Focus 383

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TESORI! CHE

Migliorano l’umore, riducono lo stress, aiutano a crescere e molto altro. Gli studi scientifici più recenti confermano che vivere e interagire con cani e gatti fa bene. E loro, come stanno con noi?

PRISMA

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Curiosità sull’andare in mare con il vento

Educazione cinofila (e felina)

UN

... trova davvero un tesoro: i nostri animali riescono a farci stare meglio. Riducono lo stress, ci tengono in salute e molto altro. Ecco i benefici dei pet, secondo gli studi scientifici.

Come far stare bene i nostri compagni di casa? Dobbiamo capire che ognuno è (davvero) unico, con esigenze e personalità diverse. E non stressarli...

Anche senza cibo e cure, riuscirebbero a tornare a una vita “indipendente”. Come hanno fatto i cani sopravvissuti a Chernobyl.

PER LORO O PER NOI?

Toelettature esagerate, hotel, oggetti di superlusso, comodità... Che piacciono agli umani, però.

A dicembre la mia vita è cambiata radicalmente. Merito di Bella, un meticcio di un anno che da mesi era ospitato da un rifugio per cani alle porte di Milano. Con mia moglie l’abbiamo portata a casa e oggi... rimpiango le comodità di un tempo. A parte le battute, sono cresciuto in campagna tra gli animali, ma vivere con loro in città è un’altra cosa: ci vuole un bell’impegno per rispettare le loro caratteristiche e la loro indole. Cani e gatti, infatti, non sono beni di consumo e nel momento in cui li si vuole adottare è importante conoscerli, capire “come funzionano”, che cosa li stressa, che cosa apprezzano, come li possiamo aiutare e tutelare, come si devono curare. Senza eccessi (v. pag. 42) e senza trascuratezze. Rispetto al passato si sono fatti molti passi in avanti, ma tuttora manca una “cultura cinofila e felina”, come testimoniano alcuni fatti di cronaca. Visto il numero crescente di animali domestici, nelle scuole inferiori sarebbe utile almeno un’ora di educazione al corretto approccio con loro. Per questo, e nonostante nelle discussioni in redazione qualcuno temesse che il tema potesse essere divisivo (leggere di cani e gatti potrebbe essere poco interessante per chi non ci vive insieme), abbiamo dedicato il dossier di copertina (pag. 28) agli animali domestici. Tra notizie, esperimenti e curiosità spero che vi interessi, sia che siate fieri compagni di cani e gatti, sia che gli animali non facciano per voi. Se rientrate in questa seconda categoria qualcuno potrebbe considerarvi dei “mostri”, ma non è vero (e non offendetevi). I mostri son ben altri, come spiega Raffaella Procenzano a pag. 58, e hanno avuto una loro utilità tutt’altro che trascurabile nella crescita di ciascuno di noi.

Gian Mattia Bazzoli (gianmattia.bazzoli@mondadori.it)

46 tecnologia

COSÌ VIVREMO SOTTO IL MARE

La società Deep costruisce habitat sottomarini autonomi. Siamo entrati nel loro laboratorio.

52 spazio

LA SCUOLA DEGLI ASTRONAUTI

Corsi in classe e in piscina. E poi lingua russa e brevetto di volo. Come ci si prepara per lo spazio.

58 comportamento

A CHE COSA SERVONO I MOSTRI

Danno forma alle nostre paure e così ci permettono di superarle.

68 salute

MI BOLLE IL CERVELLO

Che effetti ha il caldo sulla mente? Confusione, aggressività e perfino problemi di memoria.

74 comportamento

ERRARE È UMANO

Il cervello impara dagli sbagli. Ma il bisogno di conservare il “senso di sé” non fa ammettere i fallimenti.

79 storia

ERRARE È UMANO... MA AIUTA LA SCIENZA

Da Fermi al Viagra, la Storia è piena di sbagli che hanno portato a nuove scoperte.

84 le scoperte del Webb

L’AUTOVELOX DELL’UNIVERSO

Il Webb Telescope può misurare anche l’espansione del cosmo. Con risultati che aprono le porte a nuovi misteri.

86 economia

GLI AUTOVELOX DEGLI ITALIANI

Dati, curiosità e novità sugli strumenti più odiati dagli automobilisti in viaggio.

