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I Manga RedSpace Bet
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Articoli Poseidon T Ai no kusabi Masamune Shirow
Illustrazioni
Contest Partecipa al contest. Uke cerca Seme
Racconti
& Contatti Autori
LemonXXXzine Aprile 2014 Lemon xxzine è una rivista per un solo pubblico adulto VM18. Pubblicazione online Aprile 2014 Rivista a distribuzione gratuita contenente materiale yaoi, yuri, bara, ed hentai. www.lemonxxxzine.altervista .org Per contattare lo staffv, info ed inserzioni
Lemonxxxzine@gmail.com Si ringraziano: Hentayfantasy 03, Mari Yuki, DAMB, e Miharukun Le opere sono dei rispettivi autori è vietata la copia e la distribuzione per scopi commerciali. (c)Copyright 2014
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EDITORIALE Proprio sei mesi fa, tra noi appassionati disegnatori del gruppo Facebook Gom-chan, è nata l’idea di creare una webzine a tema variabile tutta a luci rosse: uno spazio dove poter raccogliere tutti i nostri lavori altamente censurabili senza alcuna restrizione! Ed è così che con la speranza di portare a termine questo ambizioso progetto proposto da Miharukun, ognuno dei fondatori s’è impegnato a ritagliare un po’ del proprio tempo per dedicarlo alla rivista, spargendo la voce, producendo nuove opere d’arte, incalzando altri artisti affinché prendessero parte all’iniziativa… Col tempo ci siamo allargati diventando sempre di più, creando un team affiatato e sempre pronto ad ingrandirsi che specialmente nell’ultimo periodo ha lavorato duramente per il magazine. Ora finalmente Lemon-XXXzine, la primissima webzine italiana tutta hot, è pronta al lancio, in perfetto tema sci-fi! I ringraziamenti vanno a ciascuno dei membri della redazione, indistintamente sia ai fondatori che ci son stati fin dall’inizio dando un apporto costante allo sviluppo della rivista, sia agli autori acquisiti più di recente, a tutti coloro che appena entrati hanno subito dato suggerimenti e a quelli che hanno contribuito con illustrazioni, manga e fumetti, articoli e racconti. Ma un grazie speciale va alla nostra bravissima MissChroma che non solo ha impaginato l’intera rivista, ma ha anche progettato il layout per il sito web!
Editor
LevTema Sci-fi
Miharukun
Editor Kirashion
Grafica e Impaginazione MissChroma
Articoli Damb MissChroma Iason Mink
Copertina Kirashion
Fumetti
Nell’attesa del prossimo numero ricordati che però le porte di Lemon-XXXzine sono sempre aperte a nuovi artisti e scrittori; per partecipare inviaci una mail a lemonxxxzine@gmail.com allegando dei tuoi lavori e se vuoi una breve presentazione, ti risponderemo al più presto!
Miharukun Carmela Piscopia Massimiliano Arcari
Macottte designer ?
KIRASHION
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TUTORIAL
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Con questo numero vogliamo aprire un sezione dedicata ai TUTORIAL fatti dagli stessi autori della rivista.
I n m o d o rand om si parl era’à d i anatomia colore, varie tecniche, tutto R18!!
Laciateci commenti e richieste sulla pagina facebook o nella sezione rivista del sito!!
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http://miharu-kunandkuma-chan.blogspot. it/2014/02/manga-falsch.html
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http://CL-BOY.BLOGSPOT.IT
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ARTICOLI
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Kaze to Ki no Uta
YAOI REVIEW
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rancia, tardo ‘800.
