BURRI SPAZIO MULTIMEDIALE
L'arte del maestro a portata di click
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Ispirazioni underground - Underground inspirations Burridocumenta è una parola nuova che aggiunge un tassello multimediale alla già ampia e unica proposta dell’arte del maestro a Città di Castello: un intero padiglione con centinaia e centinaia di immagini, informazioni, foto e curiosità, in touch screen e interattive. Questa è la terza copertina che dedichiamo a Burri in tre anni, sulla scia del lunghissimo Centenario che ora apre una dimensione ‘virtuale’ consentendo ai visitatori, ma anche agli studiosi, di immergersi davvero nell’arte, nella poetica e nella storia di questo artista. Ci vorrebbero 6 giorni interi per poter vedere e leggere, una ad una, tutte le informazioni contenute in questa area allestita nelle sale degli Ex Seccatoi, zona sotterranei. Ah, quanto ci piace l’underground! Non a caso in questo numero proponiamo anche un mini tour nei sotterranei di Città di Castello: bellissimo e suggestivo il cunicolo sotto piazza dell’Incontro dove abbiamo realizzato la parte iniziale del servizio intitolato Underground e dedicato alla città che c’è sotto i nostri piedi. Zone uterine, nascondigli, acqua che riaffiora, graffiti che raccontano di un passato lontanissimo, piccole grotte segrete, nicchie, tracce di qualcosa che c’è sempre stato, ma che non si fa vedere. Noi lo abbiamo fotografato, in un servizio davvero interessante realizzato, di nuovo, grazie alla preziosa e intuitiva collaborazione con la Libera Associazione Architetti. Tornando a piedi pari sulla realtà, a livello terra, giochiamo ancora con le parole. Ad esempio c’è un termine, in Islanda, che indica la pratica tutta fanciullesca (ahinoi) di saltare nelle pozzanghere: si dice Hoppippolla. Per gli amanti del genere è anche un brano dei Sigur Ros, sdoganato però da un gruppo di creativi che così hanno chiamato un brand che promuove e commercializza la cultura indipendente. Un progetto lavorativo internazionale (da leggere e cogliere nell’ispirazione che lo ha mosso), nel quale è coinvolto anche un umbro: è lui a raccontarci questa esperienza. A proposito di umbri e parole nuove: Diventiumbria è il titolo di una mostra, che disegna un mood fatto di forza ed energia buona. Sono le immagini dei ragazzi nati nel 1997, l’anno del terremoto. Oggi ventenni sono i figli della ricostruzione, cresciuti tra una scossa e una prova di evacuazione, ma sono soprattutto testimonianza umana di quella contemporaneità cui aspira e merita, tutta l’Umbria. Buona lettura e buona primavera!
Burridocumenta is a new word that adds a multimedia piece to the already wide and unique museum of the master’s art in Città di Castello: an entire wing with hundreds and hundreds of images, information, photographs and interesting facts, on touch screens and interactive media. This is the third cover we dedicate to Burri in three years, in the wake of a very long centennial which now opens a virtual dimension, allowing visitors, but also students, to truly immerse themselves in the art, the poetry and the history of this artist. It would take you six days to be able to see and read, one by one, all the information held in this area which is displayed in the rooms of the ex-tobacco drying factory, in the underground area. Oh, how we love the underground! It’s not by chance that in this number we propose a mini tour of Città di Castello’s underground: the tunnel under the Incontro square, beautiful and evocative where we staged the first part of the article titled ‘Underground’ and dedicated to the city that is under our feet. Imbedded areas, hiding places, water that emerges, graffiti that tell of a very distant past, little secret caves, niches, traces of something that has always existed, but that doesn’t reveal itself. We have taken photographs of it, in a interesting article, realized again thanks to the precious and intuitive collaboration with the Libera Associazione Architetti. Returning to reality, with our feet on the ground, we still play with words. For example there’s a word in Iceland, which indicates a completely childish activity (dear me!) of jumping in puddles: they say Hoppippolla. For those that love this style, it is also a song by Sigur Ros, imported though by a group of creatives who have so called a brand which promotes and sells independent culture. An international working project (to read and appreciate in the inspiration that moved it). In which an Umbrian is also involved: it is he who tells us about this experience. Speaking about Umbrians and new words: Diventiumbria is the title of an expo which designs a mood made of strength and good energy. These are the images of young people born in 1997, the year of the earthquake. Today the twenty-somethings are the sons of the reconstruction, raised through a quake and an evacuation practice, but they are above all human testimony of that modernism which breathes and deserves, all of Umbria. Enjoy reading and springtime!
(un ringraziamento speciale a Paolo Capacci per averci aperto le porte di casa sua e guidato in un'incursione mattutina nei cunicoli; a tutti quelli che in questo numero hanno fornito, anche a loro insaputa, ispirazioni buone da raccontare)
(a special thanks to Paolo Capacci for having opened the doors to his home and guiding us through a morning surprise visit through the tunnels: to all those who have given in this number, possibly even unbeknownst to them, good inspiration for sharing)
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22 Cover Story
Burri, spazio multimediale
32 Our Home
Un appartamento d’aria e di luce
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Reportage
Avere vent'anni in Umbria
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Underground
Città di Castello, viaggio nel sottosuolo
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Data pubblicazione: Aprile 2018 - rivista bimestrale - N°33 Grafica, fotografia e impaginazione: Moka comunicazione, via Cacciatori del Tevere, 3 - Città di Castello (PG) P. IVA 02967110541 - mokacomunicazione. it Stampa: Litograf Editor S.r.l. - Via C. Marx, 10 06011 Città di Castello (PG) P. IVA 02053130544 Editore e Proprietario: Moka comunicazione Direttore Responsabile: Cristina Crisci Traduzioni: Christy Mills Iscrizione al Tribunale di Perugia: n. 20/12 del 27/11/2012. Questo numero è stato chiuso il 3 Aprile 2018 alle 19:00
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Style
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INFO E CONTATT
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redazione info@the-mag.o rg www.the-mag.o rg
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The Mag Crew 20
Cristina Crisci
Andrea Luccioli
Simona Polenzani
Benedetta Meozzi
Emanuele Vanni
Massimo Zangarelli
Maria Vittoria Malatesta Pierleoni
Lucia Fiorucci
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Architetti Altotevere
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il nostro stile, la nostra cucina
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TUTTO IN UN CLICK
a cura di Cristina Crisci
Un universo artistico racchiuso in tre sedi museali che raggruppano le opere e i cicli di Alberto Burri ed ora anche un enorme biblioteca multimediale che mette a portata di click, milioni di informazioni lungo la parabola artistica del maestro. Dall’infanzia a Città di Castello, alla medicina, fino alla prigionia e alla folgorazione che arrivò a farne uno dei pionieri dell’arte del Novecento.
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COMPLEANNO Città di Castello suggella il 12 marzo del 2018 un’altra tappa del percorso museale unico dedicato a Burri. A più di cento anni dalla nascita, avvenuta nel 1915, si festeggia il suo compleanno, questa volta con l'apertura da parte della Fondazione della nuova sezione al museo degli Ex Seccatoi. BurriDocumenta: un enorme salone dove gli schermi appaiono sulle pareti in fila, seguendo la stessa simile traiettoria delle opere dei cicli di Burri, al piano superiore.
MULTIMEDIALITà Siamo nel piano interrato degli ex capannoni del tabacco voluti da Burri come ultima grande dimora dei suoi cicli. Nelle sale continue alla sezione grafica è stata allestita questa grande biblioteca autobiografica: ora basta un clic per esplorare migliaia di foto, video documenti, testimonianze frutto di anni di minuziosa ricostruzione. Queste sale disegnano una vera biblioteca multimediale ad uso e consumo di tutti i visitatori che entrano nei musei del maestro.
CERIMONIA Al taglio del nastro della nuova sezione, avvenuto il 12 marzo, giorno in cui Alberto Burri avrebbe compiuto 103 anni, c’erano centinaia di persone ad attendere di poter fare questo viaggio visivo nella poetica e nella vita dell’artista.
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IL PRESIDENTE Bruno Corà, presidente della Fondazione Burri, ha fatto gli onori di casa parlando di un’opportunità unica per conoscere questo artista che ha lasciato la sua più grande eredità a Città di Castello e all’Umbria. «Siamo tutti eredi di questa sua arte universale _ ha detto Corà _ e tutti dovremmo fare qualcosa per valorizzarla e diffonderla nel mondo». IL SINDACO Il sindaco Luciano Bacchetta ha evidenziato: «Si tratta di un ulteriore arricchimento che la Fondazione Palazzo Albizzini dona alla città, dopo i tre splendidi musei, ultimo in ordine di tempo quello della grafica. La creazione di questa sezione documentaria multimediale permette a tutti coloro che verranno a visitarla, un prezioso approfondimento sulla vita, le opere e il pensiero di Alberto Burri. Ora la speranza _ ha concluso Bacchetta _ è quella di poter realizzare Piazza Burri per completare davvero un percorso artistico-culturale di respiro internazionale».
