Focus Storia 215

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NEW YORK COME NASCE UNA CITTÀ

Storia

Mulberry Street, New York, ai primi del Novecento.

Cinque secoli fa il navigatore

Giovanni da Verrazzano entrò in una baia sconosciuta. Cent’anni dopo gli olandesi vi avrebbero fondato una colonia, che cedettero poi agli inglesi: era nata New York. L’incontro fra quella terra, i nativi (che pagarono il conto più salato) e tanti europei a caccia di fortuna innescò un meccanismo dal successo strabiliante. Quella fusione di etnie, lingue e religioni portò alla nascita di una città unica: l’energia, il talento e l’inventiva di uomini e donne dall’inarrestabile fame di denaro e potere, e persino la violenza con cui si imposero, portarono Manhattan a diventare l’isola al centro del mondo, dove i sogni potevano trasformarsi in realtà. Nel Primo piano di questo numero vi raccontiamo le tante storie di New York: l’origine dei nomi della Grande Mela e come i “baroni rapinatori” costruirono grattacieli e ferrovie, mentre i giornalisti scavavano nel fango dei loro affari sporchi. Incontreremo le dame della Gilded Age che fondarono le grandi istituzioni culturali d’America, battagliando per i diritti delle donne mentre davano balli sfarzosi Evocheremo fatti di sangue, mafiosi, il ritmo del jazz e il boato degli stadi. Perché, come cantava la grande Liza Minnelli nel musical New York, New York (1977), “Voglio svegliarmi nella città che non dorme mai”.

Lidia Di Simone caporedattrice

RUBRICHE

NEW YORK STORIES

40

L’isola al centro del mondo

Manhattan fu scoperta da un toscano e colonizzata da olandesi e inglesi.

46

L’ascesa dei tycoon

Nell’800 New York pullulava di milionari: baroni delle ferrovie e del petrolio.

52

Il banchiere in cilindro

J.P. Morgan divenne padrone della città e influì sui destini dell’America.

56

In mano alle donne

Le potenti first lady newyorkesi della Gilded Age: un esercito di patronesse.

61

La metropoli verticale

Tra ’800 e ’900 la Grande Mela iniziò a trasformarsi in una megalopoli.

68

Le gang di Five Points

Negli Anni ’20 dell’800 nacquero le prime bande criminali di New York.

72 Broadway

La celebre strada di Manhattan che accoglie spettacoli da oltre due secoli.

74

Leggenda dello sport

Gli stadi e i palazzetti in cui si sono disputate gare e incontri memorabili.

76

Il santuario del jazz

Con i suoi locali e festival New York è l’indiscussa capitale della musica jazz.

In copertina: il Flatiron Building e la Fifth Avenue; J.P. Morgan; Louis Armstrong; Mrs. O. Wilson.

18 COSTUME

Il prezzo della sposa L’usanza della dote aveva significati sociali ed economici.

24 COSTUME

Sempre a parlar male Il gossip esiste fin dall’antichità ma è cambiato nei secoli.

28 PERSONAGGI

Cavaliere dei diritti umani Casement, il console che rivelò i crimini coloniali in Africa.

34 GIALLO STORICO Cervello in fuga?

Ettore Majorana sparì nel 1938: si suicidò o andò in Sud America?

80 GUERRA

I guerrieri ombra Chi erano i ninja, i mercenari del Giappone feudale?

84 IL LIBRO

Le salottiere

La storia di quattro donne nella Venezia del XVIII secolo.

88 PREISTORIA

Nati per la guerra?

La violenza è insita nella natura umana? La risposta degli esperti.

92 ARTE

Un mistico con il pennello Il pittore tedesco Caspar David Friedrich a 250 anni dalla nascita.

Settembre 2024

SPECIALE

I mercenari, ovvero i professionisti della guerra, quei soldati che combattono battaglie altrui in cambio di remunerazione, una “mercede” appunto, sono ormai diventati una costante nei moderni conflitti. Ripercorriamo la storia del mercenarismo nei

Ancora sulle scienziate

secoli su Storia in podcast con Domenico Vecchioni, autore del saggio Mercenari. Il mestiere della guerra dall’antica Grecia al Gruppo Wagner (edizioni Diarkos).

