The Mag 19

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CUCINA ON THE ROAD 1


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presenta:

Per gli amanti della casa

la casa a pagina 14 è stata arredata da Meozzi

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“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.” [Albert]

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SULLA STRADA ON THE ROAD

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n periodi difficili come questi in cui il clima internazionale torna a minare il già poco quieto vivere, alimenta isterismi su isterismi, parole su parole, dogmi e contro dogmi e fa strisciare sentimenti di paura in modo neanche tanto latente, c'è una cosa che rimane salda: il valore del tempo che si trascorre con chi si ama, facendo le cose più semplici del mondo. Parlare, mangiare, bere un bicchiere di vino, andare a teatro, ascoltare un concerto live... incontrarsi e vivere. Senza se e senza ma. Questo numero di the Mag, che chiude il 2015 e strizza l'occhio al 2016, celebra tutta una serie di incontri che ci siamo trovati a fare lungo la strada. La stessa strada dove ha trionfato il nostro personaggio di copertina, Gabriele Rubini aka Chef Rubio, indiscusso mattatore della trasmissione «Unti e Bisunti» (giunta alla terza serie e trasmessa dal canale Dmax). A Gabriele abbiamo chiesto un'intervista negli stessi giorni in cui l'organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l'allarme sull'eccessivo consumo di carne e insaccati, proprio a lui che ha fatto del cibo di strada il suo cavallo di battaglia. Bisogna ammettere che questo Chef Rubio è persona molto ma molto gentile, disponibile e soprattutto tanto semplice, che non guasta mai. Si continua a parlare di cibo e convivialità anche con Emilia Nardi, imprenditrice a capo di un'importante azienda di vini. Donne e ancora donne nel servizio «Tacchi e tacchetti» che racconta la storia di un gruppo di ragazze che giocano a calcetto. Incontriamo l'arte ancora con Burri al Guggenheim visto dagli occhi di una semplice visitatrice che era a New York nei giorni dell'inaugurazione. Interviste a ruota libera con Bobo Rondelli, Dario Vergassola e persino con il giornalista Magdi Allam col quale si apre una finestra nel difficile contesto internazionale dopo gli attentati. Il nostro pensiero ai fatti di Parigi passa anche attraverso la testimonianza di un giovane italiano che ha vissuto i giorni dell'attacco e con un piccolo (ma grande nelle intenzioni) omaggio al Bataclan e alla musica che nessuno mai fermerà. Buona lettura, buon anno e, per dirla alla Star Wars, che la forza sia con tutti noi!

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I

n difficult periods like this, in which the international climate eats away at the already little peaceful living, stoking hysteria upon hysteria, words upon words, dogmas upon dogmas and makes our feelings of fear slither along not even in a hidden way, there’s one thing that remains solid: the value of the time that we spend with those we love, doing the simplest things in the world. Speaking, eating, drinking a glass of wine, going to the theatre, listening to a live concert…meeting and living. No ifs or buts. This number of the MAG, which closes 2015 and winks its eyes at 2016, celebrates all of the series of meetings that we found ourselves doing along the way. The same road where our cover celebrity triumphed, Gabriele Rubini a.k.a. Chef Rubio, undisputed star performer of the transmission “Unti e Bisunti” (already on its third series and shown on channel Dmax). We asked Gabriele to have an interview with us in the same period in which the world health organization launched an alarm about the excessive consumption of meat and cold cuts and so on, precisely him, who made street food his battle horse. I have to admit, Chef Rubio is a very kind, friendly and above all simple person, which never hurts. We continue to speak about food and conviviality with Emilia Nardi, entrepreneur and leader of an important wine business. Women and more women in the report “Tacchi e Tacchetti” which tells the story of a group of girls who play indoor football. We meet art again with Burri at Guggenheim seen through the eyes of a simple visitor who was in New York in the days of its inauguration. Open interviews with Bobo Rondelli, Dario Vergassola and even the journalist Magdi Allam with whom we talked about the difficult international context after the attacks. Our thoughts about Paris through the testimony of a young Italian who lived the days of the attacks and with a small homage (but big in intentions) to Bataclan and the music that no one can stop. Enjoy the reading, happy new year and to say it like Star Wars, may the force be with all of us!


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Chef RUBIO

Our Home

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UNA NAVE IN CITTÀ

Magdi Cristiano Allam

«ESISTONO MUSULMANI MODERATI, NON L’ISLAM MODERATO»

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WWF calcio a 5

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NOI, TACCHI E TACCHETTI

Per maggiori informazioni e tanti altri eventi visita / for more information and events go to www.the-mag.org

Emilia Nardi

LA REGINA DEL ROSSO

Burri al Guggenheim IO C'ERO

Data pubblicazione: Dicembre 2015 - rivista bimestrale - N° 19 Grafica, fotografia e impaginazione: Moka comunicazione, via Gramsci, 1/b - Città di Castello (PG) P. IVA 02967110541 - mokacomunicazione.it Stampa: Litograf Editor S.r.l. - Via C. Marx, 10 06011 Città di Castello (PG) P. IVA 02053130544 Editore e Proprietario: Moka comunicazione Direttore Responsabile: Cristina Crisci Responsabile di Redazione: Marco Polchi Traduzioni: Helena Palazzoli / Christy Mills Iscrizione al Tribunale di Perugia: n. 20/12 del 27/11/2012. Questo numero è stato chiuso in redazione il 2 Dicembre 2015 alle 17:00.

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Bobo Rondelli

«SONO IN FORMA SBAGLIANTE!»

INFO E CONTAT TI pubblicità Simona 389 05 24 Giovanna 389 05 099 24 126 redazione marcopolchi@th info@the-mag.o e-mag.org www.the-mag.o rg rg

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In Redazione

Cristina Crisci

hanno collaborato a questo numero

Lucia Fiorucci

Martina Pazzi

Elisa Mambrini

Lorenza Mangioni

Massimo Zangarelli

Milko Mattiacci

Virginia Spantini

Luca Benni & Matteo Cesarini

Luca Marconi

Nicola Andreani

Direttore responsabile

Giovanna Rossi

Simona Polenzani

Emanuele Vanni

e inoltre Maurizio Rapiti, Marco Montedori, Ilo Mariottini, Veronica Martinelli e Francesco Talamelli

Marco Polchi Andrea Tafini


Bobo Rondelli ritratto da Maurizio Rapiti Nato a Sansepolcro nel 1985, Maurizio Rapiti si forma artisticamente nello studio del padre Giovanni, copista d’eccellenza, specializzato in falsi d’autore. Maurizio ne seguirà le orme improntando l’attività di formazione sulla scia dei maestri classici e moderni, volgendo il suo esercizio a uno attento studio del paesaggio naturale, con una particolare attenzione restituita alle atmosfere. Mostrando da subito un certo eclettismo, passerà allo sperimentalismo delle tecniche, dal decollage ai pastelli

a olio fino all’impiego di tecniche miste che prevedono anche inserzioni di cornice all’interno dell’opera stessa. Benché giovane, Maurizio Rapiti ha già ottenuto notevoli e molteplici riconoscimenti tra i quali spiccano il Premio Paola Occhi, a Ferrara nel 2014, ed il Premio Cascella nel 2015 con l’opera intitolata “La Cura”. Attualmente l’artista vive e lavora in Umbria a Cerbara di Città di Castello; le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private in varie città d’Italia. Testo di Ketty Mencarelli www.mauriziorapiti.it - rapitimaurizio@gmail.com

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UNA NAVE IN CITTÀ di Lucia Fiorucci

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È nuovissimo l'appartamento dove una coppia si è trasferita da pochi mesi con i due figli. Le linee morbide e sinuose che caratterizzano la struttura della villetta sono visibili già dall'esterno. L'architettura si mescola con il design degli arredi, alcuni su misura, altri scelti con cura e gusto. Le curve delle pareti e dei particolari si armonizzano con i materiali e la luce, che entra abbondante dalle ampie finestre. Si ha come l'idea di essere dentro a una nave; sarà perché l'amico di famiglia Veris Valentini, appassionato di interior design e di yacht, ha progettato e disegnato con dedizione non solo l'architettura, ma anche i dettagli dell'interno, dal camino alla scala con i gradini ognuno diverso dall'altro, dal disegno in bicromia delle porte alle finestre con le loro rotondità.

La zona giorno è molto luminosa. Qui vanno d'accordo il mobile su misura in legno laccato effetto cuoio con gli svariati pezzi di design, come il lampadario e le applique di Vistosi, e il tavolo in cristallo e legno di Porada. La cucina di Valcucine è semplice, ma pratica e molto elegante. E il tavolo Air di LAGO è una chicca insieme alla panca, con il cuscino in pelle sotto il finestrone, dove è comodo appoggiarsi e far finta di essere cullati dalle onde del mare. In questo punto il pavimento è in piastrelle e prosegue idealmente all'esterno; in tutto il resto della casa, bagni esclusi, si ha invece un bellissimo parquet di rovere piallato. Al piano di sopra, la zona notte è caratterizzata dal letto Fluttua di LAGO, che visivamente dà l'idea di dormire sospesi.

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A SHIP IN THE CITY by Lucia Fiorucci

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The apartment to which a couple moved just a few months ago with two children is very new. The soft, sinuous lines that characterize the structure of the small villa are visible even from the outside. The architecture mixes with the design of the furnishings, some custommade, others chosen with care and taste. The curves of the walls and of the particulars are harmonious with the materials and the light, which comes in abundance through the large windows. You feel like you are in a ship; maybe that’s because the friend of the family Veris Valentini, passionate about interior design and about yachts planned and designed with dedication not only the architecture, but also the details of the interiors, from the fireplace to the stairs with steps where each one is different from the other, from the design of the doors in two colours to the windows with their roundedness. The day area is well-lit. Here the furniture, custom-made in lacquered wood having a leathered effect, together with the varied pieces in design, like the lamp and the wall-lamps by Vistosi, the table in crystal and wood by Paroda. The kitchen by Valcucine is simple, but practical and very elegant. And the table Air by LAGO is a gem in itself, together with the bench, with the leather cushion under a large window, where you can comfortably relax and pretend to be cradled by the waves of the sea. Here the floor is tiled and continues outside; all the rest of the house, bathrooms excluded, have a beautiful wooden flooring in smooth oak. Upstairs, the night area is characterised by the bed Fluttua by LAGO, which visually gives you the idea of sleeping suspended in air.

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L’OCCHIO DEL CURIOSO

A NOTE TO THE CURIOUS

Al piano interrato c'è una taverna arredata con eleganza e praticità. Insieme al grande tavolo in legno per le cene con gli amici, troviamo un raffinato divano Moroso, con pouf e poltrona abbinati, e dei deliziosi tavolinetti in corian e legno. Sebbene siamo al piano “sotterraneo”, c'è molta luce grazie al finestrone che si affaccia sulla quinta delle scale che portano al giardino e al portico superiore. Zona protetta dal sinuoso prolungamento della copertura del portico e caratterizzata da una foratura a ovale in cristallo, speculare alla vetrata del soggiorno. Proprio come in uno yacht.

On the basement floor there is a room furnished with elegance and convenience. Together with the big wooden table for dinners with friends, we find a refined Moroso sofa, with a matching footstool and armchair, and delicious side tables in Corian and wood. Although we are in the basement, there is a lot of light, thanks to the large window which is behind the staircase, that brings you to the garden and the bigger porch. It is a protected area because of the long portico covering, characterised by an oval opening in crystal taking advantage of the window of the living room. Just like a yacht...

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Vasco & Piero’s Pavilion Italian Restaurant CARTA DI IDENTITÀ DEI NOSTRI PIATTI: Il nostro cibo si basa sulla cucina Umbra tipica del centro Italia, usando solo due o tre ingredienti per ogni portata. La nostra filosofia è quella di mantenere i piatti semplici e freschi.

Our food is based on Umbrian cuisine from central Italy, using just two or three ingredients for each dish. Our philosophy is to keep the dishes simple & fresh.

VASCO & PIERO’S PAVILION RESTAURANT 15 POLAND STREET, LONDON W1F 8QE, UK TEL 0044 0207 437 8774 - PRIVATE ROOM

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ieci anni fa, il giocatore di Rugby Gabriele Rubini si trasferì in Nuova Zelanda in forza ad un club di Wellington e lì, per mantenersi, iniziò a lavorare in un ristorante appassionandosi alla cucina. Oggi quel ragazzo partito da Roma è uno dei personaggi televisivi più amati: Chef Rubio, indiscusso re di Unti e Bisunti (Dmax), il programma che ha fatto proseliti tra gli amanti del cibo, ma anche tra quelli che, pur mangiando più light, non disdegnano di buttare un occhio tra i vicoli dove regna lo street food, nelle taverne oppure nelle cucine più nascoste e veraci, svelate durante le tre serie del programma "Unti e bisunti" diventato un cult anche per quella sua impronta popolare, fatta di incontri on the road e per quel suo modo di ricordare al mondo quanto è bello mangiare cibi della tradizione, poco importa se sono un tantino calorici... a proposito, appena finita la terza serie, Gabriele tra le altre cose ci ha detto: «No, non credo che ci sarà una nuova stagione di Unti e Bisunti». di Cristina Crisci

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ph: Carbonelli&Seganti

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Il miglior compagno di viaggio? Me stesso. Non ci sono compagni di viaggio al di fuori di me stesso, basta essere presenti con la testa durante il viaggio e fare tesoro di tutto ciò che si incontra

ph:Alessandro de Alberto

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La sua prima volta in una cucina risale più o meno a dieci anni fa: com'è stata? «Bella e piena di entusiasmo: ho cominciato a fare il lavapiatti in una piccola realtà nei Castelli Romani, poi sono andato in Nuova Zelanda e ho iniziato a cucinare. È stato il periodo più bello perché si vive tutto con entusiasmo maggiore». Chef, lei poi ha girato tutto il mondo alla caccia di street food: in Italia che cosa ha scoperto? «Tante realtà e tante situazioni che purtroppo stanno scomparendo e ho cercato di fare da cassa di risonanza, come se fossi il paladino del cibo di strada, della buona cucina e dell'identità regionale. Tuttavia non credo che basti il mio intervento, mi pare che a livello sociale e politico si vada verso una deriva. Io voglio migliorare questa situazione e muovere le coscienze per salvaguardare prodotti unici che abbiamo in tutte le parti d'Italia». Il miglior compagno di viaggio? «Me stesso. Non ci sono compagni di viaggio al di fuori di me stesso, basta essere presenti con la testa durante il viaggio e fare tesoro di tutto ciò che si incontra». La cosa più estrema che ha mangiato? Quella più buona e quella più cattiva? «La cosa più estrema... dipende dai punti di vista. Comunque il tofu marcio in Cina era molto hard sia come odore che come consistenza, ma era ugualmente interessante. Non esistono cose cattive, quelle cattive si mangiano per sbaglio in realtà ristorative dove non c'è passione, ma solo voglia di fare business». Le è piaciuto «Unti e Bisunti» di quest'anno? «Molto: mi è piaciuto perché so quanto è costato in termini di fatica, sudore, ore di sonno e tante emozioni. Anche se non fosse piaciuto come invece è piaciuto sarei stato soddisfatto per il lavoro svolto». Progetti di lavoro futuri? «Ci sono tante cose in ballo, purtroppo si dovrà tagliare qualcosa non sono ancora trino... e le energie vanno dosate bene per essere qualitative. Bisogna fare mente locale col management per la direzione che prenderemo nel 2016». Se la chiamassero a fare l'ospite a Masterchef ci andrebbe? «Mai».

