Focus Storia 197- Marzo 2023

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La morte di Stalin, 70 anni fa, chiuse uno dei periodi più bui della Russia comunista
� 4,90 IN ITALIA Sped. in A.P. D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona LA DONNA SOLDATO La folle avventura di Nadežda Durova che, in abiti maschili, nell’800 si arruolò negli Ulani CACCIA AL CONTANTE Evoluzione dei pagamenti, dalle conchiglie alle monete, fino alle carte di credito SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE 197 21 FEBBRAIO 2023 MARZO 2023 GIALLI & MISTERI PICO DELLA MIRANDOLA Genio coltissimo e raffinato, fu avvelenato a 32 anni. Perché? E da chi? MENSILEAUT 10,00 €BE 9,60 €D 12,00 €PTE CONT. 8,70 €E 8,70 €USA 13,80 $CH 10,90 ChfCH CT 10,70 Chf
CHIAMATEMI TERRORE Storia

Storia

Stalin fu un tiranno paranoico e crudele, che mandò a morire milioni di innocenti. Chi prende il potere con la forza o con l’inganno lo mantiene con gli stessi strumenti. Il Novecento è stato emblematico da questo punto di vista: le peggiori dittature sono fiorite nel secolo che più di ogni altro avrebbe dovuto garantire all’umanità un po’ di pace, forte della tecnologia, della scienza, di una diffusa alfabetizzazione, di una cultura dei diritti individuali mai così diffusa. Qualcosa non ha funzionato (né funziona adesso) e il secolo breve oltre a subire le distruzioni di due guerre mondiali si è piegato sotto gli orrori delle dittature. In questo numero parleremo del leader sovietico, della sua strana morte (in questi giorni il settantennale), delle sofferenze che ha procurato agli altri e delle torbide leggi della realpolitik che hanno spinto il mondo occidentale a un’allenza con Stalin, pur di uscire dalla morsa del nazismo.

NASCITA E MORTE DI UN TIRANNO

34

Morte di regime

Stalin visse le sue ultime ore solo e agonizzante. Vittima del terrore che lui stesso aveva creato.

42

Ritratto di uno spietato

Le origini, la famiglia e la carriera di Stalin, leader assoluto dell’Unione Sovietica per quasi tre decenni.

48

Alleati col diavolo

Come nacque l’alleanza fra potenze occidentali e Stalin? E quali furono le conseguenze, dopo la guerra?

54

Nel nome del terrore

Delazioni, arresti arbitrari, deportazioni, torture... In Urss ogni forma (o sospetto) di dissidenza veniva estirpata dalla rete della repressione.

60

La caduta dei tiranni

Uccisi, in esilio, processati, nel loro letto... Come sono usciti di scena i dittatori del Novecento.

In copertina: ritratto di Josif Stalin (1879-1953).

18 ECONOMIA Dalle conchiglie alla Visa

La storia dei pagamenti, dal baratto ai giorni nostri.

22 ANTICO EGITTO Nel villaggio degli artisti

Viaggio a Deir el-Medina, dove vivevano i costruttori delle tombe reali.

28 GIALLO STORICO Pico della Mirandola Intelligente, bello, coltissimo: chi lo voleva morto?

74 STORIA MILITARE

In volo sulla storia d’Italia

I primi 100 anni dell’Aeronautica militare italiana.

80 ARTE Vermeer

I famosi interni e i giochi di chiaroscuri del genio olandese.

86 PERSONAGGI

La donna soldato

La vita rocambolesca di Nadežda Andreevna Durova.

94 ANTICHITÁ

La spedizione dei misteri

L’avventura di Annone oltre le Colonne d’Ercole.

MONDADORI PORTFOLIOELABORAZIONE COPERTINA: MASSIMO RIVOLA focusstoria.it CI TROVI ANCHE SU: 4 LA PAGINA DEI LETTORI 6 NOVITÀ & SCOPERTE 8 TRAPASSATI ALLA STORIA 10 UNA GIORNATA DA 12 MICROSTORIA 14 NEL PIATTO 16 CHI L’HA INVENTATO? 67 COMPITO IN CLASSE 70 CURIOSO PER CASO 72 PITTORACCONTI 98 AGENDA RUBRICHE
Emanuela Cruciano caporedattrice Marzo 2023
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IN PIÙ...
ALBUM / FINE ART IMAGES / MONDADORI PORTFOLIO Il quadro Clessidra, dell’artista sovietico Pjotr Alekseeevich Belov (1987).
3