Serge Battour è un ragazzino di appena quattordici anni, talentuoso suonatore di pianoforte: di madre gitana e padre visconte, ha perso i genitori in tenera età, ed è stato cresciuto dalla zia. Ora che è arrivato nell’età di frequentare il collegio, ha espresso il desiderio di recarsi allo stesso del quale il padre parlava sempre con tanta nostalgia, l’accademia Lacombrade, nei pressi di Arles. Una volta arrivato, per lui la vita si prospetta come quella di un qualsiasi collegiale: nuovi amici, battibecchi, lezioni di piano speciali e studio… Se non fosse che, come compagno di stanza, viene deciso di assegnargli un ragazzo decisamente fuori dal comune: Gilbert Cocteau. Dalla bellezza stupefacente e quasi femminea, ha inizialmente un comportamento freddo, insolente e assai dissoluto, che collide con l’attitudine da ‘’ragazzo beneducato’’ di Serge. Tuttavia, dietro tale atteggiamento si nasconde un passato più oscuro di quanto si possa immaginare, che il giovane Serge scoprirà a poco a poco, assieme alla parte più ‘’vera’’ e celata dell’animo del suo compagno di stanza. …questa a grandi linee (e senza troppi spoiler) la trama di ‘’Kaze to Ki no Uta’’, o ‘’Il poema del vento e degli alberi’’ opera della ben nota mangaka Keiko Takemiya (conosciuta anche per ‘’Terra he’’, ‘’Andromeda Stories’’ e ‘’Natsu he no tobira’’). Pubblicata nel 1976, ha presto attirato sì grandi polemiche, ma anche un ammontare sempre
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maggiore di fama e grandi appassionati. Pure qui in occidente, anche se non ha mai avuto il successo che meriterebbe, è oggetto di frequenti apprezzamenti ed analisi, e per gli amanti dello shonen ai, ma soprattutto degli shojo/vintage e, più in generale, delle opere di grande spessore, risulta assolutamente un must. Ma a che cosa è dovuta questa così alta reputazione? Poiché parlarne è alquanto difficile e qualsiasi cosa io scriva risulterebbe riduttiva, organizzerò la mia recensione come un mero riassunto dei punti cardine dell’opera, sperando di avvicinarvi e di essere il più esaustiva possibile.
dissimile dal travaglio dell’esistenza comune a noi tutti. La personalità delle sue ‘’creature’’ è talmente complessa, e al contempo analizzata in maniera talmente minuziosa, da darci l’illusione di star guardando da spettatori silenti esistenze a noi vicine. Nessun sentimento è dato per scontato o trattato con leggerezza: mentre in molti manga odierni, per fare un esempio, lo stupro è utilizzato quasi come espediente narrativo, senza lasciare ferite evidenti in chi lo subisce, in Kazeki è reso come realmente è, ovvero un fatto crudo e inqualificabile, che segna l’animo e spesso lo plasma crudelmente. A tal proposito, anche riguardo le scene di sesso l’autrice risulta particolarmente anticonformista per l’epoca. Essendosi rifiutata categoricamente di tagliarle, poiché ben consapevole dell’importanza che avevano nella storia (non si tratta assolutamente, infatti, di scene gratuite: tutt’altro) dovette aspettare ben nove anni prima che l’editore accettasse di pubblicare la sua opera: fino a quel momento (per esempio nelle opere della grande Moto Hagio), sebbene si fosse già parlato di rapporti sessuali, nulla si era mai visto disegnato concretamente, e Kazeki costituiva il primissimo esempio di manga in cui si trovassero scene che vedevano due ragazzi nello stesso letto, o rappresentazioni di violenza psicologico/carnale senza veli troppo pesanti. Ovviamente il tutto è in ogni caso trattato con una delicatezza degna di un quadro, di una sinfonia di musica classica o di un sonetto: in particolare le scene d’amore tra
Inizio col dire che Kazeki non è affatto una lettura facile: tramite tale opera la Takemiya supera ampiamente il confine tra fumetto e romanzo, mettendoci davanti a un manga del tutto privo dell’atmosfera rassicurante e tutta ‘’rose e fiori’’ degli shojo dell’epoca. Si tratta (e si trattò) di un prodotto totalmente innovativo non solo per le trovate stilistiche -delle quali parlerò in seguitoma anche per il fatto che affronta tematiche delicatissime quali il suicidio, l’abuso sessuale, la pedofilia e la dipendenza da farmaci , sempre con tatto ma senza celare nulla; esplorando le parti più oscure dell’animo umano e mettendole completamente a nudo, in un’analisi talmente vera da sembrare tangibile -e pertanto altrettanto spietata- la Takemiya crea personaggi così profondamente umani da renderci impossibile sia odiarli che giudicarli, in quanto il vortice di passioni delle quali ci rendono partecipi non è
