Focus Storia 191 - settembre 2022

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13 AGOSTO 2022 SETTEMBRE 2022

IL FARAONE

DIVO

CENT’ANNI FA VENNE TROVATA LA TOMBA DI TUTANKHAMON: QUEL CHE C’ERA DENTRO LO HA RESO IL PIÙ FAMOSO DI TUTTI. VIAGGIO NEGLI ANTICHI MAUSOLEI, TRA SORPRESE E MISTERI � 4,90 IN ITALIA

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EMILIO SALGARI

Immaginò e raccontò le avventure più appassionanti, ma la sua vita fu un disastro...

GIALLI STORICI

Il killer dell’inquisitore, finito tra i beati della Chiesa invece che in galera

LA PRIMA GRETA

Rachel Carson: la scienziata americana che per prima denunciò gli effetti dei pesticidi


Settembre 2022

focusstoria.it

Storia

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uanto può essere assordante il silenzio di una tomba? Non è un caso se fra le grandi scoperte dell’archeologia c’è quasi sempre il ritrovamento di una sepoltura. A cominciare dalla più famosa, quella di Tutankhamon, che esattamente 100 anni fa svelò al mondo il suo meraviglioso contenuto. Le tombe sono le fonti più ricche e preziose per studiare le civiltà scomparse, anche – forse soprattutto – nella loro vita quotidiana. Nel Primo piano di questo numero troverete le storia della scoperta del secolo e dell’archeologo (Howard Carter) che la rese possibile; ma anche i segreti dell’Esercito di Terracotta, l’ultima compagnia del primo imperatore cinese Qin Shi Huang; o l’intraprendenza di Schliemann, che arrivò a quella che credeva essere la tomba di Agamennone seguendo Omero... Del resto, l’uomo è l’unica creatura che seppellisce i suoi cari e li onora con riti funebri, da decine di migliaia di anni nei modi più diversi. Anche questo vi racconteremo. Emanuela Cruciano caporedattrice

CREDITO COPERTINA:SHUTTERSTOCK

RUBRICHE 4 6 8 10 12 14 16 60 62 64 98

LA PAGINA DEI LETTORI NOVITÀ & SCOPERTE TRAPASSATI ALLA STORIA MICROSTORIA UNA GIORNATA DA... CHI L’HA INVENTATO? NEL PIATTO DOMANDE & RISPOSTE CURIOSO PER CASO PITTORACCONTI AGENDA

©ERICH LESSING/K&K ARCHIVE/MONDADORI PORTFOLIO

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Retro del trono di Tutankhamon (1346-1337 a.C.).

CI TROVI ANCHE SU:

In copertina: la maschera funeraria di Tutankhamon

IN PIÙ... ANNIVERSARI 18 Capitano di carta Emilio Salgari sognava una vita avventurosa, ma viaggiava solo con la fantasia.

GIALLO STORICO 24 Delitto e

paradiso

L’inquisitore Pietro da Verona fu ucciso da Carino da Balsamo, diventato beato.

66 LaL’INTERVISTA riscoperta dell’America

SEPOLCRI MILLENARI TRA SEGRETI E MISTERI 30 Un tesoro faraonico

Il luccichio dell’oro abbagliò Carter quando aprì la tomba di Tutankhamon: l’unica ritrovata intatta nella Valle dei Re.

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Un bagaglio per l’eternità

I sigilli della tomba del faraone nel 1923 erano ancora intatti. Ecco che cosa vide Carter quando entrò nella camera funeraria.

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Siate maledetti

Nei sepolcri gli antichi spesso lasciavano iscrizioni con maledizioni. Ma l’unica diventata leggenda è quella di Tutankhamon. Perché?

40 Scortato nell’aldilà

Come furono realizzati e perché i guerrieri dell’ “esercito di terracotta” del primo imperatore, ritrovati da un contadino nella Cina del 1974.

46 Sulle tracce di Omero

Con l’Iliade in mano, Heinrich Schliemann scoprì la collina dove sorgeva Troia, scavò e trovò la “tomba di Agamennone”.

52 L’ultimo viaggio

Inumazione, imbalsamazione, incinerazione. E poi il corredo e i rituali, le tombe e i sarcofagi sontuosi. Tutti i modi per andarsene...

Uno studioso di Colombo ipotizza una nuova data per la scoperta dell’America.

AMBIENTE 68 Prima di Greta

Rachel Carson nel ’62 pubblicò Primavera silenziosa, pietra miliare dell’ambientalismo.

