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Disagio Giovanile
Se cerchi di spiegarlo, sei un “buonista”
In attesa che la cronaca si occupi anche di adolescenti positivi, che costruiscono (innanzitutto sé stessi) invece di distruggere (innanzitutto sé stessi), dobbiamo registrare servizi che gettano ombre tenebrose sul continente dei minori.
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Ultime in ordine di tempo sono le due pagine della “Verità” (30/1), con un servizio che assomiglia a un bollettino di guerra:
«Professori picchiati, alunni bullizzati, aule distrutte, regolamenti di conti davanti agli istituti».
Sono messi in fila fatti di cronacaccia da tutta la Penisola, tali da fornirci il quadro devastante di una generazione perduta, corredato con i pareri di Rino Di
Chissà se la “Verità”, quando nel sommario scrive: «I buonisti incolpano il disagio giovanile», pensa a “Libero” (29/1), dove Paolo Crepet – titolo:
«Indifferenza, web, isolamento. La violenza dilaga tra i ragazzini»
– chiama in causa i genitori («Quanti errori da noi adulti») e ammette: «La realtà non offre modelli positivi».
Un vizio antico: chi cerca di spiegare, senza isolare i ragazzi dal loro contesto, viene accusato di giustificare.
Crepet e chi interviene da qui in poi si rifà ai giovani schiantati in automobile, a partire dai cinque (un sesto in gravi condizioni) sbriciolati in 500 a Roma.
Non a caso il giorno prima “Libero” (28/1) cita il rapporto Aci-Istat: «I decessi di under 20 aumentati del 41%». Il titolo della “Stampa” (28/1) più che alla riflessione potrebbe indurre al panico: «La strage dei ragazzini».
Fotocopia il titolo della “Repubblica” (28/1): «Strage di ragazzi dopo la festa»
E chissà se anche il titolo dell’analisi di Stefano Massini – «La sfida della velocità come rito disperato per chi non ha futuro» –è passibile di “buonismo”.
Sicuramente “buonista” è Walter Veltroni che sul “Corriere” (29/1) domanda, amaro: