Dream a little dream of me Storie, sogni e personaggi per l’anno che verrà 1
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Bilanci e buoni propositi da disattendere con eleganza
La poesia è di Abbas Kiarostami, regista iraniano e penna delicatissima che ci ha lasciato nel 2016. Mi è capitata tra le mani giorni fa e ho pensato fosse perfetta per parlare della fine dell’anno e dell’inizio di quello nuovo, ovvero il tempo che attraverserà questo numero di The Mag. Perché? Queste sono settimane strane, fatte di bilanci e buoni propositi da disattendere con eleganza. Ma soprattutto sono i giorni in cui occorre scegliere se essere una rondine che torna al posto di sempre o decide di andare un po’ più in là, magari dove non si è mai stati finora. Superando la propria comfort zone, lo spazio pieno delle certezze che ci fanno sentire al sicuro. Non è una scelta da poco e per darvi qualche spunto in più abbiamo scelto di raccontarvi diverse storie. Storie di chi si è preso sulle spalle i propri sogni e ha deciso di provare a realizzarli. Come nel caso di Lexie Alford, una ragazza che a 21 anni ha già visitato tutti i paesi di questo nostro Pianeta ed è entrata di recente nel Guinness dei primati, oppure la storia di Francesca Dani, fotoreporter di talento che ha mollato la moda e una carrie-
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l'editoriale del direttore
ra per andare a guardare negli occhi i fantasmi di Chernobyl, ovvero quella città da cui, quando era piccina, arrivò la nube nucleare che in qualche modo le ha cambiato la vita. Ci sono poi due tipe davvero toste, Camihawke e Michela Giraud, ragazze che con i social network hanno avuto modo di esprimere in maniera potentissima le proprie personalità. Le abbiamo intervistate a margine della Festa della Rete, una specie di Pallone d’oro del mondo web e social.
Andrea Luccioli
Abbiamo poi scoperto cos’è un urban explorer e soprattutto cosa fa in giro nei luoghi dimenticati da tutto e tutti. Superare i propri limiti a volte è anche questo: esplorare spazi inaccessibili e abbandonati per poi fermarsi e fare i conti con i propri silenzi. C’è molto altro ancora, ma non voglio dirvi tutto. Posso però affermare con un certo orgoglio che The Mag ha deciso di essere una rondine che ha scelto di andare oltre, di non tornare nel posto di sempre. Oddio, siamo sempre qui, sia chiaro. Solo che abbiamo spostato i nostri orizzonti più avanti: questo numero esce con 136 pagine, una specie di record. Uno sforzo notevole in un momento difficilissimo per l’editoria cartacea. Abbiamo poi allargato la nostra rete di distribuzione e siamo arrivati anche a Milano. Abbiamo attivato nuove collaborazioni e deciso che per guardare avanti bisogna prima togliersi di dosso un po’ di polvere. Cos’altro? Ah già, prima di leggere qualsiasi oroscopo per il 2020 ponetevi una domanda, siete pronti a lasciare il posto di sempre verso nuovi orizzonti?
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Maria Vittoria Malatesta Pierleoni Luca Benni Matteo Cesarini Architetti Altotevere
Simona Polenzani
Christy Mills
Alessia Mariani
dicembre/gennaio 2019/2020
Direttore Responsabile Andrea Luccioli
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Francesca Dani Ho guardato negli occhi i fantasmi di Cernobyl
Emanuela Splendorini
Lorenzo Martinelli
Luca Marconi
Marco Bargagna in arte Mister Bad
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Marcus Toop
Anna Setteposte
Marco Bargagna Irriverente e pungente, su la maschera MisterBad!
Matteo Trenta
pubblicità Simona Polenzani +39 389 05 24 099
Emanuele Vanni
Alessia Mariani +39 348 35 45 588 redazione info@the-mag.org
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Data pubblicazione: Dicembre 2019 - rivista bimestrale - N°43 Grafica, fotografia e impaginazione: Moka comunicazione, via Cacciatori del Tevere, 3 - Città di Castello (PG) P. IVA 02967110541 - mokacomunicazione.it Stampa: Litograf Editor S.r.l. - Via C. Marx, 10 06011 Città di Castello (PG) P. IVA 02053130544. Editore e Proprietario: Moka comunicazione - Direttore Responsabile: Andrea Luccioli Traduzioni: Christy Mills Iscrizione al Tribunale di Perugia: n. 20/12 del 27/11/2012. Questo numero è stato chiuso il 3 dicembre 2019 alle 24:00
Intervista
Oltre all’influencer c’è di più A tu per tu con Camihawke
18 Lexie Alford Il giro del mondo in 21 anni
78 Seguici anche online!
www.the-mag.org
Matteo Trenta La bellezza della rovina, l'estetica dell'abbandono
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Michela Giraud Con la stand-Up comedy vi dico le cose che non mi stanno bene (e sono tante)
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INTERVISTA
Oltre all’influencer c’è di più A tu per tu con Camihawke di Maria Vittoria Malatesta Pierleoni
Foto: Alessio Albi
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Recentemente premiata come miglior Instragrammer in occasione dell’ultima edizione dei Macchianera Internet Awards, Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, è senza dubbio uno dei personaggi più famosi del Web e amati anche nella realtà. Monzese classe 1990, grazie al suo stile espressivo diretto, ironico, sagace, spesso fuori dagli schemi ma estremamente in linea con il sentire comune è entrata nei cuori di circa 1 milione di follower. Approdata alla notorietà grazie a una pagina Facebook creata quasi per gioco, in pochissimo tempo ha dimostrato la sua versatilità non solo come creator di contenuti di i nt r at t en i ment o sui social ma anche come speaker radiofonica di Radio2, una delle protagoniste del programma tutto al femminile Pink Different su FoxLife e co-conduttrice di Nella mia cucina con Carlo Cracco su Rai 2. Ci siamo fatti svelare qualche segreto da colei che parlando di se stessa, si definisce animale domestico, ammette che la pasta è il suo
unico credo e che nella vita non aspetta altro che l’ora di cena. Da dove viene il nome di battaglia “Camihawke”? «Da un libro di poesie intitolato Cento poesie d’amore a Ladyhawke, scritto da Michele Mari, a sua volta ispirato al
film Ladyhawke che per trasposizione racconta la storia dell’amore impossibile tra un uomo e una donna sposata ad un altro».
Quanto è diversa Camilla da Camihawke? «Sono fondamentalmente la stessa cosa ma una è un personaggio e l’altra è una persona che lo contiene. Il personaggio è autentico ma rimane limitato, è solo una parte di Camilla. È come se fossero due cerchi concentrici che nei momenti gioiosi sono completamente sovrapposti. In altri invece c’è la Camilla che vuole tenere per sé alcuni aspetti della vita privata e affettiva». Come e perché hai iniziato a fare video? «Non è stata una cosa molto programmata, tutto è partito per scherzo. Ho girato il primo video durante una pausa studio dagli ultimi esami prima della tesi, in un momento di noia dove parlavo dei punti Fragola dell’Esselunga che ha avuto più visualizzazioni del previsto. Mi sono poi divertita a rispondere ai commenti e man mano ne ho girati altri fino a quando non ho capito che avrei dovuto dedicare a quest’attività più tempo rispetto a quanto fatto fino ad allora. Decisa-
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INTERVISTA
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Foto: Alessio Albi
“Tutto si evolve freneticamente e molto velocemente, in una maniera che non posso prevedere� Foto: Marco Onofri
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INTERVISTA
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Foto: Alessio Albi
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INTERVISTA
«Trovo influencer un po’ limitante rispetto a quel che faccio, è solo una piccola parte in cui non mi rispecchio in toto» 26
Foto: Alessio Albi
mente non è stata una strada spianata in partenza ma è diventata di fatto la mia professione: mi occupo in toto delle mie produzioni, dalla fase di scrittura al montaggio dei video».
re ad altri mezzi di comunicazione? «Penso che tutto dipenda dalle inclinazioni naturali ed emotività di ciascuno. Personalmente sono state tutte esperienze bellissime. Per
Che senso hanno secondo te le etichette influencer, webstar, stand up comedian una società fluida come quella di oggi? E in quale ti riconosceresti se dovessi scegliere? «Mi definisco una creator di contenuti di intrattenimento per il Web. Trovo influencer un po’ limitante rispetto a quel che faccio, è solo una piccola parte in cui non mi rispecchio in toto. Le etichette aiutano ad escludere alcuni settori e dare delle coordinate circa l’ambito e il raggio d’azione». IG stories che sono come rubriche, programmi radio, serie tv marchiate Fox, collaborazioni Rai in cucina con Cracco e la recentissima miniserie scritta con la tua partner in crime Alice Venturi su FB. Quanto è difficile uscire dal web per approda-
speravo non arrivasse mai la fine». La cosa più bella che ti abbia detto un follower? «Quello che mi fa più piacere sentirmi dire è che ho portato un momento di gioia in una giornata che poteva essere negativa per qualsiasi motivo tramite i miei contenuti. È uno stimolo ad andare avanti ed l’obiettivo per cui lavoro». Cosa vuoi fare “da grande”? «Associato ad una società fluida c’è anche il dinamismo del campo in cui lavoro. Quando ho iniziato io non c’era nemmeno Instragram! Tutto si evolve freneticamente e molto velocemente, in una maniera che non posso prevedere. Quello che spero è di riuscire a stare al passo e trovare la mia dimensione in quella che sarà la comunicazione del futuro.
indole, tendo ad essere molto ansiosa di fronte alle novità però, in tutti i casi, ho avuto l’opportunità di superare le mie paure e godermi a pieno ogni percorso, addirittura
fb/camihawke in/camihawke
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INTERVISTA
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Foto: Alessio Albi
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info: 3927772312 / 3933786031 - Via Collodi, 3 zona Meltina - CittĂ di Castello
La casa a pagina 30 è arredata da MEOZZI
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Flavia e Fabio abitano nella loro casa da circa otto mesi. La decisione di vivere insieme li ha portati a ristrutturare la vecchia casa già esistente, dividendola in due appartamenti: uno per i genitori di lei e uno per loro. Un altro dei fattori determinanti è stato il luogo: la campagna nei pressi di Pistrino; questa garantisce la tranquillità e la pace che dopo una giornata di lavoro è preziosa e impagabile. Avendo gli stessi gusti, sia la fase di ristrutturazione che quella dell’arredamento sono state compiute nella più completa armonia andando a creare la casa ideale. Sono stati scelti, quindi, colori tenui privilegiando linee pulite e minimaliste. La stessa sintonia c’è stata anche con i progettisti di Meozzi Mobili che li hanno saputi consigliare seguendo le loro indicazioni e le loro esigenze. Protagonisti della casa sono sicuramente la cucina e il grande soggiorno con il camino e il comodo divano. L’arredamento è stato scelto con cura per valorizzare toni caldi e sobri in linea con i gusti dei proprietari. Degna di nota è la cucina. Ampia, spaziosa e piena di luce riesce a trasmettere quel gusto del vivere la casa che si riconosce subito in un’abitazione.
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TENUI ARMONIE
Arredi: Meozzi Mobili
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TENUOUS HARMONY Forniture: Meozzi Mobili
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Flavia and Fabio have been living in their house for about eight months. The decision to live together brought them to renovate the old existing house, dividing it into apartments: one for her parents and one for them. Another determining factor was the place, the countryside around Pistrino; this guarantees the tranquility and peace that, after a day’s work, is priceless. Having the same tastes, both the renovation phase as well as the furnishing phase were carried out with the most complete harmony, making the ideal house. So, pastel colors were chosen, giving clean and minimalist lines. The same accord was found with the designers by Meozzi Mobili, who were able to advise them following their indications and needs. The protagonists of the house are certainly the kitchen and the large living room with the fireplace and comfortable sofa. The furnishings were chosen with care to enhance the warm and simple tones, following the tastes of the owners. Worthy of note is the kitchen. Large, spacious and bright, able to transmit that pleasure of living the home that you can immediately spot in a house.