Dall’antichità al secondo dopoguerra, passando per le compagnie di ventura del Rinascimento, e fino alle

A proposito dell’articolo “Scienziate nonostante tutto”, pubblicato su Focus Storia n° 213, vorrei ricordare ai lettori della rivista almeno altre due grandi scienziate che in pieno Ottocento operarono all’ombra della cupola di San Pietro: la botanica Elisabetta Fiorini Mazzanti (Terracina, 1799-Roma, 1879) e l’astronoma Caterina Scarpellini (Foligno, 1808-Roma, 1873).

Elisabetta Fiorini Mazzanti scoprì nuove specie di licheni, funghi e muschi, mentre Caterina Scarpellini, dedita all’osservazione astronomica, studiò eclissi, asteroidi, aurore boreali e terremoti. Inoltre la Scarpellini riusci a istituire un osservatorio astronomico sul Campidoglio per effettuare rilevazioni atmosferiche. A lei si deve la Corrispondenza meteorologica telegrafica di Roma, ovvero il primo servizio al mondo di previsioni del tempo, che serviva anche a fornire un preavviso in caso di tempeste.

Fabio Lambertucci, Santa Marinella (Roma)

grandi società militari private di oggi, splendori e miserie del mercenarismo. Buon ascolto! Per ascoltare i nostri podcast (le puntate online sono ormai più di 500 e vanno dalle biografie di personaggi agli approfondimenti sui grandi eventi storici), basta

Marie Curie, la prima a ricevere il Nobel, nel 1903 (e poi nel 1911).

Tutta colpa del maiale

Nell’articolo “Vuoi la guerra?” (in basso, a sinistra) pubblicato su Focus Storia n° 213 ho letto di guerre scatenate per i motivi più futili

Ho trovato l’articolo molto interessante per capire come a volte basti veramente poco per scatenare un conflitto. Come quella volta che sull’isola di San Juan in Oregon, al confine tra il Canada britannico e gli Stati Uniti, nel 1859 un suino appartenente a un signore inglese mangiò le patate coltivate da un contadino americano. Quest’ultimo, sentendosi danneggiato per la perdita di parte del suo raccolto, sparò all’animale. L’allevatore rimasto senza il suo maiale si rivolse alle autorità inglesi per ottenere

collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast.focus.it. Gli episodi, che sono disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast, sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

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Focus Storia n° 000, pBusci officae ptumquatem dolut este andit quas volorum que mo qui doles dolest, officim ererovitatem aperovit p

un risarcimento dal contadino, mentre l’agricoltore chiese e ottenne addirittura l’invio di protezione militare dalla madrepatria.

Arrivarono persino i Marines e lo scontro tra le due nazioni, che aveva naturalmente ragioni più profonde, rischiò di portare alla guerra. Per fortuna riuscirono a fermarsi in tempo!

Eugenio Latina

il BANCHIERE in CILINDRO

Suscettibile

J.P. ovvero John Pierpont Morgan colpisce un fotografo con il suo bastone. Odiava farsi fotografare per la rosacea che gli deturpava il naso, di una sfumatura viola.

Sopra di lui, si diceva, c’era solo Dio. Come J.P. MORGAN divenne il padrone di New York e influì sui destini dell’America.

Aveva il nome del nonno poeta e il cognome del famoso pirata e, tra lirica e furfanteria, nella sua storia si respira tutto lo spirito della Gilded Age: il Titanic e la leggendaria Morgan Library, le colossali infrastrutture e i potenti monopoli, le immense ricchezze e i clamorosi

crolli. In tutto questo, e molto di più, mise il suo zampino John Pierpont Morgan (1837-1913): titano della finanza, personificazione del potere dei banchieri-investitori dell’industria americana e fondatore del principale istituto di credito di New York (attivo ancora oggi come JPMorgan Chase), fu una specie di banca centrale in cilindro, marsina ed etica da miliardario, quando una banca centrale statunitense ancora non esisteva.