Chef Rubio e le donne... «Ho un rapporto molto buono con le donne. Cerco di avvicinarmi a persone che possono avere la sensibilità di capire il tipo di faccia e interessi che ho. Sono figure che vivo con serenità». Tv, lavoro, social, cucina: cosa le manca? «Il riposo». Lei ha molti impegni anche sul sociale con Action Aid e sta partecipando ad un corso per imparare la lingua dei segni...(LIS) «La ritengo una cosa normale e se non lo facessi mi sentirei in colpa: mi viene spontanea e mi sorprendo che si riescano a fare titoli su questa cosa perché vuol dire che tanti non si impegnano da questo punto di vista». Prodotti umbri: porchetta o tartufo? «Tutti e due». Un piatto tipico umbro che le piace tantissimo... «Sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla modalità di utilizzo dei cereali, di una polenta fatta con piselli selvatici, le roveglie di Castelluccio di Norcia, ma anche le lumache, le trote, la porchetta e il piccione». Altra sua grande passione è il rugby con un progetto nuovo, di che si tratta? «È un progetto di mio fratello (Giulio Rubini, ndr) e altri tre ex compagni di squadra che hanno fondato il primo club italiano di Rugby a 7, il Roma 7’s Hills. Una realtà sportiva nata dal basso, fondata da giocatori per i giocatori con l’ambizione di aggiornare lo scenario del rugby italiano, rimasto un po’ indietro rispetto agli altri Paesi. I ragazzi qui si mettono in gioco con valori come la passione e la meritocrazia». Da bambino che lavoro sognava chef Rubio? «Volevo diventare un biologo marino-oceanografo». L'organizzazione mondiale della sanità nelle scorse settimane ha lanciato un pesante allarma sull'utilizzo di carne e derivati, lei che ne pensa? «Non solo io, un po' tutti ci siamo interrogati su quelle dichiarazioni quasi terroristiche dell'Organizzazione che sono state poi confutate 3 giorni dopo con un vademecum. Non ho nulla da aggiungere, non credo che questo genere di allarmismo faccia bene alla gente».

Perché? «Non guardo molto la tv. Preferisco andare al cinema».

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ph:Tamara Casula

FOOD on the ROAD by Cristina Crisci

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Ten years ago the rugby player Gabriele Rubini moved to New Zealand to play for a team based in Wellington and there, to support himself, he began working in a restaurant developing a passion for cooking. Today, that boy who left from Rome is one of the most loved TV characters: Chef Rubio, undisputed king of «Unti e bisunti», the TV show that has converted many people among the food lovers, but also among those who, though they eat lightly, don’t turn their nose up at the little alleys where street food reigns, at the taverns or at the most hidden and truthful kitchens, which have been unveiled during the three series of the program. The TV show has become cult also because it is characterized by regular people, made of meetings on the road and has a way of reminding the world how nice it is to eat traditional foods, not worrying if they are a little bit greasy…. By the way, right at the end of the third series, among other things Gabriele told us: «No, I don’t think there will be a new season of Greasy and greasier».


Your first time in a kitchen was more or less ten years ago: how did it go? «Beautiful and full of enthusiasm: I started as a dish washer in a small place in the Roman Castles, then I went to New Zealand and I began cooking. It was the nicest period because you live everything with greater enthusiasm». Chef, then you travelled the world hunting for street food: what did you discover in Italy? «Many places and many situations that are, sadly, disappearing and I’ve tried to be a sounding board for them, as if I was the protector of street food, of good cooking and of regional identity. Nevertheless I don’t think my intervention is enough, it seems to me that at social and political level we’re going astray. I would like to improve this situation and move consciences to save unique products that we have in all areas of Italy». Your best travelling companion? «Myself. I don’t have any travel mates except for myself, the important thing is to keep your head on your shoulders while travelling and treasure everything that you meet». The most extreme thing you’ve eaten? The most delicious and the worse one? «The most extreme… it depends on your point of view. Anyway rotten tofu in China was really hard to take both as smell and consistency but it was interesting anyway. Bad food doesn’t exist, you can only eat it by mistake in those restaurants where there’s no passion, but only desire to do business». Did you like “Greasy and greasier” this year? «I liked it very much because I know how much it cost in terms of fatigue, sweat, hours of sleepiness and many emotions. Even if the audience would have not liked it, while instead it did, I would have been satisfied for the job done». Future working projects? «There are many things going on, unfortunately I will have to cut off something, I’m not triune yet … and the energies have to be dosed well in order to do a quality job. I have to talk with my management about what direction to take for 2016». If you were called as a guest at Masterchef, would you go? «Never». Why? «I don’t watch much TV, I prefer going to the movies». Chef Rubio and women… «I have a really good connection with women. I try to get close to people who would have the sensitivity to understand the kind of face and interests I have. I relate with these kind of people with serenity».

TV. Work, social life, cooking: what are you lacking? «Rest». You are also really socially active, with Action Aid and you’re attending a course to learn sign language…(LIS) «I consider it a normal thing and if I didn’t do it I would feel guilty: I comes spontaneous to me and I’m surprised that someone could make a magazine newspaper title out of it because it means that many people don’t make any effort under this point of view». Umbrian products: porchetta or truffle? «Both of them». An umbrian tipical dish you really like… «I’ve been pleasantly surprised by the ways of using cereals, by a cornmeal mush served with wild peas, by the “roveglie” from Castelluccio in Norcia, but also by snails, trouts, porchetta and pigeon». Another great passion of yours is rugby with a new project, what is it all about? «It’s a project that comes from my brother (Giulio Rubini, editor’s note) and three other former team mates who founded the first Italian club of rugby at 7, “Rome 7’s Hills”. It’s a sports group born at a low level, established by the players for the players with the ambition to update the Italian rugby scenario, which has remained a little bit behind compared to other countries. The young players challenge themselves with values such as passion and meritocracy». When you were a child what job did you dream of chef Rubio? «I wanted to become an ocean biologist – oceanographer». The World Health Organization has launched a heavy alarm signal in the past weeks about consumption of meat and its derivatives. What do you think about it? «Not only I, we’ve all questioned ourselves about those almost terroristic statements of the Organization which have been discredited 3 days later with a guide. I’ve got nothing else to add, I don’t think this kind of scaremongering does good to people».

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messaggio promozionale

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Perugia

A inizio novembre, a Perugia, si è svolta l'edizione 2015 di IMMaginario Festival: spettacoli, ospiti, prospettive.

IMMaginario Festival

IL BILANCIO Un ottimo bilancio, in termini di quantità e qualità, per l'edizione 2015 di IMMaginario, (non) Festival dedicato ai nuovi linguaggi del cinema, della tv, della radio e dei social media che si è tenuto a Perugia fino a domenica 8 novembre. «La razionalizzazione del programma – ha spiegato il direttore artistico Alessandro Riccini Ricci – ci ha permesso di ottimizzare al meglio le risorse disponibili, e ha reso ancora più evidenti i percorsi che stiamo portando avanti». Ovvero incontri con personaggi del mondo della cultura italiana e momenti formativi e laboratoriali che guardano al futuro dell'innovazione e della creatività declinata in impresa. Con un'attenzione particolare per le giovani generazioni.

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UNO SGUARDO VERSO IL FUTURO A margine della manifestazione è stata colta subito l'occasione per delineare le prospettive future di un progetto nato anni fa come festival di Cinema e poi evolutosi nel corso del tempo con contaminazioni pop (radio, televisione web) fino ad imboccare sempre più la strada della formazione. «Possiamo annunciare – sottolinea Riccini Ricci – che questa è stata l'ultima edizione del festival IMMaginario così come l'abbiamo conosciuto finora: da adesso in avanti lavoreremo per farlo diventare un laboratorio permanente che, durante il corso dell'anno, proponga appuntamenti formativi e progettuali con un'alta densità di contenuti». IL “MORLACCHI” STRAPIENO Tornando a ciò che è stato IMMaginario 2015, ultima edizione che ha mescolato spettacolo e creazione, il colpo d'occhio del Teatro Morlacchi è stato sufficiente per dare la misura del successo di una manifestazione che, anche quest'anno, si è confermata di grande appeal per la cittadinanza, grazie a una programmazione che ha tenuto insieme produzioni tradizionali e innovative. Ecco così il sold-out per lo spettacolo di Federico Buffa sulle Olimpiadi del '36, il pienone e le lunghe file per gli incontri con Antonio Albanese e la Gialappa's, e il grande interesse per Matteo Garrone e Saverio Costanzo (arrivato a Perugia – gradita sorpresa – insieme all'attrice Alba Rohrwacher, protagonista del suo ultimo film). UMBRIA CREATIVA E SPAZIO KIDS Gli incontri, i workshop e i laboratori del progetto Umbria Creativa «sono stati momenti 'del fare' – prosegue Riccini Ricci – e dai tavoli sono uscite idee e proposte progettuali concrete su cui lavorare nei prossimi mesi. Siamo soddisfatti della partecipazione di tanti soggetti': giovani start up, imprenditori, esperti, studenti, che si sono confrontati con proposte concrete. Sono nati network che presenteranno nuovi progetti. Un bilancio che, anche per Umbria Creativa, unisce quindi qualità e concretezza, con tanti spunti operativi su cui lavorare sin da subito. Infine, grande soddisfazione anche per i tanti bambini che hanno popolato la Rocca Paolina e lo “Spazio kids” del festival, con laboratori, giochi intelligenti e di abilità.

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INSIEME A TE foto Emanuele Vanni - servizio mokacomunicazione / Francesco Talamelli

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Lei: orecchini in argento con ciondoli, collana in argento con ciondoli, campanelle in argento e smalti, bracciale rigido in argento, bracciale con ciondoli campanelle in argento, anello fascia in argento, anello con campanelle in argento tutto CHANTECLER. Lui: collana rosario in argento e onice Tuum, anello in argento Tuum, bracciale rigido in argento Tuum, orologio Daniel Wellington. (tutto Gioielleria Chiatti). Make up: La Pin-UP. Hairstyle: Colpi di Testa. Cuscini, Biancheria e materasso: Andrea Vandini.

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Lei: collana e bracciale a piÚ fili in onice nero e perle barocche bianche Rayola, orecchini con perla barocca Rayola, bracciale a 3 fili con perle colorate Rayola, bracciale a rondelle in argento con perla barocca, anello in oro rosè con perla mabe e spinelli neri, anello in oro bianco con perle e diamanti Salvini (tutto Gioielleria Chiatti). Make up: La Pin-UP. Hairstyle: Colpi di Testa. Cuscini, Biancheria e materasso: Andrea Vandini.

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Lei: bracciali morbidi e rigidi componibili con monete in argento Civita by Queriot, anelli in argento con onice nero e agata bianca Queriot. Lui: orologio in legno Sector, bracciali in argento con cordino componibili Civita by Queriot. (tutto Gioielleria Chiatti). Make up: La Pin-UP. Hairstyle: Colpi di Testa. Cuscini, Biancheria e materasso: Andrea Vandini.

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Lei: collana con ematite e perle barocche grigie Rayola, orecchini in argento con ematite perle e onice, bracciale in argento con madreperla bianca e grigia, anelli in argento onice nero e perle, bracciale in argento con onice nero e perle tutto Ziio (tutto Gioielleria Chiatti). Make up: La Pin-UP. Hairstyle: Colpi di Testa. Cuscini, Biancheria e materasso: Andrea Vandini.

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Lei: girocollo multifili in oro bianco con centrale in diamanti bianchi e brown Rayma. Orecchini e bracciale stile liberty in argento con zirconi, bracciale rigido in argento con zirconi, anello stile liberty con zirconi, tutto APM Monaco (tutto Gioielleria Chiatti). Make up: La Pin-UP. Hairstyle: Colpi di Testa. Cuscini, Biancheria e materasso: Andrea Vandini.

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Lei: girocollo, bracciali e anello con amazonite, avventurina, onice, giada e crisoprasio in argento. Tutto Ziio Lui: bracciali in pelle e argento Tuum, anello fascia Tuum in argento, orologio Daniel Wellington (tutto Gioielleria Chiatti). Make up: La Pin-UP. Hairstyle: Colpi di Testa. Cuscini, Biancheria e materasso: Andrea Vandini.

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ph:Matteo Brodi

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EMI L I A NARDI LA REGINA DEL ROSSO


«Era il 1958 quando suo padre Silvio Nardi, imprenditore nel settore della meccanica agricola in Altotevere, fece uscire dalle cantine della tenuta di Casale del Bosco la prima bottiglia di Brunello. Montalcino era ancora un piccolo paese sconosciuto. Nel 1985 entra in azienda Emilia Nardi, la figlia più piccola, che dal 1990 gli subentra nella direzione. Insieme ai fratelli, decide di introdurre radicali cambiamenti nel processo di produzione del vino e nella conduzione aziendale: dà il via alla ristrutturazione sia dei vigneti che della cantina, scegliendo di affiancare alla tradizione la ricerca scientifica. Tenute Silvio Nardi, con i suoi 36 vigneti, oggi è una delle 100 migliori aziende italiane selezionate da Wine Spectator per Operawine e a guidarla è proprio lei.

tutto nel fare delle scelte che coinvolgono anche altre persone». La soddisfazione maggiore? «È questa: pur essendo 'figlia di papà' l'azienda è cresciuta tanto. Ha prodotti nuovi e i suoi redditi dopo 30 anni sono cresciuti quindi non l'ho solo ereditata». Qual è la situazione dei vini italiani nel mondo? E quali sono i nuovi mercati? «L'Asia e l'Oceania sono i mercati dove si deve crescere di più, non con grandi numeri, ma la percezione del vino italiano si sta affermando. C'è stata molta frammentazione nella promozione dei vini nazionali che non sempre sono conosciuti, ma noi abbiamo tanti tipi di vino, cosa che altri paesi non hanno».

di Cristina Crisci

Emilia, dal 1985 è alla guida dell'azienda di famiglia a Montalcino. Com'è iniziata questa carriera di imprenditrice del settore vini? «Essendo un'azienda di famiglia, parlare di carriera è difficile, comunque tutto è iniziato un po' per caso: la segretaria si era rotta una gamba e io fui incaricata di sostituirla, poi ci sono rimasta. Avevo comunque già un grande amore per la campagna, il vino è affascinante e può catturare l'attenzione anche di una ragazza di 20 anni qual ero io allora... inoltre mi ha dato l'opportunità di viaggiare e avendo fatto il liceo linguistico tutto ciò mi si adattava benissimo». La difficoltà più grossa che ha dovuto affrontare? «Il senso di solitudine, un imprenditore e un amministratore di un'azienda molte volte si sente solo, soprat-

Donne, imprenditoria, Italia centrale: quali sfide da vincere? «Io vengo dagli anni 70-80 quando c'è stato un forte affrancamento della posizione femminile nel mondo. Attualmente noto un passo indietro verso un impoverimento di valori. Sulle sfide future: non vorrei che tutti questi show che mettono al centro solo la bellezza poi provochino un deperimento della donna-persona nella sua completezza».

