IT'S DIFFERENT COLLECTION 48

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It’s Different magazine edizioni Mille srl anno 8 n.48/2017. free press Autorizzazione Tribunale di Ravenna n.1329 del 05/05/2009 - itsdifferent.it

VITA CONTEMPORANEA PHOTO ANDREA VARANI




info@itsdifferent.it n.48/ 2017 DIRETTORE RESPONSABILE Paolo Gentili (paologentili@itsdifferent.it) ART DIRECTOR Tobia Donà (tobiadona@itsdifferent.it COMITATO DI REDAZIONE Laura Sciancalepore (laurasciancalepore@itsdifferent.it) Tobia Donà (tobiadonà@itsdifferent.it) Carlo Lanzioni - Claudio Notturni - Mara Pasti Lehila Laconi FOTO EDITOR Lucia Pianvoglio Crediti fotografici: l’editore è a disposizione degli aventi diritto info@millemedia8.it

Ravenna via Cavina, 19 tel.0544.684226 - 348.7603456 info@millemedia8.it REALIZZAZIONE GRAFICA Luca Vanzi (lucavanzi@itsdifferent.it) WEB DESIGNER Millemedia8 Ravenna www.millemedia8.it STAMPA Tip. GE:GRAF srl Edizione Emilia Romagna

RIVISTA ACCEDITATA

74°MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA La Biennale di Venezia 2017

Immagine copertina Foto: Andrea Varani Styling: Rossella Molteni Make Up/hair: Lorenzo Cherubini Post-produzione: Luca Petraroli Nello scorso numero di It's Different (n° 47/17) , le foto di Antonella Potente nel servizio "La scelta delle donne" a pag. 37 sono state scattate dal fotografo Guido Mencari di Lucca. Ci scusiamo con l'autore per l'omissione.


GERUSALEMME A Bologna, ha aperto al pubblico una straordinaria mostra ,dedicata a quei nomi del mondo dell’arte che hanno rivoluzionato il Novecento. Duchamp, Magritte, Dalì, Ernst, Tanguy, Man Ray, Calder, Picabia e molti altri, tutti insieme per raccontare un periodo di creatività geniale e straordinaria. La determinazione a rivoluzionare l’arte, a rompere col passato e a inventare un mondo nuovo, è raccontata con grande ricchezza narrativa nella mostra: sono infatti oltre duecento le opere esposte, tutte provenienti dall’Israel Museum di Gerusalemme che, con grande generosità, per l’occasione ha svuotato oltre mille metri quadri del proprio percorso espositivo, mettendo a disposizione dei visitatori bolognesi le proprie incredibili collezioni. Tra i capolavori: Le Chateau de Pyrenees (1959) di Magritte, Surrealist Essay (1934) di Dalí,

JOSEPH CORNELL - UNTITLED, CA 1960


KAREL TEIGE - ON THE BANKS OF BAUDELAIRE, 1942

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ANDRE’ MASSON - GOETHE OR THE METAMORPHOSIS OF PLANTS, 1940

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RENE’ MAGRITTE - LE CHATEAU DE PYRENEES (THE CASTLE OF THE PYRENEES), 1959

L.H.O.O.Q. (1919/1964) di Duchamp e Man Ray (1935) di Man Ray. Cinque le sezioni di mostra: Accostamenti meravigliosi, Desiderio: musa e abuso, L’automatismo e la sua evoluzione, Biomorfismo e metamorfosi, Illusione e paesaggio onirico. Dadaismo e il Surrealismo: è passato un secolo da quando queste due fondamentali correnti hanno fatto la loro comparsa e ormai ai nostri giorni accostamenti “meravigliosi”, automatismo, ready made, fotomontaggio, metamorfosi, paesaggi onirici sono per noi ovvi e scontati, in arte e non solo. Ma all’epoca, gli artisti che per primi hanno inventato tecniche, costruito ideologie, scoperto e applicato la psicanalisi freudiana all’arte e alla vita, non solo hanno sfidato e rinnegato la tradizione, ma hanno introdotto materiali e strategie innovativi destinati a trasformare il vocabolario dell’arte e, soprattutto, hanno lasciato un’eredità che non si è ancora esaurita. Spronato dalla devastazione della prima guerra mondiale, il Dadaismo nacque nel 1916 a Zurigo e si diffuse rapidamente a Berlino, Hannover, Colonia, New York e Parigi. Per i dadaisti, la guerra incarnava la prova definitiva del fallimento del razionalismo e della cultura borghese della fine del XIX secolo, al punto che il movimento venne lanciato con alcune


HANNAH HOCH - DADA ERNST 1920/21

JOAN MIRO’ - WOMEN AND BIRDS

MARCEL DUCHAMP - YOUNG MAN AND GIRL SPRING, 1911

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performance contro la guerra al Cabaret Voltaire di Zurigo. Nel Manifesto del 1918, il poeta rumeno Tristan Tzara dichiarò che la parola infantile ma suggestiva “dada” (“cavallo a dondolo” in francese ma non solo questo è il significato attribuito al termine dada), scelta a caso da un dizionario francesetedesco, non significava niente. Nell’intento di distruggere i principi consolidati e decostruire il tradizionale linguaggio dell’arte, i dadaisti adottarono idee e modalità espressive radicali. I loro collage, assemblage, fotomontaggi, ready made, film e performance sono considerate anti-arte nichilista. A raccontare tutto questo, saranno presenti in mostra opere di Kurt Schwitters, Hannah Höch, Erwin Blumenfeld, Marcel Janco, Francis Picabia, Max Ernst, Man Ray e Marcel Duchamp. Il Surrealismo, nato a Parigi nel 1919 sulla scia del fermento dadaista, ambiva invece a una rivoluzione dello spirito e alla ricerca di una realtà nuova, non solo in campo artistico. Ispirandosi all’esplorazione dell’inconscio praticata da Sigmund Freud, il Manifesto del 1924 invocava le forze irrazionali e creative che si nascondono nella psiche umana. L’uso degli accostamenti casuali, dell’automatismo, delle forme biomorfiche, l’immaginario onirico e la

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SALVADOR DALI’ AND HORST P. HORST - THE DREAM OF VENUS, 1939

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KAY SAGE - THE UPPER SIDE OF THE SKY, 1944

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RENE’ MAGRITTE - THE HANDSOME BROODER, 1950

manipolazione di oggetti quotidiani, caratterizzano il lavoro di artisti diversi tra loro come André Breton, Max Ernst, Joan Miró, René Magritte, Salvador Dalí, tutti presenti in mostra. Special Guest sarà la riproduzione dell’opera quadro-simbolo del Surrealismo, Viso di Mae West come appartamento (1934-35) di Salvador Dalí conservata nel Museo Dalí di Figuere, che l’architetto Oscar Tusquets Blanca- che fu amico e collaboratore di Dalì stesso ripropone eccezionalmente nell'allestimento di Palazzo Albergati a Bologna: la stanza-installazione vuole essere un tuffo nel passato a tutti gli effetti, una suggestiva alienazione dello spazio che evidenzierà le sfumature più geniali dell’arte del marchese di Púbol dai celebri baffi all’insù, i suoi giochi di luce, le finte prospettive e l’illusione che si dilata accompagnando la visita del pubblico tra sogno, enigmi e finzione, paesaggi tipici dell’anima di Dalì. La mostra, curata da Adina Kamien-Kazhdan curator of Modern Art at The Israel Museum, vede il patrocinio del Comune di Bologna e dell’Ambasciata di Israele ed è prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia, in collaborazione con l’Israel Museum di Gerusalemme.




