SPONSOR UFFICIALE
IMMAGINI DEL RISORGIMENTO Itinerario storico verso l’Unità d’Italia
PER BANCHE “differenti” AGENZIE “differenti” La ;iloso;ia che fà degli Istituti di Credito Cooperativo “BANCHE DIFFERENTI” AGENZIA 40 - SANTA
LUCIA DI FONTE NUOVA
VIA PALOMBARESE, 417 - TEL. 06.52865701
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MENTANA
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NUOVA
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MOSTRA ICONOGRAFICA
di dipinti, litogra<ie, foto e cartoline d’epoca del Risorgimento Italiano Mentana, 19 Settembre - 18 Ottobre 2009 Galleria Borghese - P.zza Garibaldi - Mentana
CON IL PATROCINIO DI:
CON IL CONTRIBUTO DI:
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
ISTITUTO DI STUDI SABINI
PRESIDENZA CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO
CENTRO STUDI “LUIGI GEDDA”
COMUNE DI ROMA
SPONSORS:
PROVINCIA DI ROMA
LODI SERVIZI
COMUNE DI MENTANA
S . A. S . CONSULENZA FISCALE E DEL LAVORO www.lodiservizi.com
Testi, ricerca e riproduzione iconogra<ica a cura di ADOLFO VALENTINI Stampa delle foto a cura di ADOLFO
VALENTINI e SALVATORE INTILLA Titolare del Progetto
“MENTANA INCONTRA... 2011” Coordinamento artistico a cura dell’Arch. SANDRA
STELLA FINOZZI
Il materiale esposto nella Mostra, è stato preso da varie pubblicazioni.
e DILc ERAMICHEt EMPESTA MENTANA
S.R.L.
TENUTA “LA PAZZAGLIA”
CASTIGLIONE IN TEVERINA 0VT1
e-mail: laura.verdecchia2tiscali.it
IMMAGINI DEL RISORGIMENTO
MENTANA INCONTRA…2011
presenta la mostra iconografica di dipinti, litografie, foto e cartoline d’epoca del Risorgimento Italiano dal titolo “Immagini del Risorgimento”. È un percorso espositivo, illustrato da una guida, che si avvale di due sezioni: fotografie e libri, inseriti nel contesto di un itinerario storico verso l’Unità d’Italia, di cui si celebra il 150° anniversario (1861-2011). Lo studio-ricerca delle fonti bibliografiche effettuato presso biblioteche, centri espositivi, raccolte private, archivi pubblici e privati ha coinvolto tutti i fondatori del Comitato. In modo specifico Adolfo Valentini ha curato la ricerca-selezione delle foto e la stesura dei testi. Adolfo Valentini e Salvatore Intilla hanno condiviso la stampa fotografica con tecnica digitale. Il tessuto narrativo in cui si intrecciano persone e fatti è proposto con un linguaggio chiaro ed essenziale, didattico e culturale affinché emerga quello che abbiamo chiamato “metodo storico”. Vogliamo e dobbiamo proporre una metodologia che sia quella di scoprire e riscoprire la storia in cui la persona è al centro dell’evento, della scena e del ritratto. È un recupero di un valore che da senso e significato ai gesti, alle esperienze, alle espressioni, ai volti, ai segni e ai simboli. Attraverso queste immagini si cerca di cogliere il tempo non come flusso ma valore. Attraverso queste immagini tra estetica e semiologia cerchiamo di leggere: scopi ed ideali. La mostra che è una esposizione per comunicare, dove per comunicare, intendiamo un processo sociale ed inter-relazionale che rende la cultura produttiva, generativa e non reattiva. La mostra vuole farsi interprete nel dire che il Risorgimento non è soltanto quel periodo di tempo nel quale si crearono le condizioni nazionali ed internazionali per la nascita, lo sviluppo e l’affermazione di movimenti tesi alla realizzazione di uno Stato indipendente ma fu anche l’idea per la realizzazione dell’Unità d’Italia.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO
L’EUROPA PRIMA DEL 1848
Francesco Giuseppe ed Elisabetta Amelia Eugenia
Napoleone III, Eugenia e il principe Napoleone
La regina Vittoria e il principe Alberto
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IMPERO AUSTRO-UNGARICO: monarchia retta da Francesco Giuseppe d’Asburgo. L’Austria a partire dal congresso di Vienna del 1815 si arrogava il diritto di essere il guardiano d’Italia, avendone occupato militarmente la Lombardia, il Veneto, il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e la Dalmazia. Manteneva eccellenti rapporti con il Granducato di Toscana, retto da un Asburgo-Lorena, con lo Stato della Chiesa, con il Regno delle Due Sicilie, con il ducato di Parma e Piacenza, nonché con quello di Modena e Reggio (Reggio Emilia). FRANCIA: governo repubblicano retto dal 1848 da Luigi Bonaparte che nel 1852 con un colpo di mano abolisce la Repubblica e restaura l’impero assumendone il potere con il nome di Napoleone III, nemico dell’Austria ma fedele protettore del papato. Nel 1849 con un grosso corpo di spedizione reprime cruentemente nel sangue la neonata Repubblica Romana al termine della repressione lascia a Roma , per la difesa del papato, un forte contingente militare che per oltre un ventennio rappresenterà un ostacolo insormontabile per l’annessione dello Stato pontiUicio al Regno d’Italia. Mantiene ottimi rapporti con lo Stato Sardo-Piementese, (Regno di Sardegna) considerato alla stregua di protettorato e comodo cuscinetto che lo separava dall’odiato “Cecco Peppe” (Francesco Giuseppe d’Asburgo). INGHILTERRA: regime monarchico retto sin dal 1837 dalla Regina Vittoria. La rivolta di Messina nel 1848, repressa nel sangue da “re Bomba” (Ferdinando II), era stata sostenuta anche dal governo inglese che deteneva notevoli interessi in quella regione, gestiva in maniera quasi monopolistica, la produzione dello zolfo siciliano, inoltre era in forte contrasti con la politica repressiva, soprattutto nell’isola dei Borbone. In Inghilterra e a Malta trovavano asilo tutti gli italiani che la magistratura borbonica perseguiva per Uini politici. Il Regno Unito era favorevole alla cessazione del dominio austriaco sull’Italia e propendeva per la creazione di uno Stato nazionale autonomo anche dalla Francia. Auspicava uno Stato italiano sufUicientemente forte da mantenere la propria autonomia ma nel contempo non così forte da ostacolare il dominio britannico nel Mediterraneo. A tal proposito, la regina Vittoria, qualche anno dopo la sua ascesa al trono, aprendo i lavori del Parlamento inglese dichiarò: “mi sforzerò di ottenere per i popoli d’Italia la libertà di decidere da loro stessi delle proprie sorti senza alcun intervento straniero” .
IMMAGINI DEL RISORGIMENTO
L’ITALIA NEL 1848
Regno di Sardegna e Piemonte: sul trono siede Carlo Alberto di Savoia. Il regno comprende l’Alta Savoia (oggi territorio francese) il Piemonte, la Liguria e la Sardegna. Granducato di Toscana: retto dal Granduca Leopoldo II della famiglia Asburgo Lorena. Ducato di Parma e Piacenza: sotto il governo di Carlo II di Borbone. Ducato di Modena e Reggio: al potere Francesco V d’Asburgo d’Este. Territorio Lombardo Veneto: occupato militarmente dall’Austria e governato da un Vicerè.
