Focus 373 - Novembre 2023

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21 OTTOBRE 2023 NOVEMBRE 2023 € 4,90 IN ITALIA

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LIVE

VISIONI MILANO

UN ROBOT PER AMICO 3-4-5

NOVEMBRE

SOPRAVVIVENZA CLIMA COME FARANNO GLI ORSETTI ABITUARSI AI TORNADO: SENZA LA LORO MAMMA? ECCO UN BREVE DECALOGO

PELLE DALLE RUGHE SI CAPISCE IL NOSTRO STATO DI SALUTE

NUMERO DOPPIO CON

DOMANDE&RISPOSTE


373 NOVEMBRE 2023

www.focus.it

Scoprire e capire il mondo PRISMA

8 Jurassic pargolo 15 Trasporti in numeri 16 Prisma sonoro 22 Facciamo spazio 24 Covid d’autunno

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Il meteorite estinse i dinosauri, ma non le piante da fiore Il bergamotto abbassa il colesterolo

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dossier intelligenza artificiale

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10 STORIE DI COLLABORAZIONE TRA GLI SCIENZIATI E L’AI

In tutti i campi: astronomia, medicina, fisica, archeologia, tecnologia, meteo, psicologia, animali, sport... E in più: l’intervista, 3 ricerche della Sissa e giochi letterari con ChatGPT.

68 MAMMA, DOVE SEI? natura

Come possono cavarsela cuccioli di mammiferi lasciati soli troppo presto? Il caso degli orsetti di Amarena, e altri.

72 LEGGERE TRA LE RUGHE salute

MULTIMEDIA

Scopri video, audio, timelapse e tanti altri contenuti.

La pelle che raggrinzisce non è solo segno dell’età, ma può perfino agevolare l’invecchiamento e alcune patologie. Ecco perché lo stile di vita è importante.

78 DOVE LA VITA SI ACCENDE le scoperte del Webb

Individuata una molecola che potrebbe spiegare una delle fasi cruciali dello sviluppo della vita.

In copertina: Foto portante: Shutterstock; Sotto da sinistra: IPA Vincenzo Iacovoni; NOAA; AdobeStock.

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D&R Speciale 124 ANIMALI 128 TECNOLOGIA 130 SCIENZA 132 AMORE E SESSO 134 STORIA 138 TE LO DICE...

140 NATURA 142 ECONOMIA 144 SALUTE 148 SOCIETÀ 150 ARTE E CULTURA 152 CIBO

80 OSSO PER OSSO...

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storia

Nel West americano due paleontologi in cerca di fossili si fecero una vera guerra. Tra sabotaggi e imbrogli.

88 SE CI FOSSERO SOLO FIGLI UNICI scienza

154 UNIVERSO 156 PSICHE 160 SPORT

Il futuro se la popolazione fosse scarsa

Migliaia di anni fa la nostra specie non crebbe di numero e rischiò l’estinzione. Abbiamo immaginato quell’eventualità oggi.

96 LA SAI LA PRIMA? storia

La più antica ha quasi 4.000 anni. Da allora, le barzellette hanno fatto ridere tutti, grandi e piccini: Tranne i dittatori.

104 ANDATO E TORNADO clima

L’Italia dovrà abituarsi all’andirivieni di questi eventi estremi. Vediamo perché.

110 IL CERVELLO IPERCONNESSO medicina

Ha collegamenti strettissimi tra le cellule che lo compongono, ma anche con le altre parti del corpo: ecco le sorprese che ci riserva il nostro organo più complesso.

RUBRICHE

6 L’oblò 94 Tipi italiani 119 Academy 165 MyFocus 166 Cartellone 168 Giochi 4 | Focus

114 LA SCIENZA IN PRIME VISIONI focus live

Tre giorni di eventi, incontri, spettacoli, laboratori ed esperienze: vi aspettiamo al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano per il nostro festival.

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Teatro all’aperto con Bucolica al Parco Porto di Mare di Milano

Ci trovi anche su:


dossier Meteo Il Trentino è apripista di un nuovo servizio che anticipa l’allerta in caso di eventi estremi. di Andrea Parlangeli

Le previsioni in tempo

CON LA PROTEZIONE CIVILE «L’idea è nata nel 2015 alla macchinetta del caffè, quando il mio responsabile di allora, Cesare Furlanello, disse: “Secondo me possiamo prevedere il meteo con l’Ai”. All’epoca, 8 anni fa, era fantascienza. Ma io accettai», racconta Franch. «Naturalmente tutti i modelli di intelligenza artificiale hanno bisogno di dati da cui imparare; quindi siamo andati dalla Protezione Civile locale, cioè da Meteotrentino, e abbiamo chiesto loro l’accesso ai dati dei radar». Da allora il settore si è sviluppato enormemente e anche DeepMind, l’intelligenza artificiale di Google, ha avviato una collaborazione con il Met Office, il servizio meteorologico nazionale britannico, con risultati molto promettenti. Tanto che oggi questa tecnologia non può più essere ignorata. I temporali estivi, infatti, sono sempre più intensi e sono tra i più difficili da prevedere per almeno due ordini di problemi:

Adobe Stock

A

ll’improvviso, un muro di grandine e acqua, le strade allagate, il fango che scende impetuosamente dalle montagne. Così la cittadina di Moena (Tn) in Val di Fassa è stata travolta la sera del 3 luglio 2018 da un nubifragio che ha riversato nel giro di un paio d’ore oltre 140 mm d’acqua in un raggio di 6 km. All’epoca Gabriele Franch, che non dimenticherà quell’episodio, era uno studente di dottorato che cominciava ad affilare le sue armi proprio per evitare che eventi di quel tipo potessero cogliere impreparata la comunità. Una delle applicazioni più promettenti dell’Ai in ambito meteorologico, infatti, sono le previsioni a breve termine – o nowcasting – di fenomeni violenti e inattesi come i nubifragi e le grandinate improvvise. Franch, che ora è ricercatore alla Fondazione Bruno Kessler di Trento e collabora con la Protezione Civile su questi temi, ci spiega perché.

la loro imprevedibilità intrinseca e la scala spaziale e temporale su cui si sviluppano. «Le previsioni meteo si basano in genere su modelli numerici rilasciati a livello europeo ogni 6 ore, che richiedono 2 ore per essere calcolati, e forniscono previsioni con una risoluzione spaziale di circa 10 km», spiega Franch. Ma un temporale estivo si può sviluppare in 1-2 ore, su una scala di pochi km. L’unico modo per prevederlo con precisione è attraverso l’estrapolazione dei dati dei radar in tempo reale (le mappe della pioggia hanno una risoluzione di 1 km o meno e sono aggiornate ogni 5 minuti, v. immagine a destra). Ed è proprio in queste circostanze che l’Ai dà il meglio di sé. QUEI MINUTI CHE CONTANO «Abbiamo innanzitutto dimostrato che con l’Ai abbiamo una maggiore accuratezza (20% in più) rispetto alla modellistica di estrapolazione comunemente utilizzata», spiega Franch. «Inoltre, la previsione è più realistica». L’Ai consente anche

VIOLENTI E INASPETTATI I temporali estivi (sopra) sono spesso molto intensi e difficili da prevedere, se non analizzando in tempo reale le immagini radar (a destra). Ed è qui che l’Ai viene in aiuto, con previsioni a breve termine rapide e sempre più attendibili.


intelligenza artificiale

di generare vari scenari, dal migliore al peggiore. E in questo, garantisce Franch, la Fondazione Bruno Kessler ha ottenuto risultati migliori persino di DeepMind. L’altro grande vantaggio dell’Ai è che si attiva in automatico ed è molto veloce, permettendo di avvisare le persone e le autorità nel giro di pochissimi minuti. «Sapere anche mezz’ora prima che sta per arrivare grandine, neve o pioggia in una determinata zona o tratto stradale può consentire di mettere in moto la protezione civile e la macchina dell’assistenza (per esempio gli stradini per spargere il sale in caso di neve)», spiega Franch. COME ISCRIVERSI «Per questo abbiamo creato un servizio automatizzato sul sistema di messaggistica Telegram», continua il ricercatore: «segnalazioni, tramite chat, alle quali tutti si possono iscrivere (tramite il sito http://www.protezionecivile.tn.it/normativa_modulistica/canali_social/) selezionando una località di interesse. Oggi il servizio è disponibile in tutta Italia per quel che riguarda le precipitazioni e in Trentino in forma completa, cioè includendo anche fulmini e vento». Resta un dubbio: possiamo davvero fidarci? «Sono pochi i falsi negativi (cioè eventi non previsti che si verificano, ndr) e di solito sono dovuti a qualche guasto tecnico più che all’Ai», garantisce Franch. «Invece i falsi positivi, cioè i falsi allarmi, sono circa il 15%. Ora stiamo addestrando un’altra Ai per riconoscerli e rimuoverli». Nonostante qualche abbaglio, insomma, il sistema funziona e può fare la differenza. Come nel pomeriggio del 4 agosto del 2022, quando nell’Alta Val di Fassa tutto sembrava normale. «Alle 17:35, il sistema di nowcasting e info meteo ha iniziato a segnalare il superamento delle soglie di precipitazione previste e misurate», ricorda Franch. «Così le autorità hanno telefonato ai comuni, che erano del tutto ignari della situazione. Nei minuti successivi, si sono manifestate le prime criticità: colate di fango, allagamenti, interruzione della viabilità». MAI PIÙ DISASTRI Si può anche prevedere una situazione come quella che si è verificata a maggio in Emilia-Romagna? «In quei casi il nowcasting è meno utile», risponde Franch. «Perché si trattava di una precipitazione persistente e già prevista dalla modellistica numerica almeno un paio di giorni prima. Certo, stiamo lavorando affinché l’Ai si possa utilizzare in futuro anche per previsioni sempre più a lungo termine. Ma attualmente la situazione in cui si applica meglio sono gli eventi estremi dovuti a celle temporalesche che nascono, crescono e muoiono nell’arco di 1-2 ore. Abbiamo sempre in mente l’alluvione di Moena del 2018. Abbiamo tutti i dati di quell’evento e li utilizziamo ogni volta che dobbiamo testare un avanzamento (upgrade) del nostro sistema, perché un nubifragio del genere non ci colga mai più impreparati». Focus | 51


La sai la prima?

storia


La più antica ha quasi 4.000 anni. Da allora, le barzellette hanno fatto ridere tutti, grandi e piccini. Tranne i dittatori.