VICHINGHI DEL X°SECOLO Scoprire la Normandia e la Bretagna vuol dire intraprendere un viaggio nel tempo, sulla terra dove sbarcarono i Vichinghi nel X secolo, venendo a contatto con le loro fiere tradizioni, le loro immense campagne verdi a perdita d’occhio e le loro fitte foreste. Normandia, inoltre, è anche sinonimo di “sbarco”, legato a quel tragico e storico D-Day della II Guerra Mondiale, ossia all’invasione via mare delle truppe Alleate, che prese il via proprio su queste nordiche spiagge. La Bretagna, invece, è il paese del mare e dei boschi, immersa in scenari idilliaci dove, incastonati come gioielli, si possono visitare moltissimi siti archeologici millenari. Il nostro viaggio prende il via nella meravigliosa ed incantevole cittadina di Chamonix, subito dopo aver superato il traforo del Monte Bianco, uno dei maggiori centri alpini della Francia e luogo ideale per trascorrere delle tranquille e rilassanti vacanze lontane dal vorticoso mondo delle


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nostre città. Ci immergiamo nel suo verde dirompente, passeggiando nei boschi del fondo valle e pedalando in mountain bike sugli impervi sentieri che si snodano fra gole e ruscelli. Riguardo i luoghi naturalistici da visitare, c’è veramente l’imbarazzo della scelta. Non ci facciamo sfuggire la traversata del monte Bianco in funivia, la più lunga del mondo. Il primo tratto ci conduce fino a 2310 metri per poi arrivare fino all’Aiguille du Midi (3842 mt ) dove possiamo godere di un panorama stupendo a 360°, che spazia dal Mont-Blanc du Tacul (4228 mt) al Mont Maudit (4465 mt) ed alla cime del Monte Bianco (4807 mt). Successivamente, presi dalla maestosità del luogo, facciamo un’escursione ai piedi del Mer de Glaces, un ghiacciaio lungo 14 km, usufruendo di un curioso trenino a cremagliera che ci permette anche di visitare un caratteristico Museo Alpino, situato a 1840 metri. Passiamo il resto del soggiorno a Chamonix, visitando il suo incantevole centro dall’aria tirolese, la cui piazzetta principale presenta una bellissima chiesa settecentesca ed il monumento a Balmat, che nel 1786 compi per primo, insieme a Paccard, l’ascensione al Monte Bianco. A malincuore ci distacchiamo da questo luogo paradisiaco ma il nostro itinerario prosegue oltre, in direzione della lontana Parigi, prevedendo una sosta nella mitica Versailles. Qui facciamo

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un’approfondita visita alla famosa Reggia, mossi dalla curiosità verso quella grandiosa maestosità architettonica conosciuta solamente sui banchi di scuola. Il cancello d’onore, il Salone di Diana, il Salone dell’Abbondanza (dove venivano accolti gli artisti), la Camera della Regina sono tutte meraviglie che fanno parte di questo meraviglioso Castello, strettamente legato alla storia francese dei suoi Re e Regine. Riprendiamo il nostro cammino in direzione di Rouen, luogo famoso per il rogo di Giovanna d’Arco e per essere la città di Flaubert, il famoso scrittore francese autore del romanzo “Madame Bovary”. Viaggiando sempre su stradine secondarie e lontani dal traffico caotico dei grandi centri urbani, attraversiamo verdissime praterie che sembrano dipinte su enormi tele, punteggiate da bellissime abbazie secolari ed affiancate dal corso lento e sornione della Senna, che attraversiamo molte volte, utilizzando caratteristici ponti ricchi di storia. Non ci lasciamo sfuggire la visita all’Abbazia di St. Georges, con il suo imponente torrione di difesa e le sue torri gotiche, incastonate nel verde dei giardini sottostanti. Approfittiamo dell’enorme piazzale a disposizione per passare la notte all’interno del nostro caravan, immersi in canti di uccelli e sotto il fresco offerto da alberi secolari. Il giorno dopo facciamo tappa presso l’incantevole porticciolo di Honfleur,

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tipico villaggio fiabesco. Il suo centro è un dedalo di viuzze racchiuse fra case strette le une alle altre, costruite in ardesia, dove è dolce passeggiare osservando gli stili architettonici degli edifici. Il suo porticciolo è un trionfo di barche da diporto e piccoli pescherecci, che ogni giorno rientrano al calar del sole. C’è un formidabile gioco di colori che rende il paese molto caratteristico ed unico nel suo genere. Forse è proprio a causa di questa sua unicità che è stata, da sempre, considerata luogo di ritrovo per gli artisti, specialmente nei secoli scorsi. Passata Honfleur, si entra ufficialmente in Normandia, viaggiando sempre fra verdi vallate divise fra loro da lunghi filari d’alberi o fitte siepi, metodo tipico del luogo per delimitare le proprietà. Passiamo a D’ues sur Mer per secoli considerato porto sicuro ma ormai completamente insabbiato, e subito dopo incontriamo Cabourg, antica stazione balneare durante la Belle Epoque, ma ancora oggi molto apprezzata dai vacanzieri francesi. Questo tratto di costa è anche famosa per lo sbarco avvenuto nella II Guerra Mondiale da parte dei soldati alleati, da dove è partita la lenta liberazione dell’Europa dal dominio nazista. Per questo motivo s’incontrano molti musei -grandi e piccoli- intitolati alla Grande Guerra, ma vale la pena visitare quello che si ritiene essere il principale, situato direttamente sulle spiagge interessate all’azione:

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Arromanches. Arriviamo presso questo piccolo villaggio dall’alto della sua scogliera, da dove possiamo ammirare chiaramente quello che resta dell’imponente porto artificiale edificato dagli Alleati, per permettere ed attuare lo sbarco di migliaia di mezzi pesanti e di soldati. Questo porto era formato da centinaia di enormi piattaforme galleggianti, ancorate ed unite fra loro, per formare una vera e propria via di sbarco veloce. Si apprende appieno l’enorme sforzo ingegneristico ed umano dell’opera, visitando il Museo dello Sbarco, che mostra grandi plastici unitamente a fotografie e filmati d’epoca inerenti la grande azione militare. Passeggiamo lungo l’enorme spiaggia, resa ancor più grande dalla complicità del mare che si ritira per diversi chilometri seguendo orari ben precisi e dettati dal flusso delle maree, visitando i resti delle enormi e vecchie piattaforme belliche staccatesi dall’ancoraggio sul fondo ed ormai arenate, godendo di un magnifico tramonto da cartolina. Il giorno dopo riprendiamo l’itinerario passando per la spettacolare Roche D’oetre, uno scorcio di paradiso in terra, una voragine profonda più di 120 metri che accudisce sul suo fondo un ruscello coperto da una vegetazione fittissima; si attraversa poi la città castello di Domfront, costruita sul granito e ricca di palazzi settecenteschi, per arrivare a fine tappa presso il mitico Le Mont St.Michel.

