Focus Storia 174 - Aprile 2021

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°174

MENSILE –Austria � 9,20 - Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna � 8 - MC, Côte d’Azur € 8,10 - Germania � 12,00 - Svizzera CHF 10,80 - Svizzera Canton Ticino CHF 10,40 - USA $ 11,50

aprile

1521/2021 CORTÉS E IL TRANELLO: I FATTI DI QUEI MESI DIVIDONO GLI STORICI

MONTEZUMA

COME FU INCASTRATO E UCCISO IL RE AZTECO? TROPPE COSE NON TORNANO SULLA SUA FINE LA SFIDA

Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona

SESSANT’ANNI FA GAGARIN PARTÌ PER LO SPAZIO. E TORNÒ

PECCATI CARNALI DIVIETI, PENITENZE, REGOLE: COSÌ LA CHIESA SI OCCUPAVA DI SESSO

COME STAVAMO

LE QUASI INUTILI CURE DI IERI, FRA SALASSI, CLISTERI E POCO PIÙ


Aprile 2021

focusstoria.it

Storia

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iamo venuti per servire Dio, il Re e anche per diventare ricchi”, proclamò Cortés appena sbarcato in Messico, riassumendo in poche parole lo spirito della Conquista. Escluso il “servire Dio”, riuscì negli altri propositi. Il prezzo? Storia nota: l’assassinio di Montezuma, la distruzione della sua capitale e l’estinzione della civiltà azteca. Al povero sovrano toccò anche l’oltraggio infertogli dalla propaganda spagnola che lo dipinse come ingenuo/ traditore del suo popolo per poi attribuirne l’uccisione ai suoi stessi sudditi. La Conquista è stata una faccenda orribile: però hanno vinto i predatori e quindi la storia l’hanno raccontata loro. Fino a ora. Perché, e questa è la buona notizia, gli storici sono riusciti a leggere fra le trame faziose delle fonti anche sprazzi di verità. Di questo parliamo nel nostro Primo Piano, ma anche dei protagonisti del colonialismo spagnolo, del genocidio di cui si sono resi responsabili e degli splendori di civiltà perdute per sempre. Emanuela Cruciano caporedattore

CREDITO COPERTINA: MONDADORI PORTFOLIO, GETTY IMAGES

RUBRICHE

4 LA PAGINA DEI LETTORI

6 NOVITÀ & SCOPERTE

9 BUONA LETTURA

10 UNA GIORNATA DA... 12 CHI L’HA INVENTATO? 68 DOMANDE & RISPOSTE 70 CURIOSO PER CASO 72 MICROSTORIA 97 AGENDA

AMONDADORI PORTFOLIO

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L’incoronazione di Montezuma, in un’illustrazione del 1585.

CI TROVI ANCHE SU:

In copertina: Montezuma raffigurato nel XVII secolo.

IN PIÙ... SESSO 14 Confesso

che ho peccato

Ecco come la Chiesa si intrufolava nell’intimità dei fedeli attraverso regole, divieti e confessionali.

SCUOLA 20 Studenti presenti

CIVILTÀ PERDUTA 32 Trappola per Montezuma

Davvero il re azteco si sottomise ai conquistadores senza fiatare?

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Tenochtitlán la grande

La capitale azteca era un miracolo urbanistico.

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Il popolo guerriero

Come vivevano e come combattevano gli Aztechi.

46 E li chiamarono precolombiani

Le tappe delle civiltà americane prima di Colombo.

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Cronaca di un genocidio

Le cause della catastrofe demografica tra gli indios.

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I predatori

Diedero a Carlo V più terre di quante ne avesse ereditate.

58 Mondi paralleli

Le differenze tra i conquistadores e gli Aztechi.

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Misteri da decifrare

La storia dei popoli precolombiani è costellata di enigmi.

Quando non c’era la Dad, la scuola italiana è rimasta aperta anche in tempo di guerra e durante le grandi emergenze.

ANTICHITÀ 26 Armi sporche

Gas tossici, veleni e armi batteriologiche: gli eserciti dell’antichità sfruttavano tutti i mezzi a loro disposizione.

74 InPERSONAGGI memoria di Adriano

Come Olivetti trasformò una fabbrica di macchine per ufficio in azienda modello.

ANNIVERSARI 82 Eroe per forza

Il 12 aprile 1961 il sovietico Jurij Gagarin fu il primo uomo a volare nello spazio.

90 LeSALUTEcure

di una volta

Come si curavano i nostri antenati? Errori, curiosità e conquiste della medicina. 3

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LA VOCE DELLA

SPECIALE

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entocinquant’anni fa, Roma diventa capitale d’Italia: a spiegare nel podcast di Focus Storia questo passaggio cruciale per la storia del nostro Paese e dell’intero processo risorgimentale è Alessandro Vagnini,

STORIA

docente di Storia delle relazioni internazionali alla Sapienza di Roma. La breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) determinò l’annessione della città al Regno d’Italia e il trasferimento della capitale da Firenze a Roma, nel 1871, ma già

Camillo Benso di Cavour, dieci anni prima, l’aveva definita una capitale “necessaria”. In ascolto. Seguite il nostro podcast su www. focus.it/speciali/podcastfocus-storia-la-voce-dellastoria e sulle principali piattaforme di podcast.

Quattro cose che (forse) non sapete su Kissinger

per difendere i suoi privilegi, ma per salvaguardare la vita di migliaia di sacerdoti e il diritto a professare la propria fede di milioni di cattolici spagnoli. Non è un caso che nel 2007 papa Francesco abbia beatificato 498 martiri uccisi dai repubblicani nella Guerra civile.

Volevo segnalare che nell’articolo “L’eminenza grigia della Casa Bianca”, pubblicato su Focus Storia n° 172, non sono stati riportati tre grandi risultati dell’attività politica svolta da Henry Kissinger (1923): il primo è l’importante accordo di pace tra Egitto e Israele dopo la guerra dello Yom Kippur del 1973 (la cosiddetta “diplomazia della navetta”); poi la fine dell’embargo del petrolio da parte dell’Opec; e infine l’accordo di pace tra Siria e Israele (la “navetta siriana”). Inoltre vorrei rivelare agli altri lettori una curiosità su quest’uomo politico che ha fatto la storia politica degli Stati Uniti: Kissinger è stato l’unico Segretario di Stato della storia americana a ricevere, come previsto nella Costituzione, le dimissioni prima del vice presidente (Spiro Agnew) che del presidente in carica (Richard Nixon).

Carlo Enrico Paciaroni

Paolo Tassini, Fiano Romano (Rm)

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I NOSTRI ERRORI

Henry Kissinger immortalato nel 1972, quando era consigliere per la sicurezza nazionale, dal barbiere della Casa Bianca.

Su Focus Storia n° 172, a pag. 51, nel paragrafo “Il Papa Buono” relativo a papa Giovanni XXIII abbiamo scritto che Angelo Roncalli venne eletto al soglio di

Pietro nel 1953, mentre in realtà diventò papa nel 1958. Su Focus Storia n° 172, a pag. 25, nell’articolo “Regine in casa d’altri” si

legge che i Savoia non hanno avuto imperatori. Invece Vittorio Emanuele III, oltre che re, è stato imperatore d’Etiopia dal 1936 al 1943.

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LO SCOPRITORE DEL RIO DELLE AMAZZONI

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ome Francisco Pizarro, anche Francisco de Orellana nacque a Trujillo, nel 1511. Imbarcatosi a 16 anni per le Americhe, nel 1535 arrivò in Perù e prese parte alla conquista dell’Impero inca con il suo concittadino. Quest’ultimo aveva un fratello, Gonzalo, che nel 1541 organizzò una missione esplorativa nell’interno, alla ricerca di oro, cannella e del mitico El Dorado. De Orellana si aggregò. Terra incognita. Superata la vertiginosa catena delle Ande, procedettero lungo i fiumi Coca e Napo. Trovarono la cannella, ma il richiamo dell’oro li spinse ad addentrarsi nel fitto di una foresta sconosciuta, abitata da popolazioni ostili. Dopo un anno le scorte alimentari erano finite e più della metà degli uomini morti. Orellana costruì sul posto un’imbarcazione, con la quale Gonzalo Pizarro gli ordinò di discendere il fiume Napo in cerca di cibo, accompagnato da una cinquantina di uomini. Dopo pochi giorni si trovò davanti a un corso d’acqua enorme nel cuore della foresta. Risalire la corrente per tornare da Pizarro era impossibile e sperando che quel fiume sfociasse nell’Atlantico, il neoesploratore decise di proseguire con una seconda imbarcazione costruita sul posto. Orellana avrebbe deciso di chiamare quel fiume Rio delle Amazzoni dopo essere stato attaccato, nel giugno del 1542, da un gruppo di indigene armate di arco e frecce, che gli ricordarono le guerriere della mitologia greca. Sull’Atlantico. Finalmente, il 26 agosto 1542, lo spagnolo raggiunse la foce. L’anno successivo tornò in patria e ottenne dal re l’autorizzazione a conquistare i territori esplorati, che voleva chiamare Nuova Andalusia. Salpò con quattro navi e giunse alla foce del Rio delle Amazzoni nel 1545, ma con due navi in meno (le aveva perse nella traversata), di cui una si incagliò proprio lì. De Orellana non si diede per vinto nemmeno allora e proseguì, ma indigeni e malattie non gli diedero tregua. Una febbre tropicale lo stroncò nel 1546, lungo il “suo” fiume.

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Grande Spagna

Francisco Pizarro a colloquio con Carlo V, che dopo la scoperta del Nuovo Mondo potè dire “sul mio regno non tramonta mai il sole”. In basso a sinistra, Francisco De Orellana.

A ME IL PERÙ

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ALBUM / ORONOZ / MONDADORI PORTFOLIO

PRIMO PIANO

l più celebre dei conquistadores insieme a Cortés, Francisco Pizarro, nacque a Trujillo (nell’Estremadura) verso il 1475. La data precisa non è registrata perché era figlio illegittimo di un colonnello di fanteria, che lo riconobbe ma non lo accettò mai nella propria famiglia. L’infanzia di Francisco fu dunque misera e senza istruzione e lo spinse a fuggire a Siviglia, dove si imbarcò prima per Santo Domingo e poi con Vasco Núñez de Balboa nella spedizione che scoprì il Pacifico (vedi riquadro nelle pagine seguenti). A Panama diventò uno dei notabili del luogo, ma proprio lì ebbe notizia di un impero ricchissimo, il Pirù o Birù, e decise di conquistarlo con l’ecclesiastico Hernando de Luque e il soldato di ventura Diego de Almagro. L’impresa. Dopo due viaggi di esplorazione e un soggiorno in Spagna per ottenere il benestare di Carlo V e altri fondi, Pizarro partì nel 1531 per la folle impresa, con 3 navi, 180 uomini e 37 cavalli, a cui si aggiunsero più tardi (1532) i rinforzi di Almagro. Rivelando un talento tattico e strategico di prim’ordine, ma anche audacia e spietatezza, Pizarro non si limitò a


ATORI

Diedero a Carlo V più terre di quante ne avesse ereditate. Ma era l’avidità a guidare i conquistadores. di Irene Merli

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ercavano l’El Dorado. Un favoloso regno del Nuovo Mondo, pieno zeppo d’oro e pietre preziose, che li avrebbe resi ricchissimi, come nessun altro prima di loro. In realtà, la maggior parte dei conquistadores trovò più miniere d’argento (la plata) che vene aurifere. E un caldo umido e soffocante, nugoli d’insetti, animali letali, fame, la fatica del cammino in fittissime foreste tropicali o su sentieri impervi. Ma tennero duro in nome di quel sogno, e se tra i precolombiani commisero terribili efferatezze, fu anche perché in Spagna avevano vissuto soprusi e frustrazioni ed erano stati decimati prima di arrivare alle loro conquiste.