88 sport

ATLETI COL FISCHIETTO

Quello del direttore di gara sportivo è un mestiere ingrato: quasi mai riceve il giusto riconoscimento.

94 tecnologia

L’AMORE AI TEMPI DELL’AI

Fidanzati e fidanzate virtuali sono sempre disponibili e soddisfano fantasie. Ma hanno un lato oscuro.

Scopri video, audio, timelapse e tanti altri contenuti.

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Pagine animate

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100 salute UDITE! UDITE!

L’età e le cattive abitudini mettono a rischio le orecchie e anche il cervello. Ma esistono soluzioni. 108 natura CORALLI XXL

Hanno centinaia di anni di età e sono costituiti da decine di milioni di organismi. E vanno protetti.

112 società AH I BEI TEMPI ANDATI!

I dati dicono che oggi si vive meglio di ieri. Allora perché crediamo che il passato fosse migliore?

Scopriamo il grillaio, un piccolo falco dei nostri

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MULTIMEDIA

CORALLI XXL

Grandi come case, hanno centinaia di anni di età e sono costituiti da decine di milioni di organismi. Sono veri giganti sul fondo del mare. Che ora un progetto vuole individuare in tutto il mondo. Per proteggerli.

di Gabriele Ferrari

LA GRANDE MADRE

Big Momma, corallo nel National Marine Sanctuary of American Samoa: è alto 6 metri e ha una circonferenza di 41 m.

Immaginate qualcosa di grande come una villetta, con un’altezza di 6 metri, un diametro di 16-17 metri e una circonferenza di 54 metri. Una villetta sotto il mare, però, e con milioni di inquilini... «È un corallo gigante che abbiamo trovato alle Maldive: è costituito da decine di milioni di polipi (i coralli sono appunto colonie di minuscole creature, ndr)». A parlare è Simone Montano, ricercatore al Dipartimento di scienze dell’ambiente e della Terra dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, membro dello staff scientifico del MaRHE Center, un centro di ricerca aperto da Bicocca alle Maldive più di 15 anni fa. «Ho sempre lavorato sulle scogliere coralline e sui coralli nello specifico», ci spiega Montano. Un lavoro di anni che culmina ora in Map the Giants, “mappa i giganti”, progetto con cui Montano e il team del MaRHE Center si propongono di «trovare, studiare e proteggere i coralli monumentali: quelli che arrivano a dimensioni enormi, formatisi nel corso di centinaia di anni».

ESAGERATI IN TUTTO

Questi “giganti” sono rari e ancora relativamente sconosciuti. «Alcuni sono già stati trovati e documentati: il più famoso si chiama Big Momma, è alto 6 metri, ha una circonferenza di 41 metri e si trova nel Pacifico, al largo delle Samoa Americane (arcipelago Usa, ndr)», continua Montano. Big Momma, corallo della specie Porites lobata che vediamo nella foto in questa pagina, ha oltre 500 anni di età ed è protetto all’interno del National Marine Sanctuary of American Samoa. «Ma è forse l’unico esempio di gigante che è stato scoperto e valorizzato in termini di conservazione. Non esiste ancora un collettore di informazioni», riprende Montano. Il progetto Map the Giants è quindi per prima cosa una “caccia” a questi coralli gigan-

UNA MAPPA MONDIALE

I coralli giganti sono colonie enormi e longeve: quelli finora individuati appartengono a diversi generi, come Porites, Pavona, Psammocora, o alla specie Diploastrea heliopora. Le loro dimensioni possono essere eccezionali: uno di essi, individuato alle Maldive, ha una circonferenza di 54 metri. Il progetto Map the Giants mira a individuarli, in tutto il mondo. Come dice Simone Montano, responsabile del progetto, «abbiamo iniziato alle Maldive e in pochi mesi ci sono già arrivate circa 60 segnalazioni da 8 Paesi, come Thailandia, Indonesia, Seychelles, Bahamas».

