
Modulare, flessibile, ecologica e intelligente: così evolverà la nostra abitazione. E in più: come saranno le basi spaziali.
Modulare, flessibile, ecologica e intelligente: così evolverà la nostra abitazione. E in più: come saranno le basi spaziali.
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FUTURO A DOMICILIO
La casa che verrà, tra consegne con i droni, sistemi “eco” per rinfrescarci e tanto verde per vivere meglio.
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VOGLIO UNA CASA MULTI SENSORIALE
Il segreto di un’abitazione “perfetta”? Non basta che sia bella per la vista, deve piacere anche a tutti gli altri sensi.
40 UN MONOLOCALE VISTA LUNA
Per le basi lunari si studiano già gli aspetti pratici e quelli psicologici. Ma le prime saranno ancora... scomode.
44 E VISSERO VICINI E (S)CONTENTI
Dalle liti ai favori, ecco i meccanismi della convivenza in condominio. E del momento più temuto e stressante: la riunione...
Vi è mai capitato di rimanere bloccati in ascensore? A me è successo qualche settimana fa, proprio mentre stavamo ultimando la preparazione di questo numero. Per fortuna, tutto si è risolto nel giro di un’ora. Tuttavia, quei minuti di attesa mi hanno fatto riflettere sulla nostra dipendenza dalla tecnologia e sulla sua intrinseca fragilità. Ironia della sorte, proprio in questo numero esploriamo il futuro dell’abitare. Trascorriamo circa il 90% del nostro tempo in spazi chiusi, e una casa smart offre indubbi vantaggi, tra cui – per esempio – evitare di rimanere bloccati in ascensore. Ma la tecnologia, per quanto avanzata, non può sostituire il valore delle relazioni umane. Lo sottolinea anche Elena Meli nel suo articolo sul vivere in condominio (pag. 44): il rapporto con i vicini resta un elemento fondamentale per il benessere quotidiano. Ne ho avuto una prova diretta proprio durante quell’inconveniente. Un vicino che non avevo mai incontrato prima è uscito di casa, mi ha rassicurato e ha chiamato il tecnico. Un piccolo gesto, ma significativo: dimostra quanto la collaborazione e il sostegno reciproco possano fare la differenza. Diversi studi confermano che i rapporti di vicinato basati sulla fiducia migliorano la qualità della vita, aumentano la sicurezza e offrono un aiuto prezioso.
E a proposito di aiuti, in questo numero parliamo anche di un’innovazione straordinaria: gli “organi su chip”. Vito Tartamella racconta come questi dispositivi, grandi quanto una chiavetta Usb, siano in grado di simulare il funzionamento di un organo umano, accelerando lo sviluppo di nuovi farmaci senza la necessità di sperimentazione animale. Un esempio concreto di come la scienza continui a sorprenderci e a migliorare la nostra vita. Esattamente come mi ha sorpreso quell’ascensore, regalandomi un’inaspettata “meditazione forzata”. E forse è proprio questo il bello: ogni imprevisto può trasformarsi in un’opportunità per riflettere, imparare e, perché no, creare nuove connessioni.
Gian
Mattia Bazzoli (gianmattia.bazzoli@mondadori.it)
Geografia e lingue sarebbero del tutto diverse. E non ci sarebbe l’Unione Europea. Perché, oltre a unificare popoli e territori, l’antica Roma ha introdotto il modello culturale occidentale, in cui ancora viviamo.
Tra i fattori di rischio per la salute, gli alcolici sono fra i più sottovalutati. Eppure i danni, nel breve periodo e a lungo termine, sono ben noti.
68 astronomia OTTO PUNTI DI VISTA SULLO SPAZIO
Oggi per studiare il cielo abbiamo strumenti che raccolgono tutti i tipi di onde elettromagnetiche. Che portano informazioni diverse.