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OCCHIO DEL CURIOSO
A WORD TO THE CURIOUS
Casualmente il violetto è stato scelto come colore per adornare la stanza da letto. Forte, profondo e pieno di personalità va in controtendenza con il resto della casa regalando un contrasto piacevole proprio perché inaspettato.
By chance, purple was chosen as the color to decorate the bedroom. Strong, deep and full of personality it goes against the trend of the rest of the house, giving a pleasant contrast precisely because it was unexpected.
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Da tutt o lo sta
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La tradizione
Il nostro valore piĂš grande I sapori genuini e le antiche ricette sono la nostra forza, le materie prime del nostro orto e le carni da allevamenti locali sono la miglior garanzia di qualitĂ . Voc. Busterna, Calzolaro, Umbertide (PG) +39 075 9302322 - info@ilvecchiogranaio.com www.ilvecchiogranaio.com
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Francesca Dani
Ho guardato negli occhi i fantasmi di Chernobyl di Maria Vittoria Malatesta Pierleoni
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REPORTAGE
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Francesca Dani, fotoreporter fiorentina, da 5 anni cura un progetto di sensibilizzazione sulla catastrofe nucleare che 33 anni fa sconvolse il mondo. Dall’incubo atomico ai viaggi nei luoghi della catastrofe per raccontare quello che i libri di storia non dicono
Quanti ricordano cosa è successo 33 anni fa a Chernobyl e che portata ha avuto quel disastro nucleare? Di certo nel corso degli anni la memoria della catastrofe si è affievolita, ma un ricordo strisciante è rimasto nella coscienza di tutti. Anche dei più giovani che hanno conosciuto solo il racconto e le immagini dell’esplosione della centrale. A far tornare alla ribalta Chernobyl, in questi mesi, ci ha pensato anche una fortunata e molto accurata serie tv che ha riaperto una ferita mai completamente richiusa. Ne sa qualcosa Francesca Dani. Fotoreporter freelance fiorentina, all’epoca dello scoppio del reattore 4 aveva solo 7 anni, ma quanto accaduto il 26 aprile 1986 nella cittadina ucraina ha indissolubilmente legato la sua vita privata e professionale. Ex stilista di moda e cosplayer, dal 2011 si occupa di fotografia artica ed è una guida di viaggi fotografici didattici. Da 5 anni cura il progetto Ghosts Of Chernobyl che, insieme al collaboratore Loriano De Amicis, presenta nelle scuole medie per sensibilizzare i più giovani su un
argomento che i libri di storia non approfondiscono. In occasione del seminario tenuto per il Fotoclub di Sansepolcro lo scorso ottobre, abbiamo fatto alcune domande per The Mag a questa storyteller dell’immagine.
lista. Poi però quest’ambiente ha cominciato a starmi stretto, non mi ci trovavo più e ho deciso di prendermi una pausa per dedicarmi ad altro. Da lì ho iniziato come fotografa».
Scrivi su di te «Sono italiana ma la mia casa è il mondo: vivo il Lapponia per circa 8 mesi all'anno e il resto in Ucraina e Italia è quello». Come mai la tua vita è divisa tra queste zone? «Fondamentalmente per lavoro. Il mio attuale datore di lavoro aveva visto su Internet le mie fotografie di paesaggi artici e mi ha offerto per posto come guida dei gruppi organizzati che vengono in Lapponia per fare un viaggio fotografico. In Ucraina invece mi appoggio dal 2017 ad un altro tour operator che vende un pacchetto che ho creato io stessa sulla base del viaggio che avevo fatto da sola nel 2016».
Perché la tua storia si lega a quella di Chernobyl? «La mia ossessione per Chernobyl inizia 33 anni fa, quando la nube di fumo che aleggiava sopra Firenze provocò terrorismo psicologico nel mio mondo di allora: famiglia e scuola. Era la prima catastrofe nucleare dalle conseguenze gravi mai successa prima e nei confronti della quale nessuno sapeva come comportarsi. Sono cresciuta in questo clima di terrore, fatto di paranoie, controlli medici e analisi del sangue continue. Non volevo neanche sentirne parlare finché, per poter superare questa paura, ho capito che dovevo affrontarla. Ho iniziato così a documentarmi e studiare, a livello tecnico e umano, cosa fosse accaduto».
Dalla moda al reportage. Che cosa ti ha portato fin qui? «Ho fatto la modella per 12 anni e ho lavorato come sti-
Sul tuo blog leggiamo «Ci sono posti sulla terra che non sono mai solo quei posti». Cosa vuoi dirci?
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“La mia ossessione per Chernobyl inizia 33 anni fa, quando la nube di fumo che aleggiava sopra Firenze provocò terrorismo psicologico nel mio mondo di allora”
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“Credo molto nel destino e troppe coincidenze mi hanno portata fino a Chernobyl�
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“La mia missione è alimentare la memoria collettiva su chi erano e cosa hanno fatto perché quando un eroe non ha un nome, viene dimenticato”
«Credo molto nel destino e troppe coincidenze mi hanno portata fino a Chernobyl. Sono fermamente convinta che nei luoghi in cui si è destinati ad andare, in qualche modo ci si arrivi». Com’è stato incontrare le persone che hanno vissuto sulla propria pelle la tragedia? «Trovare i primi contatti che poi mi introducessero nell’ambiente è stato un lavoro di ricerca molto lungo. Parlare con queste persone è difficile non tanto per le barriere linguistiche o per reticenza ma a livello emotivo. L’incontro più toccante è stato senza dubbio quello che ho avuto con la mamma di Leonid Toptunov, personaggio al quale mi sento molto legata perché denigrato e accusato ingiustamente di essere stato il principale responsabile del disastro e del quale si sa molto poco». Chi sono i fantasmi di Chernobyl? «I ricordi vacui dell’esistenza di persone che hanno contribuito a salvare metà Europa da una catastrofe ambientale di immense proporzioni, i “liquidatori” cioè quelli che hanno contribuito sia alla
bonifica della zona compresi vigili del fuoco, ingegneri, civili, militari e infermiere». «Quando una persona muore non è vero che l’ultimo capitolo del suo libro verrà chiuso». Il tuo è un tentativo di tradurlo in una lingua migliore? «La mia missione è alimentare la memoria collettiva su chi erano e cosa hanno fatto perché quando un eroe non ha un nome, viene dimenticato». Credi che il successo della miniserie HBO abbia attirato l’attenzione su questa tema, solitamente poco trattato? «Assolutamente sì. Mi occupo di questo argomento da 5 anni e nessuno lo conosceva. Da quando è andata in onda, i picchi di visualizzazione sul mio sito sono schizzati così come sono aumentati i partecipanti ai tour fotografici che organizzo a Chenobyl e Pripyat, la zona di esclusione. Linearmente la serie è fatta molto bene e fa un buon excursus di tutta la vicenda. Se da un lato ha incoraggiato un po’ di consapevolezza anche nelle generazioni più giovani dall’altro ha però acceso un interesse in persone poco sensibili alla vicenda umana
e più preoccupate di venire a fare del dark tourism». Dando un’occhiata ai tuoi lavori è impossibile non notare l’attenzione riservata i luoghi abbandonati. Da dove viene la fascinazione per le ghost town? «Mi piace vedere i luoghi che un tempo erano vivi e che sono stati progettati per uno scopo, sapere che c’è una storia dietro ma poi è successo qualcosa che ha vanificato tutta la fatica impiegata per costruirli». Pensi mai a tornare al mondo della moda? «No, dove sono adesso mi ha portato ormai troppo lontano rispetto a quel mondo effimero». Quali sono i tuoi progetti per il futuro? «Sto scrivendo un libro che raccoglie le testimonianze di tutte le persone che sono riuscita ad contattare finora sull’argomento Chernobyl, sto organizzando viaggi fotografici e culturali un po’ particolari come la città abbandonata dei minatori nelle Svalbard e la Porta dell’inferno in Turkmenistan». www.francescadani.com
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M A L O B E L
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CONTAT TI: Mail: mar tafiorucci@hotm ail.it Fb/ Gipsy Fiorucci In/ mar tafiorucci_gipsy YT/ Mar ta Fiorucci Gipsy
"Specchi di luce” è il nuovo singolo della cantautrice Umbra Marta Fiorucci in arte “Gipsy Fiorucci” e anticipa il suo primo disco pop-rock dal titolo “Protagonista del finale” in uscita a Dicembre. Il pezzo è un omaggio alla musica, un faccia a faccia dove vengono messe a nudo le emozioni più vere e più intime dell’autrice che parlando con il suo “sogno” gli chiede di “non morire” come a voler comunicare la sottile paura che un giorno possa non avere più la forza e il coraggio di viverlo e inseguirlo. “Specchi di Luce” è una canzone emozionale che vuole portare l’ascoltatore a immergersi in questa atmosfera senza tempo alla scoperta delle nostre paure e dei nostri sogni in una ballata malinconica che alterna esplosività in divenire ad attimi di profonda introspezione. Il videoclip ufficiale è stato girato nella suggestiva spiaggia toscana di Cala Del Gesso, dove grandi spazi e orizzonti fanno da scenario a immagini evocative e poetiche in contrapposizione con l’uomo e la sua impronta sulla terra come un grande specchio infilato sulla sabbia che riflette il mare, un libro lasciato aperto alla lettura del vento. La regia è di Lorenzo Lombardi
che ha curato anche il precedente videoclip del singolo “Serial Lover” uscito il 16 Maggio scorso (anch’esso disponibile su YouTube e in tutte le principali piattaforme digitali). Gipsy interpreta una pittrice
che dipinge il mare con la sua stessa acqua, un colore che ora c’è e al soffio del primo vento non c’è più come il mutare delle ore, delle stagioni, del tempo, come un’onda del mare che nasce, s’infrange sulla roccia e subito dopo non c’è più. Martedì 10 Dicembre è prevista l’uscita dell’album “Protagonista del Finale” con etichetta discografica San Luca Sound prodotto da Renato Droghetti (che negli anni vanta collaborazioni con Paola Turci, Edoardo Bennato, Dodi Battaglia,
Paolo Meneguzzi e tanti altri) con la super visione artistica del discografico Manuel Auteri fondatore dell’etichetta e che sarà presente su tutte le piattaforme digitali; il disco che vanta la collaborazione con diversi ed importanti autori, tra cui lo stesso Manuel Auteri. Nel disco, che comprende quattordici tracce, sono presenti sia brani inediti che la cantautrice ha scritto avvalendosi della collaborazione con diversi autori e sia famose cover internazionali arrangiate in un sound che si sposa alla perfezione con lo stile di Gipsy e del resto dell’album. Dopo essere stata da poco reduce del Festival “Una Voce per l’Europa” dove si classifica tra i 16 finalisti nazionali dei brani in lingua italiana, altri prestigiosi impegni bollono in pentola per la cantautrice nei prossimi mesi come eventi per la presentazione dell’album in diverse parti d’Italia, la partecipazione a Sanremo Rock 2020 e alla manifestazione “Il Pilone d’Oro” a Messina dove è stata scelta per rappresentare la regione Umbria. Ma su questo e tanto altro potrete restare aggiornati seguendo la pagina Facebook “Gipsy Fiorucci”, su Instagram “martafiorucci_gipsy e ovviamente su tutte le principali piattaforme come Spotify, Itunes, Amazon Music, Deezer ecc..