Stato della Chiesa: governato da Pio IX, al secolo Giuseppe Maria Mastai Ferretti. Lo Stato comprende: - il Lazio con le province di Roma, Viterbo, Civitavecchia, Sabina e Frosinone; - le Marche con le province di Ancona, Macerata, Urbino, Ascoli, Fermo e Camerino; - l’Umbria con le province di Perugia e Spoleto; - l’Emilia Romagna con le province di Bologna, Ravenna, Ferrara e Forlì. Regno delle Due Sicilie: monarchia retta da Francesco II di Borbone (Franceschiello). Il regno comprende : - Napoli, Terra di Lavoro, Principato Citro e Principato Ultra; - Calabria Ulteriore, Calabria Citeriore; - Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto; - Abruzzo Citeriore, Primo Abruzzo Ulteriore, Secondo Abruzzo Ulteriore; - Contado di Molise; - Provincia di Basilicata; - Sicilia, divisa in tre Province: Val Demone, Val di Noto e Val di Mazara.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO
IL RISORGIMENTO ITALIANO I PRODOMI: LA CARBONERIA
La Carboneria nacque come associazione segreta e il nome deriva dal fatto che i settari fondatori avevano tratto il loro simbolismo e i loro rituali dal Mestiere dei Carbonai, dalla produzione alla vendita al minuto del carbone. Chi si iscriveva alla Carboneria, Uin dal momento della sua adesione, non doveva conoscerne tutte le Uinalità. I neoUiti venivano chiamati apprendisti, successivamente diventavano maestri, e si impegnavano a mantenere il più assoluto riserbo pena la morte. La setta era organizzata gerarchicamente, in maniera assai rigida, le Baracche era il nome dato ai nuclei locali i quali dipendevano dalle Vendite, agglomerati più vasti e che a loro volta erano sottoposti alle Vendite Madri e Alte Vendite. Oggi conosciamo assai poco di questa Setta, ovviamente il fatto dipende dalla necessità che aveva l’Organizzazione di operare e mantenere il più stretto riserbo, evitando di afUidare a scritti o documenti che se scoperti dalle varie polizie degli Stati in cui operava Santorre di Santarosa avrebbero almeno portato al carcere se non al patibolo. Quando poi si era costretti a comunicare per iscritto si ricorreva al sistema di cifrari segreti custoditi soltanto dal sommo Capo locale la cui identità era nota solo a pochi eletti. La Carboneria e i suoi iscritti (quasi tutti appartenenti al ceto medio alto borghese e tutti acculturati) aspiravano alla libertà politica e ad un Governo costituzionale ed erano divisi in due logge: la civile, destinata alla protesta politica, al proselitismo e propaganda, e la militare destinata alla guerriglia. Aderirono alla Carboneria i seguenti personaggi dell’Italia risorgimentale, della prima metà dell’ottocento: Silvio Pellico, Antonio Panizzi, il giovane Giuseppe Mazzini, Ciro Menotti, Piero Maroncelli e Federico Confalonieri, tanto per citarne alcuni. Inizialmente la setta nacque come forma di opposizione alla politica filo napoleonica di Gioacchino Murat e dopo la caduta di questi lottò contro la politica fondiaria di Ferdinando I delle Due Sicilie. Nel 1815 subito dopo il congresso di Vienna il movimento carbonaro assunse un carattere prettamente patriottico e spiccatamente anti austriaco. Raggiunse una vasta diffusione soprattutto nell’Italia del Nord grazie anche all’opera di Piero Maroncelli. La Carboneria, nata principalmente come forma di protesta politico-sociale, alquanto paciUista, con l’adesione al patriottismo nazionale, subì una trasformazione che la portò successivamente ad assecondare la volontà di interventi armati propugnati da alcuni capi, trascurando quelle che erano le sue prerogative iniziali creando nel contempo una certa confusione all’interno della stessa organizzazione. I Carbonari, per esempio erano molto favorevoli all’indipendenza italiana ma non facevano minimamente cenno all’eventuale forma di governo che poi avrebbe dovuto governare l’Italia. Moti Carbonari del 1820-21 a Napoli gli ufUiciali Morelli, Silvati e Pepe, membri della Carboneria decisero di marciare da Nola contro Napoli al Uine di indurre Ferdinando I a concedere una
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO carta costituzionale, intimorito dalla sollevazione il Re concesse una nuova Carta Costituzionale e l’istituzione di un Parlamento. A Torino scoppiò una sommossa capeggiata da Santorre di Santarosa, che ottenne da Vittorio Emanuele I la costituzione democratica. A Napoli la Carboneria non aveva previsto l’intervento della Santa Alleanza che capeggiata dall’Austria spedì un forte esercito al Sud che sbaragliò quello degli insorti, inferiore per mezzi ed uomini. Morelli e Silvati furono condannati a morte e giustiziati mentre Pepe subì l’esilio. Dopo i fatti di Napoli, Vittorio Emanuele I, incapace a prendere una decisione pro o contro la Carboneria, decide di abdicare a favore del fratello Carlo Felice di Sardegna il quale senza esitare fa intervenire l’esercito Austriaco per aver ragione dei rivoltosi (il non saper decidere dei Savoia sembrerebbe essere una tara ereditaria che passa da Vittorio Emanuele I a Carlo Alberto per Uinire con Vittorio Emanuele III che non sa decidere contro Mussolini portando di conseguenza il Fascismo al potere). Per ripristinare l’ordine, l’Austria esercita una forte repressione contro la Carboneria in tutto il Nord Italia, dopo la sconUitta Santorre riuscì a fuggire prima in Francia, poi a Ginevra, mentre ben altra sorte toccò ad altri patrioti quelli che non Uinirono sotto il boia austriaco, Uinirono ai Piombi Attilio ed Emilio Bandiera sorte tocca a Pellico, Maroncelli e Confalonieri. SconUitti ma non battuti i Carbonari italiani spronati anche dall’entusiasmo suscitato dalla vittoriosa sollevazione di Parigi nel 1830 alla quale aveva partecipato la Carboneria francese a sostegno della politica di Luigi Filippo, presero le armi a Modena. Nel capoluogo emiliano l’iniziativa fu capeggiata da Ciro Menotti il quale tentò di coinvolgere il duca di Modena Francesco IV a partecipare alla guerra contro l’Austria, il Duca, Uilo austriaco, inizialmente fece Uinta di collaborare, poi, su suggerimento di Klemens von Metternich, arrestò e condannò al patibolo Menotti e gli altri rivoltosi. La rivolta nello Stato della Chiesa avvenne l’anno successivo. Nel 1831 si ribellarono Bologna, Reggio Emilia, Imola, Faenza, Ancona, Ferrara e Parma. I carbonari raccolsero un esercito che nelle loro intenzioni avrebbe dovuto marciare su Roma e che invece fu massacrato dall’esercito austriaco chiamato in soccorso da Papa Gregorio XVI. Questa ulteriore disfatta fece riflettere e capire a molti Carbonari che militarmente ma soprattutto da soli non avrebbero mai potuto competere con una delle più grandi Potenze d’Europa. Il primo ad intuirne il fallimento ideale e organizzativo, più che politico, fu Mazzini, uno dei più acuti e preparati Carbonari che fondò una nuova Società Segreta chiamata “Giovine Italia” nella quale, anche per le idee innovative, successivamente sarebbero confluiti molti degli ex aderenti alla Carboneria, la quale rimasta senza sostenitori, praticamente cessò di esistere. Il fallimento della Carboneria è da attribuire principalmente al tipo di organizzazione, al pessimo collegamento tra i vari gruppi, anche se dovuto a motivi di sicurezza, sia locali, sia regionali che nazionali, oltre all’ambiguità politica, il non pronunciamento tra Repubblica o Monarchia rese sempre difUidenti i piccoli monarchi italiani.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO
PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA
La morte di Gregorio XVI riempì d’ansia i liberali dello Stato della Chiesa e le autorità austriache, temendo disordini, rinforzarono il presidio di Ferrara inviando nel contempo una squadra navale a presidio della coste dell’anconetano. Ma tutto restò calmo, i liberali anziché insorgere reputarono che la miglior cosa da fare era quella di far pressione sui Cardinali elettori afUinché eleggessero un papa di idee liberali e innovative per il riordino dello Stato e che andasse incontro alle aspettative del popolo. Le magistrature di Osimo, Bologna, Ancona, Forlì ed Imola consegnarono ai rispettivi cardinali memorandum o petizioni nei quali si chiedeva l’attuazione delle riforme proposte dalle Potenze nel 1831.