74 comportamento BISOGNO DI COMPAGNIA
Uno stimolo simile alla fame, che ci porta a interagire con gli altri. Questo è il senso di solitudine, secondo le più recenti ricerche scientifiche: un istinto fondamentale.
80 medicina ORGANI TASCABILI
Gli organ-on-a-chip simulano in miniatura il funzionamento di cuore, fegato, polmoni... Potranno accelerare la ricerca sui farmaci. Evitando i test su cavie e uomini.
88 storia IL POTERE DEI SOLDI
Non è certo una novità dell’era Trump: fin dall’antichità, i “super-ricchi” hanno affiancato i governanti, in cerca di prestigio e appoggio.
Animazioni, video, audio... Potete fruire di tanti contenuti aggiuntivi grazie ai QR Code, nelle pagine dove troverete l’icona Focus+. Basta inquadrare il QR Code con la fotocamera attiva (se si usa un iPhone o un iPad), oppure usando Google Lens o una qualsiasi app per la scansione di QR Code (se si ha uno smartphone o un tablet Android). Se invece siete al computer, andate alla pagina del nostro sito, all’indirizzo web segnalato.
94 società E IO PROTESTO
Per manifestare il proprio dissenso c’è modo e modo. Ma secondo gli studiosi, una rivolta di successo si costruisce con un mix di impegno, strategia, circostanze e fortuna.
102 sport INTELLIGENZE IN CAMPO
Dall’IA alla realtà virtuale, gli atleti di un numero sempre maggiore di discipline sportive si affidano all’hi-tech per migliorare le prestazioni.
rondine non fa primavera
BASE LUNARE
Il Moon Village, progetto dell’Agenzia Spaziale Europea, è lo studio di un futuro habitat sul nostro satellite, con tutto ciò che servirà per la sopravvivenza di un avamposto permanentemente abitato.
Per le basi lunari si studiano già gli aspetti pratici e quelli psicologici. Ma le prime saranno ancora... scomode.
on sappiamo ancora la data precisa, ma nel giro di qualche anno l’umanità tornerà sulla Luna. Con l’obiettivo, in prospettiva, di installarvi una base permanente. In un futuro più lontano vi saranno basi abitate anche su Marte. Ma le case nello spazio saranno molto diverse da quelle, sia pure molto varie, a cui siamo abituati sulla Terra.
PRIMA DI TUTTO, LA SICUREZZA
«Le sfide principali da affrontare sono quelle legate alla sicurezza», spiega Annalisa Dominoni, che con Benedetto Quaquaro è responsabile di Esa_Lab@Polimi_Design e tiene il corso Space4InspirAction della Scuola del Design del Politecnico di Milano, e con lui ha scritto il libro Le città dell’universo – Come sarà abitare nello spazio (il Saggiatore). «Oltre a generare un’atmosfera interna respirabile, gli ambienti dovranno avere caratteristiche di isolamento nei confronti delle radiazioni, degli eventuali meteoriti e delle temperature estreme». Per
esempio, sulla Luna si devono affrontare sbalzi da +120 °C di giorno a -130 °C di notte. «L’altro aspetto è quello della sostenibilità e dell’autonomia», aggiunge Quaquaro. «Un habitat extraterrestre deve puntare al riciclo del 100% degli scarti e a produrre in loco tutte o quasi le risorse necessarie: cibo, ossigeno, energia… Soprattutto guardando a una base marziana».
Per un insediamento lunare le agenzie spaziali, con aziende private e istituzioni, stanno pensando ad almeno due soluzioni. La prima è la classica base in superficie, come il Moon Village progettato dallo studio di architettura Skidmore, Owings & Merrill per l’Agenzia Spaziale Europea: una vera città situata nei pressi del polo sud lunare, dove c’è una illuminazione da parte del Sole quasi ininterrotta e dove ci sarebbe accesso al ghiaccio d’acqua che è stato rilevato dalle sonde sul fondo di crateri perennemente in ombra. L’altra possibilità è quella di sfruttare i lava tubes (v. sotto) cioè i canali scavati nel sottosuolo lunare dalle eruzioni vulcaniche che ebbero luogo sul nostro satellite in un lontano passato. Luoghi protetti in modo naturale dalle radiazioni e dai meteoriti.