CIRCONFERENZA

Può superare i 50 metri: servirebbero oltre 30 persone per abbracciare un corallo di quella stazza.

ti, di cui sappiamo ancora relativamente poco. Il target sono i coralli oltre i 5 metri di diametro. «Ci aspettiamo di trovarne molti, un po’ meno oltre i 10 e pochissimi tra i 15 e i 20. Se ci pensate, significa coralli grandi come un palazzo». Alle Maldive, il team ha già trovato diversi giganti: quello di cui abbiamo parlato all’inizio «è il più grande che abbiamo individuato qui e appartiene alla specie Pavona clavus. Ma abbiamo per esempio trovato e analizzato un altro colosso, del genere Porites, di 7 m di diametro e 22 m di circonferenza, che stimiamo abbia oltre 200 anni di età. È costituito da polipi di dimensioni che vanno da un millimetro a un millimetro e mezzo di diametro: abbiamo quindi calcolato che la colonia possa ospitarne da 80 a 190 milioni». I giganti sottomarini sono stati individuati, misurati, in qualche caso ricostruiti digitalmente con la fotogrammetria, tecnica che grazie a immagini ad alta definizione ricostruisce modelli in 3D.

FATTI PER DURARE NEL TEMPO

Ma come si formano questi coralli monumentali? «I coralli sono organismi coloniali formati da individui chiamati polipi, simili a medusine, che depositano uno scheletro di carbonato di calcio», chiarisce Montano. «Si riproducono in due modi. Uno è sessuale: gli individui di una colonia, che sono tutti maschi o tutti femmine, emettono nell’acqua i gameti, ovuli e sperma. Unendosi, i gameti formano la cosiddetta planula: nuoterà fino a trovare un punto sul substrato in cui “agganciarsi” e lì farà una metamorfosi diventando un polipo. Da esso si formerà la nuova colonia, in modo asessuale. I polipi, in sostanza, si clonano: un singolo polipo si scinde (in diversi modi) e diventa 2 individui, poi 4 e così via fino a formare quello che appare sotto i nostri occhi e che chiamiamo corallo». La riproduzione asessuale, se avviene in condizioni ottimali, «è potenzialmente perpetua o quasi: può andare avanti per decenni o anche secoli. Succede quindi che, se lasciate indisturbate, le colonie posso-

VISTI DA VICINO, SONO PICCOLI

Accanto, polipi di corallo del genere Goniopora. Più a destra, ricercatori di Map the Giants fanno foto per ricostruire in 3D un corallo, Heliopora coerulea

DIAMETRO

Può essere di oltre 15 metri: più della lunghezza di una megattera.

COLONIA I polipi della colonia possono essere 80-190 milioni: ben più della popolazione italiana.

ETÀ Si stima che alcuni abbiano più di 500 anni: sarebbero nati insieme a Leonardo da Vinci.

HABITAT

Come una città, un corallo gigante ospita organismi di diverse specie: pesci, molluschi...

no raggiungere dimensioni notevoli, anche decine di metri di circonferenza. La parte “viva” è sulla superficie, e continua a crescere sulla struttura di carbonato che si è accumulata».

I coralli monumentali, quindi, sono colonie molto vecchie che hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli, «sopravvivendo anche per centinaia di anni, affrontando qualsiasi forma di stress ambientale e antropico: questo li rende innanzitutto fonti inesauribili di informazioni». Avendo alle spalle decenni, se non secoli di vita, continua Montano, «custodiscono i segreti grazie ai quali hanno resistito al clima e ai suoi cambiamenti nel passato, e magari propongono soluzioni per il futuro: nel loro patrimonio genetico potremmo scoprire per esempio perché sono così longevi, e come hanno fatto a resistere alle malattie e all’invecchiamento».

Eppure, pur essendo organismi così eccezionali, sono stati finora poco studiati. E fenomeni come il bleaching – lo “sbiancamento”, dovuto alle temperature troppo alte, che fa perdere ai coralli le alghe che vivono in simbiosi con loro rendendoli particolarmente vulnerabili – «ci stanno facendo perdere miliardi di colonie di dimensioni ridotte, che sono poi quelle che numericamente dominano le barriere, ma rischiano di uccidere anche i coralli più antichi e più longevi». Map the Giants nasce quindi proprio dall’intenzione di trasformare questi coralli in simboli: studiarli, certo, ma anche «utilizzarli per aumentare la sensibilità rispetto ai cambiamenti climatici e

PROGETTO

Map the Giants è un progetto per scoprire, studiare e proteggere i coralli più grandi e longevi degli oceani.

la protezione delle scogliere coralline. I coralli monumentali dovrebbero, secondo noi, diventare il traino per creare nuove aree protette». Montano li paragona alle sequoie, gli alberi più imponenti della Terra: per le dimensioni e per il fascino che questi colossi possono esercitare sull’uomo, favorendo la conservazione dell’ambiente.