U

n cervellone incontra un amico e gli dice: “Ti ho visto nel sonno e ti ho salutato”. E l’altro risponde: “Scusami, non ci ho fatto caso!”. Potremmo averla da poco sentita al bar, eppure la freddura che vi abbiamo appena raccontato ha ben 1.500 anni e faceva già parte del repertorio di qualche buontempone della Grecia del tempo. E non è nemmeno la più vecchia: proprio come oggi, infatti, barzellette simili erano il modo più semplice per farsi una risata dimenticando per un attimo le preoccupazioni quotidiane. Ma quando hanno iniziato a diffondersi? E come si sono evolute nei secoli? L’arte di intrattenere il prossimo con racconti divertenti (e spesso molto sconci) è vecchia quanto l’uomo e il primo di cui abbiamo contezza fu coniato dai Sumeri nel 1900 a.C. La sua traduzione recita così: “La sapete una cosa che non accade da tempo immemore? Che una giovane donna non scoreggi in grembo al marito”. Una battuta non proprio lusinghiera per il genere femminile e che oggi non fa troppo ridere, ma che all’epoca i nostri antenati mesopotamici dovevano trovare esilarante. QUEI BURLONI DEGLI EGIZI Malgrado la fama “mortuaria” con cui sono erroneamente passati alla storia, anche gli Egizi amavano confezionare storielle buffe. La più antica è contenuta nel cosiddetto Papiro Westcar (1800-1600 a.C.) e prende in giro (tanto per cambiare) la libido dei faraoni: “Come intrattenere un faraone annoiato? Naviga lungo il Nilo su una barca carica di ragazze vestite con reti da pesca e invitalo ad andare a pescare”. Greci e Romani non furono da meno, tanto da confezionare continuamente battute e aneddoti comici. «Il primo a mettere per scritto racconti buffi, a quanto pare, sarebbe stato lo stesso Omero, al quale era attribuito un poemetto intitolato Margite, che raccontava le divertenti avventure di uno sciocco», spiega Tommaso Braccini, professore di Filologia Classica e Letteratura Greca all’Università di Siena e autore del libro Lupus in Fabula. Fiabe, leggende e barzellette in Grecia e a Roma (Carocci). Proprio dal mondo ellenico proviene il Philogelos (“Amante del riso”), unica raccolta di barzellette antiche (IVV secolo d.C.) giunta a noi. In essa, come oggi, i protagonisti assoluti erano personaggi stereotipati. «Il più presente era il cosiddetto “scolastico” (o secchione, ndr), ovvero un tale che, a forza di studiare, aveva perso il contatto con la realtà e viveva fra le nuvole, facendo continue gaffes», continua Braccini. «Poi venivano bersagliati dei tipi fissi: gli avari, gli ubriaconi, e gli abitanti di città come Abdera, Cuma e Sidone, celebri per

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Mondadori Portfolio (8)

FINI UMORISTI Gli antichi Egizi avevano un evidente senso dello humour. Tra i temi più presenti nelle barzellette ritrovate in papiri e pitture murali ci sono il sesso, la satira politica e le parodie con gli animali.

di Massimo Manzo


A Cuma viene portato alla sepoltura un personaggio illustre; un tale che viene da fuori chiede a quelli che lo portano in processione: “Chi è il morto?”. Un cumano si volta, lo indica e dice: “Quello nella bara”.

Un giovane chiede alla sua ardente sposa: “Che facciamo, mangiamo o facciamo l’amore?”. “Come vuoi”, risponde lei: “Non c’è niente da mangiare”.

