunto nuovi dati e inserito il personaggio nel milieu artistico dell’epoca (vedi a tal proposito le voci redatte da MONBEIG GOGUEL 1996 e PERINI 1998 e gli ampi saggi di ZAMBONI 1996 e BARBOLANI DI MONTAUTO 2006). Numerosi altri studi hanno approfondito aspetti diversi della personalità di Gabburri (TURNER 1993; TURNER 2003; BARBOLANI DI MONTAUTO -TURNER 2007); alcuni sulla sua attività all’interno dell’Accademia del Disegno e quindi come espositore nelle mostre fiorentine (BORRONI SALVADORI 1974b e BORRONI SALVADORI 1982). Altri saggi, concentrati su argomenti tangenti al Gabburri, hanno contribuito a mostrare la rete di rapporti intessuta dall’erudito: a tal proposito si rimanda a BANDERA 1978a e 1978b; COLEMAN 2002 e GRISOLIA 2008. Per una rassegna completa delle fonti coeve dove è ricordato il Gabburri, si rimanda alla puntuale ricognizione bibliografica nella voce del DBI (PERINI 1998, pp. 8-9). 31 BORRONI SALVADORI 1974a. 32 Negli ultimi anni alcuni studiosi hanno evidenziato come la stesura delle Vite si sia probabilmente concentrata negli anni ’30, adducendo come prova il celebre scambio di lettere datato 1732-33 tra Gabburri e Mariette. Il primo a ipotizzare tale cronologia era stato Ugo Procacci in un lontano contributo spesso dimenticato dagli studiosi (PROCACCI 1954); in seguito anche BANDERA 1978a e 1978b; TOSI 1990; SPIKE 1993; PERINI 1998 hanno seguito tale direttrice. In questo contributo si è cercato di offrire una datazione più precisa e certa in
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Da una comparazione capillare tra le voci biografiche del Gabburri e quelle dell’Orlandi, si nota come le Vite siano una bozza di ristampa orlandiana, ma con un ampliamento di voci e di aggiunte mai registrato precedentemente. La prima parte di ogni voce è ricalcata dall’Abcedario dell’Orlandi: ma per distinguere i propri contributi originali da quelli ricopiati dal padre bolognese, Gabburri sottolinea le aggiunte, facilitando anche gli studiosi nell’individuazione delle parti nuove da quelle già stampate nell’Abcedario. Andando ad analizzare sul manoscritto e parallelamente, sul testo orlandiano, i casi in cui è presente l’informazione «vive nel presente anno 1719», si registra come tale affermazione sia in realtà una copia dalle voci orlandiane. La Borroni riportava come probabilmente fosse stato il Mariette a dare informazioni nel 1719 su Nicolas Bertin, Nicolas Cousou, Nicolas de Largillière: in realtà tali voci, con l’indicazione delle opere che servono per datare lo scritto intorno a quell’anno, sono già presenti nella seconda versione dell’Abcedario e probabilmente si devono alla generosità di Crozat, che, come abbiamo precedentemente visto, è il maggior informatore di Orlandi sugli artisti d’Oltralpe e soprattutto francesi. Anche per gli altri esempi riportati dalla studiosa, come Pompeo Agostino Aldobrandini che «vive felicemente a Roma nel 1719 dove non gli mancano nobili impieghi» o Rinaldo Botti che nel 1719 «sta travagliando» nel salone di casa Salviati, valgono le considerazioni spese per gli artisti francesi: tali informazioni sono già presenti nell’Abcedario pittorico del 1719. Sempre in una lettera a Marmi, Orlandi rassicura di inserire la voce riguardante proprio Rinaldo Botti: «Se poi Rinaldo Botti e Tonnelli sono sul buon gusto non mi ritiro dal servirli: dico bene che per i Signori Fiorentini vi vorrebbe un libro apposta, e la briga che lei si prende è molto laboriosa ed io ne confesso eterne obbligazioni33». In numerosi altri casi, lo scrupoloso Gabburri, quando scrive, parafrasando l’Orlandi, notazione del tipo «Vive ora», aggiunge poi sempre l’indicazione della data alla quale risale l’informazione: valga per tutti l’esempio di Gioseffo Antonio Castelli e Giacomo Lecchini che «vivono in Milano, cioè nel 1719 quando scrisse il padre maestro Orlandi». La parte del manoscritto gabburriano riguardante gli Aggiunti a ciascuna lettera, riportano invece voci biografiche non presenti nell’Abcedario e risultano prive di sottolineatura: in questo caso il Gabburri non ha evidenziato le parti copiate da quelle aggiunte, in quanto il testo di tutte le biografie non è desunto dall’Abcedario orlandiano. In realtà alcune di queste voci presenti negli Aggiunti sono una copia da una precisa edizione dell’Abcedario: quella napoletana del 1731. A rivelarlo è lo stesso Gabburri, sempre puntiglioso e scrupoloso nel segnalare la bibliografia consultata: per tutte le voci riportate da questa edizione, Gabburri ricorda che l’informazione è tratta da «Angelo Vocola, nell’aggiunta all’Abcedario pittorico del padre maestro Orlandi, ristampato in Napoli nel 1731». Tale notazione è particolarmente significativa perché probabilmente l’autore, nel momento in cui scrive il suo Abcedario, ha davanti tale edizione34; edizione che conserva per le biografie orlandiane il testo del 1719, con la sola differenza delle aggiunte in fondo di alcune vite. Angelo Vocola non è l’autore delle aggiunte, ma l’editore; l’autore è Antonio Roviglione, che frequenta la bottega del Solimena e per questo riporta in questa aggiunta notazioni originali soprattutto per i pittori della scuola del maestro35. L’utilizzo di tale edizione da parte del Gabburri comporta riflessioni sia riguardo la cronologia del manoscritto che gli interessi del collezionista inseriti nella cultura artistica base a prove oggettive; le lettere tra i due eruditi sono state utilizzate come elemento di partenza per delineare un profilo più dettagliato riguardo alle fasi di stesura del manoscritto. 33 CAMPORI 1866, p. 181. 34 Quasi sicuramente Gabburri non conosceva l’edizione napoletana del 1733, che differisce da quella del 1731 per la lunga vita del Solimena in apertura dell’opera: infatti nella biografia del Solimena scritta dal Gabburri nelle sue Vite non sono riportate le informazioni contenute nell’Abcedario del 1733. 35 Si veda a tal proposito MORISANI 1941 e MORISANI 1951.
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dell’epoca. In quel periodo Napoli sta crescendo come centro editoriale36, gli artisti napoletani diventano sempre più rilevanti, soprattutto nel contesto fiorentino37, ma ancora nei primi decenni del 1700 non era presente una trattazione esaustiva e organica delle vite dei pittori partenopei. Gabburri, come possiamo registrare dalle citazione bibliografiche presenti nella sua opera, riesce a collazionare o anche solo visionare un numero veramente rilevante di testi di letteratura artistica, molti di questi appena stampati o rari, arrivando a coprire tutte le aree geografiche di interesse, dalla Spagna all’Inghilterra, dalla Francia all’Olanda, mentre per l’Italia l’accuratezza e la precisione comporta addirittura guide o manoscritti di città più piccole, come Messina o Volterra. Per Napoli la situazione era meno rosea, Gabburri dispone principalmente della guida del Sarnelli; per la vita del Giordano ha recuperato l’ampia biografia presente nella ristampa napoletana delle vite del Bellori del 172838, ma le Vite del De Dominici iniziano ad essere edite sono nel 174239 e quindi le aggiunte con alcune voci di napoletani presenti nell’Abbecedario del 1731 dovettero sembrare rilevanti alla penna del Gabburri, dal momento che anche a Firenze era stata pubblicata un’edizione nel 1731. Da un punto di vista cronologico, invece, l’indicazione dell’edizione consultata può essere uno spunto per cercare di datare più precisamente l’opera. Sicuramente le carte con «Aggiunti alla lettera …», presenti a seguito di ogni lettera, sono posteriori al 1731, in quanto le voci provenienti dall’edizione napoletana dell’Abcedario sono perfettamente inframezzate tra le altre vite nella mezza colonna scritta a destra; mai se ne rileva la presenza nella colonna a sinistra, dedicata alle notazioni aggiunte successivamente nel corso degli anni. Per le altre parti del manoscritto, cioè la parte più ingente, che presenta, lettera per lettera, la riproposizione delle vite orlandiane considerevolmente ampliate ed emendate, possiamo intanto individuar un termine post-quem: il 1719, in quanto, come abbiamo visto, le Vite copiano il testo della seconda versione dell’Orlandi. Analizzando il catalogo della biblioteca gabburriana del 172240, che elenca i testi di letteratura artistica posseduti fino a quella data, è riportata l’edizione dell’Abcedario pittorico del 1704, ma non quella del 1719: se avesse iniziato a stendere le Vite in quegli anni, sarebbe risultato molto strano che il nostro erudito non possedesse l’edizione dalla quale ha tratto le sue fatiche. Molto probabilmente Gabburri ha posseduto quella del 1704 e poi quella del 1731, che, come abbiamo detto più volte, nella parte delle voci biografiche è identica a quella del 1719: è verosimile quindi che Gabburri non abbia iniziato a stendere le sue Vite prima del 1731. Incrociando tali ipotesi con le informazioni ricavabili dal celebre scambio di lettere Gabburri-Mariette tra l’ottobre del 1732 e il giugno del 1733 si evidenzia come proprio in quel Chiara Zamboni nel saggio del 1996 segnalava il ritrovamento di un archivio privato di Gabburri fino a quel momento sconosciuto (oggi, almeno in gran parte, nella Fondation Custodia a Parigi; per ulteriori approfondimenti si consiglia il contributo di Nastasi nel presente numero di «Studi di Memofonte», nota 4: tra le mille informazioni ricavabili, interessante è la notizia di una serie di documenti che attestano la corrispondenza di Gabburri con i principali librai di Napoli, Venezia, Bologna, Roma e delle relative ricevute d’acquisto (ZAMBONI 1996, p. 44). 37 A tal proposito si ricorda che la ristampa fiorentina dell’Abcedario (ORLANDI 1731a) a cura di Giorgio Ubaldi era dedicata proprio a un pittore napoletano, ovvero Francesco Mura. Per quanto riguarda la fortuna dei pittori napoletani a Firenze dalla fine del Seicento si ricorda la precoce segnalazione di Longhi (LONGHI 1956), colpito dalla prevalenza di pittori partenopei nella collezione di Andrea e Lorenzo Del Rosso, nonché la recente mostra dedicata alla Pittura napoletana del Seicento nelle collezioni fiorentine (FUMAGALLI 2007). Per un approfondimento del tema e una rassegna bibliografica più ampia, si veda il sito della Fondazione Memofonte nella pagina dedicata alla collezione Del Rosso, all’interno della sezione Collezioni toscane dei Secoli XVI-XIX (www.memofonte.it). 38 Per la rassegna delle fonti, edite e manoscritte, utilizzate da Gabburri per stendere la sua opera si rimanda al contributo Bibliografia gabburriana nel presente numero di «Studi di Memofonte». 39 DE DOMINICI 1742-1744. 40 A tal proposito si veda DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722. 36
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preciso momento Gabburri comunicasse all’erudito francese la volontà di far ristampare l’Abcedario: Se non è un abusarsi della vostra gentilezza, mi avanzerei a pregarvi che mi faceste il favore di farmi una nota dei pittori, scultori, architetti e intagliatori in rame, che ora vivono in Francia, indicando la nascita e il loro valore, con quelle particolarità che a voi parranno più proprie, ma nel medesimo tempo con la maggior brevità che sia possibile, pensando io di far ristampare l’Abbecedario Pittorico del padre Orlandi, con tutto che sia stato ristampato adesso in Napoli con delle aggiunte.41
In risposta, Mariette elogia i propositi, affermando: Sarebbe in verità molto opportuno che una persona intelligente come voi si pigliasse la cura d’una nuova edizione dell’Abbecedario Pittorico dell’Orlandi. Questo è un libro utile ma che è tanto pieno di sbagli, che non se ne può fare uso nessuno, se non si hanno i libri originali che egli cita. Gli estratti che egli ne dà sono per la maggior parte infedeli e tronchi; e inoltre vi manca un’infinità di cose. Io avevo disegnato di tradurlo in franzese, ma la difficoltà di questo lavoro me n’ha fatta passar la voglia.42
Se Gabburri avesse maturato già molto tempo prima tale risoluzione, probabilmente l’avrebbe comunicata precedentemente all’intellettuale francese; forse la visione della prima ristampa dell’Abcedario realizzata dopo la morte dell’Orlandi, con una buona aggiunta finale di imprinting napoletano, ma mancante di correzioni al testo orlandiano, può aver incoraggiato il Nostro in un’impresa alla quale pensava da tempo. Probabilmente all’inizio non sperava nella vastità di materiale che avrebbe potuto disporre per redigere note aggiuntive all’Abcedario: forse la prima intenzione era di postillare l’Abcedario con l’indicazione di errori o brevi aggiornamenti, con l’inserzione di alcune voci in aggiunta, tanto da richiedere informazioni a Mariette, «ma con la maggiore brevità che sia possibile». Il compendio di informazioni diventa, nel corso degli anni, sempre maggiore: le attuali aggiunte gaburriane all’Orlandi sono talmente imponenti da costituire un’opera letteraria a sé, e non postille a un esemplare dell’Abcedario pittorico. Una prova ulteriore per individuare la cronologia dell’opera e le fasi di lavoro si può ottenere con la consultazione del testo delle vite digitalizzato, che aiuta largamente lo studioso soprattutto per quanto riguarda la ricerca di occorrenze nominali e numeriche. Interrogando il testo trascritto con la richiesta relativa agli anni compresi tra 1720 e il 1732, si legge chiaramente come ogni volta che vengono nominati anni compresi tra questo intervallo, non vi è mai un’indicazione al presente, come «sta lavorando» o «vive nel presente anno», ma sempre al passato. Indagando puntualmente sul 1733, iniziano a comparire notazioni come «viveva nel 1733» non seguiti da una bibliografia che aiuterebbe nell’individuazione di una cronologia ma dall’indicazione che tali informazioni sono giunte da notazioni manoscritte o di altra natura. Esempi si ritrovano nella vita di Floriano Valla, dove viene semplicemente scritto che «Viveva ed operava in patria nel 1733»; o in quella di un tale Gilé provenzale, nato in Nansi di Lorena, che «Viveva in patria nel 1733 d’anni 55 in circa. Manoscritto». Tali informazioni possono far ipotizzare che fin dai primi anni trenta Gabburri inizi a collazionare e richiedere informazioni per stendere le sue Vite, materiali che poi rielabora a pieno verso la metà degli anni Trenta e a cui dedica gran parte del suo tempo tra il 1738 e il 1742 (anno nominato una sola volta in tutto il manoscritto). In corrispondenza infatti degli anni 1738-1739 si moltiplicano diciture che mostrano come effettivamente il Gabburri stesse scrivendo in quei precisi anni: soprattutto 41 42
BOTTARI-TICOZZI 1822, pp. 385-386. BOTTARI-TICOZZI 1822, p. 400.
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nella lettera A, B e C si ritrova continuamente il 1738 associato alle parole «presente anno» e il 1739 nelle lettere successive. A una prima stesura delle vite seguì sicuramente un lavoro continuo ed intenso di aggiornamento bibliografico, ampliamento, correzioni: un numero esponenziale di aggiunte, datate (sia perché vengono riportati gli anni precisi dal Gabburri, sia perché nomina testi editi per la prima volta in quegli anni) 1740 e 1741 infittiscono il manoscritto, soprattutto nella colonna sinistra delle carte, dedicate alle aggiunte posteriori. Tali notazioni, spesso redatte con una calligrafia più minuta arrivano, in alcuni casi, a riempire quasi con horror vacui ogni centimetro del manoscritto. L’alluvione del 1966, che, come è noto, andò a danneggiare anche il manoscritto delle Vite del Gabburri, ha colpito soprattutto queste parti, essendo molto abbondante l’inchiostro presente sulla carta. In molti casi, soprattutto nel primo volume, tali parti sono lacerate del tutto o difficilmente leggibili: fortunatamente prima del 1966 fu realizzato dalla Scuola Normale di Pisa un microfilm, ora di proprietà della Fondazione Memofonte e reso pubblico nel sito che ospita la trascrizione delle Vite, che ha permesso di trascrivere anche le parti perse e, di conseguenza, studiarle con la presente ricerca. L’elaborazione continua e intensa delle Vite tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta del Settecento, è confermata anche dalla miscellanea di appunti e lettere conservate nel fondo Palatino 1198 e 1195, che costituiscono materiale eterogeneo e fogli di lavoro per la stesura del manoscritto. Tra le numerose informazioni ricavabili, offriamo qui un esempio paradigmatico di come Gabburri possa aver compilato le voci biografiche di alcuni artisti di ambito romano non presenti nell’Orlandi. In un appunto del fondo 1198 si legge: Al Signor Abate Giovanni Battista Costantini in Roma. Angeluccio Dei, paesi. Saper chi sia. Angelo Beinaschi. Saper se viva qui in Roma, o quando sia morto. Enrico Spagnolo detto già in Roma Enrico delle marine. Sapere il suo casato e il tempo preciso della sua morte e il luogo. Antonio Antonozzi anconitano. Sapere il tempo preciso della sua nascita, come pure altre particolari notizie circa al suo valore nella professione e circa alla sua vita e costumi. Monsù Schugaans. Si desidera sapere il nome dal Baglione, la patria, il tempo della nascita, il maestro o maestri, se viva e dove e altre notizie della sua abilità. Monsù Aurora franzese. Si desiderano le sopradette notizie43.
Scorrendo il fondo, più avanti si ritrova la riposta di Giovanni Battista Costantini, che per ogni artista ha fornito le indicazioni chieste da Gabburri. In particolare citiamo le informazioni relative al pittore Antoniazzi: Francesco no Antonio Antonozzi, nacque in Loreto il di lui padre di nome Giovanni Battista fu ancor’esso pittore di mediocrità, da ragazzo studiò un poco in Roma d’indi ritornò alla patria. Nell’anno poi 1724 ritornò a Roma indirizzato a me, che li feci fare moltissime opere dalla quali prese buon credito e con tutto che fosse esso figurista a segno che fece un quadro d’altare nella chiesa di San Nicolò de Lorenesi qui in Roma ad ogni modo s’applicò, e per meglio dire continuò a fare li Paesi con le figurine in una maniera assai vaga terminata e toccata di buonissimo gusto essendo l’opere sue in buonissima stima si ritrova però poverello al fine della sua vita essendo il suo male irrimediabile per essere di etisia e sarà nell’età di 56 anni44.
Tali informazioni sono tradotte puntualmente nelle Vite, con l’indicazione esatta della provenienza delle indicazioni:
43 ZIBALDONE 44
1198, [c. 77]. ZIBALDONE 1198, [c. 106].
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Alessia Cecconi _______________________________________________________________________________ Francesco Antonozzi anconitano, pittore di paesi e figure. Studiò sotto Carlo Maratti di figure, e si vede in tal genere un suo bel quadro d’altare nella chiesa di San Niccolino de’ Lorenesi in Roma. Datosi poi al dipigner paesi, è riescito un uomo celebre al pari di Andrea Lucatelli, di ogni altro paesista dei suoi tempi. Vive in Roma nel 1741 in età di circa anni 56, ma disperata la sua salute per essere caduto in etisia. Il signor abate Giovanni Batista Costantini, in alcune suo notizie manoscritte a me cortesemente comunicate, scrive che nacque in Loreto da Giovanni Batista suo padre, pittore ancor esso ma però mediocre. Da ragazzo passò in Roma, indi tornò alla patria, ma nel 1724, fatto nuovamente ritorno in Roma e raccomandato al predetto signor abate, in breve divenne valentuomo, datosi a dipigner paesi con graziosissime figurine, con maniera assai vaga, terminata e toccata di buonissimo gusto. Le opere sue sono in grandissima stima nella città di Roma45.
Gli eterogenei materiali sono utili anche per capire quali informazioni Gabburri richiedesse alla sua fitta rete di corrispondenti, informazioni che in alcuni casi riversò nelle sue Vite, in altri probabilmente non ebbe il tempo. Dall’analisi comparata tra il manoscritto del Gabburri e il testo dell’Orlandi, oltre alle considerazioni relative alla cronologia, nascono riflessioni soprattutto sulla tipologia delle aggiunte gabburriane: solo estraendo, frase per frase, paragrafo per paragrafo, le parti originali gabburriane è possibile provare a leggere storicamente l’opera e, in seguito, a collegarla con le altre ristampe dell’Abcedario o con altri tentativi di alfabeti pittorici. La comparazione è stata effettuata in gran parte affiancando le immagini del manoscritto originale con la trascrizione digitale e con l’edizione napoletana dell’Abcedario: sul documento di trascrizione sono state evidenziate con un colore diverso le parti aggiunte da Gabburri; si è proceduto quindi all’individuazione dei temi ricorrenti enucleati dalla penna dell’erudito. Occorre innanzitutto procedere a una divisione tra l’analisi delle parti originali46 addizionate alle voci biografiche presenti già nell’Orlandi e le biografie inserite ex-novo, presenti nei sopra ricordati Aggiunti a ciascuna lettera. Nel primo caso possiamo analizzare la tipologia di informazioni che Gabburri ritiene necessario addizionare al compendio orlandiano, il dialogo che l’erudito instaura capillarmente con l’autore dell’Abcedario, la metodologia di lavoro nella collazione di fonti e informazioni. Nel secondo, è utile capire quali tipologie di biografie Gabburri sceglie di inserire nel suo alfabeto. Partendo da quest’ultimo caso, oltre alle ovvie considerazioni che un numero considerevole di voci aggiunte corrisponde ai nomi di artisti contemporanei all’autore (non ancora conosciuti al tempo dell’Orlandi), o a quelle inserite in appendice all’edizione dell’Abcedario del 1731 da Antonio Roviglione, si registrano significative novità. Molte voci aggiunte sono dedicate a figure di donne virtuose che nel passato o nel presente si sono dilettate di pittura o abbiano abbracciato completamente tale professione; altre ricordano come personaggi illustri, dall’antichità all’epoca del Gabburri, si siano appassionati all’arte: nel novero dei numerosi ottimi «dilettanti», l’erudito inserisce principi e imperatori, non dimenticando Dante Alighieri. Molti nomi sono poi ripescati da una lettura attenta di fonti, come Vasari o Baldinucci, che Gabburri conosce a memoria: un nugolo di artisti dimenticati dall’Orlandi sono «riscoperti» nelle Vite; tali artisti hanno spesso la particolarità di non essere pittori, scultori, architetti, ma di dedicarsi ad arti così dette «minori», probabilmente di poca rilevanza per il padre maestro bolognese, ma degne di interesse per l’erudito fiorentino. Dall’oblio Gabburri salva miniatori, mosaicisti, cesellatori, fonditori di metalli, argentieri, ricamatori, figuristi di «grottesche e cartelloni», artisti eccellenti «nel toccare in penna e nello scrivere», nel «lavorar legnami per commesse», nel «fabbricar macchine per commedie», come VITE DI PITTORI, vita di «Francesco Antonozzi» [p. 1057 -II- C_283R]. Con il termine «originali» si indicano tout-court le frasi aggiunte al testo orlandiano, che non sempre costituiscono dei contributi innovativi, ma molte volte sono informazioni ricalcate da altre fonti. 45 46
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specchi ed occhiali. L’attenzione per le arti applicate si concretizza anche in un uso preciso del lessico artistico, utilizzato nell’indicazione puntuale della particolare tecnica impiegata dall’artista; una terminologia specifica si registra, inoltre, nei casi in cui Gabburri tratta dell’arte incisoria, tecnica che occupa un posto speciale nelle Vite47. Proprio in relazione a quest’ultima considerazione, si segnala come molte delle vite aggiunte siano proprio di incisori: Orlandi aveva raccolto i nomi dei vari incisori in un elenco stringato ed alfabetico in appendice all’Abcedario; Gabburri «riabilita» la categoria inserendo le vite di tutti gli incisori ritrovati insieme alle voci biografiche degli altri artisti. Dalle voci aggiunte si nota come Gabburri nutrisse un’attenzione particolare anche per i pittori stranieri: fiamminghi, ricordati attraverso una molteplicità di fonti aggiornate48; spagnoli, descritti largamente attraverso il Museo Pittorico del Palomino (edito tra il 1715 e il 1724) o, in misura minore, dal Butron; francesi, tratti dalle opere coeve del Félibien, di Piganiol de la Force, di Roger de Piles, di Florent Le Comte e dalla guida, meno nota, del Nemeitz49. A tal proposito si ricorda come Crozat, nella lettera precedentemente citata, sottolineasse ad Orlandi la mancanza proprio di queste voci, che limitavano il respiro europeo di cui avrebbe potuto godere l’utile opera. Il diverso idioma non spaventa Gabburri come Orlandi, che, aiutato probabilmente da abili traduttori, può servirsi di opere appena stampate scritte in francese, olandese, inglese, spagnolo. Una delle ricchezze delle Vite, che pur si presentano nella maggior parte dei casi come un’opera di collazione e riproposizione di fonti già edite, risiede proprio nell’incredibile numero di letteratura, di natura e provenienza eterogenea (dalle guide alle biografie, dagli opuscoli ai cataloghi di stampe, dalle lettere agli annali storici), rari o manoscritti, che Gabburri riesce direttamente o indirettamente a visionare. Le informazioni contenute nella bibliografia gaburriana non sono utilizzate solo per trovare nuove voci biografiche da inserire nel suo alfabeto, ma anche e soprattutto per aggiungere notizie, controllare e verificare informazioni, individuare ed emendare gli errori dell’Orlandi nelle voci biografiche dell’Abcedario pittorico. Come sopra ricordato, le aggiunte di Gabburri in quest’ultimo caso si presentano con un sottile lavoro di incastro, solitamente con una struttura che si ripete: all’inizio l’erudito propone la trascrizione della voce orlandiana modificata in qualche termine ma sostanzialmente identica (talvolta aggiunge un nome o un aggettivo che qualifica positivamente o negativamente l’operato di un artista, altre volte, utilizza un lessico più specifico in campo tecnico); a seguire è presente un’aggiunta del Gabburri che si concretizza in topoi ricorrenti: - informazioni originali e interessanti su artisti contemporanei o opere di non contemporanei viste direttamente in collezioni o edifici fiorentini (che costituiscono, naturalmente, le parti più utilizzate e studiate fino ad ora)50; - confutazioni dell’Orlandi e prese di posizioni nella querelle tra storiografi del passato (come si evidenzierà tra breve); - informazioni sull’attività incisoria degli artisti o sulle stampe che traducono disegni e opere dei pittori, con un’attenzione anche per l’editoria e i frontespizi (questa, tra le tipologia di aggiunte, costituisce uno dei nuclei dominanti);
Si veda a tal proposito il contributo di Nastasi nel presente numero di «Studi di Memofonte». Per un approfondimento si rimanda al contributo di Gelli nel presente numero di «Studi di Memofonte». 49 Anche in questo caso si rimanda al contributo sulla Bibliografia gabburriana nel presente numero di «Studi di Memofonte». 50 Come ricordato precedentemente, le Vite hanno visto nel corso degli ultimi decenni una visitazione assai frequente da parte degli studiosi, che in alcuni casi hanno trascritto interamente alcune delle voci biografiche. Tra questi si ricorda PROCACCI 1954; LANKHEIT 1962; BANDERA 1978a e BANDERA 1978b; TOSI 1990; SPIKE 1993; PERINI 1994; ZAMBONI 1996; GRISOLIA 2008. 47 48
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annotazioni frequentissime sui ritratti o autoritratti dei pittori, al punto che spesso sono le sole opere nominate all’interno di una singola voce biografica (in conformità con la tradizione granducale di collezionismo di autoritratti, con la prassi dell’Accademia51 e con il gusto collezionistico di Gabburri52); - note capillari sulle accademie e in particolare sull’Accademia fiorentina; parallelamente coglie ogni occasione per ribadire l’importanza del gesso come strumento didattico e del disegno, visto come esercizio continuo, come prezioso prodotto artistico da collezionare, come strumento, agile e trasportabile, per comprendere la validità di un artista; - aneddotica di nessun valore su morti esemplari o particolari rapporti interpersonali. Ogni vita è solitamente chiusa con un resoconto di tipo bibliografico nel quale è riportato capillarmente tutte le volte che nei testi di letteratura artistica è nominato l’artista in questione, con l’indicazione esatta della pagina all’interno del volume. Soprattutto nei primi tre tomi delle Vite, a una prima stesura di aggiunte se ne addiziona un’altra, databile tra il 1739-1741, che presenta ulteriori aggiornamenti informativi e bibliografici. Il regesto bibliografico gabburriano, oltre ad evidenziare la già ricordata conoscenza delle fonti straniere coeve, mette in luce, rispetto al metodo di Orlandi, la preminenza della storiografia fiorentina, l’attenzione per la periegetica, l’elevazione di una stampa o di un disegno a repertorio bibliografico53, la fitta rete di collaboratori e informatori che gli inviano informazioni manoscritte sui pittori della loro città54. Quest’ultime sono sempre citate come se fossero fonti stampate: Gabburri è particolarmente scrupoloso nell’indicazione dei testi o dei documenti sui quali si appoggiano le sue informazioni e l’assenza di tale meticolosità nell’Abcedario è una delle maggiori critiche che l’erudito muove al padre maestro Orlandi. In coda al regesto bibliografico di ciascuna voce, spesso sono presenti notazioni sulle inesattezze di Orlandi contenute nella parte appena trascritta: talvolta errori banali di date e luoghi, altre volte le critiche si concretizzano in una vera e propria filippica dal sapore fiorentinocentrico. Nella vita di Andrea Carlo Boulle, del quale non ha altra informazione se non quelle di Orlandi, commenta: -
Sarà verissimo quanto sopra è scritto, ma il padre maestro Orlandi ebbe di Parigi tutta questa Vita, ed egli non fece altro se non tradurla dalla lingua franzese nell’italiana fidandosi ciecamente senza altre notizie55.