Papa Pio IX
Tutte queste sollecitazioni spaventarono i cardinali elettori, i quali entrarono in Conclave il 14 giugno del 1846 in numero inferiore al previsto e cioè senza attendere i legati che venivano dagli altri Stati europei. Il 16 giugno, dopo solo quattro votazioni venne eletto Papa il Cardinale Mastai Ferretti che assunse il nome di Pio IX. A Roma poi si disse che l’Austria aveva ingiunto all’arcivescovo di Milano, Cardinale Gaysruch di porre il veto durante il conclave sul Cardinal Mastai. La fretta dei cardinali annullò il veto perché l’arcivescovo milanese giunse a Roma dopo l’elezione. Papa Mastai aveva 56 anni ed in precedenza aveva trascorso 14 anni della sua esistenza in Romagna quindi conosceva le necessità e i desideri di quella regione avendone vissuto anche i moti del 1831.
Era, secondo quanto scrive il Conte Pasolini, ammiratore e seguace delle idee liberali del Gioberti. In poche parole Pio IX era consapevole che bisognava fare delle innovazioni per sanare e ammodernare il suo Stato e in ciò era non solo confortato ma anche spronato dai suoi collaboratori più stretti come Monsignor Giovanni Corboli Bussi, suo amico, da Padre Gioacchino Ventura suo antico condiscepolo e dall’esimio giurista Pellegrino Rossi, in quel periodo plenipotenziario a Roma di Luigi Filippo. A luglio con l’editto “Perdono” grazia 394 carcerati detenuti per motivi politici e contemporaneamente consente il rientro di altri 605 profughi politici. Con questo atto di clemenza, tocca il colmo della popolarità, a Roma prima, poi, in tutto lo Stato esplosero manifestazioni di gioia e dimostrazioni di gratitudine nei confronti del nuovo Papa. La grazia concessa con l’editto non solo permetteva di rivedere e abbracciare amici e parenti ma alimentava anche la speranza di riforme e di buon governo. In quei giorni il popolo gli perdonò anche la concessione di premi e onoriUicenze ai militari che avevano represso la rivolta liberale di Rimini. La popolarità cresceva di giorno in giorno ed esplose in manifestazioni di giubilo in agosto quando il Papa nominò Segretario di Stato il cardinale Gizzi, di idee, notoriamente, liberali e insediò una commissione perché esaminasse i progetti per la costruzione di linee ferroviarie tra Roma e il Regno di Napoli, tra Roma e il porto di Anzio, tra Roma e il porto di Civitavecchia e una tra Roma - Ancona e Bologna.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO La fama della liberalità del Papa solcò anche gli oceani, Garibaldi, dagli Stati Uniti d’America gli scrisse una lettera mettendo la sua spada al Suo servizio (offerta riUiutata perché Garibaldi era in odore di pirateria), Mazzini gli scrisse esortandolo a porsi a Capo di una confederazione di Stati Italiani indipendenti dal giogo dell’Austria. Una signiUicativa e innovativa riforma riguardò la liberalizzazione della stampa, soltanto gli scritti di carattere politico sarebbero stati preventivamente sottoposti al controllo della Censura, nello Stato a seguito di questa riforma nacquero diverse testate giornalistiche. A Roma Uino al 1815 veniva stampato un foglio bisettimanale e Uino al 1846 non veniva stampato nessun quotidiano. Giuseppe Garibaldi Altra innovazione apportata da Pio IX fu la Consulta per le Finanze e l’Amministrazione composta da 24 Consultori, vennero istituiti i Circoli ed ogni ceto ebbe il suo. Si istituì la Guardia Civica in tutto lo Stato. Nonostante tutte queste riforme e concessioni a Roma e nelle province avveniva il risveglio preoccupante di elementi Sanfedisti e reazioni che iniziarono a fomentare disordini. Si ebbero tumulti a Bologna, a Cesena, a Senigallia, Macerata e Viterbo. A Rieti si sparsero ad arte le voci che truppe borboniche erano in marcia verso lo Stato della Chiesa. Si ebbero tafferugli a Terni, a Città della Pieve venne assassinato Domenico Baldenti, capo dei liberali e della guardia civica di quella città. A Faenza i carabinieri pontiUici durante una dimostrazione popolare spararono sulla folla facendo 7 vittime. A questi accadimenti, ai quali forse non era stata estranea nel fomentarli, si aggiunse anche la minaccia diretta dell’Austria la quale senza alcuna minaccia e senza alcuna richiesta di soccorso, da Vienna il Metternich impartì , motu proprio, l’ordine di rinforzare il presidio di Ferrara con 3 compagnie di fanteria, due squadroni di cavalleria e un drappello d’artiglieria con 3 pezzi. Le truppe lasciarono Verona, occuparono Ferrara e senza alcun motivo indissero il coprifuoco iniziando a perlustrare tutta la città con le loro pattuglie. A nulla valsero le proteste di Roma, l’Austria ancora una volta voleva dimostrare con la forza delle armi tutta la sua arroganza di padrone. L’invasione di Ferrara era un chiaro modo di dimostrare il loro dissenso per le riforme apportate nello Stato della Chiesa. Ma la Chiesa rispose ancora una volta con una riforma, la Uirma dell’Atto di costituzione di una lega Doganale, tra Piemonte, Toscana, e Stato pontiUicio, atto che avrebbe dovuto stabilizzare e calmierare le gabelle doganali tra i tre Stati. L’Europa guardava con un certo interesse ciò che stava accadendo in Italia e il dissidio Roma Vienna per i fatti di Ferrara preoccupò molto le cancelleria di Prussia, Francia e Inghilterra perché poteva prendere una brutta piega, anche perché tutta l’Europa era percorsa da un forte fermento liberale che da un momento all’altro poteva esplodere anche da loro. La diplomazia si mise in moto per appianare la questione. L’Austria dovette riconsegnare il Principe Metternich governo della città alle truppe pontiUicie e al Legato del Papa. Il Metternich con la spavalderia di Ferrara sperava di spaventare il Papa e gli Italiani, ma ottenne l’effetto contrario, convinse il Papa che non poteva più contare nell’aiuto degli Asburgo per
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO frenare l’entusiasmo patriottico dei liberali, mentre questi ultimi proUittando del dissidio cercarono di comprometterli ulteriormente facendo apparire il Papa come primo propugnatore dell’indipendenza italiana. A tal proposito i Municipi e le Province fecero a gara per offrirgli soccorsi ponendo anche la loro vita per la difesa della Sua Santità e le loro sostanze per la difesa dello Stato. Alla stampa poi non parve vero dilungarsi e allargarsi sulle questioni di unione d’Italia e d’indipendenza nazionale né tanto meno lesinò le misure nel predicare la resistenza Il Papa impotente a frenare tanto slancio, lasciò fare gli armamenti decretando anche un campo militare a Forlì. Tutti questi avvenimenti ebbero grande ripercussione in tutta la penisola, la stampa sempre più diffusa mise in movimento nella vita politica un processo di accelerazione degli eventi, mentre l’opinione pubblica creò il mito del Papa liberale. Questa investitura unita alle concessioni nello Stato della Chiesa costrinse il Granduca di Toscana e il Re del Piemonte a concedere la Costituzione ed altre riforme. I movimenti liberali propagavano per tutta la penisola, facendo sempre più proseliti. Al sud si sollevarono contro l’autoritarismo borbonico dapprima Messina e poi Reggio Calabria, rivolte subito represse nel sangue dai Borbone. Nel Lombardo Veneto gli austriaci tentavano di prevenire le sommosse con arresti di massa di patrioti, nonostante la stretta sorveglianza degli sgherri viennesi la stampa clandestina riusciva a tenere costantemente aggiornati gli italiani. Nei primi giorni del 1848 i milanesi intrapresero una nuova forma di lotta, al Uine di arrecare