Focus Storia 217

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Le campagne presidenziali più agguerrite, i grandi duelli, la propaganda di ieri e di oggi: dentro la macchina elettorale della democrazia più potente del mondo.

Verso la Casa Bianca

Storia

Alla vigilia delle elezioni presidenziali americane, ci siamo posti qualche domanda (e cercato le risposte). Certamente sulla valenza politica che la vittoria di uno o dell’altro candidato avrà sulle grandi emergenze mondiali, ma anche su questioni più spicciole. A cominciare da quell’incredibile rompicapo che è il sistema elettorale statunitense, un po’ per renderlo più chiaro (a voi... e a noi), un po’ per comprendere le radici di un meccanismo volutamente complesso, spesso foriero di apparenti paradossi (eh sì, possono vincere candidati con meno voti popolari dell’avversario, come accadde a Trump nel 2016 contro Hillary Clinton). Sempre attraverso gli occhi imparziali della Storia, siamo andati a riscoprire le sfide elettorali più epiche e i guai giudiziari di presidenti quantomeno “pasticcioni”; abbiamo studiato l’evoluzione delle campagne elettorali, rivoluzionate via via dall’arrivo della radio, della tv, di Internet, dell’intelligenza artificiale. Per finire in un’oasi di tutto relax, concedendoci una visita virtuale nell’edificio che meglio rappresenta la presidenza americana: la Casa Bianca. Facciamo insieme questo viaggio oltreoceano?

Emanuela Cruciano caporedattrice

Incontro del Partito progressista a Chicago a sostegno di Theodore Roosevelt (giugno 1912).

GLI USA ALLE URNE

32

Dentro il sistema

Storia, curiosità e segreti delle elezioni americane.

40

Scenario complesso

Esattamente 200 anni fa, nessun candidato raggiunse la maggioranza...

42

Risultati controversi

Le tornate elettorali più discusse e contestate nella storia degli Usa.

45

Curiosità presidenziali

Perché si vota di martedì? Come mai l’Ohio è decisivo? E l’anno zero?

48

White House: la casa dei sogni

Nel 1792 George Washington avviò il cantiere della Casa Bianca.

52

Tour alla Casa bianca

Dentro la residenza presidenziale.

54

Tattiche e strategie elettorali

Come funzionava (e funziona) una campagna elettorale.

60

Presidenti nei guai

Ecco perché alcuni presidenti sono finiti sotto accusa.

62 A duello

Le sfide più eclatanti del passato e quelle di oggi.

In copertina: il primo presidente degli Stati Uniti, George Washington (1789-97).

14 VITA QUOTIDIANA

Occhiali e pregiudizio

La straordinaria invenzione delle lenti correttive fu osteggiata a lungo.

20 INDUSTRIA

Nei cantieri dei sogni Così i mitici transatlantici italiani del Novecento conquistavano i mari e il cuore dei passeggeri.

26 GIALLO STORICO

Un tè per Belzoni

La morte, ancora avvolta nel mistero, di un pioniere dell’egittologia.

70 IL LIBRO

Le fragole di Afrodite

Un nuovo libro indaga la relazione fra cibo e mitologia greco-romana.

75 SOCIETÀ

Io ti ho creato, io ti distruggo L’infanticidio? Un orrore che attraversa i secoli.

80 CULTURA

Il collezionista di geni

Il mecenate Sergej Shchukin, che nella Russia zarista scoprì Henri Matisse.

84 ANTICHITÀ

Gladiatori nell’arena I ludi erano lo spasso dei veri Romani.

92 ARTE

Picasso lo straniero

Due mostre sulla vita da sans papiers del grande artista.

Novembre 2024

Il 7 ottobre 2023 un gruppo di terroristi palestinesi appartenenti ad Hamas fa irruzione nei territori dello

Stato di Israele, dando il via all’operazione “Alluvione Al-Aqsa”, termine arabo che rimanda al quartiere di Gerusalemme in cui sorgono le moschee più sacre

all’Islam. Vengono lanciati

2.500 razzi dalla Striscia di Gaza. Intanto, 3.500 uomini armati penetrano da sud e gruppi di terroristi si dirigono nei kibbutz.