MUNIFICO E RAPACE. Eroe e salvatore (finanziario) della patria per alcuni, corrotto, avido e spietato capitalista per altri: chi fu davvero quello che all’unanimità viene definito “il più grande banchiere degli Stati Uniti”? «Ancora nel 1934, a un ventennio dalla sua morte, il giornalista Matthew Josephson lo dipingeva

come la quintessenza dei robber barons, letteralmente i “baroni ladri”, cioè i capitalisti d’assalto dell’ultimo terzo dell’Ottocento dei quali Morgan orgogliosamente faceva parte», dice Stefano Luconi, docente di Storia degli Stati Uniti d’America all’Università di Padova «In realtà ebbe una sua etica, basata sulla difesa della propria affidabilità, integrità e reputazione: qualità che tuttavia usò in prevalenza per perseguire i propri interessi finanziari».

Aveva imparato dal facoltoso padre, banchiere a Londra. Una delle sue prime lezioni al piccolo Pierpont? Mettergli in mano un milione di dollari per fargliene sentire il peso. Con il nome del genitore a spianargli la strada e le sue sterline a pagargli la migliore istruzione possibile, il rampollo completò i suoi studi girando il mondo. Ne uscì, ventenne, con una laurea in storia dell’arte, un francese fluente e un tedesco passabile, pronto a mettere a frutto le sue enormi fortune e doti intellettuali.

Dopo una gavetta dorata nella filiale newyorkese della banca paterna, quell’ex bambino del Connecticut, gracile e malaticcio, divenne presto uno dei giovani più ricercati a Wall Street: un omone imponente, con i folti baffi a manubrio e una straordinaria sicurezza, ostentata a sprezzo del proprio

naso, reso violaceo e bitorzoluto dal progredire di una malattia che lo affliggeva fin dall’adolescenza. In seguito avrebbe pensato a far ritoccare tutti i suoi ritratti ufficiali, ma per il momento a preoccuparlo era solo il lavoro.

YACHT E SIGARI. «Morgan maturò sul campo un grandissimo fiuto per gli affari e un sesto senso per le speculazioni finanziarie», precisa lo storico. «Ma ebbe anche la capacità di circondarsi di soci e collaboratori preparati ed efficienti». Dall’unica stanza d’ufficio della sua società bancaria, la J. Pierpont Morgan & Company, aperta nel 1861 al 53 di Exchange Place, tre anni dopo traslocò in un nuovo imponente edificio nella Lower Manhattan, al fianco del socio senior Charles Dabney, con cui fondò l’antenata della futura J. P. Morgan&Co. Così, poco più che trentenne, cominciò a trasformarsi nel brusco uomo d’affari amante di yacht e sigari cubani che avrebbe dominato il mondo finanziario per i successivi 40 anni. «La sua attività bancaria, che operava parallelamente sulla piazza di Londra e su quella di New York, si rivelò indispensabile per indirizzare investimenti di capitale britannico sul mercato americano, nel trentennio

Collezionista

Morgan Library & Museum, a Midtown: era la biblioteca personale del tycoon. A destra, il suo yacht a vapore Corsair (1900). Sotto, Morgan sulla rivista satirica Puck (1910).

Uniti», spiega Luconi. «Ma la sua marcia in più fu l’aver travalicato la Gilded Age: mentre l’imprenditoria statunitense dell’epoca era basata sui grandi magnati, Morgan favorì la transizione alle società per azioni, in cui proprietà e gestione aziendale erano separate».

Collegiale Il giovane Morgan nella scuola di Vevey, in Svizzera, frequentata dai rampolli dell’alta società.