Unsecolo di conservazione dell’ambiente: è quello che festeggia quest’anno il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, istituito l’11 gennaio 1923 con regio decreto legge. Cento anni fa, nel cuore dell’Appennino, quella che era stata una riserva di caccia del re d’Italia

Rebus Storico

veniva trasformata così in uno dei luoghi più belli del nostro Paese. Storia in Podcast ha visitato il parco e ascoltato i racconti di chi ogni giorno si dedica alla sua protezione, coniugando la conservazione con lo sviluppo umano e sostenibile di un territorio dove vivono

67 specie di mammiferi, 230 di uccelli, 14 di rettili, 12 di anfibi, 15 di pesci e 4.764 di insetti. Ne è nata una docuserie in tre puntate, corredate anche con tante immagini esclusive. A portata di cuffie. Per ascoltare i nostri podcast (che spaziano dalle biografie

Vi scrivo per porvi un problema storico-letterario che mi affligge: riguarda una sorta di rebus rinascimentale.

Si tratta di una poesia scritta intorno alla metà del XV secolo sul piatto di guardia posteriore di un manoscritto di argomento medico conservato nella Biblioteca di Vendôme, in Francia.

L’autore è Teodoro Guainerio (1449-1510), medico di Carlo VIII e Luigi XII di Francia, su cui sto conducendo delle ricerche storico-biografiche.

Vi inoltro la fedele trascrizione da me fatta (con un carattere simile alla scrittura originale) sperando che qualche lettore possa aiutarmi a svelare l’arcano.

1480 DIE 4° DECEMBRIS Theodorus

Per non mostrare la mia doglia: Tal volta rido, Pero chi te gliela: sed apta te tempori. Federico Arrigoni

1480 DIE 4° DECEMBRIS

Theodorus

Per non mostrare la mia doglia: Tal volta rido, Pero chi te gliela: sed apta te tempori

percorso a piedi. Incuriosita sono andata a cercare un po’ di informazioni e ho scoperto che nel tempo sono state fatte diverse ipotesi. I primi studiosi dissero che si trattava di un sito funerario celtico oppure di resti di un antico campo militare dei tempi di Cesare. Solo nel XX secolo si è riusciti a datarli scoprendo che sono molto più antichi di Cesare, risalirebbero al 4000 a.C. e sarebbero, come altri siti di questo genere presenti in Gran Bretagna, resti di un luogo di culto dove si svolgevano cerimonie religiose.

I NOSTRI ERRORI

Focus Storia nº 195, pag. 7, la guerra civile del 49-45 a.C. fu combattuta tra Giulio Cesare e i senatori guidati da Pompeo Magno e Catone Uticense (e non da Crasso, come scritto).

Focus Storia nº 195, pag. 83, l’immagine che dovrebbe raffigurare il console Papirio Carbone, sconfitto dai Cimbri rappresenta invece il senatore Marco

di personaggi famosi alla ricostruzione di grandi eventi storici) basta collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast.focus.it Gli episodi – disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast – sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

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Papirio. Marco Papirio, all’arrivo dei Galli di Brenno, rimase coi suoi colleghi in Senato. Quando uno dei Galli, stupito dalla sua immobilità, gli tirò la barba per vedere se non fosse una statua, lui lo colpì col suo bastone provocando la reazione che costò la vita a tutti i senatori.

SPECIALE
5 S

Dalle CONCHIG

La Legge di bilancio 2023 ha stabilito che d’ora in poi per l’acquisto di beni e servizi si potrà pagare in contanti fino a 4.999,99 euro, alzando di 3mila euro il precedente limite e alimentando l’annoso dibattito tra favorevoli al “cash” e sostenitori dei pagamenti elettronici, tracciabili e quindi in genere preferibili per contrastare riciclaggio ed evasione fiscale. La questione del “come pagare”, d’altronde, è vecchia quanto l’uomo, che nel corso dei secoli

ha sempre cercato il metodo migliore per ricompensare chi forniva oggetti o servizi. Sin da quando, abbandonato il baratto, si sentì la necessità di trovare un bene da scambiare il cui valore fosse riconosciuto da tutti, ma che fosse anche sufficientemente diffuso da essere utilizzato da chiunque. Fu una ricerca lunga e non sempre facile.

CONCHIGLIE SONANTI. Ogni popolo aveva risorse e tradizioni diverse e per questo i beni utilizzati come

“moneta-merce” in giro per il mondo sono sempre stati diversi a seconda dell’area geografica: sale, orzo, cacao, tè, riso, perfino ossa. Con un’eccezione: le conchiglie. Queste ultime possono essere considerate la prima “valuta internazionale” della Storia, essendo state impiegate da più popoli e a grandi distanze. Ritrovamenti archeologici e iscrizioni testimoniano già nella Cina del 3000 a.C. l’utilizzo a fini commerciali della Cypraea moneta (non a caso poi chiamata così), “corazza” di una

di Biagio Picardi
18 S ECONOMIA
La storia dei pagamenti segue parallela la storia dell’uomo.