Di simile impianto è la critica agli elogi spesi per il senese Gioseffo Pinacci: Fu uomo di qualche abilità nelle battaglie ma non tale però da meritare gli elogi, che ne fa il padre maestro Orlandi, il quale è molto probabile che non abbia fatto altro che copiare ciò che gli sarà stato scritto da qualche parziale del Pinacci e forse da lui medesimo56.
Chiara Zamboni (ZAMBONI 1996, p. 62, nota 18) ricorda come «in quel tempo fu istituito il quadro di prova, che consisteva generalmente in un autoritratto per l’ammissione degli artisti alla prestigiosa Accademia fiorentina del disegno; è presumibile che tale esame si svolgesse nell’abitazione del Cav. Gabburri, Luogotenente per ben un decennio dell’Accademia stessa, che svolgeva un ruolo di ritrovo nel mondo artistico e culturale del tempo». 52 Gabburri, come è noto, possedeva una collezione di autoritratti di pittori, a cui aveva dedicato un’intera stanza della sua abitazione. A tal proposito si rimanda a TURNER 1993 e TURNER 2003. 53 Si veda a tal proposito il contributo di Nastasi nel presente numero di «Studi di Memofonte». 54 Per un ulteriore approfondimento si rimanda a BORRONI SALVADORI 1974a; BARBOLANI DI MONTAUTO 2006 e ZIBALDONE 1198 e ZIBALDONE 1195. 55 VITE DI PITTORI, vita di «Andrea Carlo Boulle» [p. 175 – I – C_097R]. 56 VITE DI PITTORI, vita di «Gioseffo Pinacci» [p. 1118 – III – C_028V]. 51
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La penna di Gabburri diventa pungente quando le inesattezze o la laconicità di taluni commenti riguardano artisti fiorentini, per cui Angelo Bronzino ed altri non sono messi «in veduta tanto che basti»; nella vita di Giovanni da San Giovanni sono presenti numerosi errori in quanto: […] il padre maestro Orlandi doveva prendere le notizie di questo grandissimo valentuomo dalla città di Firenze e non fidarsi ciecamente di ciò che lasciò scritto il Baglioni, perché realmente ambidue hanno errato grandemente nel descrivere questa Vita57.
La difesa gabburriana è estesa all’illustre tradizione di storiografia artistica della città toscana. Vasari è difeso ogni qual volta Orlandi, sulla scia del conterraneo Malvasia, avanza perplessità o polemiche: nella vita di Cesare da Sesto, ad esempio, il padre maestro confuta Vasari in quanto l’artista in questione e Cesare da Milano sono per lui lo stesso pittore: Poteva dire il padre maestro Orlandi che dubitava che Cesare da Sesto e Cesare da Milano fosse lo stesso, non già asserire con tanta franchezza che aveva ritrovato lui queste verità, perché senza alcun documento, egli da sé solo, non fa veruna autorità la sua asserzione. Da Sesto a Milano vi è un gran tratto ed è più verisimile, e più probabile che sapesse il vero il Vasari che dice da Sesto, per essere egli più vicino a quei tempi che il padre maestro Orlandi il quale ha scritto tanti e tanti anni dopo, che in questo caso non porta veruna autorità e che ha pigliato tanti sbagli considerabili a fronte dello stesso Vasari58.
O, ancor più esplicitamente, nella vita di Correggio: Che il Vasari possa aver pigliato degli sbagli, concedasi. Ma quale è quello scrittore che non ne prenda. Il medesimo padre Orlandi, se egli ritornasse al mondo, vedrebbe quanti ne ha presi, come purtroppo lo vedono ancora gli altri. Che poi il Vasari abbia messo in cielo empireo, alcuni professori di poco merito, solo per esser toscani, può essere, ma ciò non si può provare da noi concludentemente, e bisognerebbe poterla discorrere collo stesso Vasari, e sentire ancora la di lui ragione59.
Se Vasari è difeso a spada tratta, Baldinucci diventa una sacra scrittura alla quale appellarsi nei casi dubbi: per ogni artista ricordato, anche en passant, nelle Notizie, si aggiunge una voce biografica nelle Vite o un’indicazione bibliografica con rimando al Baldinucci nella biografia corrispondente già presente nell’Abcedario. L’ammirazione di Gabburri per Baldinucci non investe solo l’opera di storiografo, ma il personaggio tout-court, per la sua vicinanza con i granduchi e i sovrani dell’epoca, per le sue parallele imprese letterarie e collezionistiche, per la sua abilità nel padroneggiare le varie tecniche grafiche, per la passione per i ritratti di amici e pittori. Se significativi in tal senso sono i frequenti elogi alla collezione di disegni di Leopoldo e la conseguente iniziativa delle Notizie (come nelle vite di Annibale Carracci60 o del
VITE DI PITTORI, vita di «Giovanni da San Giovanni» [p. 1143 – III – C_041R]. VITE DI PITTORI, vita di «Cesare da Sesto» [p. 549 – II – C_026R]. 59 VITE DI PITTORI, vita di «Antonio Allegri» [p. 210 – I – C_122V]. 60 «Né questa preziosa adunanza di tante e tante migliaia di disegni fu fatta a caso, ma con somma accuratezza, diligenza, ed estima dal celebre Filippo Baldinucci insieme coi maggiori pittori del suo tempo, che faticaron indefessamente sopra quest’opera, a solo oggetto di renderla più purgata e più rara che fosse possibile. Questa medesima collezione, formata con ordine cronologico, fu quella che diede motivo allo stesso Baldinucci di scrivere le sue vite dei pittori collo stesso ordine, e se il predetto cardinal Leopoldo avesse avuto più lunga vita, avrebbe dato maggior perfezione a quest’opera, e altre ne avrebbe eseguite che già aveva formato nella di lui magnanima idea»: VITE DI PITTORI, vita di «Anibale Caracci» [p. 202.14 – I – C_117V]. 57 58
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Passignano61), di notevole interesse appare la voce biografica di Filippo Baldinucci, redatta interamente da Gabburri. Vale la pena leggerne alcuni passi: Filippo Baldinucci fiorentino, per suo diletto studiò il disegno con gran frutto sotto la direzione del celebre Matteo Rosselli. Disegnava perfettamente bene a lapis rosso e nero, di che ne fanno un’ampia testimonianza tanti ritratti disegnati in tal guisa di sua mano, tutti di uomini singolari in lettere, per nascita o per eccellenza nell'arte della pittura. […] Raddoppiò i medesimi ritratti con sommo amore per averli appresso di sé, e godersi i suoi amici, componendone uno intero libro, coll’inserirvi il proprio ritratto insieme con quello della moglie e, separatamente, di tutti i suoi figlioli, con quello del padre di quegli che queste cose scrive, coronato di lauro, per essersi dilettato grandemente di poesia giocosa, nella quale a dir vero ebbe non mediocre talento. Lo stesso libro si conserva presentemente da quel medesimo che queste cose scrive e che fu ancora suo amico e molto lo praticò nella sua gioventù. La città di Firenze, anzi l’Europa tutta, debbe professare una obbligazione grandissima a Filippo Baldinucci per la bellissima opera sua delle Vite dei pittori, scritte da esso, con penna d'oro, per via di decennali, cominciando da Cimabue, restauratore universale indubitato della pittura. Accompagnò quest’opera coi disegni della maggior parte di quegli artefici dei quali aveva descritta la vita, distribuendoli in 130 grossi volumi, per la G. M. del serenissimo cardinale Leopoldo de’ Medici, i quali si conservano presentemente nella Real Galleria di Toscana, come un prezioso tesoro, che tale si può chiamare con tutta giustizia. […] Altra simile collezione, ma più compendiosa, ristrinse in 4 grossi volumi, corrispondente ai suoi decennali, cominciando dai disegni di Cimabue, la quale conservò per suo proprio diletto sino alla morte. […] Filippo Baldinucci fu uomo che oltre all’essere grandemente versato nelle belle lettere, e oltre alla profonda cognizione e pratica delle maniere dei disegni e delle pitture, ebbe congiunta una grande illibatezza di costumi e una somma schiettezza e sincerità. Fu sommamente amato dai suoi sovrani, e da tutta la città di Firenze per tante sue belle prerogative, ma con modo più particolare e distinto fu amato dal serenissimo cardinal Leopoldo, e dal predetto cavaliere Alessandro Valori. […] L’avvocato Francesco Xaverio Baldinucci suo figliuolo aveva intrapreso a scrivere le Vite dei pittori, scultori, architetti e intagliatori in rame, dalla morte del padre, e già ne aveva scritte circa a trenta, quando colpito dalla morte nell'anno 1738 lasciò imperfetta quest’opera, molto desiderabile per le notizie di tanti e tanti professori diversi62.
Filippo Baldinucci, disegnatore più che dilettante, collezionista di disegni e di ritratti, autore delle Vite dei pittori scritte «con penna d’oro», «versato nelle belle lettere» e con «profonda cognizione e pratica delle maniere dei disegni e delle pitture» sembra un alter ego d’élite del cav. Francesco Maria Niccolò Gabburri, luogotenente del granduca presso l’Accademia fiorentina del Disegno, collezionista di grafica, pittura ed in particolare di ritratti (come si legge dalla Vita, Gabburri aveva anche acquisito parte della collezione grafica di Filippo), dilettante nell’arte e nella musica, mecenate e promotore di imprese editoriali e ristampe63, nonché autore del suo imponente Alfabeto pittorico. Probabilmente nella sua iniziativa letteraria Gabburri ricercava le orme dello storiografo: stimolano le riflessioni dell’erudito non solo su Baldinucci, ma soprattutto sul figlio Francesco Saverio e l’intenzione di questi nel continuare l’impresa paterna. Nella celebre lettera scritta a Mariette nel 1732, nella quale palesa al conoscitore francese l’intenzione di far ristampare «Leopoldo di Toscana, che per mezzo di Filippo Baldinucci e dei più eccellenti pittori dei suoi tempi, fece la tanto celebre collezione di disegni, distribuiti in numero di 130 grossi volumi, cominciando da Cimabue. Altra simile collezione ne fece per se medesimo lo stesso Baldinucci, distribuita per via di decennali, da Cimabue in qua corrispondente alle Vite da lui descritte»: VITE DI PITTORI, vita di «Domenico Passignano» [p. 683 – II – C_093R]. 62 VITE DI PITTORI, vita di «Filippo Baldinucci» [p. 953 – II – C_230R]. 63 A tal proposito si rimanda al completo contributo di Emanuele Pellegrini, che, oltre a segnalare le ristampe di cui si fece promotore il Gabburri, traccia un profilo delle numerose riedizioni ed imprese collettive di ambito storico artistico che sorsero lungo il Settecento: PELLEGRINI 2006. 61
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l’Abcedario, non passa inosservata la segnalazione che Francesco Saverio sta lavorando alle biografie, ma non con i risultati del padre: Le Vite dei Pittori del Baldinucci il giovane, vengono da esso proseguite un poco a stento per verità; […] Certo si è che la penna del figlio non è la penna d’oro del padre, ma con tutto ciò spererei che le sue fatiche non dovessero essere in tutto disprezzate perché le notizie che egli scrive sono indubitate e fedeli64.
Si potrebbe avanzare l’ipotesi che forse proprio quest’azione di prosecuzione lenta, non eccellente e interrotta bruscamente nel 1738 (come si legge nella stessa biografia del padre), possa aver incoraggiato il Nostro ad ampliare e profondere il suo impegno in un’impresa del genere: il ’38 è l’anno in cui Gabburri sembra dedicare moltissimo del suo tempo alla stesura delle Vite. Non è da escludere che all’inizio Gabburri stesse progettando una ristampa simile alle precedenti riedizioni, con aggiunte e alcune correzioni (che mancano, invece, nelle altre); in alcuni passi delle vite, soprattutto nella lettera A, si trovano frasi, copiate dall’Orlandi ma non smentite nella parte addizionata dal Gabburri, che preannunciano delle tavole in appendice al testo, probabilmente le stesse (magari ampliate) presenti nell’Abcedario (Fig. 5): Agostino Veneziano, scolare di Marcantonio Raimondi. Fu bravo intagliatore in rame ed in legno. Marcava le sue stampe colle lettere A. V. ovvero A. V. I., come dirassi nella tavola V, della parte III65.
Fig. 5 Tavola V/a delle Cifre e delle Marche di A.P. Orlandi, Abcedario pittorico, Napoli 1763.
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BOTTARI-TICOZZI 1822, p. 386. VITE DI PITTORI, vita di «Agostino Veneziano» [p. 152 – I – C_085V].
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Gabburri stesso, in un’aggiunta a una vita inserita nella lettera A, esclama: Alamanno Isolani Lupari conte e uno dei 40 di Bologna. Di questo degno cavaliere ne parla Giampiero Zannotti nel libro IV, a 321, dove parla degli accademici di onore dell’Accademia Clementina nella storia che egli scrive della medesima. Per darne al mondo le più sincere notizie nella presente aggiunta all’Abcedario Pittorico del padre maestro Orlandi, si portano qui le stesse parole del Zannotti66.
Col tempo, tuttavia, l’imponenza del materiale raccolto attraverso la proliferazione di testi di letteratura artistica straniera e locale, la serie dei cataloghi di stampe, la rete capillare di corrispondenti e artisti creatasi intorno a lui e, non ultimo, l’interruzione della non già eccezionale impresa di Francesco Saverio, può averlo pungolato nella stesura di un’opera che idealmente, nelle intenzioni dell’autore, si pone sulla scia della «penna d’oro» di Baldinucci padre. L’opera gaburriana giunta a noi si presenta quindi come un ibrido della letteratura artistica del periodo. Manca la divisione in annali della storiografia baldinucciana, insieme, forse, a una maggiore cognizione critica; tuttavia, simile all’amato predecessore sono la naturale scrupolosità nelle notizie sui fiorentini e un impianto di respiro europeo; l’interesse per la stampa, concretizzato nel Baldinucci in un’opera a parte67 è amalgamato nel Gabburri nelle sue Vite, comprensive di cataloghi di stampe (che già avevano fatto la loro apparizione nella Felsina pittrice). La struttura e il fortunato ordine alfabetico deriva quindi dall’Orlandi, ma l’abbecedario gaburriano, che è tutto tranne un compendio stringato di informazioni sugli artisti più rilevanti, non può certo essere paragonato, per impianto e ampiezza delle notazioni, né alle ristampe di cui godette l’Abcedario, né alla serie di biografie di stampo regionale che continuarono a fiorire nello stesso periodo, necessariamente circoscritte a un luogo o un’area geografica (Pascoli, De Dominici, Niccolò Pio68, Susinno, Baruffaldi, Dal Pozzo), né alle gallerie o ai dizionari portatili come quello di La Combe. Le Vite ricordano, piuttosto, il tentativo parallelo e forse più critico di Mariette di realizzare un infinito abbecedario di artisti partendo dall’edizione orlandiana del 1719, che le connoisseur inframezzò da fogli con aggiunte, correzioni e una tavola di concordanze cognome/nome (come l’elenco posto all’inizio delle Vite). Come è noto, l’abbecedario di Mariette rimase incompiuto, pubblicato postumo tra il 1851 e il 186069. Le Vite di Gabburri, nonostante i limiti di un’opera che per intenzioni e vastità è necessariamente incompleta, disorganica e frutto di collazioni varie, costituiscono un documento letterario di estremo interesse per il tentativo che si era posto l’autore e per la particolarità di impianto e struttura all’interno del panorama artistico letterario del XVIII secolo. Uno dei valori maggiori dell’abbecedario gaburriano, mai pubblicato se non a stralci e
VITE DI PITTORI, vita di «Alamanno Isolani Lupari» [p. 356 – I – C_201V]. Ovvero il Cominciamento, e progresso dell'arte dell'intagliare in rame, colle vite di molti de' più eccellenti maestri della stessa professione (BALDINUCCI 1686). 68 Per quanto riguarda la curiosa figura di Niccolò Pio, collezionista romano autore di una serie di voci biografiche redatte a completamento della sua collezione di ritratti di artisti, sono stati avanzati dei possibili debiti da parte del Gabburri (come GRASSI 1979, p. 68, nota 11), che si sarebbe servito delle vite manoscritte del romano, edite solo nel 1977 (PIO 1977). Da un’analisi comparata tra le vite di Niccolò Pio (soprattutto quelle dei pittori romani, comprensive di contributi originali da parte dell’autore) e quelle del Gabburri non sembra che quest’ultimo se ne sia appropriato, né il personaggio è mai citato nel manoscritto palatino. Viceversa, se mettiamo in parallelo le voci di Niccolò, che risalgono al 1724 circa, con quelle dell’Abcedario, risulta come questi, per alcune vite di artisti non romani (come Mantegna, Dürer, Correggio) ricalchi nella prima parte le parole dell’Orlandi (testimonianza ulteriore della fortuna dell’opera). 69 MARIETTE 1851-1860. 66 67
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ora finalmente disponibile nella sua interezza70, è in realtà di offrire, nel suo complesso, uno spaccato vivo di cultura settecentesca: scorrendo le carte del manoscritto prende vita un mondo popolato da eruditi con desideri enciclopedici un po’ troppo ambiziosi, da artisti e conoscenze che si muovono in un raggio europeo, da «forestieri illuminati» e dalle loro guide, da eruditi curiosi di tecniche, arti applicate e lessico artistico, da collezionisti che amano le stampe divulgatrici di opere e maniere di artisti. Mondo popolato, infine, da dilettanti e conoscitori che s’adoprarono con straordinaria pazienza e caparbietà nella raccolta, divulgazione e consegna ai posteri di notizie e personaggi che ancora affascinano gli studiosi.
La trascrizione dell’intero manoscritto, curata dalla Fondazione Memofonte, sarà presto disponibile on-line nel sito della BNCF e in quello di Memofonte. 70
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OSSERVAZIONI SULLE NOTIZIE DI ARTISTI STRANIERI NELLE VITE DI PITTORI DI GABBURRI. BREVE ESAME DI ALCUNE FONTI Gabburri in un’ormai nota lettera a Jean Pierre Mariette del 4 ottobre 1732 dichiarava l’intento di far ristampare l’Abcedario pittorico di Orlandi, sebbene ne circolasse una ristampa da poco edita coi tipi di Angelo Vocola in Napoli1. A tal fine scrisse al corrispondente francese di inviargli una nota di pittori, scultori, architetti e intagliatori in rame allora viventi in Francia fornendogli brevi notizie specifiche sul loro operato. L’intento del fiorentino era compilare un breve testo sulle orme dell’Orlandi superandone i limiti e soprattutto allargando gli orizzonti verso il panorama artistico europeo. Quello di Gabburri è un progetto che maturò negli anni, come attesta la fitta corrispondenza con i principali eruditi e collezionisti del tempo, in parte edita e di prossima pubblicazione sul sito della Fondazione Memofonte. Queste lettere documentano come Gabburri non solo mirasse ad ampliare la propria raccolta di stampe e di disegni ma, dietro i preziosi consigli di conoscitori come Jean Pierre Mariette2, Jeaurat, Anton Maria Zannetti e Ludwig Frederick Norden3, intendesse ampliare le proprie con una ricca biblioteca per poter attingere informazioni e correggere le imprecisioni e inesattezze dell’ Orlandi4. Di notevole interesse è una lettera di Mariette a Gabburri in cui lo ragguagliava su testi da lui richiesti5 sulla pittura e le altre arti, su le vite di artisti, le descrizioni di gallerie di dipinti, ma anche su trattati d’arte. Il francese come noto corresse alcune affermazioni di Orlandi, il quale scriveva nel suo Abcedario che Van Mander aveva collaborato con Cornelio De Bié alla redazione del Gabinetto aureo della pittura6, correzione accolta da Gabburri che infatti non ripeté l’inesattezza. BOTTARI-TICOZZI 1822, pp. 333-371. Gli scambi di libri avvenivano in entrambe le direzioni, in una lettera di Mariette a Gabburri, Parigi 1 maggio, 1731 si legge «[...] Titoli de’ libri che io vi supplico, se è possibile, a provvedermi. Compendio delle Meditazioni sopra la Vita di Gesù Cristo per ciascun giorno dell'anno, del P. Fabio Ambrogio Spinola della compagnia di Gesù. Fiorenza, per l’Onofri, 1659, in 4. Io lo desidero per amor del frontespizio che è di Stefano della Bella. Istoria del patriarca S. Gio. Gualberto, primo abate di Vallombrosa, scritta da D. Diego de’ Franchi, abate di Ripoli. In Fiorenza appresso Gio. Batista Landini, 1632, o 1640, in 4 [...]» Bottari-Ticozzi 1822, pp. 266-277. 3 Zibaldone 1195, [cc. 49-53]: «Monsieur n’ayant reçu aucunes réponse sur nos lettres que nous avions adressé à monsieur de Ruyter à Amsterdam, l’impatience me port de me fit écrire pour une seconde fois à notre ami, dans les [...] assez pressantes lui demandant de m’envoyer au plus vite de même par le courrier son portrait et la réponse due sur l’honneur de le vôtres. Mon ami de Ruyter étant de retour de Rotterdam s’expédia au plus vite en m’adressent dans une petit [...] la lettre dont je vous ai envoyé la copie dans une traduction française, et qu’en original suivra avec le reste, vous jusque bien que tant de presse n’a pas laissé assez de temps à notre [...] pour exécuter son portrait avec toute la finesse due a une ouvrage qui doit accompagner celle des tants d’autres maitres qui composent votre cabinet, mais nonobstant cela vous trouverez qu’il est assez bien dessiné, et pour la ressemblance je vous garantis qu’il ne puisse pas être mieux. Il ne vous répond point sur la proposition que vous l’avez fait de la recevoir dans l’Accademia, mais il me fait assez connaitre qu’il sera bien aise d’être admis dans un corps si illustre. [...] vous avez la liste des peintres, fait à sa manière je veux dire sans beaucoup d’ornement mais plein de vérité et bon sens. J’espère que si vous continuez avec lui il ne laisserez pas de vous faire plaisir en beaucoup, car je ne [...] trouve en toute la Hollande un homme plus [...] et plus fidèle pour ses amis que lui. Il m’a répondue sur les étampes de Wouverman et Berghem mais il n’y a pas moyen de pouvoir me servir avant l’hiver, [...] le vents ne se [...] qui alors pour ce que regard les desseins en question ils sont un peu difficile a trouver cependant il me promet de me vouloir faire prendre une fois avec eux, ainsi choisi, je vous assure qu’ [...] que [...] m’arrive je vous ferais part de cette agréable surprise en attendent et continuer toujours de m’honorer chez que je m’en pourvois jamais passez excuser d’ailleurs si la processeur de mes amis ne répond pas assez à la promptitude et au désir extrême que j’ai de vous faire bien connaitre jusqu’à quel point je suis. Livorno, le 29 mai 1736». 4 BOTTARI-TICOZZI 1822, pp. 137-138, 191-193, 266-295, 298-306, 326-333. 5 BOTTARI-TICOZZI 1822, pp. 277-295. Vedi Appendice I. 6 Vedere la tavola seconda di corredo all’Abcedario di Orlandi che inserisce tre tavole da non intendersi come una bibliografia in senso moderno ma che propongono un repertorio generale di orientamento agli studiosi: «Tavola 1 2
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Le Vite rielaborate nel corso di più anni7 con l’ausilio di un’ampia rete di corrispondenti, sono il risultato di continui aggiornamenti, documentati dal ricorrere anche a fonti contemporanee8. La vasta conoscenza della letteratura artistica di Gabburri, i contatti eruditi, la passione per il collezionismo e, non ultimo, la carica di luogotenente dell’Accademia del Disegno a partire del 1730, gli permisero di inserire un numero notevole di biografie, anche di artisti fiamminghi, francesi, spagnoli, la cui entità emerge in modo evidente al confronto con Orlandi. Già Turner9 nel 1993 aveva osservato l’intento internazionalista di Gabburri, il quale cercò di fornire un testo ambizioso, con notizie di artisti di tutte le epoche e di tutte le nazionalità, utile a quel vivace mondo di conoscitori e mercanti d’arte che si stava ampliando e affermando nel corso del XVIII secolo. Dall’analisi del complesso testo delle Vite, è stato possibile estrapolare la preziosa bibliografia usata e sistematicamente citata da Gabburri, utile per una mappatura delle fonti che lo studioso avvicinò nei lunghi anni di lavoro. Il confronto tra questa bibliografia10 e il catalogo della sua biblioteca, redatto del 172211, offre lo spunto a varie riflessioni; si può osservare che solo una minima parte dei testi citati faceva anche parte della biblioteca personale, lasciandoci ipotizzare che il corpo principale delle informazioni gli sia giunto dall’estero. La biblioteca gabburriana fu sostanzialmente incrementata negli anni successivi al 1722, grazie ad un’attenta ricerca guidata da indicazioni e stimoli dei corrispondenti, che gli permettevano di seguire da vicino gli aggiornamenti librari di quegli anni sensibilizzandolo sempre più all’attenzione di una qualificata editoria artistica, mirando a riconoscere le pur sottili varianti del corredo iconografico o della impostazione tipografica. Per questo motivo, è probabile che un esame dei documenti conservati presso la Fondation Custodia di Parigi12 seconda. Nella quale sono descritti i libri, che trattano dei pittori, degli scultori, e della pittura, con l’anno e luogo dove sono stati stampati [...]. Questo virtuoso scrittore e poeta aiutò ancora a Cornelio De Bié a comporre in 14 volumi il Gabinetto aureo della pittura». ORLANDI 1719. 7 Uno dei temi più discussi sul manoscritto di Gabburri è stato il problema della datazione del manoscritto, oltre ai contributi della BORRONI SALVADORI 1974a, p. 1507, che fa risalire la prima stesura del testo agli anni tra 1719 e 1741, datazione ripresa in seguito dalla ZAMBONI 1996, p. 45 e da COLEMAN 2002, p. 387. PROCACCI 1954, p. 243; BANDERA 1978a, p. 37; NANNELLI 1977, pp. 329-330; TOSI 1990, p. 337; SPIKE 1993, p. 24 e BARBOLANI DI MONTAUTO 2006, p. 84 hanno puntualizzato come elemento chiave per l’inizio della redazione delle Vite sia stata la nota lettera di Mariette a Gabburri del 1732 e la lettera a Antonio Balestra del 1733. La BARBOLANI DI MONTAUTO 2006, p. 84 come anche la PERINI 1994, p. 305 ritengono altresì che un altro fattore che indusse Gabburri a intraprendere la stesura del manoscritto sia stata la nomina a Luogotenente della Accademia del Disegno che ottenne nel 1730. Per ulteriori notizie sulla datazione dell’opera vedere i contributi di Cecconi e Nastasi nel presente numero. 8 Tra questi PALOMINO 1715-1724; WRIGHT 1730; LANCENI 1733; PICART 1734. 9 TURNER 1993, pp. 181-182. 10 A seguito della trascrizione integrale del manoscritto di Francesco Maria Niccolò Gabburri (VITE DI PITTORI) il gruppo di lavoro della Fondazione Memofonte ha estrapolato dal manoscritto la bibliografia usata dal fiorentino, con i testi effettivamente citati da Gabburri identificando, qualora sia stato possibile, l’edizione utilizzata per la redazione delle biografie d’artisti. La Bibliografia gabburriana è consultabile nel presente numero della rivista «Studi di Memofonte». 11 La trascrizione integrale dell’inventario di stampe e disegni di F.M.N. Gabburri con l’elenco dei libri facenti parte della sua biblioteca nel 1722 (DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722) è consultabile on line su www.memofonte.it, parzialmente pubblicato in CAMPORI 1870, che lo citava con la precedente segnatura Magl. cl. XVIII n. 33, come manoscritto proveniente dalla biblioteca di Anton Maria Biscioni; la numerazione corrente II.IV.240. 12 La Fondation Custodia di Parigi ha acquistato nel 2005 un inventario inedito della collezione Gabburri (STAMPE E DISEGNI), databile agli ultimi anni della vita del medesimo, con il catalogo della sua biblioteca oltre a un quadernino di appunti scritti tra 1725-1742, dove compaiono numerose note d’acquisto di libri, disegni, stampe e appunti di traduzioni. La scoperta di questo secondo taccuino si deve a Chiara Zamboni che ne ha dato comunicazione ZAMBONI 1996, p. 44. La studiosa elenca alcuni dei testi presenti nella biblioteca di Gabburri secondo l’inventario oggi a Parigi, tra questi ricorda Il forestiero illuminato, Carducho, Le Comte, De Piles e Félibien. In seguito sono state informazioni su questi manoscritti da TURNER 2003, p. 18 e BARBOLANI DI MONTAUTO-TURNER 2007, pp. 29-30.
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potrebbe consentire uno studio più preciso sulle modalità di lavoro di Gabburri nella redazione del suo “Abecedario”; tuttavia, anche sulla scorta dei documenti disponibili presso la Biblioteca Nazionale di Firenze e del noto carteggio gabburriano, è possibile sviluppare alcune osservazioni nell’ambito della ricerca qui proposta. Della cospicua letteratura straniera presente nelle Vite, si è scelto di soffermarsi su alcune risorse relative agli artisti fiamminghi, cercando di ricostruire scelte e metodologie di lavoro in relazione ad un mondo artistico conosciuto sostanzialmente per via indiretta. Da un primo sguardo appare come alcune delle fonti citate da Gabburri non siano state consultate direttamente, quanto piuttosto filtrate da un ipotetico traduttore o semplicemente da un informatore; in altri casi invece è possibile ipotizzare una selezione ed una ricerca mirata dei testi, legata alla conoscenza diretta di alcune opere, non solo figurative ma anche componimenti letterari corredati da apparati grafici. A tal fine sono stati esaminati alcuni testi di ambito fiammingo e alcune lettere, in modo da poterli porre in relazione diretta con dei passi delle Vite13. La ricchezza di biografie di artisti esteri, in particolare di artisti fiamminghi, nelle Vite di Pittori emerge immediatamente da un confronto diretto con l’Abcedario pittorico di padre Pellegrino Orlandi, testo usato come base per procedere alla stesura di un repertorio di notizie esaustivo ed aggiornato. La necessità di fornire informazioni riguardanti artisti stranieri era stata avvertita anche dal religioso bolognese, come si evince dalla corrispondenza tra quest’ultimo e il cavalier Anton Francesco Marmi14; malgrado ciò, i problemi linguistici e, soprattutto la difficoltà pratica nel recuperare le fonti estere, come i testi di Butron15 e Houbraken16 (pubblicato solo nel 1719) resero parziale la sua opera di apertura verso il mondo artistico d’oltralpe. Fino ad allora la fonte principale che offriva uno spaccato sul panorama storico-artistico europeo in lingua italiana erano state le Notizie di Baldinucci, sulle orme di Van Mander e di Sustermans. Le inchieste promosse dal cardinal Leopoldo sugli artisti del passato e del presente includevano anche gli artisti stranieri e sollecitavano “Notizie” aggiornate in un panorama europeo17. La più antica risorsa sulla storiografia artistica fiamminga citata da Gabburri è appunto lo Schilderboek di Karel Van Mander18 pubblicato nel 1604. Si tratta della più importante fonte sull’arte figurativa del nord Europa, su modello del Vasari, traccia brevi biografie di pittori ripartendoli tra vivi e morti, arricchendo le notizie con aneddoti e osservazioni critiche. Il testo è strutturato in tre libri dove il primo tratta della storia dell'arte antica, il secondo dei pittori italiani, il terzo delle vite dei pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi partendo da Van Eyck fino i suoi contemporanei19.
Le fonti fiamminghe citate dal nostro sono numerose: Sandrart, De Piles, Cornelio De Bié, Lairesse, oltre a Van Mander e Weyerman. 14 CAMPORI 1866, pp. 181-182; e ancora nell’ottobre del 1718 Orlandi scrive a Marmi per comunicargli l’impossibilità di attendere oltre l’opera di Houbraken: CAMPORI 1866, p. 185. 15 DE BUTRON 1606. 16 Arnold Houbraken (1660-1719) pittore ed erudito, riprese l’opera di Van Mander con l’intento di ampliarla, scrivendo circa 550 biografie di pittori e pittrici fiamminghe dal 1446 al 1659; la morte gli impedì di portare a conclusione la redazione dell’opera pubblicata tra il 1719 ed il 1721 dalla moglie. Vedi anche SCIOLLA 2007, p. XIX. 17 BALDINUCCI 1974-1975. 18 Karel Van Mander (1548-1606), per una prima lettura sul suo operato: VAN MANDER 2000, pp. 11-103; TAYLOR 2000, pp. 146-171; COHEN WILLNER 2002, pp. 255-258. 19 Analogo intento allo Schilderboeck di Van Mander hanno avuto Félibien, Sandrart, De Piles, Dezallier d’Argenville facendo una storia degli artisti loro conterranei ma non solo, dando alle loro opere una vocazione europea, da cui si differenziano altri scritti posteriori come quelli di Houbraken e Weyerman. 13
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Fig. 1 Frontespizio di K. Van Mander, Het Schilder-Boek [...], Harlem 1604.
Lo Schilderboek secondo l’inventario redatto nel 1722, non è tra i libri della biblioteca privata di Gabburri, ma è stato citato nelle Vite come fonte di riferimento per quindici biografie di artisti, un numero esiguo sul totale degli autori fiamminghi trattati. Da un primo confronto tra le fonti sembra che il fiorentino non lo abbia esaminato direttamente, ma che invece reperisse informazioni sui fiamminghi attraverso le Notizie di Baldinucci, rimandando principalmente ai volumi III e IV20, editi nel 1728. Gabburri venne tuttavia ad aggiornare tali informazioni attraverso repertori successivi, attingendo spesso a testi francofoni come de Piles21, Félibien22 e Le Comte23, confermando la Francia come tramite privilegiato nella divulgazione, a livello europeo, di notizie su artisti olandesi. La vicinanza geografica permetteva dunque di superare le difficoltà linguistiche che avevano isolato la storiografia in lingua olandese. Si diffusero intanto compendi di vite di artisti dove i fiamminghi erano inseriti
20Il
terzo tomo relativo al periodo compreso tra 1400-1550 contiene più di 40 voci riprese da Van Mander di cui riprende le cronologie, il quarto è relativo agli anni 1550-1580 e pubblicato nel 1688. 21 DE PILES 1699. 22 FÉLIBIEN 1705. 23 LE COMTE 1699-1700.
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insieme a francesi e nordici; nel primo Settecento le uniche eccezioni furono gli scritti di Houbracken, Weyerman e poi di Van Gool24. L’esame delle ricorrenze di Van Mander nel tessuto scrittorio di Gabburri, mostra che il testo fiammingo era stato utilizzato in varie biografie: Anna Smyters di Gant, Aart Jansze Druyvestein, Cornelis Cornelisz, Francesco Menton, Gillis di Corninexloy, Giovanni Month, Giovanni de Buon, Herder pittore di Groeninghen, Jacopo Bunal, Jacopo De Bakker, Lamberto Lombardo, Martino De Secu, Marco Geerarts, Pietro Isaesz, Rottenhamer pittore di Monaco. Di queste sei erano state suggerite da Orlandi25, subito accompagnate da Gabburri con verifiche su De Piles, Félibien, Lomazzo, Vasari, Sandrart e Le Comte. Le altre nove biografie sono state inserite dal fiorentino in un secondo momento e si trovano tra gli Aggiunti26. La biografia di Francesco Menton27 offre lo spunto ad un’altra osservazione: Gabburri gli dedicava una vita, diversamente da Baldinucci che tuttavia lo cita nella vita di Francesco Floris. Van Mander gli aveva riservato uno spazio piuttosto ampio nelle sue Vite, Orlandi invece, anche nella edizione con le aggiunte curate da Roviglione, lo ignora. È interessante vedere come proprio la biografia di Van Mander compare in due momenti diversi28, nella prima stesura e tra gli Aggiunti29. Nella prima stesura si basava su quanto scritto da Orlandi che a sua volta era ricorso a Sandrart30, negli Aggiunti si riferisce al Baldinucci, come si vede evidenziato tramite una ben precisa formula compilativa che utilizza il sottolineato31. La ristampa dell’Orlandi edita in Napoli da Angelo Vocola32 dedicava uno spazio molto maggiore all’artista fiammingo, riferendosi a quanto scritto da Baldinucci. Confrontando le due voci dedicate a Van Mander si nota che Gabburri datava inizialmente la morte dell’artista al 1610, come aveva fatto anche l’Orlandi, successivamente invece proponeva come data di morte il 1607, coincidendo con Roviglione33. Inoltre rispetto ad Orlandi, Gabburri tra gli Aggiunti dedicava una biografia anche al figlio di Carlo Van Mander, «Carlo Manderen iuniore» per la quale usava quale uniche fonti solo De Piles e Sandrart. Durante la trascrizione delle Vite di pittori è emerso che Gabburri per arricchire la prima redazione utilizzò una serie di risorse, sia per gli artisti indagati già nella prima stesura che per i 24 MAES
2002. Smyters, Cornelisz, Bunal, Lombardo, Secu, Isaesz. 26 Druyvestein, Menton, Gillis, Month, De Buon, Herder, Bakker, Geerarts, Rottenhamer. In generale si nota che le citazioni riprese da Van Mander sono esatte nel fornire informazioni ma non riportano mai segnatura, lacuna che ritroviamo anche in Orlandi. VITE DI PITTORI, [p. 201 - I - C_110R]: «[...] e questo per relazione di Carlo Van Mander, riferito dal Baldinucci [...]», e VITE DI PITTORI, [p. 1543 - III - C_ 272V]: «[...] come attesta Carlo Van Mander, riportato dal Baldinucci [...]». 27 Vedi VITE DI PITTORI, [p. 993 - II - C_251R] «Francesco Menton di Alckmaer, pittore, scolare di Francesco di Francesco Floris [sic]. Di questo artefice ne parla il Van Mander, ed e riportato dal Baldinucci, parte II, del secolo IV, a 143, nella Vita del suddetto Floris». 28 A tal fine si consiglia una lettura dell’articolo di Cecconi nel presente numero di «Studi di Memofonte» che mette in luce il complesso rapporto tra l’Abcedario di Orlandi e Le Vite di Gabburri. Strutturate in ordine alfabetico sottoforma di abecedario ma con numerose biografie inserite in un secondo momento, presumibilmente in inserti posteriori, che sono indicate dal fiorentino con la notazione di Aggiunti e che si trovano a conclusione di ogni lettera dell’alfabeto. 29 Come «Carlo de Mandranen» e come «Carlo Van Mander»: VITE DI PITTORI, [p. 533 - I - C_009R] e [p. 589 - I - C_046R]. 30 SANDRART 1683. 31 La differenziazione tra parti copiate da Orlandi e aggiunte posteriori tramite il sottolineato era stata osservata già da BANDERA 1978b, p. 37, SPIKE 1993, p. 24 e TURNER 1993, p. 181. Per approfondimenti vedere il contributo di Alessia Cecconi nel presente numero. 32 Antonio Roviglione nell’edizione stampata da Angelo Vocola aveva offerto molte più notizie rispetto a quanto scrive Gabburri nelle Aggiunte, ricordando l’intensa attività letteraria di Van Mander e la fama che ottenne la sua Accademia del Nudo. 33 Gabburri cita le Aggiunte nell’edizione di Vocola tenendo conto anche di un testo più recente come quello di De Piles. 25
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pittori inseriti tra gli Aggiunti. La fonte, numericamente più importante, per ampliare le notizie offerte sul panorama artistico fiammingo, furono Le vite di Jacob Campo Weyerman34. De Levens35 è un’opera in quattro volumi di cui i primi tre, editi nel 1729, furono redatti dal medesimo autore, il quarto postumo contiene brevi biografie di artisti nederlandesi a cura dei successori. Raccoglie circa settecento biografie di pittori olandesi attivi tra XVII e XVIII secolo. Si tratta di voci di varia lunghezza corredate con ritratti d’artisti incisi da Arnold Houbraken. Il testo si apre con un excursus sull’arte presso gli antichi cui segue un breve repertorio di termini storico artistici, ed è corredato da un indice per cognome degli artisti biografati. Da notare che Weyerman privilegiò le notizie di tipo storico e aneddotico, con sporadici giudizi stilistici. Data la ricchezza delle notizie offerte principalmente sui suoi contemporanei, è da ritenersi un prezioso documento per comprendere il mercato artistico verso l’arte olandese nel XVIII secolo.
Fig. 2 Frontespizio di J. Campo Weyerman, De Levens [...], Gravenhage 1729.
Le vite di pittori e pittrici a cura di Weyerman nell’economia della redazione delle Vite gabburriane, vista la frequenza delle ricorrenze e l’essere in molti casi l’unica risorsa citata dal fiorentino su artisti fiamminghi anche di minor fama, offrirebbe lo spunto a uno studio più 34 Jacob
Campo Weyerman (1677-1747) contemporaneo di Gabburri, fu pittore e letterato. Iniziò come pittore di soggetti floreali a Breda spostandosi in seguito a Utrecht. Viaggiò molto attraverso l’Europa. Celebre per i suoi scritti satirici per i quali conobbe anche il carcere, viene ricordato per la redazione delle vite di pittori e pittrici. Conosciuto in ambito italiano anche come Campovivo. 35 CAMPO WEYERMAN 1729-1769. Ne esiste una copia a Firenze (BNCF, Palat. 13.1.4.9); una copia dei primi tre volumi editi nel 1729 si trova anche nella biblioteca di Tommaso Puccini, INDICE DE’ LIBRI 1788, c. 32v, consultabile su www.memofonte.it. Mentre non ne dava notizia il Cicognara che pure indicava tra le fonti sui fiamminghi Descamps, Lairesse, Houbraken e Van Gool come suo prosecutore. Cornelis osserva che spesso il testo di Weyerman era più diffuso nelle biblioteche, ricorda infatti che faceva parte della biblioteca di Horace Walpole dove non ritrova il testo di Houbraken. CORNELIS 1998, p. 153; CICOGNARA 1821.
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dettagliato di quanto ci si accinge a proporre. Quello di Weyerman è un testo tuttora poco studiato e diffuso al di fuori della storiografia artistica nederlandese36, spesso gli studiosi hanno confrontato questo testo con quello di Houbraken che lo precedeva di pochi anni. A lungo Weyerman non aveva riscontrato grandi apprezzamenti da parte degli studiosi e le sue Vite di pittori e pittrici erano state ritenute opera di plagio nei confronti del predecessore. Solo recentemente è stato messo in luce il lavoro di approfondimento e verifica dello storiografo, che non manca per altro di citare Houbraken nei suoi volumi37. Pur riprendendo l’opera incompleta edita solo pochi anni prima, Weyerman scelse di ometterne i passaggi più criticati, di aggiungere alcune notizie, di ricostruire le Vite degli artisti citandone le opere e di tornare a prendere in esame le informazioni biografiche custodite presso gli archivi locali38. Scorrendo il testo integralmente informatizzato delle Vite è possibile notare che Jacob Campo Weyerman ricorre in ben 579 biografie d’artisti; particolare interessante è che solo 67 di queste ricorrenze si trovano nel primo nucleo delle Vite, e mentre sono 512 le occorrenze nelle biografie degli artisti Aggiunti. Per gli autori ripresi da Orlandi, Gabburri procedeva secondo il modus operandi in precedenza osservato: a un primo nucleo di informazioni copiato dall’Orlandi aggiunge per giustapposizione le informazioni suppletive derivate da fonti più aggiornate e ricche, come a esempio nel caso della Vita di Anna Maria Scurmana39. Scorrendo le sezioni dedicate agli Aggiunti si può facilmente osservare che Gabburri aggiornava il testo di Orlandi arricchendo la prima redazione delle Vite con notizie di artisti Da segnalare la pubblicazione on line dei quattro volumi, del De levens curata dall’università di Utrecht su www.library.uu.nl/digiboeken/weyerman/weyerman.html, oltre ai fondamentali contributi di HECHT 1980; BROOS 1990; CORNELIS 1995; HECHT 1996; LOEHNEYSEN 1998; CORNELIS 1998. 37 HECHT 1996, p. 259 riconosce a Weyerman il merito di aver assimilato L’abregé de la vie des peintres di Roger De Piles pubblicato in francese nel 1699 e tradotto in lingua olandese nel 1725. Da notarsi che sono numerose le Vite in cui Gabburri collaziona notizie da Weyerman e De Piles. 38 Già Cornelis (CORNELIS 1995, p. 163) aveva osservato che Gabburri ricorda Lairesse artista, senza citarne e usarne la sua opera principale, Het schilderboeck (DE LAIRESSE 1707) due volumi stampati ad Amsterdam nel 1707. Vedi VITE DI PITTORI, [p. 1073 - III - C_005V] «Gerardo Lairesse, patrizio leodiense, nacque l’anno 1643, applicato dal genitore Rinieri Lairesse, pittore non inferiore a veruno alle belle lettere, alla poesia e alla musica, fu istradato poi nel disegno da quello, e copiando le opere dei migliori valentuomini, in spezie di Bartoletto, principiò di 15 anni a fare somigliantissimi ritratti e poco dopo quadri per gli elettori di Colonia e di Brandemburgo, ricavandone copiose somme di denaro, il quale profondeva colla medesima facilità che lo guadagnava. Vestiva alla nobile, si trattava alla grande e stava sull’amorosa vita, a cagione di questa fu ferito di coltello da una sua amata, che aveva abbandonata e quasi restò morto, avendo un bel che da fare a difendersi colla spada dal furore di quella furia, ricoverandosi in una bottega di uno speziale. Toccato dal contagio un’altra volta si ridusse all’estremo, pure si riebbe e dopo aver dato alle stampe alcune eroiche storie, ridotto interamente cieco terminò i suoi giorni in patria il dì 28 di agosto dell’anno 1711. Sandrart, parte II, libro III, capitolo XXVIII, a 388 e 389. Nella predetta celebre stanza dei ritratti di professori diversi dipinti da loro medesimi, della Real Galleria di Toscana, si vede ancora il ritratto di questo artefice dipinto di sua mano propria nella facciata dei pittori oltramontani a mano destra all’entrare. Jacob Campo Weyerman, parte II, da 405 a 412», oltre le numerose altre citazioni di Lairesse come pittore nelle biografie di artisti coevi. 39 Si vede che aggiunge alla prima redazione perché dopo aver riportato la notizia della morte ritorna a raccontare di quando era bambina fatto che lascia pensare ad una redazione preparatoria. Cfr. VITE DI PITTORI, [p. 200 - I - C_109V]: «Anna Maria Scurmana, nacque in Utrecht l’anno 1607, fu un portento della natura nel leggere di tre anni, nel disegnare di sei, nel dipignere fiori e nello scolpire in legno e cera naturali ritratti. Quanto portentosa coi pennelli, altrettanto colla penna e colla lingua fu prodigiosa in filosofia, in teologia e in diversità di linguaggi. Teneva assidue conferenze e dispute coi più eruditi sapienti. L’anno sessantesimo fu l’ultimo di sua vita. Sandrart, a 379. Anna Maria Schurmanns, fanciulla, nacque in Utrecht il dì 5 dicembre 1607. In età di tre anni sapeva leggere perfettamente, di 7 anni parlò bene la lingua latina, dipingeva bene in frutte, fiori, insetti, uccelli ed ogni altro animale. Di anni dieci disputava in lingua latina, fiamminga e franzese, poi studiò la lingua greca. Aveva una memoria angelica. Studiò la lingua ebraica sotto Gisberto Vossio. In somma, parlava benissimo greco, latino, italiano, tedesco, spagnuolo, fiammingo, franzese, ebraico, siriaco e caldeo. Di Utrecht passò in Pollonia invitatavi da quella regina come lo fu ancora da quella di Boemia, riputata da tutti per un prodigio. Morì in Altona in età di anni 71. Jacob Campo Weyermann, parte II, da 57 a 62». 36
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raccolte da altre fonti procedendo settorialmente, venendo talvolta meno al rigoroso ordine alfabetico proprio degli Abecedari. Si può dedurre che il fiorentino giunto in possesso del testo ricercato, abbia ripreso intere sezioni, inserendole nel tessuto del suo manoscritto, probabilmente con l’intenzione di una seconda revisione. In alcuni casi è possibile constatare come Gabburri collazionò più fonti ampliando quanto detto da Weyerman, ricorrendo non solo a De Bie, De Piles e Le Comte, ma pure al Cominciamento dell’arte dell’intagliare in rame40 di Baldinucci. Sfogliando le Vite inserite tra gli Aggiunti emerge con frequenza come unica fonte Weyerman41, in questi casi le biografie sono molto sintetiche e si limitano a fornire pochi dati fondamentali: data di nascita e morte, soggetti pittorici trattati prevalentemente, soggiorni all’estero e informazioni sulla formazione giovanile dell’artista. Le occorrenze del nome di Weyerman hanno un peso importante nell’economia del testo: l’essere in molte voci l’unica fonte esplicitata dal fiorentino, con precisione di rimandi (sempre corretta la segnatura di volume e pagina), indurrebbe a ipotizzare uno studio diretto de De Levens, malgrado le difficoltà linguistiche42. Già la Borroni Salvadori43 nel 1974 aveva chiarito il ruolo della fitta rete di corrispondenti nella stesura delle Vite di Pittori del nostro erudito fiorentino. La studiosa mostrava come i contatti con personaggi legati al mondo delle belle arti operanti non solo sul territorio nazionale, avessero garantito fonti aggiornate e precise su artisti anche trascurati. La pubblicazione di gran parte di questi carteggi ha permesso di conoscerne lo spessore. Nonostante ciò scorrendo altri scritti autografi di Gabburri conservati presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze sono emersi alcuni documenti preziosi che arricchiscono, ad esempio, la conoscenza del rapporto con Norden44. In una lettera inedita Norden scriveva al Nostro da Livorno, in data 29 maggio 1736, e oltre a ragguagliarlo su delle traduzioni che tardavano ad arrivare, forniva un breve elenco di artisti fiamminghi, per lo più incisori. Gabburri riprese queste notizie nel manoscritto, operando però in maniera diversa da un artista all’altro; in alcuni casi si limitava a proporre
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1686. Da osservare che come Van Mander nella sua biografia viene ricordato come autore del Libro de’ pittori, così anche nel caso di Weyerman l’autore citava il libro colle Vite de’ pittori. VITE DI PITTORI, [p. 1629 - III C_317V]: «Jacob Campo Weyerman, pittor fiammingo e scrittore delle Vite dei pittori fiamminghi e olandesi nella sua lingua nativa, in tre tomi. Fu scolare di Van der Laur, nella Vita del quale lui medesimo ne dà contezza». Di Houbraken, che viene citato genericamente solo in due biografie e in entrambe i casi si tratta di un riferimento generico senza segnalazione del titolo e della pagina, Gabburri non riportava alcun riferimento all’attività letteraria del medesimo, ma la ricordava indirettamente nelle voci relative ad altri artisti: VITE DI PITTORI, [p. 1543 - III - C_272R]: «Houbracken, intagliatore olandese, nativo della città di Dordrect. Questo è il migliore intagliatore che sia presentemente in Olanda, specialmente in ritratti, seguitando la maniera di Cornelio Visser. Se corrispondesse l’intelligenza del disegno al buon gusto dell’intaglio sariano più stimabili le di lui opere. Vive in età di anni 43 nel 1739»: VITE DI PITTORI, [p. 472 - I - C_261V]: «Bernardo de Valkert, nacque in Amsterdam e fu scolare di Henrico Goltzio. Arnaldo Houbraken scrive di aver vedute delle sue opere nel 1623 e ne fa molta lode. La sua maniera di dipingere era molto simile a quella del suo maestro. Tanto dice Jacob Campo Weyerman, nella parte II». 42 Tuttavia per affermare ciò sarebbero necessari nuovi elementi, è auspicabile che una ricognizione su altri documenti potrebbe legittimarci a ritenere che il fiorentino, come già fece Baldinucci con Van Mander, si fosse avvalso di un traduttore o recensore del testo olandese; in tal senso potrebbe esser utile l’inventario in morte della biblioteca personale dello studioso, o il taccuino, anch’esso custodito a Parigi, che secondo la Barbolani e Turner riporta anche brevi appunti di traduzioni. BARBOLANI DI MONTAUTO-TURNER 2007, p. 30. 43 BORRONI SAVADORI 1974a. 44 Un primo elenco di corrispondenti esteri con cui Gabburri fu in contatto era stato presentato dalla Borroni, BORRONI SALVADORI 1974a. Il carteggio documenta la continua ricerca di fonti e stampe sul mercato internazionale. A tale proposito si veda la lettera del 29 maggio 1736, ZIBALDONE 1195, [cc. 49-53]. Vedere Appendice II. 41
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una traduzione fedele di quanto Norden gli comunicava45 (Fig. 3), in altri invece sembra aver lasciato sedimentare questi appunti alcuni anni, inserendoli nelle Vite tra 1739 e 1740, e, dettaglio curioso, aggiornando l’età di questi pittori-incisori al momento in cui scriveva46 (Fig. 4).
Fig. 3 ZIBALDONE 1195, c. 50.
. Fig. 4 ZIBALDONE 1195, c. 51.
Ci sono altresì anche casi in cui il biografo, evidentemente ritenendo gli artisti in questione di particolare rilevanza, riportava quanto dettogli dal corrispondente con copiosissime aggiunte di informazioni desunte da altre fonti, quali il Weyerman stesso, il De Piles ma anche attraverso una conoscenza diretta del loro operato47 (Fig. 5).
Come per Van Lugterin, Schee, Mieris, Gaspero Luycken, Giovanni Goeré, Van der Meyr, Blyswqk e Bernardts. Vedere Appendice II. 46 Vedesi le biografie di Bruysen, Mousseron, Troost, Van Sly, Fanje, Houbraken.Vedere Appendice II. 47 Ad esempio la biografia di Romayn de Hooghe inizia con quanto gli era stato scritto da Norden ma viene ampliata con notizie derivate da Weyerman e Le Comte; analogo sviluppo si rivede nella Vita di Giovanni Luycken dove aggiunge alle brevi notizie del tedesco informazioni apprese da Weyerman. Invece diede ancora maggiore sviluppo alle Vite di Bernardo Picart e di Giovanni Maria Quinkard incisori a lui noti grazie a numerose opere a stampa che dovette consultare direttamente. Vedere Appendice II. 45
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Fig. 5 ZIBALDONE 1195, c. 53.
Restituisce altri spunti utili il carteggio tra Gabburri e Giovanni Battista Costantini, con cui scambiò notizie derivanti dalla personale raccolta di disegni e stampe, come sembra mostrare un appunto conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze 48. Questa filza raccoglie biglietti con annotazioni varie, a testimonianza del lungo lavoro di redazione protratto negli anni. Gli appunti confermano che oggetto di interesse primario per l’erudito fossero gli estremi cronologici, il tipo di soggetti trattati, le notizie sulla formazione e simili. Gli approfonditi studi su Gabburri han mostrato che spesso le notizie gli furono inviate dagli artisti stessi o dai loro familiari, ad esempio per la Vita di Giovanni Danielle Preisler, di cui si conservano documenti nel suddetto fondo fiorentino49. Questi appunti molto frammentari non sempre però permettono di trarre delle indicazioni riguardo ai corrispondenti e alle fonti di Gabburri, come nel caso della vita di Pietro Paolo Brandel50. In conclusione possiamo osservare che se la base su cui lavorare per tessere la complessa trama delle Vite, era stata l’Orlandi, il metodo di redazione del testo sembra avvicinarsi anche alla straordinaria impresa biografica che molti decenni prima aveva realizzato Filippo Baldinucci51, primo a formulare una storia universale dell’arte utilizzando e valorizzando soprattutto le cronache della vita di ogni artista. Francesco Maria Niccolò Gabburri fece dunque tesoro di un’esperienza unica traducendo lo spirito dello storiografo del cardinal Leopoldo de’ Medici, in un’impresa che a ZIBALDONE 1198, [c. 106]: «[...] Monsù Schugnans, si desidera sapere il nome di battesimo la patria il tempo della nascita il maestro o maestri se vive a dove, e altre notizie della sua abilità [in margine: Antonio di Anversa]. Monsù Aurora fiammingo, di questo artefice altresì si desiderano tutte le sopra dette notizie [...] Monsù Scugnans è di nome Antonio d’Anversa in Fiandra operò in Roma di figure e si portò assai bene nei ritratti e nelle bambocciate particolarmente, con gran gusto di colore et io me ne ritrovo sei pezzi. Monsù Aurora non è stato possibile sapere il suo nome solamente ho trovato che fosse fiammingo e che non morì in Fiandra; le sue opere consisterono in animali quadrupedi e volatili e le terminò assai e con gran sapere e gusto e se ne ritrova qualche quantità di pezzi il Sig. Principe Panfili et ancor io me ne ritrovo quattro. Ecco quanto mi è potuto riuscire in adempimento delle mie obligazioni in far rimaner servita vostra illustrissima a cui faccio profondissimo inchino». Secondo quanto scritto nelle Vite di questi due artisti le informazioni vennero proprio da Costantini, vedi VITE DI PITTORI, [p. 375 - I - C_211R]: «Antonio Scugnans della città di Anversa, fu in Roma dove operò di figure e si portò assai bene nei ritratti e nelle bambocciate, particolarmente per il gran gusto di colore. Io son debitore di queste notizie al signore abate Giovanni Battista Costantini gran dilettante di pitture in Roma, dove conserva una sceltissima e numerosa collezione di quadri, tra i quali ne possiede sei di questo artefice»; confronta con VITE DI PITTORI, [p. 1921 - IV - C_084R]: «Monsù Aurora, pittore di animali, di penne e di pelo. Visse in Roma circa l’anno 1711, lasciando fama di valentuomo. Moltissimi suoi quadri si vedono per le gallerie di Roma, ma in specie in quella di casa Panfili e in quella del signor abate Giovanni Battista Costantini, il quale, con sue notizie manoscritte cortesemente comunicatemi l’anno 1741, mi ha assicurato che nacque e morì in Fiandra, che terminò assai le sue opere con gran sapere e gusto di colore». 49 ZIBALDONE 1198, [cc. 25-27] e [cc. 37-39] e VITE DI PITTORI, [p. 1297 - III - C_193R]. 50 Cfr. ZIBALDONE 1198, [c. 164] e [c. 71] e VITE DI PITTORI, [p. 362 - IV - C_204V]. 51 Già la Barbolani aveva proposto una stretta relazione tra i due storiografi fiorentini, BARBOLANI DI MONTAUTO 2006, p. 94. 48
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sua volta sarebbe stata modello per il futuri biografi e compilatori. Le attenzioni alle cronologie, ai rapporti con il collezionismo ed il mercato contemporaneo, ma soprattutto al valore della fortuna visiva dell’opera d’arte, che nell’incisione avrebbe trovato la massima espressione celebrativa, fanno del repertorio gabburriano la prima moderna operazione di gestione del patrimonio culturale del Settecento. APPENDICE I Lettera di Mariette a Gabburri da Bottari: « [...] Nota de’ libri da voi desiderati che si potranno trovare in Parigi, co’ loro prezzi presso a poco. Parallèle de l'Architecture antique et de la moderne, par Chambray, etc. Paris, 1702, f.; ma la buona edizione è quella del 1650, ed è molto stimata, perché le tavole dopo questa furono ritoccate. La buona può valere 4 scudi. L’Art de Nager, 1696, in 12, paoli 5. Des Proportions du Corps humain, mesurées sur les statues antiques par Audran, in fol., paoli 8. Sentimens sur la distinction des manières de la Peinture, etc., par Bosse, f., paoli 6. Traité de l’Art de Graver, par le même. Edizione accresciuta dopo quella del 1645, paoli 7. La Description de l’Académie de Peinture de Paris, par Guerin, etc., les noms des académiciens, qui composent cette académie, par Colombat, paoli 5. Traité de Peinture de Du Puy. A Touluse. Qui non si trova, ma lo farò venire da Tolosa. Può valere 15, o 16 paoli. Le livre de l’Académie des Sciences et des Arts, de Bullart. Due vol., f., ma non è facile a trovarsi, e trovatolo varrà presso a 4 scudi. Quel che ha scritto Cornelio de Bie intorno alle vite de' pittori Fiamminghi, cioè del suo paese, è un sol volume in 4, nel quale son circa a 100 ritratti d'artefici bene intagliati, ed è totalmente diverso da quello di Van Mander, che è il primo che abbia scritto in fiammingo le vite de’ pittori, ed è parimente un tomo in 4, grosso nello stesso modo. Mi sono spiegato così minutamente, perché il P. Orlandi nel suo Alfabeto Pittorico ha imbrogliato tutta questa cosa. Il primo vale tre scudi e mezzo, e il secondo due e mezzo. Io non so che libro sia quello che il detto padre nomina Accademia Cavalleresca, che egli dice essere scritto in tedesco, né l’ho sentito mai citare da altri. I due libri dello Zuccheri son più difficili a trovarsi, che buoni a leggersi, e io non vi ho trovato da imparar nulla. La prima parte della Luce del Dipingere, di Crispino del Passo è un assai cattivo libro per imparar l'arte del disegno, e non merita d'esser messo tra’ libri di pittura. Nel Catalogo del P. Orlandi ne mancano alcuni, benché stampati in Italia, che tuttavia sono da aversi; siccome anco ne mancano di quelli de’ nostri autori, de’ quali ne noterò qui alcuni. Discours prononcés dans les conférences de l’académie de Peinture, par Antoine Coypel, premier peintre du Roy, Paris, 1721, in 4, vale 16 paoli. L’Art du Feu ou de pei Eloge funèbre de M. Coyzevox, sculpteur du Roy, prononcé dans l’Académie par M. de Fermelhys. Paris, 1721, in 8, paoli 2. La Vie de M. Mignard, premier Peintre du Roy, par M. de Monville. Paris, 1730, in 12, vale 6 paoli. L’Histoire des Arts qui ont rapport au Dessein, P. Menier. Paris, 1731, 12, paoli 6. Le Peintre parlant, et le Songe énigmatique sur la Peinture, par Hilaire Pader. Toulouse, 1653, 4, paoli 8. La Description des Tableaux du Palais Royal, et les vies des Peintres, qui les ont faits; par Saints Pelais. Paris, 1727, in 12, paoli 6. Eloge de M. le Clerc, chevalier romain par M. de Vellemont, etc. avec le catalogue de ses ouvrages. Paris, 1715, paoli 4. Le Cours du Peintre de M. de Piles, etc. Paris, 1708, paoli 5. Dialogue sur le Coloris, par le même. Paris, 1699, paoli 3. Dissertations sur les ouvrages des plus fameux Peintres, par le même, Paris, 1681, paoli 3. Io poi, che ho una bella serie di libri di pittura, e ne ho una specie di bisogno per fare l’Istoria dell'Arte d’Intagliare, desidererei il seguente libro: Breve Compendio della Vita di Tiziano, con l’albero della sua descendenza. Venezia, 1622, in 4, molto sottile, e vi rimarrei molto obligato se me lo trovaste a un prezzo ragionevole».
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APPENDICE II Confronto tra la lettera di Norden (ZIBALDONE 1195, [cc. 49-53]) e le biografie gabburriane riportate a seguito. Norden «W. Venkolpe [...] Peintre en historie et un bon connaisseur dans l’art, il a ranche et dessine aussi pour les graveurs. C’est un homme de 60 ans». Non trovato nelle Vite di Gabburri. Norden «Mousseron [...] est un excellente peintre des paysages. Il peint plusieurs chambres des grands seigneurs qui sont vous dans un [...] fort paysan a voir [...]Il a 60 ans». VITE DI PITTORI, [p. 1902 - IV - C_074V] «Mousseron. Questo è un pittore olandese, eccellente nei paesi. Ha dipinto e dipinge molte camere a diversi gran signori e la sua maniera di dipingere dà molto gusto. Vive in età di circa 62 nel 1739». Norden «Quinkhard. Peintre des histoires mais sur tout des portraits qui ressemblent très bien il est né a [...] dans la ville de Kees est âgé da 50 ans». VITE DI PITTORI, [p. 1515 - III - C_257R] «Giovanni Maria Quinkard, pittore. Questo artefice valse molto nei ritratti e in altre opere. Vedesi, tra gli altri, il ritratto di Arnaldo Drakenbores intagliato da Giovanni Houbraken, nel primo tomo del Tito Livio, stampato nel 1738». Norden «Troost. Peint des assemblées, grand comme la vie mais le plus grande partie de ses ouvrages consiste en portraits qui font assez bien bouillir la marmite dans ce pays. Il est hollandais de 35 ans». VITE DI PITTORI, [p. 2373 - IV - C_325R] «Troost olandese. Questo pittore dipinge assemblee di figure grandi al naturale, introducendo in quelle ritratti di persone, che fanno diverse funzioni e specialmente che stanno occupati in cose vili, come nel far bollire la pentola e cose simili. Vive in Amsterdam nel 1740, in età di anni 40 in circa ed è in stima di buon professore». Norden «Dubourg. Peintre des historie arrangé très bien et dessiné par excellence. Il foi plusieurs desseins pour être gravé. Il est à Amsterdam, en vivan 40 ans». VITE DI PITTORI, [p. 746 - II - C_124V] «Dubourg di Amsterdam, pittore di storie bene inventate, ben disposte e disegnate per eccellenza. Fa diversi disegni per la stampa e specialmente per frontespizi di libri, sul gusto olandese. Vive in patria in eta di 42 anni in circa, nel 1739». Norden «Mieris. Bon peintres qui fais de bons portraits il est grand connaisseur de l’antiquité, il demeure à une ville en Hollande». VITE DI PITTORI, [p. 1901 - IV - C_074R] «Mieris, questo è un buon pittore di Leida in Olanda. Fa dei ritratti molto buoni ed è gran conoscitore delle cose antiche. Viveva nel 1737». 58
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Norden «Van der Meyr. Demeure aussi à Leida [...] font soigneusement il est amateur de l’antiquité». VITE DI PITTORI, [p. 2417 - IV - C_347R] «Vander Meyr pittore di Leida. Disegnatore molto accurato e grande amatore delle cose antiche. Viveva nel 1736». Norden «P. J. Wandelaar. Est présentement le meilleur de ce que nous avons ici. Il dessine fort bien et il [...] dans une grande [...] il grave casuellement avec le burin [...] est un hollandais demeurant in Amsterdam, âgé 50 ans». Norden «Van der Laan. Est bon graveur dessine et arraché. Sa force est dans des petites figures modernes. Agé de 50 années, né à Amsterdam». Queste due annotazioni vengono sintetizzate in un’unica voce. VITE DI PITTORI, [p. 2436 –IV - C_356V] «Vandelaar o Vander Laan, pittore di Amsterdam. Nel 1737, in età di anni 50, egli era il migliore di tutti coloro che erano in quel tempo in Olanda. Bravissimo disegnatore e pittore e meritevole di una lode distinta per l’invenzione e disposizione delle sue storie, come pure per il suo intaglio a bulino». Norden «Aven Bruysen. Est un bon artiste et qui sait encore dessiner quelque chose. Il est né à Amsterdam. Agé 60 ans». VITE DI PITTORI, [p. 342 - I - C_194V] «Avan Bruysen. Questo è un buon disegnatore olandese della città di Amsterdam, dove vive nel 1738, in età di anni 61». Norden «Fanje. Est ne en Frise âgé de 30 ans, il travaille à la manière française et dessine parallèlement». VITE DI PITTORI, [p. 342 - II - C_194V] «Fanie. Questo è un pittore nato in Frisia. Opera sul gusto franzese e disegna passabilmente bene. Vive in Amsterdam nel 1740 in età di anni 32». Norden «Van Sly. À la manière française arraché et dessin assez bien. Est d’Amsterdam. Agé 28 ans». VITE DI PITTORI, [p. 2417 - IV - C_347R] «Van Sly pittore di Amsterdam. Opera sul gusto franzese, inventa e distribuisce bene le figure e disegna assai di buon gusto. Vive in patria nel 1740, in età di anni 31». Norden «Bernardts. Est un graveur qui est entièrement le maitre de son burin, il peut aussi corriger de dessein. Il brabant de naissance âgé 70 ans d’Antwerp». VITE DI PITTORI, [p. 477 - I - C_264R] «Bernardo o Bernardts, nato nel Brabante. Bravo intagliatore a bulino, di cui n’è possessore e maestro. Egli è capace altresì di correggere un disegno prima d’intagliarlo. La propria patria è la città di Anversa; nel 1736 egli è di anni 70».
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Norden «Houbraken. Est graveur des portraits qu’il fais très bien, il est le meilleur que travaille selon la maniéré de Corneille Visser, il ne sait pas dessiner. C’est un hollandais né a Dordrecht, âgé 40 ans». VITE DI PITTORI, [p. 1543 - III - C_272R] «Houbrackem, intagliatore olandese, nativo della città di Dordrect. Questo è il migliore intagliatore che sia presentemente in Olanda, specialmente in ritratti, seguitando la maniera di Cornelio Visser. Se corrispondesse l’intelligenza del disegno al buon gusto dell’intaglio sariano più stimabili le di lui opere. Vive in età di anni 43 nel 1739». et douche».
Norden «Blyswqk. A Leida dessine et grave, fait ses ouvrages fort, uni
VITE DI PITTORI, [p. 466 - II - C_258V] «Blyswqk di Leida. Disegna e intaglia di buon gusto e le sue opere sono molto unite e di maniera molto dolce. Viveva nel 1736».
Norden «Scuplteurs Van Lugteren est le meilleur».
VITE DI PITTORI, [p. 2417 - IV - C_347R] «Van Lugterin scultore olandese, il migliore che vivesse in quelle parti nel 1736».
Norden «Schee est bon en petits génies».
VITE DI PITTORI, [p. 2295 - IV - C_286R] «Schee, scultore olandese, viveva nel 1736 ed era molto stimato, particolarmente nelle figure piccole». Norden «Remyn de Hooghe. Plein de génie et prompt a graver en [...] avec le burin. Il gravait sans avoir fait le dessein pas avant, de sorte qu’il ébauchait d’abord sur le cuivre ce qui lui venait dan l’esprit, chose qui n’a jamais été fait d’auqu’n autre». VITE DI PITTORI, [p. 2232 - IV - C_249V] «Romayn o sia Romano de Hooyhe ovvero Hooghe. Questo è stato uno intagliatore olandese pieno di spirito e pronto nell’intagliare a bulino. Intagliava senza aver fatto prima il disegno, di sorte che sbozzava subito sul rame tutto ciò che gli veniva nell’idea, la qual cosa non è mai stata fatta da verun’altro. È morto circa il 1730. Si trova scritto altresì Romijn de Hooghe, di cui si trovano alcune stampe di buon gusto e intagliate all’acquaforte del 1672. Jacob Campo Weyerman scrive la Vita di questo artefice diffusamente nella parte III, chiamandolo Romano de Hooge, dicendo che era un bravo pittore ma così depravato di costumi che tace il luogo della sua nascita per risparmiare la vergogna (dice egli) alla propria patria. Convinto del peccato nefando e di corrompere i costumi dei giovani con massime diaboliche, colla lettura dei libri oscenissimi dell’aretino con delle stampe abominevoli, fu esiliato di Amsterdam e per penitenza mandato nell’Indie. Florent Le Comte, libro I, edizione II, a 214, nel catalogo delle stampe di Anton Francesco Vander-Mealen, dice che intagliò diverse opere di quel bravissimo artefice». Norden «Le grand Jean Luychen. Dont le semblable n’a jamais été et peut être ne viendra jamais». 60
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VITE DI PITTORI, [p. 1333 - III - C_161R] «Giovanni Luycken nacque in Amsterdam l’anno 1649, dagli olandesi cognominato il grande, per la sua intelligenza nell’intaglio, di cui dicono essi non vi essere stato né che sia esservi mai il migliore. Il suo maestro nella pittura fu Martino Zaagmolen ma quella abbandonò per l’intaglio, per cui sofferse molte persecuzioni dagli altri intagliatori suoi emuli. Morì finalmente l’anno 1712, lodato e stimato da tutti. Tanto asserisce Jacob Campo Weyerman nella sua Vita, parte III, da 109 a 114». Norden «Son fils Casper Luychart. Il dessinait à l’impromptu des choses merveilleuses dans le [...] gout avec cent miler variations». VITE DI PITTORI, [p. 1282 - III - C_135V] «Gaspero Luycken intagliatore olandese, figliuolo di Giovanni. Disegnava all’improvviso cose maravigliose, di un gusto grandissimo, con centomila variazioni». Norden «B. Picart. Travaillant joliment à la maniéré de monsieur Le Clerc ce grand maitre français». VITE DI PITTORI, [p. 476 - I - C_263V] «Bernardo Picart disegnatore e intagliatore rinomatissimo, detto il Romano. Nacque in Parigi il dì 11 di giugno 1673. Stefano suo padre, celebre ancor esso nell’intaglio, fu suo maestro tanto in quest’arte che nel disegno. In età di 12 anni cominciò a esercitarsi sopra di sé nel disegno, spinto dalla forza dell’emulazione nel vedere Benedetto Audran, il quale stava in sua compagnia in casa di suo padre, facendo a gara la sera a disegnare d’invenzione. Nel 1689 studiò la prospettiva e l’architettura nell’Accademia di pittura in Parigi dal celebre Sebastiano le Clerc. Dopo due anni ottenne il premio della detta Accademia per mano dell’insigne Carlo Le Brun ma, per la morte di sì grand’uomo, non potendo più approfittarsi dei di lui insegnamenti e della sua direzione, continuò a mostrare i suoi disegni agli appresso pittori, cioè a Della Fosse, Houasse Jouvenet, Coypel e Ruggiero de Piles. Fatta amicizia con monsù Vanschupper, pittore della sua età, si comunicavano a vicenda i loro disegni, dicendo reciprocamente sopra di quelli con libertà i loro pareri. Insieme con esso studiò la notomia da monsù de Libre. Sul principio ebbe della repugnanza a seguitar l’intaglio ma, a riguardo del padre e per aver già acquistata della stima, si trovò rimpegnato a proseguirlo. Dopo aver intagliato diverse cose partì di Parigi nel 1696 e se ne andò nei Paesi Bassi e in Anversa guadagnò il premio in quella Accademia, dove fu obbligato a lasciare la sua opera e dalla quale ebbe altresì l’onore di esser presentato all’Elettore di Colonia e fatto conoscere per il migliore disegnatore che fosse allor nella medesima Accademia. Nella primavera susseguente passò in Olanda, dove intagliò diverse cose e fece stampare i discorsi e le figure di una conferenza di Carlo Le Brun sopra le passioni dell’animo, la qual [p. 477 - I- C_264R] controversia gli era capitata nelle mani prima di partire di Parigi e della quale egli ne cominciava a intagliare le figure, quando poi, avendone ritrovate 12 di più, ve le aggiunse l’anno 1712. È questa un’opera utilissima per tutti coloro che sono applicati al disegno, alla pittura e all’intaglio. In questo tempo essendogli morta la madre e ammalato suo padre, fece ritorno a Parigi nel 1698, dove poi prese moglie nel 1702, dalla quale ebbe diversi figliuoli, che tutti morirono in tenera età. Nel 1708 essendo restato vedovo, lasciò la Francia nel 1710 per ritornare in Olanda. Ma presto gli convenne ripassare nuovamente in Francia per assistere alla morte del padre, quale indusse miseramente a lasciare la vera e unica religione cattolica
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romana, apostatando ancor esso per sua eterna miseria e resesi protestante. Dopo molti contrasti, venendo allettato dalle offerte del re di Svezia, partì di Francia nello stesso anno 1710. Ma a cagione che il regno di Svezia era allora in grandissimo disordine, si fermò in Amsterdam e quivi di nuovo prese moglie e continuò a intagliare e disegnare indefessamente sino alla morte senza mai stancarsi, la quale seguì all’Italia il dì 8 maggio 1733 in età di circa 60 anni. Fu uomo indefesso e innamorato della sua arte. Pare impossibile che un uomo solo possa avere intagliato tanti rami, quanti sono quelli che si trovano registrati nella sua Vita col titolo di elogio istorico, unita al libro intitolato Imposture innocenti ecc., scritto in idioma franzese, stampato in Amsterdam nel 1734, a carta 2, a cui va in fronte un discorso dello stesso Bernardo Picart intorno alle prevenzioni di alcuni dilettanti in genere dell’intaglio. E in fondo di detto libro, vedesi un copioso e distinto catalogo delle sue stampe». Norden «Jean Goere. Excellent dans ses arrangements et un très grand connaisseur dans tout ce qui regardait l’art de dessiner sur tout dans l’antique». VITE DI PITTORI, [p. 1333 - III- C_161R] «Giovanni Goeré pittore olandese, fu eccellente nelle composizioni e grandissimo conoscitore in tutto ciò che appartiene al disegno e sopra tutto nelle cose antiche».
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«BEN COGNITA AI DILETTANTI»: L’ARTE INCISORIA PER FRANCESCO MARIA NICCOLO GABBURRI Cavalier Francesco Maria Niccolò Gabburri, luogo tenente per Sua Altezza Reale il serenissimo granduca di Toscana, nella celebre e antichissima Accademia fiorentina del Disegno, nella sua numerosa collezione di scelti disegni di tutti gli autori più insigni1.
Con queste parole l’erudito fiorentino si presenta per la prima volta nelle Vite di Pittori, sia nel ruolo ufficiale del mondo culturale fiorentino che in quello di attento e sofisticato collezionista di opere grafiche, offrendo in poche righe un interessante trait d’union tra la personale storia biografica e collezionistica e i suoi scritti mai terminati e pubblicati. È proprio partendo da questo punto di vista che il presente contributo si propone di ripercorrere il manoscritto gabburriano, effettuando un viaggio trasversale fra quelle pagine lette e studiate da generazioni di «dilettanti» e «intendenti», nel tentativo di porre in evidenza il ruolo dell’arte incisoria nella stesura delle Vite. Molto è stato scritto dell’attività collezionistica di Gabburri, del ruolo da lui svolto nella Firenze della prima metà del XVIII secolo e dei rapporti epistolari con la maggior parte degli intellettuali e collezionisti contemporanei, offrendo la chiara immagine di un personaggio fortemente presente nella vita culturale del proprio tempo2. Preziosi contributi hanno permesso di rintracciare e ricostruire, almeno in parte, il corpus della vasta collezione grafica3 che l’erudito custodiva fra le mura del palazzo di famiglia in via Ghibellina, utilizzando non solo la documentazione nota sin dall’inizio del XIX secolo, ma anche nuove fonti documentarie emerse negli ultimi anni4. In tutto questo lavoro di ricerca le Vite hanno sempre offerto una notevole fonte di informazioni, svolgendo un indiscusso ruolo documentario nella VITE DI PITTORI, vita di «Alessandro degli Alessandri» [p. 159 – I – C_089R]. Per la conoscenza di Francesco Maria Niccolò Gabburri e della sua attività culturale nella Firenze di primo Settecento cfr. BORRONI SALVADORI 1974a; BORRONI SALVADORI 1974b; BANDERA 1978b; TOSI 1990; ZAMBONI 1996; PERINI 1998; TURNER 2003; BARBOLANI DI MONTAUTO 2006; BARBOLANI DI MONTAUTO-TURNER 2007. 3 Cfr. TURNER 2003; BARBOLANI DI MONTAUTO-TURNER 2007. 4 Dallo spoglio della letteratura recente è emersa la presenza di nuovi documenti gabburiani. Una prima traccia si trova nel saggio di Chiara Zamboni, con un riferimento ad un «archivio privato», in cui l’autrice aveva trovato un inventario inedito e in corso di analisi per una futura pubblicazione. «L’inventario è costituito da due volumi di modeste dimensioni. Il Primo, sulla cui custodia compare scritto: «Catalogo di stampe e disegni. Manoscritto P.I» ed una aggiunta più recente a penna (biro): «Gabburri». Il manoscritto ha le pagine numerate sul solo recto, per un totale di 150 cc., mentre sono scritte su entrambe le facce. […] A lato è indicato il costo in ruspi del singolo pezzo. Il Secondo volume, «Catalogo di stampe e disegni. Manoscritto II» di dimensioni leggermente più grandi del primo, ha anch’esso le pagine numerate solo sul recto, fino a c. 105 […]» (ZAMBONI 1996, p. 62, nota 16). Altre notizie su cataloghi inediti redatti da Gabburri sono forniti da Novella Barbolani di Montauto, che nel 2006 ricorda come «il secondo inventario segnalato in TURNER 2003, è stato recentemente acquisito dall’Institut Néerlandais, collection Frits Lugt di Parigi (segnato ms. 2005-A.687B)» (BARBOLANI DI MONTAUTO 2006, p. 87, nota 27). Nel recente contributo della stessa studiosa, scritto insieme a Nicholas Turner, la descrizione dei manoscritti diventa più dettagliata: «Parigi, Fondation Custodia-Institut Néerlandais, collection Frits Lugt: Catalogo di stampe e disegni, Manoscritto P.II (Inv. 2005-A.687B). Volume rilegato (cm 31,3x21,2), comprendente 105 pagine di cui l’inventario, composto da 1688 voci, ne occupa 50. Il volume – insieme ad altri libri compagni, con legatura in cartone marmorizzato, contenenti vari appunti, traduzioni e un altro catalogo dei disegni raccolti però in gruppi e stimati in ruspi fiorentini – è stato acquistato nel 2005 dall’Istituto parigino presso una collezione privata; tutti i manoscritti facevano parte dei beni di Niccolò Gabburri rimasti agli eredi» (BARBOLANI DI MONTAUTO– TURNER 2007, p. 76, nota 9). Le notizie degli ultimi contributi non mettono in relazione il materiale della Fondation Custodia con quello dell’archivio privato riportato dalla Zamboni, ma le descrizioni simili e la corrispondenza cronologica di passaggio da una collezione privata all’Istituto parigino (nel 1996 e nel 2003 si parla ancora di privati, mentre l’acquisto è del 2005), lasciano intendere che si tratti degli stessi manoscritti. Per il presente contributo non è stato possibile prendere visione diretta del materiale parigino, ma per gli sviluppi futuri delle ricerche su Gabburri sarà approfondito anche questo aspetto degli scritti dell’erudito fiorentino. 1 2
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loro veste di risultato di un lavoro sistematico, frutto di una vita spesa per l’arte. Alla luce di tutto ciò, si è cercato di delineare la profonda fusione fra il Gabburri collezionista e grande conoscitore di stampe5, uomo pienamente consapevole della funzione e del valore dell’arte incisoria, e il Gabburri autore delle Vite, revisore dell’Abcedario pittorico del padre Pellegrino Orlandi6, puntiglioso e indefesso raccoglitore di informazioni biografiche ed artistiche. Una fusione che appare evidente se si considera che alle numerose fonti letterarie, scrupolosamente riportate in coda ad ogni biografia7, se ne aggiunge una nuova, la stampa, e si avverte in maniera tangibile come per il fiorentino le incisioni siano diventate attendibili e rispettabili fonti bibliografiche. Un approccio di questo genere è stato reso possibile esclusivamente grazie al lavoro di trascrizione e di informatizzazione effettuato: infatti questo non solo permette di preservare il manoscritto originale dall’usura della numerosa utenza, ma offre un prezioso strumento di ricerca, capace di andare al di là della tradizionale lettura progressiva, attraverso l’utilizzo di precise occorrenze inerenti agli argomenti studiati. In questo modo, volendo fare una ricerca, quale può essere quella qui proposta, non legata specificatamente agli autori biografati, con la lettura tradizionale sarebbero stati necessari dei tempi molto dilatati, dovuti all’esigenza di dover leggere interamente e progressivamente l’intero manoscritto: viceversa, sfruttando lo strumento informatico è stato possibile attraversarlo trasversalmente, raccogliendo i dati utili, intrecciandoli fra loro e rapportandoli a quelli reperiti in altre fonti gabburriane8. Tutto questo non esclude assolutamente la visione del manoscritto originale, il quale mantiene in sé delle imprescindibili informazioni celate non tanto nel contenuto, che si mantiene immutato nella Se il destino della collezione di disegni del Gabburri è stato in qualche modo delineato (cfr. nota 3), meno chiaro appare quello della vasta raccolta di incisioni. Non si ha notizia di particolari marche collezionistiche, perciò non è semplice identificare gli esemplari nonostante le descrizioni dei cataloghi. Unico riferimento presente nella letteratura intorno all’erudito fiorentino riguardante le sue stampe, è quello fatto da Sandrina Bandera, che in una nota del suo articolo Le relazioni artistiche tra Firenze e la Francia nel Settecento, scrive «Mentre pare che la collezione di disegni del Gabburri si sia dispersa al di fuori d’Italia, per il coincidere di alcuni elementi si può supporre, ma solo ipoteticamente, che la sua raccolta di stampe sia confluita nei fondi della Biblioteca Marucelliana sorta sui lasciti dell’abate Francesco Marucelli». Tale ipotesi «si basa essenzialmente sul fatto che quasi tutte quelle citate nell’inventario del 1722 e quelle pervenute al dilettante toscano anche in seguito, documentate in base al carteggio pubblicato nella serie edita da BOTTARI-TICOZZI […] si trovano nella biblioteca fiorentina molto spesso con il medesimo ordine e numero di inventario. La dottoressa Fabia Borroni Salvadori […] sottoscrive quasi senza alcun dubbio la mia ipotesi (comm. orale)» (BANDERA 1978a, p. 20, nota 33). Negli scritti della Borroni Salvadori non si trova alcun cenno a tale ipotesi e allo stato attuale non è stato possibile approfondire la ricerca, che sarà successivamente ampliata provando a seguire tale strada. 6 Per un approfondimento sull’argomento e per i riferimenti bibliografici si veda il contributo di Alessia Cecconi nel presente numero di «Studi di Memofonte». L’Orlandi aveva già dimostrato un certo interesse per l’arte incisoria, restando però ancora un passo indietro rispetto a Gabburri, in quanto lo spazio dedicato agli incisori è solo quello della Tavola V, nella quale riporta un elenco di nomi di incisori, seguita da un’interessante tavola delle marche (lo studio delle marche di incisori in Orlandi e in Gabburri meriterebbe una trattazione a sé stante). In alcuni casi Orlandi non tralascia di fare annotazioni sulle collezioni di stampe, come fa nella biografia di «Pietro Francesco Cavazza», in cui ricorda che «Egli poi ha fatto una copiosissima raccolta di carte stampate, in ogni genere singolari, intagliate da’ migliori artefici d’ogni nazione. Principia questa dai primi intagliatori del 1460 e cronologicamente proseguisce sino ai nostri tempi. È ordinata in cento e più tomi, cinquanta dei quali sono in foglio reale, gli altri in foglio, mezzo foglio e forme minori. Tutta la serie delle stampe ascende a circa ventimila. Non resta per questo di andare tuttavia in traccia di nuovi acquisti per sempre più accrescerla e renderla famosa». Gabburri riprende interamente la biografia e prosegue: «Viveva in patria nel 1719, quando scrisse il padre maestro Orlandi, a 361. […] La sua famosa collezione di stampe fu comperata dal conte Girolamo Bolognetti, gentiluomo bolognese, amantissimo delle belle arti e che ne conserva con somma cura ed amore». VITE DI PITTORI, vita di «Pietro Francesco Cavazza» [p. 2090 – IV – C_168V]. 7 Cfr. il contributo Bibliografia gabburriana nel presente numero di «Studi di Memofonte». 8 La Fondazione Memofonte, oltre al lavoro di informatizzazione delle Vite su commissione della Biblioteca Nazionale di Firenze, si è dedicata alla digitalizzazione delle lettere gabburriane presenti in BOTTARI-TICOZZI 1822, dello Zibaldone (ZIBALDONE 1195, ZIBALDONE 1198) e del Catalogo del 1722 (DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722) parzialmente pubblicato (CAMPORI 1870), consultabili sul sito www.memofonte.it. 5
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trascrizione, quanto piuttosto nella struttura. Dalle carte originali è possibile stabilire il metodo di lavoro di Gabburri, il suo modo di strutturare un testo in continua evoluzione, quanto, cosa e quando aggiunge informazioni reperite in momenti successivi rispetto alla prima bozza di ogni biografia9. Come è visibile nella tabella 1, è stato possibile in prima istanza effettuare un controllo numerico dei termini usati da Gabburri in relazione a ciò che riguarda l’arte dell’intaglio (usando lemmi quali «stampa», «intagliatore», ecc.) e la sua collezione privata di stampe (usando lemmi quali «Gabburri», «me», ecc.), per poi proseguire sulla strada dell’interpretazione delle informazioni individuate. Cercando l’occorrenza «intagliatore» i risultati sono stati non solo numericamente rilevanti, ma hanno permesso di individuare tutta una serie di artisti per i quali il biografo non fornisce alcun riferimento bibliografico: tutti questi nomi si trovano negli Aggiunti di ogni lettera alfabetica, perciò nella parte più strettamente gabburriana, e molti presentano come unica fonte di riferimento una stampa sciolta o il frontespizio e le illustrazioni di un libro. In casi come questi è facile immaginare il nostro Gabburri al suo tavolo da lavoro, circondato da pile di libri, lettere, appunti e stampe, immerso nella ricerca di nomi, date, titoli da riportare nelle sue Vite, dando pari dignità sia all’artista carico di citazioni bibliografiche, che a quello il cui nome compare nell’angolo a margine di una stampa con la sola parola sculpsit10. Si può congetturare che alcune delle stampe descritte e riportate come bibliografia di riferimento, appartenessero alla collezione Gabburri, così come tutte le fonti bibliografiche usate ed edite ante 1722 trovano il loro corrispettivo all’interno del catalogo di quell’anno, alla fine del quale è redatto l’elenco dei «libri trattanti di scultura, pittura ed architettura o altre materie ad esse appartenenti»11. Nel III volume si trova la biografia di Giovanni Carlo Alett, intagliatore in rame. Si vedono molte carte segnate col suo nome e in specie quella quando il pontefice Anania rende la vista a Saul, disegnata da Pietro da Cortona; ben cognita ai dilettanti12.