IL CONCERTO La giornata di Burri è proseguita con il concerto dal titolo «Alla mia Umbria» su musiche di Annibale Bucchi dedicato all’artista, recital di poesia di Anita Bucchi da parte dell’attrice Caterina Casini. Allo spettacolo hanno partecipato anche Damiano Babbini, violino, Katie Bruni, violoncello, Simone Nocchi, pianoforte. A seguire un momento conviviale e la serata si è chiusa con una inedita illuminazione dei capannoni neri sui toni del rosso, omaggio al maestro coi colori che gli furono cari.
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AVANGUARDIA Gli Ex Seccatoi del Tabacco, divengono ora una sede museale davvero all’avanguardia che consente di ammirare prima l’intero ciclo di opere del maestro Burri, poi di approfondire ogni aspetto della sua vita con tantissime curiosità tecniche o visive, consultabili nella maniera più attuale e semplice.
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LE FOTO DI UNA VITA Fotografie della sua vita privata, ritratti d’autore, altri scatti nella sua Città di Castello o dentro i più grandi musei del mondo, poi ancora una mole di documenti raccolti in video, catalogati e consultabili al touch screen: riviste, libri, progetti, pubblicazioni, cataloghi, critiche.
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Elena e Filippo festeggeranno a giugno prossimo un anno di convivenza nel loro appartamento, al quinto ed ultimo piano di un condominio nella prima periferia di Arezzo. Occupati ormai da due anni nella redazione del progetto di ristrutturazione, i lavori sono stati una vera e propria esperienza di coppia. La risoluzione di alcune problematiche relative al cantiere, ha portato infatti Elena e Filippo ad una complicità e maturazione nuova. Elena, appassionata di design aveva le idee chiare. Filippo è rimasto sorpreso da come poi le scelte finali, condivise anche da lui, rispecchiassero profondamente l’anima di entrambi. Ogni oggetto e ogni elemento d’arredo, infatti, sono in contatto intimo e dialettico con loro. E non è un caso che abbiano scelto per il soggiorno le iconiche sedie Eames Armchair di Vitra disegnate dalla celebre e affiatatissima coppia di designers Charles
and Ray Eames. Gli spazi sono ampi e gli ambienti luminosissimi. Il pavimento in legno dà calore alle stanze, rigorosamente bianche alle pareti. I colori sono neutri e le linee sono pulite e semplici, «senza fronzoli […] così come noi» dice Filippo. Il soggiorno, caratterizzato da due divani Désirée dalle linee sinuose e dall’elegante tavolo Rimadesio, si sviluppa intorno al camino decorato con cornice in gesso. La cucina Modulnova è separata dagli altri ambienti grazie ad una porta in vetro con una struttura a listelli orizzontali. Molto grande e comoda, è caratterizzata da linee pulite e geometriche e dal solido piano in grès dove sembra nascondersi il lavello, sempre dello stesso materiale. La camera da letto, in linea con lo stile elegante e funzionale dell’abitazione, è caratterizzata dal contrasto tra i vari toni del bianco e il vetro nero dei comodini sospesi Lago.
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OCCHIO DEL CURIOSO
NOTE TO THE CURIOUS
All’ingresso, un’apertura vetrata sul soggiorno fa da premessa alla vista fuori dalle grandi finestre. Le colline che si vedono, infatti, rilassano gli occhi e fanno respirare il cuore. Ed è di questo che si sono innamorati subito Filippo ed Elena, abituati a vivere lui al primo piano e lei a piano terra.
At the entrance, a glass opening over the living room is the premise to the view outside from the large windows. The hills that you can see do really relax your eyes and let your heart breathe. And it is this that Filippo and Elena immediately fell in love with, he being used to living on the first floor and she on the ground floor.
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In June, Elena and Filippo will celebrate one year of living together in their apartment, on the fifth and last floor of an apartment block in the first suburbs of Arezzo. Having been occupied for the past two years in the planning of the renovations, this project has been a real and true experience for the couple. Resolving some of the problems on the construction site, has brought Elena and Filippo to a new level of conspiracy and maturity. Elena, passionate for design had clear ideas. Filippo was amazed at how their final choices, that he shared as well, profoundly reflected both of their souls. Every object and every element of the furnishings, in fact, is in intimate and dialectic contact with them. And it is not by chance that they have chosen for their living room, the iconic chairs by Eames Armchair by Vitra, designed by the famous and very close-knit designer couple, Charles and Ray Eames. The spaces are large and the rooms very bright. The wooden floors give warmth to the rooms, rigorously white walls. The colors are neutral and the lines are clean and simple, “without frills […] like us» says Filippo. The living room, characterized by two Désirée couches with sinuous lines and by the elegant Rimadesio table, is built around the fireplace decorated with a drywall frame. The Modulnova kitchen is separated from the other rooms by a glass sliding door with a structure of horizontal wooden slats. Very big and comfortable, it is characterized by clean, geometric lines and by the solid countertop in grès where the sink, of the same material, seems to hide. The bedroom, in line with the elegant and functional style of the home, is characterized by contrasts between the varying shades of white and the black glass of the suspended Lago nightstands.
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SGUARDI
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Underground a cura di Architetti nell’Altotevere Libera Associazione
CittĂ di Castello, viaggio nel sottosuolo Spazio scavato, costruito e sotterrato 45
Cunicolo ipogeo di Piazza dell’Incontro Piazza dell’Incontro nasconde, sotto la pavimentazione in ciottoli di pietra, un interessante e seducente passaggio sotterraneo di cui le origini e l’utilizzo sono ancora carichi di mistero. Dai locali interrati del civico 1, caratterizzati da volte a crociera e arcate a tutto sesto, e un tempo atelier del noto pittore tifernate Albi Bachini, si accede al percorso sotterraneo grazie ad una piccola apertura nella muratura robusta. Una scala ripida conduce fino al primo livello, da cui poi gradualmente si scende camminando fino a sei metri e mezzo di profondità rispetto al livello della piazza. L’intero camminamento si sviluppa per circa venticinque metri secondo un percorso a serpentina, carico di un significato simbolico che ancora oggi ci sfugge. Le curve del percorso sono caratterizzate da tre nicchie in muratura di mattoni che evocano situazioni affascinanti e suggeriscono molteplici ipotesi sul loro utilizzo. Il percorso termina in una saletta circolare come una cupola scavata nella roccia. Qui sgorga una limpida acqua di falda che nei periodi più piovosi dell’anno allaga il cunicolo. La configurazione geometrica del percorso ipogeo, insieme al suono delicato dell’acqua che pervade di umidità tutto l’ambiente ci rimandano ad un’epoca lontana , ad un mondo senza tempo. La proprietà dei locali sotterranei è della famiglia Chieli – Capacci.
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La pianta del cunicolo ipogeo
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Lo Scurtico Lo spazio, così ampio e maestoso, è scandito da importanti cordoli in pietra e terra. Questi dividono gli ambienti e creano grandi stanze e cunicoli stretti. Le pareti sono in mattoni e vanno a creare splendide volte e archi a tutto sesto. Il dilavamento delle superfici in laterizio rende ancora più suggestivo questo luogo, dove per tutto il 1800 fino al 1959, venivano gettati i resti degli animali. Siamo infatti nelle fondazioni dello “Scurtico”, il Mattatoio comunale, a ridosso del tratto di mura urbiche risalenti al XIV secolo. In questo periodo la configurazione delle mura urbiche venne ampliata fino a coincidere circa con l’attuale disegno. Oggi gli ambienti del Mattatoio, ospitano gli ufficio della Comunità Montana Alta Umbria.
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interno dello Scurtico
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Le fondazioni della chiesa di San Pio X La Chiesa di San Pio, degli anni ’60 del 1900, è il frutto di un concorso di progettazione, prassi all’epoca consueta, del fascino del cemento armato e del disegno dell’Architetto Gualtiero Castellucci affiancato dall’Ingegner Gian Luigi Massetti e dal Geometra Francesco Bioli. Le sue fondazioni, sconosciute ai più, rispecchiano l’uso sapiente e audace del cemento armato di quegli anni. Come per il piano della chiesa, anche qui dialogano in un’armonia perfetta il rosso del laterizio e il grigio del cemento. Un cordolo centrale, con andamento deciso e fluente, fa da camminamento tra l’insieme ordinato di muri e travi in cemento, che sostengono il solaio di calpestio della chiesa. Nelle pareti sono quasi nascosti i plinti dei pilastri che appaiono qui esili rispetto al sistema magistrale che svetta a sostegno della complessa copertura. Il cordolo ad un certo punto si interrompe a coda di rondine, e lascia come un sospiro verso una piccola apertura in un muro in mattoni. Tutto, nelle viscere di questo sotterraneo, sembra pervaso da qualche cosa di misterioso e magico. Non è un caso infatti, che l’architetto Castellucci abbia racchiuso nelle geometrie del suo progetto e in quel materiale che suonava così contemporaneo, tutto il mistero degli archetipi sacri: il pentagono della pianta a forma di mitra, la cuspide della copertura a ricordo di mani giunte verso il cielo, il triangolo raffigurazione astratta della Trinità e infine l’esagono simbolo della Creazione.