Dopo un anno, Gianluca

Ansalone (Docente di Geopolitica al Campus Biomedico di Roma-

poi, durante la prigionia nei campi di detenzione russi, passarono sotto il Regno d’Italia.

Come spiega Andrea Di Michele, «erano soldati che avevano iniziato la guerra un anno prima rispetto ai loro connazionali del Regno d’Italia, che poi entrarono nel conflitto nel 1915, e che vennero inviati sul fronte orientale, in Galizia, il principale fronte di guerra austriaco all’epoca, a combattere contro i russi. Nel 1915 si aprì anche il fronte austro-italiano, gli “irredenti” vennero mandati sul fronte orientale perché si temeva che, combattendo contro i soldati del Regno d’Italia, potessero essere tentati dalla diserzione o comunque fossero restii a combattere contro un esercito di persone della stessa lingua».

Si trattava di circa 100mila soldati, definiti nei documenti ufficiali “prigionieri irredenti” «Moltissimi di questi – circa 25.000 – finirono prigionieri in Russia», scrive ancora Di Michele. Quando nel 1915 l’Italia entrò in guerra contro gli Imperi centrali, il nemico russo iniziò a dividere i prigionieri di guerra in base a una politica “delle nazionalità”, cioè in base alla lingua. I prigionieri restarono in attesa di lasciare la Russia per l’Italia, ma la partenza veniva continuamente rimandata, nonostante la stampa italiana sollecitasse una soluzione.

Nel 1916 fu persino organizzata una missione militare per far rientrare gli irredenti. Lo zar Nicola II sembrò accogliere favorevolmente le nostre richieste, ma i prigionieri italiani erano sparsi su 45 governatorati dell’Impero russo, ed è possibile che suo nonno facesse parte di uno di questi gruppi.

Università di Roma Tor Vergata) racconta la vicenda del pogrom di Hamas contro Israele su Storia in podcast. Buon ascolto! Per ascoltare i nostri podcast (le puntate online sono ormai più di 500 e vanno dalle biografie di personaggi agli approfondimenti sui grandi

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eventi storici), basta collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast.focus.it. Gli episodi, che sono disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast, sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

per omicidio premeditato, comminatagli nel secondo dopoguerra, non è mai stata scontata.

In seguito ad amnistie e indulti, negli anni Cinquanta del Novecento, Dumini infatti fece dentro e fuori dal carcere.

E dopo aver chiesto di essere graziato, ottenne (insieme ad altre persone) la libertà condizionale, prevista per i condannati per reati politici.

Uscì dal carcere nel 1956, senza pagare mai davvero per il reato commesso.

E morì nel Natale del 1967 nella sua casa mentre, pare, rincorreva il cane o i gatti.

Giovanni, Roma

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Focus Storia n° 000, pBusci officae ptumquatem dolut este andit quas volorum que mo qui doles dolest, officim ererovitatem aperovit p

Dumini impunito

In riferimento all’articolo “Ingiustizia è fatta”, pubblicato su Focus Storia n° 212, a proposito del processo dopo il delitto Matteotti, mi sono chiesto se almeno in seguito Amerigo Dumini abbia pagato per il reato commesso ai danni del deputato socialista. Ho scoperto che quella pena all’ergastolo, poi tramutata in trent’anni,

Il magistrato Mauro Del Giudice (poi rimosso dall’incarico) e, ai lati, gli avvocati Lanzetti e Angelucci a Riano, dove fu ritrovato il corpo di Giacomo Matteotti.

Le campagne elettorali per la presidenza più AGGUERRITE, che hanno visto i candidati battersi fino all’ultimo voto.

Le sfide più eclatanti del passato e quelle di oggi.