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Passiamo la notte sostando sul piazzale adiacente all’entrata e dedichiamo tutta la mattinata del giorno dopo alla sua visita di rito. Entriamo da una grande porta lignea a livello del mare e notiamo subito che il primo tratto del percorso interno è affollato da una miriade di negozi di souvenir, bar e bazar. Lo choc è forte ed assimilabile allo scenario che si presenta al visitatore che entra a San Marino, ma superati i primi 100 metri si inizia a godere della magnificenza del luogo e della sua architettura di pietra antica. Arrivati quasi in cima al percorso, si entra nella parte alta del complesso attraverso una porticina tagliata a misura d’uomo, come ultima difesa da antichi invasori, oltre la quale inizia la visita al complesso del monastero. Indubbiamente il luogo più spettacolare risulta l’alto chiostro, considerato dagli antichi monaci come loro punto di meditazione e preghiera. Da questa posizione si gode di un panorama sconcertante sul mare che circonda il monastero, arricchito dall’affascinante fenomeno delle frequenti alte e basse maree. Lasciamo St.Michel per proseguire alla volta di St.Malo, antica città corsara che, con le sue splendide mura di cinta, ci offre l’entrata ufficiale in Bretagna, con le vaste campagne verso est e l’immensità del mare verso ovest. St.Malo divenne in antichità la roccaforte del Re di Francia, mentre nel 1944 fu presa di mira dai bombardamenti bellici, fortunatamente senza intaccare il suo meraviglioso centro storico, che offre ancora tutta una serie di edifici settecenteschi , oltre alla Cattedrale di St. Vincent. Ci allontaniamo dal paese passando per il porticciolo ed attraversando il grande ponte che s’inarca sull’estuario del fiume Rance, proseguendo sulla costa fino ad incontrare un curioso cartello che indica una deviazione per “Les Pierres Sonnantes”. Lo seguiamo, arrivando in breve tempo all’interno di un micro-porto, da dove si distacca un sentierino a ridosso delle sponde del fiume che ci conduce, dopo un centinaio di metri, in uno slargo con dei grandi massi neri. Sono queste le cosiddette “Pietre Sonanti”, tipo di roccia classificata fra la più dura al mondo, denominate così perché se colpite con delle schegge della stessa pietra, producono un suono metallico, chiaro e forte. Fenomeno naturale molto strano che ritrovai, di eguale entità, battendo fra loro pietre raccolte sulla collina di Timbain, piccola altura immersa nel grande mare di dune del Grand Erg Orientale del versante tunisino. Concludiamo la tappa giornaliera sostando presso Cap Frehel, promontorio a picco sul mare, dove il vento fa da padrone e da dove si può godere di un panorama fantastico, scorgendo, le lontane isole di Brehat e di Jersey, la più grande della Manica. Il giorno dopo ne approfittiamo per effettuare una bella escursione a piedi, costeggiando la scogliera ricca di fiori e considerata oasi naturale. Il nostro itinerario prosegue toccando varie località bretoni e

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raggiungendo la più settentrionali di esse: Treguier. Questo caratteristico borgo nasce a seguito della fondazione del monastero di Val Trecor, nel VI secolo. Visitiamo la Cattedrale di St. Tugdual, con la sua architettura gotica e la casa dello scrittore J.E. Renaud, ricca di reperti e manoscritti. Ci addentriamo nella penisola di Crozon, con la sua alta costa rocciosa che racchiude la baia di Brest e di Douarnenez. Da Brest un traghetto porta i visitatori a Le Conquiet da dove, con dei piccoli battelli, si può arrivare a Ile di Molane, nel bel mezzo di un piccolissimo arcipelago. Da qui, con un po’ di fortuna, si può usufruire del passaggio di un peschereccio che si dirige verso l'Ile D'Ouessant. Questo tratto di mare è molto insidioso per via delle forti correnti e del vento costante, ma vale indubbiamente la pena di vivere questa piccola avventura per visitare la minuscola isola, lunga circa 8 km e larga poco più di 4 km, posta all’interno del parco naturale d’Armorique. Gli abitanti dell’isola vivono una vita a parte, dedita all’allevamento degli ovini ed alla pesca, alternata alla coltivazione del grano: un piccolo angolo di paradiso completamente isolato dalla nostra vita frenetica di tutti i giorni. Riguadagnata la terra ferma, si prosegue attraversando Pointe de Penhir, adagiata su di un tavolato alto 70 metri a strapiombo sull’Oceano, da dove si gode di una vista mozzafiato e di una scogliera sempre battuta da un vento struggente. Avvertiamo emozioni forti, immersi in una natura altrettanto selvaggia ed imponente. Passiamo la notte presso il grazioso campeggio di Douarnenez, piccolo villaggio della costa, con un animato porticciolo pieno di piccoli pescherecci dediti alla pesca delle sardine ed aragoste. Svegliandoci presto la mattina, possiamo visitare l’affollato mercato del pesce dove si acquistano delle enormi aragoste e del pesce freschissimo ed invitante. Il giorno dopo ripartiamo alla volta di Pointe Duraz, ossia la punta della Cornovaglia che si tende nell’Oceano, e non ci facciamo sfuggire l’esperienza di toccare il punto più

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occidentale d’Europa, proprio dove arrivano i violenti spruzzi di un mare in continuo ribollio. L’immancabile faro scruta l’immenso orizzonte e la piccola isola di Sein, mentre un complice sole rosso fuoco ci regala un tramonto indimenticabile. Tappa d’obbligo a Quimper, capitale della Cornovaglia, dove ci lasciamo perdere nelle viuzze del centro storico, che ci accoglie con le sue casette perfettamente conservate ed i suoi negozi che offrono meravigliosi lavori in ceramica. Si respira un’aria rinascimentale ed ovunque si ode musica celtica, creando tutt’intorno un’atmosfera da “Highlander”. L’ultima tappa di questo meraviglioso viaggio la effettuiamo visitando l’ampia zona archeologica di Carnac, favorendo dei servizi offerti dall’apposito camping attrezzatissimo. Approfittiamo della visita archeologica per effettuare a piedi gli spostamenti da un sito ad un altro, distanti fra loro alcuni chilometri e visitiamo per primo il lungo allineamento di Menhir di Kerzerho ed il grande monumento circolare Cromelech di Crucuno, che presenta la caratteristica di avere una pesantissima copertura sostenuta da 22 menhir, ricca di incisioni ed usata in antichità come luogo sacro. In ogni caso, il luogo più spettacolare della zona va identificato nei 1099 menhir disposti in 11 file che si trovano a Le Menec. Il mistero avvolge questa disposizione ciclopica e molte sono state le ipotesi degli studiosi che si sono succedute nel tempo, ma mai nessuna è stata confermata ufficialmente: si spazia dall’ipotesi di luogo sacro e tempio a quello di enorme cimitero. Sulla via che ormai volge al termine, non saltiamo la visita alla cittadina di Vannes, ricca di fascino e di edifici molto raffinati, unitamente ad una passeggiata nel vicino porto di Séné, con le sue abitazioni bretoni costituite da muri bianchi e porte blu. Ma il tempo è tiranno e dobbiamo, ormai, dirigerci sulla via del ritorno in Italia. Durante il lungo rientro, ci culliamo sui ricordi di tutti quei meravigliosi luoghi che abbiamo visitato e tutte le esperienze vissute, immersi in un mondo particolarissimo che, ripensandoci bene, a volte sembrava una perfetta trasposizione nella realtà delle famose pagine fumettistiche di Asterix ed Obelix. Potenza della nostra fantasia, o del particolare fascino del mondo Bretone e Normanno?

