MIGNON 20: Twenty Years of Photography

mignon

“Nella mia vita ho visto cosa sono capaci di fare le persone cattive, ma ho sempre sostenuto che il male non è intrinseco negli esseri umani.

Continuo a credere che in una società altruista verrebbe fuori soltanto il meglio dell’uomo.

Questo è lo spirito che mi ha spinto alla Fotografia”

WALTER ROSENBLUM

“All my life I have seen what bad people are capable of, but I have always believed that evil is not intrinsic in human beings.

I am still convinced that, in an altruistic society, only the best of human nature would prevail.

It is in this spirit that I took up Photography.”

Giovanni Umicini MILANO 1957

Vent’anni di fotografia Twenty years of photography

Introduzione di Introduction by

Testo a cura di Text edited by

Angelo Maggi

Davide Scapin

Giampaolo Romagnosi CAPRI 1996

Indice 20 mignon Vent’anni di fotografia.

Angelo Maggi

Index 1 2

1995 / Tre fotografi sulla stessa lunghezza d’onda.

Nasce Mignon.

3 4

1996 - 1998 / La fotografia come disciplina.

Il “progetto” Giovanni Umicini.

1999 / Salire sulle spalle dei giganti per guardare lontano.

L’incontro con Walter e Naomi Rosenblum.

11

2000 - 2005 / Nuove iniziative, nuove collaborazioni e l’addio all’amico Walter.

17

12

18

Riflessioni per i prossimi vent’anni e oltre.

20 mignon Una selezione Postfazione Bibliografia

1996 - 1998 / Photography as a discipline.

The Giovanni Umicini “project”.

1999 / Climbing onto the shoulders of giants to broaden the horizon.

The encounter with Walter and Naomi Rosenblum.

2000 - 2005 / New projects, new forms of cooperation, and taking leave of Walter.

31 32

2013 - 2015 / Nuove prospettive, stesso orizzonte.

1995 / Three photographers on the same wavelength give birth to Mignon.

7 8

2006 - 2012 / Quando si riceve molto si sente l’esigenza di restituire. Mignon e la divulgazione della fotografia.

20 mignon Twenty years of photography.

Angelo Maggi

47 48 57 58 64

2006 - 2012 / A question of give and take.

Mignon and the dissemination of photography.

2013 - 2015 / New prospects, same horizon.

Ideas for the next twenty years and more.

20 mignon A selection

277 278 281 282

Afterword Bibliography

20 mignon - Vent’anni di fotografia.

Angelo Maggi La fotografia come espressione di valori autentici è ciò che emerge se ci si abbandona alle immagini prodotte dal gruppo Mignon in questi primi vent’anni. Quel “perdersi a guardare” non ci lascia indifferenti di fronte al divenire della storia della street photography in Italia. Questo viaggio ventennale dello sguardo tocca le corde più profonde anche per altre complesse sfide che quest’associazione ha sempre affrontato con maestria. Personalmente ho cercato - più volte - di allontanare diversi membri del gruppo dalla via dell’immagine rubata in strada per assaporare tematiche nuove e probabilmente meno consone agli ideali Mignon. E devo ammettere, con un pizzico di orgoglio e con enorme sorpresa, che non li ho mai colti impreparati. In questi miei anni a fianco dei Mignon ho scoperto che non è assolutamente vero che il lavoro del fotografo debba essere identificato nel e con il possesso dell’apparato fotografico. Assieme a loro ho compreso quanto la professionalità dipenda da un’ampia serie di equilibri tecnici, culturali e creativi che si celano dietro i gesti sicuri del fotografo e che vanno oltre la loro apparenza. Ho cercato di ripercorrere a ritroso nel tempo per risalire al momento esatto in cui questo gruppo è entrato a far parte del mio percorso.

E con memoria velata ricordo di aver incrociato il loro lavoro grazie ad amici comuni nel 2005 in occasione di una mostra tenutasi presso Villa Breda. La comunanza d’interessi e di passioni ha fatto il resto, saldando una straordinaria amicizia che si perde nel tempo. È curiosa la mia indipendenza dal gruppo perchè non partecipo alle sessioni e agli incontri come fotografo, ma il mio legame con loro è così stretto che non credo di esserne considerato un membro disgiunto.

Qual è, in definitiva, la linea conduttrice del gruppo Mignon nel panorama fotografico italiano?

Dobbiamo identificarla nella professionalità di un’arte che non ha mai perso il suo legame con i principi compositivi e gli equilibri nelle campiture della raffigurazione pittorica. Ne sono prova autentica tutti i volumi di pregio che accompagnano nel tempo le numerose mostre da essi organizzate. È evidente quanto il terreno della critica estetica sia legato a tutte le specificità linguisticonarrative della street photography. Sono persino chiari i misurati e scrupolosi passi dei grandi maestri della storia della fotografia che hanno diretto lo sguardo in una moderna e colta rilettura dello spazio. In questi vent’anni di evoluzione tecnica del mezzo è avvenuta parallelamente anche per Mignon - per quanto legati alla fotografia analogica - una presa di coscienza delle possibilità espressive della fotografia, della capacità di essere non solo testimone, ma anche interprete della realtà. “La fotografia - ha scritto Paolo Costantini nel 1989 - consente di non rimanere trattenuti dall’oggetto, poichè attraverso di essa, l’oggetto si lascia oltrepassare: verso una dimensione immaginaria, misteriosa, in uno spazio nullo in cui perdersi”. Queste parole ben si adattano al percorso di ogni componente, presente o passato che sia, del gruppo Mignon. Per quanto visivamente radicate alla rappresentazione effettiva del soggetto siamo tutti invitati a perderci e a oltrepassare lo strato di carta fotografica su cui è impressa l’immagine. Le fotografie Mignon devono insediarsi nella mente, strappare un sorriso, commuovere, informare, sorprendere, porre quesiti, coinvolgere e persino sconvolgere.

Tra i mille linguaggi della fotografia era doveroso trovare il leitmotiv del lavoro svolto dal gruppo Mignon in questi vent’anni. Abbiamo tentato di trovare un titolo che sintetizzasse in maniera chiara l’essenza dell’inconsapevolezza dell’essere catturati dal fotografo. Dopo diversi sforzi abbiamo optato per qualcosa che risultasse lineare e diretto: 20 Mignon. Vent’anni di fotografia.

A conclusione di questa mia breve nota introduttiva e per capire correttamente la cronologia storica del gruppo, si rimanda all’ampio saggio a corredo di questo volume, attentamente compilato da Davide Scapin, il quale si è occupato di raccogliere tutta la documentazione ancora prima di diventarne membro effettivo. Dal testo affiorano tutte le personalità coinvolte nella formazione di quest’associazione e si percepisce l’importanza del loro contributo nella storiografia italiana e internazionale. Permettetemi solo di scusarmi di non essere stato presente sin dagli inizi di questa meravigliosa avventura. Di fronte all’autorialità dei coniugi Rosenblum posso solo sentirmi una piccola appendice marginale. Spero solo di essere stato una presenza positiva nel loro percorso.

A me i Mignon hanno cambiato la vita. Mi auguro che la loro passione per la fotografia e il loro magistrale modo di vedere, contagi indelebilmente il mondo per molti anni a venire.

8

20 mignon - Twenty years of photography.

Angelo Maggi Photography emerges as an expression of authentic values when we allow ourselves to soak up the images produced by the Mignon group over the last 20 years. While our gaze is absorbed, we cannot remain indifferent to the unravelling of the history of Street Photography in Italy. Along this twenty-year journey our eyes spark some profound emotions, partly because of the complex challenges that this photographic association has always handled so adeptly. I have personally tried several times to induce various members of the group to take a detour from the photographs they take on the street, and to get a taste of other, new topics that are probably less consistent with the Mignon group’s ideals. And with a pinch of pride and a good deal of surprise, I have to admit that I have never caught them unprepared. Over the years spent alongside the Mignon group, I have discovered that it is absolutely not true that a photographer’s work should be identified in and with his or her ownership of the necessary photographic apparatus. Together with them, I have realized just how strongly professional expertise relies on a broad array of technical, cultural and creative balances concealed under the photographer’s steady hand, that go beyond mere appearances. I have tried to retrace my steps through time and make my way back to the precise moment when this group came to be a part of my story. I have a rather hazy memory of first seeing their work, at the suggestion of a mutual friend, in 2005 when the group held an exhibition at Villa Breda. The interests and passions that we share did the rest, clinching an extraordinary friendship, the origins of which now seem lost in time. It is rather curious that I have remained separate from the group in some ways (since I never attend its sessions and meetings as a photographer), but the bond between us is so close that I could hardly be considered as disjointed from its members.

So, how could we define the spirit that guides the Mignon group on the Italian photographic scene today?

It surely has to be embodied in the professionalism of their art, which has never severed its links with the compositional principles and balanced background shades of the pictorial arts. Genuine proof of this comes from all the excellent photography books that the group has published in association with the numerous exhibitions it has organized. The terrain of aesthetic criticism is closely tied to all the linguistic and narrative specificities of street photography. There is clear evidence too of the measured, scrupulous steps taken by the great masters of the history of photography who turned their gaze towards a modern, cultured re-interpretation of space. In these last two decades of technical advances in the photographic medium, and even though the group focuses mainly on analogical photography, Mignon has likewise developed an ever greater awareness of the expressive capabilities of photography, of the photographer’s ability to be not only a witness, but also an interpreter of reality. Paolo Costantini wrote in 1989 that photography enables us to avoid being withheld by an object, because the object allows photography to see through it, towards a mysterious imaginary dimension in a boundless space where we can lose ourselves. His words serve me well in explaining how every member - past and present - of the Mignon group has evolved. Though we are visually rooted to the real representation of the subject, we are all invited to lose ourselves in the image, to look beyond the layer of photographic paper on which it is printed. The Mignon group’s photographs must be allowed to occupy a place in our minds, making us smile, moving, informing, surprising, asking questions, emotionally involving and even disturbing us.

Among the thousand languages of photography, it seemed important to identify the leitmotif of the work done by the Mignon group in the last 20 years. We first tried to think of a title that could express clearly, but in a nutshell, the essential unawareness of the subjects captured by the photographer. But after considering various options, we have chosen a simple, straightforward solution: 20 Mignon. Twenty years of photography.

To round off this brief introductory note, I should add that a more thorough account of the Mignon group’s story is provided in this volume, carefully compiled by Davide Scapin, who took care of documenting its activities even before becoming a full member of the group. What emerges from his words is how all the different characters played their part in the formation of this association, and the importance of each member’s contribution to Italian and international historiography. Finally, I would just like to say how sorry I am that I was not involved in this wonderful adventure right from the start. After the hugely authoritative input that the group received from Walter and Naomi Rosenblum, I can only add a few notes in the margin.

I nonetheless hope to have been a positive encounter along the group’s path, because the Mignon group has changed my life, and I sincerely hope that its passion for photography and masterly way of seeing the world will make its indelible mark for many years to come.

9

1995 Tre fotografi sulla stessa lunghezza d’onda. Nasce Mignon.

“Quando tre persone si incontrano e scoprono di essere sulla stessa lunghezza d’onda è già un evento; se poi queste persone sono … fotografi, animati dalla necessità di coinvolgere … l’evento ha una particolare magia: il confronto tra emozioni e la sommessa ambizione che quel fremito avvertito nel momento in cui viene colta l’immagine possa essere restituito allo spettatore”.

Giampaolo Romagnosi PIOVE DI SACCO 1995

10

In queste parole, che introducono il primo libro fotografico del gruppo Mignon (Fotografie Mignon, 1997), sono contenuti gli ingredienti fondamentali per la nascita di un sodalizio di intenti e di persone capace di crescere e allo stesso tempo di rinnovarsi continuamente per vent’anni, diventando punto di riferimento per molti. Una vera e propria dichiarazione d’amore per la fotografia.

Mignon nasce da un’idea di Giampaolo Romagnosi e dalla sua passione per la fotografia, che inizia a studiare e praticare nel 1990, approfondendone la storia e i grandi autori soprattutto grazie alla ricerca, che negli anni si fa sempre più intensa, di libri fotografici, di cui diventa un esperto estimatore. Egli coglie, fin dai primi anni della sua formazione, l’importanza di una profonda conoscenza dell’evoluzione del mezzo, tecnica e soprattutto culturale. Sono anni, questi, in cui il panorama fotografico italiano non brilla per nuove proposte e i nomi già “celebrati” negli ultimi decenni continuano a dominare la scena, nonostante inizi ad affacciarsi una nuova generazione di fotografi; i riferimenti fondamentali Romagnosi li cerca nei Maestri che hanno animato la grande stagione della Fotografia Umanistica europea, nella Fotografia Sociale americana e nel Neorealismo italiano.

Egli affianca allo studio il confronto con altri, alla ricerca di uno scambio proficuo. Conosce e frequenta per un lungo periodo la realtà dei fotoclub; in Italia, fin dal dopoguerra, i circoli e i club fotografici hanno senz’altro il merito di coinvolgere molti appassionati, diffondendo la conoscenza tecnica del medium fotografico e, in alcuni casi, facendo da “incubatore” per fotografi che negli anni si sono affermati nel panorama italiano e mondiale.

Tuttavia, l’individualismo di alcuni e l’immobilismo generale, che Romagnosi percepisce come soffocamento della cultura fotografica italiana e locale, lo spingono verso la ricerca di qualcosa di diverso, che si concretizza ben presto nel sodalizio di fotografi chiamato Mignon.

In questa primissima fase, l’idea di gruppo non è ancora chiara e definita, e oscilla tra quella di un collettivo fotografico e quella di un gruppo di studio. Romagnosi cerca dei “compagni di viaggio” per questa avventura che, ancora prima di essere chiara nelle finalità, lo è nella sua mente per quel che riguarda i presupposti fondamentali. Proprio perché ogni forma di individualismo non può trovare spazio nella sua idea di gruppo, non coinvolge fotografi a lui vicini ma cerca persone che lo colpiscano per affinità fotografica. Ricerca quindi le fotografie, prima ancora dei fotografi, e lo fa soprattutto rivolgendosi al mondo dei concorsi. Oggi sarebbe semplice e veloce, attraverso internet, conoscere quello che il panorama fotografico ha da offrire, anche a livello locale, ma in questi anni è soprattutto il sistema dei concorsi che i fotografi utilizzano per darsi visibilità e confrontarsi tra loro.

Romagnosi individua in Mauro Minotto e Angelo Tassitano due personalità fotografiche mature e affini al proprio modo di intendere la fotografia. Nelle loro immagini vede sensibilità, abilità e cultura fotografica, e decide di proporre loro il progetto, nonostante si tratti di fotografi con maggiore esperienza rispetto alla sua. I due, tuttavia, hanno un loro personale approccio alla fotografia, differente rispetto a quello di Romagnosi. Minotto è un fotografo, per così dire, di cui spiccano con

1995 Three photographers on the same wavelength give birth to Mignon.

“It is already an event when three people meet and discover they are on the same wavelength. Then if these people are … photographers animated by the need to get others involved … the situation takes on a special magic: the exchange of emotions and a barely-voiced ambition to see the spectator experience the same thrill that they feel in the very moment an image is captured”.

These words introduce the first book of photographs published by the Mignon group (Fotografie Mignon, 1997) and contain the fundamental ingredients for the birth of an association of people and ideas capable of growing and being continually renewed for 20 years, and serving as a reference for many others. A genuine declaration of love for photography.

The Mignon Group stems from an idea that came to Giampaolo Romagnosi and from his passion for photography, a subject that he began to study and practice in 1990. He thoroughly researched its history and the works of the great photographers, thanks especially to his increasingly intensive analysis, year after year, of photography books - of which he has become an expert. Right from the early years of his training, he grasped the importance of a thorough understanding of how the medium evolved, not only technically but also culturally.

These were the years when the Italian photographic scene hardly stood out for novel proposals.

The already well-known names of the previous decade continued to dominate the scene, even though a new generation of photographers was beginning to emerge. Romagnosi’s fundamental sources were the masters who had animated the great season of humanist photography in Europe, the stage of American social photography, and Italian neorealism. While studying, he also sought to exchange ideas with others, in an effort to fine tune his opinions. He got to know the world of the photo clubs, which he continued to attend for some time. In Italy, circles and clubs of photographers had certainly had the merit of attracting numerous enthusiasts ever since the end of WWII. They helped to spread a technical understanding of the photographic medium and, in some cases, served as “incubators” for photographers who have since become well known over the years on the Italian and international stages.

The individualism of a few and the immobility of many ultimately led Romagnosi to consider Italy’s national and local photographic culture rather suffocating, however, and this drove him to search for something else. He very soon found a solution that took shape in the group of photographers called Mignon.

In this very early stage, the idea of a group had yet to be clearly defined, and it tended to swing between the concept of a photographers collective and that of a study group. Romagnosi was seeking “travelling companions” for a venture and, although the objectives were still not all entirely clear, the fundamental premises were clear in his mind. Because there was no room for any form of individualism in his idea of a group, he wanted to avoid involving photographers already close to him. Instead, he wanted to find people who impressed him for reasons of photographic affinities.

So he started by looking for the photographs, rather than the photographers, and he did so mainly by turning to the world of photography competitions. It would be quick and easy nowadays, with the help of Internet, to investigate what the photography scene had to offer (even at local level), but in those days it was mainly through the competition network that photographers could become visible and air their views with one another.

Romagnosi identified Mauro Minotto and Angelo Tassitano as two mature photographic personalities in tune with his own interpretation of photography. In their pictures he saw a sensitive eye, a technical expertise and a photographic culture. So he spoke to them about his project, even though they were more experienced photographers than himself.

But Minotto and Tassitano have their own personal approach to photography, which is not the same as Romagnosi’s. Minotto is the sort of photographer who stands out for his “spontaneity and genuinity”. Although he had been a member of a photo club for some time, before Mignon, he had always been a thoroughly solitary character. “What made me love photography was the fact that

Gruppo Mignon PADOVA 1997

11

Mauro Minotto COLLI BERICI 1994

12

evidenza la “spontaneità e genuinità”. Prima di Mignon, pur facendo parte da tempo di un fotoclub, è in tutto e per tutto un solitario: “Mi entusiasmava della fotografia il fatto che il risultato finale fosse frutto di un lavoro completo, dallo scatto alla stampa. Questo mi ha sempre emozionato e mi emoziona ancora. Partecipavo ai concorsi per capire se quello che piaceva a me poteva piacere anche agli altri, ma non cercavo confronti diretti. Inoltre, allora non mi documentavo molto, leggevo pochi libri, preferivo produrre immagini e non avevo alcun fotografo di riferimento. L’incontro con Giampaolo è stato il più importante della mia ‘vita fotografica’, ha sempre avuto un entusiasmo incredibile. La crescita di Mignon si deve soprattutto a lui e, da quando più tardi è entrato nel gruppo, a Ferdinando”.

Tassitano invece, pur essendo tredici anni più giovane di Minotto, oltre ad essere come lui già un esperto stampatore, conosce molto bene il panorama della fotografia internazionale: “Giampaolo aveva lo stesso mio entusiasmo per il medium fotografico, per la letteratura e le immagini dei Maestri che si occupavano della cosiddetta Fotografia Sociale e, dalla sua, aveva già maturato una seppur breve esperienza nelle aggregazioni fotografiche. Era perfettamente consapevole dei punti di forza e soprattutto dei limiti di cui soffrivano i fotoclub, che raccoglievano energie eterogenee e poca progettualità.

Indubbiamente, nella sua testa un progetto seppure in forma latente esisteva; un’intenzione che in seguito avrebbe raggiunto una forma compiuta anche grazie ad una rigorosa scelta operativa che costringeva a muoversi all’interno di limiti autoimposti. In ogni caso, ciò che mi convinse a seguirlo non fu tanto un obiettivo da raggiungere, quanto piuttosto la sincerità e la chiarezza con cui mi disse che l’operazione a cui pensava non sarebbe stata facilmente raggiungibile da un singolo fotografo. Giampaolo era mosso dalla convinzione che un gruppo di fotografi legato ad un progetto avrebbe potuto moltiplicare le energie e sopportare meglio le frustrazioni inevitabili con cui si confronta ciascun autore. Ciò che da soli appare impossibile intraprendere può essere affrontato con dei compagni di viaggio che condividono la medesima estetica fotografica e gli stessi contenuti da comunicare. Tra noi esisteva, infatti, come denominatore comune, una profonda attrazione nei confronti di un certo tipo di fotografia legata all’essere umano e questo elemento fu determinante nelle esperienze iniziali del gruppo”. Racconta Romagnosi: “Non è stato facile avvicinare due sconosciuti e proporre loro di avviare un progetto nel quale io avevo poche cose da offrire, soprattutto la qualità delle mie stampe era notevolmente inferiore rispetto a quella di Mauro e Angelo. Nel primo periodo altri fotografi, che avevamo individuato insieme, hanno rifiutato di aderire ed alcuni hanno ritenuto ridicola la nostra iniziativa; erano anni in cui andava per la maggiore la fotografia a colori, soprattutto in diapositiva. Gli autori di riferimento erano ad esempio Fontana e Roiter. Occuparsi di fotografia con taglio umanista in bianco e nero analogico sembrava, ai più, anacronistico. Sapevo che sarebbero stati necessari anni di lavoro per poter ricambiare la fiducia dei miei soci e riuscire poi a trasferire anche ad altri quanto saremmo stati in grado di fare”.

E’ così che nel 1995 Giampaolo Romagnosi propone a Mauro Minotto e Angelo Tassitano di avviare un “… progetto fotografico finalizzato alla rivalutazione delle piccole cose che appartengono alla quotidianità e che raccontano l’appartenenza dell’individuo alla grande famiglia dell’uomo” (Mauro Minotto, Giampaolo Romagnosi, Angelo Tassitano, “Mignon. La resistenza del bianco e nero”, in Fotografie Mignon, Piove di Sacco 1997). Fin da subito sono chiari i principi su cui si basa il gruppo: lo studio della storia e della cultura fotografica; la pratica legata alla tecnologia analogica e alla stampa di qualità in rigoroso bianco e nero; il confronto e lo scambio costante tra i membri per una crescita continua, affidando alle istanze del gruppo tutte le proprie energie e tralasciando inutili personalismi; l’uomo e il suo ambiente come oggetto di riflessione, indagine e racconto. “Mignon”, il nome che questo fortunato sodalizio di fotografi decide di darsi, vuole evidentemente riferirsi con ironia alla storica agenzia Magnum: “Quando i fondatori della Magnum decisero di dare questo nome al loro progetto probabilmente non pensavano che la taglia di una bottiglia di champagne sarebbe diventata il sinonimo di fotografia in tutto il mondo” (Fotografie Mignon, 1997).

Del resto tutte le cose nascono “piccole” e solo con il tempo, se coltivate con amore, crescono.

the end result is the outcome of a whole set of actions, from taking the shot to the final print. This has always given me a special emotion. I was taking part in competitions to find out whether the things I liked would appeal to other people too, but I wasn’t trying to draw any direct comparisons.

I was also not particularly well informed back then. I didn’t read many books. I preferred to take pictures and I took no photographer for reference. Meeting Giampaolo was the most important event in my “photographic life”. He has always shown such incredible enthusiasm. The growth of Mignon is thanks especially to him, and to Ferdinando, who joined the group later on”.

Tassitano, on the other hand, though 13 years younger than Minotto, was not only already an expert printer (like Minotto), he also knew the world of international photography very well. ”Giampaolo had my same passion for the photographic medium, the literature and the pictures taken by the masters focusing on the so-called Social Photography. He could also boast some, albeit brief experience of photographic aggregations. He was well aware of the strengths and, more importantly, of the weaknesses of photo clubs that brought together different energies and had a limited global project sense. In his head, he undeniably already had a project, however embryonal in form. His aim subsequently took concrete shape partly thanks to strict operating decisions that obliged him to move within self-imposed limits. Anyway, what convinced me to join him was not so much the goal, but rather the sincerity and clarity with which he explained to me that the operation he had in mind would not be easy to achieve for a photographer alone. Giampaolo was driven by the conviction that a group of photographers with a shared project would be able to multiply their energies and better support the unavoidable frustrations that every author encounters. What seems impossible to undertake alone can be faced much better with travelling companions who share the same photographic aesthetics and have the same content to transmit. The common denominator that existed between us was a profound attraction to a certain type of photography focusing on human beings, and this was the fundamental element in the group’s early experiences”.

As Romagnosi put it, “It wasn’t easy to contact a couple of strangers and suggest that we embark on a project in which I had little to offer. For a start, the quality of my printing was considerably inferior to what Mauro and Angelo were capable of. In the early period, other photographers that we jointly identified and contacted were not interested in joining us. Some even judged our project ridiculous. Those were the years when color photography was all the rage, especially on slides.

The reference authors were Fontana and Roiter, for instance. Taking an interest in analogical, black and white photography from a humanist approach seemed anachronistic to most people. I knew that it would take years of work to earn the trust that my partners put in me, and to succeed in conveying to others what we were capable of achieving”.

So, in 1995, Giampaolo Romagnosi suggested to Mauro Minotto and Angelo Tassitano that they work together on a “… photographic project with a view to reconsidering the small things that are a part of daily life, that speak of the individuals belonging to the great family of mankind” (Mauro Minotto, Giampaolo Romagnosi, Angelo Tassitano, ”Mignon. La resistenza del bianco e nero” [Mignon: the resistance of black and white], in Fotografie Mignon, Piove di Sacco 1997).

Right from the start, the group’s founding principles were clear: to study the history and culture of photography; to practice this art using analogical technologies and top-quality printing methods, all strictly in black and white; to constantly compare results and exchange opinions with the other members to enable a continual growth, pooling all their individual energies in the interests of the group, and leaving aside any pointless personalism; to see humans and their environment as the object of their reflection and investigation, a story to tell.

“Mignon” is the name that this fortunate team chose to adopt, with a touch of irony, because it brings to mind the historical Magnum agency. ”When the founders of Magnum chose this name for their project, they probably didn’t expect a large bottle of wine to become synonymous with photography all over the world” (Fotografie Mignon, 1997).

But then all things are born “small” and it is only with time, if nurtured with love, that they can grow.

Angelo Tassitano SPINEA 1994 13

1996-1998 La fotografia come disciplina. Il “progetto” Giovanni Umicini.

“Sono capitati, con le loro fotografie, nel mio studio e, con poche parole, mi hanno fatto capire di essere uomini liberi” (Giovanni Umicini, testo introduttivo a Fotografie Mignon, Piove di Sacco 1997). Così Giovanni Umicini, “saggio professionista dell’immagine, inesauribile esploratore del quotidiano”, per tutti semplicemente un grande Maestro della fotografia, racconta l’incontro avvenuto nel 1997, il primo di una lunga serie che si protrarrà con cadenza settimanale per alcuni anni.

Il gruppo, infatti, individua in Umicini un esempio da studiare e seguire. Con queste parole ricordano quel periodo: “Con il suo modo di esprimersi, colorito e diretto, ci fece capire subito che bisognava dare un nome preciso alle cose che riguardavano la fotografia e approfondirle fino all’estremo. Da lui abbiamo imparato che la disciplina non è una cosa fastidiosa e inutile, ma necessaria e importante al fine di migliorarsi, per evitare sprechi e per limitare gli errori”.

Giovanni Umicini PADOVA 1997 Nella sua camera oscura, magari in una nottata nebbiosa e dopo una veloce ricognizione fotografica serale, questi giovani fotografi hanno avuto il privilegio di vederlo lavorare alle stampe. Raccontano ancora: “Appena messo piede nel suo laboratorio, si aveva la sensazione di entrare in un Tempio Zen dove la perfezione si manifestava in ogni oggetto e in ogni angolo. Tutto aveva un senso e tutto era dove e come avrebbe dovuto essere, dal filtro - doppio - dell’acqua per evitare il calcare, al termostato per mantenere i liquidi in temperatura; dal depuratore dell’aria - che serviva più per i sigari e le sigarette che fumava che per i vapori dei liquidi chimici - alle luci di sicurezza, allo stabilizzatore di corrente per evitare i cali di tensione e così via. Gli ingranditori non si contavano e tutti venivano usati in base al lavoro da eseguire, dal modello più nuovo a quello più ‘obsoleto’ utilizzato per le lastre. Irreprensibile, instancabile, energico, esigentissimo: questo è Giovanni. Lui sa tutto di tutto, dal più piccolo pezzettino di una anonima pellicola alla macchina fotografica più impensabile che esista, lui ti sciorinava vita, morte e miracoli di qualsiasi cosa. Ma se tu gli esponevi un dubbio, non sempre ti dava la soluzione al problema, ma prendeva due o tre libri dalla sua biblioteca - francese, inglese, tedesco, non aveva importanza in che lingua erano - e ti diceva che dovevi trovarti la tua risposta: ‘nei libri c’è tutto, se hai la passione per la fotografia ti devi trovare da solo le risposte’. Lui le aveva trovate studiando per conto suo”.

Per spiegare cosa significavano all’atto pratico queste parole, i Mignon proseguono raccontando del momento in cui Umicini alzava lo sguardo sulle sue stampe ancora bagnate: “La cosa che ci emozionava e che allo stesso tempo ci deprimeva di più, avveniva quando scrutava centimetro per centimetro il risultato della stampa. Dopo aver messo il negativo sull’ingranditore, aver posizionato la carta, aver ‘mascherato’ o ‘bruciato’ a seconda della necessità, gesti che faceva con grande semplicità, maestria e passione, ci mostrava finalmente la foto ancora umida, che guardavamo incantati per la perfezione e la bellezza dei neri profondi. A quel punto, poteva accadere che la stracciasse d’impulso davanti ai nostri occhi: una foto che, per poterla stampare noi così, avremmo dato non so che cosa. Ma lui la strappava perché non gli sembrava abbastanza buona e diceva ‘buttate via tutte le foto che non sono venute bene, servono solo a fare confusione e occupano spazio inutilmente’. Ma Giovanni non strappava solo le sue foto, strappava anche quelle che gli portavi a vedere per chiedergli un parere sulla composizione o sulla riuscita della stampa”.