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“Arrivando […] il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d'avere: l'estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t'aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti." Italo Calvino - Le città invisibili
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protagonista dei tuoi sogni BorgoBlu nasce nel 2005 da un'idea del titolare che dopo 10 anni di esperienza nel settore delle piscine e degli impianti sportivi, decide di investire in un’azienda per la realizzazione di spazi esterni. La prospettiva è quella di inserirsi nel mercato con una specializzazione di architettura del paesaggio per offrire al cliente un servizio chiavi in mano, seguendo ogni fase lavorativa. BorgoBlu realizza: piscine fuori terra, interrate prefabbricate o in cemento armato, idromassaggio, sistemazione del giardino dall'impianto irriguo e di illuminazione; dal laghetto artificiale alla fontana fino ad arrivare all'arredo, i gazebo, gli ombrelloni, i pergolati. L’azienda si occupa anche del settore sportivo con progettazione e realizzazione di impianti chiavi in mano: campi da tennis, calcetto, calcio, bocce, con superfici sia in resine acriliche che con erba sintetica e fornisce attrezzature per ogni tipo di sport ed arredi per spogliatoi. Ormai lontana dall’immaginario comune di bene di lusso, la piscina è oggi un desiderio realizzabile. Se lo spazio lo consente, le soluzioni sono davvero molte e per tutte le tasche.
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Arch. Rosita Pazzaglia - Arredi Paolini La prima volta che ho visto l'appartamento sono stata colpita dagli spazi e dai piccoli particolari, quasi nascosti, che ne raccontavano la storia e le trasformazioni nel tempo.La riformulazione degli interni nella scelta dei nuovi materiali per le finiture principali, pavimenti, rivestimenti e superfici murarie, è stato un percorso piacevole di condivisione con la proprietà attenta, disponibile e culturalmente in grado ad accogliere la mia linea di pensiero. Non mi piacciono i limiti, non mi piace intervenire in maniera pedissequa nella progettazione degli spazi e nell’uso dei materiali. E’ lo spazio nel quale mi trovo ad operare che stimola la progettazione, per questo non esiste uno spazio standard ripetibile ma esiste quello spazio, in quel tempo, che richiede quei materiali. Cerco di non pormi limiti, cerco di non pormi regole, mi piacciono la delicatezza dei colori e la forza dei materiali. Di solito non ci accorgiamo che esiste un’esperienza tattile inconscia nascosta inevitabilmente nella vista. Mentre guardiamo l’occhio tocca, e anche prima di vedere un oggetto l’abbiamo già toccato e valutato in termini di peso, temperatura consistenza superficiale ma soprattutto quel materiale ha richiamato alla nostra mente ricordi. In uno dei bagni realizzati non ho usato il pavimento in legno dei miei ricordi, ma un pavimento in legno resinato che prosegue in un unicum sulla parete e si sovrappone alla superficie liscia e vellutata della parte trattata a resina. La forza del legno con le sue venature la sua matericità contrasta e rafforza la superficie della parete perfettamente liscia che prosegue su tutte le altre pareti fino ad incontrare le forme geometriche dell’unica parte rivestita con materiale ceramico, fino ad incontrare il legno naturale del mobile a parete. Anche nell’altro bagno ho trattato le pareti con la resina, lasciando all’unica parete rivestita con materiale ceramico il compito, con i suoi colori e le sue forme, di contrastare il tenue colore della resina.
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Reportage
foto di Marco Giugliarelli
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I giovani del post sisma del 1997
Avere vent’anni in Umbria di
Andrea Luccioli
"Diventiumbria": i racconti di chi è cresciuto tra cantieri e prove di evacuazione diventano una mostra e un libro fotografico. Sogni e ricordi di una generazione nata tra le scosse 71
Reportage
foto di Fabrizio Troccoli
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Avere vent’anni in Umbria
C’è chi è nato tra una scossa e l’altra, chi ha studiato all’interno di un container, chi ha sostenuto più prove di evacuazione che esami. Alcuni di loro vogliono andarsene, altri hanno deciso di restare. Sono tutti umbri, hanno poco più di vent’anni ed essendo nati nel 1997, sono i figli della ricostruzione. Ma sono soprattutto la testimonianza della contemporaneità delle città umbre dopo il sisma. Le loro storie sono finite in un progetto della Regione. Si chiama “Diventiumbria”, è una mostra fotografica itinerante che dopo il Ciac di Foligno sta facendo tappa a Trevi, ma è anche un libro con gli scatti di Marco Giugliarelli e Farbizio Troccoli e le parole di Giovanni Dozzini. La narrazione delle nuove identità dei territori feriti, che hanno saputo reagire e che ora “vivono” nelle storie dei ragazzi intervistati. “Diventiumbria” è una suggestione, a volte dolorosa, a volte capace di mostrare come i ragazzi nati in quei giorni abbiamo raccolto l’eredità della loro terra rinnovandone lo spirito di comunità. Ma chi sono questi ragazzi? Eccoli. C’è l’assisana Matilde, nata tra le due grandi scosse del 26 e 27 settembre. Un ospedale ballerino e il trasferimento a Marsciano in incubatrice. Da piccina andava a vedere i lavori alla Basilica di San Francesco, quella
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Reportage
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Avere vent’anni in Umbria
foto di Marco Giugliarelli
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Reportage
dove gli affreschi di Giotto sono venuti giù come briciole. «D’estate, i ragazzi salgono fino alla Rocca e qualcuno si mette a suonare e cantare sotto le stelle. In quei momenti penso di non avere bisogno d’altro», dice. Poi c’è Matteo, lui è dovuto nascere a Firenze perché l’ospedale di Foligno era inagibile, mentre a Ilaria, nata il 26 settembre, i parenti hanno raccontato soprattutto della mamma sconvolta dalle scosse mentre stava per darla alla luce. «La nonna mi ha sempre detto che dopo quel terremoto nella vita non avrebbe avuto più paura di niente», spiega invece Beatrice. Michelangelo da piccino andava a vedere i cantieri e di quei giorni racconta l’angoscia e la curiosità. Vorrebbe che Foligno ricordasse il terremoto con un simbolo, magari una crepa rimasta sui muri. C’è poi Carlotta che vorrebbe andare via, Michele che sta a Roma e vorrebbe tornare. Marta è di Gualdo Tadino, dice di aver passato ore a sentirsi dire cosa fare in caso di una nuova scossa. Ricorda quando ha sentito il suo primo terremoto e la fuga sotto il tavolo nella speranza che finisse in fretta. Anche Alessio è di Gualdo Tadino e fin da piccolo gli è stato narrato del senso di impotenza quando la terra trema. Lo stesso che ha provato ogni volta che poi l’ha vissuta in prima persona. In “Diventiumbria” c’è Michele che è di Nocera Umbra, le ferite della sua città sono quasi tutte rimarginate, ma lui non dimentica i racconti di quei giorni dei suoi parenti: «Le strade si aprivano, le macchine facevano su e giù, le case cadevano». Michela è di Sellano, giocava nei cantieri della ricostruzione e dopo l’Università pensa di andarsene. Come Eduardo: «La
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Avere vent’anni in Umbria
foto di Fabrizio Troccoli
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Reportage
foto di Fabrizio Troccoli
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Avere vent’anni in Umbria
montagna dà troppo poco per proteggerci per una vita intera, anche se questi posti mi sembrano bellissimi». Lisanne è figlia di un geometra di Spello, la mamma è olandese. Venne intervistata dai giornali perché nel 1997 fu costretta a partorire a Spoleto per via dell’inagibilità dell’ospedale. Lisanne, è andata a scuola nei container, tra lezioni e prove di evacuazione: «Fosse per me rimarrei sempre a Spello dove la vita scorre tranquilla e si mangia bene». Anche se, come chiude Sofia, ventenne di Trevi, «la paura, quella del tutto non se ne potrà mai andare».