«In collaborazione con Esa e Centro spaziale svizzero abbiamo realizzato il progetto Moony, che prevede appunto abitazioni e laboratori nei lava tubes», spiega Dominoni. «Sono ambienti inviati sulla superficie lunare con un modulo
Un’ipotesi per costruire ambienti sicuri sulla Luna è sfruttare i tunnel presenti nel sottosuolo scavati nel passato dalla lava. Il progetto Moony, proposto dal gruppo di ricerca Esa_Lab@Polimi_Desing con Esa, Centro spaziale svizzero e D-Shape, prevede moduli gonfiabili che poi vengono protetti da una struttura esterna che dei robot stampano in 3D sfruttando come materiale la regolite lunare.
1 Un modulo atterra sulla Luna 2 Scende nel tubo di lava e inizia a gonfiare la parte interna 3 Si completa il gonfiaggio 4 Con la regolite lunare, si inizia a stampare in 3D la struttura esterna protettiva 5 Prosegue la stampa dell’esterno 6 L’habitat è completato.
automatico e poi collocati nei tubi da una sorta di gru. Lì viene gonfiata l’unità abitativa, che poi è ricoperta da una struttura rigida, stampata in 3D utilizzando la regolite, cioè la polvere e i piccoli sassi che coprono la superficie della Luna. La struttura serve a proteggere il gonfiabile da eventuali cedimenti del tubo di lava».
GIOCHI DI LUCE
La Luna, rispetto agli ambienti in orbita, come la Stazione Spaziale Internazionale, ha il vantaggio di avere una gravità, anche se solo un sesto di quella terrestre. Quindi c’è una direzione preferenziale: un pavimento e un soffitto, per esempio. «Se sulla Terra una persona normale, da ferma, salta in altezza 30-40 centimetri, sul-
IN VERTICALE
L’interno di una unità abitativa lunare progettata dallo studio di architettura Skidmore, Owings e Merrill (Som) per conto dell’Esa. 1 2 3 4
la Luna salta 6 volte di più», sottolinea Quaquaro. «Quindi in linea di principio si può pensare a uno sviluppo verticale degli ambienti abitativi, con case esili, anche se poi bisogna bilanciare questo con la necessità della sicurezza. Se gli ambienti sono all’esterno, vanno ricoperti da uno spesso strato di regolite per proteggerli».
Per quanto riguarda gli interni, oltre alle questioni pratiche (ottimizzazione degli spazi ecc.) si deve tenere conto di un altro fattore importante, quello psicologico. «Chi andrà sulla Luna, e ancora di più su Marte, vivrà in spazi limitati e confinati, e in relativo isolamento, anche per lunghi periodi», evidenzia Dominoni. «Per questo, stiamo studiando per esempio come usare la luce per andare incontro ai ritmi circadiani umani, ma anche per rendere gli ambienti accoglienti. Con la luce si può poi pensare di creare aree di relativa privacy ed effetti che simulino per esempio la luce solare che entra da una persiana, con l’aggiunta di effetti sonori naturali, come il rumore della pioggia». «Anche i materiali sono importanti», aggiunge Quaquaro. «Pensiamo a colori e materiali che diano una sensazione di casa superiore a quella che può dare il freddo alluminio, che assorbano i rumori di fondo dei sistemi della base, che contribuiscano a migliorare la qualità dell’aria». «La nostra idea complessiva», precisa Dominoni, «è che l’ambiente sia una sorta di organismo vivente, che reagisca agli stimoli».