In questa prima fase il gruppo affianca all’approfondimento delle tecniche di stampa la realizzazione dei primi progetti fotografici: “Profughi” di Tassitano, esposto a Piove di Sacco, e soprattutto “Fotografie Mignon” (1997), il primo libro fotografico che il collettivo dedica proprio ad Umicini e che utilizza come “biglietto di presentazione”.

14

1996-1998 Photography as a discipline: the Giovanni Umicini “project”.

“They came to my studio with their photographs and, after exchanging a few words, I could soon see that they were free-thinking human beings” (Giovanni Umicini, in his introduction to Fotografie Mignon, Piove di Sacco 1997). That is how Giovanni Umicini, “a wise professional of the image, inexhaustible explorer of daily life” and, for everyone, quite simply a great master of photography, describes his first encounter with the group in 1997 - the first of a lengthy series of weekly meetings that spanned four years.

In fact, the group saw Umicini as an example to study and follow. They recall that period in the following terms: “With his colorful and direct way of expressing himself, he immediately made us understand that we needed to give a precise name to the things relating to photography, and to analyze them in minute detail. From him we learned that a disciplined approach is not something boring and pointless, it is essential and important in order to improve, avoid wastage and limit mistakes”.

In his darkroom, sometimes on a foggy night after a quick evening photographic reconnaissance, the young Mignon photographers had the privilege of watching Umicini work on his prints. They said: “As soon as you stepped into his laboratory, you had the feeling of entering a Zen temple where perfection was manifest in every object and every corner. Everything had a meaning and everything was where and how it should be, from the (double) water filter for removing lime scale to the thermostat for keeping the fluids at just the right temperature, from the air cleanser (that was needed more for the cigars and cigarettes that he smoked than for the chemical fumes) to the safety lights, to the voltage stabilizer to avoid dips in the power supply, and so on. There were countless enlargers and they were all put to use, depending on the work in progress, from the latest model to the most “obsolete” used for the plates. Giovanni is admirable, untiring, energetic, extremely demanding. He knows all there is to know about everything, from the tiniest piece of an anonymous film to the strangest photographic machinery in existence. He could tell you all the ins and outs of everything. But if you asked him a question, he didn’t always give you the answer. He would take two or three books from his library – in French, English, German, it didn’t matter what language they were in – and he would tell you that you should find the answer there. ‘You’ll find everything in the books. If you have a real passion for photography, you need to find the answers by yourself.’ He had found them, by studying on his own”.

To explain what these words meant in practical terms, the Mignon group go on to tell the story of the moment when Umicini would turn his gaze to the prints still hanging up to dry. “What gave us a thrill and, at the same time, depressed us the most was the way he would look at every inch of the outcome of the printing process. After placing the negative on the enlarger, positioning the paper, “masking” or “burning” according to need, all gestures that he would complete with great simplicity, mastery and passion, he would finally show us a still damp photograph that would enchant us with its perfection and the beauty of its deep blacks.

Then he might tear it up on an impulse before our very eyes, a photograph that we would have been willing to pay any price to be capable of printing so well! But he would discard it because to him it didn’t seem good enough.

He said: ‘Throw away all the Angelo Tassitano

ZELARINO 1995

15

Il nome “Mignon” inizia così a circolare nell’ambiente fotografico, e da allora si lega indissolubilmente alla “Street Photography”, essendo il primo gruppo italiano ad occuparsi di questo genere fotografico.

Grazie alla visibilità e credibilità artistica che il gruppo conquista, alcuni fotografi iniziano ad avvicinarlo per proporre i loro scatti. Nel 1998 entra a far parte del gruppo Claudio Amato, che ne uscirà quattro anni più tardi, avendo maturato durante questo periodo l’intenzione di fare della fotografia il proprio lavoro.

L’anno successivo il gruppo organizza a Cadoneghe la mostra personale di Umicini dal titolo “Fotografie”, a coronamento di un’intensa attività di ricerca ed analisi della sua opera fotografica, portandolo nel 1999 ad entrare a far parte del gruppo. Del suo ingresso in Mignon racconta Romagnosi: “Fu lui a chiederci di entrare nel gruppo, durante una serata che definirei ‘epica’.

In quel periodo andavamo nel suo studio molto spesso, perché stavamo preparando i primi progetti fotografici, ed una sera improvvisamente sbottò dicendo ‘ma io faccio parte di questo gruppo si o no?’. Fu una sorpresa per noi, che allora ci ritenevamo dei ‘ragazzini di bottega’, capire fino a che punto Umicini apprezzasse Mignon. Per il gruppo, comunque, è sempre stato un riferimento.

Ci piaceva pensare che la sua figura fosse per noi simile a quella di Sid Grossman per la Photo League …”.

Nel 1998 viene realizzata a Palermo la prima mostra personale di Romagnosi, promossa dalla rivista “Gente di Fotografia”, dal titolo “Letture di un istante”.

Nello stesso periodo Minotto invita l’amico Ferdinando Fasolo a presentare le proprie fotografie.

Questi ha alle spalle un’esperienza pluriennale nella Multivisione, espressione artistica che associa fotografia e musica, essendo stato fondatore con Francesco Lopergolo de “Il Parallelo Multivisioni”.

Del suo allontanamento dalla Multivisione in favore di un approccio esclusivamente fotografico, Fasolo dirà: “Con la Multivisione avevo la possibilità di raccontare una cosa con molte immagini, con la fotografia posso raccontare più cose con un’immagine sola”. L’anno seguente anche Fasolo entra nel gruppo Mignon.

Giampaolo Romagnosi PRAGLIA 1993

16

photos that have not come out well. They are just a cause of confusion and take up space for nothing”. But Giovanni didn’t only tear up his own photos. He also tore up the ones that you brought him to look at and ask for his opinion on the composition or the quality of the printing”.

In these early stages, the Mignon group was combining an in-depth study of printing technique with the preparation of its first photographic projects: “Profughi” (Refugees) by Tassitano, which went on show in Piove di Sacco, and especially “Fotografie Mignon” (1997), the group’s first photography book that it dedicated to Umicini and that it used as its “calling card”.

The name “Mignon” thus began to circulate in the photography environment, and it has been indissolubly linked with “Street Photography” ever since. Mignon was the first Italian group to focus on this particular photographic genre. The group’s growing visibility and artistic credibility prompted several photographers to propose their photographs. A new member, Claudio Amato, joined the group in 1998 and left it four years later, after coming to the decision to become a professional photographer.

The next year, the Mignon group organized a personal exhibition of Umicini’s works in Cadoneghe.

Entitled simply “Fotografie”, it crowned an intensive research activity and analysis of his photographic works that led to Umicini becoming a member of the group in 1999. This is what Romagnosi had to say about him joining Mignon: “It was he who asked us if he could become part of the group, during an evening that I would define as ‘epic’. This was a time when we were visiting his studio very frequently because we were preparing our first photographic project. One evening he suddenly exclaimed: “Am I a member of this group or aren’t I?”. It came as such a surprise for us to learn that Umicini appreciated Mignon because we still felt like his ‘apprentices’. He has always served as a reference for the group. We liked to think of him as being for us what Sid Grossman was for the Photo League …”.

In 1998, in Palermo, Romagnosi held his first personal exhibition promoted by the specialist journal “Gente di Fotografia”; it was entitled “Letture di un istante” (Interpretations of an instant).

Around the same time, Minotto invited his friend Ferdinando Fasolo to present his own photographs.

Fasolo could boast several years of experience in Multivision (a form of artistic expression that associates photography with music), having been a founder, together with Francesco Lopergolo, of the “Parallelo Multivisioni”. When he had moved away from Multivision in favor of an exclusively photographic approach, Fasolo explained: “With Multivision I had the chance to describe something using many images, but with photography I can describe many things in a single image”. The following year Fasolo also joined the Mignon group.

Mauro Minotto GARGANO 1996

17

1999 Salire sulle spalle dei giganti per guardare lontano.

L’incontro con Walter e Naomi Rosenblum.

“Li incontrai la prima volta nel 1999 a Padova, sulle scale della galleria Cavour, dove si teneva un’esposizione di Walter. Fin dal primo momento fui affascinato dalla sua serenità e dalla sua grande disponibilità nell’accogliere chiunque si avvicinasse per chiedergli qualcosa. Aveva sempre un sorriso per tutti. A Walter mostrai alcune foto formato 10x15 in bianco e nero; prima di guardarle mi chiese chi ero, cosa facevo, cosa significava per me la fotografia. Poi guardò le foto, tutte, con molta calma, rivolgendomi molte domande: perché quella foto era composta in un certo modo, cosa voleva raccontare, e via così; a volte lo chiedeva, credo, anche se la cosa era evidente, solo per mettermi alla prova, per cercare di capire se avevo fotografato con leggerezza o se ero cosciente del significato di quello che avevo ripreso. Mi disse gentilmente che avevo delle buone fotografie e soprattutto un grande intuito nel saper cogliere situazioni interessanti; mi incitò a continuare a fotografare avendo molta fiducia in me stesso, senza farmi spaventare dalle difficoltà perché, disse, aiutano solo a crescere. ‘La fotografia’ proseguì ‘è molto importante perché il mondo cambia continuamente; non si possono fare le stesse foto di Strand o di altri fotografi del passato perché quel mondo non esiste più, però puoi fare le foto più belle dei nostri giorni rendendole più personali che puoi. Se guardi la gente attentamente scopri che ognuno è differente, questa è una delle cose belle dell’essere fotografi.

A me piacciono le differenze, le trovo commoventi. Siccome ciò è affascinante, ogni fotografo vuole riportarle sulla pellicola e questo le salva per sempre’. Walter finì col parlarmi delle sue fotografie, di come ne aveva realizzate alcune, della situazione di ripresa o del tipo di carta che aveva scelto per un ritratto e quale invece per un paesaggio, spiegandomi che ogni foto andava reinterpretata in fase di stampa, scegliendo la carta più adeguata e facendo risaltare alcuni particolari importanti che, stampati con una carta diversa, non sarebbero stati valorizzati. Assimilai così, attraverso le sue parole, un modo di vedere il mondo e l’umanità con amore e trasporto verso gli altri. ‘Ho fotografato sia persone conosciute solo per un momento, che altre con cui avevo un rapporto profondo’ disse ‘ma in ogni caso ho sempre cercato di rendere omaggio ai soggetti che ho fotografato’. Il ‘rendere

Ferdinando Fasolo BASTIA 2002

18

1999 Climbing onto the shoulders of giants to broaden the horizon.

The encounter with Walter and Naomi Rosenblum.

“The first time I met them was in Padova in 1999, on the steps of the Galleria Cavour, where Walter had an exhibition underway. Right from the very first, I was fascinated by how calm he was, and so willing to talk to anyone who came up to ask him something. He always had a smile for everyone. I showed Walter some black and white photographs in a 10 x 15 cm format. Before looking at them, he asked me who I was, what I did, and what photography meant to me. Then he very calmly looked at the photographs, every single one of them, asking me a great many questions: why a given photograph was composed in a certain way, what story was it trying to tell, and so on.

Sometimes I think he asked a question even though the answer was self-evident, simply to put me to the test, to see if I had taken the photographs lightly or if I was aware of the significance of what I had captured in the shot. He told me very kindly that I had some good photographs and, above, all, very good intuition in capturing interesting situations.

He urged me to continue taking photographs and place a lot of trust in myself, without being frightened of the difficulties because he said they only help us to improve. He went on to say, ‘Photography is very important because the world is changing constantly. You can’t take the same photographs as Strand or other photographers of the past because that world no longer exists. But you can take the most beautiful photographs of our time, personalizing them as much as possible. If you look at people carefully, you find that everyone is different. This is one of the great things about being photographers. I like the differences, I find them moving. Because this is fascinating, every photographer wants to capture these differences on film, and this is what saves them forever’. Walter then talked to me about his own photographs, about how he had taken some of them, the situation in which he took the picture, and the type of paper he had chosen for a portrait or a landscape. He told me that every photo was reinterpreted during the printing process, choosing the most suitable paper and bringing out certain important details that wouldn’t have been fully exploited had they been printed on different paper. Through his words, I absorbed a way of looking at the world and humankind with love and empathy. Walter said, ‘I have photographed people I had known only for a moment and others that I had a more in-depth relationship with, but either way I always tried to pay tribute to the people that I photographed’. This idea of paying tribute is undeniably his most important lesson, among all the other things we learned from him over the years. It goes without saying that I left the gallery stunned and euphoric, elated, and much richer inside.”

These are the words used by Fasolo, with evident traces of emotion, to describe his meeting with Walter Rosenblum, one of the great masters of photography, which marked the start of a warm relationship between the Mignon group and the American photographer and his wife Naomi, a famous historian of photography.

Already, a few evenings before the meeting described by Fasolo, the group had attended a conference held by the Rosenblums, where Romagnosi (given his passion for photography books) had taken the opportunity to ask Walter to sign his copy of the famous “World History of Photography” written by his wife Naomi, and he had also left the couple a copy of the Mignon group’s first publication.

PADOVA 1999 Claudio Amato Mauro Minotto Giovanni Umicini Walter Rosenblum Naomi Rosenblum Giampaolo Romagnosi Angelo Tassitano Ferdinando Fasolo

19

omaggio’ è sicuramente il suo insegnamento più importante, tra tutti quelli che negli anni successivi ci ha donato. Inutile dire che uscii dalla galleria stordito e totalmente euforico, per non dire esaltato, e soprattutto molto ricco dentro”.

Con queste parole Fasolo descrive, con evidente emozione, l’incontro con uno dei più grandi Maestri della Fotografia, Walter Rosenblum, e l’avvio del rapporto di amicizia del gruppo con il fotografo americano e con la moglie Naomi, famosa storica della fotografia.

Il gruppo, già qualche sera prima dell’incontro descritto da Fasolo, aveva partecipato ad una conferenza pubblica dei Rosenblum; in quella occasione Romagnosi, da grande estimatore di libri fotografici qual è, ne aveva approfittato per una dedica sul libro del Maestro e sul famoso “A World History of Photography” scritto dalla moglie Naomi, lasciando loro una copia della prima pubblicazione Mignon. La successiva visita alla mostra di Walter Rosenblum da parte di Umicini e la proposta di Minotto per un invito a pranzo offrono al gruppo un’occasione che ancora oggi gli stessi Mignon considerano fondamentale per la loro storia.

Così, con tutta la naturalezza delle cose che accadono da sole, il gruppo si ritrovò, qualche giorno più tardi, a pranzo con i coniugi Rosenblum, ad ascoltare il Maestro raccontare decine di aneddoti che avevano per protagonisti Eugene Smith, Robert Capa, Lewis Hine, Paul Strand ed altri con i quali aveva condiviso l’esperienza alla Photo League di New York: l’unica organizzazione fotografica americana completamente indipendente che si occupò, dal 1936 al 1951, di fotografia documentaria e sociale e del suo insegnamento, praticamente gratuito, ai propri iscritti.

L’affinità che con Walter Rosenblum si viene subito a creare nasce probabilmente proprio dall’esperienza nella Photo League: infatti, il dialogo si è creato soprattutto attorno all’importanza di far parte di un gruppo di fotografi, anziché agire individualmente. A tal proposito scrive Naomi Rosenblum sul numero 38 del 2004 di “Gente di Fotografia”: “Il gruppo che si fa chiamare Mignon è, se non unico, almeno inusuale … Come molti fotografi documentaristi, questi giovani fotografi sperano di catturare l’aspetto umano e teatrale della vita com’è vissuta sulla strada e altrove, ma oltre a ciò essi vogliono che le loro immagini raggiungano lo stato dell’arte … Naturalmente Mignon non è il primo collettivo di fotografi che abbiano lavorato assieme verso uno scopo comune. Ma durante il diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo questi gruppi erano associati principalmente in compagnie commerciali … Nessuno di questi lavori di gruppo aveva come obiettivo il concetto che l’immagine fotografica potesse aspirare ad essere una dichiarazione che riflettesse una sensibilità

Claudio Amato CANADA 1996

20

Umicini subsequently visited Walter Rosenblum’s exhibition and Minotto suggested that the group invite him to lunch, creating an opportunity that the Mignon photographers continue to this day to consider a fundamental step in their story.

That is how, quite naturally, as if everything had fallen into place by itself, the group sat down to lunch with the Rosenblum couple a few days later. They listened as Walter told dozens of anecdotes about such characters as Eugene Smith, Robert Capa, Lewis Hine, Paul Strand and others he had shared experiences with at the Photo League in New York - the only wholly independent American photography organization that, from 1936 to 1951, concerned itself with documentary and social photography, also teaching its members practically for free.

The affinity that the group immediately developed with Walter Rosenblum probably stemmed from his experience in the Photo League. The discussion rotated mainly around the importance of belonging to a group of photographers instead of working alone. On this topic, Naomi Rosenblum wrote in issue No. 38 (2004) of “Gente di Fotografia”: “The group that goes by the name of Mignon is, if not unique, at least unusual … Like many documentary photographers, these young photographers hope to capture the human and theatrical aspects of life as it is lived on the street and elsewhere.

But, in addition to this, they want their pictures to be state of the art … Mignon is naturally not the first collective of photographers to have worked together to achieve a common goal, but during the 19th and the early 20th centuries, such associations were mainly in the form of commercial companies … None of these group efforts focused on the concept that the photographic image could aspire to making a statement that reflected an individual sensitivity or an emotional response, or thoroughly explore the artistic opportunities afforded by the medium … Perhaps the predecessor coming closest to Mignon in its conception was the Photo League …”.

The Mignon group members’ meetings with Rosenblum were very frequent in the years that followed: they would meet in Padua, where he loved to stay at the Hotel Toscanelli and wander around the ghetto (“the most beautiful part of the city,” he said, because of the familiarity of its inhabitants); or at the time of Walter’s exhibitions in Pordenone, Seravezza and Valladolid; or when the group went to visit him in New York, where he lived.

Rosenblum was enthusiastic about the Mignon group. What particularly impressed him was how the photographers interacted with one another. “He told us that, for him, it was like reliving the years spent at the Photo League, an association that he joined when he was 17 years old. He was its first secretary and then its chairman, up until the League was obliged to shut down when it ended up on the blacklist of anti-American subversive organizations during the years of McCarthyism. He often insisted that we should set up a sort of Italian version of the Photo League in Padua to teach young people about printing technique, the history of photography and everything that had to do with it”.

The Mignon group has kept dozens of tape recordings of these meetings. “We always recorded him,” Fasolo explains, “so that we could listen to the tapes again and have someone translate any passages that we didn’t understand”. In one recording of 27 October 2003, Rosenblum says: “… I arrived in Italy and found a group called Mignon that represented what I feel for photography and the future of photography, and this makes me really happy. It is something personal, that is why I look at your work, I see what you are doing, and it makes me really happy. That is why I do it. I’m getting old and you are very young, so you have the time and the opportunity to continue. That is why I’m happy…”.

To give a full idea of the affection and respect that Walter developed for the group over the many years of their friendship, this is an excerpt from a recording of 19 July 2004, when Rosenblum said to the Mignon photographers: “… I have looked around and I can see no one else who has this opportunity to introduce photography as an art form in Italy. This is a huge responsibility… help should come from other sources, but I don’t know anyone else who can do it. You are doing it with your work, with the photographs you are taking, but now the public needs to understand what you are doing”.

Returning to the time of its first encounter with the Rosenblums in 1999, the Mignon group came up with the idea of organizing and presenting a photography exhibition that would make it known to the public with a passion for photography. From then on, Fasolo and Romagnosi became the driving spirit behind all such schemes.

The first collective exhibition by the Mignon group was held in November 1999 at Villa Grimani 21

individuale o suscitasse una reazione emozionale o esplorasse in profondità le possibilità artistiche del mezzo … Forse il predecessore di Mignon più vicino come concezione fu la Photo League … ”.

Gli incontri tra i componenti del gruppo Mignon e Rosenblum si ripetono molto spesso negli anni successivi: a Padova, dove amava alloggiare al Toscanelli e girovagare per il ghetto, “il posto più bello della città”, diceva, per la familiarità della gente che ci vive; in occasione di altre sue mostre a Pordenone, Seravezza e Valladolid; o ancora quando era il gruppo ad andare a fargli vista a New York, dove abitava.

Del gruppo Mignon, Rosenblum era entusiasta. Lo colpiva in particolare come i fotografi interagivano tra di loro. “Per lui, ci disse, era come rivivere gli anni passati alla Photo League, associazione che frequentò da quando aveva diciassette anni; ne fu prima segretario e poi presidente fino alla chiusura forzata della stessa, quando all’epoca del maccartismo finì sulla ‘lista nera’ delle organizzazioni sovversive anti-americane. Insisteva spesso sul fatto che noi dovessimo aprire una specie di versione italiana della Photo League a Padova, per insegnare ai giovani le tecniche di stampa, la storia e tutto quello che aveva a che fare con la fotografia”.

Dei loro incontri, i Mignon conservano decine di audiocassette. “Lo registravamo sempre” confessa Fasolo “per poi riascoltare i nastri e farci tradurre da qualcuno i passaggi che non capivamo”. In una registrazione del 27 ottobre 2003, Rosenblum racconta: “… arrivai in Italia e trovai un gruppo chiamato Mignon che rappresentava ciò che io sento per la fotografia e il futuro della fotografia, e ciò mi rende davvero felice. E’ qualcosa di personale, è per questo che io guardo il vostro lavoro, vedo quello che fate e mi rende davvero felice. Questa è la ragione per cui lo faccio. Io sto invecchiando e voi siete molto giovani. Così avete il tempo e la possibilità di continuare, per questo sono felice ...”.

Per rendere pienamente l’affetto e la stima che il Maestro ha maturato in molti anni di frequentazione con il gruppo, riportiamo un estratto della registrazione del 19 luglio 2004, nella quale Rosenblum incita i Mignon: “… io mi sono guardato in giro e non vedo nessun altro che abbia questa possibilità di introdurre in Italia la fotografia come forma d’arte. E questa è una grossa responsabilità … l’aiuto dovrebbe venire da altre fonti, ma io non conosco nessun altro che possa farlo. Lo state facendo con il vostro lavoro, con le foto che fate, ma ora il pubblico deve capire quello che state facendo”.

Ritornando al periodo del primo incontro con i Rosenblum, nel 1999 il gruppo matura l’intenzione di organizzare e proporre una mostra che lo faccia conoscere al pubblico appassionato di fotografia. A partire da questo momento, Fasolo e Romagnosi diventano i principali animatori di tutte le iniziative.

In novembre viene inaugurata a Villa Grimani Valmarana di Noventa Padovana la prima mostra collettiva di Mignon, realizzata secondo principi espositivi e di scelta delle immagini che il gruppo continuerà ad adottare anche in seguito. Questi principi si basano essenzialmente su criteri dettati dall’interazione e dal dialogo che le fotografie, nella successione del percorso espositivo, sono in grado di esprimere, nella formulazione di un discorso fotografico omogeneo e corale, nella stesura di un racconto generale e non limitato alle singole immagini, secondo regole di selezione sia formali e compositive che di contenuto.

Come afferma Marco Bastianelli su “Fotografia Reflex” 3/2000, “… il piccolo gruppetto fotoamatoriale iniziale si è sviluppato, è cresciuto e - in poco tempo - ha bruciato le tappe”.

Di quella mostra resta “Fotografie Mignon”, il secondo prodotto editoriale del gruppo, che Vincenzo Mirisola su “Gente di Fotografia” 24/2000 descrive così: “Ho seguito fin dai primi passi la vicenda del gruppo Mignon … ‘Mignon’ che è anche l’antitesi di ‘Magnum’, suggerisce l’idea di un piccolo gruppo affiatato, e questa coesione e unità d’intenti saltano agli occhi sfogliando il libro-catalogo con foto di diversi autori edito in occasione di una recente rassegna fotografica presso il comune di Noventa Padovana. Il pregio di questo volume dal titolo ‘Fotografie Mignon’ è che non crea una netta divisione per autore, in quanto le immagini sono state scelte secondo la loro affinità e funzionalità per dar vita ad un unico racconto. Non una rassegna di fotografie isolate e diverse che non legano tra loro, come le sterili vetrine di tanta fotografia amatoriale, ma un progetto ben pensato e costruito in vista di un prodotto finale, il libro, con un unico filo conduttore: l’uomo”.

“All’inaugurazione” raccontano i Mignon “nonostante il diluvio che imperversava, parteciparono così tante persone che non si riusciva nemmeno a vedere le foto esposte”.

22

Valmarana in Noventa Padovana. It was organized with an approach to the layout and the choice of photos that the group continued to adopt afterwards. The approach was based essentially on criteria of interaction, on the story that the photographs were able to tell in the series of images on display, on the formulation of a homogeneous, choral photographic message, on presenting one whole story rather than a set of single images, relying on a process of selection, both formal and compositional, and of the content.

As Marco Bastianelli wrote in “Fotografia Reflex” 3/2000, “… The initially little group of amateur photographers has expanded, it has grown up, and - in no time at all – it has forged ahead”.

That exhibition is recalled in “Fotografie Mignon”, the second of the group’s publications, that Vincenzo Mirisola in “Gente di Fotografia” 24/2000 described in the following words: “I have been following up the story of the Mignon group right from its early stages… ‘Mignon’, which is also the antithesis of ‘Magnum’, suggests the idea of a small, close-knit group, and this cohesion and unity of intent are immediately evident as we leaf through their book of photos by the various authors that was published at the time of a recent photography exhibition held in Noventa Padovana. The value of this volume, entitled ‘Fotografie Mignon’, lies in that it does not draw distinctions by author.

The images have been chosen for their affinity and their functionality in giving rise to a single story.

Not a collection of different, isolated photographs with nothing linking them together, like the sterile shop window of so much amateur photography, but a clearly thought-out, well-constructed project designed to achieve an end product - the book - with a single guiding thread: mankind”.

The Mignon photographers recall that: “At the opening of the exhibition, despite a deluge underway outside, there were so many people that it was even impossible to see all the photos on show”.

Walter Rosenblum NEW YORK 1938

23

2000-2005 Nuove iniziative, nuove collaborazioni e l’addio all’amico Walter.

Marco Turetta PADOVA 2001

24

Il nuovo millennio si apre con l’organizzazione di una serie di mostre, eventi e pubblicazioni. Nel giugno 2000 a Padova, presso la Chiesetta dei Ferri, e in novembre a Pontelongo, viene allestita la collettiva dal titolo “Paesaggio Umano”. In questo periodo, dopo una lunga frequentazione, entra nel gruppo Marco Turetta.

“Ho conosciuto Giampaolo durante gli ultimi giorni di un corso fotografico da lui tenuto. Nei mesi successivi, con cadenza settimanale, gli mostravo le foto appena scattate. Non ho mai sentito, in quelle occasioni, né atteggiamenti di superiorità né, al contrario, lodi fatte col solo fine di incoraggiare.

Ricevevo invece commenti espressi con attenzione, partecipazione e rispetto per la persona. Per me fu un’esperienza liberatoria, mostrare quello che facevo senza sentire di essere giudicato: l’attenzione era rivolta alle foto. L’atteggiamento energico e pragmatico di Giampaolo mi conquistò subito”.

Nell’aprile 2001 il gruppo realizza a Villa Ceresa di Mestre la collettiva “Fotografia di strada”, replicata ad Asolo in maggio, in occasione del Festival Internazionale di Multivisione “Fantadia”; successivamente viene invitato a realizzare una serie di mostre personali a cura di Fausto Raschiatore, allestite sempre a Mestre, che coinvolgono tutti i componenti, dal titolo “Fotografi Mignon, uno sguardo condiviso”.

L’attività di diffusione del lavoro fotografico collettivo si estende anche ad una serie di pubblicazioni su riviste di settore, tra cui un portfolio fotografico sul numero di primavera di “Gente di Fotografia”.

Sempre nel 2001 Romagnosi e Fasolo, assieme all’amico Luciano Schiavon, avviano una collaborazione con il Comune di Correzzola, dove Mignon organizza con cadenza annuale, presso la Corte Benedettina, tre edizioni di “Labirinti di luce”. Questa iniziativa si presenta come una serie di mostre, eventi ed incontri sulla fotografia e su altre forme d’espressione ad essa correlate: cinema ed arte in genere. L’iniziativa riscuote grande interesse e partecipazione ed ogni edizione viene corredata dal relativo catalogo. E’ un periodo nel quale diverse persone riconoscono con entusiasmo nel gruppo Mignon una proposta interessante e nuova del panorama fotografico e diventeranno, per molto tempo, stretti collaboratori. Luciano Schiavon, Francesco Lopergolo, Fabio Montecchio, Marina Zecchin, Delio Tiozzo, Paolo Bettella e Carlo Silvestrin sono fra i molti che a vario titolo supportano il gruppo per le sponsorizzazioni, gli allestimenti, le multivisioni, il sito web, la stampa dei cataloghi ed altre attività.