La presenza dell’incisione, con una citazione così precisa del soggetto e dell’inventor senza alcun cenno ad una fonte, lascia presupporre quanto appena detto, trovando una puntuale conferma nel catalogo del 1722, dove si trova un «Saul unto dal profeta Anania, del suddetto Pietro, intagliato da Giovanni Carlo Alet»13. Allo stesso modo «Giorgio del Buono bolognese intagliatore in rame» viene ricordato per la carta in cui «Nostro Signore vien riposto nel sepolcro di Lorenzo Garbieri pittore bolognese»14, la quale è presente nel medesimo catalogo con la dicitura «Nostro Signore quando viene messo nel sepolcro, intagliato da Giorgio del Buono»15. Casi analoghi si susseguono16, e sicuramente l’incrocio con il più tardo catalogo Per la descrizione del testo delle Vite e del metodo di collazione delle informazioni si veda il contributo di Alessia Cecconi nel presente numero di «Studi di Memofonte». All’analisi della struttura delle pagine manoscritte, è possibile incrociare i dati reperibili nei Fondi Palatini 1195 e 1198, già menzionati, stabilendo, in base alle date delle lettere e alla struttura del testo, quando l’autore ha ricevuto le informazioni e le ha di conseguenza inserite nel suo manoscritto. 10 Nella vita di «Francesco Nacci fiorentino, intagliatore» si legge solo: «Trovasi il suo nome in alcune stampe, né altre notizie si son potute trovare di questo artefice». VITE DI PITTORI, vita di «Francesco Nacci» [p. 1034 – II – C_271V]. In casi come questo sembra lecito supporre che il procedimento di ricerca sia partito proprio dalla stampa, sulla quale Gabburri poteva leggere un nome per poi andare alla ricerca di altre informazioni biografiche. 11 DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722, [c. 297]. 12 VITE DI PITTORI, vita di «Giovanni Carlo Alett» [p. 1394 – III – C_191V]. 13 DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722, [c. 222]. 14 VITE DI PITTORI, vita di «Giorgio del Buono bolognese» [p. 1416 – III – C_203V]. 15 DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722, [c. 224]. 16 Interessante appare in questo senso la biografia di «Niccolò de Poilly», estremamente scarna se si considera la frequenza con cui il suo compare all’interno del catalogo del 1722: nonostante ciò Gabburri non compila un catalogo delle stampe dell’incisore ma lascia ad un’unica stampa il compito di presentarlo, e non a caso la stessa si ritrova nel suddetto catalogo: «Niccolò de Poilly, famoso intagliatore in rame, di cui si vedono molte carte 9
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conservato presso la Fondation Custodia di Parigi17 potrebbe offrire nuovi e più sistematici riscontri. Elemento particolarmente interessante è la presenza all’interno dei quattro volumi delle Vite di 26 cataloghi di stampe, più o meno lunghi e dettagliati, legati ognuno alla biografia di un particolare artista. Si tratta di fogli scritti a pagina piena, al contrario degli altri che si presentano a metà pagina, ed evidentemente redatti ed inseriti in momenti successivi rispetto alla prima stesura delle biografie, considerato che si presentano privi dell’originale numerazione apposta dallo stesso Gabburri18. Le pagine dei cataloghi sono a sé stanti sia nella struttura che nell’impaginato, a volte inserite inframmezzando la scrittura continua della biografia di riferimento e legate a quel testo da segni di rimando seguiti da diciture come «Stampe di» o «Segue dal catalogo di stampe di». Dalla lettura comparata di tutti i cataloghi si evince una struttura tipica e ricorrente, che racchiude in sé due aspetti fondamentali: il rapporto con la fonte da cui sono ricavati gli elenchi e il tipo di stampa inserito, selezionato e identificato in base non ai soggetti quanto piuttosto allo status di incisione di invenzione o di traduzione (tabella 2). Per quanto concerne il primo aspetto, la fonte principale è identificabile sicuramente con la Felsina pittrice di Carlo Cesare Malvasia19, che non solo è indicata come base della metà dei cataloghi gabburriani, ma diventa il metro di omologazione di tutti gli elenchi inseriti, così come ci fa notare lo stesso autore precisando di ricorrere in tutti i casi alle «misure secondo il piede bolognese, praticato dal Malvasia nella sua Felsina Pittrice»20. Accanto alla fonte bolognese, si trovano compendi e cataloghi, come il Cabinet des singularitez di Florent Le Comte21 e l’indice delle stampe presenti nella stamperia di Domenico De’ Rossi nel 172422, ma anche libri e raccolte di stampe, come i ritratti di Anton Van Dyck23 e i Discorsi d’Amore di Francesco da Barberino24. È interessante notare come la stampa divenga riferimento bibliografico, ponendosi come fonte autoreferenziale: allo stesso modo il libro illustrato o semplicemente provvisto di un frontespizio figurato, acquista dignità di opera d’arte inseribile all’interno del catalogo di un artista, risultando in alcuni casi l’unica opera citata all’interno di una biografia25. È inoltre riscontrabile una certa onestà intellettuale da parte di Gabburri nei bellissime intagliate a bulino, segnate col di lui nome. Questo artefice meritamente viene stimato e ricercato dai dilettanti. Vedesi, di suo intaglio, il ritratto del dottore Giovanni Battista Morin, in ovato, sotto al quale si legge il seguente distico del Collesonio: Quis, qualis, quantusque fuit morinus habetur Ex scriptis caeli the mare et effigie. Once 8 e un terzo per alto, compreso lo scritto. Once 6 per traverso». VITE DI PITTORI, vita di «Niccolò de Poilly» [p. 1983 – IV – C_115R]. DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722, [c. 44] «43 Un ritratto di Giovambattista Movino, per alto palmi 9, largo 6 e ½. Di Niccolò Poilly». 17 Cfr. nota 4. 18 Come si evince dalla complessa ma completa numerazione adottata per la trascrizione, esistono due numerazioni delle pagine, che mantengono ognuna la sua funzione e la sua utilità per la comprensione del testo e per il suo utilizzo. Seguendo la numerazione moderna abbiamo una chiara idea dello stato attuale del manoscritto in tutte le sue parti, poiché questa segue in maniera consequenziale la successione fisica delle carte senza alcun riferimento al contenuto. In questo modo si perde però il senso della struttura organizzativa e temporale data dal Gabburri attraverso aggiunte e dei ripensamenti, più facilmente individuabili se si segue la numerazione antica. 19 MALVASIA 1678, cfr. tabella 2, nota 1. 20 VITE DI PITTORI, vita di «Antonio Balestra» [p. 212.1 – I – C_124R]. 21 LE COMTE 1699-1700. 22 DE ROSSI 1724. 23 LE CABINET DES PLUS BEAUX PORTRAITS 1732. 24 FRANCESCO DA BARBERINO 1640. Il riferimento a tale edizione è dovuto al fatto che Gabburri cita il suddetto libro in relazione alle illustrazioni incise da Cornelis Bloemaert per la pubblicazione romana del 1640, curata da Vitale Mascardi. 25 «Francesco Ottens fiammingo, intagliatore in rame a bulino. Fra gli altri intagli di questo professore si vede il ritratto di Cristiano Eugenio, che serve di frontespizio alle opere di quel grand’uomo. Come pure trovasi il suo nome nel frontespizio dei Viaggi d’Auby de la Mortraye, impressi all’Italia l’anno 1729 in folio». VITE DI PITTORI,
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confronti delle fonti usate, siano esse letterarie o figurative, nella misura in cui non solo le cita in maniera puntuale, ma spesso non manca di indicare le precisa edizione dei testi usati 26 e di spiegare al lettore il suo modo di farne uso: Per maggior comodo dei dilettanti si pongono qui le carte intagliate da Agostino [Carracci] medesimo in primo luogo, e poi quelle intagliate da altri, acciò il lettore non sia obbligato a ricercarle nel catalogo che ne fa il Malvasia nel tomo primo, parte II, a 89. Seguitando pertanto questo catalogo si pongono in questo luogo tutte le stampe intagliate da Agostino collo stesso ordine che si vedono registrate dal medesimo Malvasia27.
La scelta per questo catalogo è quella di riportare lo «stesso ordine» di quello del Malvasia, apportando, quando lo ritiene necessario, dei tagli di sintesi nelle descrizioni per alleggerirne la portata. In altre occasioni, invece, si limita ad un pedissequo lavoro di copiatura, che non presenta alcuna variazione rispetto all’originale, come nella vita di Camillo Procaccini, in cui scrive chiaramente: «Malvasia, parte II, a 275 e 84, dove registra le di lui stampe, le quali sono notate collo stesso ordine e colle stesse parole in piè di questa vita»28. Ciò che rimane di base è sempre l’intento di andare incontro al «maggior comodo dei dilettanti», fornendo loro tutto il materiale necessario in un solo testo: per questo motivo, effettua anche delle fusioni di cataloghi diversi, facendo seguire stralci di elenchi tratti da più fonti. Così nella vita di Annibale Carracci scrive: Per maggior comodo dei dilettanti di stampe, si è creduto di far loro cosa grata di riportare in questo luogo tanto il catalogo che il Malvasia fa delle stampe di Anibale Caracci nel tomo primo, parte seconda, a 103, ponendo quelle in primo luogo quelle intagliate da lui medesimo e poi quelle intagliate da diversi intagliatori, quanto l’altro catalogo che gli fa Florent Le Comte nel libro primo, edizione II, da 304 a 324. Cominciando dunque dal Malvasia29.
Leggendo l’intero catalogo si trovano infatti le indicazioni per avvertire del passaggio da una fonte ad un’altra, come ad esempio «Seguono le stampe intagliate all’acqua forte dal conte di Caylus in Parigi, dai disegni originali del medesimo Anibale» o «Altre stampe di Anibale che si trovano notate da Florent Le Comte, intagliate da diversi intagliatori». Come è stato più volte evidenziato, il lavoro di reperimento di informazioni per la stesura delle Vite è caratterizzato anche dalla fitta rete di corrispondenze intessuta da Gabburri con artisti, intellettuali e collezionisti a lui contemporanei, ai quali si rivolge costantemente per richiedere particolari notizie su un artista o sulle sue opere. L’autore riesce a fornire non solo frequenti correzioni alle biografie dell’Orlandi ma anche delle cospicue aggiunte di vite di artisti della prima metà del Settecento, per i quali a volte la biografia gabburriana costituisce oggi la prima fonte letteraria30. Allo steso modo nel caso dei cataloghi di stampe è riscontrabile vita di «Francesco Ottens» [p. 1010 – II – C_259V]; «Filippo Gunst intagliatore. Si vede di suo intaglio fra gli altri, il ritratto di Federigo Secondo duca di Sassengota, nel libro intitolato Gotha numaria». VITE DI PITTORI, vita di «Filippo Gunst» [p. 1036 – II – C_272V]. 26 A tal proposito si ricorda che più volte Gabburri indica l’edizione dei testi usati: così troviamo esplicito riferimento alla ristampa del 1640 dei Documenti d’Amore di Francesco da Barberino, arricchita dalle incisioni di Bloemaert, o a quella del 1733 della Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia e isole circonvicine o sia Rinnovazione delle Ricche minere di Marco Boschini, colla aggiunta di tutte le opere, che uscirono dal 1674 sino al presente 1733. 27 VITE DI PITTORI, vita di «Agostino Caracci» [p. 148.1 – I – C_076R] e [p. 148 – I – C_075V]. 28 VITE DI PITTORI, vita di «Camillo Procaccini» [p. 522 – II – C_002V]. 29 VITE DI PITTORI, vita di «Anibale Caracci» [p. 203 – I – C_119R] e [p. 202.1 – I – C_111R]. 30 BORRONI SALVADORI 1974a; BORRONI SALVADORI 1974b; TOSI 1990. Quello degli intagliatori francesi è uno dei casi più evidenti di uso di notizie riportate grazie alle sue corrispondenze. In chiusura di molte di queste biografie non si trova alcuna bibliografia di riferimento, lasciando quindi supporre che la fonte sia epistolare: «Moireau, intagliatore franzese, ha intagliato alcune cose di un gusto perfetto e tra queste l’istoria di don Chisciotte, nella quale si vedono rami non solo di questo artefice, ma ancora di Simonau, di Surugue e di
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un simile procedimento, in base al quale è possibile ipotizzare che, in tutti quei casi in cui la fonte non viene dichiarata, l’elenco stilato possa essere stato redatto in base o a stampe della propria collezione o a elenchi inviatigli dai suoi corrispondenti. Alla fine del «Catalogo delle stampe di Carlo Maratti, enunciate nell’Indice delle stampe di Domenico de’ Rossi del 1724»31 si trova la sezione aperta con il titolo «Altre stampe intagliate da altri intagliatori dalle opere di Carlo Maratti non registrate nel sopraddetto indice del Rossi»32, senza alcuna citazione della fonte usata: l’elenco che segue è caratterizzato da una serie di stampe per le quali Gabburri non si limita ad una laconica indicazione del soggetto, ma si dilunga in descrizioni minuziose, riportando iscrizioni e misure, quasi a lasciar intendere che l’operazione fatta in questo caso non è di copiatura di un elenco quanto piuttosto di descrizione di un’immagine fisicamente davanti ai suoi occhi (Fig. 1).
Fig. 1 VITE DI PITTORI, vita di «Carlo Maratta» [p. 538.1 – II – C_013R]. Chereau. Queste sono state poi rintagliate, onde per assicurarsi di avere le stampe originali bisogna che i dilettanti le comprino da i sopraddetti medesimi professori». VITE DI PITTORI, vita di «Moireau» [p. 1915 – III – C_081R]. Anche in questo caso l’incrocio con informazioni tratte dal carteggio, aiutano nella definizione di questi processi di lavoro: in una lettera a Mariette in data 4 ottobre 1732 Gabburri scrive: «Se non è un abusarsi della vostra gentilezza, mi avanzerei a pregarvi che mi faceste il favore di farmi una nota dei pittori, scultori, architetti e intagliatori in rame, che ora vivono in Francia, indicando la nascita e il loro valore, con quelle particolarità che a voi parranno più proprie, ma nel medesimo tempo con la maggior brevità che sia possibile, pensando io di far ristampare l’Abbecedario Pittorico del Padre Orlandi , con tutto che sia stato ristampato adesso in Napoli con delle aggiunte» Firenze, 4 ottobre, 1732. BOTTARI-TICOZZI 1822, pp. 333-371. 31 VITE DI PITTORI, vita di «Carlo Maratti» [p. 538.1 – II – C_013R]. 32 VITE DI PITTORI, vita di «Carlo Maratti» [p. 538.1 – II – C_013R].
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Ritratto di Carlo Maratti disegnato da se medesimo, in ovato ricinto da cornice, in atto di tenere colla sinistra una cartella aperta nella quale volle esprimere il principio della pittura, sotto la sua arme e quindi una fascia in un pilastro bislungo con un balaustro per ogni testata e nel mezzo vi è scritto: Carolus Eques Maratti. Più sotto nell’angolo destro: Eques Carol. Maratti delin. E, nell’angolo sinistro: Io Iacob Frey incidit. Once 12 e un terzo per alto, compreso lo scritto, once 8 e due terzi per larghezza33.
Che la collezione di stampe e disegni del biografo fiorentino ripercorra le Vite come un lungo filo rosso si può considerare un dato acquisito, una presenza costante, che non desta meraviglia se si considerano sia la grande passione e dedizione nella raccolta e nello studio di un’ingente quantità di materiale grafico sia la spiccata propensione del Gabburri scrittore a riversare fra le pagine la sua esperienza di ‘uomo d’arte’, a contatto diretto sia con opere che con artisti. Uno dei casi esemplificativi del rapporto attivo del collezionista nei confronti delle fonti letterarie attraverso l’utilizzo della sua conoscenza profonda delle stampe, è il piccolo catalogo del Domenichino, ripreso anche questa volta dal Malvasia: il confronto fra le due versioni ha fatto emergere una curiosa quanto significativa differenza nella parte iniziale, in cui alcune impressioni eseguite da «Gerardo Audran Francese» e dal «fondatissimo Carlo Cesio» vengono sostituite con altre del medesimo soggetto incise da «Giacomo Frey» nel 172534. Il breve catalogo Sebastiano Conca35 sembra invece essere stato redatto di prima mano proprio da Gabburri: dopo aver ricopiato la biografia orlandiana alle pagine 2264 e 2265, in un secondo momento l’erudito fiorentino aggiunge informazioni riempiendo lo spazio di stacco dalla vita successiva, ricordando che il Conca «vive e opera in Roma nel 1740, pieno di stima e di merito». Fra queste due pagine ne inserisce una non numerata, che sul recto presenta le «Stampe cavate dalle opere di Sebastiano Conca»36: si tratta di poche stampe, alcune descritte nel dettaglio e perciò probabilmente viste dal vero, come sembra confermare quella posta in apertura, tratta da un «disegno originale, che appresso il cavalier Gabburri in Firenze» ed eseguita da «all’acqua forte da Giovanni Grisostomo Stefanini, pittor fiorentino», come «si può dire nella Vita del suddetto Stefanini»37. VITE DI PITTORI, vita di «Carlo Maratti» [p. 538.3 – II – C_013V]. VITE DI PITTORI, vita di «Domenico Zampieri bolognese, detto il Domenichino» [p. 689 – II – C_096R]: «primieramente quattro tondi compagni: che uno è la Giuditta che mostra al popolo ebreo la testa di Oloferne; il secondo David, che balla avanti l’arca; il terzo, la regina Ester avanti al re Assuero; il quarto, Salomone in trono colla regina Saba. Once 10 e mezzo per alto, senza lo scritto; once 9 e un terzo larghe; intagliate da Giacomo Frey. I quattro angoli della cupola di San Carlo dei Catenari in Roma, tutti della stessa misura: once 18 alte, once 12 e un terzo larghe, intagliate da Giacomo Frey, da esso disegnate in Roma 1725». MALVASIA 1678, p. 123: «I quattro peducci o pennelli che siansi, sotto la Cupola de S. Carlo a Catinari, esprimenti con sì speculativi, e bizzarri aggionti le quattro Virtù Cardinali, intagliati mirabilmente al solito, all’acqua forte, dal fondatissimo Carlo Cesio». MALVASIA 1678, pp. 123-124: «Di non minore giustezza, e bell’acqua forte i quattro quasi tondi, che dipinse in S. Silvesro al Quirinale; nel primo Giuditta […]tagliati molto bene da Gerardo Audran Francese. Once 12 e mez. scars., once 11 e mezz. gagl.». 35 VITE DI PITTORI, vita di «Sebastiano Conca» [p. 2264 – IV – C_265V]. 36 La numerazione in questione è quella originale del Gabburri: nell’attuale numerazione, che come già detto, segue la consecutio fisica, si verifica un salto nella trascrizione continua del testo, andando dalla carta 265V di inizio della biografia, alla 267R dove questa continua, per poi tornare indietro alla 266R dove è il catalogo (la 266V è bianca). 37 VITE DI PITTORI, vita di «Sebastiano Conca» [IV – C_266R]. Nella vita di «Giovanni Grisostomo Stefanini» si legge: «Per suo divertimento ha dato alla luce alcune carte intagliate da lui medesimo all’acqua forte di altri professori che una da un disegno del cavaliere Sebastiano Conca e l’altra da una tavola di fra’ Bartolommeo di San Marco, detto il Frate, che è nella cappella del Noviziato di San Marco di Firenze, opera per verità da stare a fronte di tutte quelle di Raffaello» (VITE DI PITTORI, vita di «Giovanni Grisostomo Stefanini» [p. 1402 – III – C_196V] [p. 1403 – III – C_197R]). 33 34
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Un catalogo che ben si presta alla comprensione delle metodologie di lavoro di Gabburri è quello di Antonio Balestra38, collocato nel primo volume (Fig. 2).
Fig. 2 VITE DI PITTORI, vita di «Antonio Balestra» [p. 212 – I – C_123V].
La prima parte della biografia del pittore è ripresa integralmente dall’Orlandi ed è ben distintamente individuabile rispetto alle aggiunte gabburriane, grazie alle consuete sottolineature apposte dall’autore. Nella parte dedicata alle notizie biografiche si possono riscontrare almeno due interventi distanziati nel tempo: il primo per ricopiare lo scritto dell’Abcedario pittorico ed inserire informazioni nuove riguardanti l’attività dell’artista veronese nel «presente anno 1738»39, e il secondo di aggiornamento, quando «questo degnissimo soggetto» morì nel «1740 in Verona sua patria, circa il dì 18 di aprile, avvisatone per lettera di Francesco Balestra suo degno nipote e scolare»40. Seguendo la numerazione data dal Gabburri, VITE DI PITTORI, vita di «Antonio Balestra» [p. 212.1 – I – C_124R]. L’Orlandi conclude la sua biografia scrivendo «Vive a Venezia». Gabburri omette il finale e scrive: «Dopo di essere stato molti anni in Venezia, fece ritorno alla patria, dove vive e opera sempre con gloria grandissima sino al presente anno, 1738». 40 La consecutio delle due fasi di inserimento delle informazioni è ulteriormente confermata dalla disposizione del testo sulla pagina: infatti la seconda aggiunta è posta come continuazione della parte copiata in prima istanza, arrivando a ridosso della biografia successiva e continuando a lato. 38 39
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la biografia inizia alla pagina 212, proseguendo in quella successiva: fra queste due carte ne sono però presenti altre quattro in origine non numerate41, e occupate dal […] catalogo delle stampe di Antonio Balestra, parte intagliate da se medesimo, e parte intagliate da altri, colle loro misure secondo il piede bolognese, praticato dal Malvasia nella sua Felsina Pittrice. Il suddetto catalogo è stato fatto con diligente accuratezza da Francesco Balestra, degno nipote del suddetto celebre Antonio e da esso cortesemente trascritto ne l’anno 174042 . (Figg.
3-4)
Fig. 3 VITE DI PITTORI, vita di «Antonio Balestra» [p. 212.1 – I – C_124R]. Fig.4 VITE DI PITTORI, vita di «Antonio Balestra» [p. 213 – I – C_128R].
Il criterio di omologazione delle misure viene dunque applicato anche in questo caso, con precisa determinazione, considerato che fra le carte gabburriane del fondo Palatino 1198 sono presenti due fogli in cui è riconoscibile la prima parte del suddetto catalogo, con l’annotazionein fondo «Le sopra scritte misure sono conformi al piede di Bologna, registrato nel Malvasia»43.
Secondo la numerazione attuale, il catalogo di Balestra inizia alla [p. 212.1 – II – C_124R] e prosegue in ordine fino alla [p. 212.7 – II – C_127R] (il verso di quest’ultima è bianco). 42 VITE DI PITTORI, vita di «Antonio Balestra» [p. 212.1 – I – C_124R]. 43 ZIBALDONE 1198, «schede, carte cancellate» [c.131]. In queste carte il catalogo arriva fino alle «Stampe di Antonio Balestra, parte intagliate da se medesimo, e parte intagliate da altri» [p. 212.5 – I – C_126R]. È interessante osservare che i fogli in questione, di grafia diversa da quella del Gabburri e perciò probabilmente da ritenere autografi di Francesco Balestra, fanno parte del nucleo di «carte cancellate», dicitura con cui sono raggruppati quegli appunti che il biografo aveva avuto modo di inserire nelle Vite. 41
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Secondo aspetto caratterizzante dei cataloghi di stampe redatti da Gabburri, è la consapevole e voluta distinzione fra le stampe incise dall’artista biografato, d’invenzione, e quelle eseguite da altri incisori su invenzione del biografato o di traduzione. Da esperto conoscitore dell’arte incisoria il nostro collezionista non poteva tralasciare precisazioni di questa portata, aprendo le sue Vite non solo ad una moltitudine di incisori assurti alla dignità di «artista biografato», ma anche al valore didattico, artistico e collezionistico della stampa di traduzione, in perfetta sintonia con il clima culturale fiorentino a cavallo fra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. Così come l’arte toscana della prima metà del Settecento emerge con vigore, a volte rinforzata da descrizioni e valutazioni, spesso colorita da spunti cronachistici, allo stesso modo la passione del collezionista verso l’incisione pervade tutto lo scritto, sviluppandosi non solo come frutto dell’interesse di un singolo quanto piuttosto come specchio di una precisa temperie culturale. A riprova di ciò è la costante presenza della iniziative granducali, che, a partire dal gran principe Ferdinando e proseguendo con Cosimo III e Gian Gastone, avevano promosso la traduzione in stampa delle proprie collezioni, non solo commissionando precise campagne incisorie ma anche finanziando l’educazione e l’applicazione di giovani artisti all’uso del bulino e dell’acquaforte44. Tutti i protagonisti di questa operosa officina trovano il loro posto all’interno delle Vite, nel loro ruolo di artisti al servizio della real casa di Toscana sotto il «serenissimo Ferdinando de’ Medici, gran principe di Toscana, mecenate delle belle arti, e specialmente della pittura» e poi l’«altezza reale del serenissimo gran duca Cosimo III e Giovan Gastone I»45, tutti impegnati «nell’intagliare la famosa galleria di pittura […] per darla alle stampe, e sarà cosa che veramente riescirà di gran gusto ai dilettanti e ai professori di pittura»46. Domenico Tempesti, ricorda il Gabburri, Desideroso d’imparare d’intagliare a bulino, l’anno 1675 dall’Altezza Reale di Cosimo III gran duca di Toscana fu mandato a Parigi e imparò da Roberto Nanteuil, da cui fu sommamente amato. Questi dopo due decenni morto che fu, passò sotto Gherardo Edelink fiammingo. Ritornato in patria, dal suo principe gli furono assegnate provvisione e stanza nella real galleria, dove travagliò col bulino e coll’acqua forte47.