conquistare l’Impero incaico: fondò anche nuove città, come Lima (1535) e Trujillo, scalò più volte le Ande, si arricchì in modo favoloso e governò il vicereame del Perù alla stregua di un monarca assoluto, sconfiggendo temibili rivali spagnoli (come l’ex socio Almagro, che finì giustiziato), prima di essere egli stesso assassinato da un gruppo di congiurati almagristi, mentre cenava nel suo palazzo di Lima, nel 1541. Condottiero. Nei dieci anni della sua avventura, Pizarro commise atti ignobili, tra i quali la cattura a tradimento, a Cajamarca, del sovrano inca Atahualpa e la sua crudele esecuzione, dopo avergli estorto un favoloso riscatto in oro e argento. Dopo avere saccheggato Cuzco, la capitale degli Inca, nel 1534 approdò a Siviglia con una nave carica di dieci tonnellate d’oro e sette d’argento; se ne parlò per anni. Pizarro aveva persino qualche tratto del condottiero rinascimentale: nonostante la ben nota crudeltà, sembra che sia stato l’unico tra i conquistadores a non abusare delle donne indigene, mentre altri le vendevano incinte come schiave perché valevano di più.

RIVALSA. La loro sfrenata avidità nasceva in molti casi dalle regole ereditarie della Spagna, dove nella piccola nobiltà, un gruppo sociale molto importante, era solo il primogenito ad acquisire il titolo: ai cadetti non restava che darsi alla guerra o andare in convento. Chi sceglieva di combattere (i più) era animato da un forte senso di orgoglio e dal desiderio di affermare la propria superiorità. I conquistadores erano figli di un dio minore, avventurieri spinti da sfrenate ambizioni, soldati che si erano fatti le ossa nella guerra contro i Mori, finita proprio l’anno della scoperta di Colombo con la caduta del Regno di Granada. Molti erano impoveriti ed erano attratti dalla prospettiva di un viaggio verso l’ignoto che cambiasse il loro stato sociale, un po’ come avverrà nell’Ottocento in California con la corsa all’oro. Eppure tra loro ci fu anche chi preferì le esplorazioni alle battaglie e compì imprese epiche. In queste pagine vi raccontiamo vite e • avventure dei più famosi tra questi uomini. 55

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“Non sono venuto qui per altri motivi. Sono venuto IL COSTRUTTORE DI CUBA

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alpato per le Americhe nel 1493, durante il secondo viaggio di Cristoforo Colombo, Diego Velázquez de Cuéllar (1465-1524) ricevette l’incarico di prendere il controllo di Cuba dal figlio maggiore di Colombo, Diego. Originario di Cuéllar, presso Segovia, Velázquez sbarcò sull’isola alla fine del 1509 con circa 300 uomini. Nel 1511 fondò la prima città cubana, su un’area abitata da indigeni: Nuestra Señora de la Asunción de Baracoa. Baracoa diventò la prima capitale della nuova colonia spagnola, fino a quando fu sostituita da Santiago de Cuba, nel 1514. In tutto, il febbrile Velázquez fondò sette città: l’ultima fu proprio San Cristóbal de la Habana (1515). E quando lui e i suoi uomini ebbero accumulato abbastanza ricchezze, iniziarono a far costruire fortezze per difendersi dagli altri colonialisti europei, case, chiese e palazzi dei signori che amministravano i borghi attraverso un consiglio chiamato cabildo. Velázquez diede un forte impulso economico a Cuba, ma da bravo conquistador ne fece la base per altre imprese. Scontro di potere. Si dichiarò indipendente da Diego Colombo e inviò le spedizioni di Francisco Fernandez de Cordova e di Grijalva lungo le coste del Messico. Poi nominò Cortés capo della conquista del Messico (sotto, i due alla partenza di Cortés da Cuba). Ma quando il conquistador rifiutò di tornare alla base dopo avere scoperto il regno azteco, Velázquez tentò di farlo arrestare: non voleva lasciargli quel bottino. Nel 1518 Velázquez fu nominato governatore di Cuba e denunciò Cortés alla corte spagnola. Aveva attaccato l’uomo sbagliato: dopo la conquista dell’Impero azteco con le sue enormi ricchezze il suo nemico era intoccabile e da Madrid arrivò il secco ordine di tenersi fuori dagli affari del Messico. Svanite le ultime speranze, Velázquez morì poco dopo per un colpo apoplettico. La sua tomba si trova nella cattedrale di Santiago de Cuba e la sua casa, del 1515-1519, è la più antica costruzione in muratura del continente americano, oggi sede del Museo de Arte Colonial.

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ato a Salamanca nel 1479, Francisco de Montejo sognava di diventare un nuovo Cortés conquistando lo Yucatán. Ma le cose non andarono come lui sperava, perché i Maya si dimostrarono un osso duro, almeno quanto gli Aztechi. La civiltà maya era in declino e in quei territori non esisteva un potere centralizzato. Ma proprio perché la popolazione era suddivisa in tanti centri politici con altrettanti capi indipendenti e combattivi, la conquista fu più difficile. Agguati. Nel 1526 de Montejo, veterano delle spedizioni con Grijalva e Cortés, chiese al re di Spagna il diritto di conquistare la Penisola dello Yucatán. Un anno dopo arrivò nella parte orientale del territorio con 300 soldati (sopra, lo sbarco del 1527 in una stampa di fine ’500). Inizialmente gli spagnoli furono accolti in modo pacifico, ma avanzando incontrarono solo città disabitate, i cui abitanti però li seguivano per attaccarli. Si videro costretti a costruire un forte a Xamanha, ma non riuscirono a prendere il controllo della regione. De Montejo ritornò nel 1531 con forze fresche e un vero esercito, conquistando la città portuale di Campeche, che fu fortificata. Poi mandò il figlio Francisco nell’entroterra. A quel punto alcuni capi maya accettarono di allearsi e l’avanzata proseguì fino a Chichén Itzá, conquistata e proclamata