SEGNALAZIONI DALLE COMUNITÀ

«Stiamo cercando di convincere i governi locali a dichiararli monumenti marini, per proteggere loro e il loro ecosistema. Ma soprattutto vogliamo coinvolgere il pubblico e far capire che questi coralli sono organismi monumentali e con caratteristiche uniche, alcuni nati quando veniva al mondo Leonardo da Vinci. E il progetto, oltre alla parte scientifica, ne ha una di citizen science: chiunque, sul sito www.mapthegiants.com, può segnalare la presenza di un corallo monumentale e aiutarci nella mappatura. Speriamo che le comunità locali ci vengano in aiuto: conoscono le zone che potrebbero contenere esemplari speciali. Inoltre abbiamo altri progetti in collaborazione con diversi colleghi della Bicocca: stiamo pensando a un laboratorio di realtà virtuale dove ricostruire in 3D questi giganti e creare musei virtuali», conclude Montano. «Dobbiamo capire quanti giganti esistono e cosa possiamo fare per non perderli. Il rischio c’è, perché i cambiamenti climatici si stanno intensificando. E io vi chiedo: l’umanità può permetterselo?».

Hanno resistito a stress e cambi nel clima: studiarli ci dirà i loro segreti

TUTTI IN PERICOLO

Un corallo gigante della specie Diploastrea heliopora, in Indonesia. In alto, sbiancamento in un corallo alle Maldive: il bleaching colpisce anche le colonie più grandi e longeve.

Cecilia Maccanti
Lorenzo Toniolo

AH

I BEI

TEMPI

ANDATI!

L«a nostra era è peggiore di quella dei nostri padri, che a sua volta era peggiore di quella dei nostri nonni, quindi l’era dei nostri figli sarà ancora più corrotta». La frase non è tratta da qualche giornale di oggi: è del poeta latino Orazio (65-8 a.C.).

Ma perché tutta questa sfiducia nel futuro, persino da chi, come Orazio, viveva nella Roma del benessere e della pace imperiale?

CONFRONTI

La percezione che il passato sia meglio del presente è tipica degli anziani, ma in realtà è diffusa anche fra i giovani. E in tutte le epoche della storia.

In realtà il rimpianto per i “bei tempi andati” è presente in ogni epoca. Anche oggi: lo psicologo Adam Mastroianni (Columbia University di New York) e Jason Dana (Yale University) hanno esaminato i risultati di oltre 200 sondaggi di opinione sul tempo presente. I risultati, descritti sulla rivista Pnas, mostrano che in oltre l’80% dei sondaggi, sia negli Usa sia nel resto del mondo, la maggioranza considera il presente più immorale del passato, e teme che il futuro sarà più corrotto. Insomma, come dicevano i Latini, “Mala tempora currunt, sed peiora parantur”, corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori. «Però, se in tutte le epoche la gente si lamenta del presente, allora non è vero che il passato era migliore», nota Mastroianni. «E non si può neanche pensare che da anni le cose vadano sempre peggio: molte ricerche storiche e sociologiche, rivelano che, in realtà, in gran parte del mondo, oggi le persone sono molto più sicure e tutelate che in passato, sia perché la ricchezza delle società è maggiore e meglio distribuita che in epoche presunte felici del passato, sia perché in molti Paesi si sono affermati diritti individuali universali (libertà, uguaglianza, pensiero…) che in passato erano ben più limitati di oggi».

MENO VITTIME DI VIOLENZA

Lo conferma, dopo aver esaminato montagne di dati, il monumentale saggio dello psicolinguista americano Stephen Pinker Il declino della violenza (Mondadori): il mondo passato era assai più violento, ingiusto e illiberale di oggi. E questo, secondo Pinker, non vale solo comparando l’oggi ai secoli più lontani:

I dati dicono che oggi si vive meglio di ieri. Allora perché crediamo che il passato sia meglio del presente? Perché diamo più peso al negativo.

ANDATI!

il miglioramento è continuato anche negli ultimi decenni. Per esempio, il tasso globale di omicidi nel corso del XXI secolo è sceso da 9 su 100mila persone a 6/100mila, e persino nel Messico insanguinato dalle guerre fra narcos, ci si ammazza la metà di quanto avvenisse nel 1940.