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ph:Bruno Bruchi

Ad una donna che aspira a diventare imprenditrice di successo cosa consiglia? ÂŤDi essere seria e di porgersi come tale, non usare la propria femminilitĂ , ma la testaÂť 54


La crisi in Italia: secondo lei la ripresa è vicina? «Io penso che l'Italia debba ancora affrontare troppi argomenti. Secondo me occorre liberalizzare maggiormente il lavoro, la riforma del Governo è stata importante, ma in fondo ha chiosato male e oggi la situazione è che gli imprenditori non se la sentono più di assumere le persone a tempo indeterminato. Ci sono troppe sovrastrutture». Vigne e produzione di vini in Altotevere: ci ha mai pensato? «L'Altotevere ha una vocazione più da vini bianchi e soprattutto quella per il vin santo che è molto naturale. Noi non lo escludiamo, ma per ora siamo concentrati su Montalcino». Lei si è mai sentita discriminata in campo lavorativo solo per il fatto di essere donna? «Sì, un sacco di volte». La sua esperienza al servizio dei cittadini con un impegno a livello istituzionale: è possibile o solo utopia? «Io penso che la carriera di un imprenditore si completa proprio nell'essere al servizio della comunità. A livello istituzionale e politico invece no, non è per me. Nel gestire l'azienda si acquisisce un carattere diretto e poco diplomatico che mal si confà alla politica italiana». Il suo vino preferito? «Oltre al mio che faccio e che mi costa troppa fatica per goderlo in santa pace... un buon Chianti profumato di giaggiolo lo apprezzo sempre con molta piacevolezza». Vicino ad una bottiglia lei cosa ci mette? «L'amicizia e la convivialità». Ad una donna che aspira a diventare imprenditrice di successo cosa consiglia? «Di essere seria e di porgersi come tale, non usare solo la propria femminilità, ma la testa». Emilia Nardi fuori dall'azienda: come trascorre il tempo libero? Quali sono le sua passioni? «Attualmente sono molto impegnata col Rotary Club di Città di Castello (del quale è presidente, ndr). Sono un'amante del giardinaggio, leggo moltissimo, mi piace vivere la campagna e ascoltare musica».

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EMILIA NARDI

the Queen of

RED WINE 56


It was 1958 when her father Silvio Nardi, entrepreneur in the mechanical agricultural sector in the Upper Tiber River Valley, produced the first bottle of Brunello from the winery of the Casale del Bosco. Montalcino was still a small, unknown village. In 1985 Emilia Nardi began working in the company, the youngest daughter, and she began working in management in 1990. She, together with her brothers decided to introduce radical changes in the wine production process and in the company management: she gave the go-ahead to begin restructuring the vineyards and the winery, choosing to use tradition together with scientific research. The winery Silvio Nardi with its 36 vineyards is a leading company today and the head of the company is Emilia. by Cristina Crisci Emilia, you’ve been the leader of this company in Montalcino since 1985. How did this career as entrepreneur in the wine business begin? «Being a family company, it’s hard to talk about career, however it all started by chance: the secretary broke a leg and I was given the job of taking her place, then I stayed. I had already developed a great love for the countryside, wine is fascinating and can even capture the attention of a 20-year-old girl, which I was at the time… besides that, it gave me the opportunity to travel and since I had studied at a linguistics secondary school it all fit me well». The biggest difficulty that you have had to face? «The sense of loneliness, an entrepreneur and an administrator of a company often feels alone, especially when making choices that involve other people». Your biggest satisfaction? «It is this: even though I am my father’s daughter, the company has grown a lot. It has new products and its earnings after 30 years have grown, so I haven’t just inherited it». What’s the situation like for Italian wines in the world? And what are the new markets? «Asia and Oceania are the markets where we need to grow more, not with high numbers but the perception of Italian wines is establishing itself. There has been a lot of fragmentation in the promotion of national wines that are not always well known, but we have many kinds of wine, something that other countries don’t have». Woman, entrepreneur, central Italy: which challenges do you want to win?

«I come from the 70s and 80s when there was a strong emancipation of the female role in the world. At the moment I see a step back. About future challenges: I hope that all these shows that put beauty at the centre don’t stir up a deterioration in the woman-person in all her completion». The crisis in Italy: in your opinion are we close to recovery? «I think Italy still has to face too many topics. In my opinion we need to free work much more, the reform of the government was important, but at its base it was poorly interpreted and today the situation is that the entrepreneurs don’t feel like they can hire anyone with a permanent contract. There are too many super structures». Vineyards and wine production in the Upper Tiber River Valley: did you ever think? «The Upper Tiber River Valley has a natural vocation for white wines and especially for vin santo (sweet wine). We don’t exclude this but for now we are concentrating on the Montalcino». Have you ever felt discriminated against in the working sector, for the sole reason of being a woman? «Yes, plenty of times». Your experience to serve citizens with a commitment at an institutional level: is it possible or is it only utopia? «I think that a career as an entrepreneur is complete when you are at the service of the community. However, at an institutional and political level no, it’s not for me. When you manage a company you need to be a direct person, and not very diplomatic; it’s something that does not conform to the Italian political situation». Your favourite wine? «Apart from the one I produce and which costs me too much effort to enjoy it in peace… a good Chianti with flavours of iris is one I appreciate with much enjoyment». What do you put next to that bottle of wine? «Friendship and conviviality». To a woman who desires to become a successful entrepreneur, what do you advise? «To be a serious woman and to express yourself as such, don’t use your femininity but your head». Emilia Nardi, outside of the office: how do you spend your free time? What are you passionate about? «Right now I am very involved with the Rotary Club of Città di Castello (of which she is president, editor’s note). I love gardening, I read a lot, I like living in the countryside and listening to music».

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foto: Facebook/guggenheim

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BURRI AL GUGGENHEIM:

IO C'ERO di Elisa Mambrini

Non poteva che essere il Solomon R. Guggenheim Museum di New York la cornice d'eccezione per onorare al meglio il nome di Alberto Burri oltreoceano, in occasione delle celebrazioni del centenario della sua nascita. “The Trauma of Painting” infatti si preannuncia come la maggiore e più completa retrospettiva dedicata all’artista negli Stati Uniti. Ho avuto la possibilità di partecipare all'opening della mostra e già quando si arriva l'emozione è amplificata dal trovarsi di fronte uno dei musei d'arte contemporanea più belli al mondo. Non solo per il suo contenuto ma per la sua architettura meravigliosa, fatta di volute bianche che si allargano verso il cielo, in una spirale perfetta. Piccolo tra i grattaceli ma immenso nella sua bellezza, il museo è opera di Frank Lloyd Wright, icona e capolavoro dell'architettura contemporanea. Basterebbe già questo per sentirsi orgogliosi. Il nostro patrimonio "familiare" prima ancora che artistico e culturale è lì dentro e farà mostra di sé fino a gennaio 2016.

espositivo ci si può sedere in enormi cuscini per realizzare insieme agli addetti museali, piccole combustioni e sacchi. È una rassegna ampia, che copre gli anni dell’intera carriera dell’artista, includendo tutte le tipologie di supporti espressivi utilizzati. Una mostra sulla materia e sul sentire, sul trauma del dopoguerra europeo e personale dell'artista, ma anche sull'immediatezza delle emozioni dello spettatore. Emozioni trasparenti come plastiche, altre volte bianche come vesti, altre calde come i legni. Una mostra “meta-contemporanea”, che per il suo contenuto sembra pensata oggi, per quanto attuale: così d'impatto scenico e allo stesso tempo essenziale. Una mostra che, dovrebbe renderci orgogliosi di essere tifernati e di mostrare al mondo il nostro più bel capolavoro: il maestro Alberto Burri.

Il nome di Burri campeggia nella rotunda, nero su bianco, che già sembra anticipare il piglio elegantissimo con cui la mostra è stata allestita. È un succedersi lento e ben scandito di opere, molte sconosciute anche a noi tifernati perché di proprietà di collezioni private e gallerie. Provengono non solo dall’Italia o dall’Europa, ma anche dagli Stati Uniti dove agli inizi degli anni cinquanta, il giovane Burri espone con mostre collettive e personali ottenendo un immediato riconoscimento. Sarà per questo che le opere sembrano così bene inserite in questo contesto newyorkese, come se ci fossero sempre state, o come se gli americani lo conoscessero profondamente da sempre. Le opere esposte sono cento tra Catrami, Muffe, Gobbi, Bianchi, Legni, Ferri, Combustioni plastiche, Cretti e Cellotex. In una sala si può assistere alla proiezione di un documentario speciale sul Cretto di Gibellina e nel percorso

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BURRI at GUGGENHEIM:

I WAS THERE. by Elisa Mambrini

It could only be New York’s Guggenheim Museum - the best setting in which to honour the name of Alberto Burri overseas, for the celebrations of the centenary of his birth. The Trauma of Painting promises to be the largest and most comprehensive retrospective of the artist in the United States. I was lucky enough to participate at the opening of the exhibition, at which the excitement is heightened by being faced with one of the world’s most beautiful museums of contemporary art; not only for its contents but for its wonderful architecture; white swirls stretching into the sky in a perfect spiral. Though small amongst the skyscrapers but immense in its beauty, the museum is the work of Frank Lloyd Wright, icon and master of contemporary architecture. This alone would be enough to make you feel proud. Our ‘family’ heritage, (even before the artistic and cultural one), is in there and will be on show until 6th January next year. The name of Burri on the rotunda, black on white, seems to anticipate the elegant presentation of the exhibition. It’s a slow and well-articulated succession of works, many of which

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are unknown to us in the Tiber Valley, as they belong to private collections and galleries. They come not only from Italy or Europe, but also from the United States where, at the beginning of the Fifties, the young Burri exhibited in solo and group exhibitions, obtaining immediate recognition. Perhaps this is why the works seem so well suited to this New York context, as if they had always been here, or as if Americans had always known him. There are 100 of his pieces on display from the Tars, Moulds, Gobbi (hunchbacks), Whites, Woods, Irons, Plastic Combustions, Cretti and Cellotex series of works. In one room you can watch a screening of a documentary special on Cretto Gibellina and throughout the exhibition you can sit on huge cushions to achieve, along with museum staff, little combustioni and sacchi. It’s a comprehensive review, covering the artist’s entire career and all the types of media he used. It’s an exhibition of materials and feelings, of both the European post-war and artist’s personal traumas, but also of the immediacy of viewers’ emotions. Emotions like transparent plastic, at times white like garments, or hot like wood. It’s a ‘meta-contemporary’ exhibition, which from its contents seems current designed for today; an exhibition that should make us proud to be Tifernate* and to show the world our most beautiful masterpiece Maestro Alberto Burri. *Those who live in the Upper Tiber Valley


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Stefano Zorzi

Burri vuota il sacco di Cristina Crisci

Notoriamente schivo a parlare con i giornalisti ai quali abitualmente diceva: «Per me parlano le mie opere», di Alberto Burri restano pochissime dichiarazioni. In questo vuoto assume particolare importanza la nuova ristampa «Burri vuota il sacco» (edito da Silvana) che raccoglie un ciclo di interviste rilasciate nel 1994 a Stefano Zorzi. Per lui, appassionato collezionista e amico dell'artista, il maestro ruppe un silenzio durato circa trent'anni decidendosi finalmente a parlare del suo lavoro e del suo mondo. Il volume, (già edito da Allemandi sotto il titolo «Parola di Burri»), sarà corredato da immagini fornite dalla Fondazione Burri di Città di Castello. Ce ne parla lo stesso autore, Stefano Zorzi. Nel suo libro lei raccoglie alcune rarissime interviste rilasciate da Alberto Burri, notoriamente schivo a parlare con giornalisti e critici. Perchè una sola lunghissima intervista rilasciata a lei? «Posso solo dire che Burri era persona che conoscevo fin da bambino, con la quale avevo un'antica frequentazione. Nel libro tra l'altro compare una foto del piccolo cretto realizzato su un pezzetto di asfalto che mi aveva donato quando avevo solo 5 anni. Questa intervista la volle come traccia del suo pensiero proprio perchè non ne aveva mai rilasciate altre che non fossero del tutto episodiche. Mi disse: i giornalisti scrivono quello che vogliono e dei critici si capisce poco...». In che occasione ebbe modo di intervistarlo? «La lunga intervista nacque da un incontro a Beaulieu in Francia nell'inverno dell'anno prima che lui mancasse. Io ero di passaggio in Costa Azzurra e lo passai a salutare. Iniziammo allora a parlare di questa cosa, poi, resomi conti di quanto gli stesse a cuore, tornammo sull'argomento e cominciammo il nostro lungo colloquio che richiese diversi viaggi sia a Beaulieu che a Città di Castello. Fu un procedere lento nel corso del tempo». Nel volume si parla anche della vita del maestro Burri: cosa emerge? «Inizialmente ho lasciato parlare Burri della sua vita, la sua storia è quella di un medico che nel campo di concentramento inizia a dipingere e diventa un grande artista, con diversi fatti relativi a Città di Castello in quegli anni, la madre, gli studi universitari, il campo di concentramento, l'inizio delle frequentazioni romane, fino all'affermarsi dei

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suoi quadri sul mercato, ma tutto ciò era già stato raccontato dai giornali e dai libri su di lui. Non riuscivo a trovare una quadra. Io volevo stanare il 'Burri pensiero'. e così mi è venuta in mente l'idea di leggergli pezzi di critica scritti su di lui per fargli avere una sorta di diritto di replica. Ormai era giunto all'apice della sua parabola artistica e aveva lasciato tutto il suo spazio alla critica affinchè potesse fare il suo corso senza interferenze o ulteriori spiegazioni. Questo finalmente lo rese molto più "animato" nelle risposte dove finalmente si incontra il pensiero dell'uomo e la forza della sua arte». Com'era Burri nel privato? «Carismatico, ma simpatico e alla mano al tempo stesso, la sua semplicità era il punto di arrivo di un percorso molto ampio... lo ricordo con la sua sahariana e un modo di ragionare che era sempre tagliente, aveva un grande senso della dignità, mal sopportava comportamenti poco dignitosi e poco rispettosi dei valori. Un senso etico fortissimo che non consentiva sconti e il suo senso dell'umorismo arrivava a volte a sfiorare il cinismo». Le celebrazioni per il Centenario della nascita del maestro Burri: cosa promuove e cosa boccia? «Non ne so molto. Non so darle un giudizio, ma non ho visto granchè in giro... sono molto felice per la ricostruzione del suo "teatro continuo" a parco Sempione a Milano, ma è stata un'iniziativa privata.. Bellissima anche la grande antologica di New York al Guggenheim, che però mi dicono ha lavorato in grande autonomia». Il ricordo più bello che ha di lui? «La sua risata... un vero epitaffio a tante supponenze».