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presenta
Ravanello Sweet and Sour
Fiori eduli
Sale Maldon
Gheriglio
Crema alle noci
Bouquet di insalate fiorito con crema alle noci e aceto balsamico
Cos'è il foraging Il termine "foraging" indica l’attività di raccogliere cibo spontaneo vegetale di diversi ambienti naturali come montagne, argini dei fiumi, spiagge, boschi, imparando a riconoscere e selezionare vegetali che sono ritenuti commestibili e adatti al nutrimento umano. I fiori eduli Esistono circa 50 specie differenti di fiori eduli, o commestibili. Alcuni senza saperlo li consumiamo già (carciofi, fiori di zucca, cavolfiori e zafferano); altri, invece, siamo più propensi ad immaginarli in un giardino o all’interno di un vaso. Dal punto di vista nutrizionale, i fiori eduli sono poverissimi di grassi e ricchi di sostanze nutritive come minerali, proteine e vitamine (A e C). Inoltre, hanno un elevato quantitativo di antiossidanti dovuti al contenuto di flavonoidi e carotenoidi che ne determinano il colore (Mlcek et al., 2011). Letizia Zanella, Roberto Braglia, Antonella Canini (http://bio.uniroma2.it)
Fiori Cornabria Blossom Koppert Cress (Viola Cornuta) I Cornabria Blossom sono fiori eduli della varietà delle viola silvestre, ricchi di oli essenziali la cui colorazione cambia in base al contenuto di flavonoidi e carotenoidi. Dal delicato sapore di lavanda. Rose Le rose commestibili sono una delle varietà più ricercate in cucina. Con il loro profumo dolce ed il loro sapore delicato, i petali di rosa edibili abbinano proprietà astringenti e digestive a un piacevole effetto rilassante. Fiori di Fagiolo Bean Blossom Koppert Cress I Fiori di Fagiolo Commestibili Bean Blossom hanno un gusto dolce di fagiolo e cuore dal sapore croccante; fiore viola decorativo ottimo da abbinare a piatti con accenti fruttati, speziati e vegetariani. Bocche di Leone Il loro colore può variare dal rosa al bianco. Questi fiori commestibili sono ricchissimi di sali minerali ed hanno un sapore e profumo dolce intenso. Fiori Grarofani Cinesi Fiori commestibili dal sapore e dal profumo intenso e dolce dalle numerose proprietà medicinali. Foglie di Ostrica (Oyster Leaves) Koppert Cress Le foglie di ostrica, definite anche ostriche vegetariane per il loro sapore, sorprendono il palato non soltanto per il gusto leggermente iodato, ma anche per l’importante apporto benefico di sali minerali essenziali all’organismo. Salicornia (Asparagi di mare) La salicornia o asparago di mare è una pianta erbacea stagionale spontanea: ha un sapore amarognolo e leggermente acidulo. Dragoncello Fresco Ha un sapore aromatico e pungente, con alcune note di menta e sedano. È una spezia dalle spiccate proprietà digestive; può essere considerato un esaltatore di sapidità al naturale, utile per chi non può assumere sale per motivi di salute.
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“Noi e il nostro intestino” il nuovo libro del Dr. Enrico Corazziari: Curare i disturbi e ritrovare l’equilibrio in uscita ad Aprile
Generalmente, nelle azioni che svolgiamo ogni giorno, abbiamo il controllo del nostro corpo; il corpo infatti esegue quello che decidiamo di fare. Però non sempre è così, alcune funzioni non possiamo gestirle; e il rapporto tra il nostro Io e il nostro corpo può diventare conflittuale. Questo si verifica soprattutto per quanto riguarda le funzioni dell’apparato digerente, e in particolare quelle svolte dall’intestino, che ci invia segnali in grado, a volte, di interferire con la nostra quotidianità e di rendere il rapporto molto complicato. Il rapporto tra mente e intestino, infatti, ha una importanza rilevante per il nostro benessere psico-fisico e questo libro focalizza l’attenzione sulle sensazioni e i disturbi delle persone affette da sindrome dell’intestino irritabile. È un testo
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di facile lettura che vuole fornire gli strumenti per conoscere il proprio intestino, per identificare e comprendere i diversi aspetti e sintomi di questa sindrome cronica e i molteplici fattori che concorrono a causarla. Fortunatamente la maggior parte delle persone ha disturbi intestinali occasionali e lievi, spesso gestibili in maniera autonoma o con l’aiuto del farmacista, ma è estremamente importante che sia riconosciuta e compresa la sofferenza di chi ha manifestazioni gravi, restituendo loro dignità e sostegno. Ripercorrendo il vissuto di alcune persone affette da sindrome dell’intestino irritabile e il loro dialogo con il medico, si delineano le diverse espressioni cliniche della malattia e i molteplici meccanismi che la sottendono, e il ruolo del medico, che riesce a instaurare un rapporto in
cui il paziente trova il riconoscimento della sua malattia, del suo stato di sofferenza e un sicuro punto di riferimento per gestire i disturbi. Enrico Stefano Corazziari, già professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università La Sapienza, Roma, è attualmente senior consultant nel dipartimento di Gastroenterologia dell’Istituto Clinico Humanitas, Rozzano. Membro di numerosi e qualificati gruppi nazionali e internazionali di neurogastroenterologia, è presidente dell’Associazione di Neurogastroenterologia e Motilità Gastrointestinale (ANEMGI-Onlus). € 12,00 - 113pp ABOCA EDIZIONI
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Specialità Ciaccia sul panaro Ricche colazioni e merende Carne alla brace Sfiziosi antipasti Carne alla griglia Dolci fatti in casa
Umbrian Speciality “Ciaccia sul panaro” (a typical bread, filled with different ingredients such as ham, salami, grilled vegetables or cheese). Rich breakfast and snacks Staters Grilled meat Homemade cakes
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LA CULTURA INDIE IN SCATOLA di Andrea Luccioli
Quattro giovani, una start up e l’approccio social per far scoprire i nuovi creativi sulle note dei Sigur Rós L’intervista a Francesco Rellini, l’umbro che cura il marketing e lo sviluppo del business: «Il nostro ufficio è whatsapp!»
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Saltare nelle pozzanghere è una cosa bellissima. Talmente bella che in Islanda, a questa forma di gioco semplice e divertente, hanno dato un nome: «hoppípolla». Il termine ormai da qualche anno è conosciuto anche da noi perché è il titolo di un brano del gruppo islandese post rock dei Sigur Rós
Ora, grazie ad una start up tirata su da quattro ragazzi, Hoppípolla significa anche “cultura indipendente per corrispondenza”. Anche in questo caso l’idea è semplice e divertente e il risultato straordinario. Hoppípolla è una meraviglia che ha la forma di una scatola. Una scatola piena di sorprese culturali e che ti arriva a casa ogni mese in abbonamento. Dentro c’è una selezione di materiale artistico, progetti indipendenti che vengono scelti con cura e che, altrimenti, difficilmente sarebbe conosciuti. I ragazzi di Hoppipolla, per farla breve, annusano nell’aria le cose più interessanti provenienti dal mondo della creatività e dell’artigianato, le infilano nella scatola e ve le spediscono a casa. Il loro segreto? Lavorare di squadra, lavorare online. Coworking e whatsapp. Dietro il progetto che vi consegna meraviglie in scatola, come detto, ci sono quattro ragazzi. Eccoli. Paola Tartaglino, design blogger e storico dell’arte, Nicola Minerva, ingegnere, Simona Basilavecchia, fotografa amante del design e un umbro (di Orvieto), Francesco Rellini, che si occupa di marketing e sviluppo del business. Ed è proprio l’orvietano Rellini a parlarci di Hoppípolla. «Ai ragazzi mancava una figura business - racconta -. Qualcuno che avesse un background nel marketing. Grazie ad un’amica in comune ci siamo conosciuti e da allora lavoriamo insieme. Hoppípolla esiste dal dicembre del 2016, abbiamo superato le 15 scatole e le cose vanno a gonfie vele: ogni mese cresciamo del 50%». Qual è il segreto? «Abbiamo un metodo: c’è un’attività costante di selezione delle creatività. Una specie di scouting continuo. C’è poi lo sviluppo del business di cui mi occupo io direttamente, la comunicazione attraverso il sito e i canali social e infine c’è la parte logistica che impacchetta e consegna».
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Quante Hoppípolla spedite? «Posso dirti che abbiamo più di 5mila persone iscritte alla newsletter e le spedizioni aumentano di mese in mese. Su Facebook abbiamo più di 20mila contatti e anche su Instagram facciamo dei numeri importanti». I social giocano un ruolo importante. «Per farci conoscere sono fondamentali. Attraverso le ricondivisioni siamo riusciti a raggiungere tantissime persone. È il passaparola virtuale». Il vostro è una specie di coworking online? «Sì, io ora sono a Roma, gli altri si dividono tra Pescara e Torino. Il nostro è una specie di ufficio virtuale che poi si serve di una ditta per il confezionamento delle scatole». Voi siete una start-up, come potrebbe crescere il progetto? «Tra le possibili evoluzioni c’è quella di dare più spazio alle produzioni originali e diventare una specie di casa editrice. Magari arrivando a co-produrre con i creativi per migliorare il loro lavoro e avere tirature più alte». Come dicevamo prima, i social sono importanti per voi. Che strategia utilizzate? «Mettiamo estrema cura nello storytelling, a partire dalla conoscenza dei creativi fino alla narrazione online dei contenuti che offriamo. E poi ci sono altri elementi di contorno come le playlist su Spotify, i contest su Instagram che ogni mese ti consentono di avere una sorpresa oltre la sorpresa. Abbiamo anche una rubrica in cui segnaliamo link senza intenti commerciali, insomma, cerchiamo di comunicare il mondo Hoppípolla nel modo più coinvolgente possibile».