LIE alla VISA

Che ha sempre avuto bisogno di scambiare beni e servizi.

Anima del commercio

Un mercato medievale in Francia: dal 1200 la moneta tornò a circolare, dopo un lungo periodo di crisi seguito alla caduta dell’Impero romano. Sotto, un bue sul retro di una moneta greca.

particolare lumaca di mare. Nel corso del tempo la loro diffusione diminuì, ma per secoli le conchiglie restarono sinonimo di “contante”, tanto che venivano riprodotte in terracotta, pietra o bronzo. Durevoli e comuni, venivano forate e tenute insieme da una corda, come in un rudimentale borsellino. Quelle provenienti dall’Oceano Indiano (dalle Maldive, in particolare) erano

le più richieste: venivano chiamate cauri e in Africa circolarono fino al ’700, usate anche dagli europei mercanti di schiavi.

BUOI E PECORE. Alcuni beni usati come moneta di scambio divennero invece unità di misura per stabilire il valore delle merci. L’Iliade di Omero racconta per esempio che in epoca arcaica i Greci valutavano un oggetto rapportandolo al numero di

buoi che poteva valere. Non essendo però gli animali divisibili e considerando la difficoltà oggettiva di portarseli in giro per compere, completata la stima si pagava l’oggetto con altre monete-merce: schiavi, pellicce o manufatti.

In maniera simile, i Romani ricorrevano al sale oltre che agli animali: se “pecunia”, sinonimo di denaro, deriva dal latino pecus (bestiame), “salario” trae origine dall’indennità annua versata ai soldati (salarium) per l’acquisto dell’allora prezioso alimento.

ALAMY/IPA SHUTTERSTOCK 19 S

BARRE DI BRONZO. Tutti questi beni presentavano però problemi di accettazione tra popoli diversi, di trasporto e conservazione. Si cominciò quindi a pensare a qualcosa che potesse racchiudere molto valore in poco volume e fosse specifico per l’uso. A Roma, attorno al 700 a.C. nacquero le prime rudimentali monete, gli aes rude. Si trattava in realtà di grezze barre di rame o di bronzo fuso, dalla forma irregolare e una diversa dall’altra. Bisognava pesarle per concludere uno scambio e non era semplice mettersi d’accordo sulla bilancia da usare. Eppure questa rozza “proto-moneta” fu usata per quasi 400 anni, quando fu migliorata e trasformata in aes signatum, sempre in bronzo ma dalla forma più regolare e soprattutto, come dice il nome, con un segno che ne indicava il valore.

Un ulteriore miglioramento si ebbe nel 300 a.C., con gli aes grave, finalmente monete come le intendiamo oggi: piccole e di forma circolare, con valori diversi che andavano dall’oncia all’asse a seconda del peso e del segno che avevano. Caratteristiche che ne decretarono il successo anche fuori Roma, ad esempio tra gli Etruschi.

TRA CINA E GRECIA. Tra l’era dell’aes rude e quella dell’aes grave, fu ancora la Cina a segnare uno straordinario punto a favore nell’epopea dei metodi di pagamento. Ricercatori dell’Università di Zhengzhou, nella provincia di Henan, nel 2021 hanno infatti scoperto i resti della più antica zecca conosciuta, attiva tra il 640 e il 550 a.C. Gli archeologi hanno riportato alla luce, nell’area di Guanzhuang, 54 stampi di argilla e una coppia di monete in rame, stagno e piombo con la forma

poco più antiche degli stateri utilizzati dal 600 a.C. nel Regno di Lidia (in Asia Minore, dove oggi c’è la Turchia), che secondo lo storico greco Erodoto (V secolo a.C.) era il luogo dove sarebbe nata la monetazione.

L’origine della carta di credito

L’espressione “carta di credito” fu usata per la prima volta nel 1888 dallo scrittore Edward Bellamy nel romanzo di fantascienza

Guardando indietro 2000-1887, che descriveva un avveniristico sistema di pagamento svincolato dai soldi.

L’idea fu ripresa dalla Flatbush National Bank di Brooklyn nel 1946 con le Charge-it cards, inventate dal

banchiere John C. Biggins: una sorta di biglietto da visita che permetteva a una cerchia ristretta di clienti di addebitare alla banca l’acquisto, da rimborsare entro 60 giorni.