Burri vuota

il sacco

(BURRI EMPTIES THE SACK) Notorious for avoiding talking to journalists to whom he would habitually say: «My works speak for me about», Alberto Burri there are few declarations left. In this emptiness the new re-printing of "Burri vuota il sacco" (edited by Silvana) takes on a particular importance as it is a series of interviews left to Stefano Zorzi in 1994. For Zorzi, a passionate collector and friend of the artist, the maestro broke the silence that had lasted 30 years, deciding finally to talk about his work and his world. The volume (already edited by Allemandi with the title "Parola di Burri" (Word of Burri) will be complete with images provided by the Fondazione Burri of Città di Castello. We spoke with the author Stefano Zorzi.

In your book you have gathered some very rare interviews left to you by Alberto Burri, who notoriously avoided talking to journalists and critics. Why then, one very long interview released to you? «I can only say Burri was a person that I knew since I was a child, with whom I used to spend time. In the book, among other photos, there is a picture of a small crack (cretto) that he had made on a piece of asphalt that he had given to me when I was only five years old. He wanted this interview as a trace of his thoughts just because he had never released other ones that weren’t completely occasional. He told me the journalists write what they want and from the critics you can’t understand much». On which occasion did you have the chance to interview him? «The long interview originated from a meeting in Beaulieu in France, during the winter the year before his departure. I was travelling by the French Riviera and I stopped to say hi to him. We started talking about this thing, then understanding how much this was on his heart, we can back to it and we started our long conversation which required several trips to Beaulieu and to Città di Castello. We progressed slowly in the course of time». In the volume you also speak about the life of Maestro Burri: what comes out of it? «Initially I let Burri talk about his life, his story and the story of a doctor who in a concentration camp began painting and became a great artist, with several relevant facts about Città di Castello in those years, his mother, his university studies, the concentration camp, the beginning of his visits to Rome, up to the affirmation of his paintings on the market, but all these things had already been told by the journalists and the books about him. I did not manage to find a general picture. I wanted to drive the Burri thought out of him and so the idea came to my mind to read pieces written by critics about him in order to let him to have the right to reply. By then he had reached the peak of his artistic apex and he had left space for the critics so that it could take its course without interference or ulterior explanations. This in the end made him much more animated in his answers where finally the thought of the man and the strength of his art meet». How was Burri in private? «He was charismatic, but pleasant and easy-going at the same time, his simplicity was the arrival point of a very vast path... I remember him with his bush jacket and a way of thinking which was always sharp, he had a great sense of dignity, he wouldn’t tolerate behavior that was not dignified or without respect for values. He had a strong sense of ethics that would not allow for anything less and his sense of humor would sometimes almost touch on cynicism». The celebration of the centennial of the birth of maestro Burri: what does it promote and what does it reject? «I don’t know much about it. I can’t judge, but I haven’t seen much around... I am really happy for the reconstruction of his “continuous theatre” at Sempione Park in Milan, but it was a private initiative. The great anthology at the Guggenheim in New York is also beautiful, but they tell me that they also worked autonomously». The nicest memory you have of him? «His laugh... a true epitaph with many conjectures».

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È

stato un vero successo «La ballata delle acciughe», lo spettacolo con protagonista Dario Vergassola organizzato dal Kiwanis tifernate a favore di famiglie indigenti del territorio al Teatro degli Illuminati di Città di Castello: «Un

obiettivo pienamente raggiunto - ha confermato in aper tura di serata il presidente Lucio Lelli - che avrà con ogni probabilità un seguito». Presentato da Marco Mariucci, accompagnato ai clarinetti da Fabio Battistelli e alla chitarra da Giovanni Seneca, il

La «Ballata delle acciughe» è il primo libro interamente suo da cui ha tratto lo spettacolo… «Per questo sono stato attento a non fare porcate, del resto morto Garçia Marquez, mi sono messo a scrivere io! In genere ne traggo un reading con Davide Riondino inframmezzato a musiche evocative di certe situazioni (Hendrix, Veloso, Crosby, Still & Nash); a Città di Castello la parte musicale è stata affidata a Battistelli e Seneca».

Il cabaret oggi: quali prospettive? «È un genere in rovina anche perché il pubblico ha preso troppe fregature. Purtroppo oggi la Tv non esiste più, contano solo le botte di culo sotto forma di tre agenzie che comandano tutto (libri, film, TV) e se non sei nei loro giri sei fottuto».

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Da Gaber a Jannacci suoi maestri: chi l’ha più influenzata e chi sono oggi i talenti del genere?

comico ligure si è prodotto in un’incalzante raffica di battute, riprese dall’omonimo libro di cui è autore, improvvisazioni, reading, cabaret e performance in libertà. di Massimo Zangarelli

«Con Jannacci ho vissuto un anno intero in teatro, mi ero affezionato a lui e ne serbo un gran ricordo; Gaber l’ho conosciuto a un festival a Venezia dove io ero l’operaio e le star erano Benigni e Grillo, lui si divertiva a venirmi a vedere quando recitavo con la Dandini… Oggi ritengo un personaggio unico Paolo Rossi, mentre sono molto legato a Riondino che possiede una grande tecnica teatrale anche nell’improvvisazione».


Appunto con Riondino rivisitate a modo vostro grandi classici quali Cervantes, Flaubert, Dumas… «L’Ottocento fornisce spunti di grande attualità, come proprio nella 'Traviata delle Camelie', viaggio tra musica e letteratura da Verdi a Dumas dove io cazzeggio e Riondino fa cultura». Sono più comici i nuovi comici o il presidente della sua Sampdoria Ferrero? «Lui è esattamente come lo si vede e ha il merito che non si era mai parlato tanto di Samp come da quando c’è lui. Più forte di lui c’è solo lui e infatti batte in comicità la stessa imitazione di Crozza, ma in un mondo di paraculi è tutto normale!».

L

a «Ballata delle acciughe» (The anchovies’ ballad), starring Dario Vergassola and organized by Kiwanis as a benefit for impoverished local families at the Teatro degli Illuminati in Citta di Castello, was a huge success. At the show’s opening President Lucio Lelli stated “its aims had been fully realized and a follow-up was likely”. The show was presented by Marco Mariucci, accompanied by Fabio Battistelli on clarinet and guitarist Giovanni Seneca, and the Ligurian comedian produced a relentless barrage of jokes, taken from his book, improvisation, readings, cabaret and free performance.

by Massimo Zangarelli La ballata delle acchiuge is the first book that’s entirely yours from which you’ve drawn for the show... «That's why I was careful not to

write rubbish, now that Garçia Marquez has passed away, I can start to write! Usually I do a reading with Davide Riondino interspersed with music evocative of certain situations (Hendrix, Veloso, Crosby, Stills & Nash); in Città di Castello I entrusted the music to Battistelli and Seneca». What prospects do you think cabaret has these days? «It’s a genre in ruins because the public has been disappointmented too often. Unfortunately, good TV no longer exists, the only thing that counts is ‘luck’ with the three agencies that control everything (books, movies and TV), and if you're not in with them you're fucked». Your teachers ranged from Gaber to Jannacci. Who do you think has had the most influence on you, and who do you think are today’s talents? «I lived for a whole year in the theatre with Jannacci, I was fond of and have great memories of him. I met Gaber at a festival in Venice where I was the worker and Benigni and Grillo were the stars; he enjoyed

coming to see me when I acted with Dandini. Today I feel Paolo Rossi is a unique character, while I am very attached to Riondino who has a great technique in both theatre and improvisation». With Riondino you have revisited great classics such as those of Cervantes, Flaubert and Dumas in your own particular style... «The nineteenth century provides timely insights, like in 'Traviata of the Camellias', I journey through music and literature from Verdi to Dumas where I mess around and Riondino creates culture». Who is funnier - the new comedians or the president of your Sampdoria Ferrero? «He’s exactly as you see him and in his favour he’s never spoken much about Samp since he was there. The only person better than him is.... him, and his imitation of Crozza is when he’s at his funniest...but in a taking the piss way – it’s perfectly normal».

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backstage

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Staccano dal lavoro, chiudono manuali e dispense dell'Università, salgono in macchina e da varie zone dell'Altotevere si ritrovano al centro sportivo Graziano Marcucci di Spedalicchio, nel comune di Umbertide. Entrano negli spogliatoi, s'infilano divise, casacche, calzettoni, scarpe da calcetto e via un paio d'ore d'allenamento. Sono le ragazze del Wood Women Futsal CF5 (prima serie calcio a 5 femminile UISP), allenate da Alessandro Moretti che, incuranti di freddo e pioggia, sfidano il meteo e la consuetudine di uno sport relegato all'universo maschile per mettersi in discussione. Lo fanno con convinzione e naturalezza da più di un anno. di Marco Polchi Ragazze qual è la storia di questa squadra? «È nata l'anno scorso, quando tre di noi hanno lasciato un'altra realtà sportiva del settore. Abbiamo contattato il Wood Pub di Umbertide nel caso fosse disponibile a darci una mano come sponsor, quindi ci siamo messe alla ricerca di un allenatore disposto a farci da mister e non è stato facile. Alcune di noi già giocavano e da qui siamo partite; all'inizio eravamo veramente in poche, poi con il passaparola e grazie a un annuncio su Facebook si sono unite altre ragazze e abbiamo formato il team». È vero che l'anno scorso vi siete iscritte al campionato l'ultimo giorno disponibile? «Sì, la stagione passata è andata così, ci siamo iscritte la sera prima! Però volevamo partecipare a tutti i costi al torneo». Ah, determinate! È stato difficile all'inizio... «Esatto anche perché avendo composto la squadra in fretta e furia abbiamo anche iniziato in ritardo gli allenamenti e la preparazione atletica: però c'è da dire che siamo cresciute piano piano tutte insieme e chi era più preparata ha aiutato le altre». Nel logo della squadra c'è un Panda: da cosa deriva? «Il significato è abbastanza simpatico e curioso. L'abbreviazione di Wood Women Futsal è WWF come l'organizzazione per l'ambiente che ha come simbolo quell'animale...

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ci piaceva! Non era chiaro?». Perché delle ragazze come voi si avvicinano al calcio, in questo caso al futsal?* «Girl power, caro (sorridono, ndr)! A parte gli scherzi, noi lo facciamo semplicemente per divertimento al di là dei risultati, per fare sport, stare in movimento e sperimentare un ambito non proprio femminile. Ci piace trascorrere del tempo insieme in questo modo, giochiamo a calcio a cinque anche per amicizia, poi è chiaro che qualche maschio in casa un po' di passione ce l'ha trasmessa...». Spesso si dice che le donne non sappiano far gruppo, voi invece sembrate molto unite. «È così, davvero. Nella passata stagione ad esempio è stato il gruppo a tenerci insieme e a darci la forza di continuare, in modo particolare quando il nostro allenatore si è infortunato, pure lui giocando a pallone! Spesso è così: succede che le donne non sappiano essere affiatate, ma non è il nostro caso. Noi siamo amiche prima di essere compagne di squadra». Ma il calcio, in generale, lo seguite? «Macché! Solo a volte, quando giocano i nostri amici o fidanzati». Ecco, i vostri fidanzati che dicono? Tifano? «Certamente, ci sostengono, vengono alle partite. Anche se qualcuno ci chiede perché non facciamo danza!». Quindi vi fa arrabbiare più una sconfitta o il vostro ragazzo che non vi porta a cena fuori? «Forse il fidanzato... (ridono e ognuna risponde a modo suo, ndr). Mah, al di là di tutto, solitamente per una sconfitta non ce la prendiamo, anche se dipende da come viene. Dispiace sempre, ma se ci siamo impegnate al massimo anche una sconfitta ci può stare». Cosa dite a una vostra compagna che non vi passa la palla e siete libere davanti al portiere? «Parole irripetibili! Chiaro che una si arrabbi, una volta è successo anche di discutere mentre le altre continuavano a correre... ma è normale che ci si agiti, poi finisce tutto. La cosa più fastidiosa è pero quando in partita non riusciamo a fare quello che proviamo in allenamento». Casa o discoteca? «casa della Lavinia a giocare a Tabù!». E allora: tacchi o tacchetti? «Beh, tacchi; e poi tacchetti. Siamo sempre donne!» * Il Futsal è un tipo di calcio a 5.


They finish work, close up manuals and put away university handouts, climb into the car and from all over the Upper Tiber Valley come to meet up at the Marcucci Graziano sports centre, in Spedalicchio, Umbertide. In the locker room, they slip on kit, socks and football boots and train for a couple of hours. They are the ladies of the Wood Women Futsal CF5 team, coached by Alessandro Moretti, who regardless of the cold and rain defy the weather and the determinedly male dominated sport, which they’ve been doing for over a year with conviction and ease. by Marco Polchi Ladies, how did you come to start this team? «It started last year, when three of us left another area of the sports sector. We contacted the Wood Pub in Umbertide to see if it were available to help us out as a sponsor, and then started looking for a coach willing to work with us; which wasn’t easy. Some of us already played and we started from there; at first there weren’t many of us, but through word of mouth and an advert on Facebook, other girls joined and the team was born». Is it true that last year you entered the championship on the last day possible? «Yes, last season came and went, so we applied the night before! But we wanted to be in the tournament at all costs». Was it difficult at first? «It was. We put the team together in a hurry and also started workouts and training late. However, we should say that we progressed together, bit by bit and those who were more prepared helped the others». How come the team logo is a panda? «The meaning is interesting and quite nice. The abbreviation of Wood Women's Futsal is WWF, like the environment charity with the panda logo... we liked that! Isn’t it obvious?».

What are ladies like yourselves doing playing football, in this case futsal*? «Girl power, dear! (smiling, Ed.) Joking aside, we do it just for fun beyond the results, to play sport, to be active and to experience an environment that’s not normally for women. We like spending time together this way, we play five a-side for friendship and it’s also clear that some of the men at home have shared a bit of their passion for the game...». It’s often said that women don’t know how to ‘do’ groups, but you seem very close. «That's true. Last season, for example, the group kept us together and gave us the strength to carry on when our coach was injured, (when playing football!) Often it’s true that women don’t know how to get on, but not in our case. We are friends before we’re teammates». Do you follow football in general? «Of course not! Only occasionally when our friends or boyfriends play». What do your boyfriends say? Do they support you? «Certainly, they support us and come to matches. Even if someone asks us why we’re not doing dance instead». What annoys you more, a defeat or your boyfriend not taking you out to dinner? «Maybe the boyfriend... (they laugh and each has her own answer, Ed.) But, with regards to losing we take it, although it depends on how it happened. We never like it, but as long as we’ve played our best even a defeat can be tolerated». What would you say to a team member who doesn’t pass you the ball when you’re free in front of the goal? «Unrepeatable things! Obviously you get angry, and on occasion we’ve even been known to argue while the others carry on... but it’s normal to get wound up but then it's all over. The most annoying thing is when we don’t do the stuff we’ve been training to do in the actual match». Home or nightclub? «at Lavinia’s playing Taboo». Finally, heels or studs? «Well, heels and then studs. We’re still ladies!». *Futsal is 5 a-side football.