Cosimo Mogalli fu […] bravo intagliatore a bulino, operò molto per la gloriosa memoria dell’Atezza Reale di Cosimo III granduca di Toscana, e per il serenissimo Ferdinando gran principe di Toscana, come ancora per l’Altezza Reale del serenissimo granduca Giovanni Gastone primo48.
Accanto a lui la figura di sua figlia Teresa, della cui vita Gabburri non sembra essere molto informato al momento della redazione della biografia paterna nel primo volume, come dimostrano gli spazi vuoti lasciati per inserire date e nomi e mai riempiti: «Vive ella in patria in età di anni … [sic] nel 1739, maritata a [sic] »49. Le lacune non colmate in quella pagina, trovano risposta nella biografia dedicata alla giovane artista, che «vive felice in patria nel 1740»: Per una panoramica sulla diffusione e valutazione dell’arte incisoria nella Firenze del XVIII secolo cfr. BORRONI SALVADORI 1982; TONGIORGI TOMASI-TOSI-TOMASI 1990; BOREA 1991; VERGA 1999; PELLEGRINI 2006. 45 VITE DI PITTORI, vita di «Francesco Petrucci» [p. 997 – II – C_253R], [p. 998 – II – C_253V]. 46 VITE DI PITTORI, vita di «Padre Antonio Lorenzini» [p. 2050 – IV – C_148V]. 47 VITE DI PITTORI, vita di «Domenico Tempesti» [p. 686 – II – C_094V] [p. 687 – II – C_095R]. Elemento interessante in questa biografia è anche il dato cronologico relativo alla stesura de testo: Gabburri infatti scrive «vive ancora sino al presente anno1736», e successivamente «Questo degnissimo artefice morì nello spedale di Santa Maria Nuova di Firenze il dì 21 marzo dell’anno 1736». Non sono presenti aggiunte e spostamenti di pagina perciò è possibile che il «presente anno 1736 » sia quello di effettiva stesura. 48 VITE DI PITTORI, vita di «Cosimo Mogalli» [p. 614 – II – C_058V]. 49 VITE DI PITTORI, vita di «Cosimo Mogalli» [p. 614 – II – C_058V]. 44
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Teresa Mogalli intagliatrice in rame, nacque in Firenze il dì 28 maggio 1716 […] Maritata a Giustino Canacci, va proseguendo a sempre più perfezionarsi nell’intaglio. Molte già sono le opere intagliate da questa spiritosa giovanetta, che nella sua fresca età di anni 24, dà grande speranza di un’ottima riescita50.
Ci sono poi «Padre Antonio Lorenzini, nel secolo Giovanni Antonio», che «desioso del disegno […] riescì cotanto diligente nel disegnare che abbandonata la pittura diedesi a intagliare all’acquaforte»51, «Teodoro Vercruysser, olandese, pittore di paesi e marine e bravo intagliatore a bulino e all’acquaforte»52, e Giovanni Domenico Picchianti, la cui biografia si articola fra notizie e due piccoli cataloghi delle stampe da questi eseguite per apprendere l’uso dell’acquaforte e del bulino: Di anni 15 andò a disegno da Giovanni Battista Foggini, scultore e architetto dell’Altezza Reale di Cosimo III granduca di Toscana, e detto maestro, benché non fosse intagliatore, con l’occasione che il serenissimo gran principe Ferdinando aveva in idea d'intagliare in rame la sua gran quadreria, fece provare il suddetto Picchianti ad intagliare in acqua forte in vernice tenera, […] e li fece fare molti rametti per prender pratica […]53.
Questa parte è seguita dal primo elenco degli studi incisori fatti dal Picchianti, il quale successivamente, imparato l’uso del bulino da «Domenico Tempesti, che aveva studiato sotto il famoso Nanteuil», «lasciò del tutto di lavorare in acqua forte», eseguendo una serie di intagli a bulino puntualmente riportati dal Gabburri. L’intera biografia è strutturata come un catalogo, in una sorta di fusione omogenea, in cui elenchi e narrazione si intrecciano: la stesura a piena pagina, la mancanza di numerazione e il fatto che la carta si inframmezzi nel testo di un’altra vita spezzandone la continuità, lascia supporre che si tratti di un lavoro eseguito in un secondo momento54. Quello che Gabburri tramanda è la memoria della fervente attività incisoria della Firenze del Settecento, alimentata sia dalla continua richiesta di stampe da parte dei collezionisti che dalla precisa volontà degli stessi di far conoscere al mondo le proprie raccolte attraverso l’unico mezzo di riproduzione figurativa circolante in quel momento. Non è dunque casuale che il Nostro faccia menzione di progetti di traduzione grafica come quello di Antonio Maria Zanetti, che sta facendo intagliare da diversi bravi intagliatori […] il museo delle sculture antiche più singolari, che sono nell’antisala e nella libreria di San Marco di Venezia. Si spera che in breve sia per comparire alla luce con gran piacere dei dilettanti e a gloria eterna del di lui chiarissimo nome55. VITE DI PITTORI, vita di «Teresa Mogalli» [p. 2377 – IV – C_327R] e [p. 2378 – IV – C_327V]. La giovane artista fiorentina entrò successivamente a pieno titolo nell’inventario ufficiale delle stampe della Galleria fiorentina, redatto da Giuseppe Pelli Bencivenni negli ’80 del XVIII secolo (cfr. INVENTARIO GENERALE DELLE STAMPE). 51 VITE DI PITTORI, vita di «Padre Antonio Lorenzini» [p. 2050 – IV – C_148V]. 52 VITE DI PITTORI, vita di «Teodoro Vercruysser» [p. 2361 – IV – C_319R]. 53 VITE DI PITTORI, vita di «Giovanni Domenico Picchianti» [p. 1398.2 – III – C_194R] e [p. 1398.3 – III – C_194V]. 54 La carta [p. 1398 – III – C_193V] lascia interrotta la vita di «Giovanni Filippo van Thielen Righoltz», che prosegue a [p. 1399 – III – C_195R]: come si può notare, anche in questo caso la vecchia numerazione del Gabburri scorre continua, mentre nella nuova e stata inserita la carta non numerata. 55 VITE DI PITTORI, vita di «Anton Maria Zannetti» [p. 313 – I – C_177V]. Il riferimento è alla gestazione dei due volumi Delle antiche statue greche e romane, che nell'antisala della Libreria di San Marco, e in altri luoghi pubblici di Venezia si trovano parte prima [-seconda], pubblicati a Venezia fra il 1740 e il 1743. Autore del testo a commento delle tavole è Anton Francesco Gori, a testimoniare la vicinanza con il coevo progetto del Museum Florentinum. I 50
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o quello del «serenissimo di Parma», che conosciuta la perizia incisoria di Giacomo Maria Giovannini l’impiegò ad intagliare il suo ricchissimo museo delle medaglie dei Cesari in oro, in argento e in metallo, esistenti in settemila, colle annotazioni dell’eruditissimo padre Paolo Pedrusi della compagnia di Giesù, e già con ogni diligenza, con esatto disegno e con tutta fedeltà ne aveva compiti sette tomi coll’intaglio di duemila di esse dall’anno 1694 sino al 1717, dati alle stampe in Parma56.
Lo scopo divulgativo e celebrativo di tali imprese non era certamente celato se i volumi commissionati «da quel serenissimo e generosissimo signor duca sono liberalmente regalati agli uomini illustri, o per nobiltà o per lettere, tra i quali io pure godo l’onore di esserne fatto partecipe sin ora». Del resto sappiamo che lo stesso Gabburri partecipò attivamente alla fase progettuale del Museum Florentinum insieme ad Anton Francesco Gori57, che se ne fece poi esecutore materiale dirigendo il lavoro di una folta schiera di incisori, dei quali immancabilmente si trovano i nomi fra le pagine delle Vite. Commissionò in prima persona campagne di traduzione incisoria di opere pubbliche: come ci ricorda nella vita di Bernardino Poccetti58, Gabburri fece intagliare «modernamente in Augusta» gli affreschi della Santissima Annunziata. Nella minuta di una relazione stilata in data 30 agosto 1738, il fiorentino scrive che nell’incisione rappresentante la lunetta di Ventura Salimbeni
nomi degli artisti che lavorarono a tutte le tavole compaiono nella dedica a Cristiano VI re di Danimarca (cfr. FAVARETTO-RAVAGNAN 1997, pp. 76-78). Gli incisori delle tavole furono Giovanni Antonio Faldoni, autore della maggior parte, Giovanni Cattini, Giuseppe Patrini, Giuseppe Camerata e Marco Alvise Pitteri. Nessuno di loro viene menzionato dal Gabburri nella vita dello Zanetti, facendo genericamente riferimento a «diversi bravi intagliatori»: dei primi tre non si trova alcuna traccia nelle Vite, mentre ci sono le biografie Giuseppe Camerata (VITE DI PITTORI, vita di «Giuseppe Camerata» [p. 1518 – III – C_258V] e [p. 1519 – III – C_259R]) e Marco Alvise Pitteri (VITE DI PITTORI, vita di «Marco Alvise Pitteri» [p. 1864 – IV – C_055V]), in cui però Gabburri non fa cenno alla partecipazione all’impresa dello Zanetti. 56 VITE DI PITTORI, vita di «Giacomo Maria Giovannini» [p. 1092 – III – C_015V], [p. 1093 – III – C_016R]. Si tratta della voluminosa opera di Paolo Pedrusi, redatta ed illustrata a Parma fra il 1694 e il 1721 in 8 volumi (PEDRUSI 1694-1721). 57 Cfr. BORRONI SALVADORI 1982; BALLERI 2005; BARBOLANI DI MONTAUTO 2006; PELLEGRINI 2006; FILETI MAZZA 2007. Nel 1731 in una lettera indirizzata a Gabburri, Jean Pierre Mariette ringrazia l’amico fiorentino per avergli inviato gli esemplari di stampa del Museum, esprimendo il proprio parere sul risultato ottenuto nella traduzione delle opere granducali: «Le stampe delle Statue e delle Pietre intagliate del granduca sono estremamente piaciute ai nostri dilettanti di queste cose, ma soprattutto quelle delle pietre intagliate; né si può desiderare altro, se non che continuino così. Le tre stampe della Venerina, e del famoso Bacco di Michelagnolo, e del Gruppo d’Amore e Psiche non sono state applaudite nel medesimo modo. Non è che elleno non siano belle e ben fatte, e per la parte mia la Psiche e il Bacco mi hanno molto soddisfatto; ma l’intaglio sarebbe da desiderare che fosse più leggiero e più franco, e, in una parola, più puro e men faticato. Io so bene che l’intagliatore ha voluto dar loro della vivezza, ma nel medesimo tempo è caduto nel triviale, difetto che bisogna soprattutto schifare. Qualcuno troppo critico ha dubitato se nel disegno vi fosse stato aggiunto un poco di maniera, e se le figure siano state tenute un poco svelte, e se vi sia tutta quella facilità di contorno che è sì preziosa negli antichi. Ecco tutto quello che un occhio severamente critico ha saputo dire di queste stampe che vanno nel Museo Fiorentino, delle quali volevate sapere quel che se ne diceva». www.memofonte.it, Data: 4 10 1732 Intestazione: Jean Pierre Mariette a F.M.N. Gabburri (BOTTARI-TICOZZI 1822, pp. 277-295). 58 VITE DI PITTORI, vita di «Bernardino Poccetti» [p. 421 – I – C_236R] «Fra tutte quelle però viene riguardata dai professori e dai dilettanti, come una opera perfetta in tutte le sue parti, la lunetta nella quale viene espresso il miracolo di S. Filippo Benizzi, quando egli fece resuscitare un fanciullo affogato e perciò detta comunemente la lunetta dell’affogato. Questa è stata intagliata modernamente in Augusta per opera di chi queste cose scrive: insieme con alcune altre di questo autore, altre di Ventura Salimbeni e altre di Matteo Rosselli, onde si spera di vedere intagliato a suo tempo tutto quel bellissimo claustro, a cui fa corona la bellissima pittura a fresco di mano del grande Andrea del Sarto, detta la Madonna del Sacco».
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Martina Nastasi _______________________________________________________________________________ […] l’intagliatore si è portato peggio in questo rame che in tutti gli altri antecedenti, non essendo stato attaccato punto né poco all’imitazione del disegno, né dall’arie delle teste e perciò ancora nel chiaroscuro […] Onde per rimediare per quanto era possibile a un disordine e a uno sproposito così grande e risibile, bisogna, se Loro Signorie vogliono averne onore e farlo avere ancora a me, che l’intagliatore si metta con pazienza ad esaminare e imitare diligentemente quel disegno, che di tempo in tempo io mando loro per intagliare. Senza far questo e molto più senza che il medesimo intagliatore sappia ben disegnare, ogni rame sarà sempre molto cattivo, che screditerà sempre le loro opere ed a me in fine toglierà intieramente il coraggio di proseguire la spesa da me fatta sinora dei disegni del claustro dei Padri de’ Servi di questa città di Firenze, i quali disegni ho procurato sempre che sieno fatti dai migliori e più bravi giovani di questa nostra Accademia Fiorentina senza riguardo di spesa59.
In queste righe Gabburri sembra concentrare gli ingredienti per la creazione di una buona stampa di traduzione, capace di svolgere in maniera ineccepibile il suo ruolo di canale di trasmissione del linguaggio figurativo: nel passaggio traduttivo è fondamentale la capacità grafica sia di chi esegue il disegno di base, sia di chi lo trasporta sulla lastra, al fine di non tradire l’opera originale, e per far questo è necessario un continuo esercizio sia della mano che dell’occhio, per evitare che «un errore troppo massiccio e insopportabile» possa dare «nell’occhio agli intendenti». Che se gl’intagliatori della Germania si facessero forti nel disegno intaglierebbero con maggiore intelligenza e questa stessa intelligenza li renderebbe più franchi e dalla intelligenza e dalla franchezza ne risulterebbe quella bella armonia dell’intaglio, che dà tanto gusto a chi intende e a chi non intende. Per ultimo ne risulterebbe un alto beneficio a Loro Signori medesimi ed è questo, cioè che non sarete ben obbligati a mandar qua ogni prova di un rame perché venisse corretto, il che vedo bene che risulta in grande scomodo e danno del lor negozio60.
Un discorso che ben si addice al luogotenente dell’Accademia del Disegno fiorentina, intriso della cultura grafica del suo mondo, cosciente della capacità divulgativa della stampa, che può essere allo stesso tempo prezioso oggetto da collezionare e strumento sia didattico61 che ZIBALDONE 1195, [cc. 61-65]. ZIBALDONE 1195, [cc. 61-65]. Anche in alcune biografie Gabburri non disdegna di dare pungenti valutazioni sulle scarse capacità incisorie di alcuni artisti, imputando sempre la causa di ciò alla mancanza di perizia nel disegnare: «Marcantonio Corsi, fiorentino, intagliatore a bulino. Vive in patria nel 1739 ed ha intagliato molti rami per il Museo Fiorentino. Il suo intaglio non si può intieramente lodare perché questo giovane poco studio ha fatto nel disegno e, quello che è peggio, senza direzione di veruno buon maestro, onde si riconosce privo delle cognizioni necessarie ed è tanto più condannabile per aver disprezzato i consigli di chi bramava il suo bene. Per altro averebbe avuto una sufficiente disposizione, come si può vedere, tra gli alri suoi intagli, da una carta di S. Giovacchino colla Beata Vergine, il di cui intaglio non è del tutto disprezzabile, essendo stato diretto nei contorni di quelli da Pietro Marchesini, autore di detto quadro che è nella chiesa dei padri carmelitani scalzi di Firenze, fatto modernamente e che ha incontrato poco plauso appresso l’universale». VITE DI PITTORI, vita di «Marcantonio Corsi» [p. 1874 – IV - C_060V]. Ricorda anche che «Giacomo, ovvero Jacopo Callot […] fuggì dalla patria tirato a Roma dal desiderio di apprendere il disegno. Di Roma si trasferì a Firenze nel 1612, in età di anni 18, e nella scuola di Giulio Parigi imparò l’architettura, la mattematica e l’intagliare in rame. Ma quello che fu di maggior giovamento al Callott fu l’assoggettarsi alle regole del disegno nel quale era prima mancante». VITE DI PITTORI, vita di «Giacomo, ovvero Jacopo Callot» [p. 1084 – III – C_011V]. 61 Nella vita di Simon Vouet, Gabburri critica lo stile «ammanierato» del pittore francese, «né vero né naturale», che attraverso «la moltitudine delle sue stampe, non ha mancato di cagionare un danno grandissimo anche a diversi pittori italiani». VITE DI PITTORI vita di «Simon Vouet» [p. 2276 – IV – C_276V] e [p. 2277 – IV – C_277R]. Allo stesso modo ricorda che Domenico Tempesti «Conserva appresso di sé una scelta collezione di disegni, di stampe e gessi di rilievi rari, che potria creare molto utile alla gioventù studiosa della bell’arte della pittura». Del resto «Pietro Damini, nato l’anno 1592 in Castel Franco veneziano, portato dalla natura al disegno, imparò da sé copiando dalle stampe e dai quadri». VITE DI PITTORI, vita di «Domenico Tempesti» [p. 2081 – IV – C_164R]. Già Pellegrino Orlandi nel suo Abcedario pittorico appare chiaramente consapevole del ruolo svolto dalla stampa di traduzione, capace di far conoscere l’arte italiana all’estero anche a quei pittori impossibilitati a 59 60
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celebrativo. Gabburri in persona si preoccupa di indirizzare i suoi protetti su questa strada e ricorda il caso di Giuseppe Zocchi, pittor fiorentino, scolare di Rinieri del Pace. Morto il maestro quando era ancora assai giovane ed avendo un buon talento, proseguì i suoi studi mediante gli aiuti somministratili dal cavaliere Francesco Maria Niccolò Gabburri, che gli fece disegnare molte delle più belle tavole di diversi valentuomini che sono in chiese della città di Firenze, destinate ad essere intagliate62.
In conformità con le mode collezionistiche del tempo non manca di progettare la riproduzione a stampa della sua vasta collezione di disegni, indicando in più passi delle Vite i casi in cui il biografato era stato autore di disegni conservati «appresso» di lui: in una lettera scritta a Mariette, datata 4 ottobre del 1732, parlando di «un libro che io ho di num. 60 paesi e vedute a penna, indubitati di mano di Andrea [del Sarto]» si chiede Chi sa che un giorno non mi risolva a fare intagliare tutto il sopraddetto libro? Io ne sono tentatissimo, specialmente per esservi tra gli altri un disegno a penna della veduta del Colosseo, con molle figurine bellissime e assai terminato. Bisognerebbe che questi disegni avessero la sorte di essere intagliati dalla dottissima mano del sig. conte di Caylus63.
La figura che emerge dalle lettere è quella di un attento ed esperto collezionista, in contatto con personalità di spicco della cultura del suo tempo64, e in grado di esprimere precisi e puntuali giudizi sulle modalità di scelta delle stampe, che devono essere «fresche, nere e ben conservate, sapendo molto bene per esperienza che senza queste qualità, le stampe non sono punto stimabili». Ma a volte l’utilità della stampa di traduzione va al di là del suo valore artistico, racchiudendo in sé una sola valenza didattica, fondamentale per dare la possibilità a chi è lontano di conoscere un’opera, un artista o un intagliatore: Voi troverete certamente alcune stampe le quali son degne d’accendere il fuoco, ma io in quelle non ho avuto altro fine che di farvi conoscere il pittore, in alcune altre l’intagliatore, il quale conoscerete benissimo che è principiante; e in alcune altre, come che sono ritratti di uomini grandi, o nelle scienze o in belle lettere, e non ve ne sono di altre impressioni, ho creduto che poteste gradirle; tanto più che mi pare che in una vostra lettera me ne abbiate già fatta istanza65.
La struttura e la scelta dei cataloghi di stampe delle Vite appaiono dunque un chiaro riflesso di questa visione della stampa, riconosciuta tanto come opera d’arte d’invenzione, eseguita da artisti del calibro di Agostino Carracci, quanto come traduzione di mezzi espressivi diversi, utile per la conoscenza di tutte le opere d’arte, anche quelle lontane nel tempo e nello spazio. Scorrendo l’elenco di questi cataloghi (tabella 2) non si riesce a cogliere un criterio di compiere il consueto viaggio di studio: «Pietro Lely nacque l’anno 1617 in Vestfalia», scrive l’Orlandi ricopiato da Gabburri, a causa delle «gran commissioni che lo tenevano di continuo occupato in tale arte» non potè «fare il viaggio d’Italia, ma supplì al difetto con una gran raccolta di stampe di disegni e di quadri dei più famosi maestri dei nostri paesi». VITE DI PITTORI, vita di «Pietro Lely» [p. 2094 – IV – C_170V] e [p. 2095 – IV – C_171R]. 62 VITE DI PITTORI, vita di «Giuseppe Zocchi» [p. 1529 – III – C_265R]. 63 BOTTARI-TICOZZI 1822, pp. 333-371. 64 Al di là della lunga lista di corrispondenti, sappiamo quanto la casa di via Ghibellina fosse meta di visita di artisti ed intellettuali. Gabburri apriva la sua dimora a tutto l’entourage artistico e collezionistico, condividendo il frutto dei suoi acquisti con «professori» e «dilettanti»: nella citata lettera a Mariette, scrive: «Prego per tanto la gentilezza vostra ad accettare questi miei sincerissimi sentimenti di gratitudine, assicurandovi che tutte le stampe, delle quali mi avete favorito, mi sono state carissime, perché tutte sono state riconosciute da me, dai professori e da’ dilettanti, che in buon numero son venuti a vederle in mia casa, per ottime e di un bonissimo gusto, sì per l’intaglio come per tutte le altre loro qualità». 65 BOTTARI-TICOZZI 1822, pp. 333-371.
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selezione unitario, capace di aver guidato Gabburri nello stilare il catalogo di un artista piuttosto che di un altro: a volte sembra essere l’importanza dell’incisore, altre quella dell’inventore, altre ancora sembra la sua collezione a fare da guida. Sicuramente buona parte di quelli che Gabburri propone non possono essere definiti repertori di opere di incisori, quanto piuttosto raccolte di stampe di traduzione dell’opera di determinati artisti: nella vita di «Giacomo Frey», il cui nome ricorre innumerevoli volte come autore di stampe, troviamo annotato che si tratta di un «famoso intagliatore in rame» che «vive ed opera in Roma nel 1739, in età avanzata. Si vedono moltissime carte da esso intagliate dai quadri più celebri di ottimi autori passati e presenti, quali sono per le mani dei dilettanti»66. Non c’è alcuna traccia di un catalogo, né è menzionata una sola incisione, ma potremmo ricostruire quello personale ricercando il suo nome all’interno del manoscritto gabburriano, inserito negli elenchi di stampe dei Carracci, del Domenichino, di Guido Reni e molti altri. Tutte le carte riguardanti Francesco Maria Niccolò Gabburri si intrecciano, contribuendo a ricostruire l’immagine di uomo d’arte nelle sue diverse sfaccettature di eclettico erudito, novello Baldinucci nella Firenze granducale di primo Settecento, vicino alla corte e alla sua politica culturale, attivo partecipante della fervente attività di commissione e circolazione di stampe, che le iniziative del gran principe Ferdinando avevano avviato con successo. Così il Luogotenente dell’Accademia del Disegno è anche collezionista di ritratti d’artista, piccola raccolta fatta su modello di quella medicea, ed il suo ruolo di primo piano nella celebre accademia gli permette di esibire orgoglioso la vicinanza a quella gloriosa corte, come scrive nella biografia di «Giacinto Rigaud, o sia Rigò», dove ricorda che «il gran duca di Toscana, oltre il ritratto di questo famoso pittore, ha con premura richiesto e ottenuto il compendio della sua vita, un estratto del quale è il presente, da me debolmente descritto»67. Ancora una volta le Vite offrono una vastissima cronaca, che componendo un fitto e stimolante tessuto informativo, lascia emergere l’autore ed il proprio mondo, confermando l’idea che fra le pagine del manoscritto sia rimasta una tangibile traccia della profonda conoscenza che Gabburri aveva dell’arte incisoria «ben cognita ai dilettanti», per «comodo» dei quali scrisse e mise a disposizione il sapere e la passione.
TABELLA 1 LEMMA
I VOLUME
II VOLUME
III VOLUME
IV VOLUME
CATALOGO GABBURRI ME INTAGLIATOR E INTAGLIATO /A/I/E STAMPA/E INTAGLIO/O BULINO ACQUAFORTE
34 9 15
25 3 16
64 3 30
58 3 24
215 (101 indice)
139
240
179
a94 – e72 – o224 – i123 a21 – e161 93 54 25
a61 – e49 – o81 – i14 a23 – e202 85 38 5
a85 – e92 – o186 – i36 a 20 – e 300 144 76 10
a32 – e70 – o206 – i38 a27 – e275 121 39 3
66 67
VITE DI PITTORI, vita di «Giacomo Frey» [p. 1296 – III – C_142V]. VITE DI PITTORI, vita di «Giacinto Rigaud, o sia Rigò» [p. 1079 – III – C_008R] e [p. 1080 – III – C_008V].
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TABELLA 2 Riferimenti
Nome
Fonte
I
Francesco Primaticcio
Malvasia68
I
Agostino Carracci
I
Annibale Carracci
I
Antonio Balestra
Malvasia – Le Comte69 Malvasia – Le Comte – conte di Caylus – proprie(?) Inviate dal nipote Francesco Balestra
I
Anthony Van Dyck
Libro dei ritratti70
I
Bartolommeo Passarotti
Malvasia
II
Camillo Procaccini
II
Carlo Maratta
II
Cornelis Bloemaert
II II II
Cornelio Galle Domenico Zampieri detto il Domenichino Francesco Albani François Chéreau Sen.
III
Hyacinthe Rigaud
III
III
Giovanni Lanfranco Gio. Benedetto Castiglioni Giovanni Franceso Barbieri detto il Guercino Giulio Bonasoni
III
Guido Reni
II
III III
Malvasia – Le Comte (solo una stampa) Giovanni Domenico De’ Rossi71 Documenti d’Amore di Francesco da Barberino72 Le Comte
Caratteristiche Copia integrale, con aggiunta di commenti.
Catalogo costituito da un libro.
Catalogo costituito da un libro.
Malvasia Malvasia – proprie (?) Non dichiarata Estratto del «compendio della sua vita» richiesto ed ottenuto dal granduca di Toscana. Non dichiarata. Giovanni Domenico De’ Rossi – proprie (?) Malvasia Malvasia Malvasia – stampe intagliate da Frey – Imposture innocenti di Bernard Picart73
In DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722, nella sezione dei «libri trattanti di scultura, pittura ed architettura o altre materie ad esse appartenenti», si legge: «30 Felsina pittrice ecc., del Malvasia ecc., tomo II ecc. Bologna, per il Barbieri 1678. In quarto. 31 Felsina pittrice ecc., del Malvasia ecc., tomo primo. Bologna, per il Barbieri 1678» (c. 303). 69 In DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722, nella sezione dei «libri trattanti di scultura, pittura ed architettura o altre materie ad esse appartenenti», si legge: «114 Cabinet des singularitez d’architecture, peinture, sculpture et graveure ecc., par Florent LeComte, tomo primo, seconde edition. A Brusselles, chez Lambert, marchant 1702. In dodici» (c. 316). 70 LE CABINET DES PLUS BEAUX PORTRAITS 1732. 71 DE ROSSI 1724. 72 FRANCESCO DA BARBERINO 1640. 73 PICART 1734. 68
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III III IV IV IV IV IV
Giovanni Domenico Picchianti
Non dichiarata.