Il 2001 si chiude con due mostre organizzate nell’ambito delle iniziative del Centro Nazionale di Fotografia di Padova: “Street Photography” di Umicini al Museo Civico di Piazza del Santo e, all’Oratorio di San Rocco, “Altre Umanità”, che il gruppo Mignon dedica alla città di Padova e alla sua gente. Entrambe le mostre vengono inaugurate da Walter Rosenblum.

Queste esposizioni costituiscono una tappa significativa del percorso intrapreso da Mignon.

Se da un lato la mostra di Umicini è un grandissimo successo, al punto che da questo momento le opportunità di diffondere il suo lavoro si moltiplicheranno, di contro il Maestro avrà sempre meno tempo da dedicare alle attività del gruppo.

Della mostra “Altre Umanità” Romagnosi ricorda “nonostante rimanga, per noi, uno dei maggiori successi del gruppo, soprattutto per il grande numero di giovani che attirò, le aspettative che avevamo riposto nella collaborazione con il Centro Nazionale di Fotografia di Padova si sono purtroppo rivelate vane. Volevamo avviare un vero lavoro di ricerca nel territorio, qualcosa di importante per la città, per noi e per gli appassionati di fotografia, ma per vari motivi le nostre proposte sono finite su di un binario morto …”.

In concomitanza con la realizzazione di “Altre Umanità” entra nel gruppo Giorgio Pandolfo. Con questo nuovo ingresso si conclude una fase nella quale i componenti di Mignon vengono ammessi a far parte del collettivo dopo un periodo di “prova”, in genere della durata di un anno, durante il quale hanno la possibilità di mettere

2000-2005 New projects, new forms of cooperation, and taking leave of Walter.

The new millennium began with the group organizing a number of exhibitions, events and publications. In June 2000, at the little Chiesetta dei Ferri in Padua, and in Pontelongo in November, they organized a collective exhibition entitled “Paesaggio Umano” (Human Landscape). This was the time when Marco Turetta (who had been involved with the group for some time) became a member of Mignon. “I got to know Giampaolo during the last few days of a photography course that he held. In the months that followed, I went once a week to show him photographs I had just taken.

On those occasions, he never adopted an attitude of superiority, nor did he praise my efforts simply to be encouraging. Instead, I always received comments that were voiced with warmth and respect for me as a person. It gave me a sense of release to be able to show someone what I was doing without feeling that I was being judged. His attention focused on the photographs. I was instantly conquered by Giampaolo’s energetic and pragmatic approach”.

In April 2001 the group prepared a collective photography show entitled “Fotografia di strada” (Street Photography) at Villa Ceresa in Mestre, repeating it in Asolo in May at the time of the Festival Internazionale di Multivisione “Fantadia”. The group was then invited to prepare a series of personal exhibitions organized

by Fausto Raschiatore, again in Mestre, which was to involve all of the group’s members and was entitled “Fotografi Mignon, uno sguardo condiviso” (Mignon photographers: a shared view).

The group’s activities to circulate its collective photographic work also extended to a number of publications in specialist journals, including a photographic portfolio in the spring 2001 issue of “Gente di Fotografia”.

Still in 2001, Romagnosi and Fasolo embarked, together with their friend Luciano Schiavon, on a cooperation with the local authority of Correzzola, where Mignon organized three annual editions of “Labirinti di luce” (Mazes of light) at the Corte Benedettina. This project involved a number of exhibitions, events and meetings on photography and other correlated forms of expression: cinema and art in general. The scheme met with great interest and attracted a wide audience, and a catalog was published on each edition. This was a time when various people were enthusiastically acknowledging the Mignon group as an interesting newcomer on the photographic scene, and some began to work closely with the group for a while. Luciano Schiavon, Francesco Lopergolo, Fabio Montecchio, Marina Zecchin, Delio Tiozzo, Paolo Bettella and Carlo Silvestrin are among the many who supported the group in various ways with sponsorships, exhibition setups, multivisions, website design, catalog printing, and other activities.

The year 2001 ended with two exhibitions organized as part of a Centro Nazionale di Fotografia project in Padova: one called “Street Photography” by Umicini at the Civic Museum in Piazza del Santo, and one at the Oratorio di San Rocco, “Altre Umanità” (Other human qualities), that the Mignon group dedicated to the city of Padua and its people. Both exhibitions were opened by Walter Rosenblum.

These photography shows marked a significant change in the course charted by the Mignon group. Umicini’s exhibition was a huge success, to such a point that from then on the opportunities for him to disseminate his work increased, meaning that he would have less and less time to dedicate to the group’s activities.

As for the “Altre Umanità” exhibition, Romagnosi recalls that: “Although, for us, it remains one of the group’s biggest successes (mainly because of the large number of young people that it attracted), the expectations that we had placed in our cooperation with the Centro Nazionale di Fotografia in Padua unfortunately proved vain. We wanted to set up a genuine research effort in the area, something important for the city, for us, and for anyone with a passion for photography, but for various reasons our proposals came to a dead end …”.

Giorgio Pandolfo joined the Mignon group while the “Altre Umanità” exhibition was in preparation.

This new entry marked the end of a phase during which new Mignon members were admitted after a ‘trial’ period that generally lasted a year, during which time they were given the opportunity to demonstrate their expertise in photography. Later on, because the group’s activities were becoming increasingly demanding, it was decided that space should be made not only for those wishing to show what good photographers they were, but also to those willing to take some responsibility for managing the group’s affairs as a whole, and who proved in various ways that they were able to take an active part in its collective development and growth. On this topic, Romagnosi said: “Back 25

in luce le loro capacità in ambito fotografico. Da questo momento il gruppo, le cui attività diventano sempre più importanti e impegnative, decide di dar spazio non tanto, o meglio non solo, a quanti dimostrano capacità fotografiche, ma a chi manifesta la volontà di farsi carico e prendersi cura del gruppo stesso, a chi si dimostra in vari modi di essere parte attiva nei processi di sviluppo e crescita collettiva. A tal proposito Romagnosi afferma: “Allora cercavamo i fotografi, anzi le loro fotografie. Poi abbiamo capito che questo non era sufficiente; di fotografi bravi in giro ce ne sono molti, ma pochi sono quelli che dimostrano di avere l’umiltà, e allo stesso tempo la grandezza, di saper superare il proprio individualismo.

Oggi quindi Mignon accoglie chi sa accogliere Mignon, Giampaolo Romagnosi CORREZZOLA 2001 chi si fa carico di un progetto che è in tutto e per tutto Walter e Naomi Rosenblum collettivo. L’importanza del nostro gruppo è questa.

Se Mignon è diventato quello che è, lo dobbiamo a chi ha capito tutto questo”.

Nel 2002 il lavoro del collettivo Mignon viene ospitato al terzo Salone della Fotografia di Venezia dal titolo “Venezia Immagine” e a “Fotopadova 2002”, mentre prosegue l’esperienza di “Labirinti di luce” con la mostra “Guardiani dei sogni”, dedicata al mondo dell’infanzia, replicata a Padova al “Miroir de la musique” e a Cadoneghe.

Nel 2003 si conclude l’esperienza di “Labirinti di luce” con, tra le altre iniziative, una mostra personale del fotogiornalista Franco Zecchin. Di questa collaborazione ricordano: “Franco, assieme a Letizia Battaglia, ha documentato l’inasprimento della lotta tra lo Stato e la mafia in Sicilia, vivendo a stretto contatto con la morte. Quell’anno però non ha voluto esporre quelle foto perché, ci disse, non aveva fatto solo quel tipo di fotografie. Ci propose quindi ‘Nomadi’, una bellissima mostra sul rapporto che le società non stanziali intrattengono con l’ambiente”.

Sulla scia di questi nuovi traguardi il gruppo matura l’intenzione di realizzare un lavoro fotografico su New York. Per questi fotografi, cresciuti sull’esempio dei grandi maestri americani, osservati sui libri o conosciuti personalmente, è troppo forte la tentazione di ricalcare le stesse strade percorse negli anni ’30, ’40 e ’50 da fotografi del calibro di Walter Rosenblum, Paul Strand, Eugene Smith e molti altri.

L’occasione è anche quella di coltivare il rapporto di amicizia con il loro Maestro americano, continua fonte di ispirazione e conoscenza. “Quando andammo a trovare Rosenblum a New York nel 2002, io, Giampaolo e Mauro” racconta Fasolo “scendemmo dall’aereo con l’impulso irrefrenabile di correre immediatamente lungo le strade di Brooklyn e Manhattan con le nostre macchine fotografiche in mano. Ma Walter ci bacchettò dicendoci di andare invece nei musei d’arte.

Insieme visitammo il Metropolitan, e lui ci fece praticamente da guida. Poi ci sollecitò affinché dedicassimo il nostro tempo alla creazione di contatti e conoscenze. Lo facemmo però molto poco, perché non riuscimmo a resistere alla tentazione di dedicarci a fotografare la città e i suoi abitanti.

Quando più tardi vide le foto di New York, comunque, lodò il lavoro che avevamo fatto”.

L’importanza di conoscere tutta la storia artistica e figurativa, e non solo quella strettamente fotografica, era uno degli argomenti che il Maestro trattava più spesso, e che aveva a sua volta tratto dagli insegnamenti di Strand. In un incontro del 7 ottobre 2001 esorta i Mignon con queste parole: “Passate il vostro tempo libero nei musei … fin dall’inizio la pittura ha riempito superfici bidimensionali in un modo dal quale potete imparare … voi dovete allargare la visione della vita, dovete andare a vedere fotografie, dovete andare a vedere mostre, a vedere musei ... Velasquez, Cézanne, Goya, Picasso e molti altri hanno tanto da insegnarci”.

Negli anni a seguire, furono molti gli incontri tra Rosenblum ed il gruppo. “Imparammo, tra le altre cose, a proporci esclusivamente in termini positivi e propositivi, ad entrare dentro le cose della vita osservando il mondo con la macchina fotografica. Ci insegnò a pretendere sempre il massimo da noi stessi, oltre ad avere sempre un grande rispetto nei confronti delle persone ritratte. Ogni incontro era una lezione, un insegnamento, una immersione completa nella storia della fotografia attraverso i suoi ricordi. Ci raccontò l’esperienza alla Photo League; fu lì che imparò i primi rudimenti della fotografia. Ebbe la fortuna di incontrare Lewis Hine il quale, con l’amicizia e l’esempio, gli insegnò 26

then, we were looking for photographers - or rather for their photographs. But later we realized this wasn’t enough. There were plenty of good photographers around, but not many of them had that mix of humility and greatness needed to enable them to overcome their own individualism.

So nowadays Mignon only accepts people prepared to join in a project that is always strictly collective. The important thing about our group is precisely this and if Mignon has become what it has, it is thanks to those who understood all this”.

In 2002 the Mignon group’s work was on show at the Salone della Fotografia in Venice entitled “Venezia Immagine”, and at “Fotopadova 2002”. Meanwhile, the group continued with its “Labirinti di luce” experience with an exhibition entitled “Guardiani dei sogni” (Dream defenders) dedicated to the world of childhood, which was repeated in Padua at the “Miroir de la musique”, and also in Cadoneghe.

The year 2003 saw the conclusion of the “Labirinti di luce” experience with, among other schemes, a personal exhibition of work by the photojournalist, Franco Zecchin. On this cooperation, the group recalls: “Together with Letizia Battaglia, Franco documented the growing tension in the battle between the State and the Mafia in Sicily, coming into close contact with death. But he didn’t want to show those particular photographs that year because he said that was not the only type of photography he had been doing. So he suggested ‘Nomadi’ (Nomads), a wonderful exhibition on the relationship between nomadic societies and the environment”.

In the wake of these new achievements, the group also decided to embark on a photographic trip to New York. For these photographers, who grew up treading in the footsteps of the great American masters, as studied in books or known personally, the temptation to walk the same streets where photographers of the caliber of Walter Rosenblum, Paul Strand, Eugene Smith, and many others had gone in the 1930s, 40s and 50s was very strong.

The trip was also an opportunity to nurture their friendship with their American master, who was a continual source of inspiration and knowledge. As Fasolo explains, “When we went to visit Rosenblum in New York in 2002, Giampaolo, Mauro and I stepped out of the plane with a tremendous urge to run straight down the streets of Brooklyn and Manhattan with our cameras at the ready. But Walter was quick to call us to order and he told us to go to the art museums instead. We visited the Metropolitan together, and he practically acted as our guide. Then he urged us to spend our time finding contacts and meeting people. But we did very little of that because we could not resist the temptation to spend our time taking photographs of the city and its inhabitants. When he saw our photos of New York afterwards, Walter praised us nonetheless for the work we had done”.

The importance of knowing the whole artistic and figurative story, not only the strictly photographic one, was one of the topics that Rosenblum returned to most frequently. It was a lesson that he himself had learned from Strand. At a meeting on 7 October 2001, he said to the Mignon group: “Spend your spare time in the museums… Ever since the beginning, painting has filled two-dimensional surfaces in a way that you can learn from… You need to broaden your view of life, you must go and look at photographs, go to exhibitions, to museums… Velasquez, Cézanne, Goya, Picasso and many others have so much to teach us”.

In the years that followed, there were many more meetings between Rosenblum and the Mignon group.

“Among other things, we learned to present ourselves exclusively in positive and proactive terms, go right to the heart of things in life, observe the world with our camera. Walter taught us to always demand the utmost of ourselves, and to always have great respect for the people in our portraits. Every meeting was a lesson, a training session, a full immersion in the history of photography through his memories. He told us of his experience at the Photo League, Ferdinando Fasolo VALLADOLID 2001 where he learned the first rudiments Walter e Nina Rosenblum 27

che le cose importanti sono soggetto e contenuti. Ma soprattutto ci parlò del suo incontro con Paul Strand, con il quale nacque un rapporto molto profondo di amicizia e insegnamento. ‘Strand’, ci raccontava, ‘mi ha dimostrato come un semplicissimo foglio di carta fotografica può diventare vivo ed esprimere ciò che si esprime con le parole, perché la fotografia è un linguaggio che non ha bisogno di traduzione. Strand era un perfezionista, i suoi soggetti erano le persone, come vivevano, cosa facevano. Cercava fortemente di fare arte. Da lui ho imparato: che qualsiasi cosa nel mondo può essere fotografata se significa qualcosa per il fotografo; che i soggetti fotografici sono inesauribili, se li si vuole trovare; che la bellezza può essere in Giorgio Pandolfo VENEZIA 2008 uno scarafaggio, oppure nel viso di qualcuno che noi amiamo. Egli mi ha insegnato che la fotografia deve sempre essere trattata con rispetto e deve essere degna di qualsiasi sforzo’. Queste parole non le dimenticheremo mai”.

L’occasione di presentare al pubblico l’indagine su New York, dal titolo “New York People”, arriva nel 2003, quando il gruppo avvia una proficua collaborazione con il Museo di Villa Breda a Ponte di Brenta, Padova. La mostra fu il frutto di un lavoro corale: “Interagimmo tutti assieme nella scelta delle foto, nell’impaginazione del libro e nel progetto dell’allestimento della mostra, anche se solo alcuni del gruppo avevano realizzato fotografie di New York. Anche quando tutti lavorano ad un progetto, le foto vengono scelte per qualità - e non per ‘autore’ - nella logica di realizzare il miglior ‘racconto’ complessivo. Un modo di agire, questo, in cui crediamo molto. Perché ciò che conta è solo il risultato finale, non il compiacimento e la vanità di chi vuole vedere comparire a tutti i costi il suo nome …”.

Così Pippo Pappalardo, nel suo articolo “New York People: un omaggio che è un manifesto”, apparso su “Nuovo Notiziario Fotografico A.N.A.F.” 1/2005, descrive questo lavoro: “Dobbiamo riconoscere che le mostre come ‘New York People’ ed i libri-catalogo come quelli realizzati dal formidabile ensemble Mignon dissipano radicalmente le ombre ed i dubbi che da tempo addossiamo sui giorni futuri della fotografia. L’esperienza di questo gruppo, l’entusiasmo del loro programma e della loro proposta … confermano che la fotografia, quella sana, sincera, onesta e motivata, quella che insomma amiamo, è ancora viva e vegeta. La fotografia Mignon si stacca, infatti, risolutamente dalla tanta ripetitività, più che mediocrità, che c’è in giro ed autorevolmente si propone all’attenzione nazionale ed internazionale spiegando con chiarezza le ragioni del proprio fotografare … Questi fotografi lo fanno legandosi ad una tradizione storica e tecnica che si rivela non solo adeguata ai loro intenti ma anche opportunamente vitale per frugare tra i giorni nostri e lungo le nostre strade … Ebbene, la metropoli americana nelle immagini del gruppo rispecchia il loro manifesto estetico … un uomo investigato e rispettato insieme al suo ambiente, sorpreso, raccolto e consegnato, e quindi comunicato, ad altri occhi perché ogni singola fotografia altro non è che un legame …”.

Per la mostra “New York People” Francesco Lopergolo realizza una multivisione che nel 2004 vince il primo premio al Festival Nazionale di Misterbianco. Scrivono Giacomo Adamo e Pippo Pappalardo su “Nuovo Notiziario Fotografico A.N.A.F.” 1/2005: “Straordinaria ricognizione fotografica della città di New York e della gente, del popolo, che vi abita … In un bianconero che ci riporta ai maestri della fotografia statunitense scorrono in affettuosa sequenza ritratti di volti ed ambienti sui quali rimbalzano i grandi nomi del passato. A volte sembra di intravedere, tra una dissolvenza e l’altra, testuali citazioni di Strand, di Evans, di Abbott ma soprattutto di Frank, di Klein, di Friedlander e di Rosenblum”. Una selezione delle opere viene anche presentata alla “Galleria dell’Arco” di Santa Margherita Ligure e su “Gente di Fotografia”.

Dopo il successo della mostra, il curatore del Museo di Villa Breda propone al gruppo di organizzare una nuova serie di esposizioni. Rosenblum, nel contempo, li sollecita affinché ognuno realizzi una propria mostra monografica; vengono così avviate una serie di esposizioni dedicate all’opera di ogni autore, corredate dai relativi fotolibri della collana “Mignon Photographers”.

La prima esposizione viene affidata all’opera di Fasolo, che la ricorda con queste parole: “era la mia prima mostra personale di una certa importanza, avrei esposto ottanta fotografie. Ma l’entusiasmo 28

of photography. He had the good fortune to meet Lewis Hine who taught him, with his friendly example, that the things that count are the subject matter and the content. But he talked especially about meeting Paul Strand, and the pair had developed a very profound and edifying friendship. He said, ‘Strand showed me how a very simple sheet of photographic paper can come alive and be just as expressive as words, because photography is a language that does not need translating. Strand was a perfectionist, his subjects were people, how they lived, and what they did. He made every effort to produce art. I learnt from him that anything in the world can be photographed if it means something to the photographer, that a photographer’s subjects are inexhaustible if only we wish to find them, that there can be beauty in a beetle or in the face of someone we love. He taught me that a photograph must always be treated with respect and it must be worth our every effort’. These are words that we shall never forget”.

The opportunity to present the group’s work on New York (entitled “New York People”) to the public arrived in 2003, when Mignon established a profitable cooperation with the Villa Breda museum in Ponte di Brenta, Padua. This exhibition was the outcome of a strictly choral effort: “We all worked together to choose the photographs, decide the layout of the book, and arrange the photographs in the exhibition space, even though only some of the group’s members had taken photographs in New York. When everyone worked on a project, the photographs were chosen for their quality and not by their “author”, the object being to tell the best story as a whole. This is an approach that we strongly believe in because what counts is only the end result, not the personal satisfaction and vanity of someone seeing their name appear at all costs…”.

In his article “New York People: un omaggio che è un manifesto”, which appeared in the “Nuovo Notiziario Fotografico A.N.A.F.” 1/2005, Pippo Pappalardo wrote: “We have to acknowledge that exhibitions like ‘New York People’ and photography books and catalogues like those produced by the formidable Mignon team radically dissipate all the doubts that we have sometimes had about the future of photography. This group’s experience, their enthusiasm for their program and their proposal … confirm that photography - that healthy, sincere, honest and motivated part of it that we love so much is still very much alive. The Mignon group’s photography resolutely stands apart from all the repetitive, rather than mediocre work we see all around us. It is authoritative in proposing its work to the national and international public’s attention, clearly explaining the reasons why the group takes photographs … These photographers do so with a shared link to a historical and technical tradition that has proved not only adequate for their purposes, but also vital enough to rummage around in our times and along our streets … The American metropolis captured in the photos taken by the group reflects their aesthetic manifesto: human beings are studied and respected, together with their environment, surprised, captured and placed before our eyes, communicated to us, because every single photograph is none other than the expression of a link …”.

For the “New York People” exhibition, Francesco Lopergolo prepared a multivision that won first prize at the Festival Nazionale di Misterbianco in 2004. As Giacomo Adamo and Pippo Pappalardo wrote in the “Nuovo Notiziario Fotografico A.N.A.F.” 1/2005: “An extraordinary photographic reconnaissance of the city of New York and the people that populate its streets … in a black and white that brings to mind the masters of North American photography; our eyes glide affectionately over a sequence of pictures of faces and places reflecting the great names of the past. As the pictures fade and return, we sometimes seem to glimpse textual quotations from Strand, Evans, Abbott, but especially from Frank, Klein, Friedlander and Rosenblum”. A selection of the works was also presented at the “Galleria dell’Arco” in Santa Margherita Ligure and in “Gente di Fotografia”.

Given the success of the exhibition, the curator of the Villa Breda museum suggested that the group organize a new series of exhibitions. Meanwhile, Rosenblum had said that each of the group’s members should prepare their own monographic Ferdinando Fasolo NEW YORK 2002 exhibitions, and that is how a series of personal 29

Giorgio Pandolfo PADOVA 2004 Ferdinando Fasolo Naomi Rosenblum Mauro Minotto Marco Turetta Walter Rosenblum Giampaolo Romagnosi Angelo Tassitano

30

che proprio Walter Rosenblum ha mostrato nei miei confronti è stato qualcosa di davvero speciale, che mi fece superare qualsiasi imbarazzo o insicurezza. Lavorai e lavorammo intensamente, perché ci impegnammo in più fronti; la scelta delle foto, la stampa delle immagini e del libro, l’allestimento della mostra al museo, i contatti a distanza con Walter, che mi fece l’onore di scrivere la presentazione del catalogo”.

Il racconto prosegue entrando nei dettagli delle modalità di lavoro del gruppo che, come accennato, non sono mai mutate e prevedono la partecipazione di tutti nella scelta delle foto e nell’organizzazione dell’esposizione, anche quando riguarda l’opera di un solo autore. “Ci trovammo a casa di Giampaolo. Nel frattempo io avevo stampato una bozza delle foto, circa duecento, e le mettemmo sparse sul pavimento. Così, togliendo, discutendo, spostando, rimettendo, accoppiando, aggiungendo, ritogliendo, ridiscutendo … arrivammo alle fatidiche ottanta fotografie. In seguito inviai una bozza della sequenza a Walter e mi chiusi in camera oscura”.

Proprio riguardo l’importanza del lavoro in camera oscura il loro Maestro, in una registrazione del 21 dicembre 2001, fornisce una lezione esemplare descrivendo il magico momento della stampa.

“Nella camera oscura, noi entriamo in un mondo nuovo e ci muoviamo tra mito e realtà, creando qualche cosa che esisteva prima al di fuori della nostra immaginazione. Questa è la vera sfida che il fotografo affronta. Il negativo che noi stampiamo comincia una lotta creativa. Per il fotografo serio, la sfida è infinitamente affascinante. Nella mia filosofia, esistono certe regole che noi dobbiamo seguire nella camera oscura. Innanzitutto, nello stampare, si deve sempre esaurire ogni possibilità per produrre una stampa eccellente. È vietato dire ‘Oh, è abbastanza buono’. Solamente il meglio è ‘abbastanza buono’. La mia sperimentazione è sempre fatta visivamente facendo continuamente stampe, mentre verifico una varietà di carta per vedere quale risulterà migliore a seconda della circostanza. Non si deve mai pensare al costo della carta per stampare. Si deve stampare come se qualcun’altro stesse pagando i conti. Non c’è limitazione di tempo. Se una settimana più tardi sento che posso fare meglio, semplicemente ritorno nella camera oscura. La fase della stampa è vitale nel processo creativo in quanto è attraverso la stampa che il fotografo comunica idee e sentimenti.

Qualsiasi principiante può imparare i rudimenti della stampa in bianco e nero in una sessione da tre ore. Quella che richiede anni per essere raggiunta è l’abilità di stampare creativamente. Il problema che fronteggia il fotografo nella camera oscura è che deve tradurre un complesso e visualmente affascinante mondo tridimensionale di grande varietà di tonalità, in un’immagine bidimensionale in bianco e nero che apparirà su di un pezzo di carta che contiene una scala limitata di toni di grigio.

Questa non è una cosa facile da realizzare”.

Sempre riguardo alla stampa delle sue foto per la mostra, Fasolo racconta: “Cominciai a stampare le ottanta fotografie. Prima di iniziare una stampa, riflettevo su quanto esporre la carta o di quanti secondi ‘mascherare’ o ‘bruciare’ una parte della foto. Spesso mi veniva in mente Umicini e davanti ad un negativo difficile mi dicevo: ‘Come avrebbe stampato questo negativo?’ Cercavo allora di ricordarmi tutte le cose che mi aveva detto quando mi permetteva di entrare nella sua camera oscura.

Stampare quelle foto fu un momento bellissimo ma estenuante; alcune venivano perfettamente al primo tentativo, altre nemmeno al secondo ... alla fine, in una settimana le stampai tutte. È proprio vero che l’allenamento e la perseveranza fanno diventare esperti perché, chiudendomi tutto quel tempo in camera oscura, imparai a leggere il negativo; spesso indovinavo i tempi o ‘mascheravo’ e ‘bruciavo’ senza fare i provini. Mi servì molto anche meditare sulle mie fotografie, a reinterpretarle, a scegliere il contrasto che ogni foto richiedeva per valorizzarla al meglio, a togliere un piccolo

exhibitions dedicated to the work of each author was begun, also prompting the photography books that form the “Mignon Photographers” series.

The first exhibition was dedicated to works by Fasolo, who remembers the time with these words: “It was my first personal exhibition of some importance, and I was to exhibit eighty photographs.

The enthusiasm that Walter Rosenblum in person showed for my work was really special, and helped me to overcome any embarrassment or uncertainty. I worked, and we all worked together, very hard because we were busy on several fronts: choosing the photos, printing the images and the book, preparing the exhibition at the museum, and keeping contact with Walter in the States, who did me the honor of writing the introduction to the book”.

Fasolo went on to explain more in detail how the group worked. As mentioned earlier, its approach has never changed, which always meant that everyone was involved in choosing the photographs and organizing an exhibition, even if it concerned the work of only one author. “We would meet at Giampaolo’s house. I had already printed draft copies of the photos, approximately 200 in all, and we laid them out all over the floor. Then, by removing, discussing, moving, putting back, pairing, adding, removing again, discussing again… we decided on the 80 photos we needed. Afterwards I sent a draft of the sequence to Walter, then I locked myself in my dark room.”

The importance of the work done in the dark room was something that Rosenblum had taught them during a wonderful lesson when he described the magical moment of printing in a recording of 21 December 2001. “Inside the darkroom, we enter a new world, moving between myth and reality, creating something that first existed beyond our imagination. This is the real challenge that a photographer must face. The negative that we print begins with a creative challenge. For the serious photographer, this challenge is infinitely fascinating. In my view, there are certain rules that we have to obey in the dark room. First of all, when we are printing, we must always exhaust every possibility to produce an excellent print. We must never say, ‘ok, that’ll do’. Only the best is good enough. My experimenting is always done visually, constantly making prints, and testing various types of paper to see which one works best, depending on the circumstances. We must never think about the cost of the printing paper. We must print as if someone else were paying the bill. There can be no time limit.

If a week later I feel that I can do better, I simply go back to the dark room. The printing phase is vital to the creative process because it is through the print that the photographer communicates ideas and feelings. Any beginner can learn the rudiments of printing in black and white in a three-hour session. What takes years to achieve is the ability to print creatively. The problem photographers face in the dark room is that they must translate a complex, visually fascinating, three-dimensional world with a great variety of tones into a two-dimensional, black and white image that will appear on a piece of paper that contains a limited grayscale. This is by no means easy to achieve.”

Still on the topic of printing his photographs for the exhibition, Fasolo recalls: “I began to print the eighty photographs. Before starting a print, I thought about how long to expose the paper or for how many seconds I should ‘mask’ or ‘burn’ a part of the photo. I often thought of Umicini and, when faced with a difficult negative, I would wonder how he would have printed it. Then I tried to remember all the things that he had told me when he allowed me to go into his dark room. Printing those photos was a wonderful but very tiring time. Some came out perfectly at the first attempt, others not even at the second… But in the end I had them all printed within a week. It was definitely true that training and perseverance makes people expert because, by shutting myself in the dark room for all that time, I learned how to interpret the negatives. I could often guess the timing or do the masking or burning without any trial runs. It was also very useful for me to meditate on my photographs, reinterpret them, choose the contrast that each of them needed to make the best of them, or remove some small detail that might distract the observer. Cartier-Bresson was a master of framing. He did it perfectly already at the time of taking the photograph. That is what I try to do too, but if I fail (because there is an obstacle, something gets in the way), then I do it in the dark room.

This is not a matter of modifying the picture, but of reinterpreting and improving it. What counts is the end result and what the photo can express: anything that interferes should be cropped. It is a case of striving only for the best, in this aspect too. In the end, seeing one of my photos emerge from the revealer just as I had imagined and wanted it is an extraordinary, magical moment!”.