BECOMING THE MAG
di Andrea Luccioli
Marco Bargagna
Irriverente e pungente, su la maschera MisterBad! Nuovo appuntamento con gli illustratori del collettivo Becoming X: stavolta tocca a Marco Bargagna, in arte MisterBad. Matita ironica e tagliente che una ventina di anni fa ha partorito i supereroi comici Superdekko e Dello
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Credo di essere nato con la matita in mano, fin da piccolo disegnavo sempre. Arrivare a quello che faccio è stato un percorso quasi obbligato e senza un vero perchÊ
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Berretto in testa d’ordinanza e matita in mano. Marco Bargagna – in arte MisterBad – è uno dei disegnatori più irriverenti e bravi del collettivo Becoming X. Nato in Francia e residente a Spello, una ventina di anni fa ha creato due supereroi comici “Superdekko e Dello” di cui è appena uscita l’ultima pubblicazione, “La finestra sul porcile”, che celebra le avventure dei due personaggi nati un po’ per caso per fare satira ed evidenziare i problemi cittadini di Spello. Ma MisterBad è anche molto altro e nella sua carriera ne ha disegnate veramente di tutti i colori (vedi B-IO). Le sue illustrazioni sanno essere pungenti, solleticano e divertono. È una delle sue caratteristiche principali, ovvero fare satira di costume, divertire ma anche far riflettere. Per The Mag gli abbiamo chiesto di togliere i panni di MisterBad e indossare quelli di Marco per raccontarci qualcosa di più del suo lavoro e delle sue passioni. Quando hai deciso di diventare un illustratore e perché? «Credo di essere nato con la matita in mano, fin da piccolo disegnavo sempre. Arrivare a quello che faccio è stato un percorso quasi obbligato e senza un vero perché». Quali sono i tuoi soggetti preferiti? «Faccio sia illustrazioni che fumetti, mi piace molto la satira di costume, fare un qualcosa che faccia divertire ma anche pensare». Qual è stata la tua formazione? «Ho iniziato da autodidatta, la mia crescita stilistica è avvenuta sul ‘campo’, guar-
dando e studiando i lavori degli artisti da me considerati mostri sacri». Che tecniche usi e prediligi? «Disegno prevalentemente a mano, matita e china nera e colorando, poi, ad acquarello, ecoline oppure in digitale». Chi è il tuo maestro o la tua fonte di ispirazione? «Forse un po' troppi per essere citati tutti, partiamo dai molti artisti giapponesi che seguo da sempre per poi passare ai vari Magnus, Bonvi, Larson, Moebius, Pedrosa, Lauzier per arrivare, secondo me, al più grande di tutti, Andrea Pazienza». Il lavoro di cui sei più orgoglioso? «Diciamo l'ultimo anche se non sono quasi mai soddisfatto del risultato finale, ma penso che sia un bene, perché questo ti stimola a crescere e migliorare». In un mondo dove i creativi sono sempre di più, anche grazie alle nuove tecnologie, qual è il segreto per restare originali? «Nessuna nuova tecnologia potrebbe mai sostituire la creatività umana, essa è solo un supporto per aiutarti a realizzare il tuo progetto. La verità è che la creatività non la compri... o ce l’hai o non ce l’hai». Come sei finito in mezzo al progetto Becoming X? «Facevo già parte di un gruppo di disegnatori che collaborava con RAI 3 Umbria facendo la vignetta della settimana in diretta, con la nascita del Becoming X confluire al suo interno è stato praticamente naturale». Com’è l'esperienza dei live drawing? «È un’esperienza forte e complessa, almeno per me che non sono molto abituato a disegnare su grandi dimensioni, ma ci sto prendendo la mano. Le varie trasfer-
te che abbiamo fatto sono quelle che ti aiutano a conoscere meglio gli altri
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Nessuna nuova tecnologia potrebbe mai sostituire la creatività umana, essa è solo un supporto per aiutarti a realizzare il tuo progetto. La verità è che la creatività non la compri... o ce l’hai o non ce l’hai
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Elric cover
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ragazzi del gruppo, si rafforzano i legami e cresci ed impari da ognuno di loro». Puoi parlarci del tuo lavoro appena uscito? «Esattamente vent'anni fa creai un supereoe, Superdekko, che invece di nascere come tutti gli altri in una megalopoli americana, nasce in una provincia umbra. In questa nuova avventura, un libro di quasi cento pagine tutte a fumetti dal titolo ‘La finestra sul porcile’, ormai anziano si troverà affrontare una situazione non molto facile da gestire dal suo punto di vista a causa di una mentalità ancora poco aperta da parte sua e dei suoi concittadini».
LA B-IO IN PRIMA PERSONA Sono Marco Bargagna, in arte MisterBad, abito e lavoro a Spello. Disegno fin da piccolo, nel corso degli anni ho pubblicato su Linus, Cuore, Il Manifesto, Scuola di fumetto. Dopo alcuni premi in concorsi nazionali, nel 2012 ho ricevuto il quarto premio nel prestigioso concorso internazionale “R. Leblanc” di Bruxelles. Dal 2014 e per tre anni, ho partecipato a “Buongiorno Regione” su RAI 3 Umbria disegnando la vignetta settimanale. Ho fatto corsi di fumetto per bambini per conto di un’associazione della mia città e attualmente oltre a realizzare copertine di libri, manifesti e dischi per artisti sparsi nel mondo, collaboro con varie testate nazionali e regionali tra cui RM Roma, Terrenostre, Sedici Giugno. Il dieci novembre di quest'anno è uscito il mio quarto libro a fumetti.
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SGUARDI
a cura di Architetti nell’Altotevere Libera Associazione in collaborazione con Marcus Toop Architetto
“Making Education” Una visione per la scuola di Rovigliano
Sulla scia della conclusione del centenario della Bauhaus e in memoria dei Baroni Alice e Leopoldo Franchetti, Rovigliano rappresenta perfettamente l’idea di un nuovo polo sperimentale e educativo.
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Costruita nel 1902 su volere dei Baroni Franchetti, la scuola di Rovigliano era, all’epoca, una scuola di avanguardia, capace innanzitutto di portare educazione nelle campagne, grazie anche alle influenze di Maria Montessori. In particolare, Alice Hallgarten Franchetti, eclettica e portatrice di innovazione, aveva riconosciuto l’importanza non solo della natura nel processo educativo ma anche dell’apprendimento pratico. La scuola, quindi, nata per i figli degli agricoltori della campagna di Rovigliano alle porte di Città di Castello, rappresentava un’offerta moderna all’educazione di quel tempo. La scuola subì poi dei danni causati dal terremoto, e fu quindi ricostruita nel 1917 e rimase istituzione scolastica fino al 1981. Oggi, è un edificio in piena decadenza a causa del disuso e dell’incuria, ma, carico di fascino e di storia, rappresenta un punto di riferimento per una nuova visione. Questa visione ce la dà l’architetto inglese Marcus Toop, ormai residente a Città di Castello da alcuni anni, insieme a due studentesse di architettura Houda Mawass dal Libano e Ludovica Scarpa dall'Italia, che stanno attualmente lavorando a programmi connessi con l’Università del West of England di Bristol. Con il supporto del Prof. Massimo Belardinelli, Dirigente scolastico presso il I Circolo didattico di Città di Castello, la proposta è che Rovigliano diventi oggi un punto di connessione nella rete dello sviluppo educativo, un legame tra comunità e scuola, un luogo dove sviluppare nuovi spazi educativi e cambiare la classica visione dell’aula.
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"la proposta è che Rovigliano diventi oggi un punto di connessione nella rete dello sviluppo educativo, un legame tra comunità e scuola, un luogo dove sviluppare nuovi spazi educativi e cambiare la classica visione dell’aula"
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Si chiama “Making education” ed è una proposta per un centro di sviluppo in cui vengano riformarti gli spazi scolastici, per creare e sviluppare nuove opportunità di apprendimento e di scambio. La scuola di Rovigliano potrebbe quindi diventare un centro di progettazione per studenti di design e architettura in cerca di esperienze in situazioni reali. E l’apprendimento avverrebbe costantemente come uno scambio: tra persone, con la natura e con
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gli insegnanti. In questo scambio ha un ruolo centrale l'Architettura. È infatti l’ambiente circostante che invita gli studenti alla partecipazione attiva, indagando, studiando, trasformando e apprendendo. È la visione della scuola di Rovigliano come un futuro mini-Bauhaus, dove studenti di architettura pieni di nuove idee creative sperimentano e realizzano spazi educativi sperimentali e arredi scolastici prototipo.
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Festa della rete 2019
“Lercio”, il sito super premiato con tre primi posti, e poi ANSA, Fiorello, L’Estetista Cinica, Luis Sal, Commenti memorabili, The Jackal, Camihawke, Deejay Chiama Italia, Giallo Zafferano, The Pozzoli's Family, Wikipedia, Turisti per caso, #restiamoumani: sono alcuni delle stelle
Festa della Rete e Macchianera Internet Awards
Rosario Fiorello
a Perugia premiati i migliori siti, blog, influencer e pagine social
del web e dei migliori influencer, siti, blog, pagine social e anche hashtag che hanno ricevuto quelli che sono considerati gli “Oscar della rete italiani”. Camihawke
Dalla creatività fino all’affidabilità, ognuno con la sua propria caratteristica e particolarità. Nell’era del digitale, in riferimento ai personaggi più votati, queste “star del web” stanno diventando sempre più delle celebrità con un seguito di fans che cresce quotidianamente. Estetista Cinica
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Festa della rete 2019
Lercio
I ‘Macchianera Internet Awards 2019’ sono stati consegnati al Teatro Morlacchi di Perugia in occasione della 13esima edizione della ‘Festa della Rete’, la tre giorni (8-10 novembre) considerata ormai come la più importante manifestazione dedicata al mondo della Rete che riunisce sempre tutto ciò che in Italia gravita attorno alle community del web. Oltre ai soggetti in nomination (erano oltre 300 le candidature per un totale di 31 categorie), alla cerimonia hanno partecipato anche gli organizzatori della Festa della Rete, Gianluca Neri, Gigi Mazzeschi, Claudia Alfonso (che ha presentato la serata insieme ad Alice Venturi) e Matteo Grandi.
La finale
Anche quest’anno una “lotta” all’ultimo voto visto che proprio gli utenti del Web, con le loro preferenze, hanno decretato i vincitori per ogni categoria. Con 169.351 singoli votanti (+11% rispetto al 2018) e con un numero di voti totali pari a 3.026.422 (+6% rispetto al 2018) il mondo di internet si è così espresso.