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WWF CALCIO A 5: Ilenia Finocchi, Ilenia Radicchi, Jessica Floridi , Ilaria Tironzelli, Ilaria Santarelli, Fabiola Ricci, Chiara Marziani, Giulia Beccatini, Sofia Beccatini, Lavinia Milli, Manuela Bazzurri, Benedetta Rossi Manager: Chiara Locchi PresidentE: GIACOMO Cavedon Coach: Alessandro Moretti

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Alessandro Bacchetta

«Così racconto il genio di Raffaello»

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Uno sguardo che studia, la parola sicura, una mano che danza: Alessandro Bacchetta, giovane fumettista tifernate, è tutto questo. In modo molto naturale, molto umile. Diplomato alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze e laureato in Lettere all’Università degli studi di Siena, ha già alle spalle una personale tenutasi nel Palazzo del Podestà di Città di Castello, svariate partecipazioni a concorsi di caratura nazionale, tra cui Lanciano nel Fumetto e il Lucca Project Contest, e "Una stanza tutta per tre", il suo primo romanzo a fumetti che gira attorno all’enigmatica figura della scrittrice Virginia Woolf. Ora, però, ecco un nuovo lavoro per Klener Flug su Raffaello Sanzio, di cui è pronto a parlare.

dimore da prendere in considerazione, è probabile che abbia cambiato più di una volta».

di Virginia Spantini

Da poco più di un mese è andato in stampa il tuo ultimo lavoro, “Raffaello”, dedicato al pittore rinascimentale; ce ne parli? «La graphic novel si concentra sull’artista urbinate ricostruendone la vicenda attraverso episodi della sua vita, privata e lavorativa, narrati da tre figure a lui care nel momento in cui stanno o hanno appena ricevuto la notizia della sua morte. In questo modo si ha il quadro del Raffaello che appare, gentile e ben amato, e il Raffaello più intimo, una persona passionale». Come nasce l’idea di rendere omaggio a Raffaello? «Sicuramente per il suo contributo alla nostra città. Finito il lavoro su Virginia Woolf, già avevo cominciato a maturare la volontà di progettare qualcosa su Raffaello; un pomeriggio di un giorno qualunque, grazie a una chiacchierata via Skype, scopro che il mio amico Alessio D'Uva aveva fondato una casa editrice, e che proprio il giorno prima aveva assegnato il capitolo della collana "Prodigi fra le nuvole" su Raffaello ad un altro. Poi per fortuna ci siamo risentiti nei giorni seguenti e ho iniziato a lavorarci io...». E fra le pagine c’è anche l’esperienza del giovane Raffaello a Città di Castello... «Sono riuscito a trovare un sacco di materiale di quel periodo: il nome del maestro che l’ha portato qui, il contratto, e fonti che attestano il suo rapporto con Francesco Tifernate. Ho anche cercato l’abitazione dove alloggiò, e ho scelto di mostrare quella in Via del Luna, anche per motivi affettivi, perché non troppo distante dalla casa dove è nato mio padre. Ci sono altre

Hai conseguito il diploma alla Scuola Internazionale di Comics, come ricordi quegli anni? «Una scuola fantastica, tre anni molto belli. Ho avuto come insegnanti dei docenti eccezionali, da cui ho imparato certamente la tecnica, ma che soprattutto mi hanno cambiato prospettiva: il mio obiettivo era quello di produrre illustrazioni e fumetti su commissione, e lasciare del tempo alla scrittura, con cui avrei raccontato le mie storie, magari pubblicando romanzi. Solo grazie a Paul Karasik, maestro alla Comics, che davvero personificava il fumetto, ho capito che avrei potuto unire le cose, migliorandole». Il tempo a nostra disposizione è finito e quello che era cominciato con una stretta di mano finisce con un abbraccio: «Ci rivediamo alla Mostra, dal 19 Dicembre alla Tela Umbra!».

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Alessandro Bacchetta

«The genius of Raphael my story» by Virginia Spantini

Alessandro Bacchetta is a young cartoonist from the Tiber Valley. He studies you with his look and his words are assured but he has a natural and humble way about him. He graduated from the International School of Comics in Florence and in Literature at the University of Siena, and has got a position at the Palazzo del Podesta in Città di Castello, several national competitions, (including Lanciano nel Fumetto and the Lucca Project Contest) and "Una stanza tutta per tre" , (his first graphic novel about the enigmatic figure of writer Virginia Woolf), under his belt. Now he’s working on a new job for Kleiner Flug about Raffaello Sanzio, and talks to us about it.

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Your latest work “Raffaello” went to press just over a month ago. Can you tell us a bit about it? «It’s a graphic novel that focuses on the artist from Urbino, reconstructing the story through episodes of his private and working life narrated by three figures close to him when they are getting or have just received the news of his death. This way you have a picture of Raphael who appears kind and well loved, as well as the more intimate Raphael, a passionate person». How did you get the idea of ​​paying homage to Raphael? «Certainly because of his contribution to our town. After the work on Virginia Woolf I’d already begun to develop an idea of designing something about Raphael. One ordinary day, thanks to a chat via Skype, I


Virginia e Alessandro: intervista con dedica! found out that my friend Alessio D'Uva had founded a publishing house, and that the day before he’d given a chapter of the series about Raffaello, "Prodigi fra le nuvole", to someone else. Fortunately, we spoke again over the next few days and I started working on it myself...». You also include the young Raphael’s experience in Città di Castello... «I managed to find a lot of material from that period; the name of the teacher who brought him here, the contract, and sources that confirm his relationship with Francesco Tifernate. I also looked for the house where he stayed, and I’ve chosen to depict that as in the Via del Luna, partly for emotional reasons because it’s not far from the house where my father was born. There are other houses to be taken into account, as he’s likely to have changed them more than once».

You graduated from the International School of Comics. What do you remember about those years? «It was a wonderful school and three wonderful years. I had exceptional teachers, from whom I certainly learned technique but above all who changed my perspective. My initial goal was to produce illustrations and cartoons on commission and allow some time for writing and telling my stories, perhaps through publishing novels. But thanks to Paul Karasik, the Scuola Internazionale di Comics’ maestro who really personified cartoons and graphics, I realized that I could combine these things, improving them». Our time is limited and what started with a handshake ends with a hug and: «See you at the exhibition in December!».

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COM'È BELLO SPOSARSI IN ALTOTEVERE!

Sono sempre molte le coppie che scelgono di sposarsi tra le splendide colline a cavallo tra Umbria e Toscana. E sono sempre tanti i cittadini stranieri che vengono catturati dalla bellezza di dimore storiche e chiese dell'Altotevere, così come dalla gustosa enogastronomia che la tradizione umbra può offrire. Per questo, The Mag ha deciso di seguire uno dei matrimoni più eleganti ma allo stesso genuini avvenuti nella scorsa stagione estiva. Un autentico “english-italian wedding”!

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HOW LOVELY TO GET MARRIED IN THE UPPER TIBER VALLEY!

They are still many couples who choose to marry in the beautiful hills between Umbria and Tuscany. And there are always lots of foreign nationals who are captured by the beauty of the historic homes and churches of the Tiber Valley, as well as the tasty food and wine that Umbria offers. The Mag decided to follow one of the most elegant weddings that took place last summer. An authentic EnglishItalian wedding!

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BOBO RONDELLI «sono in forma sbagliante!» 90

Guarda la video intervista


«Oh, ciao!». Voce roca ma nitida, una maglietta con su scritto “io sono leggenda”, giacca di pelle e quello sguardo che pare consumato dal sale del mare. Bobo Rondelli si presenta così all'appuntamento con la nostra intervista. Il cantautore livornese (ma anche attore e poeta) ha fatto una chiacchierata con The Mag prima del suo concerto al Teatro degli Illuminati di Città di Castello in occasione di Altrocioccolato a metà ottobre. Ci accomodiamo in un camerino ed è come incontrare il capitano di una nave che al posto del timone suona una chitarra... Argomenti? Musica naturalmente (quest'anno è uscito il suo decimo album), Toscana, cinema e sì abbiamo parlato anche di marmellata! di Marco Polchi

Nella prima canzone del tuo nuovo disco "Come i carnevali" scrivi: «Sono io il più inutile dell'inutile». Ti senti veramente così? «No... diciamo che è un concetto che ricorre spesso nella poesia, questo senso di accettazione e di ricerca del “licheno”, del “muschio”, ovvero ritrovarsi e riconoscersi come cosa estremamente piccola e quindi inutile allo sguardo comune». Dalle tue canzoni trasudano passione e inquietudine. Ma non trovi mai un attimo di pace? «Ogni tanto mi ritrovo inquieto in quiete. È proprio una condizione però, che sia indotta o meno; è un ottimo modo per non farsi venire la cellulite, stare sempre in movimento e in forma “sbagliante”. Confido molto nel mio istinto». Cos'è cambiato, dagli ultimi lavori, con questo disco? «C'è comunque sempre un'evoluzione, un divenire. Gli album sono lo specchio del momento che uno sta vivendo: nella mia carriera sono andato a zig-zag, dal reggae al jazz incontrando Bollani... In questo ultimo lavoro ho ricercato una sonorità molto intima e per questo ho riallacciato i rapporti con Filippo Gatti, il produttore che mi aveva seguito tre dischi fa. Ci sono anche brani bizzarri,

rock. Un vero country-toscano-esistenzialista!». Ecco, se penso alla alla Toscana mi viene in mente Livorno da dove vieni e poi Piero Ciampi... «Rispondo subito: grande uomo e dopo artista. Si sente nelle sue canzoni la vita, la sua storia, il coraggio di mettersi a nudo, una sorta di striptease poetico dell'anima». Il disco però è dedicato, almeno nel titolo, a Emanuel Carnevali... «Carnevali è un grande poeta e principalmente anche lui un grande uomo che in pochi conoscono, di cui l'Italia potrebbe vantarsi anche perché scriveva in inglese, fuggì in America a 16 anni, imparò la lingua dai cartelloni pubblicitari. Fu a suo modo un precursore di Charles Bukowski e John Fante. Per me è bello far scoprire tramite qualche canzone, anche semplice, questi personaggi. Mi piace questo mio ruolo di ''suggeritore''». Sei cantante, attore, performer, poeta... in quale dimensione ti trovi più a tuo agio? «Un po' tutte a dire la verità; perché quando mi dicono che come cantante faccio schifo io dico che faccio l'attore e viceversa! Mi piace tenere aperte tutte queste vie come arma di difesa, avere più porte per fuggire sempre, sopratutto dalle etichette. Non si può definire con una parola qualcuno». A te che hai fatto cinema (La prima cosa bella di Virzì, tra gli altri) quanto piace andare al cinema? Ho letto che uno dei tuoi ultimi film visti è Mad Max... «Oh sì Mad Max, ci sono andato con mio figlio. Gran film e gran fumetto, bisogna ammetterlo. Mi piace molto andare al cinema anche se adesso in sala i film cambiano velocemente e non c'è quasi tempo di andarseli a vedere. Non c'è più tempo per il “passaparola” di una volta. Poi a me il cinema piace farlo anche a casa.. e qui Bobo Rondelli inizia a imitare Marcello Mastroianni e Ugo Tognazzi!». Proviamo a tornar seri... che ne pensi dei talent show? «Non mi piacciono tanto. È un modo di far vivere la musica attraverso i mezzi i comunicazione e non più attraverso i locali; viene poco valorizzata la creatività, sembra che si basi tutto sul come uno canta, sulla tecnica.. io invece credo che la musica nuova venga dagli errori, anche dal non saper suonare, da uno sgrammaticare. A volte c'è più bravura in uno stonato!». L'ultimo pensiero non può che essere per Altrocioccolato, la manifestazione che ti ospita qui a Città di Castello... «Sono molto felice di far parte di questa iniziativa anche se io preferisco la marmellata... faremo l'Altramarmellata (ride, ndr)! Sto scherzando ovviamente, la cioccolata mi ricorda sempre mia madre che odiava la Nutella e la sua pubblicità, forse perché era vista come un lusso da lei che era cresciuta a pane e olio».

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BOBO RONDELLI "I’m in peccable shape!"

So, if I think of Tuscany, the city of Livorno comes to my mind, which is where you are from and then Piero Ciampi… «I will answer you right away: great man and then artist. In his songs you can feel life, his history, the courage to show yourself nude, a kind of poetical strip-tease of the soul».

«Oh, hi!». Raspy voice but clear, a t-shirt with “I am Legend” written on it, leather jacket and that look that seems to be worn out by the salt of the sea. This is how Bobo Rondelli presents himself to the appointment for our interview. The singer-songwriter from Livorno (but also actor and poet) had a chat with The Mag before his concert at the Teatro degli Illuminati of Città di Castello during the Altrocioccolato festival in midOctober. We made ourselves comfortable in a dressing room and it was like meeting the captain of a ship that plays a guitar instead of a ship’s wheel…Topics? Music of course (this year his tenth album came out), Tuscany, cinema, and yes, we also talked about jam!

The album is dedicated, at least in the title, to Emanuel Carnevali... «Carnevali is a great poet and mainly a great man, who is known by few, of whom Italy could be proud, also because he used to write in English, he fled to America at the age of 16 years old and learned the language by the advertising posters. He was in his own way a precursor to Charles Bukowski and John Fante. I find it nice to let people discover these characters through some song, even simple ones. I like this role of “suggester''».

By Marco Polchi In your first song of your new disc "Come i carnevali " you write: «I am the most useless of the useless». Do you really feel like this? «No... let’s say this is a concept that occurs often in poetry, this sense of acceptance and of research of “lichens”, of “moss”, or better finding oneself and acknowledging oneself as something extremely little and so useless at first glance». From your songs you transmit passion and apprehension. But don’t you ever find a moment of peace? «Every once in a while I find myself apprehensive in calm moments. It is a condition in itself, that whether it is provoked or not; it is a great way to avoid getting cellulite, to always be on the move, and to be in “peccable” shape. I trust my instincts very much». What has changed since your last works, with this album? «There is as usual an evolution, something that becomes. The albums are the mirror of the moment that one is living in: in my career I have gone zig-zag, from reggae to jazz meeting Bollani… in this last work I have looked for a really intimate sound and for this reason I have worked with Filippo Gatti again, the producer who had looked after me three discs ago. There are also some bizzare tracks, rock. A true existentialist-Tuscan-country style!».

