foglio periodico di piccoli pensieri sull’ a r c h i t e t t u r a e sull’ a r c h i t e t t u r a d e l l e c o s e
mezzo quadratino distributore, g.giagnotti, 2010
numero 0
gennaio 2011
editoriale
l’Architettura e l‘architettura delle cose di a.ficele
studente di architettura
S
iamo convinti che l’ Architettura possa essere viatico per pensieri più ampi del suo campo semantico tradizionale legato al progetto e alla costruzione del progetto. pensieri che la toccano senza indugi o la sfiorano prima o poi, o addirittura non la citano se non nell’ armonia con cui quel pensiero è espresso. una poesia può essere considerata come un’ operazione compositiva degna di un buon architetto senza che ve ne sia realmente la traccia. i piccoli pensieri sull‘ architettura delle cose vogliono indagarne dunque la struttura, lo scheletro che le tiene in piedi per
stringi ‘che sei pesante, a.ficele, 2011
comprendere meglio gli abiti che le rivestono. trovarne il minimo, appunto. è per questo che si tratterà non solo l’ Architettura propriamente detta e costruita, ma anche l’architettura di tutte le cose che la sfioreranno o in ogni caso destino la nostra cuiriosità. scavare il senso di un tema vuol dire indagarne il minimo ontologico, i suoi concetti primi. esprimere questa operazione, poi, tramite un minimo spaziale/tipografico di una scrittura in lirica o in prosa contenuta in massimo 500 parole (o una colonna) rende lo sforzo più affasciante e ragionato. chiaramente, la fotografia e il disegno sono strumenti che spesso contribuiranno a questi intenti. preoccupati del principio “verba volant”, il foglio nasce come tentativo di redigere
dei piccoli taccuini bimestrali, dei registri di pensieri interessanti raccolti fra amici interessanti. le analisi sull‘ architettura delle cose sono condotte, dunque, da una redazione sempre in fieri di giovani studenti (nel senso accademico o nel senso che non si finisce mai d’esserlo) curiosi ed amanti del buon vino. il logo MINIMO nasce prendendo in prestito una lezione di tipografia minima di Bruno Munari tenutasi nella facoltà di architettura di venezia nel 1992. è un tentativo “allegorico/tipografico” di semplificazione del pensiero, parola frase a partire dall’ alfabeto. tutto ciò ci piace molto.
architettura e inverno
architettura e infinito
architettura e design
senza titolo
alla faccia di Kubrick
e un resto di palafitta romana
studente di architettura
exhibition designer
di g. giagnotti
studente di architettura
Ricordo con enfasi il primo giorno in cui cadde
la neve. perchè essa non cadde in un posto qualsiasi ma per la prima volta , e proprio la prima , sul mio balcone , ovattato e gentile. poi cadde ancora a fiocchi piu’ corposi ed insolenti esaltando forme nuove e a tratti arroganti che circondavano nette la mia riflessione non riuscendo a non indispettirmi. l’ultima volta durante un viaggio chiassoso in treno: a breve mi rendo conto di come tutto torni a quella vecchia questione mimetica affrontata dai dotti più nobili del pensiero classico o dai presupposti di Ryle. è come se la neve si riappropriasse del paesaggio ed è come se i viaggiatori seduti e infreddoliti riflessi nei vetri sordidi ne facessero già parte. riflessione e mimesi , come paesaggio e natura paion dunque ancora perdurare.