E il numero di morti per le guerre, dopo la carneficina del secondo conflitto mondiale, ha toccato il picco di 25 su 100mila persone del 1949, calando fino ai 2-3 su 100mila del primo decennio del XXI secolo. Certo, oggi abbiamo le stragi in Ucraina e Gaza, ma anche considerando i circa 5-600mila morti di questi conflitti, il tasso resta comunque sotto gli 8 caduti in guerra ogni 100mila persone.

LE COLPE DEI MEDIA

Le ragioni di questo calo della violenza individuale e organizzata, secondo Pinker, risiedono nell’affermazione dello Stato moderno, che ha tolto agli individui la possibilità di farsi giustizia da soli, nell’invecchiamento medio della popolazione, nel progressivo affermarsi in politica di categorie oggetto di abusi come donne e minoranze. E infine anche nella sempre più diffusa presa di coscienza che la violenza è riprovevole.

L’impressione che si viva in tempi oscuri, per Pinker, dipenderebbe quindi soprattutto dai media, che non parlano della stragrande maggioranza dei luoghi al mondo dove si vive in pace, ma solo di quelli dove avvengono violenze, omicidi e guerre. Si potrebbe però pensare che, anche se mediamente meno violente, oggi le persone, fra isolamento da social e stress da vita frenetica, siano diventate meno solidali fra loro.

SOLIDARIETÀ IN AUMENTO

Ma i dati sembrano smentirlo: nel 2022 Yu Kou, psicologo della Beijing Normal University, analizzando i dati di 511 studi sociologici svolti negli Usa fra il 1956 e il 2017, ha scoperto che la disponibilità ad aiutare persone sconosciute era in realtà

di Alex Saragosa
Il vero peggioramento, in realtà, è per i giovani, che vivono isolati nei “social” e con poche prospettive future

aumentata del 19% in quei 61 anni. «L’impressione di un continuo peggioramento si basa su meccanismi psicologici, che distorcono il confronto fra il periodo in cui viviamo e quello vissuto da altri in passato. Ed è un’impressione quasi generale: le persone con opinioni conservatrici sono un po’ più propense ad avere la sensazione che si stava meglio prima, ma non molto di più dei progressisti, così come è diffusa quasi allo stesso modo fra giovani e anziani», dice Mastroianni.

ATTRATTI DALLE CATTIVE NOTIZIE

Cos’è, quindi, che ci spinge a rimpiangere un passato immaginario? «Prima di tutto le persone tendono a notare le cose negative che accadono loro nel presente, ma a dimenticare quelle avvenute nel loro passato, per cui, per esempio, ci ricordiamo della gioia dell’aver trovato il nostro primo lavoro, ma dimentichiamo quanto poco ci pagassero. La stessa cosa vale per i resoconti storici, che spesso si concentrano su magnificenza e glorie dei leader, trascurando le difficoltà del vivere per la gente comune. Un secondo meccanismo è che di solito riceviamo molte più informazioni negative che positive sugli altri, il che ci dà l’impressione di vivere circondati da persone cattive, pericolose e immorali», aggiunge lo psicologo della Columbia.

In effetti la nostra mente presta più attenzione alle notizie negative, che alle positive, perché conoscere i potenziali pericoli è più importante per sopravvivere del ricevere rassicurazioni. «Questa nostra propensione per le cattive notizie è sempre esistita: pensiamo ai pettegolezzi, che quasi sempre girano intorno a fatti riprovevoli. E oggi i media fanno a gara nel bombardarci di notizie spaventose per catturare la nostra attenzione. È la combinazione di questi fattori, a provocare l’impressione che il mondo stia andando a rotoli», conclude Mastroianni.

L’EPOCA DELLE APPARENZE

Quindi anche la sensazione di decadenza che proviamo oggi è un’illusione? Il sociologo Francesco Morace, fondatore dell’agenzia Future Concept Lab, la pensa diversamente: come ha scritto nel saggio Modernità Gassosa (Egea), i tempi attuali contengono tali novità, soprattutto tecnologiche, che forse finiremo per avere ragione nel rimpiangere il passato. «La nostra identità si costruisce sempre di più su ciò che esibiamo o

NOSTALGICI

A sinistra, partecipanti al festival Jamboree a Senigallia: celebra la musica e la cultura americane degli anni ’40 e ’50.

riceviamo sui social, non più su ciò che realmente siamo e sui rapporti che abbiamo con gli altri».