Nel corso dei decenni, nel contesto delle elezioni presidenziali statunitensi si sono registrate alcune importanti evoluzioni e le campagne elettorali hanno subìto mutamenti profondi. I grandi confronti tra repubblicani e democratici hanno assunto un peso molto rilevante, diventando lo specchio di un Paese in continuo movimento. «I cambiamenti sono stati tanti», spiega Mario Del Pero, docente di Storia internazionale e Storia degli Stati Uniti all’Institut d’études politiquesSciencesPo di Parigi. «Alcuni elementi che ci sono oggi abbastanza familiari sono in realtà invenzioni recenti, ovviamente legate anche a trasformazioni tecnologiche. Su tutte la diffusione della radio prima e della televisione poi, che hanno determinato una trasformazione radicale delle forme e degli strumenti della comunicazione politica» (v. articolo a pag. 54). In questo quadro, almeno tre grandi sfide hanno lasciato un segno nella storia statunitense: quella tra Herbert Hoover e Franklin Delano Roosevelt, nel 1932; quella tra Richard Nixon e John F. Kennedy, nel 1960; quella, più recente, tra Donald J. Trump e Joe Biden, nel 2020.

A DU

Prima e dopo I candidati alla presidenza John F. Kennedy e Richard Nixon si stringono la mano dopo il dibattito televisivo del 7 ottobre 1960 (a destra). I due avversari continuarono a discutere anche dopo l’incontro televisivo, a telecamere spente.

di Simone Cosimelli

1960 RICHARD NIXON VS JOHN F. KENNEDY

Le presidenziali del 1960 furono uno dei momenti cruciali, e iconici, nella storia politica degli Stati Uniti. In uno scenario internazionale teso, caratterizzato dalle incognite della Guerra fredda, il conservatore RICHARD NIXON (1913-1994), vicepresidente uscente e candidato del Partito repubblicano, si trovò di fronte il progressista JOHN F. KENNEDY (1917-1963), senatore democratico del Massachusetts. La sfida fu intensa, toccò questioni di stretta

ELLO

attualità, come il vasto movimento di rivendicazioni per i diritti degli afromericani, e portò con sé mutamenti rilevanti (proprio in quell’anno si votò per la prima volta in Alaska e alle Hawaii, gli ultimi due Stati ammessi a far parte dell’Unione). Kennedy gestì in maniera più accorta la campagna elettorale e seppe indicare una nuova prospettiva per il futuro del Paese. Così, l’ago della bilancia si spostò lentamente a suo favore. Mentre Nixon cercava di mantenere la promessa di visitare tutti i cinquanta Stati, Kennedy si concentrò su quelli chiave e sui grandi centri urbani, mostrandosi più reattivo.

Telegenico. Il 26 settembre 1960 si registrò poi un evento senza precedenti: un dibattito televisivo tra candidati alla presidenza, trasmesso dall’emittente Cbs e seguito da circa 70 milioni di americani. I due contendenti, parlando a turno, risposero alle domande di quattro giornalisti, con un quinto moderatore a dettare tempi, turni e ritmi. Nixon, reduce da una malattia, pur rispondendo ai quesiti posti apparve visibilmente a disagio davanti alla telecamera. Al contrario, Kennedy, più sicuro di sé, si distinse per l’eloquio diretto, il tono convincente e la postura rassicurante. Quel primo confronto televisivo ebbe senz’altro un impatto sulla campagna elettorale e più in generale introdusse una novità nella comunicazione politica, assegnando un peso consistente alla percezione pubblica dei candidati e alla loro capacità di aggregare consenso anche attraverso la propria immagine. Spiega Mario Del Pero: «La campagna per le presidenziali del 1960 introdusse i dibattiti televisivi: Nixon e Kennedy ne fecero addirittura quattro. Furono i primi confronti in tv, vennero trasmessi anche alla radio e inaugurarono un’epoca, anche se poi passarono altri 16 anni prima di un nuovo faccia a faccia in televisione: i tre dibattiti tra il repubblicano Gerald Ford e il democratico Jimmy Carter del ciclo presidenziale del 1976». Nel 1960, seppur con un margine molto ristretto, Kennedy riuscì a vincere con 303 grandi elettori su 537, diventando tra l’altro il primo presidente cattolico nella storia statunitense.