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ARRIVANO I

PAPARAZZI! “Arrivano i Paparazzi! Fotografi e divi dalla Dolce Vita a oggi” a CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia, in mostra fino al sette gennaio, e annuncia così dal Presidente di CAMERA, Emanuele Chieli: “Roma, l’Italia e il mondo, da la Dolce Vita a oggi, una mostra che intende documentare, con un taglio originale e con molte immagini mai esposte in precedenza, la lunga, vitale stagione dei “Paparazzi” - termine che peraltro non necessita di spiegazione o traduzione essendo ormai di uso comune nel mondo intero - e indagare la storia e il ruolo della fotografia ‘rubata’, capace di influenzare il costume, le mode e talvolta di determinare il destino stesso di colui o coloro che di quelle immagini sono i protagonisti”. “Un nuovo

ELLEN VON UNWERTH, KATE MOSS AND DAVID BOWIE, 2003


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VITTORIO LA VERDE, BRIGITTE BARDOT ESCE DALL’HOTEL FORUM, ROMA, 1965

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JACQUELINE KENNEDY ONASSIS AND RON GALELLA ON MADISON AVENUE, NEW YORK 1971

Un nuovo appuntamento espositivo nell’ambito dell’attività di CAMERA come sempre sostenuta dai propri partner tra cui Intesa Sanpaolo, Eni, Lavazza, Reda e Compagnia di San Paolo”. In questa grande mostra ci sono i ricchi e famosi, e anche quelli che avrebbero voluto esserlo - anticipa Walter Guadagnini che di CAMERA è il Direttore. “C’è la Via Veneto degli anni Sessanta, con la sua incredibile fauna, ma ci sono anche figure come Brigitte Bardot, Jackie Kennedy Onassis, Lady D, Silvio Berlusconi, paparazzati in situazioni private che forse avrebbero preferito non veder ‘messe in piazza’”. La mostra Arrivano i Paparazzi! si concentra su un particolare fenomeno che ha assunto un ruolo fondamentale nell’intera storia della fotografia italiana e internazionale, investigandone le origini dagli anni Cinquanta fino agli sviluppi nell’immaginario contemporaneo. Si tratta di un peculiare percorso visivo sulla pratica della cosiddetta fotografia “rubata”, attraverso cui è possibile ricostruire momenti storici e fenomeni di costume, in una continua riflessione sui ruoli e le funzioni della fotografia. L’esposizione prende avvio con la stagione dei Paparazzi, fenomeno esploso a Roma nella seconda metà degli anni Cinquanta e legato soprattutto al mondo del cinema. È questo il cuore della mostra, in cui sono raccolte numerose immagini dei grandi protagonisti dell’epoca, fra cui


MARCELLO GEPPETTI, DON GUSSONI LITIGA CON IL FOTOGRAFO GIACOMO ALEXIS 1959

Tazio Secchiaroli, Marcello Geppetti, Elio Sorci, Lino Nanni, Ezio Vitale. Qui, attraverso un’ampia selezione di stampe in gran parte d’epoca, si ricostruisce il clima visivo e culturale nel quale queste immagini sono nate e hanno circolato, con particolare attenzione nei confronti delle riviste, allora veicolo di informazione primario. Il contesto privilegiato è quello della famosa Roma di Via Veneto e della Dolce Vita, che rinasce nelle prime sale di CAMERA, permettendo un’immersione nella società e nel costume di quegli anni attraverso, alcune fotografie ormai divenute icone e altre riscoperte e riunite per questa occasione. Sfilano sotto gli occhi del pubblico i protagonisti di quella indimenticabile stagione, da Anita Ekberg ad Ava Gardner, da Michelangelo Antonioni a Federico Fellini, da Walter Chiari a Richard Burton e Liz Taylor, da Sofia Loren a Brigitte Bardot per non citare che i più noti. La mostra non si ferma a questa rievocazione, ma procede negli anni successivi con tematiche rinnovate in seguito ai mutamenti della società e degli stessi mezzi d’informazione. Compaiono sulla scena altri personaggi, le situazioni si fanno più scabrose, il gusto della sorpresa e dell’assalto che caratterizzava i Paparazzi si trasforma in uno sguardo da lontano, più voyeuristico. Esemplare è, a questo proposito, la vicenda di Jackie Kennedy (poi Onassis), autentica icona della stampa

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FOTO DI MARCELLO GEPPETTI , ALAIN DELON E ROMY SCHNEIDER SERATA DI PREMIAZIONE DEL CIAK D’ORO ROMA 1961

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ALISON JACKOS, DIANA AND MARILYN SHOPPING 2000

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ELIO SORCI. WALTER CHIARI E TAZIO SECCHIAROLI, ROMA 1958

di scandalistica e di costume. Negli anni Sessanta il suo volto è immortalato in alcuni scatti di Ron Galella mentre lei passeggia tranquillamente e inconsapevole per le vie della città, ma nel decennio successivo diventa preda di una serie di servizi che la mostrano senza veli, in situazioni private, creando così un caso internazionale. La celebre sequenza di Settimio Garritano che la ritrae nuda mentre prende il sole in vacanza, pubblicata sulle riviste per soli uomini, diventa un caso internazionale. “Il cambiamento radicale nella comunicazione parte con l’avvento del digitale che muta ancora una volta il panorama di questo “genere”; allo stesso tempo si modificano anche i soggetti sul palcoscenico della realtà, poiché non sono più tanto gli attori a catalizzare l’attenzione dei fotografi, ma le figure del potere, politico e non solo”, chiosa Francesco Zanot che con Guadagnini cura la mostra. Arrivano i Paparazzi! è inoltre punteggiata dai lavori di alcuni autori contemporanei che hanno preso spunto dall’immaginario dei Paparazzi e riflettuto sulla loro pratica, portandola al confine tra finzione e realtà. Il mondo della moda, spesso bersaglio delle “paparazzate”, si è appropriato di questo linguaggio con le immagini della grande fotografa Ellen von Unwerth, che hanno come protagonisti le star del nostro tempo, da David Bowie a Kate Moss a Monica Bellucci, e che unisce l’ironia


AGENZIA DUFOTO, SOFIA LOREN ALL’AEREOPORTO DI CIAMPINO 1961

della citazione alla esplicitazione di uno sguardo al femminile. L’inglese Alison Jackson ha realizzato alcune immagini nelle quali sono ricostruiti scatti apparentemente rubati a personaggi celebri come Marilyn Monroe e la stessa Lady Diana, in un gioco di inganni e specchi che lascia lo spettatore stupito, interdetto e divertito. La mostra si conclude con un ampio progetto di Armin Linke, tra i protagonisti della fotografia contemporanea, che ha lavorato sull’archivio di Corrado Calvo, moderno paparazzo reso celebre dalle sue istantanee sulle vacanze di Berlusconi: un lavoro, quello di Linke, che riflette anche sui temi dell’archivio e del senso di una professione e di un atteggiamento così controverso e affascinante. La mostra, curata da Walter Guadagnini e Francesco Zanot, è completata da un catalogo che propone oltre ai testi dei curatori, un intervento di Michele Smargiassi (giornalista) e saggi di Sam Stourdzé (direttore di Les Rencontres d’Arles) e Carol Squiers (curatrice dell’ICP - International Center of Photography). “Numerose iniziative accompagneranno la mostra e permetteranno di approfondire un fenomeno che, nato in Italia, si è diffuso nel mondo: incontri con artisti a CAMERA e alla Reggia di Venaria, un ciclo di film sul tema da La dolce vita a La grande bellezza in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino, una serata dedicata a filmati d’epoca in collaborazione con la RAI,” anticipa ancora il Presidente Chieli, “iniziative che confermano l’importanza delle relazioni tra CAMERA e le istituzioni del territorio”.