Tutti questi accorgimenti saranno ancora più essenziali negli insediamenti su Marte, dove non si potrà intervenire rapidamente in caso di emergenza (i tempi di viaggio sono di almeno 6-7 mesi, contro i 3 giorni per arrivare alla Luna) e dove le comunicazioni radio subiscono ritardi che vanno da 3 a oltre 20 minuti, a seconda della distanza tra i due pianeti. Una proposta di insediamento marziano è Mush Rooms, sviluppato sempre dai docenti del Politecnico di Milano in collaborazione con l’Esa. Si tratta anche qui di ambienti gonfiabili, da adibire ad abitazioni, laboratori, serre… «La novità risiede nel fatto che nell’intercapedine tra due strati di gonfiabile viene inserito del micelio», spiega Dominoni. In pratica, l’apparato vegetativo dei funghi, un intreccio di filamenti che come materiale biologico da costruzione ha molte proprietà, tra cui resistenza, leggerezza, impermeabilità e protezione dai raggi ultravioletti. «Il micelio cresce nell’intercapedine, fino a riempirla, e poi muore cristallizzandosi». I progetti di case nello spazio sono molti, e davvero affascinanti. Ma alla resa dei conti si scontrano con le necessità pratiche e le limitazioni di budget. È molto probabile, per esempio, che i primi insediamenti lunari saranno ancora moduli angusti, adatti solo ad astronauti esperti. Per i giochi di luce e di suoni dovremo attendere qualche decennio.
MUSH ROOMS
È un villaggio marziano progettato dal corso-laboratorio di Design Spaziale Space4InspirAction del Politecnico di Milano. Le unità gonfiabili sono protette da uno strato di micelio, che quando muore si cristallizza.
Per costruire, sarà fondamentale sfruttare i materiali che sono presenti sul posto e la stampa 3D
Dall’IA alla realtà virtuale, gli atleti di un numero sempre maggiore di discipline sportive si affidano all’hi-tech per migliorare le prestazioni.
di Simone Valtieri
Anno 1996. Il figlio d’arte Jacques Villeneuve sta disputando la sua prima stagione in Formula 1 al volante della Williams. Avendo corso solamente nei campionati americani, però, il giovane pilota canadese non conosce le piste europee e decide di affidarsi alla Ibm, che sta sviluppando un simulatore di guida avanzato. Villeneuve passa ore al volante percorrendo virtualmente innumerevoli volte il Nürburgring e lo impara così bene che, quando arriva il momento di salire in auto, riesce a qualificarsi in prima fila e a trionfare in gara, ottenendo così la sua prima vittoria in Formula 1. Fu un punto di svolta: da allora, sempre più piloti si allenano al simulatore, sia nelle sedi delle varie scuderie, che oggi dispongono di strumentazioni evolute al punto di replicare anche le sensazioni di guida, sia nelle proprie case, grazie a postazioni da gaming professionali, accessibili anche agli appassionati che possono persino ritrovarsi a sfidare dalla propria cameretta i vari Charles Leclerc, Lando Norris e Max Verstappen. Ma se in uno sport hitech come la Formula 1 sembra normale che la preparazione del pilota passi per strumenti di questo tipo, è nel panorama più tradizionale che sta avvenendo la vera rivoluzione. Grazie a intelligenza artificiale, realtà virtuale e altre tecnologie d’avanguardia, infatti, atleti di qualsiasi disciplina possono sfruttare le novità digitali per migliorare le proprie prestazioni, dal calcio al football americano, dal tennis all’atletica leggera.
AZIONI VIRTUALI
Una delle più grandi innovazioni arriva dal football americano, dove la realtà virtuale sta modificando la routine settimanale degli atleti. Un esempio emblematico è quello fornito da Jayden Daniels, quarterback (il “regista” di questo sport) dei Washington Commanders, che alla prima stagione nella Nfl –che si conclude con il celebre Super Bowl – ha ottenuto risul-
Jayden Daniels, giovane quarterback dei Washington Commanders, si allena in palestra con un software di simulazione.