Un cervellone che aveva un terreno lontano molte miglia, distrusse sette cippi miliari per renderlo più vicino.

la stupidità. Infine non mancavano frecciate contro le donne, in particolare contro le mogli, accusate in maniera misogina di rendere la vita impossibile ai mariti». Nulla di nuovo, insomma. Qualche esempio? «Un cumano vende del miele. Arriva un tale, lo assaggia e dice “Mmmh, che buono!”, allora lui risponde: “Eh già... Se un topo non ci fosse caduto dentro, non lo avrei messo in vendita!». E ancora, «Dal barbiere: “Come vuole che le tagli i capelli?”. “In silenzio!”». Molte di queste barzellette strappano ancora un sorriso, altre sono decisamente invecchiate male. «L’elemento che salta agli occhi era la totale inesistenza del politically correct», continua l’esperto. «Anche la malattia e i difetti fisici non erano al riparo da battutacce e prese in giro. E poi si scherzava moltissimo sulla morte, forse anche per esorcizzarla, visti i tassi di mortalità molto alti che la rendevano drammaticamente presente». Le circa 265 storielle presenti nel Philogelos erano probabilmente un prontuario, e d’altronde nell’antichità non mancava 98 | Focus

RISATE A destra e sotto, alcune battute tratte dal Philogelos, la più antica raccolta di barzellette a noi giunta. A sinistra, l’attore Gino Bramieri che negli anni ’60 fu molto famoso per le barzellette raccontate in tv. Più in alto, una vignetta.

Un medico scorbutico e guercio chiede a un malato: “Come stai?”. E lui risponde: “Come mi vedi”. Allora il medico dice: “Se stai come ti vedo, sei mezzo morto”.

Un tale con l’alito cattivo incontra un medico e gli dice: “Dottore guardi: mi è scesa l’ugola”. Non appena apre la bocca, il medico si volta dall’altra parte ed esclama: “Non ti è scesa l’ugola, ma ti è salito il c***”. Un cumano cerca un amico e lo chiama per nome davanti a casa. Dato che un passante gli suggerisce: “Chiamalo più forte se vuoi che ti senta!”, allora grida: “Più forte!”.

chi ne avrebbe avuto bisogno, come i cosiddetti “parassiti” (dal greco parà “presso” e sitos “alimento”), personaggi che si presentavano a un banchetto a mani vuote “ripagando” il padrone di casa con storielle e facezie. DAI PARASSITI AI GIULLARI In epoca medievale, l’eredità di questi “scrocconi professionisti” fu raccolta dai giullari di corte, che ricoprivano una funzione simile intrattenendo il signore di turno. Malgrado gli ammonimenti di alcuni padri della Chiesa, nel Medioevo le barzellette continuarono a proliferare, circolando liberamente da occidente a oriente. «I racconti umoristici erano tollerati, e in qualche caso anche incoraggiati, quando servivano a mettere alla berlina i vizi e i viziosi, mentre a essere viste con estrema diffidenza erano le facezie dette solo “per ridere”, in particolare quelle incentrate sul sesso», precisa Braccini. «Capita inoltre di rintracciare le stesse trame nell’antichità greca, a Bisanzio, nel mondo arabo, e infine in Occidente. In tanti casi non si trattò di una trasmissione scritta, ma di una diffusione orale: evidentemente tra avversari religiosi ci si combatteva, ma poi si trovava il modo di farsi qualche risata insieme».


BARZELLETTIERI D’ECCEZIONE

Fin dall’antichità, l’arte di raccontare storielle buffe si è diffusa in tutti gli strati sociali, tanto che una miriade di personaggi celebri amava cimentarvisi. Tra questi, in epoca rinascimentale spiccò Leonardo da Vinci, che nei suoi scritti ci ha lasciato diverse storielle. In una di queste «Uno disse che in suo paese nascevan le più strane cose del mondo. L’altro rispose: “Tu che vi se’ nato, confermi ciò esser vero, per la stranezza della tua brutta presenza”». Non fu da meno il drammaturgo inglese William Shakespeare (vedi foto), che avrebbe addirittura inventato il celeberrimo “Toc, toc! Chi è là?” (Knock-knock! Who’s there), tipico di innumerevoli indovinelli e barzellette e tratto dalla tragedia Macbeth (1606).

“C’erano un greco, un romano e un fenicio”: nell’antichità molte barzellette iniziavano così FACEZIE D’AUTORE In pieno Rinascimento, l’invenzione della stampa a caratteri mobili diede modo a diverse raccolte di circolare più velocemente. Una delle più famose, intitolata Liber facetiarum (Libro delle facezie) fu scritta nel 1450 dall’umanista e segretario papale Poggio Bracciolini (1380-1459), e includeva oltre 270 battute e storielle comiche in lingua latina, divenute presto un bestseller. In esse ci si prendeva gioco senza peli sulla lingua del clero sbeffeggiando preti, vescovi e cardinali con un linguaggio privo di inibizioni, come quando si raccontava di «un vescovo [...] che aveva perduto qualche dente e aveva altri che ciondolavano, e temeva della loro caduta», a cui un amico rispondeva «Non temete, i denti non cadranno [...]. I miei testicoli già da quarant’anni ciondolano e non son mai caduti». Lo scopo dell’opera, a detta dello stesso autore, era quello di “sollevare l’animo nostro oppresso da molestie e da pensieri e trarlo alla gioia ed alla allegria”. Sulla scia del successo di Bracciolini, anche gli anglosassoni si cimentarono in simili vademecum, definiti jest books (libri di burle), tra cui spiccò il Joe Miller’s Jest Book, uscito nel 1739 e dedicato all’omonimo attore comico inglese. Mussolini va dal dentista per estirpare un dente e dopo aver protestato per il caro prezzo, paga affermando: “Queste sono le mille lire, ma guardi che sono rubate”. E il dentista gli risponde: “Non ne dubito”.