Fasolo’s exhibition was edited and presented by the Rosenblums, who were the group’s guests in Padua for a week. “They were very demanding. The day before they arrived, we had already spent a whole afternoon putting the photographs up on the museum walls. As soon as they arrived from New York, they wanted to see everything we had planned immediately. We took them to meet 31

particolare che disturbava lo sguardo. Cartier-Bresson è stato un maestro di inquadratura, lo faceva perfettamente già in fase di ripresa; è quello che cerco di fare anch’io, ma se non ci riesco, perché c’è un ostacolo o perché qualcosa si inserisce sulla mia traiettoria, allora lo faccio in camera oscura.

Non si tratta di ‘modificare’ lo scatto, ma di reinterpretarlo, migliorarlo. Ciò che conta è il risultato e quello che la foto trasmette: quello che disturba va tolto. E’ cercare, anche in questo, solo il meglio.

Alla fine, vedere emergere dal rivelatore una mia foto come l’avevo pensata e voluta era, ed è, un momento straordinario, magico!”.

La mostra di Fasolo viene curata e presentata dai coniugi Rosenblum, ospiti del gruppo a Padova per una settimana. “Erano molto esigenti. Il giorno prima del loro arrivo, avevamo già appeso le foto alle pareti del museo impiegando un pomeriggio intero e loro, appena arrivati da New York, vollero subito vedere tutto quello che avevamo progettato. Li portammo così a conoscere il tipografo e a vedere le prove di stampa del libro. Poi, ovviamente, andammo al museo per scegliere la sala dove Naomi avrebbe tenuto la conferenza inaugurale. Entrarono nel museo e, invece della sala, vollero vedere come avevamo allestito le foto. Il risultato fu che ce le fecero togliere tutte, perché secondo loro il lavoro si poteva migliorare. Ci mettemmo al loro servizio come piccoli scolaretti e devo dire che la mostra cambiò completamente. Posizionammo le luci e le foto seguendo le loro indicazioni.

L’esposizione acquistò maggiore respiro e divenne più scorrevole e armoniosa. Loro, i Rosenblum, erano di un altro livello; ma noi eravamo felicissimi, nonostante il fatto che lavorammo fino a notte fonda per sistemare la mostra, perché fu di grande insegnamento”.

“Io in verità feci poco in quei giorni” interviene Fasolo “ero il loro protetto. Walter mi disse a tal proposito: ‘Tu la tua fatica l’hai già fatta, hai scattato le fotografie e le hai stampate, adesso tocca a noi lavorare, tu non ti devi preoccupare di niente’. Fantastico! Il giorno dell’inaugurazione fu memorabile; venne tantissima gente, Naomi tenne una lezione dal titolo ‘Documentazione sociale e fotografia di strada’ mentre Walter, successivamente, presentò la mostra e due giorni dopo tenne una conferenza su Paul Strand”.

Nel 2005, alla mostra di Fasolo a Villa Breda seguono la personale di Minotto e quella di Romagnosi, con i rispettivi cataloghi della serie “Mignon Photographers”, presentati rispettivamente da Naomi Rosenblum e Angelo Maggi. E’ in questa occasione, infatti, che lo storico e professore di fotografia dello IUAV avvia con il gruppo un rapporto di amicizia e collaborazione che dura ancora oggi.

Del lavoro di Romagnosi, Pippo Pappalardo scrive sul numero 2 del 2006 del “Nuovo Notiziario Fotografico A.N.A.F.”: “… tra l’opera fotografica di Romagnosi e le sue letture, c’è una forte e stretta correlazione, che nasce proprio dalle immagini riviste e meditate, e cresce, memore del confronto, con l’esperienza visiva dei suoi occhi e del suo tempo fotografico … un progetto visivo, quasi una scelta esistenziale, quasi la risoluzione di ciò che si vuole vedere perché quello che vediamo con consapevolezza è proprio la risposta che abbiamo cercato e che ora diamo agli altri, affinché, insieme, si rifletta sullo stato delle cose; lontano, quindi da ogni cervelloticità, ma vicino alla ricerca chiara e sincera di una motivazione a sostegno della nostra necessità di fotografare”.

L’anno seguente, nonostante fossero in programma altre mostre, una per ogni componente del gruppo, il ciclo di esposizioni a Villa Breda si conclude prematuramente e inaspettatamente.

L’ultima mostra è dedicata al lavoro fotografico di Tassitano, viene presentata da Italo Zannier e il relativo libro contiene la prefazione di Angelo Maggi. Italo Zannier sintetizza con queste parole, sulle pagine del numero di agosto 2006 di “Goya”, l’opera del gruppo “Mignon … propone un’idea di fotografia come fenomeno comunicativo per rivalutare oggetti ed esperienze della quotidianità attraverso la ripresa e la stampa in bianco e nero”, mentre Pippo Pappalardo afferma in “Nuovo Notiziario Fotografico A.N.A.F.” 3/2006, “Devo confessare che da quando seguo con attenzione l’attività fotografica del gruppo padovano, ho iniziato a togliermi qualche gramaglia (abito da lutto) indossata man mano che andavo annotando gli annunzi mortuari sulla fotografia, a seguito di certe sue evoluzioni contemporanee (e non mi riferisco, ovviamente, solo a quelle di natura tecnica). In effetti, l’immagine fotografica, stretta com’è tra cinema, pittura, televisione e, ancor più, distratta e disturbata dai tanti usi e sfruttamenti della sua funzione … soffre e stenta a venir fuori con un suo assolo, con una sua nota forte … Ci viene da dire che, forse, l’immagine è satura: i suoi primitivi significati, da quelli contenuti nel suo etimo a quelli filosoficamente sviluppatisi, o a quelli scientificamente redatti, fino agli attuali contesti sociologici ed estetici, sono stati tutti sfruttati. Altra è ormai l’attenzione con la quale l’immagine si cimenta, e purtroppo è quella presente in contesti nei quali essa viene 32

our printer and see the draft of the photography book. Then we naturally went to the museum to choose the lecture hall where Naomi would hold the opening conference. When they entered the museum, instead of the hall, they wanted to see how we had prepared the photographs. The result was that they made us remove them all because in their view the job could have been done better. We placed ourselves obediently at their disposal, like schoolchildren, and I have to say the exhibition changed completely. We repositioned the lighting on the photographs according to their instructions. The exhibition gained in breadth and became more readable and harmonious.

The Rosenblum’s were on another level. But we were delighted, despite the fact that we had to work late into the night to sort out the exhibition, because it was a great lesson learned.”

“To tell the truth, I did very little in those days,” Fasolo explains, “I was their protégé. On this matter, Walter told me: ‘You have already done your part. You have taken the photographs and you have printed them. Now it is up to us to do some work. You have nothing to worry about. Fantastic! The day the exhibition opened was memorable: so many people came. Naomi gave a lecture on ‘Social documentation and street photography’, then Walter presented the exhibition, and two days later he held a conference on Paul Strand”.

In 2005, Fasolo’s exhibition in Villa Breda was followed by two other personal collections of Minotto’s and Romagnosi’s photographs, with their respective books joining the “Mignon Photographers” series. The two exhibitions were introduced by Naomi Rosenblum and Angelo Maggi, respectively.

It was on this occasion that Maggi, historian and professor of photography at Venice University, embarked on a friendly cooperative relationship with the group that continues to this day.

In issue No. 2 (2006) of the “Nuovo Notiziario Fotografico A.N.A.F.” Pippo Pappalardo said of Romagnosi’s work: “… There is a strong, close correlation between Romagnosi’s photographic work and his readings that stems from the pictures that he studied and analyzed, and it grows, echoing the comparison, with the visual experience of his eyes and with his photographic times… a visual project, almost an existential choice, almost a resolution about what we want to see, because what we see with awareness is exactly the response that we were seeking, and that we now offer to others so that, together, it can be reflected in the state of things; far removed from any fanciful reasoning, and very close to a clear, genuine search for a motive to explain our need to take photographs”.

Further exhibitions were in the pipeline, one for each member of the group, but the next year the cycle at Villa Breda came to a premature and unexpected end. The last exhibition was dedicated to Tassitano’s work and was presented by Italo Zannier, with a preface by Angelo Maggi in the corresponding book. On the pages of the August (20069 issue of “Goya”, Italo Zannier summed up the group’s work with these words: “Mignon … offers an idea of photography as a means of communication for reconsidering objects and experiences of daily life through the photos they take and print in black and white”. In “Nuovo Notiziario Fotografico A.N.A.F.” 3/2006, Pippo Pappalardo said: “I have to confess that, since I have been carefully watching the photographic activities of the group in Padua, I have begun to shed some of the mourning garb I had begun to wear as I witnessed the gradual decline and fall of photography in recent years as a result of certain contemporary evolutions (and I obviously refer not only to those of a technical nature). In practice, the photograph, squeezed between cinema, painting and television, and – worse still - distracted and disturbed by so many uses and exploitations of its function… has suffered and found it difficult to emerge and stand alone, with its strong connotations… We might be tempted to say that the image is saturated: its fundamental meanings, from those contained in its etymological origins to those developing philosophically thereafter, or those generated scientifically, right up to its present-day sociological and aesthetic leanings, have all been thoroughly exploited. Nowadays, the image is seen in other settings and it is unfortunately now applied in contexts where it is instrumentalized, exploited and abandoned… and Giampaolo Romagnosi PADOVA 2005 yet, slowly but surely, the Mignon photographers Giovanni Umicini con Studenti IUAV 33

strumentalizzata, usata, sfruttata e abbandonata ... Ed invece, piano piano, forte forte, i fotografi Mignon, vanno dicendo che le cose non stanno proprio così, e vengono fuori con proposte sincere, interessanti, meditate ed innestate nel grande tronco della storia della fotografia …”.

Contemporaneamente il gruppo intraprende, su incarico del Centro Studi Ettore Luccini, un lavoro di documentazione sulla ormai dismessa fabbrica “Galileo” di Marghera, che si conclude con una mostra dal titolo “Galileo, tracce di una presenza”. Inoltre, Fasolo propone ad Asolo, nell’ambito del Festival “Fantadia”, e a Galluzzo al Palazzo Podestà, la mostra “Fotografia di Strada”.

Oltre alle attività che il gruppo organizza direttamente, prosegue l’opera di diffusione attraverso molte pubblicazioni sulle principali riviste di settore. In particolare, su “Foto Dossier” numero 3 del 2005, con un articolo dal titolo “Una ricerca sociale come omaggio al soggetto. Una riflessione sulle fotografie del Gruppo Mignon”, Bruna Donatelli scrive del loro lavoro: “Più che della denominazione di un sodalizio, Mignon è il punto di convergenza di un modo di intendere la fotografia …

A nostra memoria è difficile imbatterci in una simile esperienza, almeno nella realtà italiana, nella quale il valore aggiunto del potenziale espressivo e comunicativo della fotografia vissuto in ambito collettivo abbia prodotto risultati analoghi. Soprattutto se si considera che il Gruppo Mignon accetta e mette in atto la diversità progettuale dei singoli autori … Parlare di un prodotto che sul piano della qualità dell’immagine, per forma e contenuti, si trasforma in un’economia visiva che lambisce uno sguardo documentario, proprio della fotografia sociale, è senz’altro rispondente allo spirito e alla lettera dell’opera che caratterizzano nel suo complesso questo sodalizio. In altri termini Mignon, pur vivendo pienamente il presente per modernità di linguaggio, per altri positivi versi attinge una parte essenziale delle sue risorse dal passato, facendole proprie e dando così continuità ad una tradizione colta e qualificata”.

Parallelamente si rafforza l’amicizia con il loro amico e Maestro americano. Impossibile riportare in modo esaustivo il contenuto di tutti i nastri registrati e tradotti nel corso di decine di incontri, o delle lettere ed e-mail che hanno riempito il vuoto tra un incontro ed il successivo. Altrettanto vana è ogni presunzione di poter rendere in queste righe la profondità ed il calore con i quali Rosenblum li ha consigliati, aiutati, sostenuti.

Tra le mille iniziative e proposte per il gruppo, Rosenblum si offre anche per promuovere il loro lavoro fotografico al di fuori dei confini nazionali, per organizzare esposizioni che possano portarlo agli occhi di un pubblico internazionale. Propone le loro fotografie ad importanti galleristi e collezionisti. In una lettera dell’11 giugno 2003, indirizzata a Fasolo, scrive: “… far parte di Mignon mi fa sentire un giovanotto. Siamo così tanto amici che la vostra presenza mi infonde forza e coraggio. Mi sento in debito con voi. Ho sempre la sensazione di ricevere più di quanto io possa dare … Mi occupo di fotografia da sessant’anni e credo di poter dire che tu sei uno dei talenti più promettenti che abbia mai incontrato ... Con un talento come il tuo hai il mondo da scoprire. Non demordere e abbi pazienza”.

“Walter era entusiasta del nostro gruppo” raccontano i Mignon “e del messaggio che tuttora portiamo avanti: una ricerca finalizzata ad indagare l’uomo nel suo ambiente e nel vivere quotidiano.

Ci stimava anche perché eravamo sempre al lavoro con nuovi progetti di mostre e libri, e lo facevamo autonomamente senza il consenso che altri cercano o si aspettano. Un giorno gli chiedemmo come mai si era appassionato così tanto a noi e lui ci rispose che si rivedeva da giovane, alla Photo League, dove tutti collaboravano per portare avanti un progetto comune. Diceva, anche, che noi avevamo quello che oramai negli Stati Uniti era scomparso: ‘in America la fotografia è diventata una questione di business’ affermava ‘esistono le università e uno può scegliere se diventare un fotoreporter e fare la fame o un fotografo di moda ed essere super pagato’. In noi, che facciamo fotografia per passione, aveva invece visto i principi che animarono la Photo League”.

Tuttavia, il grande Maestro non vedrà mai concretizzarsi pienamente il suo ambizioso progetto di internazionalizzazione del gruppo. Il 15 gennaio del 2005 a Seravezza, dove teneva una personale, Walter Rosenblum incontra per l’ultima volta gli amici fotografi padovani; li saluterà pochi giorni prima di spegnersi, nella sua New York, il 23 gennaio 2006.

34

are saying that this is not really the case, and they are coming up with honest, interesting, dedicated proposals grafted onto the great trunk of the historical tree of photography …”.

Around this time, the group undertook to document the now abandoned “Galileo” factory in Marghera at the request of the Centro Studi Ettore Luccini, and this culminated in an exhibition entitled “Galileo, tracce di una presenza” (Galileo, traces of a presence). Fasolo also offered the “Street Photography” exhibition to the local authorities in Asolo, as part of the “Fantadia” Festival, and to the Galluzzo (Palazzo del Podestà) in Florence.

In addition to activities that the group organized directly, its work continued to be the object of numerous publications in the principal specialist journals of the sector. In issue No. 3 (2005) of “Foto Dossier”, for instance, in an article entitled “A social study to pay tribute to the subject.

A reflection on the Mignon group’s photographs”, Bruna Donatelli wrote: “Rather than the name of an association, Mignon is a point of convergence for a way of interpreting photography… As far as we can recall, it is hard to find other such experiences, on the Italian scene at least, where the added value of the expressive and communicative potential of photography experienced in a collective environment has produced similar results. Especially bearing in mind that the Mignon group accepts and embraces the diversity of approach of its single members … Speaking of a product that in terms of the image’s quality, form and content - is transformed into a documentary-like visual economy, that of social photography, certainly reflects in letter and spirit the work that characterizes this group. In other words, although Mignon lives fully in the present in terms of the modernity of its language, in other, positive aspects it draws an essential part of its resources from the past, makes them its own, and thus lends continuity to a cultured and qualified tradition”.

Meanwhile, the group’s bond with Walter Rosenblum, their friend and inspiration in America was ever stronger. It would be impossible to provide details about all the tape recordings translated after dozens of meetings, of all the letters and e-mails that filled the gap between one meeting and the next. It would likewise be impossible to even attempt to express in these few lines the profoundness and warmth with which Rosenblum continued to advise, help and support the group.

Among the hundreds of schemes and proposals for the group, Rosenblum also offered to promote their photographic work beyond their national boundaries, to organize exhibitions that could bring the group to the attention of an international audience. He showed their photographs to important gallery owners and collectors. In a letter of 11 June 2003, addressed to Fasolo, he wrote: “… Being part of Mignon makes me feel like a young man. We are such good friends that your presence fills me with strength and courage. I feel indebted to you. I always have the impression of receiving more than I can give… I have been involved in photography for 60 years and I think I can say that you are one of the most promising talents I have ever met… With a talent like yours you have a whole world to discover. Do not give up and be patient”. As the Mignon group said: “Walter was enthusiastic about our group and the message that we are still trying to convey: a study focusing on human beings in their environment and daily life. He also appreciated us because we were constantly busy on new projects for exhibitions and books, and we were doing so independently, without the consent that others seek or expect. One day we asked him why he had become so interested in us and he answered that it reminded him of when he was young, at the Photo League, where everybody cooperated to develop a shared project. He also said that we had something that had now disappeared in the United States: ‘in America photography has become a question of business,’ he said. ‘There are universities and you can choose whether to become a photo reporter and go hungry or a fashion photographer and be very well paid’. In us, he saw people who take photographs to feed a passion, the principles that animated the Photo League”.

Their great master was not to see his ambitious project for the Mignon group’s international expansion fully implemented, however. It was on 15 January 2005 in Seravezza, where he was holding a personal exhibition, that Walter Rosenblum met his Paduan photographer friends for the last time; back in his New York, he died on 23 January 2006.

Giorgio Pandolfo SPILINBERGO 2004 Marco Turetta, Walter Rosenblum, Italo Zannier

35

Walter Rosenblum NEW YORK 1938

2006-2012 Quando si riceve molto si sente l’esigenza di restituire.

Mignon e la divulgazione della fotografia.

“Quando si riceve molto in qualche modo si sente l’esigenza di restituire”. Con queste parole Romagnosi introduce il racconto di uno degli aspetti più interessanti di questo gruppo: la voglia di trasmettere agli altri la conoscenza della fotografia, tecnica ma soprattutto storica e culturale. Sembra banale, ma è chiaro a chi ha avuto modo di avvicinarsi alla realtà fotografica e più genericamente artistica, che non è poi così comune che chi ha ottenuto delle importanti conquiste, soprattutto in ambito tecnico, sia disposto a condividerle. Ma questo aspetto, come già detto, è stato alla base della nascita del gruppo e, crediamo, ne è stato la linfa vitale. Rifuggendo ogni genere di chiusura, i Mignon hanno sempre condiviso l’idea che dare sia anche ricevere.

Dal 2006, con un corso tenuto presso il Centro Territoriale Permanente di Padova, e fino ad oggi, i Mignon hanno organizzato decine di corsi e workshop in tutta Italia, per trasferire quanto da loro appreso in molti anni di studio appassionato e frequentazioni importanti. I corsi, tenuti in principio da tutto il gruppo e oggi da Romagnosi e Fasolo in particolare, rivolgono un’attenzione specifica alla Street Photography. Gli argomenti principali sui quali vertono sono la storia della fotografia e dei suoi protagonisti, ma trattano anche di tecnica di ripresa e stampa e, soprattutto, cercano di trasferire la loro idea di fotografia.

I commenti dei partecipanti, raccolti via mail al termine dei corsi, sono quasi sempre dello stesso tenore: “... mi è piaciuto molto questo corso, non solo per le cose che avete detto ma anche per l’atmosfera di amicizia, di passione collettiva, di condivisione che si è creata; non mi era mai capitato di incontrare persone che mi regalassero così tanto in soli tre giorni!”; “ho apprezzato di cuore queste giornate trascorse assieme. Mai avrei immaginato di vivere un’esperienza così incredibile.

Fin’ora ho sempre avuto difficoltà a rapportarmi con efficacia con persone che condividono la stessa passione, o dovrebbero, in quanto ho sempre riscontrato una sorta di ‘egoismo artistico’ che demolisce ogni tentativo di scambio e di crescita efficace. Fortuna che esistono ancora le eccezioni in un mondo a catena di montaggio ... Avete dato prova di un’umanità, una passione e un entusiasmo incredibili e mi avete dimostrato come tutto questo, attraverso l’arte creativa, possa guidare ognuno di noi alla ricerca della propria identità espressiva, evocando il meglio di noi stessi. Ho apprezzato moltissimo l’umiltà e la volontà di mettersi in discussione come chiave per conoscersi, conoscere, crescere e migliorarsi. Siete riusciti a trasmettermi molto di più di quanto incontrato lungo il mio cammino fotografico fin’ora, tra corsi, libri e mostre, al punto da mettere in discussione alcune cose che ritenevo portanti, basilari, e tutto questo grazie alla grande passione dimostrata. Vi ringrazio infinitamente ...”.

Racconta Fasolo: “noi insistiamo non tanto sulle ‘nozioni’, non ci sentiamo di poter insegnare ‘come si fa’, perché in realtà non ci sono ‘ricette’ per diventare un buon fotografo di strada. Raccontiamo il nostro approccio, la nostra esperienza, semplicemente cerchiamo di trasmettere la nostra grande passione per la fotografia. Portiamo ai partecipanti al corso pile di libri da sfogliare e spieghiamo l’importanza di avere una biblioteca di fotografia e visitare mostre. Per quel che riguarda l’attività ‘sul campo’, raccomandiamo di essere molto selettivi, sia in fase di scatto che in fase di scelta delle proprie immagini. Uno degli scogli più difficili da superare per diventare un buon fotografo si affronta infatti nel momento della selezione, perché non è facile acquisire quella maturità nella lettura delle immagini Ferdinando Fasolo TRIESTE 2008 che serve per valutare una foto liberandosi Giovanni Umicini, Giampaolo Romagnosi, Marco Turetta, dai condizionamenti indotti dal fatto di aver Angelo Tassitano, Giorgio Pandolfo 38

2006-2012 A question of give and take.

Mignon and the dissemination of photography.

“When you receive a great deal, you somehow feel the need to give something back”. These are the words that Romagnosi used to introduce his account of one of the Mignon group’s most interesting aspects: its determination to pass on its technical, historical and cultural knowledge of photography.

It may sound trite, but it is clear to anyone who has had a chance to come into contact with the world of photography, and of art generally, that it is unusual to meet people who, having achieved important results (especially in the technical sphere), are willing to share them. But, as mentioned earlier, this was one of the Mignon group’s founding principles and we feel that it has proved to be its lifeblood. Rejecting all forms of closure, the Mignon group has always shared the conviction that it is a matter of give and take.

Since 2006, when it ran a course at the Centro Territoriale Permanente in Padova, up until the present day, the Mignon photographers have organized dozens of courses and workshops all over Italy, disseminating what they have learned in many years of passionate study and significant encounters.

These courses (held in principle by all the group’s members, but particularly by Romagnosi and Fasolo nowadays) focus primarily on Street Photography. The main topics covered are the history of photography and its leading characters, as well as the methods for taking and printing black and white photographs, but above all the group seeks to convey its idea of photography.

Participants’ comments received by e-mail at the end of the course have almost always been along the same lines: “… I really enjoyed the course, not only for the things you said but also for the friendly atmosphere created, the sense of a shared passion, of sharing; I can’t recall ever meeting people who could give me so much in just three days!”; “I sincerely enjoyed these days spent together. I would never have expected such an incredible experience. I have always found it difficult to deal effectively with people who share my passion, or ought too, because I have always come up against a sort of “artistic egoism” that demolishes every attempt at genuine exchange and growth.

Thank goodness there are still exceptions in our mass-produced world… You have shown humanity, an incredible passion and enthusiasm, and you have shown me how all this, through creative art, can guide each of us in search of our own expressive identity, bringing out the best of ourselves.

I very much appreciated that humility and willingness to question oneself were the key that enabled us to get to know each other, learn, develop and improve. You succeeded in conveying to me much more than I had encountered so far along my path of photography courses, books and exhibitions, even making me question some of the things that I saw as load-bearing, fundamental – and all this is thanks to the enormous passion you demonstrated. I’m hugely grateful to you …”.

Fasolo explains: “We don’t focus too much on the ‘notions’. We don’t see ourselves as being able to teach ‘how to’, because there is really no ‘recipe’ for becoming a good street photographer. We explain our approach, our experience, striving simply to convey our passion for photography. We bring the course participants piles of books to leaf through and we explain the importance of having a library of photographs and of visiting exhibitions. As for activities ‘in the field’, we always urge our participants to be very selective, both when they are taking their photographs and when they choose among the images they have captured. One of the most difficult obstacles to overcome in order to become a good photographer is when it comes to this selection process. It isn’t easy to acquire the maturity we need to assess a photograph without being influenced by the fact that we personally ‘experienced’ the moment when it was taken (and this is where being part of a group is fundamental), or by the clichés or abstract, superficial compositional rules that fill the pages of the so-called photography ‘manuals’. We also insist a great deal on the importance of having a photographic project, and of following the process through, right up to the final print. When people ask us what photography means to us, we answer provocatively, ‘a piece of paper!’ ”.

The idea of a photograph as a ‘piece of paper’ is definitely one of the group’s core elements, but this is not just to identify the discipline with its tangible, physical result. It stems from a more global and profound reflection on man’s relationship with his cultural ‘media’, the tools he uses to make sense of society and, ultimately, of himself. To borrow from the words of Mario Vargas Llosa on the future of books, making the not particularly difficult effort to draw a parallel between photography and book-reading: “I have no means of proving this, but I suspect that when writers write virtual 39

‘vissuto’ in prima persona il momento dello scatto - in questo è fondamentale far parte di un gruppo - o dettati da cliché e regolette compositive astratte e superficiali, di cui si leggono pagine intere nei cosiddetti ‘manuali’ di fotografia. Inoltre, insistiamo molto sull’importanza di avere un progetto fotografico e seguire il processo fino alla stampa finale. Quando ci chiedono cos’è la fotografia per noi, rispondiamo provocatoriamente: ‘un pezzo di carta!’”.

L’idea della fotografia come “pezzo di carta” è senz’altro uno dei punti fermi del gruppo, ma non lo è semplicemente per l’identificazione della disciplina con il suo risultato tangibile e fisico, quanto piuttosto per una più generale e profonda riflessione sul rapporto che l’Uomo intrattiene con i “mezzi” della cultura, con gli apparati e strumenti che utilizza per dare un senso alla società e, in definitiva, a se stesso. Per dirlo con le parole di Mario Vargas Llosa, e con lo sforzo nemmeno molto difficile di fare un parallelo tra fotografia e lettere: “Non ho modo di dimostrarlo, ma sospetto che quando gli scrittori scriveranno letteratura virtuale, non lo faranno nello stesso modo in cui lo hanno fatto sinora ... L’immaterialità del libro elettronico ne contagerà in qualche modo il contenuto, come accade alla letteratura maldestra, priva di ordine e sintassi, fatta di apocopi e di gergo, a volte indecifrabile, che domina il mondo dei blog, di Twitter, di Facebook e degli altri sistemi di comunicazione attraverso la Rete, come se i loro autori, per esprimersi usando il simulacro rappresentato da sistema digitale, si sentissero esonerati da ogni obbligo formale, e autorizzati a calpestare la grammatica, la sinderesi e i principi più elementari della correttezza linguistica”; ed ancora “... per molti lettori, ‘leggere’ è un’operazione che, oltre a informare sul contenuto delle parole, significa anche, e forse soprattutto, godere, assaporare la bellezza che, così come i suoni di una bella sinfonia, i colori di un quadro insolito o le idee di un’argomentazione acuta, sprigionano le parole unite al loro supporto materiale. Per questo tipo di lettori leggere è, oltre che un’operazione materiale, un esercizio fisico, qualcosa che, come dice molto bene Molina Foix, ‘aggiunge all’atto di leggere una componente sensuale e sentimentale infallibile. Il tatto e l’immanenza dei libri sono, per l’amateur, variazioni dell’erotismo del corpo trattato e maneggiato, una maniera di amare” (Mario Vargas Llosa, La civiltà dello spettacolo, Torino 2013).

Ritornando più specificamente all’esperienza Mignon, riprende Romagnosi: “spieghiamo l’importanza, per noi, di essere un gruppo. Significa che ciò che si può ottenere lavorando insieme è maggiore rispetto alla somma di ciò che ognuno, da solo, può fare. Sottolineiamo l’importanza del controllo di tutto il processo creativo che ha come risultato una stampa fotografica, al contrario di quello che si intende oggi per fotografia, sempre più virtuale. Anche in internet si sono formati dei gruppi, che stanno riscuotendo molto successo: In-public, Street-Photographers ed altri collettivi che collaborano virtualmente, raccogliendo i loro scatti sul web. Benché siano formati anche da personalità fotografiche importanti, e che stimiamo, il nostro approccio è, e rimarrà, differente: fisico, reale, tangibile. Crediamo fortemente nell’importanza di ‘fare gruppo’ ma per noi il confronto deve essere diretto, non a distanza, non virtuale. Solo così è possibile avere uno scambio chiaro, efficace, costruttivo. Questi gruppi sono basati più che altro sul continuo rilancio di immagini, con un principio che è per sua natura ‘competitivo’, nel quale chi partecipa deve cercare sempre di tenere alimentato il sistema con nuove immagini. Spesso inoltre queste foto sono accattivanti ma prive di quella profondità emotiva che noi cerchiamo nelle nostre fotografie, anche perché Internet favorisce un uso ‘mordi e fuggi’ delle immagini, spesso caricate sul Web senza che abbiano subito una adeguata valutazione da parte degli autori, senza che abbiano avuto il tempo di ‘sedimentare’.