neve su epidauro, g.giagnotti, 2009
di d. vulpio
A discapito di quanti credono che ci sia un
‘dentro’ ed un ‘fuori’ nell’universo, diciamo pure che non è cosi, o meglio ipotizziamo che non sia così. Voi potete uscire dall’atmosfera terrestre, allontanarvi da essa e vedere infine che assume chiaramente la forma di una palla. Matematicamente una palla è una 2-varietà cioè un particolare insieme di punti che sono definibili (rispetto ad essi ed al sistemadi riferimento che li indaga) con una terna di numeri reali. Sulla palla vige una geometria che deriva dalla forma stessa della palla, questa geometria è detta ‘non euclidea’: vengono esplicitamente contraddetti i postulati I e V degli Elementi. Einstein ci ha dimostrato che lo spazio è curvo e d interagisce persino col tempo. Non si riesce a capire -e questo è l’effetto- come mai esso abbia una curvatura costante (come una sfera) e gli angoli rimangano costanti (che non è proprio della sfera). Dunque dobbiamo necessariamente dedurre che esso possiede una qualità di sfera (la curvatura costante) ma anche una qualità di spazi euclidei (la costanza degli angoli). Non esistono percorsi ‘retti’ nell’universo. Se io voglio andare ad Alpha Centauri, poniamo, partendo dalla Terra, non traccerò di certo una retta. O meglio farò un ‘cammino’, supporrò una retta, percepirò una retta, vedrò una retta e, infine, la riporterò in quello spazio scatolare che abbiamo imparato a disegnare a scuola. Questa è una semplificazione. Perchè è una semplificazione? Perchè con gli strumenti con cui indaghiamo l’universo e la sua forma, si giunge a diverse contraddizioni. Questi ‘cammini’, detti matematicamente cicli, sono chiusi, ovvero sullo stesso spazio possono ridursi, con ulteriori similitudini, ad un punto. L’universo è inoltre senza bordo, dato che gli scienziati dicono che la materia in esso presente è finita, e che non c’è un ‘fuori’. Va da sé che non ci sia un bordo. Postulare l’inesistenza del ‘fuori’ è necessario perchè l’universo esista; se ci fosse un ‘fuori’, ovvero quello spazio vuoto e freddo che tutti immaginiamo non avrebbe senso parlare di universo. Ora la congettura di Poincaré, dimostrata nel 2006 dal matematico russo Grigori Perelman afferma che esiste una figura geométrica che ha queste stesse proprietà notate nell’universo: continuità dei cammini e assenza di bordo: essa è una 3-sfera o ipersfera perchè è immaginabile solo in uno spazio quadridimensionale, che noi non possiamo rappresentare coi grafici, ma coi numeri. L’Universo è così: immaginate una sfera cava, avente un certo spessore. Immaginate di uscire da questo spessore tramite interno – vi trovereste immediatamente sul bordo esterno, e nuovamente nello ‘spessore’ della sfera. É un pò come quando Neo, l’eroe di Matrix tenta di uscire da un condotto di metropolitana percorrendo i binari epartendo da una stazione e si ritrova all’entrata del condotto nella stessa stazione: fa un cammino chiuso (non a cerchio, perchè il mondo attorno a lui ha le fattezze di uno spazio euclideo, quindi con angoli costanti) e rientra nella stessa stazione. Così possiamo ipotizzare facilmente che lo spazio che circonda la Terra (l’Universo) è un iper-spazio. Alla faccia di Kubrick.
di r. tricarico
Tre pareti bianche in cartongesso su cui si
distinguono gli stipiti di due porte. Un tavolo rettangolare da sei, apparecchiato per quattro ospiti che si accomoderanno su altrettante sedie pieghevoli. Un mobile di legno, a gradoni e su rotelle, mette in bella vista non solo vassoi carichi di calici e boccali ma anche un portadocumenti e due bottiglie di whiskey che all’occorrenza possono rivelarsi utili supporti per lampade a ventosa. La sua forma allude ai baracchini dei fiorai, quelli in metallo tinteggiato di verde. Se ne vedono tanti in città, mimetizzati di giorno e nudi di notte. I libri sono sul retro. Una lampada, con interruttore collocato sia sul muro che sotto il tavolo, guadagna il centro della scena. Alle pareti mensole da cui piovono foglie sono state ahimè collocate ad altezze improponibili per solerti casalinghe. Pertanto sarà necessario tenere sempre a portata di mano una scala a pioli, che le agevolerà nell’annaffiatura e nella cura delle piccole piante. Accostata alla parete di fondo, sarà accompagnata da un orologio a muro con numeri romani e un resto di palafitta romana.
allestimento per una sala da pranzo alla mostra La casa abitata, A. e P. Castiglioni, Palazzo Strozzi, Firenze, 1965
busto di giorgio grassi, a.ficele/ g.giagnotti, 2011