DA PIERINO A MUSSOLINI Nel XIX e nel XX secolo, malgrado i grandi cambiamenti sociali e tecnologici, le barzellette rimasero la principale forma di intrattenimento comico popolare e fu nel primo decennio del Novecento che in Italia fece la sua comparsa Pierino, personaggio dei fumetti creato da Antonio Rubino (1880-1964), e destinato a dominare il panorama delle storielle nostrane. Nel corso del Ventennio fascista gli italiani inserirono nel loro repertorio Benito Mussolini, bersaglio di decine di freddure e prese in giro. «Le barzellette circolavano in particolare tra la piccola borghesia, spesso poco politicizzata anche se iscritta al Partito Nazionale Fascista, ma che in esse trovava una forma di reazione alla soffocante propaganda e retorica di regime»,

“Hai la foto del duce in tasca?”. “No”. “Ma allora dove sputi?”.

Dal giornalaio si presenta un cliente: “Mi dà il Regime Fascista?”. “È finito”. Passano pochi minuti e il cliente ritorna: “Mi dà il Regime Fascista?”. “Vi ho detto che è finito!”. Il cliente si allontana, ma poco dopo ritorna: “Vorrei il Regime Fascista”. “Ma come devo dirvelo che è finito!”. “Ho capito benissimo, ma è così bello sentirselo ripetere!”.

BUFFONE Il giullare, qui ritratto in un manoscritto del XIII secolo, è una figura chiave nella storia della comicità. In alto, il Papiro Westcar: contiene la barzelletta più antica. A sinistra, alcune più recenti, risalenti al fascismo.

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LA PIÙ BELLA (SECONDO LA SCIENZA)

SENZA TEMPO Sopra, parassita di un’opera di Publio Terenzio. A fianco, poster di uno spettacolo (1900) alle Folies-Bergère: nell’intervallo un comico raccontava barzellette. Sotto, storielle raccontate dal presidente Usa Ronald Reagan. Un uomo entra in un negozio di alimentari a Mosca e chiede: “Non avete un po’ di carne?”, “Mi spiace”, risponde la commessa, “noi non abbiamo il pesce. È il negozio dall’altra parte della strada che non ha la carne”.

Un americano dice a un russo che l’America è così libera che lui può entrare alla Casa Bianca e urlare: “All’inferno Ronald Reagan!”. Il russo risponde: “Sai che roba. Anch’io posso andare davanti al Cremlino e urlare: all’inferno Ronald Reagan!”.

scrivono Mario Avagliano e Marco Palmieri nel libro Il dissenso al fascismo. Gli italiani che si ribellarono a Mussolini (Il Mulino). «Tant’è vero che nel 1938 Giuseppe Bottai, ministro dell’Educazione nazionale, annota nel suo diario che circolano “barzellette a josa. Fioriscono ai margini della disciplina cieca e muta”». L’immagine tipica è quella di un duce sempre pronto a lucrare, circondato da una schiera di affaristi che aveva fama di essere il solito “magna magna” (da qui i giochi di parole con la radice “magn” di “magnare”: Mussolini era magnanimo e poteva essere paragonato ad Alessandro Magno e Carlo Magno). BAVAGLI INUTILI A sua volta negli anni ’30 il regime fascista intervenne e proibì ufficialmente le barzellette antiregime. E anche Adolf Hitler, convinto che le storielle comiche potessero diventare pericolose, istituì una sorta di “tribunale della barzelletta” per punire

«Due cacciatori sono nel bosco quando uno di loro si accascia. Sembra che non respiri e ha gli occhi lucidi. L’altro tira fuori il telefono e chiama i servizi di emergenza. Ansima: “Il mio amico è morto! Cosa posso fare?”. L’operatore risponde: “Calmati, posso aiutarti. Prima di tutto, assicuriamoci che sia morto”. C’è un silenzio, poi si sente uno sparo. Di nuovo al telefono, il tizio dice: “Ok, e adesso?”». Sarebbe questa la barzelletta più divertente al mondo, almeno secondo un progetto condotto nel 2001 dalla British Association for the Advancement of Science, che ha raccolto migliaia di storielle permettendo a più di un milione e mezzo di persone di votare le loro preferite. La vincitrice è stata appunto la storiella dei cacciatori, scritta all’inizio degli anni ’50 dal comico britannico Spike Milligan (1918-2002).

chi irrideva il suo regime con le armi dello humour e della satira. Nonostante i tentativi governativi, le storie buffe sul duce, i gerarchi e il regime rimasero talmente diffuse da rendere inutile qualsiasi tentativo di censura, mentre nel dopoguerra l’arte di raccontare storielle verrà usata come strumento di consenso da diversi leader politici, tra cui il presidente americano Ronald Reagan (1911-2004) e l’italiano Silvio Berlusconi (19362023), celebri per il loro talento di intrattenitori. Rilanciata da mezzi come radio e tv, la barzelletta è diventata peraltro oggetto di nuovi bestseller (celebri le raccolte dedicate al calciatore Francesco Totti) e popolari trasmissioni tv, divenendo la specialità di attori come Gino Bramieri (1928-1996) o Gigi Proietti (1940-2020). I social network non hanno fatto altro che ampliare tale tendenza, sfornando “meme” e diventando terreno di prova per nuovi barzellettieri in erba. In fondo, la voglia di ridere non passa mai di moda.