ANSA
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ARTE
Frida Khalo
Il caos dentro è un viaggio nei sensi di Redazione
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ARTE
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Inaugurata a metà ottobre presso lo Spazio Eventi Tirso di Roma, “Frida Khalo: il caos dentro” offre un diverso punto di vista su una delle artiste più iconiche del secolo scorso. A cura di Sergio Uribe, Alejandra Matiz, Ezio Pagano e Maria Rosso, il percorso fotografico ed interattivo a forte impatto sensoriale, intende coinvolgere il visitatore nel ripercorrere la vita, la storia, le opere e la creatività dell’artista grazie all’uso della multimedialità. All’interno dell’esposizione sono così state ricreate le ambientazioni della celebre casa Azul arricchite dai carteggi, gli abiti, i busti indossati, i diari, fotografie inedite e la collezione di francobolli dedicati all’artista, prima donna ispanica a essere ritratta su un’affrancatura americana. Le tappe
sono integrate da focus tematici dedicati al contesto storico in cui Frida ha vissuto, alla cultura messicana, all’attivismo politico, agli affetti e ai grandi amori. L’immagine restituita è quella di un’artista iconografica e unica, in grado di riversare sulla tela avversità e sofferenza personale. Dotata di un grande carisma ha influenzato nei secoli e trasversalmente intere generazioni: l’arte, la moda, il cinema e la letteratura. Molto innovativo anche il programma didattico, rivolto ai più piccoli, ricco di visite animate e laboratori per approcciare la cultura e l’arte messicana. La mostra sarà aperta al pubblico da fino al 29 marzo 2020, dalle ore 09,30 fino alle 21. Previsto uno sconto presentando un biglietto acquistato con Trenitalia. Per info: mostrafridakahlo.it
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Lexie Alford
Il giro del mondo in 21 anni di Maria Vittoria Malatesta Pierleoni
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“Faccio molte ricerche in anticipo per trovare le migliori offerte, utilizzo punti e miglia per i miei voli, soggiorno negli ostelli� Laos
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21 sono i suoi anni, 196 i Paesi che ha visitato. 300.000 i followers su Instragram che hanno virtualmente viaggiato con lei. 10.000 le prove tra biglietti aerei, mezzi pubblici, scontrini, ricevute, visti e timbri sul passaporto che ha dovuto presentare alla commissione del Guinness World Record. Non stiamo dando i numeri ma stiamo semplicemente riportando i dati che riguardano la californiana Lexie Alford che lo scorso 31 maggio ha messo piede in Corea del Nord, ultima tappa del percorso per diventare la persona più giovane ad aver viaggiato in tutte le nazioni del globo, strappando il titolo all’inglese James Asquith, che ha ottenuto il primato nel 2013 all’età di 24 anni. Proprio nei giorni scorsi, infine, è arrivato anche l’attestato ufficiale che certifica l’ingresso nei Guinness e che Lexie ha prontamente postato su Instagram. Noi l’abbiamo intervistata per conoscere meglio questa sua eccezionale avventura. Da dove viene l’idea di voler conquistare il primato della più giovane ad aver visitato più posti al mondo per il Guiness World Record? «È un traguardo a cui lavoro da bambina, nonostante all’epoca non lo sapessi ancora. Viaggiare è stata una parte della mia vita da prima che io abbia memoria. La mia famiglia possiede un’agenzia
di viaggi in California e ha sempre dato molta importanza all’espormi ad ogni stile di vita del mondo. La prima volta che ho pensato a battere il record del mondo è stata nell’ottobre 2016 a casa mia, in California, quando mi sono resa conto che a 18 anni avevo già visitato 72 Paesi e che volevo vedere il più possibile».
che c’è bontà ovunque».
Chi ha stilato la lista dei Paesi che hai visitato? «La maggior parte delle volte io ma ho viaggiato con la mia famiglia e degli amici in alcune tappe quindi abbiamo deciso insieme. La preferenza è per i luoghi lontani dalle capitali, più remoti e per questo più genuini».
Come ti sei pagata i viaggi? «Lavoro da quando ho 15 anni nell’agenzia viaggi di famiglia ma anche come fotografa e blogger mentre viaggio. Mi assicuro anche di mantenere le mie spese mensili basse, vivo a casa con i miei genitori, non ho rate della macchina né debiti studenteschi e non spendo i miei soldi in beni materiali superflui».
Quanto ti ha messo alla prova quest’esperienza? «Molto ma ho imparato altrettanto e ciò ha influito sulla persona che sono ora. È stato quando le cose hanno iniziato ad essere davvero difficili che sono diventate stimolanti, non potevo certo arrendermi ed ero determinata a mostrare a tutti che il mondo non è così spaventoso come i media dipingono e
Mediamente, quanto ti sei fermata in ogni Paese? «Da 3 settimane a 3 giorni. Molto è dipeso dal budget. Ad esempio soggiornare in Afghanistan ha richiesto degli alti costi per viaggiare in sicurezza rispetto ad altri posti».
Con quanto anticipo prenoti voli e alloggi? «Un mese o due prima circa, tempo utile anche per richiedere ed ottenere visti e permessi. Faccio molte ricerche in anticipo per trovare le migliori offerte, utilizzo punti e miglia per i miei voli, soggiorno negli ostelli oppure creo contenuti social per gli
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Egitto
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“Quando ho paura cerco di ricordare a me stessa che in ogni paese ci sono delle buone persone e che non potrà essere così spaventoso come temo”
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Lexie con in mano l'attestato del Guinness World record ricevuto nelle settimane scorse
hotel in cambio di alloggio». Hai mai avuto paura di andare nei Paesi che hanno una “cattiva reputazione”? «Ero un po’ nervosa prima di prender il volo per lo Yemen ma quando ho paura cerco di ricordare a me stessa che in ogni paese ci sono delle buone persone e che non potrà essere così spaventoso come temo. Ho vissuto molta più genuinità e bellezza naturale in posti come Pakistan e Venezuela di quante ne abbia mai trovate nelle tipiche destinazioni turistiche». Ti sei mai sentita a disagio a viaggiare da sola? «A volte sì ma ho delle regole che mi sono imposta che mi tengono al sicuro come andare a letto presto, non bere o assumere sostanze che mi
facciano perdere il controllo di me stessa e informare sempre qualcuno che sappia esattamente dove mi trovo in caso di bisogno». Dove hai incontrato maggior difficoltà? «In Africa occidentale a causa dei visti complicati, delle poche infrastrutture e delle barriere linguistiche. Ci sono pochissimi hotel o guide che parlano inglese». Dove hai avvertito la maggior differenza culturale? «In Cina ho vissuto un vero e proprio shock culturale in termini di norme sociali, è uno stile di vita davvero diverso da quello americano, molto più freddo e distaccato. Inoltre con il cibo cinese ho preso la peggior intossicazione alimentare della mia vita!»
Come ti senti quando torni a casa? «Mi sento davvero in vacanza! Mi rilasso coccolata di miei cari e mi concedo il lusso di avere tutti i vestiti e gli accessori che voglio senza dovermi preoccupare di dover avere un bagaglio leggero». Cosa farai ora? «Aspetto il responso del Guiness World Record! Attualmente sto scrivendo un libro sulle mie esperienze in ogni Paese e sulle lezioni che ho imparato lungo il percorso. Vorrei inoltre poter tenere un corso per insegnare ai giovani come viaggiare con budget ridotti e come gestire le finanze. Intendo anche portare avanti la mia attività di travel photograper professionista». Finger crossed for you Lexie!
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New York foto Anna Setteposte
A SPASSO NEL NUOVO
MoMA
Venne fondato 90 anni fa da tre donne il MoMA, il Museum of Modern Art di New York. Un museo che custodisce ed espone molte tra le opere più importanti nella storia dell’arte moderna e contemporanea e non solo. Nel 2002 è stato ridisegnato Yoshio Taniguchi, architetto giapponese che ne curò il nuovo look.
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Almeno fino a pochi giorni fa. Il 21 ottobre, infatti, in coincidenza con le novanta candeline, è stato riaperto dopo la chiusura di qualche mese fa per un nuovo restyling a cura dello studio di architetti Diller Scofidio + Renfro. The Mag è così andato a curiosare nel nuovo MoMA che ora ha 3700 mq di spazio espositivo in più arrivando a circa 15.300 mq di mostre che possono ospitare complessivamente 2.400 opere. Il tutto per un’opera di ristrutturazione costata 450 milioni di dollari. Cosa è cambiato? Molto. Spazi più luminosi e interattivi e una rinnovata apertura alla città e ai visitatori. La prima cosa che salta agli occhi è la scritta “Hello. Again” che si trova sul nuovo ingresso che dà sulla 53esima strada ed è opera dell’artista Haim Steinbach. Questo nuovo
ingresso porta direttamente alle due gallerie al piano terra della nuova ala realizzata. Dal cantiere è spuntata fuori poi anche un’intera ala Studio che verrà utilizzata per le esibizioni dal vivo e gli spettacoli legati all’arte insieme al nuovo Creativity Lab che, invece, avrà una finalità puramente interattiva tra i visitatori e le opere. Siete mai stati al MoMA? Se la risposta è sì il consiglio è di dimenticare tutto perché le opere di Van Gogh, Monet, Picasso, Matisse e via dicendo, sono state dislocate in altri spazi con un allestimento tutto nuovo diviso per periodi e temi. Ma non finisce qui: ogni sei mesi è infatti prevista una rotazione delle opere. Il direttore Glenn Lowry, a margine dell’inaugurazione, ha spiegato che le opere saranno
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infatti presentate in una nuova veste anche per sfruttare una migliore luce naturale frutto del rinnovo architettonico della struttura. Secondo Lowry, inoltre, il nuovo MoMA andrà a recuperare la filosofia del primo direttore, Alfred Barr: «Lo immaginava come un laboratorio nel quale il pubblico è stato invitato. Il pubblico avrebbe partecipato all’esperimento di guardare e pensare all’arte moderna. Il museo cambia e si evolve, mentre l’arte moderna e contemporanea cambia e si evolve». Ma questa evoluzione è piaciuta? Non a tutti. Le critiche, infatti, sono state numerose. A cominciare da quelle di una penna importante del New York Times come quella di Micheal Kimmelman
che ha scritto: «Sembra di entrare in un negozio di Apple. Tutto è frizzante e disegnato in modo intelligente. La scritta “Hello. Again” è dipinta su un lungo muro bianco come fosse uno slogan di Apple. Dalla biglietteria, ci sono segnali che ti indicano le opere esposte nell’edificio di Taniguchi a est e quelle nelle gallerie a ovest, dove c’è un groviglio di ascensori e di scale». Il progetto, secondo Kimmelman, è “raffinato e pragmatico”. «Ma emargina il giardino, il che è un peccato. Il giardino è il cuore storico del MoMA; forse è per questa ragione che tutta questa intelligenza, questa destrezza e l’evidente desiderio di rendere il posto più amichevole non mi sembra abbiano risposto al problema dell’ambientazione del museo» conclude.
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Matteo Trenta
La bellezza della rovina, l’estetica dell’abbandono di Andrea Luccioli
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foto Matteo Trenta
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Urbex è un movimento fatto di urban explorer, gli esploratori urbani. Noi siamo rimasti colpiti da Matteo Trenta, “urbexer” umbro, che nelle sue avventure nei luoghi dimenticati trova pace e adrenalina, silenzio e musica. E molto altro… Urbex è un’abbreviazione. La versione estesa è Urban exploration ed è un fenomeno che da qualche tempo raccoglie molti appassionati. Esplorazione urbana significa andare alla scoperta di edifici abbandonati, siano essi ville, chiese, sale cinematografiche, fabbriche, centrali elettriche e qualunque altro luogo abbia vissuto il passaggio umano prima di rimanere inabitato, dimenticato. Complice anche il mondo dei social, gli “urbexer” sono usciti – parzialmente – allo scoperto mostrando pubblicamente i tesori di cui vanno a caccia. L’Urbex, infatti, consiste anche nel fotografare i luoghi abbandonati, ogni tanto anche introducendosi in aree interdette. L’Umbria, terra mistica e ricca di luoghi dimenticati, è anche la casa di un urban explorer che abbiamo conosciuto. Si chiama Matteo Trenta e con lui abbiamo deciso di iniziare un percorso fotografico che porteremo avanti nei prossimi numeri in cui cercheremo di raccontarvi la magia, il silenzio e la bellezza della rovina.