Nel nostro modo di intendere la fotografia, le foto sono preziose, sono dei gioielli e vanno trattate come tali; vanno mostrate in un momento importante, come una mostra, o pubblicate in un libro, per esempio, e non buttate in pasto ad internet …”.

Attorno al gruppo e grazie ai workshop, negli anni, si forma una cerchia sempre più ampia di fotografi, più o meno in erba, che in Mignon vedono un esempio da seguire. Dal canto loro, memori dell’affetto e dell’aiuto ricevuti in tanti anni di amicizie importanti, Romagnosi e Fasolo non limitano l’insegnamento a poche giornate di corso, ma offrono a quanti dimostrano capacità e passione la possibilità di approfondire il rapporto, fornendo consigli ed aiuti preziosi anche al di fuori dei workshop.

Si tratta, per il gruppo, di voler mettere in gioco con altruismo tutte le energie positive intercettate, per far fruttare ed emergere il lavoro di fotografi che altrimenti, probabilmente, non avrebbero trovato le occasioni e i preziosi momenti di confronto necessari perché un insieme eterogeneo e disordinato di scatti possa diventare, con paziente ed attento lavoro di lettura, analisi e scelta, un vero 40

literature, they will not write in the same way as they have been doing until now, looking to have their writing materialize into that concrete, tactile and durable object that is the book. Something of the immateriality of the electronic book will affect its content, as happens with the clumsy literature, without order or syntax, full of apocopes and jargon, sometimes undecipherable, that dominates the world of blogs, Twitter, Facebook and other Internet-based communication systems, as if the authors, by using this simulacrum that is the digital order to express themselves, feel free from all formal requirements, authorized to ride roughshod over grammar, synderesis, and the most elementary principles of linguistic correctness.” … “for many readers, ‘reading’ is an operation that as well as registering the semantic content of the words also means savoring the beauty that, like the sounds of a beautiful symphony, the colors of an unusual picture, or the ideas of a shrewd argument, words united to their material form conjure up. For this kind of reader, reading is not only an intellectual operation but also a physical exercise, something that, as Molina Foix puts it well, ‘adds an infallible sensual and sentimental component to the act of reading. The feel and the immanence of books are, for the amateur, variations on the eroticism of a crafted and cherished body, a way of loving.’ ”.

(Mario Vargas Llosa, “The Civilization of the Spectacle” in Notes on the Death of Culture, Faber and Faber, 2015 ).

Returning to the Mignon group’s experience, Romagnosi says: “We explain why we consider it important to be part of a group. This means that what we can achieve by working together is more than the sum of what each of us can achieve alone. We emphasize the importance of monitoring the whole creative process that leads up to the printed photograph, unlike what is usually seen as photography nowadays, which is increasingly virtual. Groups have formed on Internet that are becoming very successful: In-public, Street-Photographers and other collectives cooperate virtually, bringing their images together on the web. Some have been set up by important photographic personalities, who we respect, but our approach is and always will be different: physical, real, tangible.

We are strongly convinced of the importance of forming a group, but for us the exchange must be direct, not remote or virtual. This is the only way we can have a clear, effective and constructive exchange of opinions. These web-based groups are more about continuously relaunching images according to a principle that is, by its very nature, competitive and participants must try to keep the system constantly fed with new images. The photos are often intriguing but they lack the emotional depth that we are seeking in our photographs, partly because Internet tends to favor a “shoot and scoot” usage of images, which are often uploaded on the web before their authors have assessed them thoroughly, before they have had the time to “settle”. In our idea of photography, images are like precious jewels and they should be treated accordingly; they should be shown at important times - at exhibitions, or published in books, for instance - not thrown to the lions on Internet”.

Over the years, and thanks to their workshops, an increasingly wide circle of more or less experienced photographers has formed around the group, seeing Mignon as an example to follow.

Romagnosi and Fasolo well remember the affectionate support they received in many years of important friendships, and their teaching does not end after the few days of their courses. They offer anyone showing the necessary capabilities and passion the chance to take their relationship further, providing advice and precious help outside the workshops too. The Mignon group sees this as a way of putting all the positive energies it intercepts back into circulation, supporting photographers who might otherwise have lacked the opportunity to show their work, giving them a precious chance for an exchange of ideas so that a heterogeneous, disordered array of images can undergo a patient, careful interpretation, analysis and selection, to become a genuine photographic opus. In some cases, these exchanges have led to a long-term cooperation and the preparation of exhibitions and books. As mentioned previously, in the most fortunate cases, the relationship develops to the point where new photographers join the Mignon group, bringing refreshing new abilities and sensitivities that enable the group to grow.

Thanks not only to its teaching and numerous other activities, the Mignon group serves as a pole of attraction for many photographers and photography-lovers who see the group’s work as a fundamental reference. As Romagnosi explains: “It has become fashionable nowadays, but when we started to focus on Street Photography in Italy in the 1990s, not only was the topic not discussed, it was even a source of much confusion. As far as we know, we were the first to form a group focusing on this genre”.

Many good-quality Italian photographers who operate in the field of Street Photography today 41

e proprio lavoro fotografico. In alcuni casi, queste frequentazioni hanno portato e portano tutt’oggi ad avviare collaborazioni per la realizzazione di mostre e libri; nei casi più felici, come accennato in precedenza, il rapporto si spinge fino all’ingresso di nuovi fotografi nel gruppo, che in questo modo ha la possibilità di rinnovarsi e crescere grazie a nuove abilità e sensibilità.

Anche al di fuori dell’ambito di insegnamento e grazie alle numerose attività proposte, i Mignon raccolgono attorno al collettivo una cerchia di fotografi e appassionati che vedono nel loro lavoro un riferimento fondamentale. Racconta Romagnosi: “Oggi va di moda, ma quando abbiamo cominciato a riconoscerci nella Street Photography, in Italia negli anni ’90, non solo non se ne parlava ma l’argomento Nico Chiapperini MONTEPULCIANO 2008 era anche fonte di tanta confusione; a quanto ci risulta siamo stati il primo collettivo che lavora in gruppo attorno a questo genere”.

Tanti fotografi italiani di qualità che oggi si muovono nell’ambito della Street Photography, soprattutto in rete, hanno cercato i loro riferimenti anche nell’opera di Mignon, e molti di loro attraverso un contatto diretto con il gruppo. Umberto Verdoliva e Nico Chiapperini sono, ad esempio, due fotografi che si avvicinano al gruppo e ne fanno un riferimento fin da quando iniziano a muovere i primi passi nella fotografia di strada, sviluppando tuttavia negli anni un personale percorso e linguaggio, ma diventando successivamente sinceri amici del gruppo.

Racconta Chiapperini: “Nel giugno 2012, durante una classica giornata piovosa olandese, per lo più passata a navigare in rete, mi imbatto nel sito del collettivo Mignon: un primo incontro virtuale - non poteva essere altrimenti, visto che da anni mi ero trasferito all’estero - ma intenso. Da mesi il mio entusiasmo per la Street Photography stava affievolendo, soffocato e provato dall’abbondanza ovunque di un certo tipo di immagini, ricche esclusivamente di effetti speciali e basate essenzialmente sullo ‘scherzo fotografico’. Fu quindi una piacevole sorpresa scoprire i fotografi di Mignon … come tornare a casa … Le loro foto in bianco e nero rispecchiavano completamente la mia visione della Street Photography: una fotografia che dovrebbe anche trasmettere emozioni, raccontare l’essere umano e valorizzare la bellezza di un momento. E nel farlo, non ha bisogno di urlare: si urla quando si vuole imporre un messaggio poco forte o interessante, spesso banale. Sussurrare svariate possibilità e domande, invece, è decisamente più difficile, ed elegante. La fotografia diventa così un dialogo che non si esaurisce in pochi secondi, ma continua nel tempo, come i vari contatti che ho avuto poi, e che tutt’oggi continuo a mantenere, con Giampaolo e Mignon: contatti che seppur sporadici, sono formidabili momenti di confronto, conforto, crescita e stimolo”.

Anche Verdoliva racconta con piacere l’incontro con Mignon: “Era il 5 maggio del 2008 quando per caso scoprii il sito del gruppo Mignon di Padova; la Street Photography allora mi aveva già conquistato ed ero alla continua ricerca di autori e fotografie dedicate al genere. D’istinto scrissi al gruppo, il nostro incontro fu in principio epistolare … Ero ancora inesperto di fotografia e nelle mie parole c’era il desiderio velato di far notare i miei scatti a chi aveva più esperienza di me per capirne il valore, ma soprattutto il tributo di un sincero riconoscimento verso una fotografia pianamente in linea con il mio sentire e vedere la quotidianità … Il mio percorso fotografico è iniziato così, tenendo in mente il “progetto Mignon” e allo stesso tempo intraprendendo un cammino personale che ha trasformato pian piano il mio modo di essere e di guardare il mondo”.

In questa logica di apertura, dopo la promozione ormai otto anni prima del lavoro di Umicini e di molti altri fotografi, nel 2006 i Mignon organizzano “Dentro l’essere, immagini ritrovate”, due mostre ed un libro dedicati all’opera del fotografo Luciano Schiavon, grande amico di Romagnosi e del gruppo. Si tratta di un lavoro di “documentazione spontanea” che questo fotografo del piovese ha realizzato nel corso della sua intera vita. Racconta Romagnosi: “La fotografia del quotidiano, che da vent’anni promuoviamo, ci ha dato la soddisfazione di vedere persone, che normalmente non sono attratte in modo particolare dalla fotografia, interessarsi con sincero entusiasmo alle nostre proposte. Spesso ci è capitato di incontrare persone che accompagnavano dei fotografi a vedere una 42

(especially on the web) have drawn on the work done by the Mignon group, many of them through direct contact with the group’s members. To give an example, Umberto Verdoliva and Nico Chiapperini are two photographers who were involved with Mignon and saw it as a reference when they began to take their first steps in Street Photography. They went on to develop their own personal experience and language over the years, but they have become sincere friends of the group.

Chiapperini explains: “In June 2012, on a classic wet day in Holland, mainly spent surfing the net, I came upon the Mignon group’s website, and this first virtual meeting (and it could not have been otherwise because I had moved abroad years earlier) was very intense. For months my enthusiasm for Street Photography had been waning, asphyxiated and tested by the abundance everywhere I looked of a certain kind of photo, only rich in special effects and mainly reliant on ‘photographic tricks’. So it came as a pleasant surprise to discover the Mignon photographers - a bit like returning home. Their black and white photographs completely reflected my idea of Street Photography: photographs that should convey emotions, talk about human beings, emphasize the beauty of a moment, but without having to shout. You only shout when the message you want to convey is weak or uninteresting, and often commonplace. Whispering a variety of possibilities and questions is much more difficult, and more elegant. It turns a photograph into a dialogue that is not over in a handful of seconds, but continues over time, just like the numerous contacts that I have since maintained with Giampaolo and Mignon: they may be sporadic, but they are formidable opportunities for comparison, comfort, growth and motivation”.

Verdoliva also speaks with pleasure about meeting Mignon: “It was May 5th in 2008 when I discovered the website of the Mignon group in Padua quite by accident. I had been completely conquered by Street Photography and I was constantly in search of authors and photographs dedicated to the genre. On an impulse, I wrote to the group and our encounters were initially always in writing … I was still inexpert in photography and I could hardly conceal how keen I was to have someone more experienced look at my pictures and understand their value. But I especially wanted to sincerely acknowledge and pay tribute to a photography fully in line with my feelings and the way I see day-to-day life… That is how my photographic career began, with the ‘Mignon project’ in mind as I embarked on my own personal path that has gradually changed my way of being and of looking at the world”.

Taking this open-minded attitude, eight years after promoting the works of Umicini and numerous other photographers, the Mignon group organized “Dentro l’essere, immagini ritrovate” (Inside our being, images retrieved) in 2006, two photo exhibitions and a book dedicated to the work of the photographer Luciano Schiavon, a great friend of Romagnosi and the group. This was a work of ‘spontaneous documentation’ that Schiavon had put together over the course of a lifetime. As Romagnosi said: “The photography of daily life that we have been promoting for 20 years has given us the satisfaction of seeing people normally not particularly attracted to photography take a genuinely enthusiastic interest in our proposals.

We often happened to meet people accompanying photographers to an exhibition and, while the photographer would comment on technical aspects, the other person (uninvolved in the sector, as it were) would reveal a lively interest and an unexpected ability to interpret the images. This is probably because our references are the great masters and we reject a certain, currently fashionable way of conceiving and performing Street Photography. The web is Umberto Verdoliva NEW YORK 2006 unfortunately full of well-known ugly 43

nostra mostra e, mentre il fotografo si limitava a commenti di tipo tecnico, chi non era per così dire ‘del settore’ dimostrava una inaspettata capacità di lettura ed un vivido interesse verso le immagini.

Questo probabilmente perché noi ci riferiamo ai grandi Maestri e rifiutiamo un certo modo, oggi in voga, di intendere e fare Street Photography. Il web purtroppo è pieno di rinomati brutti esempi, di immagini in cui il rispetto per il prossimo è l’ultima delle preoccupazioni del fotografo …”.

Mignon ha sempre voluto proporre una fotografia che possa parlare alle persone, che possa in qualche modo contribuire a realizzare una società migliore. Racconta ancora Romagnosi: “Quando stampai le foto di Schiavon scattate quarant’anni prima, e le mostrai a mio padre, mi disse di conoscere la figlia di una persona ritratta, un venditore di angurie. Andai da questa signora con la foto e lei, rivedendo quella immagine di ‘vita reale’ del padre, si mise a piangere dalla commozione.

In mostra capitò invece che un signore chiese la copia di una foto che ritraeva una donna nel chiostro della basilica di Sant’Antonio a Padova. Ci disse, in lacrime, che era sua moglie andata lì per pregare pochi giorni prima che una brutta malattia la portasse via. Sono cose che ci sono rimaste dentro …”.

Parallelamente all’attività didattica e di promozione di fotografi esterni al gruppo, proseguono anche gli impegni espositivi ed editoriali. Nel 2006 il lavoro dei singoli fotografi viene presentato in una serie di mostre presso la galleria “Alt Wien” a Graz, in Austria. Dello stesso anno sono anche la partecipazione di Romagnosi a “Seravezza Fotografia 2006”, la personale “Ancora sulla strada” di Fasolo a Meldola ed una esposizione collettiva del gruppo allestita a Padova dal titolo “New York Londra - Parigi - Venezia - Padova. 10 anni di Mignon”.

L’anno successivo si apre con la partecipazione del gruppo al Festival “Fantadia” di Asolo con “Un uomo, lo sguardo: un incontro”; seguono la personale “Diario” di Fasolo a Palazzo Crepadona di Belluno e alla chiesa di San Giovanni a San Vittore Olona, nell’ambito di “Venti di immagini”, organizzata dal “Circolo 87”. Fra le molte mostre che Umicini realizza singolarmente in questi anni và ricordata “Per Padova” al Museo Civico di Piazza del Santo. Minotto, invece, propone “In cammino”, esposta a Padova ed impressa in un fotolibro che documenta gli incontri del fotografo lungo il Cammino di Santiago di Compostela.

Nel 2008 prosegue l’attività espositiva del gruppo con le mostre “Gruppo Mignon” all’ottava edizione di “Lorenzago Aperta” e “Calendario Mignon 2009” a Padova.

Nel 2009, in esito al fruttuoso sforzo di divulgazione che si protrae dal 2006, dopo un lungo periodo di frequentazione entra nel gruppo Fatima Abbadi. “Mi sono avvicinata a Mignon per caso, quando mi è stato suggerito di frequentare il corso alla scuola Petrarca, nel 2007. Prima fotografavo, per così dire, inconsapevolmente. Il corso è stato un ‘tour de force’: storia, autori, tecniche, tutte cose a cui prima non davo importanza. Così, grazie all’aiuto di Giampaolo e Ferdinando, preparai la mia prima mostra. Le foto, benché analogiche, furono scansionate e stampate in digitale, in quanto allora non avevo ancora sviluppato le capacità necessarie per ottenere dei buoni risultati in camera oscura. Per la stampa, i Mignon mi fornirono una loro stampante ai pigmenti di carbone, che ho dovuto far funzionare da sola: il gruppo non aveva abbastanza esperienza con le stampe digitali e le applicazioni grafiche. Oggi sono il riferimento per tutti i problemi e sviluppi informatici all’interno del gruppo, come il sito, l’impaginazione dei layout dei libri, le scansioni e i restauri, le stampe professionali digitali”.

“Come e quando, precisamente, sono entrata nel gruppo?” prosegue Abbadi “Non saprei dirlo. Non esiste un ‘modo’ per entrare a far parte di Mignon.

Semplicemente mi sono ritrovata nel gruppo. Se qualcuno mi chiedesse ‘come si fa ad entrare nel gruppo Mignon?’, credo che risponderei ‘non lo so dire, perché tutti possono entrare ma bisogna trovare la strada, la porta da aprire. Sicuramente quando la trovi, quando capisci cosa ‘serve fare’ per entrare nel gruppo, è perché ci sei già dentro!”.

Se Abbadi entra nel Mignon senza quasi rendersene conto, è anche vero che sono molti i fotografi che Mauro Minotto CAMMINO PER SANTIAGO 2006 avvicinano il gruppo, o vengono invitati ad aderire, e 44

images clearly showing that respect for other people was the last of the photographer’s concerns…”.

Mignon has always aimed to present photographs that can speak to people, somehow contributing to a better society. It was Romagnosi who said: “When I printed some of Schiavon’s photos taken forty years earlier and showed them to my father, he said he knew the daughter of one of the people in the picture, a man selling watermelons. I took the photograph to the lady concerned and seeing that ‘real-life’ image of her father made her burst into tears. At the exhibition a man asked for a copy of a photograph showing a lady in the cloister of St Anthony’s Basilica in Padua. In tears, he told us it was his wife who had gone there to pray a few days before a terrible disease took her life. These are experiences that have made their mark on us…”.

The Mignon group’s commitment to holding exhibitions and producing editorial works continued alongside its teaching activities and its promotion of photographers from outside the group. Still in 2006, the works of the individual photographers were exhibited at the “Alt Wien” gallery in Graz, Austria. The same year also saw Romagnosi take part in the “Seravezza Fotografia 2006”, Fasolo hold a personal exhibition called “Ancora sulla strada” (On the road again) in Meldola, and the group’s collective exhibition in Padua entitled “New York - Londra - Parigi - Venezia - Padova. 10 anni di Mignon” (New York, London, Paris, Venice, Padua. Ten years of Mignon).

The next year began with the group’s participation in the “Fantadia” Festival in Asolo with “Un uomo, lo sguardo: un incontro” (A man, a gaze: an encounter). This was followed by Fasolo’s personal exhibition “Diario” (Diary) at Palazzo Crepadona in Belluno, and then at the Chiesa di San Giovanni in San Vittore Olona, as part of the “Venti di immagini” (Winds of images) event organized by the “Circolo 87”. Among the many exhibitions that Umicini held alone during this time, it is particularly worth mentioning “Per Padova” (For Padua) at the Civic Museum in Piazza del Santo.

Meanwhile, Minotto exhibited his “In cammino” (Along the way) collection in Padua, which also gave rise to a book documenting the photographer’s encounters along the Camino de Santiago de Compostela.

In 2008, the group was active with an exhibition entitled “Gruppo Mignon” (The Mignon group) at the 8th edition of “Lorenzago Aperta”, and it produced a calendar, the “Calendario Mignon 2009” in Padua.

In 2009, a fruitful effort of dissemination (underway since 2006) and a lengthy period of interaction led Fatima Abbadi to join the group. “I came upon the Mignon group by accident when I had been advised to attend a course they ran at the Petrarca school in 2007. Before then, I had been taking photographs unwittingly, in a sense. The course was a real tour de force: history, authors, techniques, all things that I had previously paid little attention to. Then, with Giampaolo’s and Ferdinando’s help, I prepared my first exhibition. The photographs were analogical, but scanned and printed digitally, because I still lacked the necessary skills to obtain good results in the darkroom. The Mignon group provided me with one of their carbon black and white printers, that I had to operate alone because the group had little experience of digital prints and graphic applications. Today I serve as their reference for all the group’s computer problems and developments, like the website, the layout of the photographs in their books, scanning and repairs, and professional digital prints”.

Abbadi goes on to say: “It is hard to say exactly how and when I joined the group. There isn’t a ‘way’ to join the Mignon group. I simply found myself a part of it. If someone had asked me how to join the Mignon group, I think I would have answered, ‘I couldn’t say, because anyone can enter, but you have to find the way, the door to open. When you do, when you understand what you need to do to join the group, it is surely because you are already a part of it!’ ” While Abbadi became a part of Mignon almost without realizing it, other photographers who have had dealings with the group, or been invited to join, haven’t actually become involved. As Romagnosi says: “It isn’t easy to explain. I always say it’s a question of feeling. We often fight, even amongst ourselves, and over the years some people have left the group. It is very demanding, there is always so much to do, but what counts in the end is whether you are doing something for the others, and for photography, or only for yourself”.

In 2009, the group presented a collective exhibition, “Le Nuove vie di Porto Marghera” (New ways in Porto Marghera) at an event organized by VEGA, Venice’s scientific and technological park, to tell the story of the Venetian Lagoon’s industrial zone, and to illustrate the innovative activities, developments and transformation processes underway. The photographer Roberta Lotto also contributed to this exhibition, as well as to other activities organized by the group during this 45

che poi non si ritrovano coinvolti; afferma Romagnosi: “Non è facile da spiegare, dico sempre che è una questione di feeling; litighiamo molto spesso anche tra di noi ed alcuni negli anni hanno lasciato il gruppo. E’ molto impegnativo, c’è sempre tanto da fare, ma ad ogni modo quello che conta è se tu fai qualcosa per gli altri e la fotografia o solo per te stesso”.

Nel 2009 il gruppo presenta la mostra collettiva “Le Nuove vie di Porto Marghera”, realizzata per l’omonima manifestazione svoltasi al VEGA, Parco Scientifico Tecnologico di Venezia, con lo scopo di raccontare l’area industriale lagunare e far conoscere le attività di innovazione e il processo di sviluppo e trasformazione in corso. A questa mostra, e alle altre attività svolte dal gruppo in questo anno, parteciperà anche la fotografa Roberta Lotto.

Sempre nel corso del 2009, proseguono anche le collaborazioni a scopo divulgativo con realtà esterne al gruppo: con il “Circolo Fotografico Triestino” Mignon organizza vari incontri, coinvolgendo tra gli altri il fotogiornalista Ernesto Bazan e lo storico Diego Mormorio, mentre da una collaborazione con il grande fotografo emiliano nasce “Nino Migliori e Mignon a Ca’ Cornera”. “Trascorsi due giorni con Migliori” racconta Romagnosi “e si rivelò una persona straordinaria. Una sera, a cena, gli donai alcuni libri di Mignon. La mattina seguente, quando arrivai, lo trovai con il mio libro ‘Mignon Photographers’ tra le mani. Mi fece l’analisi di ogni foto, complimentandosi per il lavoro. E’ una persona che ha voglia di dare, che si confronta apertamente con gli altri …”.

Va ricordata anche un’interessante collaborazione tra il gruppo e la rivista “Veneto & Veneti”, finalizzata alla rivalutazione iconografica del territorio. Sulle sue pagine si legge: “I ‘piccoli’ Mignon … di piccolo hanno solo l’ego. Ridotto al massimo per lasciare spazio al talento. Liberato da presunzioni artistiche e superbia per comporre, insieme, un’immagine della realtà, dai mille volti, dalle infinite sfaccettature, in un’insolita interpretazione dell’arte, dove sembra che la bravura di chi fotografa sia inversamente proporzionale all’apparire della mano dell’artista nell’immagine finale” (Raffaella Galasso, “Veneto Black and White”, in Veneto & Veneti, 13/2009).

Nello stesso anno Romagnosi espone a Porto Viro “Metafisico Delta”, un progetto di documentazione sul Delta del Po con fotografie realizzate in formato panoramico, e il gruppo presenta “Ponteggiando”, un lavoro di interpretazione dei ponti costruiti su progetto del professor Enzo Siviero, realizzato per l’omonima mostra svoltasi al Centro Culturale San Gaetano di Padova. Un peccato davvero che proprio di questo lavoro, e di quello dedicato a Porto Marghera, non sia stato prodotto un catalogo.

Entrambi i progetti, curati da Angelo Maggi, mettono in evidenza come una buona “regia”, che sfrutta le diverse sensibilità dei fotografi, possa dare ottimi risultati anche in situazioni e su progetti che per gli autori possono essere “anomali”, in quanto li coinvolgono al di fuori del loro “habitat naturale”, la strada. Un approccio che Romagnosi ha auspicato in tante altre situazioni, per costruire lavori importanti lavorando insieme ai promotori delle mostre, ma che trova realizzazione solo con l’incontro di persone speciali, veri amanti dell’arte fotografica. Il rapporto che il gruppo instaura con Angelo Maggi si inserisce in questo filone, ed è alimentato da un continuo scambio di riflessioni e consigli - a volte anche provocazioni che risultano fondamentali nella vita del collettivo, oltre che da un confronto costante sulla fotografia in genere, a partire dai testi fondamentali dei grandi autori.

Giorgio Pandolfo CA’ CORNERA 2009 Nino Migliori, Angelo Maggi

46

Il 2009 si chiude con un nuovo ambizioso progetto espositivo ed editoriale del gruppo.

Da un invito della galleria “Luigi Ghirri” di Caltagirone prende vita il progetto “Sognare di Donne”, del quale “Gente di Fotografia” curerà la stampa del catalogo. Questo lavoro, che vede anche il coinvolgimento della fotografa Roberta Lotto, viene successivamente riproposto a Gemona, Padova e Roma.

Con queste parole Pippo Pappalardo descrive “Sognare di Donne” su “Gente di Fotografia” 48/2009: “In casa Mignon … [la] chiarezza di

particular year.

Still in 2009, the group was also pursuing its cooperation with organizations outside the group.

Together with the “Circolo Fotografico Triestino”, Mignon organized several meetings, also involving the photojournalist Ernesto Bazan and the historian Diego Mormorio, while it cooperated with a great photographer from Emilia on an exhibition entitled “Nino Migliori e Mignon a Ca’ Cornera” (Nino Migliori and Mignon at Ca’ Cornera). “I spent two days with Migliori,” Romagnosi tells us, “and he turned out to be an extraordinary character. One evening at dinner, I gave him some of the Mignon books. When I arrived next morning, I found him with my ‘Mignon Photographers’ book in his hands. He gave me his appraisal of each and every photograph, and was very complimentary about the work. He is someone who likes to give, who is happy to have an open exchange of ideas with others … .”

There was another interesting cooperation worth mentioning between the group and the journal “Veneto & Veneti” involving an iconographic revisitation of the local territory. The journal wrote: “The only thing ‘little’ about the Mignon photographers is their ego, which is kept to a minimum to make way for their talent. Unhampered by artistic presumptions and pride, they bring together an image of a multi-faceted world with a thousand faces in an unusual interpretation of art where the photographer’s talent seems to be inversely proportional to the detectable evidence of his hand in the final image” (Raffaella Galasso, “Veneto Black and White”, in Veneto & Veneti, 13/2009).

In the same year, Romagnosi held an exhibition in Porto Viro called “Metafisico Delta” (Metaphysical delta), a project documenting the Po river delta with photographs taken in a panoramic format. The group also presented a work called “Ponteggiando” , a study on the bridges designed by Professor Enzo Siviero, as part of an exhibition held at the Centro Culturale San Gaetano in Padua. Looking back, it is a real pity that this particular effort and the exhibition dedicated to Porto Marghera did not give rise to a corresponding book. Both these projects were managed by Angelo Maggi and go to show how a good “directorship” can exploit the photographers’ different sensitivities to produce excellent results even in projects that were “anomalous” for the group, making them work outside their “natural habitat” - the street. Romagnosi has always hoped to see this approach extend to other situations too, to work on important projects alongside the exhibition promoters, but this can only happen when the group encounters people who are rather special, with a real passion for the art of photography. The relationship Ferdinando Fasolo PADOVA 2009 that the group established with Angelo Maggi fits the bill: it is Angelo Maggi, Fatima Abbadi nurtured by a continuous exchange of ideas and advice (and even some provocations) that has proved extremely important to the life of the group, along with a constant debate on photography in general, starting from the fundamental texts of the great authors.

2009 ended with an ambitious new idea for an exhibition and an editorial work by the group. An invitation from the “Luigi Ghirri” gallery in Caltagirone led to the “Sognare di Donne” (Dreaming of women) project, for which “Gente di Fotografia” had the catalogue printed. The photographer Roberta Lotto was involved in this work too, which was subsequently exhibited in Gemona, Padua and Rome.