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E R U T L U C E I X D O N I AB IN
ch proa p a li cial’ notes of o s cio ‘ c u a L ea and n to the Rellini, p ndr u A w o t by star ors kno rancesc g and e n F at tin ,o outh new cre iew with f marke Our y r o « v Fou ke the nter charge pment: pp» i a e h o in to m Rós. T evel s whatsa ian d r r s b u s Sig the Um busine office i
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Jumping in puddles is a beautiful thing. So beautiful that in Iceland, to this simple and fun way to play, they have given it the name: “hoppípolla”. This name is known even to us for some years by now because it is the name of a song by the Icelandic post-rock group of Sigur Ros. Now, thanks to a start-up, founded by four young people, Hoppípolla also means “independent culture by correspondence”. In this case as well, the idea is simple and fun and the result is extraordinary. Hoppípolla is a marvel which has the shape of a box. A box full of cultural surprises and arrives at your home every month by subscription. Inside there is a selection of artistic material, independent projects which are chosen with care and which, otherwise would be difficult to know about. The Hoppípolla guys, in short, predict the most interesting things from the creative and hand-crafting world, they put them in a box and mail them to your house. Their secret? Work as a team, work online. Co-working and whatsapp. Behind the project that delivers marvels in a box, as we said, there are four young people. Here they are: Paola Tartaglino, design blogger and art historian, Nicola Minerva, engineer, Simona Basilvecchia, photographer design lover and Umbrian (from Orvieto), Francesco Rellini, who is in charge of marketing and business development. And it is the guy from Orvieto who tells us of Hoppípolla. «We were missing a business minded person -he says- Someone who had a marketing background. Thanks to a mutual friend we met and from then on have been working together. Hoppípolla has existed since December 2016, we have passed 15 boxes and things are moving full sails ahead: every month we increase 50%». What is the secret? «We have a method: there is a constant
activity of creativity selection. A kind of continuous scouting. Then there is the business development which is what I take care of directly, the communication through our website and social channels and lastly there is the logistics part, which prepares the packages and delivers them.» How many Hoppípolla do you ship? «I can say that we have more than 5,000 subscribers to the newsletter and the deliveries grow each month. On Facebook we have more than 20,000 contacts and on Instagram as well we have important numbers. Social networks play an important role. To make ourselves known they are fundamental. Through shares we have been able to reach many people. It is the virtual word-of-mouth». Yours is a kind of co-working online? «Yes, I’m in Rome and the others are divided between Pescara and Torino. Ours is a kind of virtual office which then uses a company for the packing of the boxes». You are a start-up, how could the project grow? «Among the possible evolutions, there is the one to give more space to the original productions and become a sort of publishing company. Maybe getting to co-produce with the creators to better their work and to have higher numbers». As we were saying earlier, social networks are important for you. What is your strategy? «We put a lot of care into storytelling, starting from meeting the creators up to the online narration of the contents we are offering. And then there are other elements around it like the playlists on Spotify, the contests on Instagram which each month allow you to have a surprise on top of the surprise. We also have a list in which we highlight links without commercial intent, so we try to communicate the world of Hoppípolla in the most engaging way possible».
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DISPONIBILE PRESSO
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Il commissario prefettizio Castrese De Rosa e Michele Fezzuoglio ricevuto in Comune
Suo padre, medaglia d’oro al valor militare Donato Fezzuoglio, è stato ucciso il 30 gennaio 2006 a Umbertide dove era andato come Carabiniere per sventare una rapina in banca. Lui, Michele, aveva solo 6 mesi. A febbraio 2018 a Torino, durante una manifestazione di Casapound una professoressa è stata immortalata mentre inveiva contro le forze dell'ordine intervenute per questioni di sicurezza. Quelle immagini hanno fatto il giro del mondo. Pochi giorni dopo, Michele Fezzuoglio, che adesso è dodicenne, ha scritto una lettera a quella professoressa, parole bellissime e cariche di emozione. Lettera che è stata ripresa da giornali, televisioni e condivisa da migliaia di persone nei social e nei giornali
Michele Fezzuoglio
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LETTERA AD UNA PROFESSORESSA
«Buonasera prof, mi chiamo Michele, non le nascondo che sono un po’ arrabbiato con lei. Oggi le faccio conoscere qualcosa di me e del posto dove vivo. Mi stringa forte la mano, ci troviamo ad Umbertide esattamente in via Andreani, si guardi intorno, osservi com’è tranquilla la cittadina. 12 anni fa alla sua destra c’era una banca, scattò l’allarme per rapina, arrivò la pattuglia del 112, i due carabinieri corsero in aiuto a cittadini in pericolo. Alcuni rapinatori rimasti fuori spararono alle spalle di papà e morì. Mi stringa la mano e si guardi intorno, li c’è una targa con delle corone, li invece una fioriera voluta da tanta gente di cuore con disegnato il tricolore. Venga, andiamo in via ..., in questa casa ci abito con la mamma, la osservi, sopra quel mobile c’è un berretto, lo stesso che era sopra la bara avvolta nel tricolore il giorno del funerale di mio padre, guardi quante foto, attestati ed encomi, sono tutti di mio padre, li ha ricevuti sia in vita che dopo. Senta anche che silenzio, se ci fosse stato papà sarebbe stata una casa rumorosa, avrei avuto un fratello o una sorella o entrambi. Venga prof, le faccio vedere dove dormiva mio padre, il suo armadio, le sue cose. Guardi queste scatole, sono piene di lettere, scritte da tanti Italiani per dimostrare affetto a mio padre, all’Arma dei Carabinieri alla mia famiglia, ma soprattutto a me che allora avevo solo 6 mesi. Ora la porto nella mia seconda casa. Ci dobbiamo spostare di qualche chilometro, nella zona dove abitano i miei nonni materni. Mio padre diceva che in quei posti c’era pace. Intanto lei osservi quanto è bella la mia Umbria. Siamo arrivati, si é resa conto che siamo in un cimitero? Eccola la mia seconda casa. Ora le racconto alcuni episodi, avevo 4 anni e mezzo quando ho imparato a leggere i nomi scritti in stampatello sulle lapidi dei defunti. Qui sono arrivato in bici per mostrarla a mio padre, ancora, le dirò di quando sono entrato con 2 papere, con il cane, ho portato disegni e oltre i fiori porto regali. Prof ora le chiedo di poggiare la sua mano su questa tomba, pensi il freddo delle mie labbra quando bacio papà. Quante cose avrei da raccontarle prof, faccio tanti chilometri in giro per l’Italia per parlare di lui, faccio tanto fatica a scuola quando in alcuni periodi sento di più la sua assenza, fortuna i suoi colleghi insegnanti capiscono quell’alunno che a volte si distrae per non piangere o che ride per soffocare un brutto pensiero. Basta prof, la lascio tornare a casa, nel tragitto rifletta della lezione noiosa. Quando è arrivata guardi negli occhi suo padre e lo abbracci….Intanto io scrivo al Ministro, non per farla punire, ma per darle dei consigli. Vorrei mai più manifestazioni che incitano violenza, chi parla dovrebbe evitare parole che uccidono quanto quel proiettile di kalashnikov sparato alle spalle di quel carabiniere che per me voleva un mondo a colori…. Arrivederci prof… buon rientro». Michele Fezzuoglio
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una deliziosa boutique creativa
Via Mario Angeloni 7/a, 06012 Città di Castello PG - T. 39 075 4652420
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Malobel è un delizioso angolo che custodisce gioielli e accessori hand made tra i vicoli e i campanili, nel cuore di Città di Castello, il luogo dove è nata e cresciuta la titolare Marta Conti. L’idea nasce dalla volontà di costruire qualcosa che permettesse a Marta di coltivare ed esprimere creatività e fantasia. Le ispirazioni? Vengono dal mondo dell’arte, del design, dalla fotografia, musica o cinema. Le creazioni che Malobel offre sono pezzi unici tutti montati a mano utilizzando pietre dure, cristalli, argento, metalli vari, ma anche materiali inusuali come legno, resine e tessuti. I punti di forza di Malobel, nata 4 anni fa, sono sicuramente l’unicità, il tailor made e il re-
styling ovvero quella nobile arte di riparare i gioielli che molto spesso restano chiusi nel portagioie. È un po’ come se i ricordi potessero tornare a nuova vita. Oltre alla vendita online, i prodotti Malobel si trovano anche nel nuovo punto vendita in Via Mario Angeloni: idee regalo per cresime, comunioni, battesimi, gioielli, collezioni da uomo, per tutti i tipi di budget. Le creazioni sono certificate e con un anno di garanzia. Da non sottovalutare l'importanza del tailor made: Malobel è a disposizione della vostra creatività! Uscirete con un regalo comprato oggi, ma che resterà per sempre, come la bellezza di un pensiero gentile.