Matteo, come ti sei avvicinato al fenomeno Urbex e perché ti ha incuriosito? «Sin da piccolo ho provato sempre grande attrazione per l’avventura e curiosità per le esplorazioni. Ricordo che insieme ad alcuni amici scrutavamo con un binocolo le colline per individuare casolari abbandonati in cui intrufolarci. Ci calavamo per pozzi, scappavamo da custodi di ville che ci inseguivano inferociti, inventavamo scuse fantasiose per i padroni di case che ci sorprendevano nelle loro proprietà». E poi? «Il richiamo è poi tornato assumendo forme diverse da poco e quasi per caso. Ricordo una mattina piovosa di due anni fa in un giorno festivo che prometteva il solito serie/ cibo/noia. Per sconfiggere l’apatia ho pensato di dover fare qualcosa di diverso e allora sono caduto nella più banale delle googlate: “luoghi abbandonati in Umbria”. Mi sono ritrovato in una centrale elettrica dismessa da anni dove ho trascorso 4 ore, in totale solitudine e silenzio, con un
cielo plumbeo come sfondo. Contento come un bambino. Ho poi ampliato le ricerche scoprendo che questa pratica ha un nome: Urban Exploration. La fame di esplorazione aumentava esponenzialmente, ma le notizie e le indicazioni in rete erano molto frammentarie e quantomeno criptiche. Così ho iniziato a postare foto dei posti sul mio Instagram e su Facebook guadagnando quel minimo di credibilità necessaria per ottenere informazioni e dritte da Urbexer più navigati». Come funzionano le uscite? «In genere le mie uscite, salvo rari casi, sono sempre in solitaria e necessitano di una certa preparazione e di una ricerca oculata. Spesso riesco ad avere coordinate per raggiungere i posti e indicazioni su come imbucarsi dai miei contatti del giro, in altri casi reperisco informazioni setacciando internet oppure sfogliando le cronache locali dei giornali. Ho sempre un rituale per le esplorazioni che consiste nello scegliere la giusta colonna sonora per il viaggio (ambient e neo-
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“Mi sono ritrovato in una centrale elettrica dismessa da anni dove ho trascorso 4 ore, in totale solitudine e silenzio�
musica consigliata Tobias Preisig - Receptor
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“Scelgo di fare queste gite per ricavarmi del tempo da passare con me in contesti silenziosi e atipici, lontano da tutto e tutti” classica sono molto efficaci), mandare un messaggino a qualcuno che mi conosce per comunicargli dove andrò e dove probabilmente morirò e, una volta dentro, accendere una sigaretta, inalare le vibrazioni del posto e sputare l’adrenalina accumulata. Spesso intrufolarsi non è semplice. È successo di dover scalvare muri altissimi o di strisciare in spazi angusti, è successo di trovare cancelli aperti ma anche di scavalcare un muro di 4 mt per poi scoprire che la porta principale era spalancata. La durata di un’esplorazione può mutare a seconda della grandezza del posto. Dalla toccata e fuga in una chiesetta di campagna o le due ore in un fabbricone di periferia, alle 5 ore in un monastero con adibito refettorio su una superfice di 17.000mq. Spesso questi luoghi sono circondati da misteri e leggende di fantasmi o di strani accadimenti. La verità è che anche girandoli da solo non ho mai paura, ma come sento il battito delle ali di un piccione, scappo urlando». Perché si tende a mantenere una certa segretezza circa i luoghi e le uscite? «Questi luoghi possono apparire morti, estinti, ma in realtà conservano una propria vita, una marcata identità. Una volta che sei dentro, dopo averli perlustrati e coccolati in ogni angolo, si innesca un
meccanismo perverso che li fa diventare un po' anche tuoi. E da qui l’amore e la gelosia morbosa che ti lega a loro. Svelarli significa darli in pasto a chiunque, con tutto ciò che può derivarne. Spostare anche il minimo oggetto equivarrebbe a modificarne gli equilibri». Le cose più sorprendenti che hai "trovato"? «Durante un’esplorazione con Alessia e gli amici di Lost Memories (www.lostmemories.it) in un paese fantasma abbiamo trovato una chiesa antichissima dove abbiamo scoperto una cripta con un ossario incredibile. In un convento nelle Marche mi sono imbattuto in una teca con al suo interno la salma di un beato del 1400 ancora in buone condizioni. In una villa settecentesca, nella chiesetta di famiglia, ho incontrato, senza scendere nei dettagli, quello che è a tutti gli effetti un rituale satanico. Mi è capitato di rinvenire Copioni di Serie Tv Italiane anni 80, abiti di scena, foto di aspiranti attori, album di famiglia». C'è uno scopo finale o è solo un viaggio "estetico"? «Essenzialmente scelgo di fare queste gite per ricavarmi del tempo da passare con me in contesti silenziosi e atipici, lontano da tutto e tutti. Poi c’è una questione prettamente estetica e legata al fascino
che questi posti emanano. I colori che scopro nelle incursioni non li trovo da nessuna parte. Cerco di immortalarli con il mio telefonino cinese condividendoli poi nei social, ma non sono assolutamente un fotografo. Poi c’è l’incanto della decadenza, ritrovarsi nel salone dove una nobile famiglia teneva le feste da ballo o in una stazione di comando dove una troupe di tecnici dirigeva la centrale. Immaginare il chiasso, la musica, la confusione della festa e la frenesia, i rumori della centrale per poi calarsi nel silenzio spettrale. Naturalmente rimane un retrogusto amaro, un senso di sconfitta, di impotenza e la vana speranza che tutto torni a splendere; speranze che si infrangono tra le pagine dei giornali locali o negli articoli web, dove si legge di fantomatici piani di recupero che in quasi la totalità dei casi non avverranno mai». Perché hai deciso di associare un aspetto musicale a questo progetto? «Molta della musica che ascolto è nostalgica, isolazionista, cupa. Si sposa perfettamente con gli spazi che visito. Anche molte cover di album ritraggono luoghi abbandonati. Ho scelto quindi di produrre una piccola play list per ogni esplorazione che documenterò su queste pagine».
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IL PIONIERE DEL RAP ITALIANO SI RACCONTA Frankie Hi-nrg a Città di Castello parla del suo libro “Faccio la mia cosa”
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«Un ragazzo arrivato dal futuro», dice Fabri Fibra, che lo vede per la prima volta in TV, a sedici anni, mentre canta Fight da Faida e i suoi “uomini con anime sottili come lamine”. Il riferimento è a Frankie Hi-nrg, uno che ha bisogno di poche presentazioni. Nelle scorse settimane è tornato nella “sua” Città di Castello per presentare “Faccio la mia cosa”, libro edito da Mondadori per la Collana Strade Blu. Guai a chiamarla “autobiografia”, lo tiene a precisare lui stesso pochi minuti dopo aver iniziato l’incontro che si è svolto alla Biblioteca comunale. «»Ho scritto questo libro per rispondere alla domanda più frequente che mi viene posta, ovvero come mi sono avvicinato al rap – spiega Frankie -. Per me è stata una scelta di
vita ben precisa, una discreta sterzata delle mie abitudini e che ha coinvolte le persone accanto». Il musicista ha spiegato che «questo genere di domande si possono liquidare con una battuta oppure alzare il livello e scegliere di parlare e raccontare come un percorso di avvicinamento ad una cosa strana come l’hip hop possa passare per strade che uno nemmeno si immagina». “Faccio la mia cosa” è un libro che tutti gli appassionati di musica dovrebbero leggere perché ci troviamo di fronte ad un grande viaggio nella cultura rap fin dai suoi albori. Un libro arricchito dall’inserimento di tracce musicali mediante QR code, illustrazioni e focus di approfondimento. C’è un grande racconto di un’epoca che in qualche modo segna il nostro presen-
te e che nel libro cresce di pari passo al protagonista che ci ricorda il valore fondamentale della musica come ingrediente capace di unire le persone. C’è una narrazione del rap che protestava, soprattutto quello della fine degli anni Ottanta e poi Novanta e che si è sciolto al sole con la sua normalizzazione di questi anni Duemila. La penna di Frankie è davvero notevole e il libro è ricco spunti e storie: «Volevo tracciare un percorso, non per farne un esempio per qualcuno, ma per dare una traccia per capire come sia possibile ascoltare la Rettore appena uscita, inciampare su un pezzo di Blondie, poi passare a My Sharona dei The Knack e finire ai Run DMC per arrivare, alla fine, a fare rap».
EVENTO E ORGANIZZAZIONE Ideazione e conduzione: Giuseppe Sterparelli Visual: Andrea Lensi DJ sample: Gabriele Bianchini Letture: Alessandra Chieli
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FINANZA
La borsa delle donne EMANUELA SPLENDORINI
PERMETTERE È POTERE
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Dopo l’articolodello scorso numero, inizia la rubrica de La Borsa delle Donne, un angolo tutto al femminile nel quale possiamo confrontarci e condividere quello che ci portiamo dentro riguardo al nostro vero rapporto con il denaro, rendendoci finalmente conto che c’è un minimo comune denominatore che ci accomuna tutte (o quasi) e che atteggiamenti che di noi abbiamo sempre percepito come sbagliati, in realtà sono comuni alla stragrande maggioranza della quota rosa del cielo. Forse abbiamo sempre pensato di essere le uniche ad avere un atteggiamento di questo tipo e ci siano sempre autopunite e autogiudicate “sbagliate”, autorecludendoci nel recinto del “io non ce la farò mai”. La rubrica ha questo scopo, portare alla luce quello che di disfunzionale ci portiamo dentro riguardo al nostro rapporto con il denaro per poterlo cambiare perché non mi stancherò mai di ripetere che la vera partita si gioca all’interno di noi, quello che accade fuori ne è solo una conseguenza. Osservare le cose come realmente sono permette di poterle cambiare. È la base che permette di costruire le altezze. Quello che accade nelle cose più piccole viene poi replicato ed amplificato nelle cose più grandi. Quando facevo l’università, durante il periodo di Natale ho lavorato per alcuni anni in una grossa profumeria della mia città. Quel lavoretto mi ha aperto un mondo sul rapporto che noi donne abbiamo con il denaro, con gli acquisti e con il piacere legato agli stessi. Lì ha cominciato a pendere forma l’idea che
rispetto al rapporto con il denaro vi fosse un fil rouge che (fatte le dovute distinzioni) ci accomuna un po’ tutte, forma che ha continuato a rendersi sempre più solida mano a mano che amiche commesse, hanno confermato i miei dati. Tanto per intenderci, vi è mai capitato di comprare qualcosa e di nasconderlo rientrando a casa dentro l’ armandio, in modo quasi furtivo e senza mostrare nulla a chi condivide con voi quello spazio per avere paura di reazioni, discussioni o aggressioni verbali concentrate sulla disapprovazione e sul rimprovero? Ed indossare quel capo o usare successivamente quell’oggetto con il senso di colpa di aver fatto qualcosa di sbagliato o addirittura mentire spudoratamente alla domanda “ma questo è nuovo?” arrampicandovi rumorosamente sugli specchi per trovare una situazione o un contesto temporale passato nel quale collocare l’acquisto che lo giustificasse? Se qualcuna si è riconosciuta in questo atteggiamento, comprenderà lucidamente in cuor suo, per se stessa, cosa significa che “è la base che costruisce l’altezza”. Se non m o d i f ic h i a m o quello che portiamo dentro, nulla accadrà mai fuori. È questo il senso della rubrica e del nostro viaggio insieme, quello di vedere cose che prima non avevamo visto, guardarle nella giusta prospettiva e renderci conto che non siamo le sole e non siamo sole. L’atteggiamento di cui ho parlato prima che di fatto è solo una risposta emotiva alle informazioni che ci portiamo dentro, è frutto solo dell’educazione e dei principi con i quali siamo cresciute. Noi donne della mia generazione, ma soprattut-
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to quelle della generazione che l’hanno preceduta, siamo cresciute con l’idea di non meritarci quello che desideriamo, che e’ sempre troppo quello di cui abbiamo bisogno, che dobbiamo sgobbare per avere quello che vogliamo e che tra la richiesta di quello che desideriamo e il momento nel quale lo otteniamo, passa un lasso di tempo così lungo da aver imparato a fare a meno di quel bisogno. Il modo con il quale reagiamo oggi, è solo la conseguenza di ciò che ci portiamo dentro e che non abbiamo più messo in discussione. Se la base del nostro rapporto con il denaro è legato al senso di colpa, all’ errore, al giudizio, alla paura del rimprovero, sarà quello sul quale costruiremo altezze che non diventeranno mai tali. E allora che fare? Sembra che con queste premesse nulla possa cambiare, ma non è affatto così. In questo caso per cambiare le cose il motto “volere è potere” non funziona, perché nonostante noi (razionalmente) vogliamo, c’è qualcosa che ci dice che è sbagliato e continua ad autosabotarci facendoci rimanere sempre allo stesso punto.
