ANIMA TAORMINESE
vent’anni di vita a Taormina attraverso le immagini di una famiglia di fotografi
ARCHIVIO FOTOGRAFICO
MALAMBRì V. TAORMINA
Anima Taorminese Taormina (ME) – Chiesa del Carmine
4 settembre – 3 ottobre 2010
evento promosso e patrocinato dal Comune di Taormina
autore: Mirko Malambrì didascalie: Antonio Lo Turco
Città di Taormina Assessorato alla Cultura
editing: Rosetta Giordanella traduzioni: a cura di un amico grafica: Mirko Malambrì stampa: Arti Grafiche Le Ciminiere – Catania allestimenti: Art Promotion – Taormina
con la partecipazione della Fondazione “G. Mazzullo”
ISBN 978-88-905243-0-1 Il contenuto editoriale è stato ideato, creato e realizzato con il proprio ingegno ed esclusive risorse. La presente opera è interamente coperta da copyright e tutelata dalla legge contro la illecita riproduzione e diffusione. È vietata qualsiasi copia o riproduzione anche parziale con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, di testi e/o immagini per qualsiasi uso. Per altri utilizzi si prega di contattare e chiedere l’autorizzazione dell’autore. I trasgressori saranno perseguiti a norma di legge. Tutti i diritti riservati 2010 © Edizioni Mirko Malambrì Corso Umberto, 108 – 98039 Taormina (ME) – Sicily – Italy +39.0942.24621 mobile: +39.347.5904170 www.malambri.com - mirkotao@gmail.com
Via Roma e l’Hotel San Domenico
Premessa Tutti conoscono il passato glorioso di Taormina ma non tutti ricordano coloro che hanno immortalato i momenti più importanti del paese. In un ambiente con una lunga tradizione di grandi pittori e grandi fotografi, che annovera nomi eccellenti come Peder Mønsted, Raul Dufy, Carl Rottman, John Ruskin, Richard Calvert Jones, Giorgio Sommer, Otto Geleng, Gustav Klimt, Wilhelm Von Gloeden, per citare solo gli stranieri, non potevano non nascere personaggi locali sensibili ed attenti al gusto dell’immagine. Molti sono infatti i fotografi taorminesi che tanto hanno dato in tal senso: Castorina, Crupi, D’Agata, Fiumara, Galifi, Licari, Malambrì, Marziani.
I pontili di Mazzarò
L’attività fotografica della famiglia Malambrì, in particolare, si differenzia dalla maggior parte dei fotografi citati, in quanto si dedicava soprattutto a quegli aspetti che caratterizzavano la vita sociale di Taormina. Quest’opera vuole ricordare sia il lavoro del fotografo, attraverso le immagini dell’archivio Malambrì, sia quei piccoli e grandi eventi che hanno contraddistinto il ventennio 1950-70 a Taormina, periodo che segnò la moda della fotografia “artistica” ad opera dei suoi incredibili maestri. Così rende omaggio ad uno dei fotografi del paese e ci fa ricordare come eravamo. Rivive la “dolce vita” taorminese degli anni ’60, con l’intento di dare nuovo impulso alla città proiettando quelle luci ai giorni nostri, cercando di evidenziare l’importanza della città e far riflettere sugli sviluppi futuri. Antonio Lo Turco
La Badia Vecchia
Presidente della Fondazione Mazzullo
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Taormina in passato ha ospitato tanti grandi pittori che hanno interpretato, attraverso i colori delle loro opere, la luce di Taormina. In seguito arrivò la fotografia e con essa il progresso ed il turismo. Attraverso l’immagine fotografica, cogliamo non soltanto l’aspetto oleografico paesaggistico ma anche quello dell’anima sociale di una comunità alacre ed intraprendente che si appresta attraverso il lavoro a costruire il proprio avvenire. Sono grato al giovane Mirko per aver indicato ai suoi coetanei una strada, che attraverso la conoscenza del passato ed attraverso le immagini, ci insegna il rispetto per il territorio, l’arte e le tradizioni. Nello stesso tempo ci indica una strada per il futuro dove emerge, come linea di condotta, un’identità taorminese, forte della propria storia e di duecento anni d’accoglienza verso il viaggiatore. La città di Taormina mi ha dato un mandato: ho l’onore di governare una bellissima cittadina che diventa sempre più metropoli internazionale, multietnica ma che non esenta dal dover affrontare molteplici difficoltà di crescita e di prosperità in questo nuovo secolo. Siamo pronti ad affrontarle come hanno fatto i nostri padri e grazie anche a quest’opera, imparando dalla grandezza del passato, siamo pronti a scrivere, tutti insieme, il nostro futuro. Mauro Passalacqua sindaco di Taormina
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B. 337 – N. 7254 – febbraio ’56
In occasione della presentazione dell’opera “Anima Taorminese”, che raccoglie il meglio dell’archivio fotografico Malambrì, realizzata grazie all’entusiasmo e al grande lavoro del giovane Mirko, erede dello scomparso Vittorio, scrivo con grande piacere queste note d’introduzione.