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resa delle espressioni facciali), l’utilizzo di colori delicati nelle illustrazioni e l’immancabile predilezione per il gusto settecentesco/ottocentesco e neoclassico, con numerose citazioni del mito greco e della romanità. So che molti si fanno ingannare dalla facciata ‘’vintage’’, che a tutt’oggi viene ingiustamente snobbata subito, ma non ci cascate anche voi: a livello artistico si tratta di un’opera curatissima, e, pur essendo un manga abbastanza datato, risulta di grandissima attualità e imperitura efficacia sia in questo senso che per la trama. Se si è trattato tuttavia di un manga che ha fatto la storia in patria, gettando le basi dello shounen ai moderno, qui in occidente salvo pochi eletti la sua conoscenza è praticamente nulla. Mai pubblicato, è diffuso solo in scans inglesi ed italiane, tra l’altro ancora in corso di traduzione, e l’adattamento animato -nemmeno lontanamente paragonabile al manga per completezza di storia, ma girato egregiamente e con musiche da togliere il fiato- è stato esportato solo qui in Italia (miracolo!). Anche il fandom è quasi inesistente, con minuscoli nuclei su tumblr o altri siti di condivisione e alcune recensioni, oltre alla pagina da me gestita (l’unica a tema in tutto facebook *ride*) per noi italiani. Se col mio davvero troppo scarno approfondimento sono riuscita ad incuriosirvi almeno i due protagonisti vengono paragonate all’unione di due rose (una metafora di una poesia unica, quasi commovente). Oggi farebbe semplicemente sorridere il grande pubblico, ormai (forse troppo?) disinibito (una cosa che dico sempre parlando di Kazeki è infatti ‘’Se cercate esclusivamente sesso esplicito, o yaoi -se per esso intendete quello con cui viene oggi definito il genere- mi spiace ma ‘’Il poema’’ non fa proprio per voi’.), ma per allora rappresentava un qualcosa di sconvolgente. Si potrà dunque ben capire che i lettori rimasero sconcertati dall’impatto di un’opera tanto forte e che, se da un lato suscitò polemiche, dall’altro venne apprezzata per la sua grandissima profondità. L’altro principale aspetto, che si affianca ai contenuti e vi si trova in armonia perfetta, è lo stile. Con tutti i canoni del periodo, presenta una certa bidimensionalità e figure stereotipate, oltre che una predilezione per la resa delle ombre mediante tratteggi e varie altre tecniche ‘’riempitive’’e un uso quasi nullo dei retini. Si sente l’influenza di Tezuka, il ‘’Dio del manga’’, ancora forte più che mai in quel periodo e vissuta ed assimilata in toto dalla Takemiya e dalle altre artiste del gruppo Year 24*, la quale porta non solo ad una delicatezza delle forme ma anche alla sperimentazione di trovate grafiche innovative. Ad essa si abbina una componente shoujo ovviamente preponderante, un’attenzione meticolosa ai particolari (specie nella
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un poco, vi consiglio con tutto il cuore di unirvi a noi ed incrementare questo piccolo fandom: anche se magari non siete avvezzi ad opere del genere e può rivelarsi un’esperienza impegnativa vi assicuro che ne vale assolutamente la pena. SI tratta di una lettura che colpisce nel profondo, che coinvolge e invita a dialogare con sé stessi e col mondo. Per concludere, e ringraziarvi della lettura di queste tante, eppure sempre troppo poche parole, concludo con le migliori che in questa circostanza io possa trovare… Le ultime frasi del manga e dell’OAV, quelle che tutti ricordano e quelle che danno il via ad un fiume di sentimenti e lacrimoni, oltre che stupire per la loro semplice bellezza: “Gilbert Cocteau, tu sei stato il fiore più bello che sia mai sbocciato nella mia vita. Nei lontani sogni di giovinezza, tu eri una fiamma rosso vivo, che guizzava ardentemente… Tu eri il vento che scuoteva i miei rami. Riesci a sentire il poema del vento e degli alberi? Riesci a sentire il tumulto della nostra adolescenza? Oh, non siamo certo I soli a ricordare quei giorni di gioventù….” Shiokaze
*gruppo di mangaka shoujo così chiamate perché lavorarono principalmente nell’anno 24 dell’era Showa e si dedicarono ad opere dallo stile simile. Tra di loro ci furono anche Riyoko Ikeda, Moto Hagio e Waki Yamato.