PERSONAGGI 74 Madre dolente

La moglie di Cosimo I de’ Medici vide morire molti dei figli senza poter far nulla.

80 IlSHOAH bambino ritrovato

Entrò ad Auschwitz a 11 anni, ne uscì vivo e poi sparì. Fino a oggi. È la storia di Luigi Ferri.

DI GUERRA 84 IlSTORIE nostro Vietnam

Gli italiani che hanno combattuto in Indocina nella Legione straniera.

MONDO 92 Paesi perduti

Effimeri o decaduti, ecco i micro-Stati finiti nell’oblio. 3

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SPECIALE

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La massoneria, arrivata in Italia dall’Inghilterra, dal Settecento è stata volano di ricerca scientifica e progresso civile, si è battuta per la libertà di coscienza, l’istruzione obbligatoria, le riforme giuridiche, l’emancipazione femminile e l’elettività

ANSA

re secoli di storia della massoneria in Italia, attraverso le fasi fondamentali del suo sviluppo nel nostro Paese: l’introduzione dall’Inghilterra, l’età napoleonica, il periodo post-unitario e l’autoscioglimento del 1925.

delle cariche pubbliche. Nel tempo contaminato da deviazioni, l’ordine iniziatico è diventato bersaglio di accuse sprezzanti, e anche di inchieste giudiziarie. A raccontare tre secoli di massoneria in Italia su Storia in Podcast è lo storico Aldo A. Mola.

Crudeltà all’italiana Civili uccisi dall’esercito italiano a Domenikon.

Online. Per ascoltare tutte le puntate della nostra audioteca (sono oltre 400) basta collegarsi al sito storiainpodcast.focus.it. Gli episodi di Storia in Podcast – disponibili anche sulle principali piattaforme online di podcast – sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

da Stathis Psomiadis, insegnante e figlio di una vittima che si è dedicato alla ricostruzione dell’eccidio. La notte e l’indomani i soldati della Pinerolo assassinarono per strada e per i campi pastori e paesani che si erano nascosti: fecero 150 morti. La vicenda è stata accuratamente ricostruita nel documentario La sporca guerra di Mussolini (2008) diretto da Giovanni Donfrancesco. Fabio Lambertucci, Santa Marinella (Roma)

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Marzabotto di Tessaglia, è un crimine italiano dimenticato in stile nazista, solo un po’ meno scientifico. Fu il primo massacro di civili in Grecia durante l’occupazione e stabilì un modello. Il primo pomeriggio gli uomini della Pinerolo circondarono il villaggio, rastrellarono la popolazione e fecero un primo raduno sulla piazza centrale. Poi dal cielo arrivarono i caccia con il fascio littorio. Scesero bassi rombando, scaricando le loro bombe incendiarie. Case, fienili, stalle bruciarono tra le urla delle donne, i muggiti lugubri delle vacche. Gli italiani glielo avevano detto, raccontano i vecchi paesani:

“Vi bruceremo tutti!”. Il maestro che capiva la nostra lingua avvertì: “Mamma. Ci ammazzano tutti!”. Molti non avevano mai visto un aereo. Al tramonto, raccontarono poi i figli degli uccisi, le famiglie di Domenikon furono portate sulla curva dei partigiani. Dopo essere stati separati dalle donne, tra pianti e calci, a tutti i maschi sopra i 14 anni fu detto che sarebbero stati trasferiti a Larissa per interrogatori. All’una di notte del 17 gli italiani li fucilarono nel giro di un’ora e i contadini dovettero ammassarli in fosse comuni. “Anche mio padre e i suoi tre fratelli”, ricorda un vecchio rintracciato

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UNA GIORNATA DA...