un danno economico all’Austria che ricavava 15 milioni di lire dal gioco del lotto e dal fumo, smisero di fumare e di giocare. La protesta contro la più ottimistica previsione, fu quasi totale e i pochi inconsapevoli e che di proposito si mostravano in pubblico con in bocca il sigaro venivano rimproverati o bastonati. Il Governo austriaco agli inizi non si preoccupò di questi incidenti, ritenendo che lo sciopero avrebbe avuto vita breve. Purtroppo per loro i milanesi facevano sul serio, allora il Governo ricorse alla provocazione sguinzagliando per la città malviventi prezzolati per provocare con il fumo i cittadini e provocare disordini per poter poi intervenire con la polizia. Successivamente furono mandati per le vie, con il sigaro in bocca anche i poliziotti, i militari e gli ufUiciali i quali dovevano sofUiare in faccia ai passanti il fumo al Uine di provocarne la reazione. Si segnalò soltanto un caso di reazione, uno schiaffo ad un ufUiciale. Visto il perdurare dell’astensione al fumo e al gioco si passò alle minacce, dalle minacce ai fatti la polizia iniziò a ricorrere all’uso della forza caricando con le sciabole sguainate la gente che passeggiava nelle vie o che si era riparata nei negozi. Gli sgherri penetrarono nei negozi facendo man bassa delle merci, ferendo e uccidendo i clienti e i proprietari. Al termine dell’operazione i milanesi contarono 5 morti e 59 feriti tra vecchi donne e bambini, alcuni dei quali per le ferite riportate morirono nei giorni successivi. Le forze di polizia ebbero zero morti e zero feriti. A seguito di questi fatti, il 9 di gennaio Vienna lancia un editto su Milano in cui accusa i cittadini di sedizione e di essere stati gli arteUici della repressione allo sciopero del fumo. Radetzsky per la prima volta inizia ad aver paura, allerta tutte le truppe del Lombardo Veneto. Anche a Venezia l’Austria usò la mano pesante, per paura di sommosse Feld Maresciallo fece arrestare preventivamente Niccolò Tommaseo e Daniele Manin. Radetzsky
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO A Milano vennero arrestati e spediti al carcere di Lubiana: Gaspare Rosales, Cesare Stampa Soncino e Achille Battaglia, Manfredi Camperio e Ignazio Prinetti furono spediti al carcere di Linz. Il 9 febbraio a Pavia e Padova ci furono scontri sanguinosi tra gli studenti e le truppe austriache con morti e feriti da ambo le parti. A seguito di ciò il giorno 22 fu pubblicata la legge statutaria che comminava la pena di morte ai perturbatori dell’ordine pubblico, nel medesimo giorno inizia una sommossa a Parigi che avrebbe portato all’abbattimento dal trono di Luigi Filippo. I moti di Parigi furono la miccia che scatenò la rivolta liberale in tutti gli Stati europei, si propagarono prima in Germania, poi in Boemia indi in Ungheria ed inUine nello Stato più retrivo d’Europa: l’Austria degli Asburgo. A Vienna gli studenti trascinarono alla sollevazione tutta la città, Francesco Giuseppe fu costretto a licenziare il Metternich, ad abolire la censura e introdurre la libertà di stampa, a concedere la Guardia Civica e promettere la Costituzione. Il 17 marzo vengono liberati Tommaseo e Manin durante un comizio i militari austriaci sparano sulla folla uccidendo 6 civili, è la scintilla che fa saltare la “Santabarbara”, i veneziani si ribellano e scacciano gli Austriaci a Venezia viene proManin proclama la Repubblica di Venezia clamata la Repubblica. Il 18 marzo a Milano stanchi delle vessazioni austriache, i patrioti innalzano le barricate e si ribellano, dopo 5 giorni di furiosi combattimenti scacciano gli austriaci dalla città. La rivolta di Milano innesca una reazione a catena che si propaga dapprima solo nel Lombardo-Veneto, poi in tutti i territori limitroUi, gli austriaci sono scacciati dalla Lombardia e costretti a rintanarsi nel “quadrilatero” (il “quadrilatero” era un sistema difensivo basato sulle quattro fortezze di Peschiera, Mantova, Legnano e Verona), i Uilo austriaci di Modena e Parma fuggono lasciando i ducati in mano dei patrioti liberali. Carlo Alberto viene convinto dai suoi consiglieri a scendere in guerra contro l’Austria per liberare tutto il Lombardo-Veneto. Gli altri Stati italiani promettono aiuti: il Ducato di Toscana promette e invia 8.000 uomini, Pio IX in un momento di slancio patriottico promette e fa partire circa 14.000 volontari, il Regno di Napoli 2 battaglioni di Fanteria e i due Ducati minori inviano 2.000 uomini. Appena partite le truppe Pio IX viene preso dalla paura della scissione dei cattolici d’Austria a causa del suo in- Le 5 giornate di Milano tervento in guerra. In un primo momento sconfessa la sua partecipazione al conUlitto poi sconfessa la guerra contro l’Austria. Il Borbone di Napoli ci ripensa e richiama le truppe, infatti non aveva mai rotto le relazioni con l’Austria, al momento dell’invio delle truppe l’ambasciatore Austriaco era nella sua sede a Napoli. Nonostante la disparità di forze il Piemonte ottiene buone vittorie, anche grazie all’apporto di volontari toscani e di quelli napoletani diretti dal Pepe, batte gli austriaci a Pastrengo, Goito, Curtatone-Montanara e Peschiera , Re Carlo Alberto costringendoli a rintanarsi nel cosìddetto “Quadrilatero”.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO Carlo Alberto non seppe approUittare di queste vittorie, anziché incalzare il nemico che si ritirava in posizioni più sicure in attesa di rinforzi dalla madre patria, iniziò a tergiversare sul da farsi consentendo agli austriaci di rinforzarsi per poi poter contrattaccare. Il 10 di luglio, mentre Carlo Alberto riceveva una delegazione milanese capeggiata dal podestà Casati il quale gli recava l’esito del plebiscito che sanciva l’unione della Lombardia al Regno Sardo, gli austriaci, dopo essersi rinforzati passano alla controffensiva battendo l’esercito piemontese a Custoza. Da qui Carlo Alberto inizia una ritirata ordinata e progressiva Uino a Milano, qui il 4 agosto viene ancora battuto dagli austriaci. Dopo la disfatta di Novara i Piemontesi chiedono l’armistizio e la capitolazione. L’impero austriaco ritorna entro i conUini sanciti nel 1815 dal Congresso di Vienna. Tutte le città liberate tornano in possesso degli Asburgo, tranne VeLa disfatta di Novara nezia che si preparava a sostenere un lungo assedio. Durante la tregua il governo Sardo e i patrioti cercavano di allineare più forze possibili, non potendo far conto sui Borbone, deUilati ancor prima di iniziare la guerra, restavano i Toscani che reiterarono la loro lealtà verso la causa italiana confermando la prosecuzione della guerra all’Austria. A Roma Pio IX su cui non si poteva più fare afUidamento aveva imbavagliato i liberali portando a capo del governo romano quel tale Pellegrino Rossi che all’inizio del suo pontiUicato lo aveva consigliato di aderire alle richieste liberali, ma che iniziò a governare la città reprimendo con la polizia ogni minima attività antipapale e antiaustriaca. Soltanto dopo il suo assassinio e la fuga del Papa a Gaeta, sotto la protezione del Regno di Napoli il partito Democratico riuscì a trionfare e instaurare la Repubblica. A Palermo e a Messina, i patrioti siculi già maltolleranti della signoria Borbonica irritati per il voltafaccia di Napoli, si sollevano, la rivolta viene sedata nel sangue con ferocia dai soldati borbonici. Da Gaeta, il Papa chiede aiuto agli Asburgo e ai Francesi, ma come vedremo più avanti saranno soltanto i francesi a venire in suo soccorso. Gli austriaci non solo non ascoltarono l’appello ma gli