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NE KOTA YONE Z O U CONFERENZA DURANTE LU C C A ‘13 INTERVIEW Durarnte il Lucca Comics & Games 2013, Magic Press ha portato in Italia Nekota Yonezou, prima mangaka yaoi a sbarcare nel nostro paese. Autrice di grande fama in patria, Nekota Yonezou è conosciuta dal pubblico italiano grazie alla pubblicazione ad opera di Magic Press, all’interno della linea 801, di due suoi manga: Tsuyogari e Trattami con dolcezza. L’autrice, già molto attiva nel campo delle doujinshi, esordisce in Giappone con l’editore Biblos e le sue opere raggiungono velocemente un ampio consenso di pubblico grazie ad un perfetto mix di erotismo, comicità e romanticismo. Durante la conferanza ecco un resoconto delle domande che le sono state fatte da noi fan. La redazione di lemonxxxzine rigrazia di cuore BlackSoil che ci ha permesso di pubbolicare il suo resoconto della confernenza se volete vedere l’articolo originale andate qui http:// blacksoil-theothersideofthemirror.blogspot.it/2013/11/lucca-comics-2013-incontro-con-lanekota.html?spref=tw
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avevo parlato con Yamane sensei alla quale avevano fatto la strana richiesta di disegnare una giraffa (?), ma conoscendovi sono rimasta colpita, vi pensavo più aggressive invece siete molo simili ai giapponesi. Quindi impressione positiva *^* F: Il lavoro preferito? N: Non ho un lavoro che preferisco, mi appassiono a quello che sto facendo in corso d’opera. F: Cosa ne pensa del fenomeno delle scanlation? N: Sono contenta che in questo modo le mie opere siano conosciute in varie parti del mondo, ma confido anche nel fatto che una volta edite i fans acquistino tali opere, anche per sostenere l’autore stesso. Purtroppo in Giappone, molti mangaka non così famosi, hanno dovuto smettere di disegnare per mancanza di fondi proprio a causa delle scans.