E questo è un problema? «Sì, lo è. Internet si è sviluppato negli anni ’70 per dare a tutti la libertà di informarsi e comunicare direttamente, ma è diventato un luogo dove ognuno vive sui social in una propria bolla di realtà, in cui entrano solo le notizie che confermano le sue opinioni. E sono spesso notizie false, perché nessuno ne controlla più l’autenticità, costruite da chi, per motivi politici o commerciali, vuole influenzarci. Questo ha portato a una polarizzazione della società, in cui si capiscono sempre meno le ragioni di chi non la pensa come noi, fino a immaginarle come frutto di complotti. Internet è diventato insomma uno strumento di disgregazione delle società democratiche, mentre quelle autocratiche lo usano per sorvegliare la popolazione e fare propaganda. E siamo solo all’inizio: quando le Ai saranno perfezionate sarà impossibile distinguere fra simulazione e realtà».

ANSIA E DEPRESSIONE

In questa situazione, aggiunge Morace, i giovani finiscono per essere criticati qualunque cosa facciano: di abulia se restano a casa, o di ribellione se protestano per il clima o le guerre. «I giovani sono in realtà le vittime principali dei tempi moderni:

Mondadori
Portfolio/Zuma Press

A sinistra, Johannesburg ai tempi dell’apartheid: un passato da non rimpiangere. Sopra, un bambino al telefono: Internet può isolare.

sono caduti nella trappola dei social, che li sottopongono a continui giudizi, in un confronto martellante con una perfezione estetica e modelli di vita e consumo irrealistici. E si stanno anche abituando ad avere rapporti con gli altri quasi solo online, perché così si sentono più protetti ma diventano isolati. Il risultato è un grande aumento di disturbi del comportamento, autolesionismo e depressione». Senza contare un’istruzione spesso inadeguata e le difficoltà a trovare lavoro.

In effetti, secondo la Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, tra il 10 e il 20% di bambini e adolescenti in Italia soffre di disturbi neuropsichici. Depressione e ansia nel 2021 colpivano il 24,2% dei 16-24enni: uno su 4. E la tendenza è ancora in atto. Insomma, a ben guardare, dovrebbero essere i giovani a deprecare i vecchi per il presente che hanno loro preparato, e non viceversa. E se davvero vogliamo un mondo più vivibile, invece di rimpiangere un passato idealizzato, dovremmo impegnarci a migliorare la condizione dei giovani: per predisporre un futuro migliore.

QUANDO I BEI TEMPI ERANO.… UN PARADISO

La nostalgia per un passato dorato non è solo un punto di vista individuale. È anche generazionale: accomuna gli adulti e gli anziani che vivono in un dato momento storico. Ma questo sentimento può varcare le epoche: è il caso di alcune credenze che pongono l’uomo in una condizione ideale all’inizio della storia, ma poi la situazione si rovina e per l’uomo iniziano le sofferenze. Come, per gli antichi Greci, l’Età dell’Oro. In quell’epoca, secondo il mito, gli esseri umani vivevano senza bisogno di leggi, e non avevano la necessità di coltivare la terra che produceva da sola ogni pianta. Non esisteva la proprietà privata, non c’erano odio né guerre. Era sempre primavera, perciò non c’era bisogno di case. Poi Pandora disobbedì a Zeus e aprì il vaso che conteneva la vecchiaia, la gelosia, la malattia, il dolore, la pazzia e il vizio. Vi ricorda qualcosa? Il racconto biblico del Paradiso terrestre, altro “bel tempo andato” per sempre: Adamo ed Eva vivevano nel giardino dell’Eden, una regione bagnata dai fiumi, feconda, liberi da ogni preoccupazione. Eva, però, infranse il divieto di Dio di cibarsi dei frutti dell’albero al centro del giardino: l’albero della conoscenza del bene e del male. L’uomo si è appropriato di quella conoscenza (esercitò, cioè, il suo libero arbitrio), fu cacciato dal Paradiso e da quel momento per lui iniziarono le sofferenze. C’è una radice di verità in questi miti? Sul piano storico, la nascita dell’agricoltura, 10mila anni fa in Mesopotamia. Quando l’uomo ha smesso la vita da nomade e si è stabilito in un’area, ha iniziato a delimitare il proprio territorio: e le contese sulle proprietà delle terre sono state alle origini delle prime guerre. E, sul piano individuale, ognuno di noi ha sperimentato il paradiso in passato: l’infanzia, quando eravamo nutriti e coccolati senza preoccupazioni. (V.T.)