Taormina con la neve. La Torre dell’Orologio
Introduzione
Mirko Malambrì
Vittorio Malambrì
Giovanni Malambrì
L’autore Dedico questo libro ai miei genitori che mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto nel lavoro e nelle mie attitudini. In particolar modo a mio padre, che mi ha trasmesso la passione per la fotografia e che, seppur scomparso, ho sentito vicino quasi mi facesse da guida in questo mio incredibile lavoro di cui, sono sicuro, sarebbe orgoglioso. Ho selezionato con cura, grazie anche all’aiuto di amici, oltre 300 immagini dall’immenso archivio fotografico ereditato da mio padre, costituito da oltre 140.000 negativi. Lo screening dell’archivio e la selezione delle immagini mi hanno procurato un enorme lavoro e fatto provare il tormento per quelle fotografie che avrei dovuto scartare al fine di rendere duttile e sintetico il repertorio d’immagini da affidare alla mostra. L’ansia che il lavoro di due generazioni e la memoria storica ed estetica della vita sociale del mio paese potrebbe non essere del tutto rappresentata al meglio ogni tanto mi ha assalito anche se, alla fine, so che la pazienza e la volontà di portare a termine questo lavoro verranno premiate. Dopo mio nonno e mio padre, è giunto il mio turno, anch’io devo contribuire e dare seguito: la fotografia con l’avvento del computer è cambiata profondamente, il mio compito è stato quello di far rivivere questi splendidi negativi attraverso le moderne tecnologie senza perdere il sapore che avevano le immagini e le stampe fotografiche dell’epoca. Desidero ringraziare particolarmente il mio carissimo amico, Antonio Lo Turco (presidente della Fondazione Mazzullo), per tutto il tempo a me dedicato, per avermi spronato ad intraprendere questo “viaggio” all’interno dell’archivio e per essere la memoria storica di quest’opera. Grande merito va alla mia ragazza, Rosetta Giordanella, che ha sopportato tutti i miei “sbalzi d’umore”, mi sostiene a 360 gradi e per la sua insostituibile revisione dei testi. Ringrazio la fondazione “G. Mazzullo” per la consulenza tecnica e l’associazione culturale “Dionysos” per l’allestimento della mostra. Grande riconoscenza inoltre va al Comune di Taormina, al sindaco dott. Mauro Passalacqua ed all’assessore alla cultura Vittorio Conti, che hanno reso possibile questo evento dai contenuti inediti per Taormina. Mirko Malambrì
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Anima Taorminese
Era il fotografo che per profonda conoscenza della tradizione, stabiliva le posizioni gerarchiche, politiche e familiari che i protagonisti dovevano assumere nelle pose. Abbiamo così numerosi ritratti di gruppo che si distinguono per ritmo, plasticità delle composizioni e alternanza degli sfondi anch’essi protagonisti. La storia di Taormina dagli anni ’50 agli anni ’70 è così narrata per immagini, che testimoniano i cambiamenti e il progresso di una comunità che da rurale si trasforma in rinomato centro turistico. Un primo dopoguerra ricco di entusiasmi, promesse e speranze: giovani atleti, vitelloni, principi, baroni e stelline, tutti insieme a celebrare la mondanità a Taormina. Una città che si apriva al progresso e al tempo stesso manteneva un totale rispetto per la natura e il territorio. Certamente il passato conserva un sapore mitico e fiabesco, esaltato in questo anche dal bianco e nero delle immagini, dalla bellezza delle persone e dei panorami ma ciò non toglie un’attualità e una morale che queste fotografie incidono profondamente nell’anima di chi le osserva.
Via Pirandello
Il fotografo di quei tempi oltre che artista era un po’ sciamano, un po’ mago e un po’ sociologo: raccoglieva nella sua scatola magica le manifestazioni private di una comunità, raccontandole però anche con un taglio estetico non indifferente.