A cura di Maria Leonarda Leone. Illustrazione di Claudio Prati

VEDOVA DI UN MERCANTE LUBECCA 1353

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e campane della chiesa di San Peter battono sette rintocchi. Mi affaccio alla finestra della mia camera da letto e guardo il canale: l’acqua scorre lenta, trasportando qualche barca. La calma è solo apparente, ma fa contrasto con la piazzetta qua sotto, già animatissima: alcune popolane, venute a prendere l’acqua, chiacchierano e ridono a voce alta intorno alla fontana. Mi sistemo il velo e scendo al piano di sotto, in cucina, dove mia figlia sta già facendo colazione. “Buongiorno, Alheyd. Sei pronta ad aprir bottega?”. “Buongiorno, madre. Certo, arrivo”, mi risponde alzandosi. Da quando sono rimasta vedova, quattro anni fa, le sto insegnando l’arte del commercio delle stoffe, perché possa seguire questa strada, a prescindere da chi sposerà. “Ti dispiacerebbe andare al mercato a comprare del pane bianco e del pesce per la cena?”, aggiungo, rivolta alla mia serva. “Ma non perderti a curiosare fra i banchi o a guardare i giocolieri, mi raccomando”. Lei abbassa semplicemente il capo, in segno di assenso. Prende un grosso cesto di vimini e si avvia a passo svelto, precedendoci. Mentre Alheyd apre le imposte e la porta, vado in laboratorio a controllare le mie lavoranti: impiego solo artigiane qualificate nella lavorazione dei filati, le più brave a cardare e filare la lana grezza. Le stoffe e i panni che vendo sono i migliori della città! Al lavoro. Verso mezzogiorno mi affaccio in bottega, per chiedere a mia figlia se ha bisogno di una mano o se vuole mangiare qualcosa. “Mechtil, siete ogni giorno più bella! Ne deduco che gli affari vanno bene”. Ecco, a me la fame è appena passata: è Andreas. Quell’avido mercante vorrebbe sposarmi e impadronirsi della mia attività: ci prova da quando la peste s’è portata via mio marito. Ma per nulla al mondo lascerei la posizione di cui godo adesso: il nostro matrimonio era un affettuoso sodalizio, però adesso sono padrona di me stessa e del mio commercio. Non tornerò indietro. “Dopo il cibo, ciò di cui tutti abbiamo bisogno sono i vestiti: il commercio delle stoffe

non conoscerà mai crisi, qui a Lubecca. Ma immagino che lo sappiate meglio di me”, gli rispondo pungente. A disagio, Andreas abbozza un sorriso, saluta e se ne va. Torno nel retrobottega: dopo mesi di compravendite di materie prime e stoffe, oggi è giornata di conti. Mio marito, è stato lui a istruirmi: al suo fianco ho imparato la scrittura mercantesca e l’arte del far di conto. E adesso la sto insegnando a mia figlia. Nonostante alcuni uomini sostengano che “non istà troppo bene a una femina sapere leggere, se già no la volessi fare monaca”. D’altra parte quando il mio sposo mancava da casa per lavoro, stava a me compilare e leggere lettere, tenere i registri, la contabilità e le redini della famiglia e dell’impresa. E per quanto ne sappia io, saper leggere le lettere del proprio sposo lontano, tenere in ordine i conti dell’economia domestica alla bisogna e non farsi ingannare da chi si destreggia bene con parole e numeri sono ancora considerate delle virtù, per una sposa... I conti tornano. Siedo su uno sgabello, con il libro mastro aperto davanti a me per ore. Il tempo vola, in mezzo ai numeri, e quando finisco è già tardo pomeriggio: ma tutto quadra, questo è l’essenziale. Torno in bottega: non ci sono più clienti, mia figlia sta ripiegando delle pezze di stoffa. Comincio a chiudere le imposte di legno e serro l’uscio. Mentre Alheyd finisce di mettere in ordine, salgo lentamente le scale, fino al secondo piano. Entro nella mia stanza, apro la cassapanca ai piedi del letto. Da sotto le pesanti lenzuola del corredo, tiro fuori un piccolo forziere: lo apro con la chiave che porto sempre appesa alla cintura, accanto al sacchetto per il denaro, e vi ripongo quasi tutto l’incasso di oggi. Siamo in grado di badare molto bene a noi stesse! Chiudo soddisfatta il coperchio e scendo in cucina per la cena.

Le mie virtù sono leggere, far di conto, gestire la bottega e le lavoranti: saperi che trasmetterò a mia figlia

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IL MEDIOEVO E LE DONNE DAI MILLE IMPEGNI ■ Durante il Medioevo, il ruolo della donna nel matrimonio consisteva nel prendersi cura della casa e partecipare all’economia domestica, dando una mano al marito. Solo le monache e le vedove avevano la possibilità di esprimere la propria personalità. ■ In teoria la donna si sarebbe dovuta limitare a lavorare nella sfera domestica, mentre all’uomo erano riservate tutte le attività pubbliche, ma in realtà molte donne erano impiegate fuori casa. ■ Nel tardo Medioevo, in tutta Europa, i documenti mostrano che le donne, sempre nel rispetto dei loro impegni domestici, lavoravano in tutti i possibili settori, compresi l’edilizia, le miniere e le saline. In alcuni, come quello tessile e alimentare, erano la maggioranza. ■ Alcune imprenditrici si autofinanziavano con capitali propri, ottenuti dalla vendita di abiti e gioielli, ma anche le nobildonne erano impegnate nelle attività più diverse: dall’organizzazione di laboratori per il ricamo, alla gestione di miniere, dalla direzione di opere di bonifica, all’impianto di caseifici, fino alla gestione di alberghi.