1932 HOOVER VS ROOSEVELT

Le

elezioni presidenziali del 1932 furono un punto di svolta nella storia americana: si tennero infatti durante la Grande depressione. L’amministrazione del presidente in carica, il repubblicano HERBERT HOOVER (1874-1964), non aveva usato la leva della spesa pubblica né varato estesi programmi di assistenza sociale per gestire la situazione, nella convinzione che un massiccio intervento federale avrebbe finito per avere effetti negativi sugli individui e sulla società (era la visione del rugged individualism, l’individualismo “spinto”). E la popolarità del presidente uscente era crollata. Fu allora che FRANKLIN D. ROOSEVELT (18821945), governatore democratico dello Stato di New York, si fece avanti. Pur essendo condizionato dalla poliomielite che gli aveva paralizzato le gambe, si mostrò assai dinamico e incarnò una speranza agli occhi della nazione, specie quando lanciò l’idea di un nuovo corso, un rinnovato patto di cittadinanza (il New Deal) centrato su un maggiore impegno da parte del governo per riformare il sistema produttivo e aiutare gli strati sociali più deboli. Roosevelt si rivelò un comunicatore abile ed empatico. Fu il primo candidato, del resto, a tenere un discorso ufficiale alla convention del Partito democratico, a Chicago, per l’accettazione della nomination. Effetto radio. Il contrasto tra la caparbietà di Roosevelt e l’approccio austero e a tratti rassegnato di Hoover fu decisivo per la campagna elettorale. Non ci furono dibattiti dal vivo tra i candidati ma, mentre si confrontavano due differenti orizzonti sul futuro,

emerse con chiarezza la centralità di un grande mezzo di comunicazione di massa: la radio. Fu determinante non soltanto per diffondere messaggi propagandistici o contenuti politici, ma anche per tratteggiare la personalità degli sfidanti, fornendo agli elettori una pluralità di elementi da valutare, comprese inclinazioni e attitudini dei candidati. Le elezioni registrarono una netta vittoria di Roosevelt, il quale prevalse in 42 dei 48 Stati chiamati al voto, ottenendo 472 grandi elettori su 531. Per gli Stati Uniti fu l’inizio di una nuova fase politica. Tuttavia, al di là del risultato, le novità portate dalla campagna elettorale non sfuggirono ai legislatori, soprattutto in relazione agli usi e ai possibili abusi della radio. «Due anni più tardi», sottolinea Del Pero, «una fondamentale legge sulle comunicazioni approvata dal Congresso cercò per la prima volta di fissare delle regole al riguardo. Nel Communications Act del 1934 fu infatti inserita una specifica sezione sull’obbligo delle emittenti radiofoniche di offrire uguale spazio a tutti i candidati».

Tra la gente

Sopra, Biden e Trump durante il confronto alla Belmont University di Nashville, il 22 ottobre 2020. A sinistra, Franklin D. Roosevelt fra gli agricoltori durante la campagna presidenziale del 1932 e, a lato, con il presidente uscente, nonché candidato, Herbert Hoover.

BAAETTMANN ARCHIVE

2020 TRUMP VS BIDEN

La campagna elettorale del 2020 fu una delle più singolari della storia recente degli Stati Uniti. E non solo perché si tenne in piena pandemia da Covid-19. La controversa esperienza della presidenza Trump, iniziata quattro anni prima, aveva infatti lasciato una pesante eredità. L’azione del miliardario newyorkese, classe 1946, arrivato al potere con una prospettiva marcatamente nazionalista, era riuscita a dar voce a un pezzo consistente del Paese, incontrando il favore delle aree più lontane dai grandi centri urbani. Ma aveva anche mobilitato, per reazione, settori importanti della società civile statunitense, intimoriti dalla deriva radicale del presidente repubblicano. L’appuntamento elettorale divenne perciò, fin dall’inizio, l’occasione per consolidare il ruolo di DONALD TRUMP o allontanarlo dalla Casa Bianca. I democratici, scegliendo un politico esperto e dal volto conosciuto come quello di JOE BIDEN (nato nel 1942), vicepresidente durante i due mandati di Barack Obama, tentarono di rappresentare cittadini e cittadine allarmati dallo stile, dalla retorica e dalle idee di Trump. Mentre quest’ultimo, cercando di farsi rieleggere, trasformò i suoi avversari in nemici della nazione e rappresentò se stesso come l’unico uomo in grado di salvare gli Stati Uniti. Il confronto tra i due contendenti venne limitato a causa dall’emergenza sanitaria (non ci furono comizi all’aperto, né eventi pubblici) ma fu anche duro, teso, irriducibile al compromesso. Durante i dibattiti televisivi la tensione era palpabile. Tuttavia, anche per via della