Ludovico Carracci
Malvasia – Le Comte – intagliatori moderni senza fonte dichiarata – Imposture innocenti di Bernard Picart
Marcantonio Raimondi Sebastiano Conca Pietro Drevet Robert Nanteuil Simone Cantarini
Malvasia – Vasari Non dichiarata. Non dichiarata. Le Comte – proprie (?) Malvasia
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Bibliografia _______________________________________________________________________________
Avvertenze: La trascrizione completa dei quattro tomi manoscritti delle Vite di pittori di Gabburri sarà consultabile sul sito della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e su www.memofonte.it. Gli articoli nel presente numero di «Studi di Memofonte» seguono la segnatura adottata nella trascrizione informatizzata delle carte gabburriane, es.: [p. 235 – I – C_139R]. È indicata con «p.» la vecchia numerazione del manoscritto, posta in alto a destra; si indica con «C_» il nome del file delle immagini che riproducono il manoscritto. Queste due indicazioni sono separate dal numero di volume del manoscritto: [p. 235 – I – C_139R].
BIBLIOGRAFIA MANOSCRITTA DESCRIZIONE DEI DISEGNI 1722 F.M.N. GABBURRI, Descrizione dei disegni della Galleria Gabburri in Firenze, 1722, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, II.IV.240. STAMPE E DISEGNI F.M.N. GABBURRI, Catalogo di stampe e disegni, Fondation Custodia-Institut Néerlandais, Collection Frits Lugt, P.II, Inv. 2005-A.687B. VITE DI PITTORI F.M.N. GABBURRI, Vite di pittori, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Fondo Palatino E.B.9.5, I-IV. ZIBALDONE 1195 F.M.N. GABBURRI, Zibaldone, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Fondo Palatino 1195, striscia 1539, inserto I. ZIBALDONE 1198 F.M.N. GABBURRI, Zibaldone, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Fondo Palatino 1198, striscia 1361, inserto VII. DELLA NOBILISSIMA PITTURA M. BIONDO, Della nobilissima pittura, et della sua arte, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Fondo Palatino 702, copia autografa di F.M.N. Gabburri. DIALOGO DELLA PITTURA P. PINO, Dialogo della pittura, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Fondo Palatino 748, copia autografa di F.M.N. Gabburri. SCOLTURA ANTICA O. BOSELLI, Osservazioni della scoltura antica, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Fondo Palatino 833, copia autografa di F.M.N. Gabburri. EFEMERIDI G. PELLI BENCIVENNI, Efemeridi, 1759-1808, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, NA 1050, I-II. INVENTARIO GENERALE DELLE STAMPE
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Bibliografia _______________________________________________________________________________
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Bruna M. Tomasello _______________________________________________________________________________
ZIBALDONE GABBURRIANO Grazie al seguente appunto di Ugo Procacci, inviato a Paola Barocchi nel febbraio del 1976, è stato possibile ricavare la segnalazione di alcuni documenti inediti relativi alle ricerche gabburriane: Ecco un appunto per il Gabburri. Cod. Palatino 1198 (vecchia segnatura) numero di striscia 1361. L’inserto settimo contiene appunti serviti per le Vite, spesso scritti su lettere al Gabburri indirizzate. Alcuni di questi appunti furono usati, come si dice in margine, altri furono cancellati probabilmente perché anche questi usati. Molti di questi appunti di mani diverse, doverono essere mandati al Gabburri dietro richiesta di lui. Gli indirizzi delle lettere sono: Al cavalier Francesco Maria (alle volte aggiunto Niccolò) Gabburri o Gabburri, in una si dice: luogotenente di S.A.R. il Duca nell’Accademia delle pitture. Molti appunti sono di mano dello stesso Gabburri. Il Palatino 558 è un «Catalogo de i disegni stampe e libri trattanti di pittura scultura e architettura […] raccolta fatta dall’Ill.mo Signor Cavaliere Francesco Maria Niccolò Gabburri sino all’anno 1722». Cod. Palatino 1195 (vecchia segnatura numero di striscia 1359) è intitolato «Miscellanea storica, artistica e letteraria», ma sulla costola della legatura (ottocentesca, e sembra essere stata fatta per un libro e non per miscellanee) si legge: «Gabburri. Memorie sulle Belle Arti». Nel primo inserto lettere interessanti scritte al Gabburri con notizie di artisti. Appunti e lettere come nel Palatino 1195. È possibile che ritrovi altre schede.
I fondi segnalati da Ugo Procacci non si trovano collocati contiguamente ai volumi manoscritti delle Vite e non è noto se abbiano seguito le stesse sorti in Palazzo Vivarelli. Gli inserti contengono in alcuni casi missive di corrispondenti con note biografiche di artisti, in altri, appunti bibliografici dei quali si riconosce facilmente la fonte, alcune liste di opere, soprattutto di disegni con il loro prezzo1, nonché brevi notazioni inedite. L’inserto 1195 è composto soprattutto dal carteggio, mentre nel 1198 vi sono informazioni di tema eterogeneo non ordinato. Da alcune lettere si può riscontrare come egli tenne rapporti con pittori e accademici, tra cui ricordiamo la lettera di Bernardo Minozzi pittore bolognese residente a Roma che a Firenze ebbe modo di stringere familiarità con Gabburri, consegnandogli nel 1741 notizie di Andrea Lucarelli, pittore romano di non grande fama, ma di riconosciuta abilità e del quale anche Gabburri possedeva, come dichiara, alcune opere2. Numerose carte testimoniano l’intervento del pittore Giovan Battista Costa, che si fa tramite con il patrizio riminese Francesco Pedroni, finalizzato ad apportare significativi chiarimenti sulla vita di Guido Cagnacci3. Le carte riportano quindi indagini territoriali nelle quali si intuisce come l’autore privilegiasse le fonti dirette e non solo bibliografiche, come nel caso di Arezzo e di Volterra4. Nel panorama fiorentino ricordiamo l’estesa lettera di Bindo Simone Peruzzi, accademico colombario, che trasmette alcune indicazioni trascritte nella vita di Alamanno Pazzi5. Viceversa non sono state riportate nelle Vite le informazioni che Jacopo Zaccheri inviava da Siena con indicazioni sulla biografia e le opere del pittore Niccolò Franchini6. Nonostante ciò il nome dell’artista compare nell’indice generale in apertura della raccolta di biografie, come se fosse ZIBALDONE 1195, n. 8 [cc. 22-30]. ZIBALDONE 1195, inserto I, n. 1. 3 ZIBALDONE 1195, inserto I, nn. 9-10. 4 ZIBALDONE 1198, inserto VII, n. 15, «schede, carte non cancellate» [cc. 91-100]. 5 ZIBALDONE 1195, inserto I, n.4. 6 ZIBALDONE 1195, inserto I, n. 3. 1 2
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presente nel corpus: in questi casi si può supporre che si tratti di sviste, data l’enorme mole di materiali, o piuttosto che l’inserimento della specifica biografia fosse prevista e mai effettuata. Di altro tenore è la lettera con le indicazioni di Gabburri per gli intagliatori augustani (tra i quali Johan Balthasar Probst) che in quegli anni eseguivano le incisioni delle lunette della SS. Annunziata7: del progetto e della volontà di realizzazione ne accenna nelle Vite nella biografia di Bernardino Poccetti, mentre non fornisce alcuna informazione sugli incisori e sui disegnatori fiorentini che collaborarono all’opera. Oltre alle lettere e agli appunti finalizzati alla stesura delle Vite, sono presenti note scritte con finalità differenti, come nel caso del foglio8 sull’Accademia delle Arti del Disegno. Sempre relativa all’attività di accademico è la lista di accademici del 17309. In generale, la pubblicazione di questi documenti offre a chiunque si approcci alle Vite un ulteriore strumento d’indagine che, oltre ad integrare le notizie, dimostra l’apertura letteraria dell’autore tesa al superamento dell’Abcedario Pittorico di Pellegrino Orlandi non solo nella mole, ma anche nella sostanza. Crediamo non sia ragionevole formalizzare questo materiale, caratterizzato dalla eterogeneità tipologica e saturo di informazioni, di cui qui offriamo un indice e un’antologia. INDICE DEI CONTENUTI Cod. Palatino 1195, striscia 1539, inserto I
1. Lettera di Benvenuto Atinozzi, Roma 25 febbraio 1741 2. Lettera di Ignazio Hugford, Vallombrosa 9 luglio 1749 3. Lettera di Jacopo Zaccheri, Siena 16 maggio 1740 4. Lettera di Bindo Simone Peruzzi a Francesco Maria Niccolò Gabburri, Firenze 25 febbraio 1741 5. Lettera di Carlo Filippo Berta a Francesco Maria Niccolò Gabburri, s.l. 26 gennaio 1736 6. Notizie su Agostino di Lodovico Cornacchini da Pescia, s.l. e s.d. 7. Copia di lettera di Baldassarre Franceschini a Domenico Tempesti, s.l. e s.d. 8. Nota di disegni e loro autori e prezzo i quali sono con suo ornamento di cornici di pero nero con fila dorate e suo cristallo, posti per alfabeto 9. Lettera di Giovanni Battista Costa con notizie su Guido Cagnacci, Rimini 30 agosto 1740 10. Lettera di Giovanni Battista Costa a Francesco Maria Niccolò Gabburri con trascrizione della lettera del 30 agosto 1740 ricevuta da Francesco Petroni, Rimini 4 novembre 1741 11. Lettera di Giampietro Zanotti, Bologna 25 ottobre 1741 12. Lettera di Francesco Petroni a Giovanni Battista Costa, Santarcangelo 11 agosto 1740 13. Lettera di Fréderic Louis Norden con notizie di pittori fiamminghi, 29 maggio 1736 14. Lettera di Giovanni Baratta a Giovanni Mastrio Portogalo 15. Lettera di Giovanni Zanotti a Ercole Zanotti, Bologna 3 aprile 1736 16. Relazione di Francesco Maria Niccolò Gabburri sugli intagli delle lunette della SS. Annuziata
ZIBALDONE 1195, inserto I, n. 14 [cc. 61-65]. ZIBALDONE 1198, inserto VII, n. 15, «schede non cancellate» [cc. 16-19]. 9 ZIBALDONE 1198, inserto VII, n. 15, «schede non cancellate» [cc. 20-24]. 7 8
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Bruna M. Tomasello _______________________________________________________________________________ Cod. Palatino 1198, striscia 1361, inserto VII
Schede. Carte non cancellate 1. Discorso accademico sulle arti 2. Notizie per le Vite (Pietro Bracci, Giuseppe Berti ecc.) 3. Notizie per le Vite (Taddeo Gaddi, Accademia di S. Luca) 4. Notizie per le Vite (Ghiberti e Ercole da Ferrara) 5. Notizie per le Vite (Masaccio) 6. Notizie sull’Accademia del Disegno 7. Lista degli Accademici del disegno, 17 dicembre 1730 8. Notizie per le Vite (Carlo Cignani, Caterina Bigri, Carracci) 9. Notizie per le Vite 10. Notizie per le Vite (Ridinger di Augusta e Schenec) 11. Notizie per le Vite (Giovanni Daniele Preisler) 12. Appunti per le Vite 13. Elenco di artisti 14. Notizie per le Vite 15. Elenco di artisti con il numero di disegni 16. Notizie per le Vite (Giovanni Daniele Preisler e Giovanni Bagnioli) 17. Notizie per le Vite (Clemente scultore fiorentino e Giovanni Maria Ciocchi) 18. Nota dei pittori più classici di Milano 19. Notizie per le Vite (Francesco Pavona) 20. Notizie per le Vite (Francesco Appolidoro, Giovanni Agnolo Montorsoli, Francesco Cittadini, Ventura Lamberti ecc.) 21. Notizie su una vendita di disegni della collezione di Guglielmo Six, 1734 22. Notizie per le Vite 23. Notizie per le Vite (Francesco detto d’Imperiali di Milano) 24. Notizie per le Vite (Cavalier Calabrese) 25. Notizie per le Vite (Holbein, Giovanni Maggi, Bartolommeo Piggi ecc.) 26. Notizie per le Vite 27. Notizie per le Vite (Vincenzo Mercati) 28. Notizie per le Vite (Bernardo Picart) 29. Notizie per le Vite (Jacopo Filippini) 30. Notizie per le Vite (Bernardino Radi) 31. Notizie dell’opere di pittura di valenti artefici, che si vedono nella città di Volterra, suoi borghi, suoi luoghi di Val di Cecina, 1740 32. Notizie per le Vite 33. Notizie per le Vite (Gherardini) Carte cancellate 1. Richiesta di notizie su: Angelo Beinaschi, Enrico Spagnolo, Antonio Antonozzi, Monsù Schugnans, Monsù Aurora, Angeluccio dei paesi 2. Richiesta di notizie su Lorenzo di Carlo del Moro e Anton Ferri 3. Richiesta di notizie su Giovanni Pozzi, Stefano Pozzi, Rocco Pozzi, Andrea Pozzi 4. Richiesta di notizie su Roberto Price, Guglielmo Windha ecc. 5. Notizie per le Vite (Girolamo Campagno, Alessandro Vittoria, Andrea Palladio ecc.) 6. Notizie per le Vite 7. Notizie per le Vite (Antonio Palomino)
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8. Notizie per le Vite (Fra’ Pasquale Romano) 9. Notizie per le Vite (Pietro Figini Guglielmo Coustou ecc.) 10. Notizie per le Vite (Sebastiano Ricci) 11. Notizie per le Vite (Antonio Bonfigli) 12. Notizie per le Vite (Cristofano da Bracciano) 13. Elenco di medaglie 14. Notizie per le Vite (Gaetano Benvenuti) 15. Notizie per le Vite (George Philip Bugendas) 16. Notizie per le Vite 17. Notizie per le Vite (Giuseppe Vita, Alessandro Baiali e Francesco Bassi) 18. Notizie per le Vite (Intagli diversi) 19. Notizie per le Vite (Andrea Wolff) 20. Disegni vari 21. Indicazioni del Gabburri per gli intagliatori delle lunette della SS. Annunziata 22. Notizie per le Vite (Romolo Settunzi e Antonio del Forno) 23. Notizie per le Vite dalle «Delizie d’Italia» 24. Appunti per le Vite (Niccolò Circignani, Giovanni Maggi, Girolmo Cock, Giovanni Battista de’ Cavalieri, Raffaello Schiaminozzi) 25. Notizie di opere di pittura che si ritrovano nelle chiese d’Arezzo 26. Appunti per le Vite (Giovanni Bazzi, Jacopo Anciani) 27. Notizie per le Vite (giudizi su Félibien) 28. Notizie per le Vite (Gualterotti Raffaello e Anton Francesco Lucini) 29. Notizie per le Vite (Giovanni Tasniere) 30. Notizie per le Vite 31. Varie 32. Notizie per le Vite (Zuccheri, Poussin, ecc…) 33. Notizie per le Vite (Rigaud) 34. Notizie per le Vite (Frézier) 35. Pietro Paolo Brandtel In attesa di pubblicare integralmente nella sezione dedicata le trascrizioni dello Zibaldone Gabburriano, a scopo esemplificativo, offriamo una selezione delle varie tipologie di scritti. I AVVISI PER L’INTAGLIATORE RELAZIONE SU GLI INTAGLI DELLE LUNETTE DELLA SS. ANNUNZIATA, 1738 BNCF, Fondo Palatino 1195, inserto I, n. 14 [cc. 61-65]
Veramente sono stato un gran tempo a rispondere alle compitissime lettere delle Signorie Loro e senza rimandare le correzioni tanto del quarto che del quinto rame delle consapute lunette del claustro della Santissima Nunziata di questa città di Firenze. Per mia discolpa debbo dir loro, che il motivo della tardanza è stato il desiderio di meglio servirle perché è bisognato fare il comodo dei professori di questa città, i quali non sempre si son potuti avere per essere occupati in altri lavori. Venendo a dire qualche cosa sopra gl’intagli delle lunette, comincerò dall’intaglio della quarta lunetta dipinta da Ventura Salimbeni, della quale io rimando loro non solo la prova dell’intaglio, ma ancora lo stesso sfortunato disegno. Dico dunque che il sentimento di tutti i professori di questa città sopra il detto intaglio, si è che l’intagliatore si è portato peggio in 96
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questo rame che in tutti gli altri antecedenti, non essendo stato attaccato punto né poco all’imitazione del disegno, né all’arie delle teste e peggio ancora nel chiaroscuro, mentre ha fatto egualmente scuri e di forza i lontani, quanto le figure del primo piano. Onde per rimediare per quanto era possibile a un disordine e a uno sproposito così grande e risibile, bisogna, se Loro Signorie vogliono averne onore e farlo avere ancora a me, che l’intagliatore si metta con pazienza ad esaminare e imitare diligentemente quel disegno, che di tempo in tempo io mando loro per intagliare. Senza far questo e molto più senza che il medesimo intagliatore sappia ben disegnare, ogni rame sarà sempre molto cattivo, che screditerà sempre le loro opere ed a me in fine toglierà intieramente il coraggio di proseguire la spesa da me fatta sinora dei disegni del claustro dei Padri de’ Servi di questa città di Firenze, i quali disegni ho procurato sempre che sieno fatti dai migliori e più bravi giovani di questa nostra Accademia Fiorentina senza riguardo di spesa, non mi essendo mai prevaluto di giovanetti principianti e di più ho sempre costumato che dopo fatto il disegno, li ho fatti sempre rivedere dai nostri più bravi maestri a fin di servir bene loro Signorie e perché loro stessi ne avessero onore e vantaggio, al che io ho avuto riguardo principalmente, senza pensare né punto né poco a me, mentre loro Signorie sanno che io sacrifico la spesa principale del disegno, che mi viene sempre a costar dodici scudi, oltre alla spesa delle correzione nelle prove, né io me ne ricavo e pretendo cosa veruna e dipendo solo dalla loro cortesia, il mandar alla fine alcun esemplare d’intaglio quando poi son terminati. Concludo per fine che il quarto rame, disegnato dal Menabuoni, non consiglio le Signorie Loro a pubblicarlo nel grado che egli è, ma procurare in tutti modi che l’intagliatore lo corregga come deve esser corretto, o l’intagli di nuovo quando questo non sia capace di esser corretto. Vi sarebbero da fare sopra questo rame della sopradetta quarta lunetta, molte e molte altre considerazioni, ma per non essere troppo prolisso e noioso, ho stimato bene di passarle sotto silenzio e più tosto dar loro il consiglio di farla intagliare nuovamente, quando Loro Signorie abbino veramente a cuore la stima pubblica e gradiscano veramente d’incontrare l’universal gradimento, al quale ne va congiunto, per necessaria conseguenza, il vantaggio del loro interesse. Passo adesso a discorrere sopra la prova della quinta lunetta dipinta da Matteo Rosselli e disegnata con tutta l’attenzione, intelligenza e amore immaginabile da Giovanni Crisostomo Stefanini e rivista dalli principali maestri di questa antica e celebre Accademia prima di mandarla in Augusta a Loro Signorie e dico che questa è stata intagliata un poco poco meglio della quarta, ma non per questo si può dire che sia stata esaminata dall’intagliatore e imitata colla dovuta intelligenza e esattezza di disegno e con quella diligenza che richiedeva un disegno così bello, in cui ci aveva posto una maggior premura e fatto per chi cerca una spesa maggiore per ben servirle. Bisognerebbe che il detto intagliatore correggesse una buona quantità di teste e specialmente che procurasse di guardarsi dal cadere così spesso nel solenne errore di fare un Giudeo più alto e un più basso e che stesse un poco più attaccato all’imitazione dell’arie delle medesime teste, che nell’originale sono bellissime e in che ha avuto una particolare osservazione il suddetto Stefanini disegnatore. La testa accanto al numero 5 bisogna sortirla perché è troppo cruda e si avventa ma resta indietro tanto che basti. Ma quello che è più necessario di correggere, perché è un errore troppo massiccio e insopportabile e che daria nell’occhio agli intendenti, si è quella figura in reni, che siede col cappello in capo perché, l’intagliatore ha fatto a questa figura una testa che non posa sopra quelle spalle. Gli ha fatto il cappello che non gli entra in testa, ma è fuori di essa e tutto il capo di questa figura è troppo piccolo a proporzione della figura medesima. A fine che l’intagliatore possa meglio intendere la mia intenzione e quella di questi professori sopra un articolo così essenziale, mando alle Signorie Loro una cartina col semplice contorno della testa di detta figura, che siede, attaccata con 4 spilli alla stampa della stessa mandatami per prova e nel suo
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proprio luogo, dove dee essere, perché specialmente possa vedere l’attaccatura della detta testa col busto. Nel medesimo tempo Loro Signorie dicano al medesimo intagliatore che esanimi meglio il profilo e il contorno di questi piccoli segni, che io mando loro, perché vedrà che di rettificare in molte e molte cose e tutte essenziali, le quali unite insieme verranno a rendere l’opera più perfetta e più stimabile infinitamente. Per ultimo mi do la consolazione e il vantaggio di trasmettere a Loro Signorie il disegno della sesta lunetta, la quale è una delle più belle che abbia dipinte Bernardino Poccetti nel noto claustro. Le supplico vivamente a raccomandare all’intagliatore a voler fare un intaglio pastoso, che non dia nel crudo, specialmente nei contorni del nudo e delle pieghe dei panni e che per l’amor di Dio, si guardi dall’attaccare i vicini coi lontani, ma fare che questi stessi lontani sian più dolci e più chiari dei vicini. Se paresse all’intagliatore che io fossi critico troppo severo e troppo libero nel dire col mio sentimento, io prego le Signorie Loro a riflettere che io non dico niente per utile e per vantaggio di me medesimo, ma per vantaggio e utile di Loro Signorie stesse e perché vorrei pur vedere sorgere ancora nella Germania un buon gusto dell’intaglio, come si è veduto e si vede in Francia. Che se gl’intagliatori della Germania si facessero forti nel disegno intaglierebbero con maggiore intelligenza e questa stessa intelligenza li renderebbe più franchi e dalla intelligenza e dalla franchezza ne risulterebbe quella bella armonia dell’intaglio, che dà tanto gusto a chi intende e a chi non intende. Per ultimo ne risulterebbe un alto beneficio a Loro Signori medesimi ed è questo, cioè che non sarete ben obbligati a mandar qua ogni prova di un rame perché venisse corretto, il che vedo bene che risulta in grave scomodo e denaro del lor negozio. Io so pure che a Norimberga vi è una buonissima scuola del nudo, onde anche senza venire in Italia, coloro che vogliono darsi alla professione dell’intaglio, possono approfittarsi tanto che basti per divenir valentuomini. Perdonino le Signorie Loro questi miei sentimenti, i quali con tutto il rispetto porgo sotto i loro purgatissimi occhi e quando credano che sieno di niuna estimazione e valore, gli rigettino pure e avanti facciane verità capitale, che io non solo non me ne stimerò offeso, ma sino da questo punto mi dichiaro di non stimare maggior fortuna che quella di avere da loro buona grazia e di essere loro buon servitore. Firenze, 30 agosto 1738. II SULL’ACCADEMIA DEL DISEGNO BNCF, Fondo Palatino 1198, inserto VII, n. 15, «schede, carte non cancellate» [cc. 16-19]
L’Accademia del Disegno nata sotto gli auspici della sua Real Casa, e mantenuta per due secoli dalla munificenza dei Suoi reali antenati ha prodotto frutti d’uomini singolari in queste bell’arti, che hanno non meno questa città, che l’Italia tutta ornata e ripiena delle loro opere, per lo che questa Accademia renduta celebre è stata sempre venerata dai professori forestieri e celebrata dagli scrittori. Gli esercizi che in essa si praticano sono gl’istessi che si sono praticati nei tempi scorsi e presentemente ancora ella ha soggetti così nella pittura, come nella scultura da paragonarsi a quelli di cui si possino pregiare l’altre Accademie d’Italia. Ma perocché i maestri di queste arti sono stati scarsissimi d’occasioni, non solo non hanno potuto avanzarsi loro medesimi nel profitto, che deriva dall’operare, ma non hanno ancora potuto contribuire all’avanzamento della gioventù e farsi de’ successori nell’arte, di modo che la scuola e particolarmente della scultura si ritrovano senza alcun giovane che possa dare speranza di mantenerla in quel decoro e in quella stima, nella quale sia sostenuto fino ai tempi presenti, ricercandosi, per riuscire in queste arti, non solo lo studio, ma la pratica, la quale solo 98
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s’acquista con il frequente operare, riuscendo ogni studio e ogni fatica infruttuosa quando mancano l’occasioni d’esercitarsi. Quindi è che fra poco tempo mancati i professori presenti e particolarmente gli scultori, si può con molta ragione temere che l’arte sarà in questa Sua real città totalmente finita. L’affetto che sempre ho meco nodrito verso queste nobili professioni, l’elezione fatta anni sono dall’Accademia nella mia persona di suo luogotenente e molto più il genio benigno di Vostra Altezza Reale dimostrato dalla conferma e continuazione in questa carica, m’hanno obligato a meditare tutti i modi possibili per il mantenimento e avanzamento dell’arte. A questo fine tenute molte conferenze con i maestri delle medesime, ho conosciuto ridersi alla scarsezza dell’occasioni la rovina della professione avendomi loro fatto evidentemente vedere che è impossibile il potere mantenere giovani et esercitarli per lasciarli per de’ successori. Ho creduto debito della mia carica che l’Altezza Vostra Reale, protettore clementissimo, munificentissimo benefattore dell’Accademia, sia informato dello stato delle professioni, che in essa si praticano per non mi rendere in parte alcuna debitore di quel discapito di decoro e d’onore, che potesse col tempo accadere a questa Sua Real città per la mancanza di queste Arti, stata sempre non piccola parte della sua gloria, non solo appresso le altre d’ Italia, ma ancora nelle nazioni oltramontane, le quali hanno fatto onoratissimo conto dell’opere di quei professori, che sono in essa fioriti. Adunatisi i maestri dell’Accademia avanti l’illustrissimo signor luogotenente per discorrere di quelle cose che potessero promuovere il buon regolamento delle loro scuole e dell’arte, fu fatta reflessione che i giovani d’una scuola, essendo con troppa facilità accettati in un’altra, non hanno quel rispetto e quella soggezione al loro maestro, che si conviene, e non si meritano talvolta quell’affetto che è necessario per il loro avanzamento, onde fu, dai medesimi risoluto e dal medesimo signor luogotenente approvato, che nessun maestro possa ricevere alcun giovane d’altra scuola senza prima parteciparlo al maestro dal quale si parte e riceverne il suo consentimento e se alcun giovane fingesse non aver avuto altro maestro e procurasse esser ricevuto con questo inganno, deve subito essere licenziato dal maestro che l’avesse accettato e così vogliono e stabiliscono i molti maestri et approvandolo il signor luogotenente, praticare fra loro questa reciproca convenienza, non solo per mantenere fra di loro medesimi una più stretta unione e corrispondenza, quanto per indurre ne’ giovani quella reverenza e quel timore verso il proprio maestro, che è tanto necessario per il loro profitto e che vogliono che abbia forza di decreto e che sia inviolabilmente osservato. III LISTA DI DISEGNI CON LORO PREZZO BNCF, Fondo Palatino 1195, inserto I, n. 8 [cc. 22-30]
Nota di disegni e loro autori e prezzo, i quali sono con suo ornamento di cornici di pero nere con fila dorate; e suo cristallo posto per alfabeto. A. 1. Di Andrea del Sarto, una Vergine con Gesù e S. Giovanni, in foglio, zecchini 50. 2. Dal detto, la Visitazione di S. Elisabetta, in foglio, zecchini 20. 3. Del detto creduto, un miracolo di un bambino resuscitato, in quarto di foglio zecchini 10. 4. D’Antonio Nasini, un Nettuno con tritoni, in 4 di foglio, zecchini 10. 5. D’Alberto Duro, tre figure, in foglio, zecchini 60.