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SHOAH

IL BAMBINO RITROVATO di Riccardo Michelucci

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on ricordo in quanti del nostro convoglio entrarono nel lager. Io feci di tutto per rimanere con la nonna. Le Ss ci ordinarono di disporci in fila per cinque e ci scortarono lungo una strada che dalla rampa di arrivo si inoltrava in un bosco. C’erano dei reticolati che, in seguito, seppi essere elettrificati ad alta tensione. Dopo un percorso che allora mi sembrò lungo, perché eravamo sfiniti dalla fame e dalla sete, arrivammo a un grande caseggiato destinato alla disinfezione dei prigionieri». Luigi Ferri è stato uno dei pochi bambini sopravvissuti ad Auschwitz. Venne internato ad appena 11 anni a Birkenau, il campo di lavoro con annesso il centro di sterminio dove vennero assassinati nelle camere a gas almeno 860mila ebrei provenienti da tutta Europa. Insieme a Primo Levi fu anche tra i pochissimi prigionieri italiani presenti all’interno del campo il giorno della liberazione, il 27 gennaio 1945. «Non riuscivo ancora a credere di essere libero e vivo. A volte provavo la stessa sensazione di terrore dei giorni prima della liberazione», racconta. Pochi mesi dopo il ritorno in libertà, Ferri ebbe il coraggio di descrivere a una giuria polacca i crimini cui aveva assistito durante la sua prigionia. Parlò dell’esistenza delle camere a gas in una deposizione ufficiale di fronte alla Commissione d’inchiesta polacca di Cracovia. Ma subito dopo fece perdere le sue tracce, relegando nell’oblio l’esperienza che aveva segnato per sempre la sua vita. Provò a scordarsi di avere il numero B7525 tatuato sul braccio sinistro e rimase in silenzio, per cercare di allontanare quel trauma indicibile e costruirsi un’esistenza normale. Col tempo Luigi Ferri è diventato quello che lo storico Bruno Maida, autore di approfondite ricerche sui minori vittime dei nazisti, ha definito “il bambino scomparso di Auschwitz”, ovvero l’unico dei 25 italiani sopravvissuti di età inferiore ai 14 anni di cui non si era saputo più niente. Nelle pubblicazioni ufficiali del Museo di Auschwitz è l’italiano più citato dopo Primo Levi, ma per decenni gli storici, gli studiosi e i centri di ricerca hanno setacciato invano gli archivi per trovarlo e raccogliere la sua testimonianza, che è

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Come un padre

Cracovia (Polonia), 27 aprile 1945: Luigi Ferri con Otto Wolken, il medico ebreo austriaco che si prese cura di lui durante la prigionia. In alto, sempre loro due nel 1967, quando tornarono ad Auschwitz per una commemorazione.


Entrò ad Auschwitz a 11 anni, ne uscì vivo grazie a un medico ebreo, raccontò tutto e poi sparì. Fino a oggi. È la storia di Luigi Ferri.

una delle poche mancanti anche nel monumentale archivio del Centro di documentazione ebraica contemporanea, a Milano.