cattiva gestione della pandemia, Trump fu messo alle strette e non riuscì a sopraffare Biden, molto più abile nel disegnare un orizzonte diverso per gli Usa, sia in ottica nazionale che internazionale. Così a novembre di quell’anno, anche attraverso il voto per posta, oltre 160 milioni di statunitensi espressero la loro preferenza segnando il record storico di affluenza. Fu Biden ad avere la meglio aggiudicandosi 306 grandi elettori su 538 e più di 80 milioni di suffragi (un numero mai raggiunto prima) contro gli oltre 74 milioni di Trump.

La contestazione. Al di là del risultato, però, le stesse elezioni furono il riflesso della profonda polarizzazione della società statunitense, dovuta a divisioni di lungo periodo e a più recenti lacerazioni politiche. Trump stesso, ad esempio, contestò l’elezione e non riconobbe la vittoria di Biden, sostenendo invece di aver perso per via di un complotto ai suoi danni, senza portare prove convincenti. «Le tante linee di frattura di questa polarizzazione - continua Del Pero - ancora oggi generano una delegittimazione reciproca dei contendenti che, in mani istituzionalmente meno responsabili come quelle di Trump, possono diventare una vera e propria minaccia per la democrazia, come abbiamo nuovamente visto nel ciclo presidenziale del 2020, quando per la prima volta un candidato sconfitto, presidente ancora in carica, ha cercato d’impedire la regolare validazione del voto e la pacifica transizione dei poteri».

Fino all’ultimo giorno: Trump vs Harris

Le presidenziali del 2024 sono state tutto fuorché ordinarie. Il Partito repubblicano ha dato l’opportunità a Trump di tornare a correre per ottenere un secondo mandato, anche dopo l’assalto del 2021, da parte dei suoi sostenitori, al palazzo del Campidoglio di Washington, e nonostante i diversi procedimenti giudiziari a suo carico ancora aperti. La sfida di Kamala. Il Partito democratico all’inizio ha puntato di nuovo su Joe Biden. Poi, dopo il sofferto ritiro della candidatura da parte dello stesso Biden, è arrivato un cambiamento. Si è aperto infatti uno spazio inatteso per Kamala Harris, vicepresidente nell’amministrazione uscente e politica risoluta, convinta di poter battere Trump e diventare - in caso di vittoria - la prima donna alla Casa Bianca.

In occasione dell’unico “duello” televisivo tra i due candidati, andato in onda il 10 settembre con la moderazione di due attenti giornalisti di Abc News, David Muir e Linsey Davis, Kamala Harris ha giocato bene la sua partita: è riuscita a mettere alle strette Trump, a provocarlo e a indurlo anche a sbagliare, costringendo così l’ex presidente sulla difensiva. L’esito della sfida, però, è rimasto incerto anche dopo il confronto televisivo.

LE FRAGOLE

Nel suo ultimo

libro Atlante goloso del mito Marilù

Oliva indaga la relazione fra cibo e mitologia greco-romana. Lo fa studiando le fonti, ma anche entrando in cucina e rielaborando antiche ricette.

Cosa mangiavano gli antichi Greci e Latini? E soprattutto: che valore davano al cibo, loro che consideravano quasi sacro ogni elemento elargito dalla natura, come l’acqua o alcuni frutti o i cereali? Ritenevano che le fragole fossero sorte dalle lacrime di Afrodite e che i più provetti casari fossero i ciclopi, esperti nella produzione di caciotte e ricotte. E dal momento che l’alimentazione era ricca di formaggi, la mitologia greca proponeva anche una storia ad hoc per narrare di un latte speciale, destinato a un palato divino: quello della capra Amaltea, che allattò Zeus quando era ancora un poppante indifeso, nascosto in una grotta cretese per impedire al padre, il tremendo Crono, di divorarlo come aveva fatto con gli altri fratelli. Questo narrano le leggende. Nella realtà, la pratica del caglio animale pare sia stata scoperta in seguito a uno di quegli eventi casuali che hanno dato una svolta alle abitudini umane: intorno al VI secolo a.C., un pastore tentò di trasportare il latte utilizzando come contenitore lo stomaco di un 

I sapori di Roma

Mosaico pavimentale del I secolo a.C. Raffigura uccelli, pesci e un cesto di frutta e proviene dal quartiere romano di Grotte Celoni.