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capitale dello Yucatán spagnolo. Dopo pochi mesi, però, gli indigeni si ribellarono al giovane Montejo e gli spagnoli furono costretti a fuggire nell’attuale Honduras. Sotto attacco. Nel frattempo il vecchio de Montejo era di nuovo sotto assedio. Così, nel 1535 si trasferì a Veracruz, lasciando lo Yucatán in mano ai Maya. Trasmise al figlio i diritti di conquista che il re gli aveva garantito e divenne governatore dell’Honduras. Ma nel 1548 dovette tornare in Spagna per difendersi dalle accuse del suo successore. Così, dopo aver compiuto tre attacchi allo Yucatán per piegare il regno maya, non mise più piede oltreocano e nel 1553 mori povero, dopo una lunga malattia. L’erede. Francisco, invece, invase lo Yucatán con un grande esercito nel 1540. Nel 1542 spostò la capitale nella città maya di T’ho, che ribattezzò Merida. A quel punto il signore dei Tutul Xiu si convertì al cristianesimo. I Tutul Xiu, che controllavano buona parte dello Yucatán occidentale, divennero validi alleati degli spagnoli e li aiutarono nella conquista del resto della penisola. Quando gli spagnoli e i loro alleati indigeni sconfissero un esercito formato da vari gruppi maya dello Yucatán orientale, nel 1546, la conquista fu completata. Per tutto il periodo coloniale le rivolte si susseguirono, ma la civiltà maya aveva ricevuto il colpo di grazia.

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LA LUNGA LOTTA CONTRO I MAYA


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qui per portare via il loro oro” (Francisco Pizarro) UN ALTRO OCEANO

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ato da una famiglia della piccola nobiltà impoverita a Jérez de los Caballeros, verso l’anno 1475, Vasco Núñez de Balboa seguì Rodrigo de Bastidas nella sua spedizione lungo le coste del Nuovo Mondo, arrivando a Darién (oggi Panama) tra il 1500 e il 1502. Più tardi si stabilì a Santo Domingo, da dove però, inseguito dai creditori, dovette tornare di corsa a Darién nel 1510. In questa nuova terra Balboa acquistò ben presto grande fama fra i primi conquistadores grazie alle sue gesta. Due mari. Avendo sentito parlare dell’esistenza di un mare occidentale che bagnava terre ricchissime d’oro (il Pacifico, allora ignoto), decise di tentare la traversata di quello che si sarebbe rivelato un istmo. Partito il 15 settembre 1513 con 190 spagnoli e 600 indios dal Golfo di Darién, in uno dei punti dove l’istmo è più stretto e le alture non oltrepassano i 700 metri, superò le difficoltà delle foreste fittissime e le insidie degli indios. Determinato come pochi, il 25 avvistò in lontananza l’altro mare e il 29 raggiunse la costa del golfo che chiamò di San Miguel, assieme a una manciata di spagnoli malconci, tra cui Pizarro. Con un gesto trionfale, entrò nelle acque fino al ginocchío con spada e bandiera, proclamando il re di Spagna signore del nuovo oceano (da lui chiamato Mar del Sur) “dal Polo boreale fino all’australe”. Ma non gli fu concesso altro che il titolo di governatore delle province del Mare del Sud, sotto la giurisdizione del nuovo governatore del Darién, Pedro Arias de Ávila. Tradimento. Mentre Balboa era stato un governatore saggio e prudente, de Ávila non lo era per niente. Ovviamente trovò subito un pretesto per farlo arrestare (da Pizarro) e condannarlo a morte per tradimento, nel 1519. Balboa, benché fosse spietato quanto gli altri conquistadores, è oggi ricordato soprattutto come esploratore e buon amministratore. Non a caso, a Panama, le piazze e le statue dedicate a lui sono molte e la moneta ufficiale panamense si chiama balboa.

Imprese

Balboa alza la spada e reclama per la Spagna il Pacifico, che lui chiamò Mare del Sud. In basso, Cabeza de Vaca marcia nel deserto del Texas, durante la sua odissea nel SudOvest americano.

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ra coloro che dalla Spagna sbarcarono nel Nuovo Mondo, Álvar Núñez “Cabeza de Vaca” (1490-1560) visse l’avventura più incredibile. Avviato alla carriera militare, raggiunse l’America nel 1527 con una spedizione di esplorazione della Florida, guidata da Pánfilo de Narváez, come tesoriere e uomo di fiducia della Corona. Falsa partenza. La spedizione partì male: i conquistadores restarono impantanati nell’entroterra paludoso fin quando decisero di raggiungere il Messico, che credevano vicino ma che in realtà distava più di 3mila chilometri. Ripresero a navigare lungo la costa e, dopo varie traversie, nel 1528 toccarono le coste dell’odierno Texas. Ma erano sbarcati solo i 15 superstiti e la primavera dopo erano vivi soltanto Cabeza de Vaca e tre compagni: Andrés Dorantes, Alonso del Castillo Maldonado e lo schiavo moro di Dorantes. Furono i primi europei a vedere una tribù di nativi nordamericani, che però li catturò e li fece schiavi.

Traversata nel deserto. I quattro riuscirono a fuggire e partirono verso ovest alla ricerca di altri spagnoli. Viaggiando in condizioni estreme, spesso in zone semidesertiche e a piedi, furono i primi a percorrere il Nord America dalla Florida a Città del Messico, dove giunsero nel 1536. Ci misero otto anni. Dopo l’incontro con un nativo che indossava ornamenti spagnoli, i quattro trovarono finalmente altri compatrioti. Era la spedizione di Diego de Alcaraz, che aveva lo scopo di catturare schiavi. Ma Cabeza De Vaca si rifiutò e fu imprigionato, caricato su una nave e rimpatriato nel 1537. Riuscì comunque a tornare nel Nuovo Mondo. Diventò governatore della colonia del Rio de la Plata e, dal novembre 1541 al marzo 1542 tracciò un percorso da Santos, in Brasile, ad Asunción, in Paraguay. Fu spodestato da un governatore ribelle ed esiliato in Algeria. Graziato dopo otto anni, potè rivedere la Spagna e morì sereno, dopo aver scritto Naufragios, la storia del suo incredibile viaggio.