This is how Pippo Pappalardo describes “Sognare di Donne” in “Gente di Fotografia” 48/2009: “With Mignon … what we see are a clarity of intentions and an expressive sincerity, associated with the simplicity and essentiality of their preferred format, that have always been the indispensable poetic antidote that keeps us from falling into the trap of exasperated, rhetorical redundancies of so much intellectualism. In the so-called Street Photography, what’s more, as pursued and practiced by the group, there can be no space for such temptations. We are right there on the street, where objects are not the opposite of the subject, but acknowledged a place alongside the people, exchanging with them that ‘something’ that we call life; a life that arouses the curiosity of our photographers 47

intenzioni, più la sincerità espressiva, insieme con la semplicità ed essenzialità della forma privilegiata sono stati da sempre gli antidoti poetici indispensabili per non cadere negli arrovellamenti e nelle ridondanze retoriche di tanto intellettualismo. Ed anche nella cosiddetta street photography, perseguita e praticata dal sodalizio, non c’è spazio per queste tentazioni: si sta proprio sulla strada, là dove gli oggetti non sono opposti ai soggetti ma vengono riconosciuti come cose che stanno accanto alle persone e scambiano con loro quella ‘cosa’ che chiamiamo vita; quella vita, peraltro, di cui i nostri fotografi sono curiosi proprio perché ne hanno cura … adoperandosi con chiarezza, finezza e geometria … hanno poeticamente intercettato e spiegato con magistrale sintesi visiva quella sensazione oggettiva … quel mistero fatto di tanti sensi concreti quanto di tante fantasiose immaginazioni e che riconosciamo ogni volta che posiamo gli occhi su una donna”.

L’anno seguente Fasolo presenta a Verona “Follow the women”, un lavoro che documenta il viaggio in Medio Oriente di un gruppo di donne provenienti da tutto il mondo, che hanno attraversato in bicicletta Libano, Siria, Giordania e Israele, per arrivare in Palestina, con lo scopo di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sulla sofferenza delle donne e dei bambini in questi territori travagliati. Nel 2011 anche Abbadi espone, ad Amman (Giordania), Roma, Tolentino e Padova, un lavoro personale dedicato alle donne dal titolo “Women through my lens”. In concomitanza Fasolo presenta ad Asolo “Istanbul: poesia di una città”.

Inoltre, il 4 agosto 2011 a Solighetto di Pieve di Soligo, nell’ambito di “Estate Fotografia 2011”, il gruppo dedica una serata di multivisione e dibattito alla figura di Walter Rosenblum. La multivisione, ennesima opera del Parallelo Multivisioni di Francesco Lopergolo per il gruppo Mignon, viene studiata appositamente per essere proiettata sulla Shomou Abdallat AMMAN 2011 facciata di Villa Brandolini sede della mostra Fatima Abbadi “Strand + Rosenblum, Corrispondenze elettive”.

Nel 2012 Mignon organizza, in collaborazione con l’associazione Frequenze Visive di Vigonovo, una serie di incontri dal titolo “Sette fotografi, sette racconti”, raccogliendo i contributi di fotografi del padovano e dando così risalto al panorama fotografico della città; propone inoltre, a Motta di Livenza, la collettiva ed il fotolibro “Questioni personali”. Il gruppo dedica questo lavoro alla memoria di Francesco Minotto, figlio di Mauro. “Nel 2011 ho vissuto il dramma della perdita di mio figlio Francesco, aveva ventiquattro anni” racconta Minotto “il gruppo ha voluto dedicargli la mostra ed il libro. In copertina c’è il ritratto di Francesco da bambino, vestito da boy scout. Un grande gesto di amicizia e di affetto …”.

Tuttavia, “Questioni personali” determina anche una svolta importante per il gruppo. Riprendendo le parole che Angelo Maggi usa nella presentazione del catalogo, questo è un lavoro nel quale “… ogni fotografo trova una propria dimensione estetica, mettendo in luce una nuova identità dello sguardo”. Per la prima ed unica volta, infatti, il gruppo sperimenta la presentazione di un lavoro collettivo basato su micro-lavori personali e tra loro slegati. Sembra quasi un presagio: dopo questa mostra lasceranno il gruppo Angelo Tassitano, Giovanni Umicini e Marco Turetta, decidendo ognuno di percorrere altre vie “personali”.

Come già detto, la storia di Mignon ha visto in più occasioni, e per vari motivi, l’ingresso e l’uscita di fotografi dal gruppo. Certamente ogni vicenda si è sviluppata in seno a particolari circostanze dettate dal periodo in cui si è svolta ed è, inevitabilmente, frutto sia dell’esperienza personale dei singoli fotografi che del loro essere parte di un gruppo; un gruppo che, come tale, è un’entità che ha una propria identità ed un proprio portato di istanze ed aspettative, benché quest’ultime siano in ogni caso il frutto sempre del lavoro di quanti operano all’interno del collettivo. Diversi, quindi, sono anche i punti di vista, relativamente soprattutto a questa fase della vita di Mignon, caratterizzata da grandi cambiamenti e significative novità.

Da un lato Tassitano sostiene che “l’obiettivo iniziale del gruppo fu colto pienamente: la creazione 48

simply because they have cared about it … moving with clarity, refinement and geometry… and poetically intercepting and explaining in a masterly visual synthesis that objective sensation … that mysterious compound effect of our physical senses and fantastical imaginings that we recognize every time that we set eyes on a woman”.

The next year (2010) in Verona, Fasolo presented “Follow the women”, a work documenting a journey in the Middle East made by a group of women coming from all over the world, who cycled through the Lebanon, Syria, Jordan and Israel, arriving in Palestine. Their aim was to draw the attention of international public opinion to the suffering of women and children in these tormented territories. In 2011, Abbadi also went to Amman (Jordan), Rome, Tolentino and Padua to exhibit her own photographs entitled “Women through my lens”. Around the same time, Fasolo was in Asolo to present his works on “Istanbul: poesia di una città” (Istanbul, poetry of a city).

In August 2011, as part of the “Estate Fotografia 2011” in Solighetto di Pieve di Soligo, the group dedicated an evening of multivision and debate to the figure of Walter Rosenblum. The multivisual installation, yet another work for the Mignon group by Francesco Lopergolo’s Parallelo Multivisioni, was conceived specifically to be projected onto the facade of Villa Brandolini where the “Strand + Rosenblum, corrispondenze elettive” exhibition was held.

In 2012, Mignon worked in cooperation with the Frequenze Visive association in Vigonovo to organize a series of meetings entitled “Sette fotografi, sette racconti” (Seven photographers, seven stories), pooling contributions from photographers in and around Padua to produce a photographic panorama of the city. The group also held a collective exhibition in Motta di Livenza, and produced a book of photos called “Questioni personali” (Personal matters). The group dedicated this work to the memory of Mauro’s son, Francesco Minotto. “In 2011, I experienced the trauma of losing my son Francesco, who died of cancer at just 24 years old,” Minotto explains. “The group chose to dedicate the exhibition and the book to his memory. The cover shows a photo of Francesco as a child, dressed in his boy scouts uniform. It was a wonderful gesture of friendship and affection…”.

But “Questioni personali” also prompted an important change of direction for the group. Returning to Angelo Maggi’s words in his introduction to the book, this is a work in which “… each photographer finds his or her personal aesthetic dimension, underscoring a new identity of their gaze”. In fact this was the first and only time the group experimented with a collective exhibition made up of a

Sebastiano Favitta CALTAGIRONE 2009 Giampaolo Romagnosi, Ferdinando Fasolo, Mauro Minotto, Giorgio Pandolfo

49

di un’identità trasversale e ‘altra’ rispetto ai singoli che cedevano il passo ad uno sguardo terzo sul mondo dopo aver contribuito a crearlo … L’esperimento che sulla carta appare interessante, nella pratica espone gli autori coinvolti al rischio di una omologazione più o meno consapevole alle immagini tipiche del gruppo, come se la diversità già espressa nella veste di singolo autore, d’un tratto, si modellasse secondo le composizioni e i soggetti imposti dal marchio ... Perché non valorizzare all’interno di un progetto di gruppo quelle singole caratteristiche e quella forza per cui l’autore è stato selezionato, cercando di evitare quella tendenza all’estetica unica e indivisibile che sembra prevalere? Quale contributo si può dare, seppure ad una nobile causa, se si è privi di una biografia, se qualsiasi esperienza che possa mettere a repentaglio la propria idea di sé viene evitata?

In definitiva penso che l’espressione artistica di un gruppo debba costituire un valore aggiunto per la personalità di un autore e non un luogo di rifugio. Queste sono le principali considerazioni che mi hanno indotto ad una sofferta deviazione dal percorso intrapreso dagli amici di Mignon”.

Diametralmente opposto sembra invece il punto di vista di Turetta, che pur scegliendo nello stesso periodo di allontanarsi dal gruppo, sostiene che “Mignon può dare la sensazione di una macchina monolitica che infonde un’energia capace di accelerare in maniera esponenziale la propria crescita fotografica, mentre al suo interno mantenere e nutrire la propria individualità passano necessariamente attraverso un processo dialettico. Eppure, proprio nel mio caso, man mano che si delineavano i tratti più ‘eretici’ del mio stile la mia individualità è stata vista come una risorsa e un’occasione invece che una minaccia. Anche per questo a chi si sta avvicinando o si avvicinerà a Mignon mi sento di consigliare di resistere alla tentazione di adeguarsi ad uno stile che si percepisce come dominante.

La cosa migliore che possa succedervi è che con perseveranza e onestà troviate una chiarezza di visione che sarà una ricchezza anche per gli altri”.

Posizioni, come evidenziato, differenti non solo nelle motivazioni che sono alla base dell’allontanamento dal gruppo di alcuni ma che, riteniamo, hanno caratterizzato la vita dei singoli all’interno dello stesso, condizionandone l’attività. Certamente, tali posizioni hanno contribuito a gettare basi profonde per un rinnovato modo di intendere la vita del gruppo e dei singoli al suo interno.

Resta di fondo, indiscutibilmente, l’ineguagliabile energia che il collettivo ha la capacità di fornire a se stesso e singolarmente ad ogni suo componente. Tutta la storia della fotografia ha visto, sin dalle origini, la nascita e lo sviluppo di gruppi che sono stati determinanti nella formazione ed emancipazione artistica anche di singoli fotografi, oltre ad aver alimentato capacità espressive e comunicative che difficilmente sarebbero state incisive se proposte come voci isolate, come evidenziato da André Gunthert: “Riunendosi sulla base di motivazioni pragmatiche per scambiare informazioni e condividere esperienze, gli specialisti scoprono altre risorse offerte dalla collegialità: ottenere un riconoscimento migliore, incidere sul dibattito pubblico, favorire la circolazione di idee o anche - secondo una struttura ampiamente sperimentata in campo letterario - trasformare la marginalità in avanguardia” (André Gunthert e Michel Poivert, Storia della Fotografia, Milano 2008).

Giampaolo Romagnosi BOCCASETTE 2009

50

number of separate micro-collections. It seemed almost like a premonition: after this exhibition, Angelo Tassitano, Giovanni Umicini and Marco Turetta all decided to leave the group, each to embark on their own “personal” pathways.

As we saw earlier, on several occasions and for various reasons, the story of the Mignon group has seen photographers arrive and depart. Every time this happened, it was due to particular circumstances dictated by the times, and was naturally the outcome both of a given photographer’s personal experience and of their interaction with the rest of the group. Every group has its own particular identity, with its own demands and expectations, even though they are always the result of the contributions of all of its members. There were always different points of view to consider, especially in this particular phase of the group’s life, which was characterized by great changes and significant novelties.

On the one hand, Tassitano felt that: “the group’s original goal had been achieved, i.e. the creation of a transversal, ‘other’ identity vis-à-vis the single individuals involved, who could make way for a third outlook on the world that they had all contributed to developing … On paper, the experiment seemed interesting, but in practice it exposed the photographers involved to the risk of more or less consciously adopting the type of image typical of the group, as if the diversity preciously expressed in the role of individual authors had suddenly been remodeled to suit the compositions and subject matter imposed by the trademark… Why not underscore in a group project the value of these individual characteristics, and the strengths that had led to a given author being chosen, making an effort to avoid the tendency to move towards a single, inseparable aesthetic that seems to prevail? What contribution can we offer, even to a noble cause, if we lack a biography, if we avoid any experience that can question our idea of ourselves? Ultimately, I think the artistic expression of a group should serve as an added value to the individual author’s personality, not as a refuge. These are the main reasons that sadly induced me to chart a different course from that of my friends in Mignon”.

Turetta’s point of view seems to be quite the reverse: although he chose to leave the group at around the same time, he said that “Mignon can give the feeling of a monolithic machine that infuses an energy capable of exponentially accelerating your own growth as a photographer, although maintaining and nourishing your own individuality within the group necessarily involves a dialectic process. But in my particular case, as the more “heretical” traits of my style were taking shape, my individuality was seen as a resource and an opportunity rather than a threat. That is another reason why, to anyone coming closer to Mignon now or in the future, I feel I can recommend that they resist the temptation to adapt to a style that might be perceived as dominant. The best thing that can happen is for you to find a clarity of vision, through perseverance and honesty, that will also be of value to the others”.

Clearly, such different approaches not only prompted some of the Mignon group’s members to leave, but also characterized their life and influenced their activities as individuals within the group.

Certainly their opinions helped the group to cast solid foundations for a renewed way of intending the life of the group and of the individuals belonging to it.

What has always remained, unquestionably, is the remarkable energy that the group is capable of putting into the projects undertaken by the group as a whole and by its individual members. Right from its origins, the whole history of photography has seen the birth and growth of groups that have been fundamental to the formation and artistic emancipation of individual photographers, as well as nurturing a capacity for expression and communication that it would have been difficult for isolated voices to generate. As André Gunthert explained, by joining forces on the grounds of pragmatic motives for exchanging information and sharing experiences, specialists discover other resources afforded by a collegial approach: a better recognition; more influence on the public debate; a greater facility in circulating ideas; and even, following a framework amply tested in the field of literature, the chance to transform the marginal into the avant-garde (L’Art de la photographie des origines à nos jours, eds. André Gunthert and Michel Poivert; Paris: Citadelles-Mazenod, 2007).

51

Fatima Abbadi PARIGI 2007

2013-2015 Nuove prospettive, stesso orizzonte.

Il 2013 si apre con una collettiva dedicata alle donne dal titolo “8 Marzo - 8x8 - 8 autori x 8 visioni”, esposta a Villa Bassi-Rathgeb di Abano Terme, nella quale vengono coinvolti anche i fotografi Giovanni Garbo, Michelangelo Cao e Leonio Berto. E’ l’avvio di una proficua collaborazione con l’Amministrazione della città padovana, dove tra il 2013 ed il 2015 vengono allestite altre cinque esposizioni.

E’ un periodo, questo, nel quale il gruppo, dopo l’esperienza di “Questioni Personali”, si apre con entusiasmo a nuove collaborazioni anche abbracciando generi collaterali rispetto alla Street Photography. Racconta infatti Garbo: “Non mi sento propriamente un fotografo di strada: il mio è un approccio più che altro documentaristico. Da anni riprendo la mia terra e le persone che la vivono e, nel 2010, ho deciso di documentare la tragedia dell’alluvione di Bovolenta, che mi ha colpito personalmente. Ricordo che in quei giorni, mentre cercavo di salvare le nostre cose dal mare d’acqua che aveva invaso casa mia, allo stesso tempo sentivo l’esigenza di ‘salvare’ il ricordo di quella tragedia. Sentivo l’importanza che avrebbe avuto il fatto di poter rivedere quelle case sommerse d’acqua, per riflettere su quanto sia fragile la nostra terra. La fotografia ha la capacità di alimentare il ricordo, è per questo che ora sto documentando le realtà lavorative del mio paese.

Cerco di rendere nelle immagini la passione che la nostra gente ha per il lavoro, per far capire fino a che punto il nostro tessuto sociale si basi sulle piccole attività artigianali e commerciali. E’ bello vedere che se si spiega alla gente questo aspetto della fotografia si viene accolti a braccia aperte.

Nella realizzazione di questo lavoro, l’essere parte del gruppo Mignon è fondamentale: è grazie al confronto che il progetto sta crescendo e prendendo una sua struttura …”.

Oltre all’approccio documentaristico di Garbo, che nella mostra “8 Marzo - 8x8 - 8 autori x 8 visioni” propone una lettura delle attività commerciali del suo paese dedicando i propri scatti alle donne che ci lavorano, il gruppo coinvolge anche Michelangelo Cao, che interviene con un lavoro più propriamente ritrattistico, raccontando l’ospedale di Padova attraverso lo sguardo delle donne impegnate nel lavoro di corsia o di ricerca medica. Racconta Cao dell’incontro con Mignon: “In quel periodo ero alla ricerca di nuovi significati, di nuovi progetti, di nuovi ideali. Avevo sempre

Giovanni Garbo BOVOLENTA 2010

54

2013-2015 New prospects, same horizon.

The year 2013 began with a collective exhibition dedicated to women and entitled “8 Marzo – 8 x 8 - 8 autori x 8 visioni” (March 8th – 8 x 8 - 8 authors x 8 views) at the Villa Bassi-Rathgeb in Abano Terme, which also included works by the photographers Giovanni Garbo, Michelangelo Cao and Leonio Berto. This marked the start of a profitable cooperation with the local authority in Abano where another five exhibitions were arranged between 2013 and 2015.

This was a time when, in the light of its experience with “Questioni Personali”, the group enthusiastically opened its doors to new forms of cooperation, also embracing different genres alongside Street Photography. Garbo told us: “I don’t really see myself as a street photographer: mine is an approach that is basically documentary. For years I have been taking photographs of my home village and the people who live there, and in 2010 I wanted to document the tragedy of the flooding in Bovolenta, that also affected me personally. I remember those days: while I was trying to salvage our belongings from the floodwater that had invaded our home, at the same time I felt the need to salvage some memory of the tragedy. I felt it would be important to be able to look again at those homes submerged by the water, to reflect on how fragile our territory is. Photography has the capacity to nourish our memories, and that is why I am now documenting the working life of my area. What I am trying to reproduce in my images is the passion that our people put into their work, to make it clear just how much our social fabric relies on the small-scale artisan and commercial activities. It is good to see that, if I explain this aspect of photography to people, they receive me with open arms. Being part of the Mignon group was fundamental to the preparation of this work. It is thanks to my interaction with the other members that the project grew and took shape…”.

Alongside Garbo’s documentary approach (for the “8 Marzo - 8x8 - 8 autori x 8 visioni” exhibition, he produced an interpretation of the commercial activities of his village, dedicating his photographs to the women who work there), the group also enlisted Michelangelo Cao, who contributed a set of portraits that tell the story of the hospital in Padua through the eyes of women working on the wards or doing medical research. This is what Cao had to say about his encounter with Mignon: “During that time, I was looking for new meanings, new projects, new ideals. I had always seen photography as an intimate way of expressing my affect, but although I had achieved a fair degree of technical expertise, I had always lacked the strict sense of a project that enables you to make the qualitative jump from merely ‘taking photographs’ to ‘doing photography’. The group taught me to observe the world around me with new eyes. I was made to understand what I needed to do to improve. I was urged never to be self-satisfied. When I was working on my photographic project, they accompanied me every step of the way, serving as a fundamental reference and opportunity for an exchange of ideas”.

The “8 Marzo – 8 x 8 - 8 autori x 8 visioni” exhibition was also an opportunity to lend visibility to the work of a highly-talented photographer who, until he met Mignon, had lacked the opportunity to promote his work. Leonio Berto’s photographs, a study of the people of Venice on which he had been concentrating all his efforts for more than a decade, had already been exhibited several years earlier in Correzzola (again under the Mignon group’s direction) and, in a more organic form, a few months earlier in Asolo. A selection of some of Berto’s photographs included in the “8 Marzo – 8 x 8 - 8 autori x 8 visioni” show met with such success that the group decided to organize his first personal exhibition in Abano, complete with the corresponding book, which was entitled “Venice. Any color you like”. In the journal “Veneto & Veneti” (issue 25 of 2011), Romagnosi wrote about Leonio Berto and the photographic stage on which he, like the Mignon group, had to operate: “Nowadays, most photographers prefer the more sensationalist aspects of photography, but it is difficult to gauge how a city ‘breathes’ from their images as we do in Leonio’s photographs. His are real-life images that restore Venice and its people going about their daily lives for what they really are… It is proof, yet again, that there is no lack of good photographers in Italy, but often - as in Leonio’s case - they closely resemble their pictures and, in a world like ours where you need to be arrogant, to push and shout to make your presence felt, they prefer to carry on tracking down that very special shot. It is up to us to discover them and make them known”.

The group’s new commitment in this sense prompted several important novelties. For the first time, Mignon promoted a photographic effort dedicated to Street Photography but entirely in color.

55

vissuto la fotografia come un modo per esprimere la mia affettività e intimità ma, per quanto avessi raggiunto una discreta competenza tecnica, mi era sempre mancata la progettualità ed il rigore che consentono di fare il salto qualitativo dal semplice ‘scattare una foto’ a ‘fare fotografia’. Mi hanno insegnato ad osservare con occhi nuovi il mondo che mi circonda, mi hanno fatto capire cosa avrei dovuto fare per migliorare, mi hanno esortato a non accontentarmi. Quando ho realizzato il mio progetto fotografico mi hanno seguito passo dopo passo, rappresentando un punto fondamentale di riferimento e confronto”.

La mostra “8 Marzo - 8x8 - 8 autori x 8 visioni” offre anche l’occasione per dare visibilità all’opera di un fotografo di grande talento ma al quale sono mancate, prima dell’incontro con Mignon, le occasioni di promozione che il gruppo decide di offrirgli. Il lavoro fotografico di Leonio Berto, un’indagine sulla gente di Venezia a cui dedica tutti i propri sforzi da oltre un decennio, è già stato esposto diversi anni prima a Correzzola sempre a cura di Mignon e in forma più organica qualche mese prima ad Asolo. Le foto di Berto, riproposte con una selezione di pochi scatti per la mostra “8 Marzo - 8x8 - 8 autori x 8 visioni”, riscuotono un successo tale che il gruppo decide di dedicargli la prima mostra personale che viene realizzata ad Abano, corredata dal relativo fotolibro “Venice. Any colour you like”. Scrive Romagnosi nella rivista “Veneto & Veneti” numero 25 del 2011, a proposito della figura di Leonio Berto e del panorama fotografico nel quale realtà come la sua, e come quella del gruppo Mignon stesso, si trovano ad agire: “Oggi i fotografi prediligono più l’aspetto ‘sensazionalistico’ della fotografia. Difficile sentire il ‘respiro’ della città nelle immagini di questi autori come invece succede nel caso di Leonio. Sono immagini reali prese dal vivo che restituiscono Venezia e le persone nel loro vivere quotidiano per quello che sono … E’ l’ennesima prova che in Italia non mancano affatto i bravi fotografi, ma che spesso, come nel caso di Leonio, essi assomigliano esattamente alle loro immagini e in un mondo come il nostro dove per farsi spazio bisogna agire di prepotenza, piuttosto di urlare e dare spintoni essi preferiscono sempre e solo inseguire quel click. A noi scoprirli e farli conoscere”.

Questo nuovo impegno del gruppo introduce alcune importanti novità. Per la prima volta Mignon promuove un lavoro fotografico dedicato alla Street Photography realizzato interamente a colori;

Davide Scapin FIRENZE 2014

56

Michelangelo Cao LISBONA 2014

In addition, because some of Berto’s photographs were on slides and others on digital media, the group began to pay more attention to this new technology, directly handling the printing of the photographs for the exhibition. They remained faithful to the analogical medium for their own works, but were becoming more interested in the new technological frontiers. For this editorial work, the group also began to work with a different printing house, EBS Editoriale Bortolazzi Stei in Verona, which had been one of the leading printers of photographic books for years, working for some of the best-known museums and most important publishers in the world. This publication undeniably represents an artistic landmark for the group in terms of both the quality of the printed matter (edited directly by the Mignon group thanks to Abbadi’s graphical and computer expertise and Romagnosi’s thorough understanding of the photography publishing world), and the results of the printing process.

After several years of cooperation, this experience led to Leonio Berto and Giovanni Garbo being invited to become members of the Mignon group.

In 2013, an exhibition at the Chiesa del Torresino in Cittadella and a photo book entitled “A Sua Immagine” (In his image) saw the completion of another photographic effort: Romagnosi and Fasolo had guided and followed up the whole developing and editing process over the course of more than two years. It was already in 2011 that the author, Davide Scapin, had attended a Mignon workshop and begun to prepare this work, describing it as: “... a Street Photography project designed to investigate the relationship between man and his images. A journey between the forms of human representation in which man is both actor and spectator at the same time, where the street is the stage in the theatre of life”. Romagnosi and Fasolo shaped the preparation of this project, constantly reviewing the work and providing references for the author drawn from the group’s work. In the preface to the catalogue entitled “Oltre la superficie” (Below the surface), Romagnosi expresses the key concept of Mignon’s approach to photography as transmitted in this work, based on the need to carefully and meticulously interpret every photograph, instead of taking the ‘throwaway’ attitude typical of modern times: “To those who stop to ‘read’ these photographs, I feel the need to urge them to do so with great attention, so that they will be able to appreciate the message that can only emerge as a whole: a kaleidoscope of light and shadow, and figures, and of people restored as figures, that give rise to a beautifully intriguing visual journey. We need to look ‘below the surface’, precisely because the use made nowadays of the world of images is so superficial”. The next year, Davide Scapin was invited to become a member of the Mignon group too.

In 2014, Abbadi held a second exhibition in Abano Terme and produced a second book of her work 57

Mauro Minotto CITTADELLA 2013 Ferdinando Fasolo, Giampaolo Romagnosi, Davide Scapin

inoltre, essendo le fotografie di Berto in parte su diapositiva e in parte digitali, il gruppo si apre a questa nuova tecnologia, curando direttamente la stampa delle foto per la mostra, pur rimanendo per i propri lavori fedele all’analogico ma dimostrando curiosità per le nuove frontiere tecnologiche; infine, per questo lavoro editoriale il gruppo inizia una collaborazione con la EBS Editoriale Bortolazzi Stei di Verona, che da anni è fra i leader nella stampa di libri fotografici, lavorando per i più rinomati musei e le più importanti case editrici del mondo. Questa pubblicazione rappresenta senz’altro un traguardo artistico per il gruppo, sia per la qualità dell’impaginato, curato direttamente dai Mignon grazie alle competenze grafiche e informatiche di Abbadi e alla profonda conoscenza del mondo dell’editoria fotografica di Romagnosi, che per i risultati della stampa.

Dopo questa esperienza, che segue alcuni anni di collaborazione, Leonio Berto e Giovanni Garbo vengono invitati a far parte del gruppo Mignon.

Nel 2013, con una mostra alla Chiesa del Torresino di Cittadella e un fotolibro dal titolo “A Sua Immagine”, trova compimento un altro lavoro fotografico di cui Romagnosi e Fasolo seguono tutta la realizzazione, curandolo e indirizzandolo per più di due anni. Nel 2011, infatti, l’autore Davide Scapin, dopo aver partecipato ad un workshop di Mignon, ha iniziato la preparazione di questo lavoro, definendolo “... un progetto di Street Photography volto ad indagare il rapporto tra l’Uomo e le sue Immagini. Un viaggio tra le forme della rappresentazione umana nel quale l’Uomo è al contempo attore e spettatore sul palcoscenico della strada e nel teatro della vita”. Romagnosi e Fasolo fanno letteralmente da guida nella stesura di questo progetto, grazie alle continue revisioni del lavoro e ai riferimenti che l’autore trova nell’opera del gruppo. Nell’intervento di presentazione del catalogo, dal titolo “Oltre la superficie”, Romagnosi esprime un concetto chiave dell’approccio fotografico di Mignon, che viene trasferito in questo lavoro, basato sulla necessità di una lettura attenta e meticolosa delle immagini fotografiche, contro l’approccio “usa e getta” tipico della contemporaneità: “Ritengo essenziale rivolgermi a quanti si fermeranno a ‘leggere’ queste fotografie, per invitarli a farlo con attenzione, in modo da poter godere del messaggio che solo nell’insieme ne esce: un caleidoscopio di luci e ombre, figure e uomini a loro volta restituiti in figure che creano la bellezza di un percorso visivo accattivante; occorre appunto andare ‘oltre la superficie’ proprio perché superficiale è l’uso quotidiano a cui è relegato ormai il mondo delle immagini”. L’anno successivo anche Davide Scapin viene invitato a far parte del gruppo.

Nel 2014, la seconda mostra di Abano Terme ed il secondo libro vengono affidati al lavoro di Abbadi “Orientalismi Paralleli”. Di origini italo-giordane palestinesi, Abbadi studia e indaga fotograficamente, da molti anni, il fenomeno dell’Orientalismo, responsabile di una visione distorta della cultura mediorientale da parte di quella occidentale, nel tentativo di redimerne l’immaginario visivo e riavvicinare questi due mondi. Scrive Fabio Marigliano in “Fotografia Reflex” 10/2014: “Le immagini di Abbadi si allontanano dallo stereotipo che rappresenta la civiltà araba, ci avvicinano all’oriente non stigmatizzato, una fotografia quotidiana, che coglie il vivere di ogni giorno, quasi poetico, affettuoso, che la fotografa con le sue immagini ci regala. Le immagini sembrano non avere più una posizione geografica, donne, uomini, spazi e paesaggi si fondono in una armonia artistica, un senso di umanità condivisa”. Si tratta di un lavoro che completa ed amplia una ricerca che la Abbadi ha condotto dapprima sull’universo femminile, e che sta riscuotendo grandi consensi sia in ambito nazionale, con mostre a Roma, Tolentino, Padova, Milano e Mestre, che su scala internazionale essendo stato richiesto per esposizioni in Giordania e in Inghilterra.