UNITED STATES HOLOCAUST MEMORIAL MUSEUM, COURTESY OF FRIEDA FISZ GREENSPAN

UN’ALTRA PERSONA. Oggi, alla soglia dei novant’anni, Ferri ha accettato di parlare del bambino che fu con Frediano Sessi, uno dei più autorevoli studiosi italiani della Shoah, che l’ha raccontata in un libro uscito da poco: Il bambino scomparso. Una storia di Auschwitz (Marsilio). Sessi ci ha spiegato di essere arrivato a Luigi Ferri quasi per caso, avvicinandolo in punta di piedi. «Frequento gli archivi di Auschwitz ormai da più di trent’anni e tempo fa stavo cercando testimonianze scritte e orali di ex deportati italiani che, dopo la liberazione del campo, erano rimasti nei padiglioni attrezzati a infermeria per recuperare le forze e rimettersi in salute», racconta lo studioso. «Anche Ferri rimase a vivere per un periodo tra i blocchi infermeria del campo base e nell’archivio mi sono ritrovato per le mani il materiale inedito che lo citava. Gli ho scritto una lettera per chiedergli se acconsentisse a raccontare ulteriori particolari sulla sua vicenda ad Auschwitz. Lui ha accettato a patto che parlassimo soltanto di quel bambino che ha confinato in un angolo buio della sua mente, non dell’adulto che è diventato dopo». Sessi si è trovato di fronte un uomo molto anziano con una memoria del tutto intatta, che gli ha raccontato la storia di quel bambino come se fosse un’altra persona: «Per non impazzire, e per cercare di ricostruirsi una vita normale, ha dovuto quasi sdoppiarsi nascondendo la sua tragedia. Il tempo non ha lenito le sue ferite. Ripensare a quei giorni è tuttora un’esperienza così sconvolgente che poi necessita di qualche giorno per fargli confinare nuovamente quei ricordi nel buio in cui li ha lasciati». CON LA NONNA. Figlio di una donna cattolica originaria di Fiume e di Julio Frisch, ebreo di lingua tedesca, Luigi Ferri fu catalogato come “ariano”. Ma il 1° giugno del 1944 salì volontariamente sul treno per Auschwitz per non allontanarsi dalla nonna ebrea, che venne arrestata in una retata nazifascista a Trieste. Un ufficiale gli disse chiaramente che poteva restare a casa ma lui la seguì, costringendo i carcerieri a portarlo al binario: la nonna era il suo unico punto di riferimento e lui non voleva in alcun modo separarsi da lei. «Qualcuno ha scritto di me che ebbi il coraggio di non abbandonare  la nonna, come se da così piccolo avessi già la 81

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consapevolezza di quello che accadeva agli ebrei deportati e il mio fosse un gesto emblematico di grande amore. Ma non fu così». Luigi era un bambino sveglio, che sapeva come cavarsela ed era già bilingue, perché conosceva molto bene il tedesco. Fu senz’altro favorito dalla padronanza della lingua dei carcerieri, perché nel lager si poteva morire anche soltanto per non aver capito un ordine. Quando arrivò ad Auschwitz, i primi di luglio del 1944, nel lager regnava il caos assoluto. I nazisti stavano sterminando gli ebrei ungheresi a un ritmo forsennato, circa 25mila al giorno. Lui si salvò perché ebbe la fortuna di imbattersi nel dottor Otto Wolken, un detenuto ebreo austriaco che nella quarantena maschile di Birkenau sostituiva il medico delle Ss e godeva di una certa libertà di movimento. Senza di lui il piccolo Luigi non sarebbe mai uscito vivo dal campo.

IL VERO EROE. Wolken divenne il suo angelo custode: gli spiegò le regole essenziali per cercare di sopravvivere, si preoccupò di rifornirlo di cibo e di acqua, andò a trovarlo spesso per rincuorarlo. «Mi ripeteva di non farmi illusioni», racconta Ferri, «e mi diceva: la dote che devi sviluppare di più è l’attenzione a ogni pericolo incombente, che non sempre potrai allontanare da te». Tra i due nacque un affetto profondo che proseguì dopo la liberazione, anche perché Ferri era rimasto orfano e il medico austriaco divenne per lui un secondo padre. In realtà Otto Wolken rappresentò un’ancora di salvezza per molti deportati ed è il vero eroe di questa storia. Un uomo con un profondo senso della giustizia che aggiornava di nascosto un registro dei fatti terribili che accadevano nella quarantena maschile: gli arrivi e i trasferimenti, le malattie, le fucilazioni e le selezioni per la camera a gas, oltre al vero motivo dei decessi dei deportati. Quando si sapeva ancora ben poco sul sistema concentrazionario di Auschwitz, svelò ai giudici del processo di Cracovia molti dettagli sull’organizzazione e la vita dei prigionieri, indicò con precisione i nomi dei responsabili e infine lasciò documenti preziosi negli archivi dell’ex campo di concentramento. Wolken era stato incaricato di compilare rapporti scritti per i medici delle Ss ed era quindi autorizzato a scrivere. Di notte riponeva i documenti clandestini sotto i materassi dell’infermeria e quando aveva sentore di qualche rischio scavava per nasconderli sotto terra. In calce al libro di Sessi è riportata la raccapricciante cronaca inedita dal campo di Birkenau, compilata da Wolken proprio sulla base di quegli appunti. RITORNO AD AUSCHWITZ. Nel 1967 il medico tornò ad Auschwitz insieme a Ferri per l’inaugurazione del monumento internazionale alle vittime del campo, alla quale presenziarono circa 200mila persone, tra cui 82

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In 5 anni, finirono ad Auschwitz molti ex deportati. “Il bambino scomparso” aveva allora 34 anni e quel ritorno fu per lui un’esperienza assai traumatica. «Ho pianto da morire, mi ha sconvolto solo il fatto di essere di nuovo lì», ricorda. All’epoca accettò di rilasciare un’intervista a un settimanale tedesco, si fece fotografare all’interno di una baracca di legno della quarantena maschile e accanto alle rovine del crematorio ma poi sparì di nuovo, facendo perdere le sue tracce per altri cinquant’anni.