IN PIAZZA Sopra, Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, quadro di Johann Wenzel Peter (1850). A sinistra, giovani protestano per il clima.

Domande Risposte

È VERO CHE I DELFINI SI “SBALLANO”?

SÌ, E PER FARLO SFRUTTANO IL VELENO

DEI PESCI PALLA, CHE FANNO

FUORIUSCIRE SFIORANDOLI...

Sì, come confermato da varie osservazioni (immortalate tra l’altro in un celebre documentario prodotto dalla Bbc), i delfini amano ogni tanto “sballarsi” un po’, e per farlo assumono una sostanza tossica (la tetrodotossina, o TTX) che secerne il pesce palla, peraltro molto pericolosa per gli esseri umani e non solo. Per farla fuoriuscire, ai delfini basta toccare con la punta del muso i suddetti pesci o, al limite, mordicchiarli delicatamente.

DROGA LEGGERA. La sostanza, se assunta in piccole quantità, produce appunto nei delfini una sorta di vago sballo, connotato da un vispo benessere paragonabile a quello che deriva dall’assunzione di droghe leggere. Tra l’altro, nell’assumere la loro “droga”, i simpatici mammiferi dei mari riescono a muoversi in modo tale da non fare alcun male ai pesci palla che gliela forniscono, per i quali la tetrodotossina (presente sia in alcuni organi sia nella pelle) costituisce una preziosa “arma chimica” per difendersi dai predatori.

CHEESE!

Un delfino dall’aria un po’ “confusa” in uno scatto ravvicinato.

QUAL È LA SPIAGGIA PIÙ PERICOLOSA AL MONDO?

L’inquietante primato spetterebbe alla spiaggia di Fraser Island (K’gari in lingua aborigena), isola di sabbia più grande al mondo (125 km di lunghezza per 25 di larghezza) situata di fronte alla costa dell’Australia Orientale.

NATURA INCONTAMINATA. La pericolosità del luogo, apparentemente paradisiaco, è legata soprattutto ai temibili animali che pullulano nelle sue acque, tra cui si segnalano numerosi squali (nel cui novero spicca lo squalo tigre) e velenosissime meduse, come la Irukandji. Il tutto senza considerare le fortis-

SQUALI FEROCI, MEDUSE

VELENOSE, CORRENTI

VIOLENTE E LA LISTA NON È FINITA: IL POSTO IDEALE

PER CHI AMA IL RISCHIO.

sime correnti, che metterebbero comunque a rischio la sicurezza dei bagnanti. Se tuffarsi nelle acque di tale spiaggia non è consigliabile, anche una semplice passeggiata sulla sabbia può riservare spiacevoli sorprese. Contraddistinta da una natura incontaminata, Fraser Island ospita infatti una grande varietà di ragni velenosi ma anche ulteriori pericoli, costituiti tra l’altro dalla presenza di vari branchi di dingo, cani selvatici tipici del territorio australiano piuttosto aggressivi

Matteo Liberti

PARADISO?

La spiaggia di Fraser Island, di fronte alla costa dell’Australia Orientale: bellissima e pericolosa.

Cos’è il movimento “antipratista”?