invaderanno una parte del suo Stato, per vendicarsi di aver solo osato pensare a portargli la guerra. A Roma viene proclamata la Repubblica retta da un triumvirato, Garibaldi che appena rientrato dall’America era corso a mettersi al servizio dei Piemontesi fu accolto assai tiepidamente dai Savoia. La sua partecipazione alla guerra si limitò a delle scaramucce di guerriglia nei pressi di Como, venuto a conoscenza dei fatti romani si presenta La proclamazione della Repubblica Romana a Roma con due legioni di volontari, in camicia rossa. Luigi Napoleone, non ancora proclamatosi Napoleone III, era deUinito il “parvenu d’Europa” sia per le sue origini, sia per l’ambiguità della sua politica, volendo dimostrare agli antagonisti interni la bontà della sua politica, non senza critiche raccoglie un’armata, al comando del Generale Oudinot, che farà trasportare via mare a Civitavecchia e di li a marce forzate Uino a Roma dove il 30 aprile subisce una pesante sconUitta ad opera dei repubblicani romani. Oudinot si ritira a Civitavecchia in attesa di ulteriori rinforzi. Complessivamente i francesi inviano contro i romani più di 30.000 soldati,
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO
REGNO DI SARDEGNA
U N I T I
REGNO DI SICILIA
N E L
REPUBBLICA DI VENEZIA
GRANDUCATO DI TOSCANA
T R I C O L O R E
GOVERNO PROVVISORIO DI PARMA
GOVERNO PROVVISORIO DI MODENA
REPUBBLICA ROMANA
REGNO DELLE DUE SICILIE
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO alcuni reparti di artiglieria e un possente parco d’assedio. I romani stremati da un’epidemia di colera più che dalla fame e dal soverchiante numero di francesi si arrendono il 2 luglio del 1849. Garibaldi radunati 4.500 volontari fugge attraverso l’Italia con l’intento di portarsi a Venezia che ancora resisteva. Durante il viaggio perde Anita, intercettato dagli Austriaci riesce a riparare in Liguria e da qui se ne torna in America ospite del Meucci. Il mese successivo stremati dalla fame e dalle epidemie si arrendono anche i veneziani: “il morbo infuria il pan ci manca/ sul ponte svenGaribaldi con Anita morente a Magnavacca tola bandiera bianca..” La caduta di Venezia da il via libera agli Austriaci che iniziano a punire i ribelli occupando i loro territori, ad uno ad uno conquistano i Ducati di Parma e Modena, invadono la Toscana con Firenze e Livorno, non risparmiano neanche lo Stato della Chiesa, occupano l’Emilia e la Romagna le Marche, l’Abruzzo e l’Umbria, al Papa lasciano soltanto il Lazio. Difesa di Venezia contro le forze austriache
1852
Cavour diventa Primo Ministro e cerca alleanze per scacciare gli austriaci dal Lombardo-Veneto utilizzando non soltanto le vie diplomatiche ma anche le vie della seduzione della bellissima contessa di Castiglione, già ex amante di Vittorio Emanuele II.
La Contessa di Castiglione
1855 & GUERRA DI CRIMEA
L’Inghilterra fa partecipare il piccolo Regno di Sardegna, a Uianco delle grandi potenze, nella guerra di Crimea, e al termine della guerra vittoriosa farà sedere i Piemontesi tra i vincitori al tavolo della pace al Congresso di Parigi.
1857 12
I Piemontesi in Crimea
Il 25 giugno avviene la tragica spedizione di Carlo Pisacane a Sapri. Fine dei moti carbonari.
IMMAGINI DEL RISORGIMENTO
1858 - SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA
Cavour a Plombieres stipula un trattato segreto con Napoleone III: la Francia avrebbe aiutato militarmente il Piemonte se questi fosse stato attaccato dall’Austria. Cavour provoca gli austriaci con manovre militari lungo i conUini. L’Austria ignara dell’accordo franco-piemontese attacca il Piemonte. Cavour richiama Garibaldi e nonostante il parere negativo del Generale La Marmora, lo pone al comando dei Cacciatori delle Alpi, un forte raggruppamento di volontari italiani accorsi a dar man forte contro l’odiato nemico austriaco. Intervento Francese, gli alleati battono gli Austriaci a Montebello, Palestro, Turbigo, Magenta, Melegnano, Solferino e San Martino, Garibaldi con i Cacciatori delle Alpi conquista Varese, Como, Brescia e Bergamo. Napoleone III dopo le succitate vittorie temendo di far troppo grande il regno di Piemonte, Uirma a Villafranca un armistizio con l’Austria, armistizio che verrà ratiUicato l’anno successivo con la Pace di Zurigo. L’Austria per umiliare il Piemonte cede la Lombardia alla Francia che a sua volta dovrà passarla ai Piemontesi. Gli accordi di Plombieres prevedevano la conquista oltre della Lombardia anche del Trentino, del Veneto e di Bologna, il Piemonte avrebbe ceduto alla Francia come compenso per l’aiuto prestato i territori della Savoia e la città di Nizza. Poiché l’operazione non era stata portata a termine secondo gli accordi, i Piemontesi si ritenevano esonerati dal rispettarli. Napoleone temendo ritorsioni politiche interne per aver fatto una guerra senza compensi permise che il Piemonte si annettesse con plebisciti i Ducati di Parma, Modena, l’Emilia, la Romagna e la Toscana. Soltanto dopo il riconoscimento dal nuovo stato Cavour tenne fede agli accordi di Plombieres. Il Papa, con il placet di Napoleone III e del Cavour, riconquista con la forza della armi le Marche e l’Umbria, acquisizione che sarà ricordata come uno dei più sanguinosi episodi e che sarà deUinito dagli storici: “Il massacro di Perugia del 20 giugno 1859”. Garibaldi abbandona la politica del Cavour, anzi tra i due non corse più buon sangue, l’eroe dei due mondi riteneva il Conte colpevole di aver venduto la sua città natale ai Francesi lo accusava di sudditanza a Napoleone III che non permetteva l’annessione dello Stato della Chiesa e di Roma come capitale del nuovo Stato Italiano.
1860 & SPEDIZIONE DEI MILLE
L’imbarco a Quarto
Garibaldi in aperto contrasto con la politica del Cavour trama per una spedizione in Sicilia. Prende contatto con i patrioti siciliani e con gli esuli, intensiUica i rapporti con la massoneria e la marina inglese. I Uiancheggiatori nel Nord Italia raccolgono fondi per acquistare armi. Cavour avuto sento dell’impresa fa sequestrare i carichi di armi destinati ai volontari e manda la Ulotta Piemontese a pattugliare il Mar Tirreno. Garibaldi spedisce clandestinamente in Sicilia Rosolino Pilo con il compito di preparare e armare la rivolta.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO Parte da Quarto per Marsala, durante lo sbarco viene aiutato dalla Ulotta inglese che si interpone tra le navi di Garibaldi e la Ulotta borbonica che aveva iniziato a sbarrare lo sbarco con l’artiglieria delle navi. I volontari sbaragliano, anche con il tradimento delle alte gerarchie dell’esercito napoletano i Borbonici a CalataUimi, Palermo e Messina. Cavour gli proibisce di passare lo stretto, Garibaldi ignora il diktat, di notte passa lo stretto e sbarca in Calabria, avendo ricevuto rinforzi di volontari italiani, inglesi, polacchi e ungheresi, sbaraglia i borbonici a Reggio e in breve tempo arriva a Napoli. Francesco II di Borbone, detto Franceschiello, lascia la Capitale del suo regno, crea un fronte di resistenza sul Volturno e si rifugia nella fortezza di Gaeta. Il Conte non resta a guardare, temendo che Garibaldi volesse, come in realtà voleva fare, arrivare Uino a Roma, al Uine di evitare l’intervento di Napoleone III, rompe ogni indugio, ordina all’esercito Piemontese di invadere una parte dello Garibaldi a CalataAimi Stato pontiUicio. I Piemontesi sbaragliano l’esercito papale a CastelUidardo, per poi dirigere attraverso l’Abruzzo nel Regno Borbonico bloccando i volontari di Garibaldi nei pressi di Gaeta.