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MARCELLO GEPPETTI, ANITA EKBERG CON ARCO E FRECCE 1960

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Pali Trio Magnifico - Cool Grey ..

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L’ARTE DI ESSERE FAMOSI Forse si potrebbe pensare che un'ennesima mostra su Andy Wahrol e la sua Factory abbia da offrire “solo” zuppe Campbell's d'ordinanza o multipli di Marylin, ormai presenti in copia fotostatica in ogni possibile interno del pianeta che abitiamo. Un taglio decisamente inedito e interessante, invece, caratterizza l'esposizione Andy Warhol. L’Arte di essere famosi, presso il Palazzo Sant'Elia di Palermo: una raccolta di 166 opere provenienti dalla Gutman Rosini Foundation di Riccione, che coprono l'intero percorso del genio di Pittsburgh, dal 1957 fino al 1987.


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ANDY WARHOL CAMPBELL’S SOUP DRESS 1968

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La prospettiva attraverso cui si valuta il lavoro di Wharol è relativa soprattutto alle affinità estetiche ed intellettuali che legano questo artista, da sempre indissolubilmente identificato con New York, alle sue radici europee. La ricerca di queste connessioni è in grado di gettare luce nuova sull'inquadramento storico e concettuale della Pop Art nel nostro continente e in Italia, qui annunciata con largo anticipo dalla stagione futurista. La raccolta antologica delle icone più conosciute è comunque presente: dal Gold Book, che ha inaugurato negli anni '50 la straordinaria stagione del suo successo, al bellissimo libro di cucina disegnato a mano e realizzato insieme a sua madre, Giulia Wahrola, Wild Rasperries con le ricette di Suzie Farkfurt fino ai multipli della Monroe e di Liz Taylor, risalenti a periodi successivi, senza dimenticare le bottiglie di Coca Cola e la già citata zuppa Campbell's, che qui però assume un altro “sapore”, per così dire. Tra le opere inedite, segnaliamo gli Space Fruits, le cui fasi di realizzazione sono state descritte da Wharol stesso nei suoi


PALAZZO SANT’ELIA PALERMO

ANDY WARHOL E SALVADOR DALI’

diari, circa dieci anni dopo il grave attentato subìto nel 1968, insieme al suo compagno di allora Mario Amaya, per mano di una frequentatrice della Factory, Valerie Solanas: da quel momento in poi, le sue uscite si diradarono drasticamente. Numerosi gli oggetti d'arte e le testimonianze delle sue innumerevoli attività: dalle cover discografiche ai numeri della rivista Interview da lui fondata a New York, oltre a varie suppellettili, diventate “artistiche” per il semplice fatto di essere passate dalle sue mani. Ciò che rese grande l'arte di Wahrol furono alcuni elementi che espressero in modo straordinariamente rappresentativo lo spirito del suo tempo: la serialità, la tecnica serigrafica, il concetto di copia e riutilizzo. I documenti personali in esposizione permettono una valutazione completa della sua attività: precocissime pagelle, il foglio di ricovero ospedaliero seguito all'attentato del '68, libri e strumenti di lavoro. Una saletta apposita è stata allestita per la proiezione di documentari e video d'arte relativi a lui e alla sua Factory, mentre il bookshop si propone come un vero e proprio spazio d'arte, oltre a laboratorio

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ANDY WARHOL DETAIL OF RENAISSANCE

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PALAZZO SANT’ELIA PALERMO

ANDY WARHOL MAO TSE TUNG 1972

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ANDY WARHOL LIZ TAYLOR 1971 ANDY WARHOL MAO TSE TUNG 1972

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ANDY WARHOL COW 1971

ANDY WARHOL MARYLIN 1967 ANDY WARHOL COW 1971

di grafica per i visitatori più piccoli, aperto anche alle scuole. L'allestimento è già stato presentato in tante sedi prestigiose negli ultimi dieci anni, perfezionandosi ad ogni passaggio: Montecarlo, Lugano, Barcellona, Taiwan e Bologna, tra le innumerevoli mete di una mission che vede impegnata la Rosini Gutman Foundation nel proporre Wahrol in una veste diversa, meno scontata rispetto ad altre pur prestigiose e validissime collezioni. L'approdo dell'esposizione a Palermo avviene a Palazzo Sant'Elia, una location di fascino indiscusso e con una lunga storia alle spalle. Costruito tra il XVI e XVII secolo, il palazzo ha assunto la veste attuale solo nel 1756, quando fu acquistato da Giovanbattista Celestri, primo marchese di Santa Croce, che affidò all'architetto Nicolò Anito i lavori di ampliamento dell'edificio. Grazie a questi interventi, la struttura del palazzo venne dotata di una fastosa galleria, dell'infilata di anticamere lungo la Strada Nuova e di altre soluzioni architettoniche, realizzate dai migliori artigiani dell'epoca. Dopo varie vicissitudini, tra cui un terremoto che danneggiò gravemente l'edificio nel


PALAZZO SANT’ELIA PALERMO

1823, esso fu ereditato dal principe Romualdo Trigona, principe di Sant'Elia, che lo abitò dal 1870 al 1877. Nel secolo scorso, il palazzo visse una lunga stagione di degrado, dopo essere stato sede dell'Amministrazione delle Ferrovie e della scuola media “G. Verga”. La rinascita avvenne grazie all'Amministrazione Provinciale, che ne avviò i lavori di restauro nel 1996, dieci anni dopo il suo acquisto. Attualmente è sede di prestigiose mostre ed eventi. Andy Warhol. L’Arte di essere famosi resterà aperta al pubblico fino al 7 gennaio 2018.

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ANDY WARHOL INTERVIEW MAGAZINE 1985

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atmosfera e sapori Cucina del territorio rivisitata Specialità di carne e pesce Pane fatto in casa Preparazione a base di foie gras e tartufi in stagione Formaggi d’alpeggio con mostarde e confetture Ampia selezione di vini nazionali

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THE YOUNG POPE DI PAOLO SORRENTINO FOTOGRAFIA DI GIANNI FIORITO

WILDSIDE/SKY ITALIA

IL CINEMA DI

PAOLO SORRENTINO In concomitanza con la mostra “Arrivano i Paparazzi! Fotografi e divi dalla Dolce Vita a oggi”, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia- propone una selezione di scatti di Gianni Fiorito, fotografo di scena di Paolo Sorrentino. Fino al 7 gennaio, nella Project Room del Centro di Via delle Rosine 18, a Torino, “Cronache dal set: il cinema di Paolo Sorrentino. Fotografie di Gianni Fiorito”, curata da Maria Savarese, presenta circa quaranta fotografie che raccontano il cinema del premio Oscar partenopeo. In una carrellata di immagini si alternano, tra scenografie e pause di set, il giovane Papa Jude Law della serie The Young Pope, il protagonista de La Grande Bellezza Jep Gambardella interpretato da Toni Servillo, presente in mostra anche nei panni de Il Divo Giulio Andreotti, e Sean Penn, la rock star Cheyenne di This Must Be the Place.