Il terzo lavoro proposto ad Abano riguarda l’opera di Fasolo, che realizza “Street/Straight into the camera”, un racconto nel quale l’autore ci porta dentro l’immagine nella magia dell’attimo in cui la poetica dell’atto fotografico si dissolve e diventa incontro di sguardi. Anche in questa occasione, per 58

called “Orientalismi Paralleli” (Parallel Orientalism). Abbadi has Italo-Jordanian and Palestinian origins, and for many years she has studied and experimented with the phenomenon of Orientalism, responsible for the West’s distorted view of Middle Eastern culture, in an effort to redeem the latter’s visual imagery and bring these two worlds closer together. Fabio Marigliano wrote in “Fotografia Reflex” (10/2014): “Abbadi’s photographs move away from the stereotypic representations of Arab civilization, and bring us closer to an Orient that is not stigmatized. Her photographs are drawn from daily life, and the photographer’s images capture the almost poetic, affectionate facets of day-today living. The images seem to have no particular geographical location: women, men, spaces and landscape blend into an artistic harmony, giving a sense of shared humanity”. This work completes and expands on a study that Abbadi conducted focusing primarily on the female universe. It has met with great success, both at home (with exhibitions in Rome, Tolentino, Padua, Milan and Mestre), and abroad, where exhibitions have been scheduled in Jordan and England.

The third exhibition in Abano was dedicated to Fasolo’s work and entitled “Street/Straight into the camera”: the author takes us right inside the picture, to that magic moment when the poetry of the action of taking a photograph dissolves into an exchange of glances. On this occasion too, the opening of the exhibition was marked by a multivisual installation edited by Parallelo, projected onto the facade of the Villa Bassi Museum. The exhibition was repeated in the following year in Padua and in Lana, Bolzano.

Again in 2014, Romagnosi worked with the Lineadacqua publishing company on a book called “ReVisioning Venice 1893-2013. Ongania/Romagnosi”. Edited by Angelo Maggi, this photo book is a diachronic documentary work dedicated to a search for the less well-known parts of the lagoon city, revisited 120 years after the completion of the photographic documentary work commissioned by the Venetian editor Ferdinando Ongania. The photographs in this collection were exhibited as part of “Padova Photographia 2014” at the Oratorio di San Rocco.

The previous pages go to show just how busy Mignon has been over the years, promoting a remarkable number of activities. But the year 2015, when the group celebrated its 20th anniversary, saw an explosion of projects of unprecedented quantity and importance.

In March 2015, the group was in Abano again to open a collective exhibition “This is Street Photography. Respect Others - No Web - No Flash!”, a deliberately provocative title suggesting the need to reflect on how Street Photography has recently gone astray. The main reference is to the indiscriminate use of Internet as the only place for exchanging views and proposals, which is inappropriate and definitely restrictive, and even misleading. The exhibition was launched with a text that can be seen as both a reflection and a manifesto, and it could hardly fail to attract attention. It met with applause from many supporters and some criticism, but nonetheless laid the foundations for an exchange of opinions on the topic. “… Our group has been collectively involved in Street Photography for 20 years now and we have never felt the need to explain in detail what we see as the photographic genre most difficult to define.

To us, it is a form of expression through images, a way of being, and a way of experiencing photography. But the time has come for Mignon to speak out: we want to contribute to a reflection on what Street Photography is - and what it most certainly is not.

Street Photography draws on the photographic tradition of the great masters and aims to represent and pay homage to man, showing the exceptional in what is ‘normal’ and using our cameras in a ‘search for others’, that also becomes Paolo Bettella PADOVA 2014 an ‘inner search’. So this is a genre that has served as a Angelo Maggi, Giovanni Garbo, Mauro Minotto, Leonio Berto, container and that, in addition to telling a ‘story’, it also Ferdinando Fasolo, Fatima Abbadi, Giampaolo Romagnosi 59

l’inaugurazione, viene proiettata sulla facciata del Museo di Villa Bassi un lavoro in multivisione a cura del Parallelo. La mostra sarà replicata l’anno seguente a Padova e Lana, (BZ).

Nello stesso anno, Romagnosi realizza con la casa editrice Lineadacqua “Re-Visioning Venice 1893-2013. Ongania/Romagnosi”. Curato da Angelo Maggi, questo fotolibro raccoglie un lavoro di documentazione diacronica dedicato alla ricerca dei luoghi meno noti della città lagunare, rivisti a centovent’anni di distanza dalla realizzazione dell’opera di documentazione fotografica commissionata dall’editore veneziano Ferdinando Ongania. Le opere fotografiche che compongono questo lavoro vengono esposte nell’ambito di “Padova Photographia 2014” all’Oratorio di San Rocco.

Che Mignon, nel corso degli anni, abbia promosso un numero notevole di attività, è già stato documentato nelle pagine precedenti. Tuttavia il 2015, ventesimo anno di vita del gruppo, è un’esplosione di iniziative che per quantità e rilevanza non ha precedenti.

Nel marzo 2015, sempre ad Abano, il gruppo inaugura una collettiva dal titolo “This is Street Photography. Respect Others - No Web - No Flash!”, che si propone come una riflessione volutamente provocatoria sulle recenti derive della fotografia di strada, con particolare riferimento all’uso indiscriminato di internet come esclusivo luogo di confronto e proposta, inadatto e certamente limitante, se non fuorviante. Il lancio della mostra avviene attraverso un testo di denuncia, che si presenta al contempo come una riflessione ed un manifesto, e che non manca di attirare l’attenzione generale, raccogliendo il plauso di molti sostenitori e alcune critiche, ma tuttavia ponendo le basi per un confronto ed una riflessione sul tema: “… il nostro gruppo si occupa di fotografia di strada come collettivo da ormai vent’anni e non ci siamo mai preoccupati di voler definire nel dettaglio quello che riteniamo il più indefinibile dei generi fotografici: per noi significa esprimersi attraverso le immagini, è un modo di essere e vivere la fotografia.

Tuttavia è arrivato per Mignon il momento di dire quello che pensa: vogliamo fornire un contributo di riflessione su ciò che è la fotografia di strada, e cosa non lo è di sicuro.

La Street Photography trova i suoi riferimenti nella tradizione fotografica dei Grandi Maestri e vuole rappresentare l’Uomo rendendogli omaggio, mostrando la ‘normalità’ come qualcosa di eccezionale e usando la fotografia come ‘ricerca dell’altro’ che diventa ‘ricerca interiore’. Una fotografia, quindi, che ha contenuto e che, oltre ad essere ‘una storia’, ha la capacità di sedimentare e ‘fare storia’. E’ la fotografia di chi cerca di imparare dalle lezioni di quelli che lo hanno preceduto, di chi si confronta apertamente e direttamente con gli altri e ama vedere le mostre con gli originali, stampare le proprie immagini, documentarsi nei libri fotografici, di chi omaggia ogni sconosciuto quando gli scatta una foto. E’ una fotografia che non ricerca l’originalità e la provocazione a tutti i costi, ma che risulta intramontabile nella sua funzione di linguaggio condiviso. E’ la fotografia che cerchiamo di fare da vent’anni.

Tuttavia si è sviluppato un modo diverso di intendere il genere, in voga sopratutto nel Web, nel quale non sono tanto le persone ad essere al centro della ricerca del fotografo ma è piuttosto un certo gusto morboso per ‘l’altro’ inteso come ‘diverso’, come ‘soggetto intrigante’, oggetto di uno ‘sguardo’ che non vuole capire e conoscere ma che osserva senza vedere. Una fotografia che sembra quasi ampliare le distanze più che ridurle, nella quale è l’eccezionale a essere riportato ad una condizione di normalità, ma in chiave svilente. Se la fotografia di strada, quella che si propone come interprete del mondo reale, si rifà al lavoro del miglior fotogiornalismo e alla pagina memorabile della fotografia umanista sopratutto francese, fino ad arrivare alla vera e propria Street Photography americana degli anni cinquanta e sessanta, i ‘nuovi streeter’ … cercano ‘cose strane’, ‘fatti strani’, ‘gesti stravaganti’.

Niente poesia, niente pathos, niente lirismo. Molti inoltre non sono minimamente interessati all’Uomo in quanto tale, ma cercano solo stranezze e coincidenze (di forma, cromatiche, gestuali).

Nel Web impazzano tutorial e consigli confondendo la Street con il reportage e addirittura con il classico ritratto, anche se di perfetti sconosciuti. Ma la cosa più grave è che queste persone sono assolutamente irrispettose degli altri, rendendo decisamente meno edificante la figura del fotografo di strada come esempio di valore sociale; una piaga da combattere, se non altro per il diritto che abbiamo di non essere confusi con ‘loro’ quando andiamo a fare le nostre fotografie … Tanta confusione sull’argomento è dovuta senz’altro ai canali di diffusione delle informazioni, e all’uso indiscriminato che molti ne fanno. Il problema fondamentale sta nel fatto che molta informazione di basso profilo (che non significa formazione!) si è spostata sul Web. Libri e riviste di settore, un tempo strumenti chiave per la formazione del fotografo, oggi sono sempre più disinvoltamente 60

has the capacity to act as a depository and to ‘make history’. It is the photography of those seeking to learn from the lessons of those who went before, of people who exchange ideas directly with others and with an open mind, who love to see exhibitions where the original prints are on show, to print their own pictures, to learn from photography books, and to pay homage to every stranger whose photographs they have taken. It is a photographic genre that does not seek to be original or provocative at all costs; it is timeless in its function as a shared language. This is the photographic genre that we have been striving to practice for 20 years.

A different meaning has been lent to this genre, however, becoming fashionable especially on the web, in which the photographer focuses not on people, but on a certain morbid taste for ‘others’ intended as people who are ‘different’, ‘intriguing subjects’, the object of a ‘glance’ that makes no effort to understand or get to know, it merely observes without seeing. A photography that seems almost to widen rather than narrow the distances, in which the exceptional is restored to a condition of normality, but given a demeaning interpretation. While Street Photography, the genre that proposes to interpret the real world, has its roots in the works of the best photojournalists and the memorable page of humanist photography (especially in France), which led all the way to the American Street Photography proper of the 1950s and 60s, the ‘new streeters’ … are looking instead for something ‘strange’, for odd events and extravagant gestures. There is no poetry, no pathos, no lyricism. Many are not the least bit interested in man as such, but only in capturing something unusual, some coincidence (of form, color, or gesture). The web abounds with tutorials and advice that confuse Street Photography with photo reporting, and even with classic portrait photography, even though the subject is a perfect stranger. But the worst thing of all is that these people have absolutely no respect for others, making the figure of the street photographer decidedly less edifying as an example of social value. We need to combat this trend, if for no other reason than because we rightly do not wish to be confused with ‘them’ when we go out to take our photographs … So much confusion on the topic is certainly due to the information channels used, and to the indiscriminate way in which many use them. The core issue lies in that a great deal of low-profile information (which contains little or nothing that could be termed ‘formative’) has shifted onto the web. Books and specialist journals, once the key tools for the trainee photographer, are increasingly neglected today, replaced by websites, blogs and social networks, where people can quickly and easily find something ‘new’ that is often, all too often, of questionable content. As well as being the outcome of an author’s research efforts, a good book has always been submitted to the critical eye of its readers, whereas the web is a sort of Far West. The information available in Internet often does not take shape in the light of a critical selection; it stands out simply because many users have ‘clicked’ on it and ‘shared’ its content. So the quality of the information is replaced by its quantity. All too often, this means that erroneous information and distorted examples gain the upper hand. As Riccardo Falcinelli said in his “Critica portatile al visual design” (A portable criticism of visual design), the value of an image depends above all on the use that is made of it; the moment a photograph is uploaded on a site where it can be shared ‘unwittingly’, as on Flickr (or the like), it is automatically ‘consumed’ …”.

The exhibition entitled “This is Street Photography” was followed in March with a personal exhibition of Michelangelo Cao’s works called “L’altro volto della neurologia” (The other face of neurology), edited by Mignon. Then, in April, came a personal exhibition and a book “Parole e Luce” (Words and light) of photographs by Giorgio Pandolfo and poetry by Antonella Pandolfo.

In May, Fatima Abbadi, Giampaolo Romagnosi and Ferdinando Fasolo took part in “Reflective Landscape. Il paesaggio veneto e i suoi produttori” (The Veneto landscape and its manufacturers), an exhibition arranged as part of an event running alongside Expo 2015 (commissioned by the Fondazione Marcianum), edited by Angelo Maggi and housed at the Chiostro del Palazzo del Seminario Patriarcale in Venice.

In September, the group presented a collective work dedicated to the town of Abano Terme. The book “Next Stop Abano Terme” charts a visual and emotional thematic course to rediscover this spa resort near Padua, interpreted through a series of present-day images and diachronic crossreferences.

October saw the opening of an exhibition of Giovanni Garbo’s “Il lavoro di un paese” (A town at work) with the corresponding book of photographs documenting his study on Bovolenta’s manufacturing and commercial activities. Meanwhile, the Mignon group was invited to the Trieste Photo Days, an international photography festival dedicated in 2015 to Street Photography, where 61

sostituiti con pagine di siti, blog e social network, alla ricerca di ‘notizie’ facili e veloci quanto, troppo spesso, discutibili nei contenuti. Se un buon libro, oltre ad essere frutto della ricerca dell’autore, è da sempre sottoposto al vaglio della critica dei lettori, il Web è invece una specie di ‘far west’. In Internet, spesso le informazioni non prendono corpo alla luce di una selezione critica ma vengono valorizzate solo perché ‘cliccate’ e ‘condivise’ da molti. Alla qualità della notizia si sostituisce quindi la quantità.

In questo modo, troppo spesso, informazioni errate ed esempi distorti prendono il sopravvento.

Come evidenziato da Riccardo Falcinelli nel suo ‘Critica portatile al visual design’, un’immagine è soprattutto ‘l’uso che se ne fa’; nel momento stesso in cui le fotografie vengono inserite in strumenti di ‘condivisione inconsapevole’ come Flickr (o similari) sono automaticamente ‘consumate’ …”.

Alla mostra “This is Street Photography” seguono a marzo la personale di Michelangelo Cao “L’altro volto della neurologia”, curata da Mignon, e ad aprile la personale ed il fotolibro “Parole e Luce”, con fotografie di Giorgio Pandolfo e poesie di Antonella Pandolfo.

In maggio Fatima Abbadi, Giampaolo Romagnosi e Ferdinando Fasolo partecipano a “Reflective Landscape. Il paesaggio veneto e i suoi produttori”, una mostra fotografica organizzata nell’ambito degli eventi collaterali di Expo 2015, voluta dalla Fondazione Marcianum, curata da Angelo Maggi ed allestita nel Chiostro del Palazzo del Seminario Patriarcale di Venezia.

In settembre, il gruppo presenta un lavoro collettivo dedicato alla città di Abano Terme. Il libro “Next Stop Abano Terme” rappresenta un vero e proprio percorso visivo tematico ed emozionale alla scoperta della città padovana, letta attraverso immagini attuali e rimandi diacronici.

In ottobre viene inaugurata la mostra di Giovanni Garbo “Il lavoro di un paese”, corredata dal relativo libro, che raccoglie un’indagine di documentazione fotografica dedicata alle attività produttive e commerciali di Bovolenta. Nello stesso mese, il gruppo viene invitato al Trieste Photo Days, festival internazionale di fotografia dedicato nel 2015 alla Street Photography, e la mostra “Istanti”, che ripercorre in trenta significative immagini la storia del gruppo, diventa uno degli eventi di punta della manifestazione.

In novembre, Fatima Abbadi espone “Orientalismi Paralleli” al The Arab British Centre di Londra, mentre il gruppo viene invitato ad ArtePadova 2015.

Il 2015 si chiude, quindi, con importanti eventi di respiro nazionale ed internazionale, mentre nuove idee, proposte e iniziative per l’anno successivo sono già in programma ancora prima che quello in corso si concluda.

Da qui, ne siamo certi, ripartirà la storia del gruppo Mignon, per raccontare altri vent’anni visti attraverso l’obiettivo della macchina fotografia.

Giampaolo Romagnosi VENEZIA 1997

62

the “Istanti” (Moments) exhibition retracing the group’s history in 30 significant images became one of the most successful events at the show.

In November, Fatima Abbadi was exhibiting her “Orientalismi Paralleli” at the Arab British Centre in London, while the other members of the Mignon group were busy at ArtePadova 2015.

The year 2015 thus ended with a spate of important national and international events, and new ideas, projects and schemes for the year to come were already being hatched before the year was out.

So we can be sure that the story of the Mignon group goes on, and will be able to tell us about another twenty years seen through the lenses of its members’ cameras.

Fatima Abbadi PARIGI 2011

63

Riflessioni per i prossimi vent’anni e oltre.

Con queste parole il 19 ottobre 2003, a Forte dei Marmi, Walter Rosenblum descrive la “sfida” di essere fotografi: “… i buoni fotografi sono pochi, è molto difficile diventare un buon fotografo, molto difficile. Diversamente da un pittore che fa quello che gli pare, il fotografo tratta con il mondo a livello immediato, e il fotografo deve riuscire a vedere tutto e subito. Un pittore va a casa con un’idea in mente, poi la può cambiare, la può rielaborare, ma non lo puoi fare con la fotografia perché è un istante che devi catturare. Perché dovete non soltanto tener conto dello sfondo, ma anche di quello che c’è in primo piano. E’ una sfida. La maggior parte della vita lo è”.

Questo è lo spirito con cui i fotografi Mignon hanno dedicato vent’anni alla fotografia, e lo hanno fatto senza “fare i fotografi” professionalmente, ma “essendo fotografi” intimamente.

E’ un’epoca, quella che stiamo vivendo, in cui il mondo delle immagini sembra prendere il sopravvento sull’immaginario che le dovrebbe ispirare. Forse sta diventando troppo facile scattare fotografie che, anche quando tecnicamente ineccepibili, spesso non hanno la capacità di suggerire nulla che vada oltre la superficie del supporto che le contiene. Forse ancora, in modo particolare per la fotografia di strada, il suo essere in questi anni “di moda” non trova ragione nel significato profondo che il mezzo porta con sé sin dall’epoca della sua invenzione: quel rapporto intimo e indissolubile con il Tempo, che la Fotografia ferma nel momento dello scatto e contemporaneamente rende eterno.

A nostro avviso, per collocare la fotografia nell’orizzonte di senso che le compete, è necessario ridefinire l’idea stessa di cultura, per proiettarla entro limiti temporali ampliati ed elevarla al livello che le è proprio se, come evidenzia il premio Nobel Mario Vargas Llosa, “L’opera letteraria e artistica che raggiunge un certo grado di eccellenza non muore con il passare del tempo: continua a vivere ed arricchire le nuove generazioni e ad evolversi con esse. Per questo, sinora le lettere e le arti hanno costituito il denominatore comune della cultura, lo spazio in cui è stata possibile la comunicazione tra gli esseri umani al di là delle differenze di lingue, tradizioni, credenze ed epoche, poiché coloro che oggi si emozionano con Shakespeare, ridono con Molière e si meravigliano con Rembrandt e Mozart dialogano con coloro che li hanno letti, ascoltati e ammirati in passato” (Mario Vargas Llosa, La civiltà dello spettacolo, Torino 2013).

Riprendendo le parole di Naomi Rosenblum “In una società dove molte persone posseggono una macchina fotografica e scattano foto per strada, è importante riconoscere che non tutta la ‘Street Photography’ desta lo stesso livello di interesse. Immagini capaci di sottolineare i nostri sentimenti nei confronti del mondo in cui viviamo devono contenere qualcosa di più di un mero soggetto intrigante.

I fotografi che lavorano in bianco e nero, cosa insolita in questo periodo di fotografia digitale a colori, devono creare ordine pittorico attraverso un attento equilibrio di luce ed ombra. Oltre ad una marcata sensibilità per il modo in cui la luce crea la forma, il fotografo deve anche scegliere un punto d’osservazione che permetta allo sfondo e al primo piano di integrarsi. L’abilità nel gestire i complessi elementi in una qualsiasi scena, è il fattore decisivo nella creazione di un’immagine che desti più di un interesse momentaneo” (Naomi Rosenblum, “Mauro Minotto Fotografo Mignon”, in Mauro Minotto, Piove di Sacco 2005).

In queste frasi, alcuni termini appaiono particolarmente significativi: “qualcosa di più di un mero soggetto intrigante” e “un’immagine che desti più di un interesse momentaneo”. Essi descrivono proprio i limiti, concettuali e di senso, che porta con sé un certo modo di intendere, oggi, la fotografia di strada.

Ritorna allora alla mente la riflessione proposta per la mostra “This is Street Photography”: omaggiare l’Uomo con ogni scatto, non ricercare morbosamente il diverso; poesia, pathos, lirismo, non ricerca di “cose strane”, “fatti strani”, “gesti stravaganti”; sguardo che vuole capire e conoscere e non solo osservare senza riuscire a vedere. Non è possibile accettare, se non peggio alimentare, una fotografia che sembra ampliare le distanze più che ridurle, nella quale è l’eccezionale ad essere riportato ad una condizione di normalità, ma in chiave svilente per il soggetto ritratto e per l’immagine stessa dell’Uomo, oltre che del fotografo di strada.

Probabilmente oggi, riteniamo, abbiamo più che mai bisogno che questi due modi di intendere la fotografia, e in definitiva “l’altro”, non vengano confusi. La fotografia che ha per soggetto l’Uomo ha bisogno di tralasciare superficiali “effetti speciali” e di tornare a cercare le persone e le loro emozioni.

Tantomeno è accettabile l’attacco alla libertà di espressione, perpetrato da più parti, in difesa di 64

Ideas for the next 20 years and more.

On 19 October 2003, at Forte dei Marmi, Walter Rosenblum described the ‘challenge’ photographers face along the following lines: “… There are very few good photographers, and it is very difficult to become a good photographer, very difficult. Unlike a painter who does what he likes, the photographer deals with the world on an immediate level, and the photographer must succeed in seeing everything instantly. The painter goes home with an idea in his mind, then he can change it, he can rework it, but you can’t do that with a photograph because it is an instant that you have to capture. Because you must not only take the background into account, but also what there is in the foreground. It is a challenge. Most of life is.”

This is the spirit in which the Mignon photographers have dedicated 20 years to photography, and they have done so without being ‘professional photographers’, but ‘being photographers’ in their heart of hearts.

In the times in which we live, the world of images seems to get the better of the imaginary world that should inspire them. It may be that it is becoming too easy to take photographs that - even when technically perfect - often lack the capacity to suggest anything below the surface of the material supporting them. Or it may be that, because Street Photography has become ‘fashionable’, it can no longer express the profound meaning that the photographic medium has embodied ever since it was invented: that intimate and indissoluble relationship with time that photography can capture with a click of the shutter and make it last forever.

In our opinion, to put photography on the horizon of sense it deserves, we need to redefine the very idea of culture, to project it within broader time limits and raise it to its rightful level. As Nobel prizewinner Mario Vargas Llosa put it, “A literary and artistic work that achieves a certain level of excellence does not die with the passing of time; it continues living and enriching new generations and evolving with them.

That is why, until recently, literature and the arts were the common denominator of culture, the space where communication between human beings was possible despite differences in language, traditions, beliefs and eras, because people who today are moved by Shakespeare, who laugh with Molière and are dazzled by Rembrandt and Mozart, maintain a dialogue with those who read them, listened to them and admired them in the past”. (Mario Vargas Llosa, “The Civilization of the Spectacle” in Notes on the Death of Culture, Faber and Faber, 2015 ).

Returning to the words of Naomi Rosenblum, “In a society where many people own cameras and make snapshots in the street, it is important to recognize that all street photography is not of equal interest.

Images that would enhance our feelings about the world we live in must deal with more than just intriguing subject matter. Photographers who work in black and white – itself unusual in these days of digital color capability – must create pictorial order through an attentive organization of light and shadow.

Along with a marked sensitivity to the manner in which light creates form, the photographer must also select a vantage point that will allow background and foreground to be integrated. The ability to handle the complex elements in any scene is the decisive

Leonio Berto ABANO TERME 2014

65

quella che viene definita “privacy”. Ci appaiono molto pericolose le argomentazioni di quanti vedono, in questo genere fotografico, un attacco alla riservatezza della persona ed un pericolo per la sua immagine: il grave rischio che corriamo è quello della perdita della memoria collettiva.

Certamente, riprendere persone nella spontaneità del loro vivere quotidiano non è facile; nella società attuale veniamo bombardati da messaggi negativi che invitano alla diffidenza verso l’altro, piuttosto che suggerire vicinanza e reciproca conoscenza. Paradossalmente, questo accade in un’epoca nella quale i sistemi di comunicazione di massa vengono strutturati, ed ampiamente utilizzati, proprio in funzione della massima comunicazione, condivisione, visibilità. Ma quando, a distanza di decenni dalla loro ripresa, ammiriamo le opere dei fotografi cosiddetti “umanisti”, quando osserviamo la Parigi di Doisneau o la New York di Rosenblum, piuttosto che il lavoro dei fotografi della Farm Security Administration, della Photo League, dell’agenzia Magnum o delle migliori pagine del fotogiornalismo internazionale, non possiamo non pensare che senza quelle fotografie la nostra società e la nostra cultura sarebbero più povere. Ci chiediamo, qualora questo approccio colto e sensibile alla fotografia venisse a mancare, quale sarebbe l’immagine dell’Uomo che consegneremmo alle future generazioni. Come ha scritto Vincenzo Cottinelli “… mostrare esseri felici fa bene alla speranza; mostrare uomini e donne diversi fa bene alla tolleranza; mostrare le sofferenze stimola a rimuoverle ... Ciò anche a costo di disturbare qualche privata comodità, qualche disinvoltura, qualche egoismo. Naturalmente e in tutti i casi nel rispetto della dignità umana e senza eccessi non necessari, ma anche nel massimo rispetto della libertà intellettuale e di opinione”.

Certamente, come lasciano trasparire queste parole, un ruolo fondamentale lo gioca l’atteggiamento con il quale i fotografi di strada si pongono nei confronti delle persone che ritraggono; in questo, grande responsabilità hanno tutti i fotografi che ogni giorno percorrono strade e piazze per raccogliere la vita nel suo libero e spontaneo manifestarsi. Ancora una volta ritorna, come un monito, l’insegnamento del Maestro americano: “Ho fotografato sia persone conosciute solo per un momento, che altre con cui avevo un rapporto profondo, ma in ogni caso ho sempre cercato di rendere omaggio ai soggetti che ho fotografato”. Ed ancora, il 28 novembre 2001, mentre racconta del suo lavoro su Pitt Street: “Qualcuno veniva e mi chiedeva perché lo stavo fotografando; rispondevo che ero uno studente di fotografia, che vivevo là dietro e che avevo bisogno di soggetti da fotografare.

Col tempo scoprii una maniera migliore: ogni volta che facevo una foto regalavo una stampa al soggetto, gli dicevo che per me aveva un bell’aspetto, che mi piaceva e per questo lo fotografavo.

Non fui più trattato come un estraneo … I ragazzi giocavano per le strade ed io con loro, entravo nei bar e prendevo il caffè con la gente, divenni parte della strada e la gente divenne mia amica”.

In ultima analisi ci chiediamo: come possiamo, oggi, definire la fotografia del collettivo Mignon e più in generale la fotografia di strada? E’ arte? Si nota facilmente, parlando con i componenti del gruppo, la difficoltà con cui utilizzano il termine “arte”. Un imbarazzo che nasce dalla definizione del termine, per sua natura soggettivo, cangiante, mutevole e sfuggente, non esente dalle influenze dei cambiamenti culturali e sociali.

Sembra difficile, oggi, proporre una “banale” ripresa di vita quotidiana come opera d’arte, anche se crediamo risulti facile dimostrare che si tratta di immagini tutt’altro che banali. Sembra che, a più riprese e da più voci, venga sostenuto il fatto che un’opera possa essere creativa, e dunque opera d’arte, solo se (oltretutto come condizione sufficiente) in essa si possa chiaramente individuare l’elemento soggettivo dell’autore nella lettura della Davide Scapin ABANO TERME 2014 66

factor in creating an image of more than momentary interest.” (Naomi Rosenblum, “Mauro Minotto, Mignon Photographer”, in Mauro Minotto, Piove di Sacco, 2005).

In these sentences, some terms seem particularly meaningful: something “more than just intriguing subject matter” and “an image of more than momentary interest”. They describe the very limits, conceptual and of sense, that come with a certain way of meaning Street Photography.

This brings to mind some comments on the exhibition “This is Street Photography”: we are talking about paying homage to man with every photo we take, not morbidly looking for diversity. Poetry, pathos, lyricism do not concentrate on strangeness, oddities, or extravagant gestures; our gaze wants to focus on understanding, getting to know, not merely on observing without really seeing. It is impossible to accept, much less to nurture, a photographic approach that seems to broaden the distances instead of narrowing them, where it is the exceptional that is normalized, and debased in the process, demeaning the subject depicted and the very image of mankind, as well as the figure of the street photographer.

We believe that today, probably more than ever before, we need to avoid confusing these two ways of interpreting photography and, ultimately, the ‘other’ outside ourselves. A photographic genre that has man as its subject should set aside any superficial ‘special effects’ and focus on looking at people and their emotions.