SCREEN Sopra, una schermata di Nfl Pro Era, il gioco ufficiale della Nfl (National Football League) americana. Si può “entrare in campo” grazie alla realtà virtuale.
tati sensazionali riconducibili ai suoi metodi di allenamento. Il debuttante statunitense passa ore in palestra utilizzando un software di simulazione avanzata prodotto dall’azienda tedesca Cognilize. Indossando un visore VR di ultima generazione, Daniels si ritrova proiettato in un campo virtuale, dove può vivere in prima persona situazioni di gioco preimpostate sulle tattiche delle squadre avversarie. Può osservare i movimenti della linea difensiva, analizzare i blitz e testare diverse opzioni di lancio, il tutto senza il rischio di contatti fisici. Ogni sessione è personalizzata e costruita sui dati raccolti durante le partite e gli allenamenti reali, e consente al giocatore di simulare 250 scenari in più di quanto riuscirebbe a fare in campo, prendendo decisioni dell’80% più rapide. La forza di questa tecnologia risiede nella possibilità di allenare non solo il fisico, ma anche la mente: ripetere centinaia di volte le azioni di gioco più critiche, infatti, migliora la capacità di reazione e soprattutto di lettura del gioco, qualità indispensabili per un quarterback. Dopo ogni sessione, l’algoritmo del software analizza le scelte fatte dall’atleta e fornisce un feedback dettagliato, evidenziando i tempi di rilascio della palla, la precisione dei lanci e l’ampiezza della visione periferica in ogni circostanza, fondamentale per prevenire i placcaggi avversari. Infine, l’utilizzo di un guanto tattile permette a Daniels di simulare anche la presa e il rilascio del pallone, aggiungendo un ulteriore livello di realismo.
te, per essere più efficaci anche in altre situazioni di gioco come i calci di punizione, le rimesse dal fondo, le rimesse laterali e i calci di rigore. Attraverso l’analisi di milioni di dati, il sistema identifica il punto perfetto dove mirare, tenendo conto dell’altezza, della velocità e della curvatura del tiro, ma anche della disposizione dei giocatori e del portiere, in fase sia d’attacco sia difensiva. La tecnologia si basa su algoritmi di machine learning che simulano migliaia di scenari differenti per fornire in pochi secondi all’allenatore lo schema migliore da adottare. Durante i test, il software ha ottenuto risultati sorprendenti: il numero di reti segnate dai corner è aumentato del 30% rispetto alla media tradizionale. Ma non è tutto: in allenamento l’IA
Se il football americano indica la strada, quello “europeo” non sta certo a guardare: nel calcio, l’intelligenza artificiale si sta rivelando un’alleata preziosa per perfezionare movimenti, scelte e tattiche in campo. Tra i primi a muoversi, lo storico club inglese del Liverpool, che ha aiutato i tecnici di Google DeepMind a sviluppare TacticAI, un software in grado di elaborare le migliori strategie per segnare da calcio d’angolo e, potenzialmen-
Nonostante i progressi hi-tech, i più grandi campioni continuano ad allenare i propri riflessi seguendo i metodi... del professore di educazione fisica. Milioni di persone hanno visto in televisione Jannik Sinner (a destra) che, prima della finale degli Australian Open, seguiva con lo sguardo una pallina che il suo coach faceva oscillare, roteare, salire e scendere di fronte ai suoi occhi per risvegliare il sistema neuromotorio. Tale esercizio ha anche una valenza psicologica, visto che il cervello si abitua a concentrarsi sull’oggetto, non perdendolo poi più di vista durante il match.