Nelle corti medievali i buffoni facevano ridere e pensare... Con lo scherzo dicevano verità scomode 100 | Focus


Domande Risposte

LA SCIENZA IN PILLOLE

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OGGETTI MISTERIOSI: QUALI SONO I PIÙ FAMOSI?

LE DOMANDE DEI LETTORI Perché gli uomini non sono pelosi come gli scimpanzé?

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SOCIETÀ QUAL È LA CITTÀ CON IL NOME PIÙ LUNGO? CIBO PERCHÉ LA SPREMUTA D’ARANCIA VA BEVUTA SUBITO? SOCIETÀ TUTTI SANNO CHE COS’È UN PAPÀ?

SALUTE UN VOLTO ATTRAENTE INDICA BUONA SALUTE? TECNOLOGIA ESISTONO APP SALVAVITA?

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TE LO DICE MASSIMO LA RUBRICA DI MASSIMO CANNOLETTA, IL CAMPIONE DEI QUIZ TV

SPORT QUANTO CORRE UN ARBITRO DI CALCIO DURANTE UN INCONTRO? INDICE PAGINE ANIMALI 124 • TECNOLOGIA 128 • SCIENZA 130 • AMORE E SESSO 132 • STORIA 134 • TE LO DICE MASSIMO 138 • NATURA 140 • ECONOMIA 142 • SALUTE 144 • SOCIETÀ 148 • ARTE E CULTURA 150 • CIBO 152 • UNIVERSO 154 • PSICHE 156 • SPORT 160


ANIMALI

COME RIESCONO GLI STORNI A SINCRONIZZARE VELOCITÀ E CAMBI DI DIREZIONE? UN PO’ COME GLI AUTOMOBILISTI NEL TRAFFICO, SOSTIENE UNO STUDIO: TENENDO D’OCCHIO LE MACCHINE PIÙ VICINE E ADEGUANDOSI ALLE LORO ACCELERAZIONI E FRENATE.

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e migliaia di uccelli che volano in modo sincronizzato negli stormi di storni formano grandi corpi neri multiformi, creando uno dei più grandi spettacoli naturali. Su Nature Communications la fisica Stefania Melillo, membro del gruppo Cobbs, che studia i comportamenti biologici collettivi all’Istituto dei sistemi complessi del Cnr, ha spiegato come facciano questi uccelli a non scontrarsi fra loro. «Osservando gli storni reali abbiamo creato modelli informatici che ne riproducono il comportamento in 3D», spiega Melillo. «Il complesso fenomeno collettivo è generato in realtà da un semplice meccanismo imitativo, in cui ogni uccello adatta la propria direzione e velocità di volo a quelle della decina di uccelli posti intorno a lui. In questo modo, se uno posto ai bordi dello stormo cambia direzione, accelera o rallenta, i suoi vicini lo imitano, propagando il cambiamento a tutto il gruppo. Un po’ come accade alle auto in mezzo al traffico, che procedono senza scontrarsi adeguandosi al comportamento di quelle attorno». MEDIA. C’è però una differenza: non tutti gli storni sono ugualmente agili e forti. «E per questo il gruppo mantiene una velocità media ragionevole, circa 43 km/h, non troppo bassa, ma neanche tanto alta da mettere a dura prova i membri più deboli durante le accelerazioni». Alex Saragosa

er rimuovere pelle morta e “autostoppisti” indesiderati, si rotolano più volte nei fondali sabbiosi, selezionati apposta sulla rotta migratoria. Lo scrub sottomarino è stato osservato monitorando con appositi sensori tre megattere (Megaptera novaeangliae) durante la migrazione estiva dalla Grande Barriera Corallina Australiana all’Antartide, tra agosto 2021 e ottobre 2022. Cirripedi. I cetacei si sono cimentati in rotolamenti sul fianco contro il fondale abrasivo a 50 metri di profondità della Gold Coast Bay, in Australia. «Pensiamo che le balene usino la sabbia come esfoliante, per aiutarsi con la muta della pelle e la rimozione degli ectoparassiti, come i cirripedi», spiega Olaf Meynecke, ecologo marino della Griffith University in Australia che ha guidato lo studio. I cirripedi sono crostacei che si cementano contro la pelle dei cetacei; le megattere se ne sbarazzano per essere più aerodinamiche. Inoltre, cambiare spesso pelle fa sì che non si accumulino batteri potenzialmente infettivi. Infine, non è escluso che lo scrub “di gruppo” sia anche una rilassante attività sociale. E.I.