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L'INTERVISTA
Cosa sono esattamente i "Vini arancioni", come si producono e come si bevono per esaltarne al meglio le caratteristiche? Risponde il blogger Francesco Saverio Russo, autore di Wine Blog Roll che, per il Salone, ha curato la selezione delle cantine produttrici di Orange Wines.
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Negli ultimi tempi, sempre più spesso si parla degli Orange wines, così chiamati nel Regno Unito, dove questi vini hanno avuto un vero e proprio boom commerciale, al punto di ritagliarsi ampi spazi nelle carte dei locali e dei ristoranti più importanti del paese. Ma non tutti i winelovers ne conoscono davvero la natura. In Italia c'è molta confusione al riguardo e proprio con lo scopo di fare un po' di chiarezza sui “vini arancioni”, ad Only Wine Festival - a Città di Castello il 28 e 29 aprile un’intera area è stata dedicata. Parliamo di vini prodotti con uve a bacca bianca frutto di più o meno lunghe macerazioni sulle bucce, che rappresentano sicuramente una nicchia in termini di numeri e di peculiarità organolettiche la cui produzione si è diffusa ormai in diversi paesi del mondo, dall’America del Nord e alla Nuova Zelanda, passando per il vecchio continente, soprattutto Austria, Germania e Italia, ma anche Georgia, Slovenia, Serbia e Croazia. Per conoscere meglio gli Orange ne parliamo con Francesco Saverio Russo, autore del seguitissimo Wine blog roll, che ha selezionato le cantine presenti nell’area dedicata del festival tifernate. «Si tende ad abbinare gli Orange Wines alla vinificazione in anfora, ai vini cosiddetti “naturali” e ad una netta omologazione olfattiva, che spesso può scadere in problematiche analitiche compatibili con veri e proprio difetti - spiega Russo - Questo perché, come sempre, è la critica a fare più rumore e negli ultimi anni le varie diatribe e noi che hanno fagocitato anche una categoria di vini che merita ben più di una chance, in quanto non è nulla più che un ritorno alle origini dei vini bianchi, ma con una rinnovata consapevolezza tecnica. Il fatto che si siano avvicinate a questa tipologia di vino - precisa - realtà che fanno da sempre del rispetto in vigna e in cantina il proprio mantra, può solo rappresentare un valore aggiunto, ma non per questo si può ricondurre in maniera sistematica uno stile di vinificazione a concetti più ampi e spesso astrusi di conduzione in vigna e in cantina.» I vini prodotti da lunghe fermentazioni e macerazioni, sia bianchi che rossi, fanno parte della storia del vino pre-enologia moderna. La viticoltura e le
tecniche di cantina, un tempo, erano sicuramente meno sofisticate di oggi, tanto che i vasi vinari per la produzione di questi vini venivano interrati per ovvi motivi di controllo termico naturale e di lentissima micro-ossigenazione. È proprio da questo tipo di tecnica che sembrano discendere i primi Orange Wine contemporanei, ovvero quelli prodotti in Georgia nei Kvevri, grandi anfore di terracotta interrate (in Georgia vengono da sempre chiamati “Amber Wines”). «L'originalità di questi vini - spiega Russo - è data proprio dalla macerazione sostenuta delle uve sulle proprie bucce, prassi consueta per i vini rossi, ma meno usuale per i bianchi, specie se parliamo di macerazioni spinte fino ad oltre 3 mesi. Questo procedimento permette al vino di caricarsi, non solo di colore, ma anche di tannini e di componenti aromatiche, capaci di farci percepire questi vini da uve bianche come qualcosa di molto più vicino ai vini rossi, tanto che alla cieca, se serviti a temperature più consone ai rossi, è spesso difficile pensare di avere nel calice un vino bianco.» Ciò che rende particolarmente interessante la produzione di questo tipo di vino è l'assoluta necessità di portare in cantina uve sane, in quanto le bucce rappresentano una componente imprescindibile. La macerazione, almeno in Italia, può avvenire in tini di legno, anfore interrate e fuori terra (in terracotta, cocciopesto e gres), vasche di cemento e acciaio. «Nell'area Only Orange Wine dell’ Only Wine Festival 2018 una piccola ma attenta selezione di vini bianchi macerati italiani e non solo, in rappresentanza di una categoria capace, a mio avviso, di stupire e di divertire, grazie alla sua naturale vocazione a destabilizzare i sensi e a dividere l'opinione enoica. La selezione fatta in questa occasione per me ha rappresentato una “sfida”, in cui ho scelto realtà rispettose in vigna e in cantina, capaci di dimostrare che attraverso la ricerca si possono scoprire grandi vini, anche in questa particolare categoria».
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Natascia Marinelli di Massimo Zangarelli
LA MIA POETICA DEI COLORI Forte di solide esperienze nel campo del restauro architettonico la pittrice tifernate Natascia Marinelli si è imposta da qualche anno all’attenzione nazionale con una serie di mostre:la prima esposizione delle sue opere risale al 2016, con una personale a Palazzo delle Prigioni alla Biennale di Venezia 102
Nell’estate 2017, dopo una collettiva a Pesaro ne è seguita una alla Rocca Paolina di Perugia, presentata dal vulcanico Vittorio Sgarbi e subito dopo la partecipazione al Premio Città di Terni "G.L.G. Byron"- Mostra concorso di arte contemporanea, alla quale è risultata fra le prime dieci vincitrici. Poi è iniziato il 2018, con la mostra di arte contemporanea “Art Walk 2018" a Palazzo Zenobio durante il Carnevale di Venezia, alla quale Natascia ha partecipato con una bi personale. Nel mese di marzo ha preso parte alla Arte Donna al Museo Diocesano di Terni, con una mini personale. Il carattere distintivo della sua espressione è l’utilizzo di materiali mescolati al colore,alle polveri, passando attraverso l’uso della cera lacerata su tela con l’uso delle mani: una tecnica che sollecita un mix di sensazioni che vanno dalla meditazione all’inquietudine svelando una poetica di assoluta. Sue opere sono presenti in collezioni da Torino a Firenze, dal Veneto alle Marche. Quando nasce la tua passione per l’arte? «La mia passione per l’arte è innata, non c’è un momento o un giorno in cui l’ho scoperta. Fin da bambina i miei giochi prediletti erano matite, colori, cere e pennelli» In passato hai avuto esperienze professionali con il design: quanto sono state importanti? «L’attività di design rappresenta il mio esordio al pubblico, la prima occasione che ho avuto per proporre la mia arte e le mie opere ad una selezionata platea di estimatori».
in alto: Natascia Marinelli in basso: Alcune opere dell'artista
L’uso dei colori? «Attraverso i colori racconto sensazioni e sentimenti, è il mio modo di comunicarli. Come un poeta esprime il suo sentire con le parole, io lo narro usando tinte e materie plastiche». Come puoi spiegare la peculiarità della tua tecnica, della cera lavorata a mano? «In realtà il materiale che utilizzo non è cera. Ecco la peculiarità della mia tecnica: lavoro a mano sostanze siliconiche mescolate con materiale acrilico, polveri, ossidi e fissativi plastici, l’effetto finale sono opere che sembrano di cera lavorata a mano, ma non lo sono». Le tue origini tifernati, la terra di Burri hanno in qualche modo influito sul tuo percorso? «Burri per me è sempre stato un’icona. La sua arte mi ha incuriosito, la particolarità degli elementi che utilizzava ha stimolato la mia ricerca di tecniche espressive inesplorate". Dopo i successi di Venezia e Terni i tuoi prossimi step? «Il prossimo evento sarà a maggio con una mostra personale a Sassoferrato al Parco Archeominerario di Cabernardi, poi a giugno sarò a Viterbo e poi ancora a Spoleto, in occasione del Festival dei Due Mondi, poi sarò presente con un servizio nella rivista "L’Arte in Cucina" in edicola dalla fine di aprile e nel 2019 e avrò uno spazio nel Catalogo di Arte Contemporanea (entrambi editi da Giorgio Mondadori)».