Palline e Led. Oltre ai tennisti, molti pugili utilizzano le “reactions
balls”, sfere irregolari che producono rimbalzi imprevedibili, costringendo ad azioni rapidissime per afferrarle. Non è dissimile ciò che avviene in Formula 1, dove i piloti affinano la propria reattività cercando di intercettare biglie fatte cadere senza preavviso. Ma la tecnologia avanza anche in questo settore: restando in tema di piloti, Fernando Alonso si allena con Batak Reflex Training, un muro di luci che si accendono casualmente e vanno spente toccandole con la mano. Dispositivi simili, con luci Led da colpire il più velocemente possibile, sono ormai diffusi in molte discipline e reperibili anche per gli sportivi amatoriali.
COME LA F1 VERA
Sopra, il simulatore di Formula 1 della Ferrari a Maranello. Può rendere anche le sensazioni “fisiche” della guida, oscillando su vari assi. E si può pilotare su molti circuiti diversi.
Jacques
Villeneuve vinse la sua prima gara in F1, al Nürburgring nel 1996, dopo essersi allenato a lungo su un simulatore
VR E CALCIO
Sopra a sinistra, il portiere del Paris Fc si allena con un visore di realtà virtuale. Qui a sinistra TacticAI, un software di strategia calcistica.
ANALISI
Dartfish è un software per l’analisi dei video, usato in molti sport, dall’atletica al calcio. Serve per studiare il movimento degli atleti.
Dartfish e OptoJump sono i nomi di due sistemi di rilevamento ottico usati nell’allenamento della regina degli sport, l’atletica leggera, nel primo caso nella corsa, nel secondo nei salti. Entrambi permettono di analizzare, mediante l’uso di telecamere, il gesto tecnico degli atleti, restituendo in tempo reale consigli su come renderlo più efficace. Analogamente, nel nuoto si utilizzano apparecchiature come SwimPro, che misura la nuotata subacquea con un altissimo grado di precisione, e nella ginnastica Gymnova,
Il velocista francese Ryan Zézé si allena con un visore prima di Parigi 2024. La staffetta 4x100 ha utilizzato la realtà virtuale per studiare il tempismo nel passaggio del testimone.
che integra sensori di pressione e feedback visivi e sonori per aiutare gli atleti a perfezionare le acrobazie. Nello sci, congegni come Carv 2 Ski Coach e PIQ Ski Sensor vengono inseriti negli scarponi per monitorare in tempo reale la pressione esercitata, il bilanciamento e l’inclinazione nelle curve, mentre la scherma utilizza chip integrati con le armi, che registrano la velocità e la traiettoria dei colpi, e pedane di forza per analizzare lo spostamento del peso e migliorare la rapidità e la stabilità negli affondi.
viene utilizzata anche per monitorare i movimenti dei calciatori e rilevare eventuali errori tecnici, come posture scorrette o tocchi imprecisi, che possono influire negativamente sul rendimento del singolo e della squadra.
Tra gli sport pionieristici in tema di tecnologie applicate alla preparazione atletica c’è anche la pallacanestro. Dal 2017-18 la Nba, il massimo campionato professionistico americano, adotta in tutti i propri palazzetti il cosiddetto player-tracking, un sistema fornito dall’azienda Second Spectrum che utilizza telecamere ad alta definizione per raccogliere dati dettagliati su ogni movimento dei giocatori e della palla. Le informazioni registrate sono poi analizzate da algoritmi di intelligenza artificiale e software personalizzati (come quello fornito da Synergy Sports) per approfondire schemi di gioco, efficienza dei tiri e prestazioni, offensive e difensive. Quasi ogni team agisce in questo modo e, così come nel football, anche nel basket i dati possono essere integrati con la realtà virtuale al fine di migliorare le capacità decisionali dei giocatori. I Dallas Mavericks sono stati la prima realtà dell’Nba a dotarsi di visori per studia-
re e rivivere situazioni di gioco specifiche, utili per correggere errori e analizzare le prestazioni individuali, risparmiando usuranti sessioni extra ai propri giocatori sul parquet di gioco. Un’altra innovazione, poi copiata da altre discipline, è l’uso di dispositivi indossabili dotati di sensori biometrici, come i sistemi di monitoraggio Whoop, che misurano parametri fisiologici tra cui frequenza cardiaca e qualità del sonno. I dati raccolti aiutano gli staff tecnici a personalizzare i programmi di allenamento, gestire i carichi di lavoro e prevenire gli infortuni, garantendo che gli atleti siano nelle migliori condizioni fisiche.