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Le balene si fanno lo scrub? P


Anche i serpenti si rilassano con gli amici?

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n realtà muovono soprattutto il corpo. In un vecchio esperimento della Queen’s University, in Canada, i ricercatori hanno costruito una scatola di plexiglass con un tapis roulant per piccioni, riprendendo gli uccelli mentre camminavano. Il filmato al rallentatore ha evidenziato che i movimenti dinamici del piccione si dividono in due fasi: la prima di “spinta”, la seconda di “tenuta”. Avanti e indietro. Nella prima fase, i piccioni spingono la testa in avanti. Nella fase di tenuta, invece, muovono in avanti il corpo. Esiste quindi una fase di attesa, in cui il movimento si arresta per una frazione di secondo per scorgere cibo o predatori: il corpo del piccione si muove in avanti, ma la testa resta ferma. Dopo la spinta, il corpo raggiunge la testa, che però non si muove mai all’indietro (come invece può sembrare a noi). Perché? Avere la testa la più ferma possibile dà all’uccello il tempo per elaborare l’ambiente visivamente, mentre il corpo in movimento la raggiunge. I.P.

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Perché i piccioni muovono la testa quando camminano? I

osì come facciamo noi, questi rettili si affidano alla compagnia dei loro simili per ridurre lo stress. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Università californiana di Loma Linda, osservando il comportamento dei serpenti a sonagli del Pacifico meridionale (Crotalus helleri). In genere, quando i serpenti a sonagli sono stressati, possono manifestare sintomi di letargia, agitazione e perdita di appetito. Insieme è meglio. Gli studiosi hanno chiuso 25 serpenti in secchi di plastica, che sono stati poi colpiti con dei tubi per rendere l’ambiente stressante. La frequenza cardiaca degli animali è stata monitorata in tre modalità: con gli animali da soli nel secchio, insieme a un compagno e con un pezzo di corda dalle stesse dimensioni di un serpente. Si è visto che quando i serpenti erano insieme a un loro simile la loro frequenza cardiaca si riduceva rispetto a quando erano soli o con la corda. Finora il social buffering, cioè il fenomeno per cui la presenza di un proprio simile fa abbassare i livelli di stress, era stato osservato principalmente negli uccelli e nei mammiferi sociali. R.M.

CHE COS’È?

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Si tratta del bruco di una farfalla notturna (Antheraea polyphemus), originaria dell’America del Nord, che ha una speciale particolarità: consuma una quantità uguale a 86.000 volte il proprio peso di nascita nei primi 56 giorni della sua vita. In termini umani, questo sarebbe equivalente a un bambino di 17 kg che mangiasse 1.462 tonnellate di alimenti. Un giorno però sarà una farfalla di colore marrone chiaro, con un’apertura alare tra i 13 e i 15 centimetri, e due grandi occhi violacei (ocelli) sulle ali posteriori (da cui il nome, con riferimento al mito greco del ciclope Polifemo). A.C.

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TECNOLOGIA

ESISTONO APP SALVAVITA? SÌ, ECCONE

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WHERE ARE U Questa app ci connette automaticamente al 112 (numero europeo d’emergenza), consentendo a Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco o ambulanze di localizzarci e intervenire per prestarci soccorso. È possibile tra l’altro chiamare in modalità silenziosa, così da lanciare l’allarme senza aver bisogno di parlare.

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BSAFE Tra le più note applicazioni di sicurezza personale c’è Bsafe, con cui potremo aggiornare una serie di contatti “fidati” (come parenti e amici stretti) sulla nostra posizione, attivando inoltre diversi tipi di SOS (anche vocali) o persino effettuando una “fake call” per sfuggire da situazioni spiacevoli.

DAI SOCIAL MEDIA ALLA MESSAGGISTICA, DAL FITNESS ALLA MUSICA, PASSANDO PER INNUMEREVOLI ALTRI UTILIZZI, LE APPLICAZIONI SONO UNA PRESENZA IRRINUNCIABILE NEI NOSTRI SMARTPHONE, ANCHE PER AIUTARCI A SUPERARE O PREVENIRE SITUAZIONI PERICOLOSE. DI SEGUITO, 10 APP SALVAVITA (PER IOS O ANDROID) CHE CONVERREBBE AVERE SEMPRE A PORTATA... DI DITO. A cura di Massimo Manzo

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INGVTERREMOTI Sviluppata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), l’app in questione localizza in tempo reale i sismi che colpiscono il territorio italiano indicando le coordinate specifiche e registrando inoltre profondità e magnitudo, in modo da tenerci costantemente informati sui fenomeni sismici.