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PIERO DELLA FRANCESCA
LA MADONNA DEL PARTO
Una nuova prospettiva
A fine febbraio è stato inaugurato il nuovo allestimento dei Musei Civici della Madonna del Parto di Monterchi, l’ambiente che ospita il capolavoro di Piero della Francesca di Maria Vittoria Malatesta Pierleoni
Si tratta del più importante progetto di riqualificazione degli spazi espositivi dopo il 1992, quando venne data una nuova collocazione alla Madonna del Parto rispetto al luogo in cui era stata originariamente dipinta, la Chiesa di Santa Maria in Momentana. «Il Museo ha raggiunto vari obiettivi a partire dall’abbattimento delle barriere architettoniche, dalla nomina della Direttrice e dalla qualifica di Museo di Interesse Regionale ottenuta nell’agosto
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2016 a seguito del bando indetto dalla Regione Toscana per poi culminare nella giornata di oggi che rappresenta un qualcosa di veramente importante per il nostro paese e non solo» ha detto l’assessore alla cultura di Monterchi Silvia Mencaroni. Il Comune, in accordo con la Soprintendenza e alcuni sponsor, ha voluto anche ridisegnare gli spazi espositivi all’interno del museo al fine di ottimizzare il percorso del visitatore, rendendo più godibile e fruibile l’opera ed esaltare il territorio in cui è stata realizzata. Come spiegato dalla professoressa Lina Guadagni, direttrice dei Musei, «dopo il restauro e la relativa mostra del Cinquecentenario questo è il lavoro più importante effettuato per rendere sempre più accogliente e funzionale il luogo che accoglie la Madonna del Parto». Un contributo alla comprensione del legame tra il capolavoro e il territorio è dato dal filmato dalla durata di 15 minuti realizzato a cura di Cultura Nova e proiettato nella recente sala audiovisiva, che fornisce molte risposte agli interrogativi di visitatori e appassionati oltre a dettagliati approfondimenti sul dipinto. Grazie alla disponibilità della Soprintendenza e alla collaborazione scientifica dei propri funzionari nell’appoggiare l’efficace impegno del Comune di Monterchi, l’opera è presentata al pubblico all’interno di un percorso arricchito da dispositivi audio visivi e da una vivace e ampia sezione didattica. I dispositivi touch screen, in grado di analizzare l’opera nei suoi dettagli più piccoli, rendono l’offerta proposta al turista un’esperienza totalmente immersiva e volta ad incrementare la relazione tra l’opera di Piero ed il territorio di Monterchi. Hanno preso parte all’iniziativa il sindaco di Monterchi Alfredo Romanelli, l’assessore regionale Vincenzo Ceccarelli, la vice presidente del Consiglio Regionale Toscano Lucia De Robertis, la funzionaria dei beni artistici e storici di Arezzo Paola Refice, la direttrice dei Musei Civici Lina Guadagni, l’assessore alla cultura del Comune di Monterchi Silvia Mencaroni e la rappresentante di Cultura Nuova Federica Bani. Un’occasione che rappresenta un momento di rilevanza storica per i Musei Civici della Madonna del Parto di Monterchi che, finalmente, potrà vantare un allestimento adeguato all’importanza dell’opera che ospita.
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PIERO DELLA FRANCESCA
IL VERO COLORE DELLA RESURREZIONE In concomitanza con la presentazione dei restauri della Resurrezione di Piero della Francesca, al Museo Civico di Sansepolcro, dal 25 marzo e fino a gennaio è stata allestita la mostra «Piero Della Francesca. La seduzione della prospettiva», presa d’assalto da centinaia di visitatori. L’esposizione, curata da Filippo Camerota e Francesco P. Di Teodoro e promossa dal Comune di Sansepolcro, è un progetto del Museo Galileo di Firenze con la collaborazione della Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia ed è organizzata da Opera Laboratori Fiorentini. Per Mauro Cornioli, sindaco di Sansepolcro: «È un gran privilegio poter rappresentare l’amministrazione comunale di Sansepolcro quando è svelato al mondo, dopo lunghi anni di restauro, il vero colore di Piero della Francesca. È inoltre una straordinaria occasione per i visitatori poter approfondire l’immensa cultura scientifica del nostro più celebre concittadino grazie all’esposizione Piero Della Francesca. La seduzione della prospettiva, organizzata negli ambianti adiacenti agli affreschi». Il progetto espositivo, che si articola intorno al De prospectiva pingendi, trattato composto da Piero della Francesca intorno al 1475, ha anche l’obiettivo di illustrare, attraverso riproduzioni di disegni, modelli prospettici, strumenti scientifici, plaquette e video, le ricerche matematiche applicate alla sua pittura e la conseguente eredità lasciata ad artisti come Leonardo da Vinci, Albrecht Dürer, Daniele Barbaro e ai teorici della prospettiva almeno fino alla metà del Cinquecento.
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rubriche
Cinema
Wes Anderson
Luca Benni & Matteo Cesarini Cinema Metropolis Umbertide
LA POETICA DEL DETTAGLIO "Quando faccio un film non so mai come andrà a finire. Ho provato tutte le emozioni possibili immaginabili in merito" (Wes Anderson)
La cura maniacale del décor, i colori squillanti, le case di bambola, la geometria dello sguardo. E i suoi personaggi, con le loro divise, i feticci infantili, le proprie colonne sonore, l’incapacità di crescere e comprendere il mondo. Il cinema di Wes Anderson è una questione di stile. Uno stile unico, inimitabile, che ha segnato l’immaginario di oggi. Uno stile che sa mettere in forma un sentimento del contemporaneo, una visione diffusa del mondo. Otto anni dopo aver fatto uscire nei cinema "Fantastic Mr. Fox", Wes Anderson, uno dei registi più apprezzati della sua generazione ha deciso di realizzare un nuovo film con la tecnica dell'animazione in stop motion, nota anche come "a passo uno", utilizzata fin dagli albori della storia del cinema e resa celebre da animatori come Willis O'Brien (quello del "King Kong" originale) e ancor di più il suo allievo Ray Harryhausen. Oggi gli alfieri dell'animazione in stop motion sono la Aardman di "Wallace & Gromit" e la Laika di film come "La sposa cadavere", "Boxtrolls", "Paranorman" o "Coraline". "L'isola dei cani" in uscita a maggio in Italia ed è stato scelto come film d'apertura in concorso del Festival di Berlino 2018: a Berlino d'altronde Anderson è di casa, avendo presentato lì in concorso I Tenenbaum nel 2002, Le avventure acquatiche di Steve Zissou nel 2005, e nel 2014 Grand Budapest Hotel, che fu anche film d'apertura e che vinse il Gran Premio della Giuria. In "L'isola dei cani" è alle prese con una storia originale ambientata in una dimensione futura distopica, in cui uomini
e animali antropomorfi convivono: in seguito alla scomparsa del suo cane da guardia Spots, un dodicenne di nome Atari Kobayashi dirotta eroicamente un piccolo aeroplano e lo pilota fino all'Isola dei cani, dove vengono messi in quarantena tutti i cani del Paese. Dopo il brusco atterraggio, viene soccorso da un manipolo di meticci, disposti a tutto pur di sfuggire alla deprimente condizione in cui versano. Commossi dal coraggio e dalla devozione del ragazzino nei confronti dell'animale domestico smarrito, Capo (voce originale di Bryan Cranston), Rex (Edward Norton), Boss (Bill Murray), Duke (Jeff Goldblum) e King (Bob Babalan), si impegnano a proteggerlo dagli uomini che gli danno la caccia e scortarlo nel pericoloso viaggio che deciderà il destino dell'intera Prefettura. Chi volesse approfondire l'opera di Wes Anderson può cercare in libreria "WES ANDERSON – GENITORI, FIGLI E ALTRI ANIMALI" di Ilaria Feole, che analizzando l’intera filmografia dell’autore, anche attraverso le numerose regie pubblicitarie che l’hanno punteggiata, struttura una monografia organica e inedita, che riflette la complessità e la natura multiforme del corpus andersoniano. PS: fino fine maggio retrospettiva integrale delle opere di WES ANDERSON al cinema PostModernissimo di Perugia.
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rubriche
La musica di L.M. Banksy
Luca Marconi
I 50 ANNI DEL DIRIGIBILE I Led Zeppelin rappresentano senza alcun dubbio una delle divinità più venerate, influenti ed importanti dell'olimpo del rock. Il 2018 segna il 50esimo anniversario della leggendaria band britannica, che per l'occasione esce con un album live rimasterizzato e un libro. Ma andiamo per ordine. Il 23 marzo ha visto la luce "How the West Was Won", un triplo disco originariamente prodotto nel marzo del 2003 e ristampato per i festeggiamenti in vari formati fra cui un Super-Deluxe Box e qualche gradita sorpresa in più. Raccoglie le registrazioni di brani live, tra i migliori della band, eseguiti dal gruppo nel giugno del 1972: le registrazioni furono trovate da Jimmy Page, produttore dell’album, durante la ricerca di materiale audio e video per la realizzazione di un doppio DVD sui Led Zeppelin, uscito nello stesso anno. ll libro invece, dal titolo Led Zeppelin
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by Led Zeppelin, sarà una raccolta fotografica di ben 368 pagine, fotografie - non ancora diffuse e materiali grafici. Per il momento, sappiamo che sarà pubblicato entro la fine di quest’anno, molto probabilmente verso ottobre, anche se è già possibile pre-ordinare la propria copia sul sito. Ma il sogno proibito di ogni fan sarebbe la reunion della band con i tre membri sopravvissuti – il cantante Robert Plant, il chitarrista Jimmy Page e il bassista John Paul Jones (e magari alla batteria il figlio del mitico e mai dimenticato John "Bonzo" Bonham): la loro ultima esibizione insieme risale al 10 dicembre 2007 allo O2 di Londra per il concerto di beneficenza tributo al patron dell'Atlantic Records Ahmet Ertegun. Una vera celebrazione del rock and roll alla massima potenza.