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You are a singer, an actor, a performer, a poet… in which role do you find yourself more comfortable? «A little bit in each of them to tell you the truth; because when they tell me that I suck as a singer I say that I am an actor and vice-versa! I like keeping all the options open as a defense weapon, to have more doors to be able to escape through, especially from labels. You can’t describe someone with just one word». You, who have been in movies ("La prima cosa bella" by Virzì, among others) how much do you like going to the movies? I read that one of the last ones you saw was Mad Max... «Oh yes Mad Max, I went with my son. Great film and great comic, you have to admit it. I like going to the cinema very much even though now in the theatres the films change so rapidly that there is no time to go and see them. There isn’t time to pass the word around like there was in the past. I like making movies even at home.. and with this Bobo Rondelli begins to imitate Marcello Mastroianni and Ugo Tognazzi!». Let’s try to get serious again…what do you think about talent shows? «I don’t like them very much. It’s a way to present the musical experience through mass media and not through local places anymore; creativity is not valued much, it seems that everything is based on how someone sings, on the technique…instead I believe the new music comes from mistakes, even from not knowing how to play, from one who lacks grammar. Sometimes there is more talent in someone who is out of tune!». The last thought can’t be other than for Altrocioccolato, the festival that hosts you here in Città di Castello... «I am really happy to be part of this initiative, even though I prefer jam…we will organize an "Altromarmellata" (he laughs, editor’s note)! I am joking of course, chocolate always makes me think of my mom, who hated Nutella and its commercials, maybe because she saw it as a luxury good, while she had been raised eating bread and oil».


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LATE NIGHT foto Emanuele Vanni - servizio mokacomunicazione

Abito in seta, ampio con bretelle (I tre baci della coccinella), tronchetto pelle nera cerniera (Corso 83), trucco Anna Club, capelli Beautynaive.

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Abito décolleté a sirena (I tre baci della coccinella), décolleté vernice nera cerniera (Corso 83), trucco Anna Club, capelli Beautynaive.

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Cappotto cachemire e abito longuette in lurex con scollo 'V' e piega centrale (I tre baci della coccinella), trucco Anna Club, capelli Beautynaive.

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Top plissè soleil con scollatura all'americana (I tre baci della coccinella), trucco Anna Club, capelli Beautynaive.

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Mantella in lana pettinata con sciarpa in tessuto a contrasto lurex e seta rossa, top in jersey lurex con scollo a barca, pantaloni in jersey lurex, orecchini con frange e macramè (tutto I tre baci della coccinella), dÊcolletÊ vernice nera cerniera (Corso 83), trucco Anna Club, capelli Beautynaive.

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Abito in velluto con taglio ad impero e scollatura profonda, girocollo con pietre (tutto I tre baci della coccinella), dĂŠcolletĂŠ crosta nere con bulloncini in oro (Corso 83), trucco Anna Club, capelli Beautynaive.

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backstage

in collaborazione con: makeup

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Salute & Bellezza Via Piero della Francesca, 15 bis CittĂ di Castello 075 / 852 05 28

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Via G. B. Venturelli, 11/b CittĂ di Castello 075 851 17 12

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Cinema Metropolis /Umbertide

Star Wars, il ritorno della Forza Rey (interpretata da Daisy Ridley) ha poco più di vent'anni, è una vagabonda e vive nel deserto del pianeta Jakku. È suo il volto che apre il trailer de "Il risveglio della Forza", il nuovo e settimo episodio della saga di Guerre Stellari, l'inizio della nuova trilogia. Ed è sua la battuta più oscura di tutte: «Girano storie su ciò che è successo...». Si sta informando su quello che avvenne trent'anni prima, sulla luna boscosa di Endor, ai tempi della battaglia finale del Ritorno dello Jedi, in particolare su una cosa misteriosa chiamata la Forza.

In effetti quella cosa misteriosa, che oggi fa la sua prima apparizione nel titolo di un film della saga, ha una storia lunghissima, da quando George Lucas (nella prima stesura di Guerre Stellari) scrisse la frase «che la Forza degli Altri sia con te». Gli "Altri" di cui parla sono i cavalieri Jedi e la Forza è il legame che li unisce, un legame potente, come potente è ciò che tiene insieme George Lucas, all'inizio degli anni '70, ai cavalieri di un'altra forza, chiamata la New Hollywood, di cui faranno parte Brian De Palma, Francis Ford Coppola e Steven Spielberg. Quella forza, dalla prima trilogia fino al settimo episodio – in uscita proprio il 16 dicembre - diretto da J.J. Abrams, rivelerà i suoi lati oscuri e diverrà un'altra cosa: non più la Forza degli Altri, ma semplicemente la Forza, perché gli altri scompariranno. Anche George Lucas si troverà a volare da solo, come il suo Luke Skywaler. Fino a quando, nell'ottobre 2012, la Lucasfilm viene venduta alla Walt Disney Company, e la saga inventata dal mitico regista finisce tra le mani di J.J. Abrams: J.J. è uno che ha sempre amato sia il lavoro

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di Lucas sia quello di Steven Spielberg (citandoli più di una volta nei suoi lavori, "Super 8" su tutti). Pur con qualche remora, pare che lo stesso Lucas abbia contribuito alla scelta di Abrams come regista e che fosse comunque sua intenzione voler lasciare il franchising in modo che potesse entrare in una nuova fase, sperando che i nuovi autori sappiano usare ciò che lo stesso George ha lasciato: «...una creatività senza limiti, pura invenzione e speranza», come ha dichiarato Colin Trevor-

row, regista di Jurassic World (fresco del gigantesco successo al botteghino del film) che dirigerà l’Episodio IX di Star Wars, quello che dovrebbe essere la conclusione della nuova trilogia.


Cinema Metropolis /Umbertide by Luca Benni e Matteo Cesarini

Star Wars The return of the Force Twenty year old Rey (played by Daisy Ridley) is a nomad living on the desert planet of Jakku. Hers is the face that opens the trailer for The Force Awakens - the new and seventh episode of the Star Wars saga, and the beginning of a new trilogy. Her line, «There are stories about what happened...», is its darkest. It tells us what happened thirty years ago on the forest moon of Endor, at the time of the final battle in Return of the Jedi, and in particular about a mysterious thing called The Force.

That mysterious force now makes its first appearance in the title of a film in the franchise, and has a long history; ever since George Lucas (in the first draft of Star Wars) wrote the phrase «may the Force of Others be with you»; the Others being Jedi Knights, and The Force being the bond that unites them; a powerful bond, and a bit like the one that links George Lucas, in the early 70s, with knights of another force, dubbed the ‘New Hollywood’, of which Brian De Palma, Francis Ford Coppola and Steven Spielberg are a part.

That force, from the first trilogy until the seventh episode – released on 16th December and directed by JJ Abrams – will reveal its dark side and become something else: no longer the strength of others, but simply The Force. The others will disappear. Even George Lucas will find himself flying solo, like his Luke Skywalker. In October 2012 Lucasfilm was sold to The Walt Disney Company, and the saga invented by the legendary filmmaker ended up in the hands of JJ Abrams; a man who has always loved the work of both Lucas and Steven Spielberg, (citing them more than once in his work, Super 8). Despite some hesitation, it seems that Lucas contributed to the choice of Abrams as director, and it was his intention to leave the franchise so that it could enter into a new phase, hoping that the new authors would know how to use what George himself left: «...a boundless creativity, pure invention and hope», as stated by Colin Trevorrow, director of Jurassic World (fresh from the giant box office success of the film), who will direct the ninth episode of Star Wars,and (supposedly), the conclusion of the new trilogy. So from 16th December we’ll continue to listen to the stories about what happened; stories that began a long time ago, in a galaxy far far away...

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Nicola Andreani vive e lavora a Parigi. Pubblichiamo e condividiamo un suo contributo visivo, realizzato per The Mag dopo gli attentati terroristici del 13 novembre.

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GENERAZIONI BATACLAN BATACLAN GENARATIONS È il 29 gennaio 1972: si riuniscono per la prima volta insieme su un palco, dopo lo scioglimento dei «Velvet Underground» Lou Reed, John Cale e Nico. Il risultato è uno schietto e bellissimo live acustico in cui, oltre a proporre ognuno le proprie canzoni, viene rispolverato il meglio del repertorio dei Velvet per un totale di 16 emozionantissime ed intense interpretazioni. Una piccola gemma di concerto per appassionati. Con alle spalle un solo album all'attivo ed un secondo pronto per l'uscita, a salire sul palco il 17 dicembre 1979 sono gli allora giovanissimi The Cure. Robert Smith non è ancora il personaggio che tutti conosciamo, ma la sua personalità e le potenzialità del gruppo sono ben chiare. Una dozzina di brani, dei quali molti destinati a diventare pietre miliari, dove il sound e l'inconfondibile voce fanno capire nitidamente che i ragazzi arriveranno molto lontano. L'11 febbraio 1995 è un angelo a salire su quel palco con un solo album che purtroppo resterà l'unico; poche canzoni delle quali molte cover reinterpretate in maniera unica ed intimista. Basta poco più di mezz'ora per regalare una performance eterna: Jeff Buckley, una delle più belle voci mai sentite sulla terra, lascia la sua indelebile impronta di struggente e grandiosa bravura. Un live che cristallizza attimi d'intensità e leggerezza per diventare una meravigliosa perla nella polpa dell'ostrica. Ciò che lega i tre eventi, le tre date e le tre generazioni non è un elemento secondario, ma è parte integrante di questa magica bellezza. Il luogo dove tale energia si è sprigionata: il Bataclan. Già, perchè sono 150 anni che al 50 boulevard Voltaire nell' 11mo arrondissement di Parigi batte un cuore di arte, musica e cultura. Il Bataclan dagli anni Settanta è un piccolo-grande tempio della musica rock e alternativa, dove generazioni di appassionati sono passate per vedere ed ascoltare alcuni tra i più grandi protagonisti della scena musicale di ogni tempo: Jerry Lee Lewis, The Velvet Underground, The Clash, The Ramones, Beck, My Bloody Valentine, Manic Street Preachers, Suede, Motörhead, Franz Ferdinand, The Police, Prince, Genesis, Jeff Buckley, The Black Keys, Foo Fighters, Oasis, The Cure, Alice Cooper, Metallica, The Smashing Pumpkins, Iron Maiden e molti altri. Tante persone hanno ascoltato queste performance dal vivo, molte altre sono state raggiunte dalle loro note attraverso i memorabili album registrati lì dentro. Generazioni che sono cresciute, altre che non ci sono mai state, ma una cosa è certa: l'anima e lo spirito del Bataclan non si fermeranno mai e la sua musica continuerà a suonare. Per tutti.

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It was January 29th, 1972: Lou Reed, John Cale and Nico met for the first time together on a stage, after The Velvet Underground had been dissolved. The result was a beautiful and candid acoustic live in which, besides each of the offering his own songs, they also played the best of the Velvet repertoire for a total of 16 very emotional and intense interpretations. A small gem of a concert for the enthusiasts. With only one active album behind them and a second one ready to come out, The Cure, very young at the time, were ready to go on stage December 17th 1979. Robert Smith wasn’t yet the character that we all know him to be, but his personality and the potential of the group were quite clear. A dozen pieces, many of which would become milestones, where the sound and the unmistakable voice made us aware that these guys were going to go far. On February 11, 1995 an angel went up on stage with one album only, which unfortunately would remain his only one; few songs from this album, many covers reinterpreted in a unique an intimate way. In just a little under a half an hour we were given an eternal performance: Jeff Buckley, one of the most beautiful voices ever heard on earth, leaving his unforgettable touch with heart-wrenching and magnificent skill. A live performance that crystallizes moments of intensity and lightness becoming a marvelous pearl in the essence of the oyster. The thing that unites these three events, the three dates and the three generations isn’t a secondary element, but an essential part of this magical beauty. The place where this energy was released: the Bataclan. Indeed, because at 59 Boulevard Voltaire at the 11th arrondissement Paris’ heart has been beating art, music and culture for 150 years. The Bataclan has been a little-big temple of rock and alternative music since the seventies, where generations of enthusiasts have come to see and hear some of the biggest leaders on the music scene from all times: Jerry Lee Lewis, The Velvet Underground, The Clash, The Ramones, Beck, My Bloody Valentine, Manic Street Preachers, Suede, Motorhead, Franz Ferdinand, The Police, Prince, Genesis, Jeff Buckley, The Black Keys, Foo Fighters, Oasis, The Cure, Alice Cooper, Metallica, The Smashing Pumpkins, Iron Maiden and many others. Many people have listened to these live performances, many others have been reached by their notes through the memorable albums recorded inside there. Generations have grown, others have never been there, but one thing is certain: the soul and the spirit of the Bataclan won’t ever be stopped and its music will continue to play. For everyone.


ADDIO A PAOLO REALI, STORICO CORNICIAIO

Per 40 anni ha lavorato all'interno del suo negozio nel cuore del centro storico di Città di Castello che ora non ha più il suo «maestro» corniciaio. Paolo Reali, 88 anni, lo potevi incontrare con l'inconfondibile grembiule di colore blu che spuntava dal laboratorio di via Sant'Antonio in mezzo alle cornici. Aveva chiuso il suo negozio il 31 luglio 2015 dopo averci trascorso una vita intera (e dopo aver lavorato pure due anni in una miniera del Belgio per poter mantenere la madre vedova e le 5 sorelle alle quali in pratica fece da padre) diventando punto di riferimento di tante persone: aveva incorniciato le tele, i disegni e i ricordi di intere generazioni realizzando cornici e supporti, ma era anche un apprezzato tinteggiatore, un mago del colore. In oltre mezzo secolo, ha tessuto proficui rapporti anche con tanti artisti come il maestro Alberto Burri che era solito acquistare le tinte acriliche nel suo negozio dove sono passate intere generazioni di tifernati. Indimenticabili erano anche i suoi aneddoti sui personaggi "storici" di Città di Castello. A fine ottobre se n'è andato quasi all'improvviso dopo un breve ricovero all'ospedale di Perugia. Lascia i figli Roberto, Maurizio, Carlo e Enrico. LA MISSION (IM)POSSIBLE MARCO CIACCINI Di Marco Montedori La scoperta che promette di rivoluzionare il mercato dell’auto, dimezzando i consumi e l’inquinamento, parte nientemeno che dal piccolo paese di Calzolaro, tra Umbertide e Città di Castello, e porta la firma del meccanico Marco Ciaccini dell’officina Sixgear Engineering. Di cosa si tratta? Di un dispositivo che consente di alimentare i motori diesel al 100% a metano, risparmiando almeno la metà rispetto alla soluzione più economica oggi sul mercato, ovvero le auto di serie benzina/metano. Tecnologia già sperimentata con successo, con l’aiuto dell’ingegnere Daniele Toffanelli, sulla ormai mitica Alfa 156 Jtd provata dalla “iena” Mauro Casciari su Italia 1. Ora l’obiettivo è quello di passare dal brevetto (già registrato in oltre 130 Paesi del mondo) all’omologazione, per arrivare così dalla sperimentazione alla produzione industriale. Missione impossibile? Per il momento sembra proprio di no. I CORSI DI JAM! Non solo studio di registrazione, eventi e concerti. Al via anche l’offerta formativa dell'Associazione culturale JAM. Nei prossimi mesi infatti, inizieranno i corsi dedicati al mondo della musica. Nel primo si tratterà dell'utilizzo di Ableton Live, il software dedicato a DJ ed Electronic Performer. Il corso sarà tenuto da Michele Mandrelli, musicista eclettico, membro degli Snow in Damascus! e allievo del Master in Sonic Arts presso

l’università di Tor Vergata. Il secondo corso, per “tecnici del suono”, strizzerà l’occhio ai musicisti e fornirà tutte le nozioni teoriche di base del mondo della fonia, con particolare riguardo alle applicazioni pratiche in campo di home recording o di concerti. Il corso sarà tenuto da Michele Pazzaglia fonico e produttore freelance. Per info: facebook.com/jamrecordingsstudio

jamrecording.it info@jamrecordings.it

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Magdi Cristiano Allam di Massimo Zangarelli

«ESISTONO MUSULMANI MODERATI, NON L’ISLAM MODERATO» Il giornalista e scrittore ha partecipato all'incontro sull'Islam e il rapporto attuale con l'Occidente organizzato dal Leo Club di Città di Castello, svoltosi a fine ottobre a Palazzo Comunale. Lo abbiamo intervistato.