Èil movimento composto da studiosi e attivisti che denuncia l’impatto nocivo causato dalla diffusione negli angoli più remoti del globo dei prati “all’inglese”, soprattutto se nelle zone aride. Secondo ricercatori dell’University of Western Australia, prati di questo tipo interessano il 23% delle città del globo, ma fanno pagare alla natura un prezzo altissimo per il grande consumo idrico e di pesticidi: solo negli Stati Uniti, per esempio, si utilizzano per i prati 62mila tonnellate di pesticidi all’anno e 1,5 milioni di metri cubi d’acqua al giorno. Inoltre, i prati “curati” provocano una perdita di biodiversità e di vegetazione utile per gli insetti impollinatori. Selvatico. Le soluzioni raccomandate vanno dall’adozione di tecniche di rewilding (cioè il ripristino dei processi naturali e di coltivazione di specie locali), alla riduzione della frequenza di taglio dell’erba. Secondo uno studio della Freie Universität di Berlino, questo darebbe modo a piante come il tarassaco (Taraxacum officinale) e il trifoglio bianco (Trifolium repens) di completare il ciclo vegetativo, quindi di fiorire e disperdere i semi, attirando i preziosi impollinatori. L’erba alta offre due ulteriori vantaggi: riduce l’erosione del suolo (le radici trattengono sia il terreno sia l’acqua) e anche la temperatura dell’aria, assorbendo una parte consistente della radiazione solare e quindi del riscaldamento del suolo, decisamente più alto nelle “giungle d’asfalto” urbane. C.G .

Perché i fiumi dell’Alaska stanno diventando gialli o arancioni?

Acausa dello scioglimento del permafrost, uno strato di terreno permanentemente congelato presente in alcune regioni artiche e subartiche. Questo fenomeno di decomposizione, provocato principalmente dal riscaldamento globale, porta al rilascio di metalli come ferro, zinco, nichel, rame e cadmio nelle acque circostanti. Quando questi elementi entrano in contatto con l’ossigeno e con l’umidità dell’ambiente, subiscono una reazione chimica che produce ossidi metallici, conferendo ai fiumi una colorazione arancione e rugginosa. Danni drammatici. Riscontrato in almeno 75 corsi d’acqua nel Nord dell’Alaska negli ultimi 10 anni, il fenomeno ha implicazioni significative per l’ecosistema locale. Le acque contaminate presentano livelli elevati di acidità, con un pH che può scendere fino a 2,6, simile a quello del succo di limone o dell’aceto.

Questa condizione compromette la sopravvivenza di specie ittiche come il salmone rosso e il coregone, nonché della vegetazione circostante che annerisce e muore. S.V.

Perché nei deserti salati il terreno è fatto a esagoni?

Nei grandi salar dell’America Latina, così ampi che possono essere visti dallo spazio, le “croste” di sale evidenti nel periodo secco hanno sempre una particolare forma esagonale, tanto che dall’alto sembrano grandi alveari bianchi. Queste geometrie perfette di esagoni, da uno a due metri di larghezza, hanno spiazzato per anni gli scienziati, ora però una ricerca dell’Università di Trent a Nottingham, in Inghilterra, ha dimostrato che le forme superficiali riflettono i movimenti delle acque che si trovano sotto la superficie.

Rulli. La crosta può essere spessa fino a 10 metri, ma appena sotto c’è acqua, che per l’evaporazione diventa più salata e quindi densa: ciò crea tanti “rulli” di convezione simili a quelli di un sottile strato di acqua che bolle, con l’acqua densa più superficiale che in continuazione tende a scendere, facendo salire su quella più profonda, dolce e diluita. Un solo rullo sarebbe circolare, ma sotto ai salar ce ne sono tanti vicini che si schiacciano fra loro: questo porta a formare esagoni, accentuati e resi più visibili dal fatto che il deposito di sale avviene soprattutto lungo i bordi. E.M.

Che cos’è esattamente

il talco?

Una polvere fine, setosa al tatto, di origine minerale: un fillosilicato, composto da magnesio, silice e ossigeno. Il suo nome deriva da talq, termine arabo introdotto dal tedesco Georg Bauer e significa “mica”, cioè silicato. È uno dei minerali più teneri esistenti in natura: si trova infatti al primo posto della scala di Mohs, classificazione che misura la durezza dei minerali. Untuoso al tatto, quasi un sapone, è un minerale inerte e basta un’unghia per scalfirlo. Assorbente. La forma più dura del talco è detta steatite, nota anche come pietra ollare o saponaria. Se nel nostro immaginario è tipicamente bianco, in realtà può essere anche rosa, grigio, verde, violetto, blu e anche nero. È utilizzato principalmente per le sue proprietà assorbenti (mantiene la pelle asciutta), lubrificanti e antiattrito. Una curiosità: viene impiegato anche nelle gomme da masticare, ma non come ingrediente: come antiaderente (come l’amido di mais) per evitare che la gomma si attacchi agli stampi durante il processo di produzione. A .C.

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