IL DIVO DI PAOLO SORRENTINO 2007 NELLA FOTO CARLO BUCCIROSSO FOTO GIANNI FIORITO

THE YOUNG POPE DI PAOLO SORRENTINO 2015. NELLA FOTO JUDE LAW. FOTO GIANNI FIORITO

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“Nella sua ricerca fotografica - commenta la curatrice Maria Savarese - Gianni Fiorito non si accontenta di restituire una o più immagini che siano rappresentative dei film, ma da ciascuna di esse cerca di trarre una visione ulteriore che mai si pone a commento di quella già data dal cinema. Ciò che tenta di fare la sua fotografia è ’vedere oltre’, ragionando sugli elementi fondamentali della scena: l’attore, il regista, la troupe, i luoghi. Fotografare il cinema non è semplice: meno frequente è trovarsi di fronte a risultati che valicano il limite della documentazione per produrre visioni portatrici di senso. La narrazione di Fiorito non si riferisce solo al ‘dietro le quinte’, ma con la sua

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THE YOUN POPE DI PAOLO SORRENTINO 2015 NELLA FOTO JUDE LAW. - FOTO GIANNI FIORITO

THE YOUNG POPE DI PAOLO SORRENTINO 2015. NELLA FOTO JUDE FOTO GIANNI FIORITO

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macchina fotografica, racconta il cinema colto, sincopato di Sorrentino mettendo in atto la perenne lotta fra la narrazione che scorre e l’interruzione del tempo. E poi c’è l’empatia con il ‘bagaglio’ professionale del regista: il suo particolare modo di lavorare sul set, la ricerca della concentrazione, della giusta inquadratura, del confronto continuo con gli attori e il personale tecnico sulla scena, il controllo maniacale di ogni particolare del trucco, dei vestiti, dei volti di ogni comparsa, degli oggetti in scena, raccontato alla maniera di un fotoreporter costantemente presente, ma invisibile e attento, al centro del set.” Classe 1959, Gianni Fiorito svolge l’attività di foto-

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IL DIVO DI PAOLO SORRENTINO 2007 NELLA FOTO PAOLO SORRENTINO E TONI SERVILLO

THE DREAM DI PAOLO SORRENTINO 2014 NELLA FOTO DEMETRIA AVINCOLA

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FOTO GIANNI FIORITO

FOTO GIANNI FIORITO

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giornalista dal 1980, con particolare attenzione alla complessa realtà napoletana, documentando, tra l’altro, il fenomeno camorristico e l’illegalità diffusa, la realtà sociale e urbanistica delle periferie, la dismissione della città contemporanea e la trasformazione del paesaggio urbano. Negli anni Ottanta, collabora come fotografo con il gruppo teatrale “Falso Movimento” di Mario Martone e l’associazione di artisti “Idra Duarte”. Dal 1999 si dedica sempre di più all’attività di fotografo di scena cinematografico, portando avanti una personale ricerca sull’uso del territorio italiano nel cinema. In questo campo, si segnalano le collaborazioni con Paolo Sorrentino, Luca Miniero, John Turturro, Antonio Capuano.

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INTERIOR DESIGN

TREND AND FRIENDS

Qualunque settore sia strettamente legato al modo in cui le persone vivono i propri spazi e il proprio mondo, dal cibo all' hi-tech, dal tempo libero all'arredamento, risulta essere in continua evoluzione, alla ricerca di nuove espressioni, di contenuti inediti e, soprattutto, di stile. Parlando di interior design, è evidente l'attuale tendenza al passaggio da un minimalismo monocromatico ad un ambiente più eccentrico e colorato, mantenendo l'orizzonte sempre verso linee sofisticate ed eleganti. Fondamentale risulta la scelta dei colori. Oggi più che mai, l'essere umano ha bisogno di abitare uno spazio personale che lo faccia sentire al sicuro e a proprio agio. Gli architetti giocano molto su questo argomento, con colori di grande tendenza come il rosa antico caldo, il tortora fino al cioccolato e il blu carta da zucchero. Gli stili rispecchiano la nostra futura way of life, quindi gli addetti ai lavori devono cercare di ispirare il design d'interni, guidando i clienti verso le scelte più adatte alle loro esigenze. Da qualche anno è tornata di gran moda, ad esempio, la carta da parati con tantissime proposte, adatte sia alle case piccole, per le quali è necessario dare un tocco unico, rivestendo una singola parete, oppure per case importanti e lussuose, riassumendo un modo di essere, un' essenza, la personalità vivace e forte di chi ci abita. Gli stili e i gusti delle tendenze italiane sono molto differenti da quelli di certi paesi


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lontani e, a volte, anche di quelli europei. In Italia, spesso si ricerca la sobrietà e le linee di sempre, risultando a volte ripetitivi, mentre in alcuni paesi orientali -ma anche in Francia o Inghilterra- si ricercano accostamenti anche dicotomici. Tessuti con fantasie differenti, materiali disuguali fra loro ed anche una miscela di moderno, tradizionale e senza tempo: insomma, un mood differente a seconda che si voglia osare oppure no. Tasto complesso ma altrettanto interessante è il dilemma “architetto sì architetto no”. Indubbiamente, è indispensabile un consulto professionale, che sia dell'architetto o ancor meglio, se non sono previsti cambiamenti strutturali, di un arredatore d'interni. C'è sempre la necessità di creare spazi nuovi, armonie differenti e sintetizzare tutto con buon gusto e praticità. I consigli sono sempre utili, soprattutto per chi pensa di non avere uno stile, ma spesso basta solo fare attenzione alle persone, perché in realtà un gusto, uno stile e una personalità ce l'hanno, a volte nascosti tra imbarazzi di scelta, indecisioni e giudizi altrui: si tratta semplicemente di tirarglieli fuori. Un passaggio indispensabile per avviare questo processo è la voglia di cambiare: partire da ciò che NON vogliamo più accanto a noi. Da lì iniziano i lavori, la trasformazione ed anche l'inserimento delle nuove tendenze. A proposito di questi argomenti, Claudia Farnedi, in arte Claudia Meraviglia, ci ha proposto alcuni interessanti punti di


Foto di Claudia Meraviglia

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vista, legati alla sua professione di artista per l'arredamento d'interni. “Per me, è molto soddisfacente poter creare abbinamenti personali e fantasiosi, che contraddistinguono il mio stile, senza necessariamente attenermi alle classiche linee sobrie e regolari. Il risultato finale dovrà comunque sempre essere nella perfetta armonia desiderata” afferma Claudia, sempre molto attenta a chi andrà ad abitare lo spazio da lei decorato. “Faccio sempre un sopralluogo all'ambiente e, già che ci sono, lo faccio alla persona che mi ha chiamata, indagando, domandando tanto e cercando di carpire il non detto e i suoi gusti profondi. Poi faccio diversi rendering realistici con la loro parete, per andare fino alla scelta finale dell'immagine. Le carte da parati non sono utilizzate solo per i muri ma anche per rivestire porte e armadi: è un mondo davvero vario su cui potermi esprimere! Questa è l'epoca delle wallpapers dalla forte personalità: le pareti raccontano chi siamo e dove vogliamo vivere. Women in history, Dark night, Nolimits, strumenti alchemic, geometrik sono alcune delle linee che propongo. Mi rende felice la continua ricerca verso le nuove tendenze, con uno sguardo sempre fisso al 'decadente' e al tradizionale. Resto comunque una creativa che osa, e lancio anche provocazioni con la mia arte figurativa, quindi il fuori tendenza è sempre presente. Ad ogni modo, anche l' interior design è come la moda: alla fine, tutto gira e ritorna.”