ABBIGLIAMENTO
In tema di prevenzione degli infortuni qualcosa è stato fatto anche dal punto di vista dell’abbigliamento tecnico. Alla vigilia dei Giochi olimpici di Parigi 2024, Nike e Hyperice hanno
sviluppato due capi speciali: un gilet termico e un paio di stivaletti riscaldanti personalizzati. Il gilet, dotato di sensori e raffreddatori termoelettrici, è in grado di regolare la temperatura corporea in tempo reale, migliorando la vestibilità con camere d’aria integrate, mentre gli stivaletti distribuiscono uniformemente il calore grazie a doppie camere d’aria e a moduli termici. Entrambi, se indossati prima di iniziare l’attività, hanno lo scopo di ridurre i tempi di riscaldamento dei muscoli, prevenendo al contempo gli infortuni, soprattutto a schiena, spalle e caviglie. A testarli, atleti del calibro di LeBron James (basket) e Sha’Carri Richardson (atletica leggera), che si sono presentati sul campo già pronti senza bisogno di scaldarsi.
AL CALDO
Sopra, allenamento “realistico” con una cyclette collegata a un software. Qui a destra, il gilet termico di Nike e Hyperice per ridurre il tempo di riscaldamento prima di una competizione. Aiuta anche a diminuire gli infortuni.
La tecnologia giunge in soccorso degli atleti che praticano sport all’aperto soprattutto nel caso di condizioni meteo avverse. I ciclisti, per esempio, possono usare piattaforme come Zwift, che permettono esperienze di allenamento indoor immersive, potendo così pedalare virtualmente su percorsi realistici e interagire con altri colleghi in tempo reale grazie all’uso di “cyclette” connesse a maxischermi o a visori VR. Uno strumento analogo è utilizzato nel canottaggio e può offrire sessioni virtuali, ricreando fedelmente l’esperienza di remare su diversi corsi d’acqua, riproducendo persino le correnti e le interferenze delle barche accanto. Per i golfisti, invece, esistono simulatori (con postazioni di tiro e proiettore), che consentono di perfezionare il proprio swing in ambienti chiusi, analizzando dettagliatamente la tecnica e migliorando le prestazioni senza dover essere sul campo. Grazie alla tecnologia “a doppio radar”, software come TrackMan 4 acquisiscono dati completi sulle prestazioni e sul movimento di mazza e pallina, correggendo gli errori di postura e fornendo suggerimenti atletici e tecnici.
Dulcis in fundo, se non altro per i risultati che sta producendo in ambito italiano, il tennis. Jannik Sinner e colleghi possono contare su un bagaglio di informazioni raccolte durante ogni partita o sessione d’allenamento tra i più nutriti dell’intero panorama sportivo. Gli stessi strumenti, che sono in grado di generare statistiche minuziose e in tempo reale, dalla velocità di ogni colpo ai metri percorsi fino al punto preciso di rimbalzo di ogni pallina (il celebre “occhio di falco”), registrano ogni dettaglio e lo danno in pasto a un cervellone guidato dall’IA che elabora schemi, suggerisce strategie e individua gli aspetti da migliorare. A ciò si aggiungono dispositivi indossabili, per monitorare in modo costante i parametri fisici, e tecnologie d’avanguardia, per il recupero muscolare. Ma se pensate che la “macchina” Sinner sia diventata tale solo grazie all’uso di questi ritrovati tecnologici, vi sbagliate di grosso. La scienza può dare una grande mano allo sport, ma senza il lavoro di allenatori, preparatori atletici e mental coach, senza cioè il supporto della componente umana, anche le tecnologie più sofisticate rischierebbero di essere inutili: perché, in fondo, il cuore dello sport rimane profondamente umano.