Nel 1950, i ristoranti americani aderenti al Diners Club facevano invece credito ai possessori della carta omonima: una firma, e si pagava a fine mese (con una

Pentola salvadanaio Monete romane in bronzo fuso pesante (aes grave) del IV-III secolo a.C. ritrovate a Santa Marinella (area archeologica di Castrum Novum, in provincia di Roma).

METALLI PREZIOSI. Le monete di Lidia erano di elettro, una lega composta da sabbia d’oro setacciata nel fiume Pattolo e metallo. Le fece coniare il re Aliatte II (640-560 a.C.) e su di esse campeggiavano la figura del leone, simbolo del potere regale, ma anche un toro o un cavallo. Le prime monete metalliche servivano a celebrare il sovrano presso gli altri popoli, ma i dubbi sull’effettiva quantità di oro che contenevano resero sempre meno popolari gli stateri, favorendo la diffusione delle creseidi in oro, coniate dal nuovo re di Lidia, Creso (596-546 a.C.). Per la tradizione, fu lui a rendere stabilire il legame tra moneta e metalli preziosi. Come l’argento delle dracme di Atene, che su una faccia raffiguravano l’animale sacro ad Atena: la civetta. O quello del denario di Roma, la moneta più diffusa in età imperiale, il cui contenuto in argento si ridusse sempre più, inaugurando l’inflazione monetaria.

commissione). Era la prima vera carta di credito.

Verso i Pos. Nel 1971 alle carte, ormai di plastica, fu aggiunto un codice in rilievo, leggibile da uno strumento meccanico che produceva una ricevuta su carta carbone. Erano gli antenati del Pos, i “Point of sale” diffusi dagli Anni ’80 grazie alle carte a banda magnetica.

In tasca Sopra, tre monete antiche. Da sinistra: un aes grave romano di epoca repubblicana, una creseide in oro (Lidia, VI secolo a.C.) e una moneta ovale di giada cinese.

Pecunia e salario rimandano a bestie e sale, mezzi di pagamento romani
MONDADORI PORTFOLIO (2) SHUTTERSTOCK GETTY IMAGES
20 S

La dea Moneta

L’origine del nome

“moneta” sarebbe, secondo una leggenda, legata al Sacco di Roma del 390 a.C. Si racconta infatti che quando i Galli Senoni, dopo avere messo a ferro e fuoco la città, trovarono una breccia per invadere anche il Campidoglio, le oche sacre del tempio dedicato alla dea Giunone cominciarono a starnazzare, avvertendo il console Marco Manlio dell’incursione nemica, che fallì. Al termine della

battaglia, nel punto in cui si trovavano i sacri volatili fu dedicato alla dea un secondo altare, al cui nome fu aggiunto l’appellativo “Moneta”, dal latino monere, avvisare.

Arriva la zecca. Quando poi, nella seconda metà del IV secolo a.C., lì vicino fu costruita la prima zecca romana, il denaro coniato fu chiamato, appunto, “moneta” in onore della divinità che con le “sue” oche salvò la città.

SOLDI UGUALE TASSE. Con la definitiva affermazione delle monete metalliche crebbe la necessità di tenerne sotto controllo la circolazione. Già nel XVIII secolo a.C. il re babilonese Hammurabi, nel suo Codice, specificava che “se un uomo compra o riceve argento oppure oro o uno schiavo o una schiava, un asino o qualsiasi altra cosa da un altro uomo, senza testimoni né contratto, il primo sarà messo a morte come ladro”. Di fatto, imponendo per primo la tracciabilità dei pagamenti.

Più o meno con gli stessi obiettivi, e per fare in modo che l’impero traesse profitto dagli scambi, l’imperatore romano Diocleziano (244-313) creò la prima agenzia fiscale, ordinando a una serie di esperti, i decurioni, di controllare che tutti versassero le tasse allo Stato. Successivamente Costantino (274-337) pose una nuova moneta, il solidum (da cui “soldo”), al centro dei commerci di Roma. Ma la caduta dell’Impero romano d’Occidente nel V secolo, con i barbari allergici a qualsiasi

organizzazione anche nel commercio, favorì il ritorno del baratto.

Nell’Alto Medioevo, in Occidente le monete caddero nel dimenticatoio (con importanti eccezioni, come Ostrogoti e Bizantini). Ci volle Carlo Magno, alla fine dell’VIII secolo, per rilanciare la circolazione monetaria: introdusse la lira, che in realtà non era una moneta, bensì un’unità di conto (un po’ come i buoi greci), corrispondente a 240 denari d’argento.