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Non ritiene necessario per l’Occidente stabilire un ponte con l’Islam moderato? «Non esiste un Islam moderato, esistono musulmani moderati, che rispettano le leggi laiche e non si rifanno alla sharia: è con loro che vanno portati avanti dialogo e convivenza; i tagliagole applicano alla lettera il Corano dove sta scritto che uccidere i miscredenti e venire uccisi per l’unica vera fede è il mezzo per conquistare il Paradiso». Ma nemmeno la Tunisia, con il suo Nobel per la pace istituzionale, è un esempio da seguire? «Le primavere arabe sono state una grande menzogna mediatica, in realtà una manovra concepita per favorire l’avvento al potere del fondamentalismo islamico; sotto Ben Alì si stava meglio, oggi in Tunisia ci sono 3000 infiltrati che mettono in pericolo la stabilità del Paese». Lei ha affermato di considerare l’Europa sotto minaccia… «L'"immigrazionismo” a prescindere e l’islamizzazione strisciante sono le minacce principali che l’Europa deve fronteggiare». Non crede a un terreno comune tra i tre monoteismi? «Porre sullo stesso piano le tre religioni monoteiste significa di per sé delegittimare il cristianesimo il cui messaggio d’amore è ben diverso dall’incitamento all’odio e all’annientamento dei miscredenti insiti nel Corano». Ha parlato anche di princìpi non negoziabili. «L’Occidente scristianizzato ha perso suoi valori identitari e rischia di vederseli rimpiazzati da quelli islamisti: non sono negoziabili principi quali sacralità della vita, parità di genere e libertà di ogni scelta, anche religiosa; laddove per l’Islam, che sancisce l’inferiorità antropologica della donna, è un merito uccidere i non maomettani e un obbligo perseguire l’apostasia come un crimine». Sul ruolo della donna si è addirittura tornati indietro… «Nel mio Egitto laico che aveva bandito i Fratelli Musulmani, il bikini era normale... l’involuzione è iniziata quando al panarabismo nasseriano si è sostituito il panislamismo al punto che le stesse madri, pur coscienti di provocare atroce dolore, fanno infibulare le figlie, per non rischiare di essere marcate come poco di buono». Dà un giudizio negativo anche su quel multiculturalismo da più parti auspicato? «Il multiculturalismo è fallito perché ha creato ghetti, ostili alla comunità d’accoglienza, cui si sono elargiti tutti i diritti senza chiedere in cambio l’ottemperanza alle regole; il buonismo è nemico del bene comune». Lei è particolarmente critico anche nei confronti di questa UE… «Stiamo vivendo la perdita di sovranità monetaria, legislativa e anche nazionale dell’Italia nei confronti di un’Europa che con la politica del debito pubblico finisce per strangolare ogni possibilità di ripresa e di sviluppo economico del Paese».

Magdi Cristiano Allam e Massimo Zangarelli

Il suo pensiero pare in sintonia con quello espresso a suo tempo da Oriana Fallaci? «Lei aveva precorso i tempi…sì siamo d’accordo su tutto tranne sul fatto che possono esistere musulmani moderati, una realtà che lei negava». Lei è contrario anche all’apertura di nuove moschee? «Prima vanno chiuse quelle dove si incita all’odio e si fa lavaggio del cervello… l’iman di San Donà di Piave che incitava allo sterminio degli ebrei è stato espulso, ma il centinaio di suoi seguaci è ancora in giro tra noi, una realtà eversiva immanente». Magdi Cristiano Allam Magdi Cristiano Allam è nato a Il Cairo nell'aprile del 1952; è un giornalista, politico e scrittore naturalizzato italiano. Dal luglio del 2009 al 2014 è stato deputato al Parlamento Europeo nel gruppo dell'Europa della Libertà e della Democrazia. È stato vicedirettore ad personam del quotidiano «Corriere della Sera» dal 2003 al 2008, dopo aver ricoperto la carica di editorialista e inviato speciale del quotidiano «La Repubblica» fin dal 1996. Laureato in Sociologia all’Università La Sapienza di Roma. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui il Premio Saint-Vincent di giornalismo, l’Ambrogino d’oro del Comune di Milano, il Premio internazionale Dan David e il Mass Media Award dell’American Jewish Committee.

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Magdi Cristiano Allam

«THERE ARE MODERATE MUSLIMS NOT MODERATE ISLAM» by Massimo Zangarelli We interviewed Magdi Allam - the journalist and writer who attended the ‘Islam and its current relationship with the West’ meeting organized by Città di Castello’s Leo Club, held in late October in the town hall. You don’t see a need for the West to build a bridge with moderate Islam? «There is no moderate Islam; there are moderate Muslims, who abide secular laws and don’t invoke sharia law; it’s with them that we must pursue dialogue and co-existence. It’s the cutthroats who apply the Koran to the letter where it’s written that killing the unbelievers and to be killed for the only true faith is the means to gain Paradise». But don’t you think Tunisia, winner of the Nobel Peace Prize , is an example to follow? «The Arab Spring was a big media lie, in reality a manoeuvre designed to facilitate Islamic fundamentalism coming to power. Under Ben Ali it was better, but now in Tunisia there are 3,000 infiltrators endangering the country's stability». You’ve stated you consider Europe as under threat... «Regardless “immigrationalism” and creeping Islamisation are the main threats facing Europe». You don’t believe in a common ground between the three monotheistic religions? «To put the three monotheistic religions on the same level in itself means to delegitimize Christianity, whose message of love is very different from the Koran’s incitement to hatred and annihilation of the unbelievers».

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You’ve also spoken of non-negotiable principles. «The de-Christianized West has lost its values and identity and is in danger of them being replaced with those from Islamists; non-negotiable principles such as the sanctity of life, gender equality and freedom of choice, including religion; whereas in Islam, which enshrines women’s inferiority, it’s a virtue to kill non-muslims and there’s an obligation to prosecute apostasy as a crime». Women’s roles have also gone backwards... «In my secular Egypt, who banned the Muslim Brotherhood, bikinis were normal. The decline began when Nasser's pan-Arabism was replaced by pan-Islamism to the point that the same mothers, while aware they’re causing excruciating pain, infibulate their daughters in order to avoid the risk of being marked out as a bad lot». You have a negative opinion on the multiculturalism which many advocate? «Multiculturalism has failed because it has created ghettos, hostile to the host communities, and on whom all rights are bestowed without demanding compliance with the rules; doing good is the enemy of the common good». You are particularly critical towards this EU... «We are experiencing the loss of monetary, legislative and even Italy's national sovereignty against a Europe which, with its public debt policy, ends up strangling any chance of recovery and economic development of the country». Your thinking seems in tune with that expressed by Oriana Fallaci in her time? «She was ahead of her time... yes we agree on everything other than the existence of moderate muslims; a fact that she denied». Are you opposed to opening new mosques? «First you need to close those where they brainwash people and incite hatred ... the iman of San Donà of Piave who incited the extermination of the Jews was expelled, but hundreds of his followers are still among us, an inherent subversive reality». Magdi Cristiano Allam Magdi Cristiano Allam was born in Cairo in April 1952 and is a journalist, politician, writer and naturalized Italian. From July 2009 to 2014 he was deputy to the European Parliament in the Europe of Freedom and Democracy group. He was a deputy director of the newspaper "Corriere della Sera" from 2003 to 2008, after having served as a columnist and special correspondent for the newspaper La Repubblica from 1996. He graduated in Sociology at the University La Sapienza in Rome. He has received numerous national and international awards, including the Prix Saint-Vincent for journalism, Milan’s Golden Ambrogino, the international Dan David Prize, and the American Jewish Committee’s Media Award.


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Alessandra Carmignani, presidente dell'accademia

Accademia del Cioccolato

VENTI ANNI DI DOLCEZZE!

In Altotevere esattamente da 20 anni c'è un Accademia che tutela, esalta e promuove la prelibatezza del cioccolato, quello artigianale e di qualità! Non a caso si chiama Accademia del Cioccolato ed è nata nel 1995 per volere di alcuni illustri personaggi: il giornalista Carlo Fuscagni, il marchese Gianfranco Lignani Marchesani e Primetto Barelli, titolare del Castello di Sorci le cui sale hanno tenuto a battesimo proprio l'avvio di questa associazione e tuttora ne ospitano le serate. La presidenza dell'Accademia è da sempre affidata alle donne: dopo Adriana Lungarotti si sono succedute al vertice Yvonne Bugman, la compianta Mara Calli e l'attuale presidente Alessandra Carmignani (nota insegnate di danza) che spiega: «La finalità di questa Accademia è la promozione del cioccolato rigorosamente artigianale in contrapposizione a quello industriale».

«Abbiamo lanciato una nuova iniziativa culturale: a ogni incontro conviviale un artista altotiberino proporrà una sua opera ispirata al cioccolato che poi donerà al Castello di Sorci così da creare una collezione che andrà a formare una specialissima e dolce galleria intitolata a Primetto».

I vostri soci da dove provengono? «Per lo più dall'Altotevere sia umbro che toscano, ma anche da Perugia e Arezzo. Sono soci onorari tra gli altri nomi importanti del settore come Palmiro Bruschi, il professor Emilio Sabbatini, il professor Tommaso Bigi e Sergio Conti».

In ogni serata un ospite diverso... «Sono nomi di assoluto rilievo nel mondo del cioccolato: abbiamo potuto degustare tra le altre prelibatezze dell'ancoQuindi i maestri cioccolatieri sono le vostre guest star... netano Paolo Brunelli, del perugino Vinicio Chiavini, della «Certo! In questi anni si sono avvicendati alcuni tra i più giovane ma già rinomata cioccolateria Dulcinea di Corciaimportanti esponenti del settore nel corso di memorabili no, protagonisti di indimenticabili incontri». serate. Un'attenzione particolare viene riservata agli artigiani del centro Italia che uniscono l'eccellenza alla territoria- Tra gli appuntamenti in programma? lità». «La Festa degli Auguri del Ventennale (in programma per il 29 dicembre) con due eccellenze del territorio: i panetQuali iniziative sono state messe in campo per il Ven- toni al cioccolato della pasticceria Chieli e i mitici Fichi tennale di quest'anno? Girotti di Amelia».

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IL CROSTINO ‘BRIACO THE CROSTINO 'BRIACO Tra le attività portate avanti dall'Accademia c'è quella di tutelare una vera e propria rarità della tradizione alimentare di Città di Castello, il crostino 'briaco, oggi a rischio scomparsa e che invece merita, per gusto e originalità, un posto anche nella cucina attuale. Nell'immaginario collettivo locale il crostino briaco è legato ai veglioni organizzati in inverno dai rioni che si svolgevano magari a teatro ed erano caratterizzati dalla cena del ballo a metà nottata consumata nei palchi e coronata dal crostino briaco che poi restava a disposizione dei convenuti... La tradizione orale è molto forte e non c'è ricettario d'impronta territoriale che non dedichi uno spazio di primo piano a questo particolarissimo dessert. Sulla base di tutto ciò, l'Accademia si sta battendo per ottenere un riconoscimento istituzionale. Per chi non lo conosce o per chi, conoscendolo, vuole provare a degustarlo, ecco la ricetta! Ricetta base per un vassoio Ingredienti 100 gr cacao 50 gr mandorle pane fatto in casa Alchermes Rum Preparazione Sciogliete il cacao con l’alchermes in una terrina. Unite le mandorle pelate, tostate e finemente tritate, da amalgamare con cura insieme al rum. Tagliate a fettine sottili e a forma romboidale il pane cotto al forno a legna raffermo di 2/3 giorni. Bagnate le fette di pane con l’alchermes. Stendervi sopra l’impasto. Sistemate i crostini in un vassoio e serviteli.

One of the things Academia does is to protect one of the genuinely rare food traditions from Citta di Castello, the ‘drunken’ crostino; at risk of disappearing but which deserves a place in contemporary cuisine for its flavour and originality. For the locals this crostino is related to winter balls organized by the neighborhoods which took place in the theatres and were characterized by a dinner at midnight consumed on the stages and crowned by the crouton’briaco.The dinner then remained at the disposal of the participants all night long.. There is a very strong oral tradition for this and there’s no regional cookbook that doesn’t devote space to this very special dessert. On this basis, Academia is striving to obtain institutional recognition. For those who have never tried it or those who have and want to taste it, here’s the recipe! Recipe for one tray Ingredients: 100 g. cacao 50 g almonds, toasted and finely chopped stale homemade bread, finely sliced and cut into rectangles Alchermes liqueur Rum Preparation: Melt the chocolate in a bowl with the Alchermes. Add the almonds and carefully mix in the rum. Soak the bread slices with Alchermes. Spread the mixture over the bread. Arrange the slices on a tray and serve. Buon appetito!

Buon Appetito!