TEANO
Nel burrascoso incontro di Teano che secondo lo storico De Cesare avvenne nel quadrivio fra Cajanello e Teano presso la Taverna della Catena...”in quel momento arrivò il Re. Garibaldi fece mettere in battaglia i pochi che aveva con lui e si mise a gridare: viva il re d’Italia e i suoi lo stesso ma gli si vedeva in viso che era molto commosso e L’ESPRESSIONE ERA CUPA CUPA: Il re gli tese la mano e gli disse con emozione: “come va Generale?”. Lui rispose : “bene” e seguì il re fino a Teano” Giunti a Teano Garibaldi si accomiatò dal sovrano per tornare ai suoi accampamenti nei pressi di Cajanello, il re invece si trattenne per circa nove giorni tra Teano e Sessa, quasi avesse timore di entrare a Napoli. Da Sessa indirizzò ai nuovi sudditi un proclama assai energico nel quale affermava che: “.... Il suffragio universale gli dava la potestà sovrana su quelle nobili Provincie .... E che tutti i partiti si debbano inchinare innanzi alla maestà della Nazione che Dio vuole Lo storico incontro a Teano libera e indipendente”.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO Toglie a Garibaldi ogni comando, scioglie le compagnie dei volontari e finalmente il 7 di novembre decide di entrare a Napoli, esattamente due mesi dopo l’ingresso vittorioso di Garibaldi, aveva vicino a se nella vettura il Generale che aveva fatto prelevare dal suo accampamento dal Generale Cialdini perché gli facesse compagnia nelle storica circostanza. Il 9 di novembre Garibaldi si imbarca, o viene costretto dai Carabinieri Reali a imbarcarsi, come sostengono vari storici, sul mercantile “Washington” per Caprera. Il De Cesare scrive “.....portando poche piante, un sacco di frumento, un sacchetto di legumi e 1.300 lire dategli da Sartori. Rifiutò assegni e onori. Partì con l’animo disposto a benevolenza per Vittorio Emanuele, ma soltanto per lui e i suoi volontari”. Aveva programmato e sognato di arrestare la sua marcia a Roma designata capitale della nuova Italia. Ancora una volta il Cavour aveva tradito le sue aspettative togliendogli anche la soddisfazione della capitolazione di Gaeta e la fine del Regno Borbonico.
1861 - IL BRIGANTAGGIO NEL MERIDIONE E L’ASPROMONTE
I Piemontesi iniziano il loro governo nel meridione nel peggiore dei modi. Rinnegano tutte le promesse fatte da Garibaldi, non danno corso alla necessaria riforma agraria, abbandonano a loro stessi e quindi alla miseria, la maggior parte degli ufUiciali e i soldati dell’ex esercito borbonico. Nell’arco di poco tempo si genera un forte malcontento tra la popolazione e gli ex militari, malcontento fomentato anche con il denaro dei Borboni, ospiti a Roma di Pio IX, i quali speravano di riprenI Piemontesi massacrano i civili napoletani, dersi il Regno con la sollevazione generale rei di avere aiutato i “Briganti” del popolo. La repressione dei rivoltosi, definiti falsamente “briganti”, fu assai cruenta e pagata a caro prezzo soprattutto dalla popolazione civile dei villaggi rea di aver ospitato e sostentato i ribelli. Garibaldi approUittando del malumore al sud, pensò di portarsi in Calabria a raccogliere un esercito di volontari, soprattutto tra i rivoltosi, ma ancora una volta Cavour lo precede, gli manda contro l’esercito comandato dal Cialdini, il quale intercettando Garibaldi in Aspromonte, non esita a far fuoco contro i volontari. Garibaldi ferito ad una gamba viene preso prigioniero e tradotto al carcere di Varignano. Cialdini arresta Garibaldi in Aspromonte
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1866 - TERZA GUERRA D’INDIPENDENZA
Le crescenti tensioni tra la Prussia e l’Austria per la supremazia in Germania offrì all’Italia l’opportunità di concludere l’alleanza militare con la Prussia del Principe Otto von Bismarck, grazie anche alla mediazione di Napoleone III. L’8 aprile del 1866, il Governo italiano stipulò il trattato di alleanza con la Prussia. L’esercito italiano arriva alla vigilia della guerra con l’Austria acefalo poiché tre persone ne reclamavano il comando: La Marmora, Cialdini e lo stesso Re e tra i tre il meno idoneo era proprio il monarca in quanto mancava di preparazione militare. A tutto ciò si aggiunga la mancanza di un piano strategico di guerra. Inoltre la situazione dell’esercito italiano era condizionata negativamente da due fattori: - La mancata fusione ed amalgama, nonostante fossero trascorsi 5 anni dall’uniUicazione, tra le truppe Piemontesi e quelle dell’ex Regno Borbonico; - La fortissima rivalità tra le principali marinerie conUluite nella Regia Marina Italiana, la marina Piemontese e quella ex Borbonica, superiore nella preparazione e nel numero dei natanti, scarsamente disposte a riconoscere primogeniture di alcun tipo. Nel mese di giugno Prussia e Italia dichiarano guerra all’Austria, la Marmora in Italia inizia a muoversi cercando di incunearsi tra Mantova e Peschiera. Intercettato dagli austriaci subisce una sonora sconUitta a Custoza. Il Governo per rimediare alla sconUitta di terra con un’eventuale vittoria sul mare ordina all’ammiraglio Persano di attaccare la Ulotta austriaca, inferiore per numero di mezzi, ancorata nella baia di Lissa in Dalmazia. L’imperizia e l’arroganza del comandante lo inducono ad attaccare la Ulotta nemica senza neanche aver provveduto ad una semplice ricognizione. Nello scontro la Ulotta italiana perde due grosse navi: il Re d’Italia e la Palestro, la Ulotta austriaca comandata dall’ammiraglio TegeLa battaglia navale nella baia di Lissa thoff esce indenne dallo scontro. Per il colmo Persano annuncia una grande vittoria e la disfatta degli austriaci. Il successo a Lissa fece dire a Tegethoff: “uomini di ferro su navi di legno hanno battuto uomini di legno su navi di ferro”. E questo solo per porre in evidenza la superiorità dei mezzi navali italiani. Successivamente Persano verrà rimosso dall’incarico e degradato. Garibaldi ancora una volta era corso in aiuto della patria con i suoi volontari, gli diedero l’incarico di controllare le frontiere del Trentino e anche questa volta batté gli austriaci a Bezzecca e occupò Trento e questa fu l’unica vittoria degli italiani. Per nostra fortuna le sorti della guerra vennero determinate dalle vittorie prussiane sull’Austria, in particolare la sconUitta di Sadowa, costrinse gli Asburgo a ritirare dall’Italia un’armata per poter difendere Vienna. La cessazione delle ostilità, soprattutto per l’intervento di Napoleone III, pago del ridimensionamento austriaco, venne sancita con l’armistizio di Cormons il 12 settembre del 1866, seguito dal trattato di Vienna del 3.10.1866.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO Ancora una volta l’Austria umilierà l’Italia, cedendo alla Francia, che poi a sua volta avrebbe assegnato all’Italia la città di Mantova, l’attuale Veneto e il Friuli occidentale. Gli Asburgo restituirono spontaneamente ai Savoia in data 4 novembre 1886 la Corona ferrea che fu riportata nella sua sede storica il Duomo di Monza. Ancora una volta le vittorie di Garibaldi non vennero menzionate nel trattato di pace, al Generale fu ingiunto La Corona Ferrea restituita ai Savoia di restituire Trento all’Austria. Come da prassi l’annessione dei nuovi territori venne sancita da un plebiscito che si svolse in un clima intimidatorio: i votanti furono costretti a passare fra due ali di militari armati. Vennero consegnate due schede una per il SI e una per il NO e anche le urne erano diverse, una per il SI e una per il NO. Il 7 di novembre Vittorio Emanuele compì una solenne visita a Venezia.