PERMETTERE È POTERE È il cambio della risposta interiore riguardo a quello che vogliamo che, unitamente all’impegno, alla determinazione e all’azione lo fa realizzare. Permettere significa guardare lucidamente le cose, per come sono e non come ce le hanno raccontate e noi abbiamo creduto che fossero.
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Permettere significa diventare finalmente adulte e prendersi la responsabilità di capire quello che è davvero giusto o sbagliato per noi. Siamo a dicembre, tempo di bilanci e nuovi propositi. Spesso capita che dopo lo slancio dell’inizio, l’entusiasmo delle pagine bianche ancora da scrivere, il cuore gonfio di desideri da realizzare, a febbraio (se va bene), tutto si accartoccia di nuovo nel già visto, già provato, sempre lo stesso, non cambia nulla, e tornano gli stessi colori di prima. Ogni anno capita di darsi gli stessi obbiettivi dell’ anno precedente con la speranza di poterli questa volta raggiungere. Perché? Eppure eravamo partite bene, volevamo (razionalmente) quello che avevamo scritto…. mancava l’ingrediente segreto: mancava il nostro permesso a realizzare quello che volevamo ecco perché non lo abbiamo realizzato. Quest’anno The Mag e La Borsa delle Donne, vi propongono di creare la vostra lista dei desideri per il nuovo anno in modo diverso, ci vorrà molto più tempo degli altri anni, ma vi permetterà di raggiungere quello che non avete raggiunto prima. Ritagliate la pagina a fianco e mettetela in un posto nel quale la possiate sempre vedere e cominciate a pensare ai vostri obbiettivi importanti da realizzare nel 2020 e dopo averli scritti lasciate sedimentare. Iniziate poi a chiedervi rileggendoli se davvero vi permettete di raggiungere quell’obbiettivo. La nuvoletta accanto rappresenta quei no che vi siete dette fino a questo momento. Non c’è bisogno di scriverli. Voi sapete che ci sono e voi ora sapete come fare. Prendetevi il vostro tempo per vederli, prendetevi la vostra responsabilità di capire se davvero vi appartengono.
La vita accade nella misura e nella forma in cui le permettiamo di accadere. Bentornate Principesse…
Questa volta aspettati di farcela!
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Coesistere in equilibrio tra uomo, natura e tecnologia:
la sfida dei giovani visionari
Il manifesto per il Pianeta del futuro arriva dai Visionary Days: oltre 1.200 ragazzi si sono ritrovati per immaginare soluzioni, idee e progetti verso il 2050 115
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Hanno tra i 20 i 35 anni, provengono da ogni regione d’Italia e per una giornata hanno provato a confrontarsi e contaminarsi per elaborare un’idea condivisa del futuro che aspirano a costruire, per l’Italia, per il Pianeta e per la versione di sé stessi che vivrà il 2050.
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La terza edizione di Visionary Days ha superato i numeri della precedente, nonostante la decisione degli organizzatori di annullare all’ultimo l’evento di Genova per le difficoltà di spostamento in tutta la Liguria causate delle condizioni meteo. Oltre 3.000 richieste di partecipazione pervenute, 1200 giovani riuniti a Torino alle Ogr, molti in arrivo all’ultimo dal capoluogo ligure, e 120 tavoli di discussione in parallelo, collegati attraverso l’intelligenza artificiale in un solo network per costruire un Manifesto delle idee che risponda alla domanda: “Quali forme per il prossimo Pianeta?”. Far parte di questo pianeta – dicono i Visionari nel Manifesto che è stato consegnato a tutti i partecipanti al termine dell’evento - significa far parte di una sola comunità: coesistere, ovvero trovare un compromesso tra Uomo e Natura e Tecnologia. Il progresso tecnologico ha ampliato la nostra consapevolezza dell’urgenza di raggiungere questo equilibrio ma adesso devono seguire fatti concreti. Bisogna assumersi le responsabilità delle nostre azioni verso l’am117
REPORTAGE
biente e cambiare corso, se necessario. Il cambiamento deve partire dal basso ma non solo: un ruolo fondamentale è la responsabilità dei governi nel sostenere e finanziare la ricerca, rinforzando le infrastrutture e proponendo modelli di mobilità e di lavoro alternativi. Solo con un grande impegno collettivo e lo scambio delle idee e dei progetti più promettenti possiamo sperare di affrontare con successo i problemi della Terra. La fame di cambiamento ci spinge a partecipare a movimenti come Extinction Rebellion e #FridaysForFuture, vogliamo tradurci in attori di modelli proattivi e non violenti per la salvezza del Pianeta. Visionary Days ha visto alternarsi sul palco moltissimi relatori per portare ispirazione alla discussione, a riempire di contenuti e riflessioni la giornata però sono stati i Visionari. Ragazze e ragazzi provenienti. Interessati alla politica ma diffidenti rispetto alle forme tradizionali di militanza in un partito e all’affermazione delle proprie idee attraverso manifestazioni pubbliche di protesta o boicottaggi di marche e prodotti. Alle discussioni politiche condotte via social media preferiscono prendere parte a iniziative collegate a problemi ambientali (6 su 10) o a quelli della propria città (4 su 10). Si identificano fortemente nella propria generazione eppure, più che nella propria comunità di pari, sentono di fare parte dell’Europa (18,5%) e del mondo (37,6%). www.visionarydays.it 118
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INTERVISTA
Michela Giraud
Con la stand-up comedy vi dico le cose che non mi stanno bene (e sono tante) di Andrea Luccioli
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INTERVISTA
Una chiacchierata a spasso per Perugia insieme a Michela Giraud. I suoi inizi, il rapporto con i social network e la sua visione dei 30enni di oggi in questo Paese malandato.
scrivo e recito i miei monologhi”, e noi diciamo grazie. La frase è presa dalla bio del profilo Instagram di Michela Giraud. Classe 1987, romana e romanista (combinazione perfetta), Michela è una delle più interessanti e giovani attrici italiane che si sta affacciando con successo sui grandi palcoscenici nazionali. Siano questi televisivi (La Tv delle Ragazze), teatrali e anche social. Proprio dai social network, in particolare grazie ai video de “L’Educazione Cinica”, Michela Giraud si è fatta conoscere e apprezzare per il suo talento. Pratica con dedizione e passione una delle discipline olimpiche che più ci piacciono: la stand-up comedy. Un genere cui lei, anche grazie ad un gran lavoro su
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Instagram, sta dando lustro e vitalità. Durante i giorni della “Festa della Rete” l’abbiamo incontrata a Perugia per conoscerla un po’ meglio. Quando è iniziata la tua carriera? «Mi sono laureata in Storia dell’arte, poi ho frequentato la scuola ‘Teatro Azione’ arrivando al diploma di attrice: ho fatto queste cose insieme perché non avevo ancora capito cosa volessi realmente fare. Sono andata a tentoni. Poi, ad un certo punto, sono partita con la stand up comedy e mi sono detta: vediamo come va». E sta andando bene! «È andata molto bene. Sono una che tiene duro. Ho concluso un percorso di studi mentre mi stavo diplomando alla scuola di teatro. Cosa è successo poi? Sono stata pre-
vidente: ho capito che in futuro si sarebbe dato più valore alla persona. All’epoca, quando ho cominciato a recitare, in giro c’era solo Willwoosh (il canale dello youtuber Guglielmo Scilla) che faceva questo tipo di cose. Non c’era una attenzione verso l’artista e quello che aveva da dire, ma l’artista era solo un interprete. Così io sono riuscita a individuare l’esigenza delle nuove generazioni: i ragazzi volevano sentire delle storie». E quindi cosa hai fatto? «Se fossi rimasta ad aspettare che qualcuno mi avesse inserito all’interno di una compagnia, non avrei mai lavorato e allora mi sono detta: perché devo aspettare che qualcuno mi faccia fare ‘Sogno di una notte mezza estate’ in uno scantinato al Pigneto? Vado io! Così ho iniziato a scrivere cose. Ho fatto studi comin-
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INTERVISTA
«Ho preso ciò che sono nella vita e l’ho adattato al mio lavoro. Sono figlia di un padre che attacca dei ‘pipponi’ clamorosi»
ci all’Accademia del Comico, sono stata presa al Festival del cabaret di Grottammare di Enzo Iacchetti e con lo stesso sketch ho fatto il provino a Colorado, mi hanno presa». E il grande salto? «Definiamo grande salto, perché io da fuori mi vedo come una persona che fa cose, che porta avanti dei progetti. Una sempre in divenire, non mi vedo arrivata. Poi se vogliamo fissare alcuni punti, probabilmente mi sono fatta conoscere al grande pubblico grazie ai video dell’Educazione Cinica e la nuova edizione de ‘La Tv delle Ragazze’ con la Dandini». Quanto è difficile fare stand up comedy oggi? «Sicuramente meno di qualche tempo fa. Comunque è un genere che resta inviso al
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circuito mainstream. E’ difficile per una ragazza, ma è difficile in generale per via dell’ambiente che si è creato intorno, forse perché è nata come movimento di polemica e rottura, per canalizzare una sorta di rabbia con un parlare sporco, quando in realtà è solo un raccontare cose che nascono dal quotidiano con il lessico di tutti i giorni». Hai portato la stand up comedy su Instagram. «Ho preso ciò che sono nella vita e l’ho adattato al mio lavoro. Sono figlia di un padre che attacca dei ‘pipponi’ clamorosi, parla un’ora senza pausa dei Borboni e del Regno di Napoli. Ecco, io ho preso da lui questa cosa di parlare per ore e poi di base ci aggiungo dei voli pindarici tematici che è un po’ quello che faccio da sempre. In più ci metto le cose che non mi stanno bene
e sono tante». Ad esempio? «Ultimamente questa cosa che è successa a Liliana Segre che è di una gravità fuori controllo, il fatto che qualcuno abbia avuto a questionare sulla mozione che lei ha portato in Senato, vabbeh…io non riesco nemmeno a parlarne. Siamo proprio fuori dalla grazia del Signore. Ecco, ci sono delle questioni che mi stanno molto a cuore, il razzismo, la visione delle ragazze, oppure la visione di un ragazzo di 30 anni in questo Paese devastato».
Spiegaci la visione di un ragazzo di 30 anni in questo Paese devastato… «Noi una siamo categoria di persone molto svantaggiate: siamo in preda a questi nuovi media che ci posseggono ma
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INTERVISTA
«Ho la concentrazione di un pesce rosso e questa cosa riguarda tutta la mia generazione»
che non possediamo; siamo molto legati a una generazione che ci dà una certa ideologia, ma non ci dà più quel benessere. Siamo senza collocazione e molto smarriti, da ciò si genera una sorta di depressione che si cura con ansiolitici e tanto dolore. Io sono contraria perché alla fine ok, le cose non vanno bene, ma noi siamo anche una gene-
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razione che ha tutto. Abbiamo un tetto, non ci manca lo spessore: dobbiamo solo combattere e rimanere noi stessi, soprassedere a quello che può essere il successo facile, alla mancanza di concentrazione che, a dirla tutta, per me è un problema enorme. Ho la concentrazione di un pesce rosso e questa cosa riguarda tutta la mia generazione. E’ diven-
tata una questione generale, ma noi trentenni non possiamo permetterci di comportarci come chi ha dieci anni in meno: quindi dobbiamo essere noi, con i nostri valori applicati al contemporaneo. Ragazzi basta piangerci addosso e andare!». Progetti attuali e futuri «Sto facendo sempre stand up comedy, ma è quello che farò per sempre. Ho fatto uno sketch con Fiorello andato in onda in tv e spero che questa collaborazione possa proseguire, uscirà una serie tv in cui interpreto la sorella di Alberto Sordi e sto scrivendo un libro con altre tre ragazze. Recito, scrivo. Che altro? A breve usciranno gli sketch de ‘Il posto giusto’ che ho scritto con Francesco Marioni e Giacomo Spaconi regista de Le Coliche».