Fan: Notizie sulla prosecuzione di Michiru Heya ? Nekota: Ho intenzione di continuare il prima possibile, non appena avrò del tempo a disposizione uscirà il nuovo volume. F: Speranze di veder pubblicato in Italia qualche sua dj? La Nekota si dice favorevole, quindi Galloni ribatte con un “vedremo” *incrocia le dita* F: Da cosa è nata la passione per le mutande bianche? N: Circa 15 anni fa stavo disegnando una dj su Naruto e mi è venuta fuori questa mutanda, da allora sembra che abbia avuto successo. xD F: Notizie su Miwaku Shikake - Amai Wana? N: Il manga non è concluso al terzo capitolo, ma è solo in pausa, in attesa di più tempo a disposizione. La Nekota a tal proposito si domanda come abbiamo preso il fatto di trovare un seme così poco mascolino in Miwaku, naturalmente risposte entusiaste xD F: Da cosa ha deciso di intraprendere la carriera della disegnatrice di yaoi? N: Tutto è partito dalla lettura di “Proteggi la mia Terra”, con il personaggio di Issei. F: Cosa ne pensa delle fan italiane ed in generale di quelle europee? N: Ne ero spaventata prima di partire, anche perché
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F: la sua opinione sulla Legge 156 N: Quando hanno approvato la legge, all’inizio ero shockata, avevo paura che questa legge non mi avrebbe più permesso di disegnare ciò che volevo. Successivamente mi sono poi concentrata per trovare un modo per aggirarla, in modo da poter esprimere quello che volevo trasmettere anche in altri modi. F: Cosa ne pensano i suoi parenti della sua professione? N: I miei genitori lo sno, ma preferiscono non parlare dell’argomento, i miei amici mi hanno accettata. Ultimamente è successo che anche mio nonno lo scoprisse, ha indetto una riunione di famiglia per cercare di farmi smettere *ride* F: Vedremo mai in futuro qualche suo tutorial per aspiranti mangaka yaoi? N: Non ci avevo mai pensato, ma erto non mi
dispiacerebbe. F: Come ha trovato uno stile di disegno che la soddisfacesse? N: L’importante è leggere tante cose, leggere tanti manga di autrici diversi; studiare il vario materiale visivo, non solo manga, ma anche molti film. F: Quali sono gli elementi che secondo lei attirano verso il BL? N: Me lo sono spesso chiesto, chi legge Shoujo tende ad immedesimarsi ocn la protagonista femminile, ma leggendo Yaoi si vede la storia da un terzo punto di vista. Quindi tutto sta nel preferire o meno questo punto di vista. La sensei ci chiede da cosa nasce la nostra passione per il BL, quando molti rispondono per Ai no Kusabi o per Kizuna, lei ammette di amare molto quest’ultimo, che è stato anche per lei il primo yaoi, anche perché Kodaka sensei è stata la sua maestra. F (la mia domanda *^*): C’è una Novel che le piacerebbe trasortare in manga? N: Ad essere sincera no, ce ne sono molte che mi piacciono, ma alal fine quando le leggo penso sempre che io avrei sviluppato la trama in modo diverso o che avrei fatto fare azioni diverse ai personaggi, quindia alla fine non farei altro che stravolgerla completamente.
F: Cosa ne pensa del Lucca Comics? N: A differenza degli eventi giapponesi, che sono un po’ come una guerra, qui è tutto come una festa e mi sto divertendo molto a girare. F: Conosce il fumetto italiano o più in generale quello europeo? N: No, non li conoscevo, li ho scoperti girovagando per Lucca (insieme alla traduttrice e alla sua editor della Libre), e mi sono chiesta come abbiano fatto i manga, così diversi nel tratto, a fare tanto successo in Italia, con una tradizione visiva così diversa. F: Molti autori hanno particolari rituali prima di mettersi a disegnare o di scrivere una storia, lei ne ha? N: No, non ho particolari rituali, mi focalizzo solo sulla storia in modo che entri a far parte del mio quotidiano, spesso mi ritrovo anche a pensare addirittura al prossimo progetto.
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VU O I CO LLABORARE C ON N O I? WORK WITH US
Lemon-XXXzine è il primo magazine online italiano e a tema dal contenuto maturo: all’interno della rivista sono raccolti manga, illustrazioni, racconti e altro con contenuti 18+!