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DALLA FLORIDA AL MESSICO


DOMANDE&RISPOSTE

Queste pagine sono aperte a soddisfare le curiosità dei lettori, purché i quesiti siano di interesse generale. Non si forniscono risposte private. Scrivete a Focus Storia, via Arnoldo Mondadori 1, 20054 Segrate o all’e-mail redazione@focusstoria.it A cura di Federica Ceccherini

Amanti

Una giovane coppia si bacia in un parco. Dipinto di Josef Schusser (1864–1941).

ANTICHITÀ

NELL’ANTICA ROMA ESISTEVA UN “DIRITTO DI BACIO”? Domanda posta da Claudio Giovi.

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ì, a Roma le donne erano tenute a baciare quotidianamente, sulla bocca, il marito, i fratelli e il padre. Lo stabiliva lo “ius osculi”, o appunto “diritto di bacio”. Non si trattava di un gesto di affetto, bensì di un espediente attraverso il quale gli uomini potevano appurare se la donna aveva bevuto alcolici, testandone l’alito. Nell’antica Roma infatti l’alcol era proibito per le donne honestae. Coloro che contravvenivano a questa regola potevano essere ripudiate o addirittura uccise. Alla base del divieto vi era la convinzione che, bevendo, si sarebbero lasciate andare a comportamenti licenziosi. La proibizione non valeva per le categorie considerate malfamate (probrosae), tra le quali donne di spettacolo, cameriere delle taverne e prostitute.

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Tanti altri quesiti sui fatti storici li trovate ogni mese in edicola su Focus Domande&Risposte dove è stata ampliata la sezione dedicata alla Storia.


CURIOSITÀ SOCIETÀ

Domanda posta da Aldo Cerni.

Manifesto pubblicitario della colomba (1935).

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GUERRA

MONDADORI PORTFOLIO/FOTOTECA GILARDI

on un impasto simile a quello del panettone, la colomba si diffuse nel nostro Paese a partire dagli Anni ’30. L’idea venne a Dino Villani, allora direttore della pubblicità della ditta milanese di panettoni Motta. Per sfruttare i macchinari per la produzione dell’impasto anche dopo Natale, Villani inventò un dolce primaverile da commercializzare a Pasqua. Leggenda vuole che un dolce a forma di colomba fosse stato già creato nel VI secolo da un cuoco durante l’assedio di Pavia, per essere offerto al re longobardo Alboino. Quello che è certo, comunque, è che l’idea di una specialità a forma di uccello della pace da vendere a Pasqua ebbe subito un grande successo su tutto il territorio nazionale, che prosegue ancora oggi.

iDomanda posta da Marisa Lozito.

ra il programma di ricerca militare per la costruzione della bomba atomica, avviato nel 1942 negli Stati Uniti dall’allora presidente Franklin D. Roosevelt, in collaborazione con Canada e Regno Unito. A portare avanti il “Manhattan Project” erano diversi scienziati, in gran parte di origine europea – tra cui l’italiano Enrico Fermi –, coordinati dal fisico Julius Robert Oppenheimer, figlio di immigrati tedeschi. Dopo tre anni di studi e ricerche, il 16 luglio 1945 fu fatta detonare nel New Mexico la prima atomica. Il nuovo presidente Harry Truman non perse tempo e, incurante del parere negativo di numerosi fisici tra cui Albert Einstein, usò subito la nuova arma nucleare per colpire il Giappone. Fece sganciare, il 6 e 9 agosto 1945, due ordigni, al plutonio e uranio, uno su Hiroshima e l’altro su Nagasaki.

La prima atomica, nome in codice “The Gadget”, fatta esplodere in New Mexico.

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Che cos’era il “Progetto Manhattan”?

Un tempo si circolava in tutti i Paesi tenendo la sinistra? Domanda posta da Mara De Sanctis.

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ì, la marcia a sinistra – oggi in vigore in una cinquantina di Paesi, tra cui Gran Bretagna, Irlanda, Malta, Giappone, India, Australia, Nuova Zelanda, Indonesia e Sudafrica – un tempo era predominante. L’uso nacque nel Medioevo quando gli uomini a cavallo tenevano la sinistra per poter sfoderare, con la destra, la spada in caso di brutti incontri. Nel 1300, per regolare il flusso dei pellegrini nel primo Giubileo, papa Bonifacio VIII rese obbligatorio questo senso di marcia, che si diffuse poi con le carrozze (permetteva di frustare i cavalli senza colpire i pedoni a bordo carreggiata). In Francia, con la Rivoluzione (1789) si iniziò a tenere la destra e il nuovo uso si affermò nel resto del continente (Regno Unito escluso) e Oltreoceano. Ma in Italia le prime auto circolavano sia a destra sia a sinistra, finché nel 1923 una legge impose la “mano destra unica”.

Londra, Piccadilly Circus: carrozze e auto all’inizio del ’900.

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Perché a Pasqua si mangia la colomba?


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MEDICINA

L’Obiettivo 3 mira a garantire in tutto il mondo il DIRITTO ALLA SALUTE. Ciò significa una sanità equa, che assicuri a tutti cure e medicine a costi sostenibili, ridurre la mortalità infantile, prevenire malattie e contrastare epidemie. In nome di un’idea di salute definita dall’Oms fin dal 1948: “uno stato di completo benessere, fisico, mentale e sociale, e non la mera assenza di malattia o infermità”.

LE CURE DI UNA VOLTA di Aldo Carioli

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In ospedale

Governo e cura degli infermi, parte del ciclo di affreschi realizzato da Domenico di Bartolo nel 1440 per il Pellegrinaio dell’antico Ospedale di Santa Maria della Scala, a Siena.

Come si curavano i nostri antenati? E quando la salute è diventata un diritto per tutti?