RE MIDA. Il superpotere di quel re Mida a stelle e strisce? Trasformare le aziende in fallimento in società redditizie, grazie a quella che venne definita “morganizzazione”. «Morgan fu il principale promotore dello sviluppo di grandi holding finanziarie, sotto il cui controllo si concentravano società dello stesso settore fino ad allora in concorrenza nociva tra loro», prosegue lo storico. «Da parte sua, guadagnava ingenti commissioni per dirigere le operazioni, riorganizzare e ricapitalizzare, inserendo i propri rappresentanti nei consigli di amministrazione». Le prime a usufruire di questa cura miracolosa furono le compagnie ferroviarie, ma i metodi di Morgan non furono sempre convenzionali.

Nel 1885 invitò i presidenti delle due maggiori concorrenti, la New York Central Railroad e la Pennsylvania Railroad, a bordo del proprio yacht, uno dei numerosi Corsair della sua flotta, così battezzati per celebrare la sua omonimia col famigerato pirata.

Proprio come un bucaniere, prese in ostaggio gli ospiti e lasciò loro intendere che avrebbero continuato a navigare su e giù per il fiume Hudson finché non avessero raggiunto un accordo: il frutto di quella “gita” fu il Corsair Compact. Con prodezze di questo genere, un pezzo alla volta finì per controllare circa un sesto delle linee ferroviarie americane. E non si fermò a quelle. Sostenitore della prima ora dell’imprenditore e inventore Thomas Alva Edison, nonché il primo, a New York, a poter illuminare casa propria con un semplice “click”, permise anche a metà Manhattan di collegarsi alla rete elettrica finanziando la Edison Electric Illuminating Company (1878). Poi, nel 1892, ne seguì la fusione con la Thomson-Houston Electric Company, dando vita alla ben più nota e potente General Electric Company. «Il suo capolavoro, però, resta la United States Steel Corporation: nel 1901, aiutò a nascere questo gigante della siderurgia, che controllava i due terzi della produzione statunitense di acciaio, fondendo le società dei tre principali magnati del settore: Andrew Carnegie, Henry Frick ed Elbert Gary», afferma Luconi. Eppure, come il proverbiale ciabattino con le suole bucate, il suo istituto di credito rimase una banca d’affari modello ottocentesco. «Secondo Morgan», aggiunge l’esperto, «il fatto che il capitale della banca fosse

Rivoluzionò la finanza Usa con società per azioni e holding

costituito dal patrimonio personale dei soci era una garanzia per tutti coloro che erano intenzionati ad avvalersene per condurre i loro affari».

MECENATE. Ragionevole, per uno il cui patrimonio era potenzialmente illimitato. «Se devi chiedere quanto costa, vuol dire che non te lo puoi permettere», pare sostenesse. E certo lui non si era dovuto porre una domanda simile quando aveva finanziato la New York Symphony Orchestra, salvato con un prestito il New York Times o costruito “un club adatto a gentiluomini” per accogliere l’amico John King, presidente della Erie Railroad, che era stato bandito dall’Union Club di New York. Né tutte le volte che aveva acquistato pezzi per le proprie preziose collezioni d’arte.

No, non era un caso se i giornali anglosassoni lo chiamavano “Lorenzo il Magnifico”: nel 1906, trasferì le gemme, i libri rari e gli oggetti d’arte raccolti nei trent’anni precedenti nella sua famosa biblioteca (monumento nazionale dal 1966). Ma non era tutto oro quel che luccicava.

«Il suo mecenatismo e la sua filantropia furono volti soprattutto a conquistarsi rispettabilità e prestigio sociali, per scrollarsi di dosso la fama di affarista cinico e implacabile che, col pretesto di salvare aziende in crisi, ne acquisiva il controllo per saccheggiarle finanziariamente», obietta Luconi. Ironia della sorte, proprio sotto l’arazzo cinquecentesco che, nel suo studio, raffigurava il Trionfo dell’avarizia, si consumò quello che fu il maggior successo e la fine di J.P. «Alla fine di ottobre del 1907, quando la borsa di New York dimezzò in pochi giorni il valore dei titoli e i correntisti, preoccupati, si precipitarono a ritirare i loro depositi bancari, Morgan si trasformò in eroe nazionale», racconta lo storico. «Fu lui infatti a ideare e guidare la cordata di finanzieri che con un prestito di milioni di dollari salvò dal fallimento la Trust Company of America, la banca più esposta, e a convincere il segretario del dipartimento del Tesoro a depositare negli istituti in crisi milioni di dollari di fondi federali».