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di

Andrea Tafini

Due mesi con Netflix: tra narcos, chef e cetacei del Pacifico 118


Non erano passati neanche due minuti dallo sbarco di Netflix in Italia (la mezzanotte spaccata del 22 ottobre) che il sottoscritto aveva già l’account per il mese gratuito di prova. Più o meno sapevo quello che avrei trovato e quello che, ahimè, non avrei potuto vedere sulla nuova piattaforma. La mia attenzione era tutta incentrata sulle serie tv; con un iniziale stato d'eccitazione misto a bulimia mi sono fiondato sulle 10 puntate di Narcos (tamarra il giusto, merita) che ho finito in due giorni, forse meno. Poi il nulla, pochi minuti di qualche serie da stoppare e dimenticare subito, molte peraltro già viste, fino alla svolta definitiva: sfogliare il menù Netflix e vedere alla voce documentari. L’input è arrivato da un amico, che mi ha suggerito un bel doc sul Tour de France Nuovi Eroi. Da li in avanti si è spalancato un mondo meraviglioso fatto di cetacei giganti, chef stellati, montagne da scalare, vecchie e nuove guerre, musicisti, sportivi più o meno pazzi e così via. Ho passato diverse ora ad ammirare Chef ’s Table, sei storie con al centro sei tra i cuochi piu' importanti e innovativi al mondo; da Massimo Bottura a Magnus Nilsson, giovane svedese che cucina nel posto più sperduto e freddo d’Europa. Conoscevo poco di Nina Simone, ma What happened, Miss Simone? è un bellissimo ritratto della grande cantante afro-americana. Seguendo sempre la scia musicale, è da vedere anche il film sul sempre rampante Keith Richards: Keith Richards. Under The Influence. Una sera avevo voglia di pace, e quindi di natura incontaminata: guardatevi The Blue Planet e Le meraviglie del Sud Pacifico. Se non avete più fiducia nel genere umano, gli animali di Africa e Life faranno al caso vostro. Ci sono altri titoli che meriterebbero un pezzo a parte, tipo Hot Girls Wanted, presentato al Sundance Film Festival del 2015, un reportage sul mondo della pornografia amatoriale, o Maidentrip, la storia di Laura Dekker, velista che a 15 anni ha circumnavigato da sola il globo. Per i piu' sportivi: potete sfrecciare in pista con Le Mans, rimpiangere il più grande giocatore di tutti i tempi in Maradona di Emir Kusturica o scalare la vetta più impervia con The Summit K2. Potrei andare avanti per altre 3-4 pagine, ma vi conviene vedere di persona l’offerta di documentari su Netflix (e ne arriveranno molti altri). Pensavo di passare notti insonni dietro le storie inventate di supereroi, spie o serial killer e invece mi sono ritrovato a scoprire i segreti della cucina scandinava o come comunicano le balenottere tra di loro. I documentari sono meglio delle serie tv, almeno questa volta.

Two months with Netflix: among drug traffickers, chefs and whales of the Pacific By Andrea Tafini Netflix hadn’t even landed in Italy for two minutes (midnight on 22nd October) and I, the undersigned, had already signed up for the free trial month. More or less I knew what I would have found and what, alas, I wouldn’t have been able to see on the new platform. All of my attention was drawn to the TV series; starting with a mix of excitement bordering on bulimia I flung myself into 10 episodes of Narcos (Jersey Shore style, deserved) that I finished in two days, maybe less. Then nothing, a few minutes of some various series which I turned off and then immediately forgot, many that I had already seen, until I came to a definitive turning point: I going through the Netflix menu and ran into the documentary option. The idea had come from a friend of mine, who had suggested I look at a documentary of Tour de France Nuovi Eroi. From then on, a marvellous world opened up to me, a world of giant whales, stellar chefs, old and new wars, musicians, sports people more or less crazy and so on! I spent various hours admiring Chef ’s Table, six stories with six chefs who are among the most important and innovative chefs in all the world; from Massimo Bottura to Magnus Nilsson, young Swede who cooks in the most isolated and coldest places in Europe. I knew little about Nina Simone, but What happened, Miss Simone? is a beautiful depiction of the great AfricanAmerican singer. Following the musical slope, you must see the film about the ever ambitious Keith Richards: Keith Richards. Under the Influence. One evening I wanted peace and so uncontaminated nature: watch The Blue Planet and Le Meraviglie del Sud Pacifico. If you haven’t any more faith in the human race, the animals of Africa and Life will work for you. There are other titles that would deserve a piece of their own, for example Hot Girls Wanted, presented at the Sundance Film Festival in 2015, a report on the world of amatorial pornography, or Maidentrip, the story of Laura Dekker, yachtswoman, who sailed the globe on her own at 15 years old. For the more sporty: you can speed onto the track with Le Mans, mourn for the biggest player of all time in Maradona by Emir Kusturica or climb the most arduous peak with The Summit K2. I could go on for another 3 or 4 pages, but would be worth your while to go in person to see the offers of documentaries on Netflix (and many more will arrive). I thought that I would have spent my sleepless nights watching the invented stories of super heroes, spies or serial killers and instead I found myself discovering the secrets of the Scandinavian cuisine or how the fin whales communicate. Documentaries are better than TV series, at least this time around.

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Gardening Giardinaggio

Ilo Mariottini gardenmariottini@virgilio.it

prenditi cura della tua stella Dopo le feste, gli addobbi natalizi finiscono nel solito scatolone in soffitta o in cantina e ricomincia la routine di tutti i giorni. Ma se le decorazioni possono avere una lunga vita, senza bisogno di manutenzione o accorgimenti, diverso è il destino delle Poinsettie, meglio note come Stelle di Natale.

Durante l’inverno, e fino al mese di aprile, la Stella di Natale dovrà rimanere dentro casa, in un luogo illuminato; con l’arrivo della primavera può essere spostata all’esterno. Da ottobre a novembre, invece, è bene che la pianta riposi in casa in un luogo buio, a una temperatura non superiore ai 24 C°.

Queste piante d’appartamento non sono semplicemente ornamenti da utilizzare per rallegrare la nostra casa durante le feste, ma sono innanzitutto esseri viventi e perciò meritano di essere curate con dedizione. Contrariamente a quel che si pensa, la Poinsettia (in botanica Euphorbia pulcherrima) può continuare a vivere ben oltre il periodo natalizio e, con i dovuti accorgimenti, regalarci nuove infiorescenze anche l'anno dopo. Ma vediamo come allungare la vita di queste graziose piantine.

Un ultimo consiglio su come conservare la Stella di Natale: ricordatevi che le foglie, i fusti e gli steli contengono sostanze urticanti per la pelle e per l’apparato digerente. Occorre prestare molta attenzione che bambini o animali non ingeriscano il liquido che spesso vediamo comparire quando stacchiamo un foglia o recidiamo un ramo. I più abili e volenterosi possono anche tentare di moltiplicare la pianta eseguendo nuove talee durante il periodo primaverile. Dopo aver reciso le porzioni di rami bisognerà collocarle in un vaso o bicchiere pieno d’acqua fino a che non vedremo comparire le prime radici.

Per prima cosa è bene sapere che la Stella di Natale non gradisce la luce artificiale, meglio la luce naturale quindi (ma non più di 8 ore al giorno), magari in un posto lontano da spifferi e correnti o fonti di calore come caminetti, termosifoni e stufe, che potrebbero esporre la PS. Qualche consiglio su cosa seminare a pianta a sbalzi di temperatura pericolosi. dicembre, facendo attenzione, ovviamente, alle gelate. La semina protetta nelle zone più Come molte piante da interno, anche la Stella fredde è consigliata soprattutto per ravanelli, di Natale può essere colpita da funghi e malat- melanzane e cicoria, lattuga e radicchio da tatie causate dai ristagni di acqua nel sottovaso glio, mentre è possibile seminare direttamenche ne potrebbero compromettere l’integrità te in piena terra ortaggi come piselli, spinaci delle radici. Occorre prestare molta attenzio- e fave. ne ai depositi idrici e ricordare che, in ogni stagione dell’anno, le annaffiature dovranno Buon Natale! essere sporadiche e in presenza di terriccio asciutto in superficie.

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Via Gabriotti, 14 - zona lido Tevere - Umbertide (PG) torteccetera@hotmail.com - Tel. 333 18 97 065 /Torteccetera

Pasticceria artigianale

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Don Achille Rossi

Un percorso condiviso

READING

CROSS

Filippo Poderini

Non giudicare la donna d'altri di Martina Pazzi

«Un assassino a tempo perso. Frustrato, delirante di onnipotenza, psicotico, impermeabile alla realtà esterna. Irretito nella sfera - morale, terribile, biblica - del giudizio di sé e degli altri. Specie di quello delle donne altrui». Così Filippo Poderini, musicista formatosi al Conservatorio di Bologna, “prestato alla letteratura”, definisce Hector Delacroix, il protagonista della sua prima prova letteraria: un noir, un thriller, un romanzo psicologico (inutile affibbiare etichette di genere), edito per i tipi della romana Europa Edizioni, intriso di elementi grotteschi e ludici, affrescato con una galleria di personaggi stereotipati e caricaturali. «Protagonisti apparentemente fuori le righe, ma molto contemporanei, archetipi delle dinamiche esistenziali legate alla convulsa e insensata quotidianità», secondo la fine penna di Sandro Borghi. Nevrotiche maschere della commedia dell’arte, funzionali a riportare in superficie certi latenti meccanismi psicologici. Killer seriale, Hector esorcizza il preconcetto etico dell’adulterio e il baratro lasciato dietro di sé (da qui l’immagine di copertina) dalla madre, adultera, pure lei seriale, e dalla fidanzata. Donne, che non sono “d’altri”. Donne che però non sono, né possono essere, del tutto “sue”. Forse “sue” sono solo quelle cui somministra un veleno micidiale (macabramente divertenti, le epigrafi funebri delle malcapitate, simulate nell’appendice delle memorie che Hector consegna al giornalista Giorgio Kashian), nel pieno di un orgasmo psicotico che gli permette di spogliarsi del suo impermeabile isolamento attinto, dichiara l’autore, dalla tavolozza di quel capolavoro che sono Le memorie del sottosuolo di Dostoevkij. Una drammaticità goffa, quella de Non giudicare la donna d’altri, risucchiata dalla routine e dall’onnipotenza della natura, nel vortice di una scrittura a partitura musicale, singhiozzante e al contempo attenta a scandire il ritmo di una dimensione esclusivamente temporale (il tempo interiore, della psiche), che manca del luogo e si spancia nella pluriculturalità, nell’estenuante ricerca di qualcosa che sfugge. Sempre. «Niente male come partenza, “nevvero”?».

Tutto inizia dall’amicizia. Per Achille Rossi, Raimon Panikkar è stato una rivelazione che lo ha costretto ad assumere un nuovo punto di vista sulle realtà materiali e spirituali. Ma anche per Panikkar, Rossi, è stato un punto di riferimento importante. Così, Achille Rossi ha voluto rendere pubblico questo rapporto, raccogliendo in un testo l’intenso scambio epistolare intercorso tra i due. Ne è scaturito un libro, Un percorso condiviso, che sottolinea la sintonia in cui si sono incrociate le strade di vita di due personaggi. Prima della pubblicazione di Pluralismo e armonia (1990) Panikkar era pressoché sconosciuto in Italia. Da allora l’opera di divulgazione del suo pensiero da parte di Achille Rossi non è cessata e, grazie a questo impegno, il filosofo ha conosciuto una crescente notorietà del mondo accademico , della grande editoria e ricevuto il premio Nonino «a un maestro del nostro tempo». Con questa ultima pubblicazione Rossi offre una chiave di lettura insolita della figura di Panikkar visto in modo intimo a confronto con problemi di vita, di fede, i non facili rapporti con la Chiesa e la sua immensa capacità di amore verso gli altri.

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"Prenota il menù personalizzato per Cene Aziendali o per festeggiare con i tuoi Amici ! " Ricerca, tradizione, passione… ZIBÙ nasce dal progetto di restituire ad Umbertide uno spazio storico. ZIBÙ era dove si ballava, ZIBÙ era dove si parlava di sport, dove ci si riuniva per discutere di politica, dove i ragazzi andavano a giocare. Sicuramente sarà difficile oggi far rivivere quelle sensazioni, quegli entusiasmi, ma ci proveremo… e con sincerità, calore, professionalità e una buona tavola cercheremo almeno di strapparvi un sorriso.

Research, tradition, passion... ZIBÙ began as a project to restore a historic place in Umbertide. ZIBÙ was where people used to dance, to talk about sports, to join together to discuss politics, ZIBÙ was where kids used to play. It’s not easy today to feel again those feelings, those enthusiasms, but ZIBÙ will try... and through warmth and good food at least it try to snatch you a smile.

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I DOLCI DI CASA TUA

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di Lorenza Mangioni

Il 19 novembre Città di Castello è tornata al cinema; o forse viceversa. Dopo circa due anni di attesa i tifernati hanno finalmente un nuovo punto di riferimento. L’ex Auditorium di Sant’Antonio, in piazza Gioberti, è stato trasformato in una accogliente sala cinematografica di ben 270 posti, divisa in galleria e platea. È stata l’occasione per conoscere Riccardo Bizzarri, gestore del cinema Zenith di Perugia, professionista del settore, e responsabile del Nuovo Cinema Castello. Sua la scelta di proiettare per l’inaugurazione la versione restaurata di un grande classico del cinema italiano, Amarcord di Fellini. Durante la conferenza stampa ha raccontato quella che è la sua visione e volontà di gestione della sala: «L’idea è quella di proporre una programmazione quotidiana – ha detto Bizzarri -, selezionando i film in relazione al target locale e di lavorare, insieme alle scuole, sulla grammatica cinematografica e sulle professioni legate a questa forma d’arte. Il cinema, dunque, come punto di partenza per dare vita ad un luogo di aggregazione anche per il pubblico più sfuggente alla dimensione della monosala. Importante sarà anche la collaborazione con le varie associazioni del territorio per creare nuovi e costruttivi progetti che potranno avere luogo sempre all’interno della sala. Tra questi, ritornando

alle scuole, ci saranno cineforum mattutini e corsi per realizzare cortometraggi», ha concluso il gestore del nuovo cinema. In pratica si tratterebbe di una proposta differenziata da sviluppare su diversi giorni della settimana in modo da poter soddisfare le più differenti esigenze, coinvolgere i ragazzi anche attraverso attività di laboratorio e riavvicinare quel pubblico che in questa lunga pausa si era disabituato al cinema in città. Da qui la scelta di tenere almeno inizialmente la sala aperta 7 giorni su 7 ( dal lunedì al giovedì ci sarà solo uno spettacolo serale, il venerdì e la domenica due e il sabato addirittura tre), creando un vero e proprio punto di riferimento costantemente fruibile per i cittadini. L’inaugurazione ha visto la partecipazione del sindaco Luciano Bacchetta, del vicesindaco e assessore alla cultura Michele Bettarelli e dell’assessore Luca Secondi; come ha voluto ricordare infine l’onorevole Walter Verini è forse «in un momento in cui c’è chi attenta alle radici del nostro stile di vita, delle nostre abitudini e della nostra cultura» ancora più importante creare presidi culturali che raccontino e rafforzino il nostro patrimonio di diritti e il nostro desiderio di aggregazione, conoscenza e arricchimento. Quindi: lunga vita al (nuovo) Cinema tifernate!

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Nuovi spazi, piĂš gioielli. Lupin rinnova i locali in vista della prossima apertura!

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C.so Vitt. Emanuele, 19/A, - 06012 - CittĂ Di Castello (PG) - tel e fax: 075 8521164 - info@lupingioielli.it Via Lambruschini 1/A 06018 Trestina (PG) - tel 075/8642500 trestina@lupingioielli.it www.lupingioielli.it - facebook/lupingioielli


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