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CAPOLAVORI DAL MUSE’E MARMOTTAN DI PARIGI

Il Vittoriano di Roma ospita da ottobre una grande esposizione interamente dedicata al pittore Claude Monet, mettendo in mostra circa 60 opere, le più care all’artista, conservate da lui stesso nella sua ultima, amatissima dimora di Giverny. Si tratta di prestiti eccezionali tutti provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, che nel 2014 ha festeggiato gli 80 anni di vita e che raccoglie il nucleo più importante e numeroso delle opere del grandissimo artista francese, grazie alle donazioni dei collezionisti dell’epoca e del figlio Michel. I temi più suggestivi della sua pittura l’inquietante modernità dei salici piangenti, del viale delle rose e del ponticello giapponese ma anche le monumentali ninfee e glicini, i colori evanescenti e sfumati, la campagna francese e la natura in ogni sua fase - sono rappresentati attraverso opere di indiscusso valore, come il Ritratto di Michel Monet neonato (187879), Ninfee (1916-1919), Le Rose (1925-1926), Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905). Questa grande


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CLAUDE MONET - EMEROCALLIDI 1914-1917

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CLAUDE MONET - BARCA A VELA, EFFETTO SERA - 1885

retrospettiva è prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet, Paris, sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano e promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) e della Regione Lazio, ed è curata da Marianne Mathieu, storico dell’arte e vicedirettore del museo Marmottan, incaricata della Collezione Monet. L' intero percorso artistico del maestro impressionista è rappresentato in questa mostra a partire dai primissimi lavori, le celebri caricature della fine degli anni 50 dell’ 800 con cui guadagnò i primi soldi e divenne quasi un personaggio nella sua città natale, Le Havre, passando per i paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville, e delle sue tante dimore, inclusa una parentesi in Liguria, testimoniata in mostra dal dipinto del castello di Dolceacqua. Protagonisti anche i ritratti dei figli e le celeberrime tele dedicate ai fiori del suo giardino, costruito sapientemente negli anni, al punto che ebbe a dire che se non avesse fatto il pittore sarebbe stato giardiniere e che senza i fiori non


CLAUDE MONET - NINFEE E AGAPANTI - 1914/1917

avrebbe dipinto. Le parole di Guy de Maupassant risultano profondamente attuali, nel descrivere che cosa è stata per il mondo dell’arte la sua pittura “nuova”, mai vista prima e che ancora oggi lascia senza fiato: “Lo scorso anno, in questo paese, ho spesso seguito Claude Monet in cerca di “impressioni”. Non era un pittore, in verità, ma un cacciatore. Andava, seguito dai bambini che portavano le sue tele, cinque o sei tele raffiguranti lo stesso motivo, in diverse ore del giorno e con diversi effetti di luce. Egli le riprendeva e le riponeva a turno, secondo i mutamenti del cielo. E il pittore, davanti al suo soggetto, restava in attesa del sole e delle ombre, fissando con poche pennellate il raggio che appariva o la nube che passava… E sprezzante del falso e dell’opportuno, li poggiava sulla tela con velocità.” La pittura en plein air è diventata con Monet un vero e proprio rituale di vita, senza mediazione alcuna. Tra la luce assoluta e la pioggia fitta, tra le minime variazioni atmosferiche e l’impero del sole, i colori venivano trasformati in tocchi purissimi di energia, dissolvendo l’unità razionale della natura in un flusso indistinto, effimero eppure abbagliante. La mostra presenta le molteplici sfaccettature del lavoro di Monet

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CLAUDE MONET - IL CASTELLO DI DOLCEACQUA - 1884

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CLAUDE MONET - LONDRA, IL PARLAMENTO RIFLESSI SUL TAMIGI - 1905

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CLAUDE MONET - IL TRENO NELLA NEVE. LA LOCOMOTIVA -1875

restituendo la ricchezza artistica di un così grande maestro che trasponeva la natura direttamente sulla tela, fino a tramutarsi in essenza, in respiro vitale perché come scrive sempre Maupassant di lui: “L’ho visto cogliere così un barbaglio di luce su una roccia bianca e registrarlo con un fiotto di pennellate gialle che, stranamente, rendevano l’effetto improvviso e fuggevole di quel rapido e inafferrabile bagliore. Un’altra volta ha preso a piene mani uno scroscio d’acqua abbattutosi sul mare e lo ha gettato rapidamente sulla tela. Ed era proprio la pioggia che era riuscito a dipingere, nient’altro che della pioggia che velava le onde, le rocce e il cielo, appena distinguibili sotto quel diluvio.” All’interno della mostra sarà esposta anche la ri-materializzazione di una delle celebri Ninfee di Claude Monet, la serie di capolavori che ha per sempre cambiato il futuro della pittura e influenzato gli artisti delle generazioni successive. Nel 1958 un tragico incendio all’interno del Museum of Modern Art di New York danneggiò gravemente diverse opere, tra cui alcuni dipinti del maestro impressionista, andati perduti per sempre. Con un progetto unico e ambizioso e grazie alle più recenti tecnologie, Sky Arte HD ha riportato alla luce uno dei capolavori distrutti nel rogo,


CLAUDE MONET - LA SENNA A PORT-VILLEZ EFFETTO ROSA - 1894

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Water Lilies (1914-26), esposto per la prima volta al pubblico. L’affascinante storia dell’opera e il processo di ri-materializzazione è raccontata nella produzione internazionale di Sky Arte HD “Il Mistero dei Capolavori Perduti”: si tratta di una serie di sette documentari, in onda su Sky arte a partire dal prossimo anno, diretta da Giovanni Troilo e co-prodotta da Ballandi Arts, ognuno dedicato a un dipinto a oggi tragicamente perduto, perché rubato, distrutto accidentalmente o di proposito. L’iniziativa è promossa da Generali Italia – sponsor della mostra – tramite il programma Valore Cultura, che ha l’obiettivo di avvicinare famiglie, giovani, clienti e dipendenti al mondo dell’arte, attraverso l’accesso agevolato a mostre, spettacoli teatrali, eventi ed attività di divulgazione artistico-culturale. La mostra resterà aperta fino al prossimo 11 febbraio e vede come special partner Ricola, sponsor tecnico Trenitalia, colore ufficiale Giotto brand icona di F.I.L.A. Fabbrica Italiana Lapis ed Affini e media partner Radio Dimensione Suono.