“LA VERA RAGIONE”. Come ci riuscì? Come aveva fatto durante la gita-rapimento sullo yacht: riunì e chiuse a chiave in biblioteca i più potenti banchieri e capitani d’industria e li costrinse a trovare una soluzione per salvare l’economia. “Un uomo ha

sempre due ragioni per fare qualsiasi cosa: una buona ragione e la vera ragione”, diceva. Ma quale delle due l’aveva spinto ad agire: evitare che il crollo in borsa degenerasse in crisi economica o spingere il governo, in debito di riconoscenza, a non applicare le norme anti-monopolio quando la U.S. Steel Corporation acquisì la Tennessee Coal and Iron Company?

In ogni caso il tempo degli onnipotenti banchieri-investitori era agli sgoccioli. «Le operazioni intraprese per superare la crisi, unite alla cognizione del profitto che Morgan avrebbe ricavato dal tasso di interesse sul prestito concesso alla Trust Company of America, fecero comprendere alla nazione di quanta influenza disponesse quello che era pur sempre un privato cittadino senza alcun incarico pubblico e quanto temibile fosse il suo potere», conclude Luconi. Si dice che fu questo il motivo che spinse il Congresso a varare il Federal Reserve System, nel 1913.

FINALE ROMANO. Morgan era spirato nove mesi prima: nel 1912, per un soffio non prese parte al disastroso viaggio inaugurale del Titanic, il transatlantico di proprietà dell’International Mercantile Marine Company, l’ennesima fusione societaria da lui finanziata.

Ma la morte lo raggiunse comunque, un anno dopo, a Roma, nella suite reale del Grand Hotel. Il suo corpo lasciò l’Europa fra molti onori e tornò a New York su un transatlantico (suo, ovviamente): ad attenderlo, un poetico tappeto di rose scarlatte nella Morgan Library e le bandiere issate a mezz’asta dalla sua ciurma di Wall Street. •

LEGGENDA

degli US

Debutto di “O Rei” Pelé con la maglia dei New York Cosmos (Downing Stadium, 15 giugno 1975). La squadra pagò il calciatore brasiliano 4,5 milioni di dollari per tre stagioni.

Joe DiMaggio in posa per i fotografi prima di un incontro (Yankee Stadium, 7 ottobre 1950). Lo sportivo è conosciuto anche per essere stato il marito di Marilyn Monroe.

Finale
Open: storica stretta di mano tra Björn Borg e John McEnroe (Flushing Meadows Park, 13 settembre 1981).

Con i suoi stadi e i palazzetti in cui si sono disputate

GARE MEMORABILI e incontri storici, New York vanta una grande tradizione sportiva.

dello SPORT

La celebre sfida tra Mohammed Alì e Joe Frazier (Madison Square Garden, 8 marzo 1971), nota come “l’incontro del secolo”, vinto ai punti da Frazier.

Partenza della maratona di New York (VerrazzanoNarrows Bridge, 21 ottobre 1979). La prima edizione fu organizzata il 13 ottobre 1970.

Sede di molteplici stadi, arene e palazzetti sportivi, New York vanta una tradizione senza pari nell’ambito dello sport. La città, per esempio, conta almeno un titolo vinto da una sua squadra in ciascuno dei “Big Four”, i quattro principali campionati professionistici statunitensi: football (National Football League), baseball (Major League Baseball), basket (National Basketball Association) e hockey (National Hockey League). Stesso discorso per sport “minori”, come il calcio (Major League Soccer). Oltre a ciò, la Grande Mela ospita ogni anno prestigiosi eventi come gli US Open di tennis (torneo del Grande Slam, a Flushing Meadows) e la maratona di New York, la più famosa al mondo, il cui percorso si snoda tra i cinque distretti (boroughs) della città.