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rubrica
Cinema Luca Benni & Matteo Cesarini Cinema Metropolis Umbertide
Speciale
I 10 anni del Cinema Metropolis Quattro dicembre 2009: è questa la data della prima proiezione ufficiale aperta al pubblico all'interno della Fabbrica Moderna, lo stabile che si trova in piazza Carlo Marx; due i film proiettati per l'apertura: il cartone animato "UP" della Pixar/Disney e "Nemico Pubblico" per la regia di Michael Mann con protagonista Johnny Depp e Christian Bale.
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Da allora il Metropolis è diventato un centro culturale e di intrattenimento sia per il Comune di Umbertide che per gli abitanti dell’Alta Valle del Tevere che tutte le settimane intervengono agli spettacoli e alle iniziative. Inoltre tutto un bacino di pubblico proveniente da fuori Regione, partecipa costantemente ai numerosi concerti di artisti italiani e internazionali (l'ultimo proprio in occasione dei 10 anni il doppio live di Giardini di Mirò e della one man band inglese Sophia), agli eventi speciali e alle rassegne cinematografiche. La struttura che al piano terra ospita il Cinema Metropolis è denominata “Fabbrica Moderna“: è una struttura di recente realizzazione sull’impianto originario dell’ex chiesa di Cristo Risorto, che si sviluppa su tre livelli per complessivi 2.500 metri quadrati. Al piano seminterrato ospita la “Galleria delle Ceramiche Rometti”, con le opere artistiche più belle di questa antica e storica manifattura umbertidese conosciuta in tutto il mondo per il famoso “Nero Fratta”. Dall’agosto del 2017 il Cinema Metropolis è gestito dall’Anonima Impresa Sociale Soc. Coop, impresa sociale sorta nel luglio 2014 e attuale gestore del Cinema PostModernissimo, già Modernissimo, grazie ad un’operazione di recupero di un’immobile storico, e attraverso la sua ristrutturazione/trasformazione, restituito alla cittadinanza mediante la formula dell’azionariato diffuso e del crowdfunding, contando sulle forze dei privati cittadini e dei soci fondatori della cooperativa senza accedere a finanziamenti e contributi da parte delle istituzioni locali. Da febbraio 2019 le sale del cinema sono diventate due, in quanto, oltre alla sala principale, si è aggiunta la programmazione della Sala Rometti, realizzata all’interno del Museo Rometti e dedicata alla programmazione dei film d’essai, dei documentari e del cinema indipendente, mantenendo inalterata l'esposizione delle opere e la mostra permanente del Museo Rometti.
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L'eterna contemporaneità Cosa è contemporaneo? Secondo il dizionario che mi hanno regalato per la mia prima comunione, contemporaneo è ciò che appartiene all'età presente, per quanto riguarda l'arte, indica un periodo ampio che ha la sua genesi all'inizio del secolo scorso (nella migliore delle ipotesi, alcuni retrogradi la fanno risalire addirittura all'unità d'Italia). Eppure non possiamo più considerare contemporanea un'opera di Boccioni, di De Chirico o di Giorgio Morandi, queste opere appartengono alla modernità, alla storia, non essendo più messe in discussione. L'accavallarsi e lo scorrere di epoche storiche hanno favorito il mutamento e lo smantellamento di tanti degli stilemi artistici passati, ma oggi tutto viene conservato, musealizzato, senza essere prima mercificato. È questo un bene o stiamo andando verso un'era dove non avremo più una contempora-
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neità e il nostro pensiero sarà eternamente agé? Lo scorso weekend mi sono dato una risposta , anche se provvisoria, trovandomi a Roma (città con una stratificazione storica evidentissima e grazie al cielo non eccessivamente musealizzata), ho deciso di visitare una mostra: Pompei e Santorini: l'eternità in un giorno, nella quale erano esposti reperti archeologici provenienti da Pompei e Akrotiri insieme ad opere contemporanee, fra le altre pezzi di: Alberto Burri, Giuseppe Penone, Andy Warhol e Damien Hirst. Il dialogo fra queste opere nuove e i reperti archeologici era assolutamente perfetto, le nube di mosche incollata alla tela di Hirst, era perfetta accanto ai materiali combusti provenienti da Pompei, l'impronta del corpo di Penone al suo posto difronte ai calchi in gesso dei morti durante l'eruzione. L'impressione che ne ho tratto non è stata di un lento scorrere della storia, ma di
una storia interrotta per 1700 anni, riscoperta e ripresa d'improvviso, quegli oggetti di conseguenza non essendo mutati, non essendo stati dispersi nei secoli, ma nemmeno musealizzati e idolatrati hanno davvero vinto l'eternità conquistando un posto affianco a opere realizzate 2000 anni dopo. Non sono oggetti contemporanei, sono piuttosto malridotti e desueti, ma quella esposta nelle sale è una contemporaneità immutata affianco ad una contemporaneità, la nostra, mutevole. Vivremo un giorno,forse, in un epoca fatta di una moltitudine di presenti e la sovrapproduzione di immagine, di opere d'arte e di oggetti di oggi si arresterà difronte all'impossibilità della conservazione di un significato a commento di quegli oggetti conservati senza criterio. Consiglio a tutti di farci un giro, resterà aperta fino al 6 gennaio 2020.
rubriche
La musica di L.M. Banksy
ALWAYS THE SUN Sabato 30 novembre, all'Estragon di Bologna, c'è stata la prima delle tre date italiane degli Stranglers, noi c'eravamo per un’esaltante esperienza live da parte diuno dei gruppi britannici più eccitanti, credibili e influenti di sempre, che stanno cavalcando alla grande la cresta di una nuova ondata di popolarità che li ha vistirecentemente anche in copertina del magazine britannicoVive Le Rockaccompagnati dal titolo di miglior band del 2019.Gli Stranglers sono un’anomalia del punk britannico, oggi come 45 anni fa quando esordirono dal vivo con un sound decisamente primitivo, e nel 1977 quando pubblicarono l’album di debuttoRattus Norvegicus erano decisamente più vecchi degli altri gruppi.Suonavano come una specie di versione punk dei Doors con l'uso delletastiere e pezzi lunghi da cinque o sei minuti, erano degli outsider in piena regola contraddisti da sempre per le scelte impopolari come una costante della storia dei quattro "men in black" (all’epoca
J.J. Burnel, Dave Greenfield, Hugh Cornwell e Jet Black, gli ultimi due ora sostituiti da Baz Warne e Jim Macaulay).Hanno attraversato tra alti e bassi i decenni successivi, tra arresti per aver incitato alla violenza il proprio pubblico o per detenzione di sostanze stupefacenti, boicottati da radio, televisioni e stampa grazie alle loro abitudini piuttosto violente verso i giornalisti,costrinsero la EMI a pubblicare come singoloGolden Brownche finì poi in cima alle classifiche in mezzo mondo,ignorati dalla quasi totalità dei colleghi musicisti eppure, capaci di guadagnarsi rispetto e fama a dispetto di tutto e tutti fino ad arrivare al giorno d’oggi con una carica e una lucidità che pochi possono vantare.Veri e genuini, dotati di notevole talento musicale e con una qualità senza tempo delle loro canzoni, hanno portato sul palco il loro potente suono traritmi martellanti e melodie alle stelle,proponendo un set da ventitré brani, durante il quale è stato passato in rassegna
praticamente tutto il repertorio del gruppo, dall'album di debutto "Rattus Norvegicus" e dal celebre "No More Heroes" (entrambi del '77) ai più recenti "Giants" (del 2012) e "Suite XVI" (del 2006), passando per "Black and White" del 1978 e "The Raven" del 1979.ll set si è concluso con l'esecuzione di "No More Heroes", uno dei brani più celebri del gruppo, title track della seconda prova sulla lunga distanza della formazione che nel 1977 raggiunse l'ottava posizione nella classifica di vendita britannica dei singoli. SETLIST
Waltzinblack- The Raven(Get a) Grip (on Yourself)- Midnight Summer Dream - Time to Die- Nice 'n' Sleazy- Norfolk Coast- 5 Minutes - Unbroken- Golden Brown- Always the Sun- Don't Bring HarryNuclear Device (The Wizard of Aus)- Peaches- Toiler on the SeaFreedom Is Insane- Walk On By| Cover di Dionne Warwick- Something Better Change- Relentless- Hanging AroundTank- BIS #1 - No More Heroes
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BIRRA PERUGIA, LA NUOVA CASA È PRONTA CON PUNTO VENDITA E TAPROOM A PALAZZO REALE A MILANO LE “STORIE DI STRADA” DELLA FOTOGRAFA LETIZIA BATTAGLIA Fino al 19 gennaio 2020, negli spazi espositivi di Palazzo Reale a Milano, sarà aperta al pubblico la grande mostra “Storie di strada”, una grande retrospettiva con oltre 300 fotografie che riscostruiscono per tappe e temi la straordinaria vita professionale di Letizia Battaglia. Promossa da Comune di Milano|Cultura, Palazzo Reale e Civita Mostre e Musei, la mostra anticipa con la sua apertura il palinsesto “I talenti delle donne”, promosso e coordinato dall’Assessorato alla Cultura, che durante tutto il 2020 proporrà iniziative multidisciplinari - dalle arti visive alle varie forme di spettacolo dal vivo, dalle lettere ai media, dalla moda alle scienze - dedicate alle donne protagoniste nella cultura e nel pensiero creativo. Con circa 300 fotografie, molte delle quali inedite, “Storie di strada” attraversa l’intera vita professionale della fotografa siciliana, e si sviluppa lungo un articolato percorso narrativo costruito su diversi capitoli e tematiche. I ritratti di donne, di uomini o di animali, o di bimbi, sono solo alcuni capitoli che compongono la rassegna; a questi si aggiungono quelli sulle città come Palermo, e quindi sulla politica, sulla vita, sulla morte e sull'amore, e due filmati che approfondiscono la sua vicenda umana e artistica. Il percorso espositivo si focalizza sugli argomenti che hanno costruito la cifra espressiva più caratteristica dell’artista, che l’ha portata a fare una profonda e continua critica sociale, evitando i luoghi comuni e mettendo in discussione i presupposti visivi della cultura contemporanea. Quello che ne risulta è un vero ritratto, quello di un’intellettuale controcorrente, ma anche una fotografa poetica e politica, una donna che si interessa di ciò che la circonda e di quello che, lontano da lei, la incuriosisce.
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Il sogno Birra Perugia continua e si rafforza. L’antico birrificio, nato nel 1875 e riportato alla luce da un gruppo di giovani nel 2013, dopo quasi 90 anni di oblio, ha trovato una nuova casa. Molto vicino a quello precedente, il nuovo stabilimento produttivo (via Bufaloro n.23, Torgiano) lancia l’azienda umbra verso il futuro, pur nel segno di un innegabile radicamento storico e territoriale. Tecnologia all’avanguardia e sensibilità artigiana, piccoli numeri e grandi ambizioni. Birra Perugia resta un birrificio “minuscolo”, almeno se si guarda il mondo della birra nel suo complesso, che quest’anno confermerà i 1.500 ettolitri prodotti nel 2018. Ma se i numeri sono confidenziali, tanto che in alcuni casi bisogna aspettare per avere le birre desiderate, sul fronte della qualità siamo ai massimi livelli. “Il nuovo birrificio ci permetterà di aumentare un po’ i volumi – affermano i soci e i collaboratori di Birra Perugia – ma il vero motivo di questo investimento è migliorare ancora le nostre birre, la sicurezza e il comfort di tutti quelli che ci lavorano, razionalizzare logistica e produzione, per dei risultati sempre migliori”. Una casa che riceverà molti ospiti visto che nel nuovo birrificio c’è un punto vendita e una taproom (termine americano che sottolinea la presenza di un bancone con le spine, per bere direttamente alla fonte le birre prodotte). “Siamo molto legati alla nostra terra e ci piace il rapporto diretto con i clienti, da vero local brewery” confermano i ragazzi del team. C’è da giurare che saranno in molti a frequentare lo shop di Birra Perugia, brand che è entrato nel cuore della città anche grazie ai tantissimi premi vinti in questi anni di attività.