Equally unacceptable is the attack launched from several sides against freedom of expression, in defense of what they call ‘privacy’. There seems to be a serious hazard inherent in the argument advanced by those who see Street Photography as an attack on the individual’s confidentiality and a danger to their image: we run the risk of losing our collective memory. Taking photographs of people spontaneously going about their daily lives is by no means easy. In today’s society we are bombarded with negative messages that urge us to be diffident about other people rather than making contact and getting to know one another. Paradoxically, this happens at a time when mass communication systems have been designed and are amply used to achieve the utmost communication, sharing, and visibility. But when, decades later, we admire the works of the socalled “humanist” photographers, when we look at the Paris of Doisneau or Rosenblum’s New York, rather than the work of photographers of the Farm Security Administration, the Photo League, the Magnum agency, or the best pages of international photojournalism, we cannot fail to realize that our society and culture would be worse off without these photographs. If this cultured and sensitive approach to photography were to disappear, we wonder what image of man we could hand down to future generations. As Vincenzo Cottinelli wrote: “… Showing happy people is good for hope, showing men and women who are different is good for tolerance, showing suffering prompts efforts to remove it … This also comes at the cost of disturbing some private convenience, some lightheartedness, some selfishness. Always with respect for human dignity, of course, and without unnecessary excesses, but also with the utmost respect for free thinking and freedom of opinion”.

Certainly, as transpires from these words, the attitude with which street photographers deal with the subjects of their photographs plays a fundamental part. Any photographer moving around our streets and squares every day to capture life in its free and spontaneous manifestations has a great responsibility in this sense. We return, here again, to the lesson learned from our American master: “I have photographed people I had known only for a moment and others that I had a more in-depth relationship with, but either way I always tried to pay tribute to the people that I photographed”. On 28 November 2001, while he was explaining his work on Pitt Street, he said: “Someone would come along and ask me why I was taking photographs; I would say that I was a photography student, that I lived around the back, and I needed subjects to photograph. With time, I discovered a better approach: every time I took a photograph I gave the subject a print of it, I told them that they looked good to me, that I liked them, and that was why I took their photographs. I was no longer treated like a foreigner… The children played in the streets and I played with them, I went into the bars and had coffee with the people, I became part of the street and the people became my friends”.

Ultimately we must ask ourselves: how can we define the Mignon group’s photography, and Street Photography in general, today? Is it art?

Talking to the group’s members, it is easy to see that they find it difficult to use the term ‘art’.

Their embarrassment stems from the very definition of a term that, by its very nature, is subjective, changeable, elusive, and can suffer from the influences of cultural and social change. It seems difficult nowadays to label a ‘mundane’ picture of daily life as a work of art, even if we think it 67

rappresentazione. Se cioè, è ravvisabile nell’opera una certa “originalità”. Sono posizioni, queste, molto pericolose e crediamo anche concettualmente deboli.

Non possiamo non ricordare che la fotografia è nata proprio con lo scopo di fornire immagini di qualcosa che, semplicemente, “esiste nella realtà” e, pur interpretandola, per rappresentarla “per quello che è”. Questa è la sua specificità, questa la sua forza, questa l’unica differenza sostanziale da altre forme artistiche o espressive che fanno uso delle immagini.

Cos’è “arte” allora? Non vogliamo certo avventurarci nel tentare di rispondere ad un quesito come questo. Certamente, tuttavia, possiamo dire che quella di Mignon è arte nel senso di un’applicazione tecnica in campo creativo, comunicativo ed espressivo, che riguarda la società e la cultura, in grado al contempo di parlare del suo tempo e trasfigurarlo per consegnarlo autentico e significante al tempo futuro.

E nello stesso momento non è arte, se per arte intendiamo l’espressione della cultura “light”, oggi imperante, votata alla ricerca dell’intrattenimento e del piacere, che Mario Vargas Llosa ha descritto come “… una cultura che incoraggia a compiere il minor sforzo intellettuale possibile, al non preoccuparsi né angosciarsi né, in ultima istanza, pensare, e piuttosto abbandonarsi, in un atteggiamento passivo, a ciò che l’oggi dimenticato Marshall McLuhan - sagace profeta del segno che avrebbe preso la cultura di oggi - chiamava il ‘bagno delle immagini’, la resa prona ad emozioni e sensazioni scatenate da un bombardamento inusitato e a tratti brillantissimo di immagini che catturano l’attenzione, sebbene, per la loro natura primitiva e passeggera, offuschino la sensibilità e l’intelletto del pubblico … Ai nostri giorni, ciò che ci si aspetta dagli artisti non è il talento, né l’abilità, ma la posa e lo scandalo, la loro audacia non è altro che la maschera di un nuovo conformismo …

Adesso tutto può essere arte e nulla lo è, secondo il sacrosanto capriccio degli spettatori, elevati, visto il naufragio di ogni modello estetico, al livello di arbitri e giudici che un tempo spettava soltanto ad alcuni critici … viviamo in un tempo di truffe, in cui il delitto, se è divertente e intrattiene il grosso dei lettori, viene perdonato …”.

Nulla di tutto ciò tocca l’interesse di Mignon, che per vent’anni ha concentrato i suoi sforzi espressivi solo per vedere, conoscere e capire gli esseri umani e per consegnare, ai contemporanei e ai posteri, migliaia di immagini dei propri simili, onorando l’appartenenza di tutti gli uomini ad una sola grande famiglia.

Davide Scapin ASOLO 2012

68

would be easy to demonstrate that an image may be not at all trite. It would seem that many people have claimed on numerous occasions that a work can be creative - and therefore a work of art – if, and only if (as a sufficient condition, what’s more) we can clearly identify the author’s hand in it, a subjective interpretation of the representation. In other words, we need to see a certain ‘originality’ in the work. Such a stance is risky, to say the least, and also – in our opinion - conceptually weak.

We cannot fail to remember that photography was born for the very purpose of producing an image of something that quite simply ‘exists in real life’ and, though we may interpret it, we must represent it ‘for what it is’. This is the specific feature of photography, its strength, the only thing that substantially distinguishes it from others of artistic expression that make use of images. So what is ‘art’? We cannot venture an answer to this question, but we can say that what Mignon does is art in the sense of a technical application in a field that is creative, communicative and expressive, that concerns society and culture, and that is capable at one and the same time of describing its times and transforming them so as to pass them on, authentic and significant, to the future.

What Mignon does is not art, if by art we mean the expression of a “light” culture, so fashionable today, dedicated to seeking entertainment and pleasure that Mario Vargas Llosa has described as “… a culture that favors minimal intellectual effort, at the expense of commitment, concern and, in the final instance, even of thought itself. This culture has given itself over, in a passive manner, to what a critic now relegated to obscurity, Marshall McLuhan – who was a wise prophet of the cultural signs of our times – called the ‘image bath’, a form of docile submission to emotions and sensations triggered by an unusual and at times very brilliant bombardment of images that capture our attention, though they dull our sensibilities and intelligence due to their primary and transitory nature. … In our times, artists are not expected to show talent or skill but rather affectation and scandal, and their daring statements are nothing more than the masks of a new conformity. …

Today, ‘anything’ can be art and ‘nothing’ is, depending on the sovereign whim of the spectator, who has been elevated, since the demise of all aesthetic guidelines, to the level of arbiter and judge, a position once held solely by certain critics. … we live in fraudulent times, in which any offence, if it is amusing and entertains enough people, is forgiven …”.

None of this applies to the interests of Mignon that, for 20 years, has concentrated all of its expressive efforts on seeing, getting to know and understanding human beings, and on offering its contemporaries and people of the future thousands of images of people, paying homage to the one great family of all mankind.

Ferdinando Fasolo PIAZZOLA SUL BRENTA 2003

69

70

UNA SELEZIONE A SELECTION

71

FOTOGRAFIE MIGNON Villa Grimani Valmarana, Noventa Padovana 1999

Claudio Amato ARLES 1994

Angelo Tassitano GANT 1998

Mauro Minotto PARIGI 1998

Giampaolo Romagnosi PARIGI 1998

Ferdinando Fasolo LONDRA 1999

Giampaolo Romagnosi PALERMO 1998.

Claudio Amato CANADA 1996

Ferdinando Fasolo LONDRA 1999

Giovanni Umicini PADOVA 1966

Giovanni Umicini NEW YORK 1991

ALTRE UMANITA’ Oratorio di San Rocco, Padova 2001

Giorgio Pandolfo PADOVA 2001

Giovanni Umicini PADOVA 1965

Ferdinando Fasolo PADOVA 2000

Giorgio Pandolfo PADOVA 2000

Claudio Amato PADOVA 1995

Giampaolo Romagnosi PADOVA 1997

Mauro Minotto PADOVA 1998

Ferdinando Fasolo PADOVA 1999

Marco Turetta PADOVA 2000

Giovanni Umicini PADOVA 1993

LABIRINTI DI LUCE I° ed.

Corte Benedettina di Correzzola, Padova 2001

Marco Turetta MADRID 2000

Giampaolo Romagnosi VENEZIA 2000

Ferdinando Fasolo TRIESTE 1999

Mauro Minotto LONDRA 2000

Angelo Tassitano SICILIA 2001

LABIRINTI DI LUCE II° ed.

Corte Benedettina di Correzzola, Padova 2002

Giorgio Pandolfo MYANMAR 2001

Giampaolo Romagnosi SACRA DI SAN MICHELE 1997

Luciano Schiavon PIOVE DI SACCO 1969

Ferdinado Fasolo LONDRA 1999

Angelo Tassitano LONDRA 2002

Mauro Minotto PADOVA 2001

Marco Turetta PONTELONGO 1999

LABIRINTI DI LUCE III° ed.

Corte Benedettina di Correzzola, Padova 2003

Luciano Schiavon PIOVE DI SACCO 1976

Luciano Schiavon PIOVE DI SACCO 1976

Angelo Tassitano LONDRA 2002

Angelo Tassitano LONDRA 2002

NEW YORK PEOPLE Museo di Villa Breda, Ponte di Brenta, Padova 2003

Giampaolo Romagnosi 2002

Giovanni Umicini 2001

Marco Turetta 2002

Giovanni Umicini 1998

Giovanni Umicini 1995

Giampaolo Romagnosi 2002

Ferdinando Fasolo 2002

Mauro Minotto 2002

Giampaolo Romagnosi 2002

Mauro Minotto 2002

Ferdinando Fasolo 2002

Giampaolo Romagnosi 2002

FERDINANDO FASOLO Museo di Villa Breda, Ponte di Brenta, Padova 2004

PARMA 2003

NEW YORK 2002

SALAMANCA 2001

PADOVA 2000

PADOVA 2000

MAURO MINOTTO Museo di Villa Breda, Ponte di Brenta, Padova 2005

PARIGI 1998

CORTONA 1996

PARIGI 1998

PADOVA 1999

VIESTE 2002

GIAMPAOLO ROMAGNOSI Museo di Villa Breda, Ponte di Brenta, Padova 2005

VALLADOLID 2001

GRANADA 1997

BAGNO VIGNONI 1998

MALAGA 1997

VENEZIA 2002

ANGELO TASSITANO Museo di Villa Breda, Ponte di Brenta, Padova 2006

CALABRIA 1998

SPAGNA 2001

CALABRIA 2004

CALABRIA 2004

CUBA 2005

SPAGNA 2001

GALILEO, TRACCE DI UNA PRESENZA Comune di Marghera, Venezia 2005

Mauro Minotto

Ferdinando Fasolo

Giorgio Pandolfo

Giampaolo Romagnosi

Angelo Tassitano

LUCIANO SCHIAVON DENTRO L’ESSERE, IMMAGINI RITROVATE Museo S. Francesco, Chioggia 2006

PADOVA 1968

PADOVA 1969

PIOVE DI SACCO 1968

PADOVA 1969

CHIOGGIA 1967

LE NUOVE VIE DI PORTO MARGHERA VEGA parco scientifico tecnologico Marghera, Venezia 2009

Giampaolo Romagnosi 2008

Angelo Tassitano 2008

Ferdinando Fasolo 2008

Mauro Minotto 2008

Roberta Lotto 2008

Fatima Abbadi 2008

Giorgio Pandolfo 2008

SOGNARE DI DONNE Galleria Luigi Ghirri Caltagirone, Catania 2009 Museo del Burcardo, Roma 2010 Palazzo Scarpa, Gemona 2010

Giampaolo Romagnosi PARIGI 2007

Fatima Abbadi PARIGI 2007

Ferdinando Fasolo NEW YORK 2002

Angelo Tassitano NEW YORK 2003

Marco Turetta NEW YORK 2003

Giovanni Umicini PADOVA 2001

Marco Turetta NEW YORK 2003

Giovanni Umicini PARIGI 1990

Roberta Lotto DOLO 2007

Mauro Minotto TARVISIO 2006

PONTEGGIANDO - BRIDGING Centro Culturale Altinate / San Gaetano, Padova 2009

Giampaolo Romagnosi CORTE DI PIOVE DI SACCO 2007

Fatima Abbadi PADOVA 2009

Roberta Lotto BRENTELLE 2009

Ferdinando Fasolo VILLA DEL CONTE 2009

Giorgio Pandolfo BRENTELLE 2009

Angelo Tassitano MIRANO 2009

Angelo Tassitano MIRANO 2009

QUESTIONI PERSONALI Palazzo la Loggia e la Castella, Motta di Livenza, Treviso 2012

Giampaolo Romagnosi BOCCASETTE 2008

Giampaolo Romagnosi CORTONA 2007

Marco Turetta CARMEL 2002

Marco Turetta LOS ANGELES 2006

Ferdinando Fasolo ISTANBUL 2011

Ferdinando Fasolo ISTANBUL 2011

Giovanni Umicini MONTE AMIATA SCALO 2004

Giovanni Umicini PADOVA 1966

Giorgio Pandolfo PADOVA 2011

Giorgio Pandolfo PADOVA 2012

Angelo Tassitano CUBA 2007

Angelo Tassitano CUBA 2007

Mauro Minotto SPAGNA 2007

Mauro Minotto NERJA 2001

Fatima Abbadi MIRIAM 2008

Fatima Abbadi NOOR 2008

8X8 8 MARZO - 8 AUTORI X 8 VISIONI Museo di Villa Bassi, Abano Terme 2013

Giampaolo Romagnosi PIOVE DI SACCO 2010 Valeria e Andrea

Giampaolo Romagnosi PARIGI 1998 Valeria

Giovanni Garbo BOVOLENTA 2013 Farmacia Businaro

Giovanni Garbo BOVOLENTA 2013 Bar Caffe Commercio OK 2008

Giorgio Pandolfo ROVIGNO 2003

Giorgio Pandolfo LAGO DI MOLVENO 2006

Ferdinando Fasolo PADOVA 2011

Ferdinando Fasolo PADOVA 2011

Mauro Minotto VIESTE 2002

Mauro Minotto PADOVA 2010 Anna Minotto

Fatima Abbadi LONDRA 2012

Fatima Abbadi LONDRA 2012

Michelanglo Cao PADOVA 2012 Silvia Favaretto

Michelanglo Cao PADOVA 2012 Caterina Disco

Leonio Berto VENEZIA 2008

Leonio Berto VENEZIA 2008

DAVIDE SCAPIN A SUA IMMAGINE Chiesa del Torresino, Cittadella 2013

Vicenza 2012

Padova 2012

Londra 2012

Padova 2012

Verona 2012

LEONIO BERTO VENICE - ANY COLOUR YOU LIKE Palazzo Beltramini, Comune di Asolo, Treviso 2013 Museo di Villa Bassi, Abano Terme 2013

2012

2011

2009

2012

2011

2009

2010

FATIMA ABBADI ORIENTALISMI PARALLELI Museo di Villa Bassi, Abano Terme 2014 Centro Culturale Candiani, Venezia Mestre 2014 Arab British Centre, Londra 2015

SPAGNA 2014

MAROCCO 2012

GIORDANIA 2011

FRANCIA 2013

PADOVA 2013

GIORDANIA 2011

RE - VISIONING VENICE 1893 - 2013 ONGANIA/ROMAGNOSI Giampaolo Romagnosi Oratorio San Rocco, Padova 2013

Giampaolo RomagnosI

Giampaolo RomagnosI

Giampaolo RomagnosI

Giampaolo RomagnosI

Giampaolo RomagnosI

Giampaolo RomagnosI

FERDINANDO FASOLO STREET / STRAIGHT INTO THE CAMERA Museo di Villa Bassi, Abano Terme 2014

LIBANO 2009

CROAZIA 2013

SIRIA 2009

ITALIA 2012

ITALIA 2011

CROAZIA 2013

VENEZIA 2012

MICHELANGELO CAO L’ALTRO VOLTO DELLA NEUROLOGIA Aula Magna, Azienda Ospedaliera di Padova 2015

Corrado Angelini 2012

Alice Riccardi 2011

Giorgio Zanchin 2012

Paolo Gallo 2012

Valentina Coderno 2012

REFLECTIVE LANDSCAPE Chiostro del Seminario Patriarcale, Venezia Expo 2015

Fatima Abbadi AZIENDA PIT, Treviso

Fatima Abbadi AZIENDA PIT, Treviso

Ferdinando Fasolo AZIENDA BORGOLUCE, Susegana TV

Ferdinando Fasolo AZIENDA BORGOLUCE, Susegana TV

Giampaolo Romagnosi VALGRANDE, Bibione VE

Giampaolo Romagnosi VALGRANDE, Bibione VE

THIS IS STREET PHOTOGRAPHY Museo di Villa Bassi, Abano Terme, 2015

Giorgio Pandolfo VENEZIA 2013

Davide Scapin VENEZIA 2013

Michelangelo Cao PORTOGALLO 2014

Davide Scapin ORVIETO 2013

Fatima Abbadi AMMAN 2013

Michelangelo Cao PORTOGALLO 2014

Giampaolo Romagnosi ISEO 2014

Giorgio Pandolfo ROMA 2014

Ferdinando Fasolo PIEVE DI SOLIGO 2011

Giampaolo Romagnosi PIAZZOLA SUL BRENTA 2013

Mauro Minotto SIVIGLIA 2014

Ferdinando Fasolo PARIGI 2002

Fatima Abbadi AMMAN 2014

Mauro Minotto VALENCIA 2013

Leonio Berto BASSANO DEL GRAPPA 2014

Leonio Berto PADOVA 2014

PAROLE E LUCE FOTOGRAFIE DI GIORGIO PANDOLFO POESIE DI ANTONELLA PANDOLFO Libreria Zabarella, Padova 2015

Lacrime come gocce di pioggia che cadono da foglie bagnate.

Scivolano silenziose nella mia mano, amare sulle mia labbra, calde sulla mia anima.

Bruciano il ricordo di te, distruggono la memoria dei giorni, liberano, dolcemente, il domani.

Ti sei posato sulla mia vita leggero come una farfalla muovendo piano le tue ali di luce.

E io ho smesso di respirare ho smesso di muovere persino il mio pensiero felice, assurdamente felice, del tuo istante sulle mie mani.

NEXT STOP ABANO TERME Museo di Villa Bassi, Abano Terme 2015

Foto storica

Giampaolo Romagnosi

Davide Scapin

Davide Scapin

Fatima Abbadi

Davide Scapin

Mauro Minotto

Giorgio Pandolfo

Leonio Berto

Ferdinando Fasolo

Giovanni Garbo

Mauro Minotto

Giovanni Garbo

Giovanni Garbo

Giovanni Garbo

Marco Fogarolo

Marco Fogarolo

Marco Fogarolo

Marco Fogarolo

IL LAVORO DI UN PAESE GIOVANNI GARBO Palazzo Comunale, Bovolenta PD 2015

Carrozzeria F.lli Tramarin

Lavorazione metalli Permo

Industria tessile Berto E. G.

Costruzione stampi Unimolds

Autoriparazioni Auto-Lama

282

Leonio Berto VENEZIA 2002

283

Postfazione Davide Scapin Alcune cose, nella vita, si scoprono lentamente. Capita che ci vengano offerti dei suggerimenti che non siamo preparati a cogliere, capita che alcuni avvenimenti anche apparentemente di poca importanza possano in realtà rivelarsi fondamentali, se osservati dal giusto punto di vista. In fondo la fotografia, riducendone all’osso le modalità, non è altro che questo: la capacità di vedere, scegliendo un particolare punto di vista, ciò che magari era sotto i nostri occhi da sempre, prelevando e conservando una sua significativa traccia. Quando nel 2011 mi sono reso conto, osservando le mie fotografie, che l’Uomo era ciò che mi interessava cercare, qualcosa mi riportò con i ricordi ad alcuni anni prima, e ad alcune mostre fotografiche viste a Padova. Certo, il primo pensiero è andato ai maestri della fotografia sociale e umanista, e agli studi di storia della fotografia degli anni dell’università, guarda caso svolti proprio con il prof. Maggi. Ma, forse perchè si tratta di esperienze tangibili e dirette, qualcosa mi riportò subito alle intense immagini in bianco e nero che ho visto quando, per un periodo, ho seguito da spettatore le mostre fotografiche del gruppo Mignon. Quel che ne ho tratto deve certamente essersi sedimentato in me.

Ritornai quindi con entusiasmo alla ricerca di quel gruppo di fotografi, e colsi l’occasione per partecipare ad un workshop tenuto da Giampaolo Romagnosi e Ferdinando Fasolo. Non mi dilungherò nel descrivere quell’esperienza, perchè questo libro dedicato ai vent’anni di attività del gruppo Mignon credo lo faccia già con completezza.

Devo dire però che colsi con coraggio l’invito posto a tutti i partecipanti: “L’esperienza non finisce qui. Se avete passione e voglia di confrontarvi, noi ci saremo sempre”. Al termine del workshop chiesi quindi di essere seguito nella preparazione del lavoro che prese il titolo “A Sua Immagine”, realizzando due anni dopo la relativa mostra ed il libro. La preparazione di questo lavoro fotografico rappresentò l’occasione per entrare in contatto vero e diretto con Giampaolo e Ferdinando, e fu il tramite perchè io potessi capire ed apprezzare a fondo le loro doti, fotografiche e umane, e credo anche viceversa.

Soprattutto fu il modo per condividere una precisa idea di fotografia, che se per loro era già matura, nel mio caso era latente e in divenire.

Dopo la chiusura della mostra, fu quasi automatico che i nostri rapporti si intensificassero, e tre mesi più tardi fui invitato agli incontri del gruppo. Rimaneva tuttavia per me una difficoltà di fondo: colmare in qualche modo la distanza data dal fatto di partecipare alla vita di un gruppo, pur non facendone ancora parte, che aveva alle spalle una storia già ricca e intensa. L’occasione, tuttavia, mi fu servita su un piatto d’argento. Una sera Giampaolo mi consegnò pile di documenti, riviste, ritagli di giornale, e-mail, audio e videocassette: tutto il materiale riguardante il gruppo raccolto in vent’anni di attività. Ferdinando, invece, mi consegnò alcune parti di un diario che nel tempo aveva minuziosamente raccolto. Di fronte alla mole di quel materiale, dissi che avrei impiegato almeno sei mesi per studiarlo e proporre un testo ed invece, preso dall’entusiasmo, dopo appena due settimane presentai al gruppo un prima bozza.

Completai poi il lavoro intervistando i Mignon e raccogliendo testimonianze e impressioni da tutte le persone che avevano avuto rapporti con il gruppo nel passato. Fu l’occasione per ricucire la trama di una storia che nel tempo stavamo rischiando di perdere, e credo sia stata l’occasione per una profonda riflessione in seno al gruppo stesso.

Nel frattempo il nostro rapporto si fece sempre più intenso, e la condivisione delle istanze e delle idee del gruppo mi portarono dopo alcuni mesi, quando il testo era ormai quasi ultimato, ad entrarne definitivamente a far parte.

Quando Giampaolo e Ferdinando mi hanno invitato a scrivere dei vent’anni di attività del gruppo credo che sapessero che, oltre ad un servizio per Mignon, questo lavoro sarebbe stato altrettanto importante per quello che ne avrei ricavato per me stesso. Ho avuto l’impagabile opportunità di conoscere a fondo le vicende del gruppo, e oggi posso dire che mi sento anch’io, pienamente, un Mignon.

284

Afterword Davide Scapin Some things in life take a while to discover. It sometimes happens that we are offered opportunities that we are not yet ready to grasp, or that something apparently minor happens and only later reveals its fundamental importance, once we have seen it from the right point of view. Basically, in a nutshell, photography is quite simply the ability to see from a particular point of view something that was quite possibly before our eyes all the time, obtaining and preserving a significant record of it.

Looking at my photographs in 2011, I realized that it was mankind that I was interested in, and something triggered memories of a few years earlier, of some of the photography exhibitions I had seen in Padua.

Of course, my first thoughts went to the masters of social and humanistic photography, and to my studies on the history of photography during my years at university, and the courses held - coincidentally – by Professor Maggi. But, possibly because it was such a tangible and direct type of experience, something also immediately reminded me of the intense black-and-white images that I saw when I went over a period of time to see the photography exhibitions organized by the Mignon group. What I gained from them must have made its mark on me.

So I went looking for this group of photographers with enthusiasm, and took the opportunity to attend a workshop held by Giampaolo Romagnosi and Ferdinando Fasolo. There is no need for me to go into detail in describing that experience because I think this book describing 20 years of the Mignon group’s experience already does so in depth. I would like to add, however, that I bravely took up the invitation that was made to all participants, when Giampaolo and Ferdinando said: “The experience doesn’t end here. If you have a passion and are willing to compare your work with others’, we shall always be pleased to see you”.

So, at the end of the workshop, I asked them to help me prepare a work that goes by the title of A Sua Immagine (In his image), and the corresponding exhibition and book were produced two years later. Preparing this photographic work gave me the opportunity to develop a real, direct relationship with Giampaolo and Ferdinando, and provided the means for me to understand and fully appreciate their photographic and human talents, and I hope they felt the same way. Above all, it was a chance to share a particular idea of photography, that in their case was already mature, while in mine it was still latent and developing.

After the exhibition ended, it almost went without saying that our relationship was to intensify, and three months later I was invited to the Mignon group’s meetings. There remained a fundamental difficulty, however: how could I overcome the distance deriving from the fact that (though still not a member) I was taking part in the life of a group with such a rich and intense history behind it. The solution was served to me on a silver platter. One evening, Giampaolo handed over a pile of documents, magazines, newspapers cuttings, e-mails, audio and video cassettes - all the material about the group collected in 20 years of its activity – and Ferdinando gave me several parts of a diary that he had kept in minute detail over the course of time, and they asked me to write the group’s story. Given such an abundance of material, I said it would take at least six months for me to study it and prepare a manuscript, but I became so absorbed and enthusiastic that I presented the group with a first draft after just a couple of weeks. Then I completed the work by interviewing the Mignon photographers and collecting the memories and impressions of other people who had worked with the group in the past. It was a great opportunity to stitch together the whole patchwork of their fascinating story that, with time, might have been lost, and I think it also inspired a profound reflection on the part of the group’s members.

Meanwhile, our relationship became ever stronger and taking part in the group’s exchanges of ideas led me, after a few months (by which time the manuscript was almost complete), to join Mignon as a full member.

When Giampaolo and Ferdinando invited me to write about the 20 years of the group’s activities, I think they were aware that - in addition to doing Mignon a service - my work would be equally important in terms of what I would be able to gain from it. It gave me the priceless opportunity to really get to know the group’s history, and I can say today that I too am a fully-fledged Mignon photographer.

285

BIBLIOGRAFIA - BIBLIOGRAPHY

1999 1997

1999

2001

2001

2002

2003 2003

2005

2005

2004

2006

2006

2012

2014

2015

2007

2013

2014

2015

2009

2013

2014

2015

20 MIGNON VENT’ANNI DI FOTOGRAFIA - TWENTY YEARS OF PHOTOGRAPHY IDEA E DIREZIONE ARTISTICA ART DIRECTION STAFF Fatima Abbadi Ferdinando Fasolo Giovanni Garbo Angelo Maggi Giampaolo Romagnosi Davide Scapin GRAFICA GRAPHICS Fatima Abbadi Giampaolo Romagnosi TRADUZIONI TRANSLATIONS Monica Tonin INTRODUZIONE INTRODUCTION Angelo Maggi TESTO TEXT Davide Scapin FOTOGRAFIA COPERTINA FRONT COVER PHOTOGRAPH Ferdinando Fasolo FOTOGRAFIA RETROCOPERTINA BACK COVER PHOTOGRAPH Giampaolo Romagnosi RINGRAZIAMENTI SPECIAL THANKS Naomi e Nina Rosenblum Elisabetta Da Lio Francesco Lopergolo Filippo Bortolazzi Marina Zecchin Fabio Montecchio Delio Tiozzo Nico Chiapperini Umberto Verdoliva Frances Coburn © FOTO E TESTI DEGLI AUTORI © PHOTO AND TEXTS OF AUTHORS

288

Le Rondini ASSOCIATI - ASSOCIATES Maria Amodio Fares Gabriele Atrash Mauro Barbolini Manuela Bertin Paolo Bettella Claudia Brigato Michelangelo Cao Lia Esposito Andrea Fani Benedetta Fasolo Sabrina Luraghi Claudio Marchi Marco Mattarucco Giorgio Meneghetti Anna Minotto Andrea Romagnosi Carlo Silvestrin Emanuela Simionato Monica Tonin Antonio Verdoliva Lia Verdoliva Umberto Verdoliva Valeria Zambolin Mignon è un’Associazione Culturale no profit per la promozione dell’Arte Fotografica.

Mignon is a non-profit cultural association for the promotion of the photographic arts.

Mignon Fatima Abbadi Leonio Berto Ferdinando Fasolo Giovanni Garbo Mauro Minotto Giampaolo Romagnosi Davide Scapin Mignon Via Gelsi 31 - 35028 Piove di Sacco (PD) tel. +39 348 7003065 info@mignon.it - www.mignon.it “Mignon­le rondini” I° Edizione - I° Edition Maggio 2016 - May 2016 Stampato in Italia da EBS Verona Printed in Italy by EBS Verona

ISBN: 978-7743-410-4

289