IL LIBRO IL BAMBINO SCOMPARSO. UNA STORIA DI AUSCHWITZ di Frediano Sessi (Marsilio Specchi)

Frutto della testimonianza raccolta attraverso colloqui privati con Luigi Ferri e della scoperta di materiali inediti, in questo libro Frediano Sessi, tra i principali studiosi italiani della Shoah, ripercorre le orme di quel bambino dalla fatidica notte dell’arresto all’incontro con il medico austriaco Otto Wolken, il prigioniero che gli salva la vita. Fino ai giorni concitati che vedono l’arrivo delle truppe sovietiche, nel gennaio del 1945.

All’inferno

Deportati ebrei diretti ad Auschwitz (maggio 1944). Nella pagina a destra, due bambini nell’infermeria del lager: è il febbraio del 1945, subito dopo la liberazione (i sovietici, che arrivarono a gennaio, trovarono il campo quasi vuoto).


MONDADORI PORTFOLIO

230mila minori. Solo 700 sopravvissero Già autore di numerose biografie di vittime della Shoah, nonché curatore dell’edizione italiana del Diario di Anne Frank (Einaudi), Sessi spiega che a differenza dei molti sopravvissuti che non hanno mai raccontato niente e dei pochi che invece ne hanno scritto, magari in tarda età, Luigi Ferri ha deliberatamente cancellato ogni traccia di sé scegliendo di dimenticare Auschwitz per salvarsi dalla “sindrome del sopravvissuto”. Ma MONDADORI PORTFOLIO

allora perché insistere nel cercare di conoscere la testimonianza anche del bambino che fu? «Non per aggiungere la sua voce a quella dei testimoni che hanno già parlato, ma per riflettere su quel lungo silenzio. Soltanto ricostruendo la sua storia e quella di chi non ha mai raccontato quell’esperienza possiamo comprendere quanto è stato profondo il trauma per le singole vittime e • per l’intera umanità», conclude Sessi.

Bilancio di morte

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eso operativo a partire dal giugno 1940, il campo di concentramento di Auschwitz fu ampliato prima con il campo di Birkenau (riservato inizialmente ai prigionieri sovietici), poi con il campo di lavoro di Monowitz, in vista di un progetto per lo sfruttamento del lavoro dei deportati in una fabbrica di gomma sintetica, mai realizzata. Quando con la conferenza di Wannsee del gennaio 1942 i nazisti stabilirono le modalità della “Soluzione finale della questione ebraica”, nell’area iniziarono a essere deportati ebrei da tutta l’Europa. Negli anni vi furono rinchiuse 1,3 milioni di persone, e ne sopravvissero poche migliaia. Secondo i dati dell’Holocaust Memorial Museum di Washington il regime nazista vi uccise circa un milione di ebrei (su 6 milioni in totale), 21mila rom, 15mila prigionieri di guerra sovietici e 10mila persone di altre nazionalità. Dall’Italia. A partire dall’autunno 1943 arrivarono ad Auschwitz come prigionieri politici circa 1.200 italiani non ebrei. Erano in gran parte donne, molte delle quali giovanissime e di origine slovena e croata. Partigiane, sospettate di sostenere la Resistenza o vittime di rastrellamenti per il lavoro coatto nel Reich, le italiane furono arrestate principalmente lungo il litorale adriatico, nel territorio tra Lubiana, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume parzialmente annesso al Reich dopo l’8 settembre. Secondo i dati ufficiali più aggiornati, i minori di diciotto anni deportati ad Auschwitz tra il 1940 e 1945 furono circa 230mila. La maggioranza di essi morirono nelle camere a gas, mentre alcune migliaia di bambini furono selezionati come “cavie” per gli esperimenti medici di Josef Mengele. Circa 700 furono i minori sopravvissuti all’interno del campo al momento della liberazione, il 27 gennaio 1945. 83

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