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LIFE360 Capita spesso di stare in apprensione per i propri familiari, ma contattarli costantemente al telefono può diventare opprimente. Con quest’app, previo loro consenso, potremo sapere dove si trovano e se sono giunti sani e salvi nelle destinazioni selezionate sulla mappa (per esempio a casa o a scuola).

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MYRADAR Indispensabile per chi non voglia trovarsi nel bel mezzo di un temporale o di un uragano, questa app è stata creata per monitorare in tempo reale e in modo estremamente preciso le condizioni meteorologiche. Grazie ad apposite animazioni, potremo inoltre prevedere i movimenti dei fenomeni atmosferici.


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I robot possono avere muscoli? U

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PRIMO SOCCORSOCROCE ROSSA Sviluppata della Croce Rossa Italiana, contiene diversi video, animazioni, tutorial e istruzioni utili a gestire urgenze e pericoli di vario genere, dagli interventi di primo soccorso ai disastri meteorologici, consentendo inoltre di chiamare un’ambulanza in caso di emergenze gravi.

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GEORESQ Ideale per gli appassionati di scalate, trekking o attività outdoor, quest’app consente di essere tracciati nel corso di tutta l’escursione, potendo inoltre chattare direttamente con il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (Cnsas) o lanciare un allarme alla centrale più vicina in caso di pericolo.

n nuovo materiale ferroelettrico in grado di convertire molto bene l’energia elettrica in forza meccanica potrebbe fornire ai robot dei muscoli simili a quelli umani: è quanto scoperto da uno studio pubblicato su Nature Materials, che dimostra come i nanocompositi polimerici ferroelettrici, materiali che subiscono una polarizzazione elettrica spontanea quando viene applicata una carica elettrica esterna, funzionano meglio dei tradizionali compositi polimerici piezoelettrici. L’uso dei nanocompositi consentirebbe lo sviluppo di attuatori morbidi (materiali che cambiano forma quando viene applicata una forza esterna, come l’energia elettrica) con densità di energia meccanica e prestazioni di sforzo migliori rispetto a quelle ottenute con i compositi polimerici piezoelettrici. Morbido. A questi attuatori basterebbe il 10% dell’energia normalmente necessaria per indurre la deformazione meccanica. «Potremmo potenzialmente avere un muscolo robotico artificiale, sviluppando un materiale morbido in grado di trasportare un carico elevato e di sopportare notevoli deformazioni, come un muscolo umano», spiega uno degli autori. C.G.

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ZELLO Con tale app (divenuta popolare negli Stati Uniti nel 2017, in concomitanza con due forti uragani), si può trasformare il telefono in un walkietalkie, comunicando con dispositivi vicini. Una circostanza utile nel corso di catastrofi o emergenze in cui non possiamo fare affidamento sullo smartphone.

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WHER Pensata per prevenire la violenza sulle donne, tale app consente di giudicare il grado di sicurezza di una strada o di una via cittadina, che viene poi classificata in base alle recensioni degli utenti. In questo modo, ogni volta che verrà consultata la mappa, il dispositivo consiglierà i percorsi più sicuri.

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1522 L’app collegata al 1522 (il numero telefonico anti-violenza e stalking) consente alle vittime di violenza di genere di chiedere assistenza e aiuto, chattando 24 ore su 24 con delle esperte operatrici (sono disponibili anche traduttrici in varie lingue) senza farsi troppo notare dai propri persecutori.

Tablet e smartphone agitano i bambini? Il tempo trascorso davanti allo schermo può avere ripercussioni negative sulla loro sfera emotiva. Secondo due studi dell’Università del Michigan, negli Stati Uniti, il rischio sarebbe quello di scompensi comportamentali e psicologici, come disturbo ossessivocompulsivo e una ridotta capacità di imparare a calmarsi, con esplosioni emotive più intense e frequenti. Nel primo studio sono stati osservati per due anni più di 9.200 bambini a partire dall’età di 9-10 anni, e i risultati hanno mostrato che, in relazione al tempo passato sui dispositivi, per il 4,4% di loro era plausibile una nuova diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo. Durante i due anni dello studio le probabilità di sviluppare il disturbo aumentavano, per esempio, del 15% per ogni ora al giorno in cui un

bambino giocava ai videogiochi, portando a una sempre maggiore dipendenza dai giochi o dai video in streaming, e con sintomi che si estendevano oltre l’uso dello schermo. Effetto opposto. Il secondo studio ha monitorato per circa un anno e mezzo 422 bambini fra i 3 e i 5 anni e i loro genitori. I dati raccolti hanno evidenziato che l’uso “calmante” del dispositivo, offerto a un bambino quando piangeva o faceva i capricci, era correlato in realtà a un aumento della reattività emotiva in alcuni soggetti già iperattivi e impulsivi. Secondo i ricercatori, questo risultato si spiega perché se un comportamento negativo è seguito da qualcosa di piacevole, questo involontariamente lo rafforzerà, ostacolando nei bambini lo sviluppo di un modo personale ed efficace di controllare le emozioni. R.M.

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