Piazza Duomo
Anima Taorminese vuole essere un omaggio a Taormina e all’amore che ha animato la famiglia Malambrì nel raccontarla attraverso le immagini che sono musica, poesia e contemporaneamente descrizione analitica della vita quotidiana con i suoi riti, cambiamenti storici, celebrazioni del lavoro e della festa.
Anima Taorminese attraverso l’apparecchio fotografico dà forma al suo spirito, che attraverso la memoria del passato dà corpo al presente; un’anima che viaggia nel tempo perché si è incarnata nell’essenza stessa di Taormina e dei taorminesi. Riflette, da ieri ad oggi, un forte senso di comunità coesa e intraprendente, pronta ad accogliere con entusiasmo e
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La Villa Comunale
Anima Taorminese è il filo conduttore tra passato e presente. Lo scopo principale di quest’opera è ridare vita a quest’incredibile archivio che per anni, come Aligi, ha dormito un sonno profondo.
Via San Pancrazio
gentilezza lo straniero per ospitarlo e trarre da esso un proprio sentimento di pace e comprensione che ha fatto di questo paese una comunità internazionale. Queste immagini vogliono essere per noi uno stimolo a proseguire il cammino, come del resto facciamo, intrapreso dai nostri padri e che vogliamo sia continuato dai nostri figli. Per il turista, e per tutti quelli che nel viaggio cercano un ristoro del corpo e della mente, Anima Taorminese è un ulteriore ricordo da portare con sé nel viaggio di ritorno, perché quando si viaggia non c’è cosa più bella della conoscenza del presente e del passato dei luoghi visitati. Anima Taorminese vuole riservarsi un posto nella valigia di coloro che partono affinché possa illuminare terre lontane e nello stesso tempo illuminarci ed interrogarci sulla qualità delle immagini del nostro presente. Antonio Lo Turco
Il Teatro Greco
L’Isola Bella
Presidente della Fondazione Mazzullo
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La fotografia come tecnica di produzione d’immagini si può far risalire al ’700, quando illustri chimici riuscirono ad ottenere solo contorni d’immagini, cioè silhouettes, nome derivato da Stefano Silhouettes che fu l’iniziatore della moda del ritratto. Agli inizi del ’800, il francese Joseph Nicéphore Niépce, considerato l’inventore della fotografia, iniziò a studiare la sensibilità alla luce del cloruro d’argento e nel 1816 ottenne la sua prima immagine fotografica utilizzando un foglio di carta sensibilizzato. Nell’arco di un secolo si giunse al perfezionamento delle tecniche grazie a scienziati ed artisti come Thomas Wegwood, Louis Daguerre, William Fox Talbot, Hyppolyte Bayard, François Antoine Claudet, Frederick Schott Archer, ed altri ancora, che sperimentarono diversi composti chimici per sensibilizzare lastre e carte fotografiche. Nel ’900 grazie ai progressi maturati, si cominciarono a produrre migliori materiali sensibili quali lastre di vetro, carte ed infine, con l’avvento della celluloide, le pellicole prodotte in maniera industriale ad opera di G. Eastman, fondatore della famosissima Kodak.
Via G. di Giovanni
La fotografia: un piccolo miracolo creato dall’uomo, che riesce a fermare il tempo, rivivere un’emozione, ricordare un attimo di vita. Una cronaca visiva di ciò che da subito si è trasformato in passato ma che rivitalizza un ricordo raccontandolo senza parole. I nostri tempi moderni ci fanno godere in maniera banale la fotografia. La sua enorme diffusione ci ha trasformato un po’ tutti in “maghi” dell’immagine senza conoscere le origini e l’evoluzione della fotografia.
La spiaggia di Spisone
La Fotografia
Negli anni ’50, i materiali sensibili avevano raggiunto grandi performance ma il trattamento non era così automatizzato come lo è oggi. Il fotografo quindi doveva essere anche chimico, la camera oscura era piena di composti chimici che erano indispensabili a sviluppare, colorare, fissare e smaltare i lavori: un vero e proprio artigiano che eseguiva tutto manualmente attraverso l’esperienza.
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Via San Pancrazio
Agli inizi la fotografia era considerata un mezzo d’aiuto per pittori e soltanto in seguito, grazie all’alto livello di qualità ottenuto ed alle raffinate tecniche di stampa, diventò espressione d’arte.