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B. 6. Del Bamboccio, una battaglia, in foglio, zecchini 40. 7. Del Barroccia, la Flagellazione di Nostro Signore, in mezzo foglio, zecchini 30. 8. Del detto, due pezzi rappresentanti la Annunziata, in mezzo foglio, zecchini 28. 9. Di Bastiano Peruzzi, una Vergine con diversi santi in foglio, zecchini 28. 10. Del detto, la Madonna con S. Anna e S. Giovannino, in quarto di foglio, zecchini 12. 11. Di Bastiano Folli, una presentazione al tempio, in mezzo foglio, zecchini 11. 12. Del Borgognone, due pezzi di battaglie, in 4 di foglio, zecchini 22. 13. Del Borgognone, due pezzi di battaglie, in 4 di foglio, zecchini 24. 14. Del detto, altra battaglia e una marciata, in quarto di foglio, zecchini 18. 15. Del Bronzino, un Cristo con la croce e calice, in foglio in circa, zecchini 30. C. 16. Del Caracci, una Leda, in quarto di foglio, zecchini 14. 17. Del Callotta, dieci pezzi con varie figurette, in 4 di foglio, zecchini 60. 18. Del Castiglioni, Orfeo che suona udito da diversi animali in foglio, bellissimo, zecchini 210. 19. Del Ciniani, Paride quando dà il pomo alle dee, in foglio, zecchini 40. 20. Del Civoli, un santo che fa le lemosine, in circa in foglio, zecchini 40. 21. Del detto, creduto, S. Pietro con altre figure , zecchini 40. 22. Del Conca, S. Domenico che libera uno spirito, in mezzo foglio, zecchini 40. 23. Del Correggio, Crocifissione di Nostro Signore, in più di foglio, zecchini 20. D. 24. Di Deifebo Burbarini, Transito della Vergine, in foglio, zecchini 20. F. 25. Del Forino, Seppellimento di Nostro Signore, zecchini 18. 26. Di Francesco Vanni, la Madonna, Gesù ed altri Santi, in foglio, zecchini 35. 27. Del detto, Crocifissione di Nostro Signore, bellissima, in foglio, zecchini 28. 28. Del detto, una Annunziata, in foglio, zecchini 27. 29. Del detto, Presentazione al tempio, in mezzo foglio, zecchini 20. 30. Del detto, angelo che porta la corona a due Santi martiri, in foglio, zecchini 34. 31. Del detto, altra Annunziata, in mezzo foglio, zecchini 24. 32. Del frate romano, due pezzi di paese con veduta di mare, in carta pecora, in circa a foglio, zecchini 70. 33. Del detto, altri due pezzi di paese in penna, in mezzo foglio, zecchini 84. G. 34. Del Gabbiani, S. Felice cappuccino, in foglio, zecchini 14. 35. Di Giulio Romano, un Assedio e assalto di città in più di foglio, zecchini 80. 36. Del detto, due pezzi di battaglia, una in mezzo foglio, ed altra in quarto, zecchini 40 37. Del Gofosi, un rapto, in mezzo foglio, zecchini 30. 100
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38. Del detto, un pezzo di prospetto, in foglio, zecchini 30. 39. Del detto, certi putti, in quarto di foglio, zecchini 10. 40. Del detto, Nettuno e Venere in quarto di foglio, zecchini 10. 41. Del Guercino, David colla testa del gigante, mezza figura, in circa a foglio, zecchini 40. 42. Del Guercino, Ercole che ammazza l’Idra, in circa in foglio, zecchini 28. 43. Del detto, una Vergine con Gesù e S. Giovanni, in mezzo foglio, zecchini 28. 44. Di Giuseppino del Sole, la Manna, in foglio, zecchini 160. L.10 45. Di Leonardo a Vinci, La Madonna Gesù e Giuseppe, zecchini 30. 46. Di Luca Cangiasso, S. Antonio tentato, in foglio, zecchini 40. M. 47. Di Marco Rosselli, Angelo con Giacobbe, in foglio, zecchini 40. 48. Del detto, varie altre figure, in foglio, zecchini 30. 49. Di Mecarino, una Vergine con Gesù e S. Giovanni, in quarto di foglio, zecchini 12. 50. Del detto, una processione, in circa in foglio, zecchini 19. 51. Del Mei, un Cristo, in quarto di foglio, zecchini 24. 52. Del detto, un Cristo quando fu bendato, zecchini 10. 53. Del detto, una figura storiata, in quarto di foglio, zecchini 10. 54. Di Michelangelo Buonarroti, una figura a cavallo, in 4 di foglio, zecchini 20. 55. Del detto, un Crocefisso fatto nel 1510 bellissimo, in foglio, zecchini 60. 56. Del detto, quattro figure nude con una botte, in foglio, zecchini 40. 57. Del detto, la Carità, in mezzo foglio in circa, zecchini 12. 58. Del Micheli, un paese in penna, zecchini 40. P. 59.Del Palma, una predica di Nostro Signore, in mezzo foglio, zecchini 32. 60. Del Pomaranci, una Presentazione al tempio, in foglio, zecchini 21. 61. Di Pietro Testa, una Vergine col Bambino in braccio, in foglio, zecchini 30. 62. Di Pietro Perugino, Nostro Signore nell’orto, in foglio, zecchini 40. 63. Della Scuola del detto, fatto da Raffaello, un Crocefisso, in foglio, zecchini 40. 64. Di detto, una Venere, in mezzo foglio, zecchini 20. 65. Di Pietro da Cortona, una Cleopatra quando le cavano lo stile da petto, in mezzo foglio, zecchini 45. 66. Del detto, un Sacrificio, in più di foglio bellissimo, zecchini 70. 67. Del detto, due pezzi uno coll’adorazione del vitello e l’altro colla Circoncisione di Nostro Signore, ambedue in mezzo foglio, zecchini 40. 68. Del detto, la Fama colla Scultura, in 4 di foglio, zecchini 14. 69. Del detto, vari soldati in quarto di foglio, zecchini 24. 70. Del Pintoricchio un pastore, in mezzo foglio di longhezza, zecchini 20 71. Del detto, esercito con il re in padiglione in 4 di foglio, zecchini 20 R. Le voci della lettera L nel manoscritto sono collocate dopo la P con i numeri 70 e 71. Sono stati reinseriti nell’ordine alfabetico e nella successione numerica. 10
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72. Di Rafael da Urbino, una figura legata alla colonna, in 3 di foglio, zecchini 60. 73. Della scuola di detto, varie figure con un re, in mezzo foglio, zecchini 28. 74. Del detto, Diluvio Universale, in circa a foglio, zecchini 40. 75. Del detto, una battaglia, in quarto di foglio, zecchini 20. 76. Del detto, un Salvatore quando va all’orto, in quarto di foglio, zecchini 30. 77. Del detto, una figura nuda, in foglio, zecchini 40. 78. Del detto, battaglia navale in foglio, zecchini 60. 79. Della scuola di detto, altra battaglia, zecchini 30. 80. Della scuola di detto, l’amazzoni che si sommergono, in 1/2 foglio, zecchini 14. 81. Di detto, quattro pezzi de’ bassirilievi de’ trionfi romani, in quarto di foglio, zecchini 84. 82. Di Raffael Vanni, Mosè quando fu trovato nel castello, in mezzo foglio, zecchini 28. 83. Di detto, Crocifissione di Nostro Signore, in mezzo foglio, zecchini 21. 84. Di detto, due pezzi ambidue con incontro di Nostro Signore colla Vergine per la strada del Calvario, in circa a foglio, zecchini 70. 85. Di detto, un’Assunta, in quarto di foglio, zecchini 16. 86. Del Riccio, due pezzi con S. Agostino, ambedue che scrive, in mezzo foglio, in circa zecchini 40. 87. Del detto, due pezzi coll’Annunziata, ambedue in mezzo foglio, zecchini 24. 88. Del Romanelli, due pezzi uno con David et altro con Salomone, in foglio, zecchini 40. 89. Del Romanelli, Angelo con Giacobbe, in mezzo foglio, zecchini 14. 90. Del Roncalli, una predica di S. Giovanni Battista, in foglio, zecchini 50. 91. Del detto, Resurrezione di Nostro Signore, in foglio, zecchini 40. 92. Del detto, l’Apostoli con Nostro Signore, in foglio, zecchini 26. 93. Del detto, le Nozze di Cana, in quarto di foglio, zecchini 23. 94. Del detto, una marciata, in foglio, zecchini 30. 95. Del detto, la cena di Nostro Signore, in foglio, zecchini 28. 96. Del detto, una predicazione di S. Vescovo, in foglio, zecchini 28. 97. Del Rosso Fiorentino, Giove con altri dei, in foglio, zecchini 35. 98. Del Rubens, un Ecce Homo, in quarto di foglio, zecchini 24. 99. Del Rustichino, miracolo di un santo che fa scaturire acqua per abbeverare un esercito, in foglio in circa ,zecchini 30. 100. Del detto, Crocefisso colla Vergine et altri Santi, in foglio, zecchini 24. 101. Del Santi di Tito, Nostro Signore con gli Apostoli ed altre figure, in foglio zecchini 28. 102. Del detto, un re con un libro in mano et altro con un putto in braccio et altre figure, in foglio, zecchini 24. 103. Del detto, Santi di Tito, l’Adorazione dei Magi, in foglio, zecchini 80. 104. Di Salvatore Rosa, un Santo in abito di pellegrino che scrive, in mezzo foglio, zecchini 28. 105. Del detto, Adamo ed Eva, in mezzo foglio, zecchini 30. 106. Del detto, una testa, in quarto di foglio, zecchini 6. 107. Del detto creduto, un beato Surore [sic], in 4 di foglio, zecchini 16. 108. Del detto, un paesetto con bestiame, in 4 di foglio, zecchini 6. 109. Del detto, Lot imbriaco, in mezzo foglio, zecchini 30. 110. Del Sirani, incontro di due guerrieri, in foglio bislungo, zecchini 40. 111. Del Sodoma, un S. Bastiano, in mezzo foglio, zecchini 30. 112. Dello Spagnoletto, un S. Girolamo, in quarto di foglio, zecchini 30. 102
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113. Dello Spranger, la Trinità con due Santi, in 4 di foglio, zecchini 10. 114. Di Stefanin della Bella, la Moretta, in 4 di foglio, zecchini 20. 115. Del detto, una battaglia bellissima, in mezzo foglio, zecchini 30. 116. Del detto, altra battaglia, in foglio, zecchini 80. T. 117. Del Tempesta, un accampamento di soldati, in 4 di foglio, zecchini 10. 118. Del detto, una battaglia, in 4 di foglio, zecchini 30. 119. Del detto, un incontro, in 4 di foglio, zecchini 14. 120. Del detto, due pezzi di trionfi fatti con argento et oro, in quarto di foglio, zecchini 80. 121. Del Telorti, un Baccanale, in foglio, zecchini 50. 122. Del Tintoretto, un sottinsù, in quarto di foglio, zecchini 20. 123. Del detto, un re che bacia il piede al Papa, in foglio, zecchini 100. 124. Del detto, un sacrificio, in mezzo foglio, zecchini 28. V. 125. Del Vandicc, un ritratto di mezza figura, in quarto di foglio, zecchini 6. 126. Del Ventura Salimbeni, S. Caterina, in 4 di foglio, zecchini 10. 127. Del detto, il Beato Stanislao Xostor, in 4 di foglio, zecchini 10. 128. Del detto, una lunetta, in mezzo foglio, zecchini 20. 129. …[sic] Due figure a cavallo con cifra A et T, assai belle, in quarto di foglio, zecchini 20. 130. …[sic] La pace con due altre figure, in quarto di foglio, zecchini 10 . I pezzi dei quadri descritti però sono in tutti cento quarantasei, che se n’è messi in più luoghi assieme perché compagni e dell’istesso autore e a quattro scudi l’uno per l’altro sarebbero zecchini 584. IV VENDITA DI DISEGNI BNCF, Fondo Palatino 1198, striscia 1361, inserto VII, n. 15, «schede, carte non cancellate» [c. 57] Dal catalogo della collezione di quadri, disegni e stampe del già Guglielmo Six borgomastro della città di Amsterdam, di cui si farà la vendita nella detta città il dì 12 maggio 1734, stampato in Amsterdam nel 1734, prenderei volentieri gli appresso disegni, cioè al numero 106 une vue dans Venise en dessein, al numero 191, Deux petites tetes dessinees da Rembrand. Del resto l’amico che favorirà di accudire alla compra per me sappia che io non voglio spendere più che scudi sessanta di moneta fiorentina, che sono circa 70 pezze da otto reali. Onde si regoli su questo piede, lasciandoli l’arbitrio di spenderli in un libro solo, in un mezzo e anche nel solo portafoglio del numero 8, nel quale vi è il disegno solo della Strage degli Innocenti del Rubens, di cui vi è la stampa. O pure nel libro del numero 12, dove sono tutte le stampe intagliate da Marc’Antonio. Non sapendo che i libri vaglino e siano per vendersi sciolti et alla spicciolata o pure voglino vendere i libri interi, tali quali sono. Per tali motivi lascio all’amico la libertà di regolarsi in quella guisa che sul fatto e sul luogo, vedrà di poter fare meglio, avvertendolo che io non amo la quantità, ma la qualità e perciò sarò più contento di soli due o tre disegni capitoli finiti, e conservati, che di 60 che sieno semplici pensieri e puri schizzi. Se vi fosse però modo, sarei
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Zibaldone gabburiano _______________________________________________________________________________ curioso di avere un bel disegno di figure di Rembrand, che è quanto aspetterò di sentire a suo tempo l’esito dell’operato a mio favore. N. 191 deux petites têtes dessinées da Rembrand. 106 une vue dans Venice en dessein. V NOTIZIE PER LE VITE BNCF, Fondo Palatino 1198, striscia 1361, inserto VII, n. 15, «schede, carte non cancellate» [c. 77] Al signor abate Giovanni Battista Costantini in Roma Angeluccio dei Paesi. Saper chi sia. Angelo Beinaschi. Saper se viva qui in Roma, o quando sia morto. Enrico Spagnuolo detto già in Roma Enrico delle Marine. Sapere il suo casato e il tempo preciso della sua morte e il luogo. Antonio Antonozzi anconitano. Sapere il tempo preciso della sua nascita, come pure altre particolari notizie circa al suo valore nella professione e circa alla sua vita e costumi. Monsù Schugaans. Si desidera sapere il nome dal Baglione, la patria, il tempo della nascita, il maestro o maestri, se viva e dove e altre notizie della sua abilità Monsù Aurora franzese. Si desiderano le sopradette notizie. BNCF, Fondo Palatino 1198, striscia 1361, inserto VII, n. 15, «schede, carte cancellate» [c. 106] [Quesiti e risposte ricevute copiate da Gabburri]
Angeluccio dei Paesi, si desidera sapere chi sia e le di lui notizie quando non sia nell’Abcedario Pittorico del padre Orlandi. Angelo Beinaschi, sapere se vive più in Roma o dove o pure quando sia morto e dove. Enrico Spagnolo detto già in Roma Enrico delle Marine, sapere il suo casato, la patria, la nascita e la morte e dove sepolto, chi li sia stato maestro e altre simili notizie. Antonio Antonozzi anconitano, sapere il tempo e il luogo preciso della sua nascita come pure altre particolari notizie circa il di lui valore e altro come sopra. Monsù Schugnans, si desidera sapere il nome di battesimo, la patria il tempo della nascita, il maestro o maestri, se viva e dove, e altre notizie della sua abilità [in margine: Antonio di Anversa]. Monsù Aurora fiammingo, di questo artefice altresì si desiderano tutte le sopra dette notizie. Angeluccio de Paesi fu allievo di monsù Armando e morì in Roma. Ne’ suoi paesi fece per lo più le figure Michelangelo Cerquozzi et ancora Giovanni Mieli e Filippo Lauri. Le sue opere sono bellissime et uguali quasi a quelle di Claudio Gille Lorenese e sono tante e sono ancora in gran stima et io me ne ritrovo dodici pezzi. Non si ha notizia di Angelo Beinaschi sibbene di Giovan Battista Beinaschi piemontese, il quale fu scolare di Monsù Spirito venuto poi a studio sotto Pietro del Po. Disegnò l’opere di Lanfranco, e immitò assai bene, ma con tutto ciò se n’è fatta sempre in Roma poca stima, conforme se ne fa presentemente morì in Roma l’anno 1690 nell’età di 54 anni e lasciò Angela sua figlia, la quale si portò assai bene nei ritratti. Errico Spagnuolo morì in Roma, è sepolto nella chiesa di San Giacomo de’ Spagnoli, della di lui patria precisa non vi è notizia. Operò con grandissima intelligenza e diligenza 104
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l’opere sue esistenti in marine e sono state sempre conforme e lo sono presentemente in grandissima stima et io me ne ritrovo sedici. Francesco no Antonio Antonozzi, nacque in Loreto, il di lui padre di nome Giovanni Battista fu ancor’esso pittore di mediocrità, da ragazzo studiò un poco in Roma d’indi ritornò alla patria. Nell’anno poi 1724 ritornò a Roma indirizzato a me, che li feci fare moltissime opere dalla quali prese buon credito e con tutto che fosse esso figurista a segno che fece un quadro d’altare nella chiesa di San Nicolò de Lorenesi, qui in Roma ad ogni modo s’applicò, e per meglio dire continuò a fare li paesi con le figurine in una maniera assai vaga, terminata e toccata di buonissimo gusto, essendo l’opere sue in buonissima stima. Si ritrova però poverello al fine della sua vita, essendo il suo male irrimediabile per essere di etisia e sarà nell’età di 56 anni. Monsù Scugnans è di nome Antonio d’Anversa in Fiandra, operò in Roma di figure e si portò assai bene nei ritratti e nelle bambocciate particolarmente, con gran gusto di colore et io me ne ritrovo sei pezzi. Monsù Aurora non è stato possibile sapere il suo nome, solamente ho trovato che fosse fiammengo e che morì in Fiandra; le sue opere consisterono in animali quadrupedi e volatili e le terminò assai e con gran sapere e gusto. Se ne ritrova qualche quantità di pezzi il Sig. Principe Panfili et ancor io me ne ritrovo quattro. Ecco quanto mi è potuto riuscire in adempimento delle mie obligazioni in far rimaner servita vostra Signoria iIllustrissima a cui faccio profondissimo inchino. Registrate. VI NOTIZIE SU VOLTERRA BNCF, Fondo Palatino 1198, striscia 1361, inserto VII, n. 15, «schede, carte non cancellate» [cc. 91-100]
Queste notizie hanno avuto il loro esito, mentre sono state registrate ne l’Abecedario colle aggiunte manoscritte. Notizie delle opere di pittura di valenti artefici, che si vedono nella città di Volterra, suoi borghi e luoghi di Val di Cecina, 1740. Duomo Pietro Candido Fiammingo, 1578 Tavola della prima cappella, che è a mano destra, entrando in chiesa dalla porta grande verso S. Giovanni, rappresenta la Beata Vergine, che sale al cielo, e da basso S. Giusto Vescovo, S. Francesco, S. Vittore martire, S. Clemente, che tiene davanti la città di Volterra, sostenuta da due angioli e da piedi un vecchio di bello e fiero aspetto, armato in mezza figura. Credesi esser il ritratto (bellissimo) del Capitano Francesco Buini fondatore della cappella. Opera di dolce colorito e gran rilievo e bravura. Francesco Curradi Segue la tavola della Natività della SS. Vergine, ove sono molte femine e due angeli in aria bellissimi, opera studiosissima e bella. Battista Naldini, 1588 Studi di Memofonte 1/2008
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Segue la tavola della Presentazione di Maria Vergine che sale i gradi del tempio. Opera eccellente per l’architettura, per la disposizione delle figure, pel disegno e colorito. Giovanni Calducci, 1591 Salita la scala da detta banda Cappella edificata da’ Serguidi ed ora è del SS. Sagramento e dipinta a fresco, ma mal condotta di storie piccole, sì come ha due quadri laterali, uno di Giesù che caccia i negozianti dal tempio e l’altra che fa il Miracolo di saziar le turbe. Santi Titi, 1592 Tavola dell’altare, rappresenta la Resurrezione di Lazzero, opera bellissima e di gran giudizio. Niccolò Gemignani delle Pomarancie Vicino all’altare maggiore, anzi dietro a detto altare nel coro erano istorie grandi dipinte, colla volta, nella quale solamente sono restate alcune figure e puttini finti di stucco. Il resto è andato male. San Paolo Giovanni da San Giovanni Cappella ricchissima dell’Inghirami. Dipinta la volta da Giovanni da San Giovanni. Matteo Rosselli Un quadro laterale della Spedizione di Saulo Francesco Curradi e l’altra la Decollazione di S. Paolo, opera molto bella. Ritornando dall’altra navata, scese le scale è la tavola: Niccolò Gemignani Pomarancio Concezione della SS. Vergine Circa il 1587 Tavola del Martirio di S. Bastiano, vicino alla porta. Opera con molte belle figure ignudi, d’autore finora incerto. Oratorio del SS. Crocifisso detto de’ Bacchettoni Giuseppe Arrighi di Volterra allievo del Volterrano Tavola dell’altare. Vi è Giesù morto in croce, da destra è S. Lorenzo in piedi e da sinistra S. Francesco inginocchiato che adora Giesù, opera devota e molto ben condotta. Oratorio di San Filippo Neri Alessandro Gherardini Tavola di S. Francesco di Paola, che passa il mare. 106
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Ottavio Dandini Tavola dirimpetto. Sopra la porta di San Cristofano, chiesina Giuseppe Arrighi Un Presepio a fresco molto bello. San Lino, monache Francesco Curradi Tavola dell’altar maggiore. Cesare Dandini Natività della Madonna. Cosimo Daddi Visitazione della Madonna e tutti gli altri quadri. San Francesco Giovanni Balducci, 1592 Tavola a mano sinistra, la Natività del Signore, molto lodata. Cosimo Daddi, 1602 Tavola del Crocifisso, opera la più bella che facesse il pittore. Deposito di Mario P…dini Depositi con busti di marmo: Monsignor Guidi Vescovo e segretario di Cosimo primo. Cammillo Guidi, ambasciatore, segretario de’ Granduchi. Cammillo Guidi ammiraglio. Tutti di buona mano. Compagnia della Croce, contigua Il Rosso, 1521 Il deposto di croce di cui parla il Vasari.
Compagnia della Croce di notte Niccolò Pomaranci Studi di Memofonte 1/2008
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Dipinta tutta di fresco di storie della Passione di Giesù, copiosa di figurine, tutte tratteggiate.
Ritornando in San Francesco Giuseppe Arrighi Tavola di S. Buonaventura, di dolce colorito. Battista Naldini Tavola della SS. Concezione, bella al solito. In detta piazza nella Compagnia di Santa Maria Maddalena Guido Reni Tavola di S. Maria Maddalena nella grotta.
Chiesa di San Dalmazio, monache Giovanni Paolo Rossetti Volterrano, allievo di Vasari circa il 1551 Tavola grande di Giesù deposto di croce di gran disegno e di maniera forte e grandiosa Vignali Tavola di S. Domenico. Giovanni Balducci Tavola di Giesù, che apparisce a Maddalena. Passata la Porta Pisana Santo Stefano Leonardo da Pistoia Una tavola di Maria Vergine con Giesù Bambino, S. Stefano, S. Lorenzo, S. Bastiano e S. Niccola. Nella Compagnia Donato Mascagni Tavola notata dal Baldinucci con dire in San Stefano in Campo Marzio, doveva dire Protomarzo, così dicesi dal volgo il nome della sua contrada
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Si vada a dirittura alla Badia di S. Giusto de’ PP. Camaldolesi, ove sono bellissime opere e al ritorno si vedrà il famoso quadro del Volterrano in S. Chiara, il quale fa totalmente stupire il forestiero che, veduto questo, non si cura di vedere altra cosa, benché singolare Badia In chiesa Il Volterrano Lo sfondo della volta e due Santi nel coro. Pietro Candido La Natività del Signore e La Pietà dirimpetto, bellissima di figure e colorito. Grillandaio Tavola di S. Attinia e altri Santi . Vasari. Mascagni Tavola della Natività di Maria Vergine in sagrestia. Refettorio Donato Mascagni circa il 1591 Istorie a fresco e le Nozze di Cana a olio, opera grande ed eccellente. In foresteria Volterrano Ovato di sotto in su a fresco, delle prime opere. In camera del padre abate Donato Mascagni La storia di Giob sul letamaio, opera stupenda. Monte Gradoni Mascagni Tavola della chiesina di detto Borgo. Ritornando dalla Badia per la medesima strada si trova la chiesa di San Marco,
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ove è una tavola grande [di] Niccolò Cercignani 1591, con moltissime figure fatta con grande studio e molto stimata. Si trova dipoi la gran chiesa di San Giusto d’architettura nobilissima. Dicesi esser disegno di Mons. Lodovico Incontri o di Coccapani. Pietro Dandini Tavola di S. Orsola. Ottavio Dandini Tavola della Madonna delle Grazie. Arrighi Tavola dirimpetto il Martirio delle SS. Attinia e Graciniana. Annibale Mazzuoli sanese, 1688 Tavola di S. Lino, deteriorata dalla mestica. Giuseppe Arrighi Tavola dell’assedio di Volterra, sciolto col miracolo del pane di S. Giusto. Santa Chiara monache
Baldassarre il Volterrano La stupenda meravigliosa e famosissima opera della tavola dell’altar maggiore, fatta dall’eccellentissimo pittore Baldassarre Franceschini, che a gloria di Volterra sua patria è detto il Volterrano, non può con parole descriversi, né da alcuna umana mente concepirsi quanto sia bella e perfetta in tutte le sue parti. Onde è meglio tacere quando un gran bene non da lodarsi o pur la lode è scarsa. Di detto artefice è opera un tondo a olio di Giesù, Maria e Giuseppe, che è in sagrestia e Nostro Signore orante nell’orto bellissimo da vicino, onde essendo il quadro attaccato in alto nella facciata dell’altare, il riguardante è privo della consolazione di mirarlo ed ammirarlo. Ritornati in Volterra: Chiesa di Sant’Antonio abate Una tavolina della maniera del Grillandaio. Sant’Agostino Volterrano, 1632 Tavola della Presentazione a mano manca. 110
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Volterrano 1669 Tavola delle SS. Spine, bella. Francesco Curradi 1611 Tavola del Santo Crocifisso con più figure bellissime.
Cappella di Santa Barbara, contigua Un bel deposito di marmo di …[sic] San Pietro in Selci Niccolò Pomaranci Due tavole a mano destra entrando. Daniello Ricciarelli volterrano Tavolina bellissima dell’Innocenti. Vasari. Francesco Brini Tavola dirimpetto. Tavola ultima della Concezione. Fuori della porta della fortezza Sant’Andrea di Monte Oliveto Giuseppe Arrighi Tavola della Purificazione di Maria Vergine. Tavola del Bernardo Tolomei battuto dal diavolo. In foresteria Luca da Cortona Un Crocifisso, la Beata Vergine e S. Giovanni, figure grandi nel muro. San Lazzero Nell’Oratorio della Commenda di Malta Guarguaglini La tavolina dell’altare, che rappresenta la Resurrezione di Lazzero, opera di … [sic] Guarguaglini volterrano, che tolto dall’esercizio di guardare le pecore, fu posto allo studio della pittura, nella quale si fece eccellente e morì in Francia. Altra tavola nella cappella della Villa di Roncolla [illeggibile].
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San Girolamo Zoccolanti Della Robbia Tavole due invetriate nelle due cappelle del Portico. Santi di Tito Tavola della SS. Concezione. Ai Padri Cappuccini Cesare Dandini Tavola dell’altar maggiore, stata guasta con la [illeggibile]. Nel coro di detti Padri Il Volterrano Una tavola di S. Felice cappuccino, finta di notte, quando riceve nelle sue braccia Nostro Signore Bambino, presentatogli dalla Beatissima Vergine mentre egli orava avanti l’altare. Opera molto studiata, fatta quando era giovine.
Montecatini di Val di Cecina Distante da Volterra cinque miglia nella Pieve Volterrano Tavola dell’altar maggiore, bellissima. Villa Magna Il Rosso Tavola della Madonna con Giesù in collo, S. Giovanni, S. Paolo. Opera bellissima e finita.
S. Donnino, Villa dei Signori Maffei Santi Titi Tavola dell’oratorio, la SS. Nunziata.
Pomarancie Chiesa Arcipretato Niccolò Cercignani 112
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Tavola del Rosario e misteri. Vincenzio Tamagni Tavola dello Sposalizio di Maria Vergine, bellissima. Tavola più grande nella Cappella del SS. Sacramento. In detta chiesa nella Compagnia della SS. Vergine Cavalier Cristofano Roncalli delle Pomarance Tavola della SS. Nunziata, bellissima. Altro quadretto ove è la Casa di Loreto. Il Signor Cavaliere mi perdoni di grazia, se non riceve le notizie di Colle, perché mi è mancato il tempo ed alcune memorie, riserbando il servirlo in altro tempo.
Compagnia contigua al Duomo della Vergine Maria Luca da Cortona La tavola dell’altare rappresenta la SS. Nonziata, opera bellissima per la prospettiva e colorito. Fu sbalzata da un fulmine 5 braccia lontano, è scompaginata. Fu di più pulita e riparata con lavoro di 3 mesi, come al presente si vede. Tre tabernacoli dentro sono tre storie, cioè: La Natività di Gesù; L’Adorazione dei Re magi; Gesù deposto nel sepolcro colla Beata Vergine, le tre Marie, Giuseppe e Nicodemo. Sono le figure al naturale di terra cotta rozza non invetriata, ma colorita a olio. La scultura è antica, buona circa del resto. Per anco è ignoto l’autore.
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