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rentacinque, venti, sessantadue. Non sono numeri da giocare al lotto, ma gli anni che poteva aspettarsi di vivere chi nasceva a Roma due millenni fa, a Firenze nel 1400 e a Milano nel 1950. Se dopo la Seconda guerra mondiale gli italiani hanno finalmente cominciato a superare in massa il traguardo dei cinquant’anni, il merito è stato dei progressi nella medicina, nell’assistenza sanitaria e nelle

condizioni di alimentazione e igiene. Progressi che però si sono diffusi in modo disuguale e soltanto al termine di una strada lunga e accidentata.

OSSA ROTTE. Dei malanni dei nostri antenati più remoti sappiamo quello che ci raccontano le loro ossa e la loro letteratura. Le prime svelano, per esempio, che i Neandertaliani potrebbero essere stati falcidiati dai virus portati da Homo sapiens e dalle  loro abitudini alimentari; o che gli 91

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Egizi soffrivano per diverse malattie infettive endemiche lungo il Nilo e che avevano spesso guai ossei. La letteratura invece ci ha tramandato la più antica epidemia di cui si abbia notizia nel mondo ellenico, quella con cui si apre l’Iliade, insieme alla casistica delle ferite di guerra tra Età del bronzo e del ferro (XII-VIII secolo a.C.). «Il “panorama patologico” nell’Iliade e nell’Odissea è prevalentemente traumatico», scrive lo storico della medicina Giorgio Cosmacini nel suo libro L’arte lunga (Laterza), il cui titolo si ispira al detto antico ars longa, vita brevis. Nell’Ottocento, il medico francese Charles Daremberg si tolse lo sfizio di contare le ferite nell’Iliade: «Sono 147», riassume Cosmacini, «di cui 12 da freccia, 12 da fionda, ben 106 da lancia, con una mortalità rispettivamente del 42%, 66% e 80%; le rimanenti 17 ferite, da spada, sono tutte mortali». Secoli dopo, nella Roma imperiale, centinaia di battaglie produssero i migliori chirurghi dell’antichità: sapevano amputare, ma anche estrarre calcoli e praticare parti cesarei.

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Pronto soccorso

A destra, il medico Iapige con un bisturi cura la ferita di Enea, in un affresco pompeiano del I secolo. Sopra, Achille benda Patroclo (coppa del 500 a.C.). Sotto, strumenti chirurgici del I secolo (Museo archeologico di Napoli).

(C) PHOTOGRAPH BY ERICH LESSING

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DOTTOR SCIAMANO. Nel mondo antico le cure seguivano un doppio binario: medicina sacra (divinazioni e riti magici) e rimedi pratici (chirurgia, erbe, sostanze minerali). «In Egitto la medicina è, all’origine, una prerogativa della casta sacerdotale», spiega ancora Cosmacini. Imhotep (architetto e medico divinizzato) e Thot (dio-ibis della sapienza) erano i numi tutelari della salute invocati dai sunu, i medici egizi,


IN CERCA DI EQUILIBRIO. Il nume tutelare dei guaritori greci era il semidio Asclepio, che nel suo tempio a Epidauro suggeriva le cure in sogno. Ma nel IV secolo a.C. tutto cambiò con Ippocrate, quello del giuramento dei medici. Ippocrate insegnava che salute e benessere dipendevano dall’osservazione dei sintomi (oggi diremmo dalla clinica) e dall’equilibrio di quattro umori corporei: bile nera, bile gialla, bile rossa (sangue) e

Epidemie motore della Storia

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ericle, Antonino, Giustiniano: a ciascuno la sua pestis, ovvero la sua “disgrazia, calamità”. La “peste di Atene” (V secolo a.C.), che era forse tifo petecchiale, uccise Pericle e accompagnò il declino dell’Attica. Il “morbo di Antonino” (167-170 d.C.), che era vaiolo o morbillo, provocò 5 milioni di morti in un Impero romano indebolito da carestie e guerre, accelerandone la fine. La “peste di Giustiniano” nel 543 a Costantinopoli faceva tra 5 e 10mila morti al giorno e flagellò l’Europa per altri due secoli. Terremoti demografici. Poi arrivò lei, la Peste Nera provocata dal batterio Yersinia pestis, trasmesso da pulci dei ratti e pidocchi umani: sbarcò a Messina nel 1347 su navi genovesi arrivate dal Mar Nero. Nel 1348 a Genova, Venezia e Pisa uccise oltre il 30% degli abitanti; a Firenze, tra morti e fuggitivi, dimezzò la popolazione (e ispirò a Boccaccio il Decamerone). La peste in Europa riesplose ogni volta che sovrappopolazione e crisi agricola si sommavano: nel 1630 nel Nord Italia si portò via un milione di abitanti (il 25%); nel 1656 almeno 150mila napoletani (il 50%); 10 anni dopo, 100mila londinesi. Tempi moderni. Nel frattempo, i conquistadores avevano esportato in America morbillo e vaiolo, sbaragliando le difese immunitarie dei precolombiani. Poi fu la volta delle pandemie della Rivoluzione industriale e della globalizzazione: le sei di colera nell’Ottocento, quella di influenza “spagnola” del 1918-19 (almeno 50 milioni di morti), quella di Aids, varie di influenza e ovviamente quella di Covid-19.

La Scuola medica di Salerno, vera eccellenza del Medioevo, studiò il rapporto tra alimentazione e salute flegma (muco). La rivoluzione di Ippocrate fu tramandata ai Romani e poi al Medioevo da Galeno (II secolo). Risultato: per quasi due millenni la ricerca dell’equilibrio tra gli umori è stata alla base dei trattamenti più diffusi, che poi si riducevano spesso ad applicazioni di sanguisughe e salassi.

DIMMI COME MANGI... Nel IX secolo gli insegnamenti di Ippocrate si fusero con quelli dei sapienti arabi nella Scuola medica di Salerno, eccellenza del Medioevo della quale fece parte Trotula de Ruggero, prima donna a

Dalla magia alla medicina

praticare ufficialmente la medicina, verso il 1050. La Scuola salernitana dava grande importanza alla relazione cibo-salute, oggi un pilastro della prevenzione eppure importante anche nell’antichità. I paleopatologi hanno scoperto che molti abitanti di Ercolano, morti nel 79 durante l’eruzione del Vesuvio, soffrivano di brucellosi, trasmessa dal latte ovino. Sappiamo anche che si curavano (senza saperlo) con antibiotici naturali che proliferano nelle muffe di fichi e melograni secchi: erano consigliati per tonsilliti (i primi) e  congiuntiviti (i secondi).