Il Castello Saraceno e la Madonna Rocca
Il chiostro dell’Hotel San Domenico
Il villaggio turistico “Le Rocce”
L’intero processo fotografico si divide in quattro fasi: ripresa, sviluppo, stampa e finitura. La conoscenza di tutte le fasi è di fondamentale importanza per un ottimo risultato. La fase della ripresa, ovvero dello scatto, è una delle parti più creative in quanto il fotografo coglie l’attimo e previsualizza nella propria mente l’immagine finale che verrà stampata. A quell’epoca, non esistevano gli automatismi di oggi e l’esposizione era affidata all’occhio e all’esperienza del fotografo. Tutta l’attrezzatura era ingombrante e pesante: quello che possiamo fare oggi con appena mezzo chilo, in quegli anni si traduceva in più di venti chili. L’introduzione della celluloide ha ridotto notevolmente il peso delle lastre, che prima erano di vetro quindi pesanti e delicate, ma questo materiale è altamente infiammabile quindi in seguito fu sostituito da altri composti plastici come il triacetato di celluloide ed in fine dal poliestere, materiale di cui sono fatte tutt’oggi le pellicole. Nella fase dello sviluppo, il fotografo metteva in atto la propria esperienza nel dosare la quantità, i tempi ed il tipo di “rivelatore” da usare in base al risultato che voleva ottenere. Qui, in camera oscura, l’artigiano maneggiava prodotti più o meno tossici che servivano a compiere la propria “magia”. La terza fase, quella della stampa, avveniva attraverso l’ingranditore, che proiettava l’immagine del negativo sulla carta, poi sottoposta allo sviluppo. In camera oscura, alla debole luce delle lampade dal classico colore rosso, si sceglieva la carta e il grado di contrasto quindi una volta esposto il foglio, s’immergeva nel bagno del “rivelatore” dove l’immagine appariva sotto gli occhi del fotografo, il quale sapeva esattamente quando passare il foglio di carta baritata nel “bagno d’arresto”. Successivamente la stampa veniva immersa nella bacinella del fissaggio, quindi sciacquata in acqua per circa un’ora ed infine asciugata. L’ultima fase consisteva nel mascherare i puntini di polvere o i graffi impressi nella stampa con inchiostri particolari e se era il caso, “smaltare” la foto, ovvero si dava una finitura lucida alla carta attraverso un processo a caldo su un tamburo cromato. A questo punto il lavoro era pronto per essere consegnato al cliente o venduto nella bottega, perché oltre le commissioni, l’artigiano produceva e vendeva le proprie cartoline turistiche, stampate appunto su carta fotografica.
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Il processo fotografico, fondamentalmente non è cambiato, adesso il fotografo necessita di ulteriori conoscenze in quanto la fotografia digitale viene totalmente gestita e quantificata in base a regole matematiche e fisiche attraverso il computer. Il progresso avanza inarrestabile ma nei ricordi dei più nostalgici si fermerà la figura antica e romantica del fotografo. Una figura del passato, un artigiano, un mestiere che seppur ora modernizzato, rimarrà sempre l’artefice di quella piccola grande “magia”. Un muto cantastorie dell’umanità.
La spiaggia di Spisone
La moderna “camera oscura” non è altro che una stanza ben illuminata dotata di computer, di scanner per digitalizzare le immagini da stampe o pellicole e, ovviamente, di stampante. I vecchi negativi possono prendere nuova vita attraverso lo scanner: vengono acquisiti sul computer e tramite i softwares di fotoritocco vengono restaurati e migliorati. I files così ottenuti possono essere usati nei siti web, inseriti in filmati e naturalmente possono venire stampati su una vasta gamma di supporti (carta, plastica, tela, metallo, etc.) che le nuove tecnologie ci offrono.
Corso Umberto I
La fotografia tradizionale raggiunse la sua massima espansione, anche a livello amatoriale, fino alla metà degli anni ’90, dopo dei quali, l’introduzione degli apparecchi digitali segnò un profondo cambiamento nella diffusione e nell’approccio alla fotografia. Oggi la pellicola ed i metodi tradizionali sono usati soltanto a livello professionale o artistico. Le botteghe artigiane si sono trasformate in centri di stampa digitale dove tutto viene prodotto attraverso l’uso di computer e stampanti che utilizzano varie tecnologie (laser, ink-jet, sublimazione). Quei luoghi bui e male odoranti che erano le camere oscure sono praticamente scomparsi.
Contrada Chiusa
Mirko Malambrì
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