DI AFRODITE

di Marilù Oliva

ruminante e immaginiamo la sorpresa, quando lo ritrovò coagulato!

CIBO MAGICO. Atlante goloso del mito è un viaggio nel suggestivo mondo dell’immaginario di Greci e Romani, in rapporto alla loro alimentazione. L’idea è partita dalla concezione suggestiva che gli antichi avevano del mondo e dei suoi prodotti. Era come se ogni elemento palpitasse di vita o fosse la conseguenza di un tocco magico. Nulla avveniva per caso, tutto aveva una genesi fantasiosa e alcuni alimenti si consumavano seguendo una liturgia precisa. Ad esempio, gli antichi divinizzavano le sorgenti e i fiumi. I mari, secondo loro, erano popolati da creature ibride dalla coda di pesce o da mostri che magari un tempo avevano potuto vantare l’aspetto di bellissime fanciulle.

Nei poemi omerici, gli eroi celebrano con sacrifici ogni momento significativo. Nella saga troiana si immolano animali sugli altari per

Si racconta che le legioni romane annunciassero il loro arrivo con un inequivocabile tanfo di CIPOLLA

il fumo fragrante di quelle carni intrise di grasso e messe ad arrostire. Questo ci viene narrato nell’Iliade, il poema che ha attraversato i millenni.

Sotto il Vesuvio

Particolare degli affreschi della Villa dei Misteri (Pompei). Nell’altra pagina, da Ercolano, affresco con fichi e pane, nella tipica forma a spicchi.

Il legame tangibile tra sacro e profano sta proprio in quei momenti rituali imprescindibili per l’epoca. Durante i sacrifici gli officianti osservavano l’animale sgozzato che esalava l’ultimo soffio di vita, dopodiché lo preparavano riducendolo in pezzi successivamente messi a grigliare, forse realizzando qualcosa di simile ai nostri spiedini al barbecue.

CUCINA POVERA. Se le carni erano privilegio degli eroi e delle classi più abbienti, il popolo si sfamava con ciò che trovava o con ciò che regalavano le stagioni. Erano tempi difficili, tempi senza diritti né garanzie, quando le

guerre erano una minaccia costante che avrebbe potuto concretizzarsi all’improvviso e le frequenti carestie, soggette ai capricci delle annate, implicavano fame, penuria, spesso epidemie. Per scongiurare tali calamità e invocare la buona sorte, ai popoli del passato non restava che ricorrere a talismani o a cibi propiziatori, come –nel caso dei Romani – vulve e poppe di scrofa: oltre ad avere un sapore delicato ed essere quindi proposte da Apicio (gastronomo e scrittore romano, I secolo a.C.-I secolo d.C.) in svariati modi nel suo variegato ricettario, si riteneva portassero benefici e fortuna.

DISPENSA E SIMBOLI. La cucina degli antichi Greci e Romani pullula di cibi simbolici, ricchi di significato e considerati portentosi. Alcuni erano viatico verso l’aldilà (e ricordiamo che i varchi tra il mondo dei vivi e quello dei morti erano talvolta ritenuti accessibili, bastava recarsi nei posti giusti). Di

Latte di capra

Giove bambino, nutrito dalla capra Amaltea (1639, Nicolas Poussin). Il piccolo Giove fu allontanato per salvarlo dal padre Crono e al suo nutrimento pensò la capra-ninfa Amaltea.

molti cibi già conoscevano le virtù di toccasana per il corpo: aglio, cipolle e porri, per esempio. Questi alimenti, secondo Dioscoride Padano (botanico e medico greco del I secolo d.C.), inducevano a sognare cose terribili, ma in compenso avevano proprietà afrodisiache. Anche Plinio era d’accordo su quest’ultimo punto, aggiungendo che il porro era un balsamo per la voce, tanto che l’imperatore Nerone, quando

voleva migliorare le sue doti vocali, mangiava un semplice piatto di porri all’olio.