Nella pagina a sinistra in alto, Thot, dio egizio della sapienza, negli affreschi della tomba del faraone Seti I. Qui sotto, il medico arabo Avicenna prepara la cura per un malato di vaiolo (miniatura del XVII secolo).

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che sapevano curare, tra le altre cose, la cataratta. L’oculistica era specialità comune anche tra gli asu, i loro colleghi assiri, dei quali nel Codice di Hammurabi (1750 a.C. circa) si legge: “Se un medico apre un ascesso dell’occhio di un uomo con il coltello di bronzo, e distrugge l’occhio dell’uomo, gli si taglino le dita”. «Nelle tradizioni greche arcaiche il guaritore “magico”, il pharmakòs, è un uomo prescelto per la sua bruttezza, un malcapitato che alla fine viene bruciato, oppure un delinquente condannato che viene fatto precipitare dalla rupe o anche un giovane gettato in mare per liberarsi, con lui, di ogni malanno», spiega Cosmacini. Il medico ai tempi di Omero era di fatto un capro espiatorio. «Ma in Grecia phàrmaka erano anche le preparazioni manipolate da donne “pari alle dee”, guaritrici che applicavano la pratica domestica a confezionare rimedi in qualche modo efficaci». Una bella differenza rispetto all’Italia del Seicento, dove circolava il detto: “meglio morire che farsi curare da una donna”.

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ella Divina Commedia, Dante fissa la metà del “cammin di nostra vita” intorno ai 35 anni. Il che farebbe pensare che all’inizio del Trecento si campasse fino a settant’anni. In realtà Dante quel numero lo ricavò dalla Bibbia ma soprattutto, non essendo un demografo, non tenne conto della spaventosa mortalità infantile del tempo: a 70 anni ci si poteva anche arrivare, il difficile era superare i primi 730 giorni. L’elastico della vita. Rifacendo i conti così, la speranza di vita di un neonato del 1300 crolla a 40 anni (tra i fiorentini agiati). Anche ignorando i Speranza di vita alla nascita in Italia (mortalità infantile inclusa) decessi sotto i cinque anni, ANNI 90 soltanto negli Anni ’20 nel 80 nostro Paese si allungò fino 70 60 ai 50 anni. Da allora, in Italia 50 abbiamo guadagnato in media 40 tre decenni di esistenza. E nel 30 20 mondo, dal 1800 a oggi, oltre 10 quattro: la speranza di vita 0 Preistoria Roma 1000 1300 1400 1600 1750 1850 1900 1950 2019 globale in due secoli è infatti I secolo Speranza di vita alla nascita passata da 30 a 73 anni.

Vaccini, microbiologia e igiene sono le conquiste che hanno rivoluzionato la medicina moderna

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LAZZARETTI E OSPEDALI. Gli storici spiegano che a minare la salute, a qualsiasi latitudine e in qualsiasi epoca, è soprattutto la fame. Nell’Ottocento la dieta povera a base di farina di mais nella Pianura Padana provocò il dilagare della pellagra, una grave patologia da malnutrizione. E per secoli nelle chiese medievali si pregò così: “A fame, peste et bello, libera nos, Domine”. La guerra

CRONOLOGIA 460-377 a.C.

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Ippocrate di Kos fonda la medicina greca. Nel II secolo d.C. Galeno diffonde le sue teorie, tramandate al Medioevo.

Sanità pubblica

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FONTI: AA.VV. LA POPOLAZIONE ITALIANA DAL MEDIOEVO A OGGI (LATERZA), ISTAT

Quanto si viveva in Italia?

(bellum) era un male necessario, contro la fame i governanti organizzavano distribuzioni di farina agli indigenti, ma nemmeno i più lungimiranti potevano evitare il secondo male della lista, le epidemie (v. riquadro nella pagina precedente). La Peste Nera uccise un terzo della popolazione del continente tra il 1347 e il 1350 (circa 25 milioni di morti), ma ebbe almeno il merito di gettare il seme della sanità pubblica. La necessità di arginare il contagio con quarantene e isolamento portò al primo lazzaretto, a Venezia nel 1423, agli Uffici sanitari delle signorie (le “Asl” rinascimentali) e ai primi ospedali. Questi ultimi, all’inizio ospitavano (da cui il nome “ospitale”) i pellegrini, poi divennero “alberghi dei poveri” e infine, come il Pellegrinaio di Siena (1380) o l’Ospedale Maggiore di Milano (1448), “case della salute” spesso laiche e controllate dal comune o dalla signoria. Erano i primi passi del welfare (v. riquadro a destra).

La vaccinazione nelle campagne (1894) di Demetrio Cosola, pittore di Chivasso, primo comune in Piemonte a imporre il vaccino anti-vaiolo. Sotto, trasfusione di sangue da pecora a uomo nel Seicento.

Fu allora che la professione medica si differenziò dall’arte dello speziale (il farmacista) e dalla figura del cerusico, precursore del chirurgo. Estrazioni dentarie e altri interventi (senza anestesia) per secoli erano stati affare da barbieri e norcini (i macellatori di maiali). Nel Quattrocento, qualcosa cambiò. «Il medico divenne uno specialista sempre più della sola sanitas corporis e sempre meno della salus animae», spiega Cosmacini. «Tecniche, pratiche e regole di comportamento erano dettate non più dall’onniscienza divina, ma dalla scienza umana».

TRE RIVOLUZIONI. I punti di svolta di questa “scienza umana” si riassumono in tre parole: vaccini, microbiologia e igiene. Dobbiamo i vaccini al britannico Edward Jenner che, conducendo a fine Settecento esperimenti che oggi sarebbero vietati dalla legge, immunizzò contro il vaiolo un bambino di otto anni, iniettandogli materiale infettato dal virus del vaiolo

I progressi della medicina IX secolo

Nasce la Scuola medica di Salerno, che fonde conoscenze grecoromane e arabe.