LE DOMANDE DEI LETTORI
Siamo in grado di valutare le nostre relazioni (o gli altri ne capiscono di più)?
Scrivete a: focusdr@mondadori.it
SOCIETÀ PERCHÉ I POLITICI SONO PIÙ INCLINI A MENTIRE?
SOCIETÀ PERCHÉ CI SI SALUTA IN MONTAGNA?
AMORE E SESSO VA BENE FARE LE PUZZETTE DAVANTI AL PARTNER?
ANIMALI PERCHÉ NON CI SONO PIÙ CARNIVORI CON I DENTI A SCIABOLA?
Qual è stato il primo albero coltivato dall’uomo?
Nel trattato De Rustica (I secolo d.C.), lo scrittore latino
Columella sosteneva che “Olea prima omnium arborum est”, cioè: “L’ulivo è il primo tra tutti gli alberi”. Apprezzato dai tempi più remoti, l’ulivo (Olea europaea) ha in effetti svolto un ruolo centrale nelle antiche civiltà mediterranee, che hanno iniziato a coltivarlo intorno al 6000-4000 a.C. Sarebbe quindi uno dei primi alberi domesticati dall’uomo, insieme al pistacchio (Pistacia vera), coltivato già 8.000-6.000 anni fa. Stanziali. Il primato assoluto spetta però al fico (Ficus carica, di lato raffigurato in una tomba egizia), la cui coltivazione risalirebbe al X millennio a.C. (circa 9000 a.C.), quando l’uomo divenne stanziale e iniziò a praticare l’allevamento e l’agricoltura. Questa pianta dai frutti deliziosi presenta molti vantaggi che hanno favorito la sua domesticazione: si sviluppa su qualunque tipo di terreno, ha un ottimo adattamento alle temperature più estreme (dai -10 ai 40 °C), cresce velocemente, si propaga con facilità ed è in grado di produrre fichi per 40 anni e oltre! F.C.
IL PESO DEI GHIACCIAI HA UN RUOLO IMPORTANTE NEL MANTENERE LA STABILITÀ DELLE FAGLIE. MA IL RISCALDAMENTO GLOBALE POTREBBE PREPARARE GUAI IMPREVISTI (OLTRE AI MOLTI CHE GIÀ CONOSCIAMO).
Può aumentare la loro frequenza, come indica uno studio dell’Università statale del Colorado. I geologi hanno esaminato le montagne Sangre de Cristo nel Sud del Colorado, una catena montuosa con una faglia attiva lungo il suo margine occidentale. Utilizzando dati di telerilevamento e strumenti Gps ad alta precisione, hanno ricostruito la posizione del ghiaccio dall’ultima era
glaciale, calcolandone il peso e di conseguenza la pressione esercitata sulla faglia. I tempi dello spostamento sono stati determinati attraverso l’età dei depositi sedimentari adiacenti.
CICLI SISMICI. Le analisi hanno indicato che durante l’ultima era glaciale la faglia era stabile, tenuta ferma dal peso dei ghiacciai, ma con il progressivo scioglimento del ghiaccio il suo slittamento
è aumentato, con una velocità cinque volte maggiore rispetto a quando la catena era ricoperta dai ghiacciai. Secondo gli scienziati, altre faglie situate vicino a ghiacciai potrebbero rispondere nello stesso modo a un clima più caldo, che altera i carichi di ghiaccio e acqua influenzando così il ciclo sismico e rendendo i terremoti più frequenti.
Roberto Mammì
MISURAZIONI
Le montagne Sangre de Cristo, Colorado (Usa). Qui sono stati studiati i movimenti dei ghiacciai.