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AMBIENTI LUCIO FONTANA

ENG Lucio Fontana, Ambiente spaziale a luce nera, 1948-49/2017, installa on view at Pirelli HangarBicocca, Milan, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan. ©Fondazione Lucio Fontana Photo: Agos no Osio


ENVIRONMENTS Il Pirelli HangarBicocca a Milano è una struttura che rappresenta le principali suggestioni del '900, a proposito di archeologia industriale. In particolare, tra il 1963 e il 1965 la Breda costruì all'interno dei 200.000 metri quadrati, che già dall'inizio del secolo racchiudevano gli insediamenti più importanti d'Italia (Falck, Marelli e la stessa Pirelli), quelle che oggi vengono conosciute come “Navate”, un edificio pensato come raccordo tra diverse aree produttive, destinato attualmente alla presentazione di eventi e all'esposizione di mostre, come quella -ancora in corso,dedicata a Lucio Fontana. Ambienti/Environments si concentra sui vent'anni di attività artistica di Fontana legata allo studio e alla produzione di Ambienti spaziali: stanze, labirinti e corridoi percorribili venivano prima costruiti -con materiali all'avanguardia (come lo erano all'epoca le luci al neon, le luci di Wood, le vernici fluorescenti, etc.) e con strutture che ponevano l'astante al centro dell'opera ma in modo inedito, ad esempio su pavimenti instabili o ondulati- e poi quasi sempre distrutti a mostra terminata. Tra tutte le opere di Fontana, questo corpus è sicuramente il meno conosciuto al grande pubblico, anche se costituisce il punto d'approdo di tutta la sua ricerca volta al


ENG Lucio Fontana, Ambiente spaziale a luce rossa, 1967/2017, installa on view at Pirelli HangarBicocca, Milan, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan. ©Fondazione Lucio Fontana Photo: Agos no Osio

ITA Lucio Fontana, Ambiente spaziale a luce rossa, 1967/2017, veduta dell'installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. ©Fondazione Lucio Fontana Foto: Agos no Osio

ENG Lucio Fontana in collabora on with Nanda Vigo, Ambiente spaziale: "Utopie", nella XIII Triennale di Milano, 1964/2017, installa on view at Pirelli HangarBicocca, Milan, 2017. Courtesy Archivio Nanda Vigo and Pirelli HangarBicocca,

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ITA Lucio Fontana in collaborazione con Nanda Vigo, Ambiente spaziale: "Utopie", nella XIII Triennale di Milano, 1964/2017, veduta dell'installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy Archivio Nanda Vigo e Pirelli HangarBicocca, Milano. ©Fondazione Lucio Fontana Foto: Agos no Osio

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superamento della seconda e terza dimensione. Già nel 1946, Fontana ebbe modo di enunciare nel primo di una serie di manifesti (Manifiesto Blanco)le proprie teorie sullo spazio e il suo personale concetto di superamento del medesimo, con l'utilizzo delle risorse tecnologiche moderne. Tali teorie portano alla nascita dello Spazialismo, movimento artistico sviluppatosi tra Argentina e Italia alla fine degli anni ’40, di cui Fontana è iniziatore e principale esponente, e trovano rappresentazione concreta in alcune delle opere più conosciute dell’artista, come i Concetti Spaziali, i cosiddetti “Buchi” e “Tagli”, ma soprattutto negli Ambienti spaziali, considerati dall’artista l’esito più sperimentale e innovativo delle sue ricerche. La scelta di allestire questa mostra nelle Navate di Pirelli HangarBicocca è quanto mai azzeccata perché offre al pubblico l’opportunità di osservare, percorrere e abitare questi lavori ambientali di Fontana, cogliendone l’importanza storica e la meravigliosa potenza iconica ed estetica che li rende ancora oggi fortemente innovativi e contemporanei. La mostra si apre con la Struttura al Neon per la IX Triennale di Milano (1951), opera concepita dall'artista come apparato decorativo per la medesima Triennale. Il grande neon, un arabesco fluorescente


ENG Lucio Fontana, Stru ura al neon per la IX Triennale di Milano, 1951/2017, installa on view at Pirelli HangarBicocca, Milan, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan. ©Fondazione Lucio Fontana Photo: Agos no Osio

ITA Lucio Fontana, Ambiente spaziale con neon, 1967/2017, veduta dell'installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. ©Fondazione Lucio Fontana Foto: Agos no Osio

ENG Lucio Fontana, Fon di energia, soffi o al neon per "Italia 61", a Torino, 1961/2017, installa on view at Pirelli HangarBicocca, Milan, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan. ©Fondazione Lucio Fontana

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di circa cento metri, appeso all’ingresso dello spazio espositivo, introduce alla sequenza cronologica degli ambienti, a iniziare dal primo realizzato dall’artista, Ambiente spaziale a luce nera (1948-1949), presentato presso la Galleria del Naviglio a Milano nel 1949. Una stanza illuminata dalla luce di Wood con una scultura astratta dipinta con colori fluorescenti appesa al centro. L’opera, modello ripreso, modificato e articolato in numerosi ambienti successivi seguendo le sue caratteristiche principali, rappresenta il superamento dell’idea di dipinto e di scultura. Attraverso questi lavori emerge la centralità dell’esperienza percettiva del visitatore, nella prospettiva dell'artista. Fontana utilizza giochi ottici e oscurità per produrre spaesamento nell’osservatore, in altri impiega strutture labirintiche e luci colorate al neon per alterare lo spazio e l’esperienza del pubblico. L’ultimo ambiente - concepito per Documenta nel 1968, anno della scomparsa dell’artista Ambiente spaziale in Documenta 4, a Kassel è disposto a conclusione del percorso cronologico nelle Navate. “La ragione storica della mostra risiede nell’importanza degli Ambienti, un gruppo di lavori consistente e poco conosciuto, che, tuttavia, insieme ai “Buchi” e ai “Tagli”, rappresenta una rottura con le

ITA Lucio Fontana, Ambiente spaziale, 1967/2017, veduta dell'installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. ©Fondazione Lucio Fontana Foto: Agos no Osio

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forme tradizionali della scultura e della pittura da parte di Fontana, anticipando le ricerche di artisti e movimenti della generazione successiva, dal Gruppo T a Yves Klein al Gruppo Zero. Esiste, inoltre, una ragione contemporanea: la ricerca sugli Ambienti entra in dialogo con l’opera di molti artisti che hanno esposto in Pirelli HangarBicocca” sostiene Vicente Todolí, Direttore Artistico di Pirelli HangarBicocca e precedentemente Direttore della Tate Modern di Londra dal 2003 al 2010, co-curatore della mostra. “La mostra in Pirelli HangarBicocca è stata realizzata con il duplice obbiettivo di restituire un’immagine fedele dell’opera ambientale di Lucio Fontana e di sottolineare il contributo e l’incredibile valore innovativo del lavoro dell’artista nel contesto della ricerca ambientale degli anni cinquanta e sessanta” racconta una delle curatrici della mostra, Marina Pugliese. Per “Ambienti/Environments” sono state ricercate non solo le fonti storiche ma anche quelle materiali, in modo da restituire in modo puntuale ogni dettaglio significativo degli ambienti. “Questi lavori sono opere immersive, che richiedono la partecipazione dello spettatore, e la loro ricostruzione completa rappresenta spesso l’unica possibilità di fruirle nella loro interezza” afferma infine Barbara Ferriani, altra curatrice della mostra. In concomitanza con l’esposizione, che resterà aperta fino al 25 febbraio 2018 e realizzata grazie anche alla collaborazione della Fondazione Fontana, è stato pubblicato il relativo catalogo, edito da Mousse Publishing, che presenta gli esiti più recenti della ricerca sul tema degli ambienti, con un ampio apparato iconografico.

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Lucio Fontana, Ambiente spaziale, 1966/2017, installa on view at Pirelli HangarBicocca, Milan, 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan. ©Fondazione Lucio Fontana Photo: Agos no Osio

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