INCONTRI STORICI. Cuore pulsante di tanta passione sportiva è il mitico Madison Square Garden (o semplicemente The Garden), palazzetto adibito a diverse discipline (dal pugilato al basket, con i Knicks, all’hockey, con i Rangers) dove si sono svolti eventi memorabili, come il cosiddetto “incontro del secolo” (Fight of the Century) nel 1971, tra i pugili Mohammed Alì e Joe Frazier, per il titolo mondiale dei pesi massimi. Il cuore dei newyorkesi, però, batte soprattutto per il baseball, il cui luogo d’elezione è lo Yankee Stadium, casa dei New York Yankees, la prima squadra cittadina, in cui hanno giocato due leggende dello sport: Babe Ruth (18951948) e Joe DiMaggio (1914-1999). In prossimità dello Yankee Stadium campeggia una scritta che ben riassume la cultura sportiva newyorkese: Sometimes you win, sometimes you lose, sometimes it rains. A volte vinci, a volte perdi, a volte piove... •

PRIMO PIANO

Louis Armstrong, Jelly Roll Morton, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Charlie Parker, Miles Davis, John Coltrane e molti altri: tutti i grandi nomi del jazz, nessuno escluso (si tratti di trombettisti, pianisti, sassofonisti o cantanti), hanno legato la propria carriera a New York. La città è stata ed è ancora sede di una straordinaria varietà di locali, teatri e festival dedicati a questo genere musicale nato negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo. Tra questi, i più celebri sono la Carnegie Hall, sala concerti dall’impeccabile acustica, ospitata

Con i suoi LOCALI e FESTIVAL la Grande Mela è da oltre un secolo la capitale della musica jazz.

in un grande edificio sulla Seventh Avenue (è considerata un tempio del jazz), e il Blue Note Jazz Club, locale più intimo che si trova nel cuore del Greenwich Village, quartiere degli artisti. Senza dimenticare il Cotton Club, il Birdland e il Jazz at Lincoln Center, in cui si trova anche un’altra famosa sala da concerto (Rose Theatre). Vi è persino un conservatorio dedicato a questo genere musicale, la storica Manhattan School of Music.

LA MUSICA DENTRO. Questi e altri luoghi hanno ospitato jam session e concerti di tutti i maggiori talenti,

contribuendo a plasmare la scena musicale della città e a consolidarne la reputazione di capitale mondiale del jazz. Peraltro a New York l’ascolto di questa musica non si limita ai grandi palcoscenici: passeggiando per le strade, le stazioni della metropolitana e i parchi pubblici, è facile imbattersi in talentuosi musicisti di strada. Per non parlare dei festival (dal Winter Jazzfest al Vision Festival) che si tengono ogni anno in città. Non è quindi azzardato affermare che, come insegnano i film di Woody Allen (clarinettista oltre che regista), il cuore di New York batte inconfondibilmente a ritmo di jazz. •

Santuario del JAZZ

di Matteo Liberti
Louis Armstrong in concerto alla Carnegie Hall (aprile 1947).
ALAMY

Fu tra le

Billie Holiday al Downbeat Club nel febbraio 1947. La cantante si esibì anche con musicisti bianchi, nonostante la segregazione razziale.
prime a farlo.
Il sassofonista Charlie Parker con un 21enne Miles Davis al Three Deuces, nel 1947.
Miles Davis durante lo Schaefer Music Festival al Wollman Rink di Central Park, nel 1969.
Il pianista Duke Ellington con Ella Fitzgerald, considerata la più grande cantante jazz di tutti i tempi, negli Nbc-Tv Studios di New York (maggio 1964).
John Coltrane al sassofono sul palco del Birdland, nel 1955.

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