1867 - CAMPAGNA DELL’AGRO ROMANO
Il leone di Caprera ruggiva prigioniero nella sua isola. Da più parti in Italia i Uigli, il genero e gli amici Uidati raccoglievano fondi, armi e volontari per invadere il Regno del Papa. A ottobre i volontari varcano i conUini, invadono il Viterbese e la bassa Sabina, ci sono soltanto scaramucce tra pontiUici e camicie rosse. Garibaldi fugge da Caprera, a Passo Corese assume il comando dei volontari, assalta e La battaglia di Mentana prende Monterotondo e Mentana. Roma non si solleva, Garibaldi desiste dal proposito di assaltare la città anche perchè viene informato dello sbarco a Civitavecchia di un forte contingente francese, modernamente armato di fucili a retrocarica, con l’appoggio della Cavalleria e dell’Artiglieria. I Franco-PontiUici riescono a intercettare le camicie rosse mentre tentavano di ritirarsi sui monti della bassa Marsica a Casali di Mentana e dopo poche ore di impari lotta Garibaldi, battuto, per la prima volta, sì ritira su Monterotondo, poi dopo aver trattato la resa con i francesi varca nuovamente la frontiera a Passo Corese. “Les Chassepots on fait merveille”. Mentana in un certo senso segna la Uine del volontariato anche se tre anni più tardi a Digione.....
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1870 - PORTA PIA - DIGIONE
La guerra tra la Prussia e la Francia, consente Uinalmente alla coscienza dei Savoia di passare le frontiere dello stato pontiUicio. Il 20 Settembre le truppe italiane aprono, nei pressi di Porta Pia, una breccia nelle mura Aureliane per fare afUluire in città i Bersaglieri. Si racconta che Nino Bixio, veterano della battaglia di Mentana, attualmente inquadrato tra le truppe regolari italiane con il grado di Generale, per vendicarsi della sconUitta subita tre anni prima volesse far bombardare con la sua artiglieria, posta sulle pendici del La “breccia” a Porta Pia Gianicolo, la basilica di San Pietro. Garibaldi, alla stregua del suo antagonista il Conte di Cavour, morto tre anni prima non poté assistere al fausto e tanto agognato evento. Era corso in Francia con i suoi volontari a dar man forte all’amico-nemico Napoleone III, a Digione batte i prussiani, ottenendo l’unica vittoria per i francesi contro i Prussiani.
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Garibaldi, nella vittoriosa battaglia a Digione
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FELICE ORSINI:
VITA DI UN CARBONARO
Felice Orsini nasce nel 1819 a Meldola nello Stato Pontificio, in tenera età viene affidato alle cure di un facoltoso zio paterno. Nel 1836 uccide per rivalità amorosa tale Domenico Spada, cuoco della famiglia. La forte amicizia dello zio con il vescovo di Imola, Mastai Ferretti, futuro papa Pio IX lo salva dall’accusa di omicidio volontario. Condannato a sei mesi per omicidio colposo, evita anche questa condanna entrando in seminario. Dopo qualche tempo lascia gli studi ecclesiastici e da Ravenna passa a Bologna presso il padre e lo zio. Riprende gli studi e consegue la laurea in giurisprudenza. Partecipa ai moti Carbonari del 1843. Dopo il fallimento dei moti fonda la Società Segreta Congiura Italiana dei figli della Morte, attività per la quale viene arrestato e condannato all’ergastolo. Riacquista la libertà in virtù dell’amnistia concessa da Pio IX nel 1846. Seguace delle idee mazziniane svolge un’intensa attività rivoluzionaria sia nello Stato della Chiesa che nel Granducato di Toscana. È deputato all’Assemblea della Repubblica Romana, dopo l’intervento francese fugge a Felice Orsini Nizza dove intraprende attività commerciali. A Nizza che a quei tempi apparteneva ancora al Regno di Sardegna entra in amicizia con una facoltosa esule berlinese: Emma Siegmund, amicizia che gli tornerà utile in futuro. Nel 1853, su incarico del Mazzini, capeggia un tentativo di rivolta, fallito sul nascere, nell’Alta Toscana. Nel 1854 si introduce clandestinamente nell’impero Austroungarico, ma viene arrestato in Ungheria. Condannato è rinchiuso nel carcere di Mantova dal quale riesce ad evadere con l’aiuto della suddetta Siegmund. Nella rocambolesca fuga furono anche aiutati involontariamente dalla stessa gendarmeria austriaca. La fuga di Orsini da una della fortezze del “quadrilatero”, ritenute dalle autorità austriache inespugnabile, fece sghignazzare tutta la stampa europea. Prende la residenza a Londra, luogo comune, a quei tempi, per molti esuli Italiani. Qui sollecitato da laute offerte inizia a scrivere le sue avventure che pubblica nell’opera Austria Dungeons in Italy. In questo periodo rompe ogni rapporto con Mazzini e inizia ad ideare l’assassinio di Napoleone III, ritenuto colpevole di aver distrutto la Repubblica Romana e, nel contempo, aver tradito il giuramento che lo legava alla Carboneria.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO Nel 1858 con altri compagni è a Parigi per attuare il suo disegno. Davanti al Teatro dell’Opera Ganier lanciano tre bombe contro la carrozza dell’Imperatore. È una carneficina: si contano 12 morti e 156 feriti, mentre, Napoleone e la consorte, protetti dalla carrozza blindata, ne escono indenni. Arrestato viene condannato a morte. Dal carcere indirizza una lettera all’imperatore, non per chiedere la grazia ma per spiegare i motivi del suo gesto, la missiva si chiude con la seguente frase: “se rappelle que tant que l’Italie ne sera pas indépendante la tranquillité de l’Europe et celle de votre Majesté ne seront qu’une chimère, que votre Majesté ne repousse pas le voeu suprème d’un patriote sur les marches de l’échafaud, qu’elle délivre ma patrie et les bénédictions de 25 millions de citoyens le suivrontdans la posterité” (*). Napoleone III, colpito favorevolmente dal contenuto della lettera ne autorizza la pubblicazione sui giornali. Questi presentarono Orsini come un eroe, sacrificatosi per la libertà della sua Patria. Il Cavour profittando della popolarità e della commozione suscitata dal caso non esita un istante ad aumentare la pressione politica sulla Francia. Felice Orsini venne ghigliottinato il 3 marzo del 1858. (*) “ricordi sino a che l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella Vostra non saranno che una chimera. Vostra Maestà non respinga il voto supremo d’un patriota sulla via del patibolo, liberi la mia patria e la benedizione di 25 milioni di cittadini La seguiranno dovunque e per sempre”.