Dalla Bielorussia una “Maternità” d’artista Ancestrale, universale e profondamente affascinante: il tema della maternità ha sempre attratto gli artisti ed è stato affrontato talvolta con religiosa venerazione, altre volte con i tratti dell’affettività familiare, altre ancora nella complessità di un fenomeno meravigliosamente naturale e, al tempo stesso, fonte di emozioni sempre nuove. Nella sua “Madonna col Bambino ridente” di fine Duecento, affrescata nella Basilica superiore di Assisi, Giotto inserisce ad esempio uno dei primi sorrisi della storia dell’arte; circa tre secoli dopo Caravaggio, con la “Madonna dei Pellegrini”, ci mostra una Maria umanissima che appare ai poveri dai piedi sporchi, come assolutamente reale è il Gesù che porta in braccio, celando nel gesto tutta la forza dell’amore materno. Caravaggio sceglie come modella una cortigiana, sovvertendo tutte le regole e dando ancor più forza al quadro che si trova nella Basilica di sant’Agostino a Roma. Nel 1872 Berthe Morisot dipinge “La culla” in cui ritrae la sorella Edma che osserva la figlia dormire. Esposto al Musée d’Orsay di Parigi, la tela è forse
l’opera più celebre della Morisot e da essa traspare il ruolo tradizionale di madre legato alla cura e alla protezione della propria creatura. Tutt’altra interpretazione è invece quella di Tamara de Lempicka, donna forte e trasgressiva, tra le prime a mostrare l’essere madre come qualcosa di difficile da accettare. “Maternità” del 1928 è infatti un quadro in cui lo sguardo della donna - perso nel vuoto - trasmette apprensione e il gesto dell’allattamento non comunica tenerezza, bensì inquietudine. Da due artiste del passato ad una di oggi, la coin designer bielorussa Svetlana Nekrasova le cui monete si sono aggiudicate, negli ultimi dieci anni, numerosi tra i più importanti premi internazionali del
settore, dal “Vicenza Numismatica” agli award assegnati negli Stati Uniti (“Coin of the Year”) ed in Russia (“Coin Constellation”). Tra le monete più eleganti e suggestive firmate da Svetlana Nekrasova ci piace presentare i 20 rubli in argento del 2010 sul tema della maternità e sui quali, all’Albero della Vita stilizzato al dritto, si abbina al rovescio un delicatissimo ritratto a mezzo busto di ragazza in abiti tradizionali con in braccio il suo bambino. СЛАВЯНКА (“La donna slava”) incanta per l’incrocio degli sguardi, commuove per la tenerezza dell’abbraccio e nel fondersi delle anatomie svela come, anche dopo la nascita, madre e figlio rimangano indissolubilmente legati. in alto A sinistra “Maternità” di Tamara de Lempicka; a destra Svetlana Nekrasova, coin designer della Banca Nazionale di Bielorussia a fianco I poetici 20 rubli in argento del 2010 dedicati all’essenza della maternità nel mondo slavo
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Shimabuku
Resilienti o Resistenti? Dopo la leggera nevicata del mese scorso, leggendo qua e là nei vari social commenti e post di persone arrabbiate o stupite dell'incontrollabilità del tempo (la notizia era stata data solo due settimane in anticipo!), mi son ricordato di un'opera che mi colpì particolarmente durante la mia visita alla Biennale di Venezia dell'anno scorso. Shimabuku (Kobe, Giappone, 1965) è un artista poliedrico, affascinato dalla natura e dalla terra, nel senso più ampio di ambiente della vita e delle culture umane. Alla Biennale di Venezia 2017 ha presentato il video The Snow Monkey of Texas – Do snow monkey remember snow mountains? nel quale porta della neve ad alcuni macachi dalla faccia rossa (detti scimmie della neve), trasferiti dal Giappone al Texas nel 1972 (quelli presenti nel video fanno parte del gruppo di scimmie discendendi di quel primo nucleo trapiantato in quegli anni). Gli animali nel corso degli anni si sono dovuti adattare a questo cambiamento climatico imposto, ma cosa resta nei loro geni della loro memoria? E' possibile che di generazione in generazione si siano tramandate il ricordo della neve? Il video proposto in maniera surreale dall'artista, ci porta a riflettere sulla complessità del rapporto fra esseri viventi ed ambiente, mostrando ironicamente la storia dell'umanità, chiedendoci
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quindi se in fondo siamo altro che esseri resilienti. Rimanendo sul tema di Uomo/Ambiente/Adattamento, ma tralasciando la questione neve vorrei parlarvi di un'artista molto legata al tema attuale dei migranti. Bouchra Khalili (Casablanca, Marocco, 1975), giovane artista nordafricana, inizia a dedicarsi al tema dei migranti nel 2011. Il suo rapporto con questo concetto è davvero unico e particolare, lei in effetti non si dedica a raccontare le grandi migrazioni di massa, ma si interessa alle storie dei singoli migranti. Nel 2011 nasce anche la serie Costellation, grandi fogli blu nei quali, evitando ogni confine geopolitico, traccia solo i percorsi e segna le principali città che ogni singolo migrante ha attraversato. Queste carte stellari diventano di conseguenza la narrazione della vita di una persona che privata della libertà si ritrova a condurre un'esistenza errabonda. In tal senso attribuisco a queste persone la qualità di essere resistenti, scegliendo spontaneamente di non rimanere nel proprio luogo d'origine per non adattarsi ad un cambiamento sbagliato, in contrapposizione a quelle persone che come le scimmiette dell'opera precedente continuano ad adattarsi ad ogni mutamento naturale o imposto che sia.
I PAESAGGI DEL CENTRO FOTOGRAFICO TIFERNATE Si è svolta al Quadrilatero di Palazzo Bufalini la mostra Paesaggi, proposta dal Centro Fotografico Tifernate con il patrocinio del Comune di Città di Castello. Il tema del paesaggio si esprime attraverso varie interpretazioni – piacevoli o dissonanti, meditati o fugaci - nei 150 scatti realizzati da 31 fotografi tifernati. Al di là di ogni possibile classificazione del “paesaggio”, la rassegna trasmette la componente fortemente soggettiva alla base di chi fotografa. La mostra sarà visitabile fino al 2 aprile nei giorni feriali dalle 17 alle 20 e in quelli festivi anche 11-13. Altro evento collaterale, a cura del CFT, è stato anche l’incontro Paesaggi vivi con il fotografo naturalista Maurizio Biancarelli, tenutosi domenica 18 marzo nella Sala degli Specchi. Fotografo naturalista professionista, collaboratore di numerose riviste di settore, autore di molti libri fotografici e membro attivo di diversi progetti internazionali come
Wild Wonders of Europe e L’Altroversante, ha incontrato un numeroso pubblico guidandolo in un viaggio fatto di immagini alla scoperta dei molteplici significati di paesaggio: dai luoghi nativi, come l’Appennino a più lontani come l’Islanda.
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IL THINKING DAY «Il giorno 25 febbraio 2018, il gruppo Scout AGESCI Valtiberina e Cortona, si è ritrovato all’Ansa del Tevere per celebrare il “Thinking Day”, ovvero la giornata del pensiero in cui si festeggia la nascita del fondatore degli Scout: Robert Baden-Powell. Tutti gli Scouts hanno portato con sé un “penny” ovvero un euro da donare a una sede che si trova in Sicilia confiscata dallo stato alla mafia. Il Thinking Day oltre a ricordare la nascita del fondatore di questo bellissimo movimento, rappresenta un momento di
FOLIGNO, DUE MOSTRE AL CENTRO ITALIANO D’ARTE CONTEMPORANEA Due mostre si svolgono al Ciac - Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno fino al 30 settembre: una completa e per molti versi spettacolare dedicata al grande architetto, designer, cineasta, musicista Ugo La Pietra, l’altra al giovane artista Giuseppe Stampone, classe 1974, già affermato sia in Italia che all’estero. La prima, curata da Italo Tomassoni, Giacinto Di Pietrantonio e Giancarlo Partenzi, l’esposizione ripercorre fino al 30 settembre i molteplici ambiti di indagine di La Pietra per nuclei e tematiche con i suoi lavori più significativi e i documenti correlati all’interno dello spazio urbano. La seconda esposizione di Giuseppe Stampone, si intitola «Perché il cielo è unico e la terra no?» e presenta la produzione recente dell’artista con diversi suoi lavori legati ad alcuni temi-chiave: la dilatazione e la riappropriazione del proprio tempo intimo, di immagini iconiche prese dal web e rielaborate in pezzi unici, la reinterpretazione di quadri storici in chiave contemporanea.
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solidarietà, aiuto e conforto verso chi ha bisogno, all’insegna della fratellanza. Il freddo di quella domenica non ha potuto fermare la voglia di stare insieme e di perseguire il nostro obiettivo di solidarietà. Noi del gruppo Valtiberina siamo felicissimi di condividere questa esperienza con i lettori di The Mag».
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