1423

Istituzione a Venezia del primo lazzaretto per isolare i malati di peste e garantire la quarantena.

1448

A Milano apre l’Ospedale Maggiore, gestito da rappresentanti del comune.

1537

Il medico francese Ambroise Paré inventa la tecnica per legare i vasi sanguigni dopo le amputazioni sui campi di battaglia.

1628

L’inglese William Harvey descrive la circolazione sanguigna.


Salute: da privilegio a diritto universale

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bovino. Un secolo più tardi, Louis Pasteur sollevò il velo sul mondo di batteri e virus patogeni, fino ad allora sconosciuti, fondando la microbiologia. Eppure le conquiste di Jenner e Pasteur non sarebbero bastate senza la rivoluzione meno vistosa, quella dell’ungherese Ignác Semmelweiss. Di fronte alle troppe morti per “febbre puerperale” (infezioni) tra le neomamme curate dai medici (ma non tra quelle affidate solo alle ostetriche), nel 1847 Semmelweiss capì che la colpa era proprio dei dottori: non si lavavano le mani quando passavano dalla sala dove dissezionavano cadaveri alla sala parto. Bastò imporre la disinfezione delle mani per abbattere la mortalità. Migliori condizioni igienico-sanitarie avrebbero potuto salvare anche migliaia di vittime del colera, la “peste dell’Ottocento” provocata dal vibrione trasmesso da acque contaminate dalle feci. «Il colera arrivò in Italia nel 1835», racconta Cosmacini. «I morti in tre anni sfiorarono i 150mila, dei quali un terzo

1796-98

Il britannico Edward Jenner sperimenta e realizza il primo vaccino, contro il vaiolo.

1820

L’inglese James Blundell compie la prima trasfusione di sangue umano, dopo i pionieristici tentativi con sangue animale.

arco Aurelio (II secolo d.C.) aveva come medico personale il dottore più famoso del suo tempo: Galeno di Pergamo. Nell’Europa dell’assolutismo i sovrani chiamavano a corte i luminari di grido per farsi praticare salassi o, come nel caso di Carlo II d’inghilterra (1630-1685), impacchi di sterco di piccione. Per tutti gli altri c’erano ciarlatani, monacierboristi, guaritrici costrette a nascondersi dall’Inquisizione per non finire sul rogo come streghe. Oppure le preghiere. Diritto alla salute. Anche se gli ospedali debuttarono nel ’400 (v. articolo), l’idea di salute come bene pubblico si diffuse solo con l’Illuminismo. I sovrani illuminati provarono a contrastare la malaria, endemica in Italia fino a Novecento inoltrato, con bonifiche e profilassi. Maria Teresa d’Austria dal 1787 fu testimonial della lotta al vaiolo facendo “variolizzare” i figli (lei si era ammalata ed era guarita). Nell’Ottocento Napoleone rese obbligatorio il vaccino contro il vaiolo per i soldati e fece traslocare i cimiteri fuori dalle mura cittadine per tutelare l’igiene, mentre la chirurgia – causa guerre continue – progredì e gli ospedali furono riorganizzati in modo più efficiente. Dalla culla alla tomba. La Rivoluzione industriale, con l’affollamento delle metropoli e l’inferno degli slums di Londra, stimolò nella seconda metà del XIX secolo timide leggi per l’assistenza socio-sanitaria. E negli Anni ’50 fu proprio il Regno Unito il primo Paese a offrire un welfare moderno, occupandosi dei cittadini “dalla culla alla tomba”. 73 anni di Oms. Gli anni del welfare furono anche quelli durante i quali la salute diventò diritto universale. Nel 1948, insieme all’Onu nacque l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che in 73 anni ha portato avanti campagne di vaccinazione, prevenzione e aiuto sanitario. Dallo stesso anno la nostra Costituzione (articolo 32) stabilisce non solo che la salute è un diritto fondamentale dei cittadini e un interesse della collettività, ma aggiunge anche che la Repubblica italiana “garantisce cure gratuite agli indigenti”.

nelle due grandi città del Sud, Napoli e Palermo, e 5mila a Roma». A Napoli ma anche a Brescia, due città dove l’acqua usata per bere non era ben separata dalle acque reflue, fu una strage; a Milano, dove c’erano norme igieniche più severe, l’epidemia fu meno grave.

RESISTENZE. Il colera oggi si cura con vaccini e antibiotici, ma l’acqua potabile resta la prima linea di difesa nei Paesi in via di sviluppo. Anche perché gli antibiotici, a cominciare dalla penicillina scoperta nel 1928 da Alexander Fleming, sono un’arma a doppio taglio. Ci hanno allungato la vita ma, come riassume lo storico americano Edmund Russell nel recente Storia ed evoluzione (Bollati Boringhieri), «dagli Anni ’40 i batteri patogeni, tra cui gli stafilococchi, hanno evoluto resistenza a ogni antibiotico sviluppato. La comunità medica ha risposto ogni volta introducendo nuovi antibiotici. Il risultato è stato una corsa coevolutiva alle armi». Gli stafilococchi già nel 1946

1846

Il chirurgo scozzese Robert Liston opera il primo paziente anestetizzato con l’etere.

1885

Louis Pasteur, fondatore della microbiologia, mette a punto il vaccino antirabbico.

hanno sviluppato la resistenza alla penicillina, che la ricerca ha sostituito con la meticillina; nel 1961 l’arma era di nuovo spuntata e la scienza ha dovuto rispondere con un nuovo antibiotico... E così via fino a oggi, in una sfida • infinita tra germi e umanità.

1928

Negli Usa, Alexander Fleming scopre la penicillina, già studiata anche dall’italiano Vincenzo Tiberio.

1953

Francis Crick e James Watson descrivono la struttura a elica del Dna, scoperta insieme a Rosalind Franklin.

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