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L’esecuzione di Felice Orsini
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PRETI PATRIOTI
Una gloriosa pagina del nostro Risorgimento fu scritta anche con il sangue di molti sacerdoti patrioti, alcuni avversi anche al potere temporale della Chiesa ma unanimamente contrari alla politica espansionista dell’Austria nel Lombardo Veneto. La politica oppressiva perpetrata dal Feldmaresciallo Radetzky, condivisa e fortemente sostenuta a Vienna dall’imperatore Francesco Giuseppe che appena poco più che ventenne, in Europa veniva indicato come “l’impiccatore”, marchio di attività dal quale non si sarebbe più liberato e che terminerà con la messa a morte degli irredentisti Trentini nel primo conflitto mondiale del futuro secolo ventesimo. Tale nomignolo non gli fu dato a caso, basti ricordare che in un solo anno, dall’agosto del 1848 al successivo mese di agosto del 1849, nel Lombardo Veneto vennero eseguite 961 condanne a morte e 4.000 condanne al carcere duro contro patrioti italiani e fra questi vi erano anche molti sacerdoti. La dura repressione austriaca, soprattutto nei confronti del clero, ebbe anche l’approvazione di Pio IX, il quale ordinò che tutti i sacerdoti condannati alla pena di morte perché coinvolti in moti rivoluzionari, fossero sconsacrati. La sconsacrazione consisteva nel ritiro dei Paramenti Sacri che venivano tolti di dosso e la raschiatura con la lama di un coltello della pelle delle dita che sorreggono l’ostia durante la Comunione.
Don Alessandro Gavazzi
DON ALESSANDRO GAVAZZI, a 16 anni entra negli ordini religiosi. A Bologna, dove frequenta l’Università conosce e diviene amico di Ugo Bassi. Grande patriota di alto spirito liberale percorre la penisola predicando le sue idee. All’avvento di Pio IX, da libero sfogo ai suoi sentimenti liberali, diviene cappellano delle truppe inviate dal Papa a difendere i confini dello Stato pontificio. A causa delle sue idee politiche, entra in contrasto prima con i Gesuiti poi anche con Pio IX. Nel 1849 è a Roma a fianco di Garibaldi. Dopo la caduta della Repubblica Romana ripara prima a Londra, poi negli Usa e in Canada. Nel 1860 è con Garibaldi nell’impresa dei Mille. Muore a Roma nel 1889, viene sepolto nel cimitero protestante della Capitale, fede che aveva abbracciato intorno al 1850.
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Don Ugo Bassi, scortato per essere fucilato
DON UGO BASSI (Cento, 12.8.1801 - Bologna, 8.8.1849). Cappellano garibaldino, dopo la caduta della Repubblica Romana, tentò con Garibaldi, Ciceruacchio ed altri di raggiungere Venezia. Venne catturato a Comacchio fu condotto a Bologna, processato e condannato a morte mediante fucilazione.
DON GIOVANNI VERITÀ (1807-1885)
Ardente patriota, acerrimo avversario del Papa Re. Aderisce alla Carboneria, socio della Giovane Italia, partecipò a diverse sommosse popolari. Divenne un punto di riferimento e di rifugio per tutti i patrioti perseguiti dalla polizia pontificia. Nel 1849 incontrò e aiutò Garibaldi, inseguito dagli sgherri austriaci, dapprima nascondendolo nella sua casa a Modigliano poi aiutandolo a imbarcarsi per gli USA a Livorno. Quando mori nel 1885, a causa della sua opposizione al Papa, gli furono negati i funerali religiosi. Don Giovanni Verità
DON GIOVANNI GRIOLI (Mantova 8.10.1821 – 5.11.1851)
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Don Giovanni Grioli
Nel 1836 entra in seminario e qui conosce e diventa discepolo di Don Tazzoli con il quale rimase sempre in contatto. Sul finire del mese di ottobre del 1851 a seguito di denuncia viene arrestato e nella sua abitazione vengono trovati documenti e scritti definiti rivoluzionari. Dopo un breve processo sommario viene condannato a morte, sentenza eseguita il 5 di novembre del 1851, tramite fucilazione.
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Congiura di BelAiore
A Mantova, tra le oltre cento persone inquisite e condannate alla pena capitale e passate alla storia con il nome “I Martiri di Belfiore” spiccano tre insigni sacerdoti patrioti: DON ENRICO TAZZOLI, fervente mazziniano, nato a Canneto sull’Oglio nel 1812 condannato a morte, impiccato a Belfiore il 9.12.1852;
DON OTTONELLI parroco di San Silvestro in Mantova, impiccato a Belfiore con il Tazzoli; DON GRAZIOLI, arciprete di Revere, impiccato a Belfiore il 3.3.1853. FRA GIOVANNI PANTALEO, nasce a Castelvetrano il 5.8.1831, all’età di 16 anni entra nell’ordine francescano, a 22 anni viene ordinato sacerdote. Successivamente consegue due lauree, una in teologia e l’altra in filosofia. Di idee liberali partecipa nel ‘60 ai moti palermitani repressi nel sangue dai Borbone. Nel 1861 incontra casualmente, sulla strada per Palermo, i mille di Garibaldi, si unisce a loro e ne diventa il Cappellano. In aperto contrasto con la politica antiliberale e filo austriaca di Pio IX butta la tonaca alle ortiche e si riduce allo stato laicale. Seguirà Garibaldi in tutte le sue avventure, è presente in Aspromonte. Partecipa, a fianco di volontari garibaldini, con il grado di Sergente, alla 3^ guerra d’indipendenza. Al termine del conflitto viene promosso Sottotenente ricevendo anche l’encomio personale di Garibaldi. Nel 1867 lo troviamo prima a Monterotondo, poi a Mentana. Nel 1870, con il grado Fra Giovanni Pantaleo di Capitano è con Garibaldi a Digione. Nel 1872 si sposa a Lione poi si trasferisce a Napoli e nel ’76 a Roma, dove muore in miseria nel 1879. I familiari furono aiutati da uno speciale Comitato di solidarietà (ex commilitoni) che fece loro ottenere una modesta pensione e due licenze per Rivendite di Sale e Tabacchi.
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Mentana incontra...2011
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da sinistra: Antonio Oliverio, Adolfo Valentini, Salvatore Intilla, Antonio Alesiani, Roberto Tomassini, Lucio Cantagalli, Umberto Massimiani
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CON IL PATROCINIO DI:
CON IL CONTRIBUTO DI:
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
ISTITUTO DI STUDI SABINI
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Testi, ricerca e riproduzione iconogra<ica a cura di ADOLFO VALENTINI Stampa delle foto a cura di ADOLFO
VALENTINI e SALVATORE INTILLA Titolare del Progetto
“MENTANA INCONTRA... 2011” Coordinamento artistico a cura dell’Arch. SANDRA
STELLA FINOZZI
Il materiale esposto nella Mostra, è stato preso da varie pubblicazioni.
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IMMAGINI DEL RISORGIMENTO Itinerario storico verso l’Unità d’Italia
PER BANCHE “differenti” AGENZIE “differenti” La ;iloso;ia che fà degli Istituti di Credito Cooperativo “BANCHE DIFFERENTI” AGENZIA 40 - SANTA
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MOSTRA ICONOGRAFICA
di dipinti, litogra<ie, foto e cartoline d’epoca del Risorgimento Italiano Mentana, 19 Settembre - 18 Ottobre 2009 Galleria Borghese - P.zza Garibaldi - Mentana
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E R R ATA C O R R I G E Pag. 1 - rigo n. 30: La mostra è una...
invece di: la mostra che è
Pag. 4 - I PRODROMI
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Pag. 2 - Inghilterra al rigo n. 6: contrasto Pag. 7 - rigo n. 17: reazionari
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Pag. 7 - rigo n. 23: inserire dopo la quale “intervenne” Pag. 7 - rigo n. 29: suo
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invece di: dal
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DIDASCALIE FOTO: Pag. 12: Magnavacca
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