Se vuoi entrare a far parte del nostro gruppo,se il benvenuto!! Manda un email a lemonxxxzine@gmail.com con le tue opere e ti faremo sapere! o visita la pagina su facebook Lemon-XXXzine https://www.facebook.com/pages/Lemon-XXXzine/385694368231565
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ILLUSTRAZIONI
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SIRIO
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ELISA RG
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MISS CHROMA
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A M O R H C S S I M
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NAMINE’ - POL ROMANO
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STARS di Bloodingeyes
Non ero mai andato tanto d’accordo coi miei genitori, erano sempre stati nei miei confronti troppo oppressivi e asfissianti. Soprattutto mia madre. Lei si era fissata su quello che voleva per me, tutti i sogni che lei non era riuscita a realizzare li voleva far compiere a me: la danza, la musica, il canto. Non erano di certo hobby adatti ad un bambino. A me piacevano le stelle, lo spazio e sognavo un giorno di fare l’astronauta per visitare la luna oppure essere il primo uomo ad andare su Marte. Ma non c’era posto per i miei desideri e io detestavo mia madre per questo e odiavo mio padre per non essermi mai venuto in soccorso. Ma dall’averli entrambi in antipatia al perderli per sempre c’era una grossa differenza. Morirono poco prima che compissi 16 anni, un incidente d’auto molto banale: avevano saltato una revisione e la macchina, con il bagnato, non aveva tenuto bene la strada perché le gomme erano troppo usurate. Morirono entrambi sul colpo. Mio padre non aveva più parenti in vita mentre a mia madre erano rimaste due sorelle e un fratello che si sarebbero potuti occupare di me. Una delle sorelle e il fratello abitavano più o meno nella nostra stessa zona ma, adducendo assurdi motivi, non accettarono di tenermi con loro. In quel periodo mi sentì
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molto solo, odiato da tutti. Smisi di mangiare e persi sonno, ero sempre più depresso e gli assistenti sociali confidavano in un miracolo. L’ultima sorella di mia madre, Susan, non era veramente sua sorella. Era stata adottata dalla famiglia di mia madre quando i nonni non erano ancora riusciti ad avere figli, ma mia madre non mi aveva mai portato da lei per conoscerla e non l’aveva mai invitata a nessuna festa. Abitava da qualche parte nel bel mezzo del nulla e quindi le ci volle più tempo per ricevere la notizia della scomparse di sua sorella. A me non interessava molto, tanto pensavo che anche lei si sarebbe opposta ad adottarmi. Invece, appena mi vide, mi sorrise e mi disse che si sarebbe occupata di me, che non sarei finito in orfanotrofio e che non sarei più stato solo. Fu un po’ strano in realtà: io non conoscevo quella donna, mia madre aveva sempre tenuto le distanze da lei e l’aveva sempre dipinta come una pazza. Certo, non era una persona comune, con quei suoi capelli biondi e ricci, secchi come stoppa tenuti da una bandana multicolore, vestiva molto colorato, con un vestito che le arrivava alle caviglie pieno di disegni geometrici che mi davano una strana sensazione, un brivido non molto piacevole, portava poi degli stivaloni sporchi di fango e grossi gioielli, una collana con gigantesche sfere e qualche bracciale fosforescente e per finire una giacca di jeans stinta con delle toppe strane un po’ dappertutto. Ricordava la madre di Darma, quella del telefilm. Una hippy, non c’era altro modo di definirla. Prese tutti gli accordi con gli assistenti sociali e mi prese a carico. Quelli sarebbero venuti a controllare di lì a qualche settimana ma si dissero felici che qualcuno avesse avuto il buon cuore di adottarmi. Zia Susan mi fece salire sul suo pick-up tutto pieno di bozzi e sporco di fango che faceva girare chiunque per le vie dei quartieri alti dove avevo vissuto sino a quel momento. Uscimmo dalla città e proseguimmo sull’autostrada per diverse ore. La donna mi parlò della sua fattoria, della sua famiglia,