DANCITY FESTIVAL IN VERSIONE “WINTER”: IL NATALE ELETTRONICO A FOLIGNO DAL 26 AL 28 DICEMBRE Torna il Dancity Festival, ovvero uno degli esperimenti internazionale di cultura e musica elettronica più innovativi e seguiti. La nuova edizione dell’evento si svolgerà in una versione invernale sempre a Foligno il 26, 27 e 28 dicembre nel luogo simbolo del Festival e storicamente prezioso come l’Auditorium S. Domenico. Al centro dei tre giorni ci sarà come sempre la musica, di ricerca e di sperimentazione, con performance di artisti internazionali che hanno lasciato negli anni un segno indelebile accanto a nuovi volti e nuovi suoni proiettati nel futuro. Il programma. Giovedì 26 l’headliner sarà Michael Rother, che terrà il concerto inaugurale del Festival. Ex membro dei Kraftwerk e fondatore delle storiche band NEU! ed Harmonia, porterà sul palco dell’Auditorium S. Domenico il suo live insieme a Hans
Lampe alla batteria e Franz Bargmann alla chitarra. In apertura al suo concerto il live di Alfredo Trastulli aka F.T.G. (batterie elettroniche, effetti, sintetizzatori) insieme con Marco Baroni (tastiere, sintetizzatori). Altra artista che si esibirà il giovedì è la cilena Paula Tape, mentre a concludere il primo giorno del Festival sarà un trio storico: i Pastaboys. Venerdì 27 spazio all’innovazione con Kelman Duran e il suo sound reggaeton “ambient” e “spirituale”. Tra i più interessanti talenti inglesi del momento arriva poi Mina, a seguire Napoli Segreta, mentre da Bristol arriva poi l’artista e produttrice L U C Y. In scaletta anche DJ Firmeza e il progetto 72-Hour Post Fight. SABATO 28: il gran finale. La bomba è sicuramente Andy Stott cui si aggiunge l’altro nome caldissimo dell’elettronica internazionale, Alessandro Cortini. E poi spazio al collettivo Alma Negra, a Felix Manuel aka Djrum, mentre a chiudere l’ultimo giorno ci sarà Lucy aka Luca Mortellaro. Il sound di Dancity sarà scandito, durante i tre giorni, dai set di G-Amp, Eloche e Sauro Martinelli.
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A RECANATI SGARBI RACCONTA L’INFINITO IN 91 SCATTI FOTOGRAFICI TRA INCANTO E SFREGIO L'Incanto, lo Sfregio, il Paesaggio Umano, l'Utopia, il Paesaggio Interiore e la Città. Sono le sei sezioni in cui si articola la mostra fotografica Paesaggio Italiano - L'Infinito tra Incanto e Sfregio, a cura di Vittorio Sgarbi, visitabile fino al 15 gennaio 2020 al museo civico di Villa Colloredo Mels di Recanati. Il progetto, promosso dall’associazione culturale Lo Stato dell’Arte, organizzato in collaborazione con il Comune di Recanati e Sistema Museo, nasce da un’idea dei suoi storici collaboratori Sauro Moretti, manager, e Nino Ippolito, ufficio stampa. Nell’anno in cui si celebrano i duecento anni de L’Infinito di Giacomo Leopardi, una rassegna di fotografia contemporanea che racconta il rapporto tra
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uomo e natura, tema leopardiano e attualissimo. Il paesaggio italiano in mostra viene raccontato attraverso scatti che sono piccole e grandi storie, dalla bellezza al degrado, nelle immagini di 58 fotografi, tra professionisti ed amatori evoluti, i cui lavori sono stati selezionati da Sgarbi tra migliaia di autocandidature arrivate. Sono 91 le foto in mostra, e non è solo la bellezza ma sono soprattutto le storie dei luoghi e le gesta dei suoi abitanti a segnare il paesaggio italiano nelle sue contraddizioni, tra tran tran quotidiano e situazioni straordinarie, in un passato glorioso col futuro ancora da scrivere. C'è l'Incanto nella fotografia che registra la bellezza che ci circonda, come nella veduta del Cretto di Burri nello scatto di Nino Ippolito, la magia del Monte Tabor e del Colle dell'Infinito nelle immagini di Gianfranco Lelj, grande ritrattista dei divi del cinema, nonché fotografo di scena di grandi registi come Federico Fellini, Ettore Scola e Zeffirelli.
IL COMANDANTE DELL’ESERCITO PONTIFICIO E 70 GUARDIE SVIZZERE IN VISITA ALL’ABBAZIA DI MONTECORONA Una visita davvero speciale. A fine novembre, infatti il comandante dell’Esercito Pontificio e una settantina di guardie svizzere si sono ritrovate all’Abbazia di Montecorona scaglionate in tre giorni in cui, tra le altre cose, hanno voluto visitare l’Abbazia e l’Eremo. La delegazione proveniente dallo Stato Pontificio, si è dapprima messa in contatto con il Ristorante Abbazia di Montecorona e insieme alla titolare Samanta Girelli ha organizzato la tre giorni tra storia, religione e bontà enogastronomiche. «È stato davvero emozionante per noi poter ospitare il comandante dell’Esercito Pontificio, Cristoph Graf, e le guardie svizzere - spiega Samanta Girelli –. Per noi è stato un onore riceverli e offrire la migliore accoglienza possibile come è tradizione della nostra terra».
NUOVA STORICA IMPRESA PER IL VELISTA ESTREMO ALESSIO CAMPRIANI Il “velista estremo” Alessio Campriani, originario di Città di Castello, ci ha regalato un’altra impresa. A bordo della sua barca “Zebolon, infatti, è stato uno dei pochi a portare a termine la 21/a edizione della Mini transat, traversata oceanica in solitaria da la Rochelle, in Francia, ai Caraibi, dove si è dovuto fermare per un breve periodo di osservazioni in ospedale per i postumi di un incidente durante la navigazione. «Ora sto bene e sono molto felice di essere riuscito in un’impresa, che anche quest’anno ha costretto tanti skipper affermati e preparati a gettare la spugna davanti alla durezza della prova. Avercela fatta è davvero bellissimo per me, una sfida molto provante ma di grande soddisfazione” ha detto Campriani. “A una prima settimana senza mai toccare terra - ha aggiunto - ne sono seguite altre tre, al largo, da solo, con pochissimo tempo per dormire e tante cose da tenere continuamente sotto controllo, l'imprevisto ad ogni cambio di vento».
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LIBRO MEMORIAL, DOCUFILM E UNA SERATA PER CELEBRARE NUVOLO Un doppio appuntamento nel segno di Nuvolo. Tra ottobre e novembre Città di Castello ha celebrato uno dei suoi figli più straordinari. Innanzitutto con il libro memorial “NUVOLO C’ho da fare” (dalla frase che lo stesso artista usava come congedo prima di allontanarsi, così come ricorda la giornalista tifernate Eliana Pirazzoli) che è nato in concomitanza con la presentazione del docufilm “NUVOLO Nuntius Celatus” prodotto dall’Associazione Archivio Nuvolo e 3D Produzioni, per il canale tematico SKY Arte HD, soggetto e regia del tifernate Giuseppe Sterparelli, direzione di fotografia di Liza Rinzler e voce narrante di Roberto Latini. Un progetto che è stato presentato in anteprima presso il Salone d’Onore della Pinacoteca Comunale di Città di Castello. “NUVOLO C’ho da fare”, con le sue duecento pagine si presenta come un libro di grandi dimensioni e con tanti colori, al cui interno sono raccolti racconti di chi Nuvolo lo ha incontrato, conosciuto e frequentato, per presentare l’uomo e l’artista
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nella vita quotidiana. Non solo. La presentazione del libro memorial ha permesso di immaginare un e realizzare un evento con lo stesso titolo e che si è tenuto presso il Teatro degli Illuminati a Città di Castello. Un appuntamento che realizzato come un percorso tra arte, teatro e musica che è stato aperto dall’intervento di Paolo Ascani vice presidente dell’Associazione Archivio Nuvolo cui ha fatto seguito una prolusione del professor Bruno Corà, critico d’arte di fama internazionale ed amico di lunga data di Nuvolo. Maurizio Perugini e Cristina Salvatori, poi, hanno interpretato interpreteranno alcuni brani tratti dal libro, in particolare testi di: Fortunato Bellonzi, Speranza Lilli Ascani (madre di Nuvolo), Eliana Pirazzoli, ed Emilio Villa. Infine è toccato a John De Leo, fondatore e voce del gruppo Quintorigo, che si è esibito in una performance vocale live durante la presentazione del restauro dei Videogrammi, opere video girate dal Maestro Nuvolo nel 1974 con l’ausilio di una videocamera Sony Videocorder AVC-3420 CE ed un video recorder Sony AV-3670 CE.
CITTÀ DELLA PIEVE SI VESTE D’INCANTO: TUTTO IL PROGRAMMA DE “LA CITTÀ DEL NATALE” Città della Pieve si trasforma ne “La Città del Natale”, destinazione ideale per trascorrere uno dei periodi più intensi dell’anno. “Atmosfere incantate, panorami e vicoli mozzafiato ed intrattenimento no stop, per grandi e piccini attendono i visitatori”, fanno sapere dall’Amministrazione comunale che ha lavorato ad un ricco programma di eventi e appuntamenti insieme alle diverse anime della città. A creare la tipica atmosfera festiva contribuiranno, tra gli altri, i tradizionali Mercatini di Natale che, a partire dal 7 dicembre, costelleranno le vie del centro storico, tra sapori eno-gastronomici della tradizione umbra e prodotti artigianali. Non mancheranno proposte più culturali, come la Mostra “Leonardo - Il Genio Gentile” allestita in collaborazione con l'Ambasciata di Bulgaria fino all’Epifania, e la mostra nelle Cripte del Duomo “La natività nell'arte pievese” con la presentazione del restauro delle predelle del Museo del
Duomo. Appuntamento di ineguagliabile bellezza resta naturalmente il Presepe monumentale, visitabile dal 25 dicembre al 6 gennaio. Grazie alle sapienti mani degli artigiani, il Terziere Castello tornerà a sorprendere i visitatori con il tradizionale presepe che si snoda nei sotterranei di Palazzo Corgna. Le domeniche Pievesi di dicembre saranno inoltre caratterizzate dai “Tour in carrozza” con magnifiche carrozze trainante da cavalli che condurranno i turisti alla scoperta di vicoli e piazze del centro storico, facendoli calare in un’atmosfera d’altri tempi. Da domenica 8 dicembre fino al 24 dicembre, Babbo Natale aspetterà i più piccoli alla Rocca Perugina, tra lettere, regali e laboratori ludico-creativi. Ma il Natale a Città della Pieve offre molto altro ancora. Nella Notte di San Silvestro l’appuntamento è in Piazza Plebiscito per festeggiare insieme il Capodanno, mentre lunedì 6 gennaio è previsto l'arrivo dei Magi e la discesa della Befana dalla Torre Civica. Concerti, eventi teatrali, tour turistici, mostre fotografiche, fiera del dolce e laboratori per bambini completano il ricco programma di iniziative che può essere seguito e consultato anche su www.cittadellapieve.org.
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