AGLIO E CIPOLLA. I rematori masticavano l’aglio durante le lunghe traversate, gli atleti lo ingerivano come dopante perché considerato nutritivo e in grado di alleviare la fatica. Era molto diffuso anche nella Grecia antica, tanto che ne sono stati trovati bulbi a Cnosso, nell’isola di Creta. All’aglio persino Ippocrate, padre della medicina, attribuiva proprietà di lenitivo nei disturbi polmonari, ma anche di disinfettante e purgante. Dioscoride Pedanio, nel suo trattato De materia medica, assicurava che non solo pulisce le arterie, ma che è efficace anche per problemi gastrointestinali e altre patologie, nonché terapeutico in caso di morsi di animali. I soldati romani lo ingerivano per prevenire le infezioni e come antidoto alla paura. Forse c’è un collegamento tra quell’usanza e il fatto che la pianta era considerata sacra a Marte, corrispondente al greco Ares, il possente dio della guerra. Ma gli eserciti dell’Urbe prediligevano sopra ogni cosa la cipolla, tanto che si raccontava che le legioni fossero annunciate, prima ancora di apparire schierate in battaglia o all’assalto, da un tanfo intenso di aglio e cipolla.

ALLA FONTE. Per reperire tutto questo materiale ho studiato i pochi ricettari arrivati fino a noi o le nozioni enogastronomiche trasmesse, anche indirettamente, da poeti o storiografi. Oltre a ciò, preziose sono state le ricerche sulle abitudini alimentari portate avanti dagli studiosi (e chi vuole approfondire può consultare la bibliografia presente nel libro).

nell’alimentazione, un valore di misura e temperanza, un atteggiamento scevro da esagerazioni già perseguito anche dagli antichi Greci.

SESSO E FICHI. In alcuni casi, i frutti della terra venivano utilizzati come medicinali o surrogati. Si pensava ad esempio che i fichi avessero un potere afrodisiaco, forse perché il frutto, se tagliato a metà, ricorda una vulva. Gli Elleni, infatti, indicavano i genitali femminili con la parola sykon, che designa per l’appunto, in greco, questa pianta. E questo frutto era sacro al superdotato Priapo, dio della fertilità e dell’istinto sessuale, in onore del quale –quando ci si riuniva in consessi amorosi per celebrarlo – si mangiavano fichi in gran quantità. Secondo il mito, Priapo era figlio di Zeus e Afrodite, ed Era, gelosa per l’ennesima tresca, lo aveva trasformato nella figura grottesca che possiamo vedere nelle rappresentazioni pittoriche: un piccolo uomo con un fallo spropositato.

Poi c’erano le mele e, tra i diversi tipi – cotogne e cugine varie – i Greci erano fissati con i pomi d’oro, probabilmente una tipologia dalla buccia gialla. La leggenda sostiene che fossero proprio auree e che fossero state create da Gea come regalo di nozze per Era e Zeus, un augurio di fecondità. Siccome Zeus temeva che qualcuno gliele rubasse, le sistemò in un meraviglioso giardino, sorvegliato dalle ninfe Esperidi, ai confini occidentali del mondo. Proprio una di queste mele fu lanciata da Eris, la dispettosa dea della discordia, alle nozze di Peleo e Teti, per vendicarsi di chi aveva osato escluderla dalla festa.

IN CUCINA CON LORO. Questa è solo una minima parte delle leggende affascinanti narrate in Atlante goloso del mito. Con un materiale antropologico,

Quello che ho imparato è che gli antichi non erano certo sprovveduti quanto a conoscenze alimentari. Pur non disponendo di evidenze scientifiche e dati nutrizionali, già allora si rendevano conto dei benefici delle verdure, che incarnavano, grazie alla facilità di consumo e all’agevole reperibilità, l’ideale romano della sobrietà e frugalità

FRITTATA DI LATTE

Sciogli quattro uova, un’emina (circa 270 ml) di latte e un’oncia (circa 28 ml) di olio in modo da produrre un unico composto. In una padella sottile aggiungi un po’ di olio e portalo a ebollizione, poi versa il composto che hai già preparato. Quando si sarà cotto da un lato, giralo in un piatto; versa miele in abbondanza, cospargi di pepe e porta in tavola.

La ricetta di Apicio

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