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di mio cugino, suo figlio, che aveva la mia stessa età e che io non sapevo neppure esistesse, e anche dei vicini strani, più strani di lei. Era decisamente una donna chiacchierona ma pensai che fosse meglio, perché io non sentivo di avere niente di importante da dire. Alla fine mi imbottì così tanto di chiacchiere che mi addormentai. Quando mi svegliai era ormai notte ed era molto buio. In città è difficile capire cosa sia l’oscurità perché sempre un raggio di luce filtra da una finestra o da una porta, c’era sempre un lampione acceso o un insegna pubblicitaria di McDonald’s, ma lì non c’era nulla, solo la luce di una casa a qualche metro di distanza «Siamo arrivati tesoro» mi disse Susan per poi scendere. L’imitai, ricordandomi di prendermi dietro lo zaino con alcune delle mie cose, giusto l’indispensabile. Mi guardai attorno per vedere la mia nuova casa ma in quel momento era troppo buio per farmi un idea. Guardai poi il cielo per la prima volta e rimasi folgorato. In città non riuscivo mai a vedere le stelle che tanto mi piacevano, c’era sempre troppa luce e troppo smog, lì invece il cielo era limpido e splendevano su quella volta oscura milioni di miliardi di bellissime luci «tutto bene tesoro?» mi chiese la zia e io le sorrisi per la prima volta, staccando lo sguardo dal cielo «Si, sto bene» e per la prima volta era davvero così: guardando quel cielo aperto e luminoso mi sentì per la prima volta un po’ meno solo e triste. La zia non disse nulla e mi condusse in casa, nella mia nuova casa. Era passato un anno e mezzo da quando i miei genitori erano morti. Non potevo dire di stare ancora bene, ogni tanto alla mattina mi svegliavo così depresso da non riuscire neppure ad alzarmi e, alla notte, mi capitava spesso di addormentarmi piangendo. Erano i momenti peggiori della giornata. Per il resto cercavo di non pensarci troppo e mi concentravo sul riprendere l’anno che avevo perso, dato che ero diventato orfano proprio negli ultimi mesi, e intanto cercare di farmi una vita sociale in quel niente assoluto che erano i dintorni di casa
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mia. Mi era un po’ difficile abituarmi alla vita di campagna quando prima di allora i campi e il bestiame li avevo visti solo in fotografia. Zia Susan era quella che portava i pantaloni in casa: si occupava della terra e delle mucche e in un qualche modo trovava anche il tempo di fare dei timballi con le patate e il pollo che erano diventati il mio cibo preferito. Suo marito, Bob, cercava di aiutarla ma non sapeva guidare il trattore e quindi dava solo una mano con gli animali e con l’orto dietro casa. Era un uomo nella media, una di quelle persone con un volto qualsiasi e nulla di speciale che ti rimanesse impresso. Era forse troppo alto ma, per il resto, era una persona molto comune: aveva un po’ di pancia ma non era grasso, aveva i capelli castano scuri un po’ spenti, gli occhi scuri e la pelle non troppo abbronzata. Non era bello ma era molto intelligente, sapeva molte cose di astronomia, fisica e matematica che me lo resero quasi subito simpatico. Era anche molto goffo, non c’era giorno che non facesse cadere qualcosa o che non cascasse a sua volta. Mio cugino Jona non era altrettanto goffo ma ci si avvicinava. Anche lui era un tipo nella media, con i capelli un po’ più chiari del padre, gli occhi scuri, la pelle abbronzata come la madre. Come il padre era una persona poco appariscente se non per la statura molto elevata, un metro e 98. Avevamo la stessa età ed eravamo gli unici ragazzi nel raggio di qualche chilometro, questo solo fatto avrebbe dovuto renderci per lo meno amici ma non fu così. I primi mesi ci parlammo appena, non avendo molto in comune. A lui piaceva la musica pop, a me la musica classica e l’opera. A lui piaceva stare fra le piante e gli animali, a me stare a guardare il cielo e le stelle. Lui leggeva appena i libri di scuola, io leggevo romanzi su romanzi. Due pianeti differenti. Ogni tanto si offriva di farmi uscire con i suoi amici ma io rifiutavo quasi sempre perché le persone di quelle parti, anche se non erano cattive, erano molto strane. E in un anno e mezzo non sono ancora riuscito ad abituarmi del tutto alle stranezze dei vicini e della mia
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famiglia acquisita. Non sono cattivi, di questo sono convinto, ma ogni tanto dicono cose e ne fanno altre che non hanno molto senso e alle volte mi inquietano un po’. Tutti nel raggio di 40-50 Km sembravano far parte di una qualche setta segreta, anche la mia famiglia. Tutti erano persone comuni, con il loro orto, i loro animali e i loro vestiti fuori moda, che si riunivano ogni venerdì sera nella palestra della scuola, che stava vicino alla chiesa, al supermarket, al distributore di benzina e al negozietto di abiti che erano le uniche attività commerciali presenti da quelle parti. Non c’era l’ombra di un McDonald’s per circa 1.000 Km e nessuno, tranne me, sembrava sentirne la mancanza. Comunque a quelle strane riunioni io e mio cugino non venivamo mai invitati ma avevo sempre la sensazione che lui sapesse che cosa combinavano tutti i nostri vicini e semplicemente non me lo volesse dire. Questo era un altro motivo per cui ci era difficile legare. Quello che era appena sorto era un giovedì mattina della prima settimana di gennaio, eravamo ancora in vacanza e faceva così freddo che avevo la punta del naso, unica parte del mio corpo che fuoriusciva dalle coperte, completamente congelata. Di sotto la zia stava preparando la colazione e dall’odore c’era una grossa probabilità di mangiare la torta di mele. Lo zio era probabilmente andato nell’orto o dagli animali e nella casa c’era per lo più quell’atmosfera calda e calma che io non avevo mai sperimentato prima di allora. Nella mia famiglia la colazione si faceva al volo con un goccio di latte o succo e una fetta biscottata o una pastina del supermercato smangiucchiate in fretta. Qui, invece, ogni mattina, anche nel bel mezzo della settimana, c’era sempre una fetta di torta o il pane fresco e il latte appena munto, e non ci si alzava da tavola finché non si finiva di mangiare. Era tutto così diverso che quasi mi sembrava di stare in un sogno «Sei sveglio?» mi chiese Jona, nel letto accanto a me, mentre si metteva a sedere e si stirava «Si, da poco» gli risposi. Lui si alzò e si venne a distendere
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accanto a me, abbracciandomi e baciandomi sulla fronte. Dividevamo la camera da quando mi ero trasferito, essendo quella degli zii una casa abbastanza piccola, ma il letto era una cosa molto recente, di due settimane prima per l’esattezza. I suoi genitori e tutto il vicinato si era riuniti nella palestra della scuola come ogni venerdì, per quanto fosse la vigilia di Natale. Io e Jona eravamo stati lasciati a casa come al solito mentre gli zii erano usciti incuranti della neve e dei miei timori. Mi dissero che non dovevo preoccuparmi, che sarebbero tornati presto e che ci avrebbero avvisati appena arrivati a scuola. Anche se non l’avevo detto espressamente loro avevano capito che vederli uscire quella sera, in mezzo alla bufera con la macchina, non mi piaceva e che stavo pensando ai miei genitori perché fecero di tutto per tranquillizzarmi e obbligarono mio cugino a tenermi occupato. Finché non ricevetti il loro messaggio che mi assicurava che erano sani e salvi io rimasi teso e poco attento al gioco in cui Jona aveva tentato di coinvolgermi ma anche dopo non fui molto di compagnia così che lui si irritò e si mise a giocare da solo e io andai a prendere un libro da leggere, uno che parlasse di stelle, che quella sera non potevo vedere «Come mai ti piacciono tanto?» mi chiese ad un certo punto mio cugino, sbirciando il libro che stavo leggendo «Le stelle? È che mi fanno sentire meno solo» gli dissi «Cioè?» ricchiolava sempre lui non avesse prodotto nessun rumsessuale si notasse anche all’esterno e non pensavo neppure che Jona fosse di quella sponda, lui non aveva dato segnali di nessun tipo! E poi non era vero che mi sentivo solo perché non facevo sesso, mi sembrava un po’ esagerato... Ero confuso e non sapevo che cosa rispondergli così lui si allungò di nuovo a baciarmi, questa volta con meno foga, dandomi l’opportunità di allontanarmi se lo
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Grazie per aver letto
Arrivederci al prossimo numero!
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