LA CARTA PAGA. La caduta dell’Impero romano riportò nuovamente la Cina al centro del mondo, anche nei commerci. I cinesi usavano la carta, da loro inventata all’inizio del II secolo d.C., per realizzare “note di banco”, ossia ricevute da cambiare nel corrispondente valore in metallo prezioso. Le rilasciavano botteghe

di pegno private (antenate delle banche), che si occupavano della custodia e del trasferimento dei preziosi. La produzione di queste prime “banconote”, titoli di credito a tutti gli effetti, come gli assegni, in Cina divenne statale attorno al IX secolo. In Europa – dove intanto si coniavano fiorini, talleri, lire francesi... – si affermò con la rinascita dei commerci nel XII-XIII secolo. Le banche commerciali, specie italiane e fiamminghe, erano così numerose che una volta l’anno banchieri e mercanti si riunivano e “regolavano i conti”, restituendo la quantità di monete corrispondente a ogni nota di credito. Anche il colonialismo del XV e XVI secolo favorì le banconote. Soprattutto in America, dove i coloni inglesi decisero di stampare i propri soldi in casa, inventando il dollaro.

DENARO VIRTUALE. Il valore delle banconote rimase a lungo vincolato alla quantità di oro o argento disponibile per cambiarle.

Cina e Roma

Banconota cinese del 1287 con la matrice di legno per stamparla. Vi si legge: “Può circolare in varie province [...]. I contraffattori saranno giustiziati” Sopra, aes rude del VII secolo a.C.

Ma nel 1694 la nascita della prima banca centrale, la Bank of England, aprì la strada al “corso forzoso”: il denaro poteva ridurre o perdere del tutto la convertibilità, mantenendo il suo valore. Accadde con gli assegnati della Rivoluzione francese, “pezzi di carta” con un valore in sé. E alla fine anche con il dollaro, che nel 1971 abbandonò la convertibilità in oro. La smaterializzazione del denaro culminerà con le carte di credito (v. riquadro a sinistra) e più di recente con i bitcoin, soldi virtuali che... non esistono eppure comprano. •

Il tempio di Giunone Moneta (Foro Romano) in un disegno dei primi dell’Ottocento.
GETTY IMAGES GETTY IMAGES 21 S

Nel villaggio

Nella roccia

Deir el-Medina oggi, visto dall’alto. Nell’altra pagina, statua della dea serpente Meretseger (1292-1076 a.C.), protettrice della montagna tebana e del villaggio.

22 S ARCHEOLOGIA

degli artisti

DEIR EL-MEDINA era il villaggio dove abitavano i costruttori delle tombe dei sovrani di Tebe. Uno spaccato unico sulla vita quotidiana in Egitto nel Nuovo Regno.

ISTOCKPHOTO
EGIZIO, TORINO 23 S
MUSEO

Le famiglie che vivevano a Deir el-Medina erano benestanti rispetto alla popolazione del

tempo e alfabetizzate al 30-40%

Questa non è una storia di faraoni, sacerdoti, intrighi di corte e grandi spose reali. Parliamo invece della vita quotidiana di persone che lavorarono al servizio dei sovrani egizi. Ma non come schiavi o servi: come operai, artigiani e scribi che scavarono, costruirono, decorarono e protessero le tombe nella Valle dei Re, presso Tebe (oggi Luxor), per circa 500 anni. Questa piccola comunità altamente specializzata viveva in un villaggio sulla sponda occidentale del Nilo (la stessa delle tombe), sorto proprio per ospitarla e ben separato dalla capitale e dalle comunità di coltivatori della fascia fertile lungo il grande fiume.

Oggi il luogo si chiama Deir elMedina ed è in parte visitabile, ma allora vi potevano entrare e uscire solo i lavoratori in missione speciale e le loro famiglie. Per un motivo semplice: «Anche l’ultimo degli operai conosceva la posizione esatta delle sepolture reali a cui si stava lavorando, proprio come i sacerdoti», spiega Corinna Rossi, docente di Egittologia al Politecnico di Milano. Queste informazioni erano top secret per proteggere le sacre spoglie dei sovrani e i ricchissimi tesori seppelliti con loro. Non solo. «Il villaggio e tutta l’area attorno in egiziano antico si chiamava Set Maat, la Sede della Verità. Era infatti in quel luogo che, su ispirazione divina, operai, artigiani e scribi creavano le dimore eterne dei faraoni. Era lì che si realizzava il contatto tra umano e divino».

CASA E LAVORO. Fu il faraone Thutmose I (14931483 a.C., circa) a destinare in via esclusiva quel villaggio alle maestranze addette alle tombe reali. Era ormai finita l’epoca delle grandi piramidi, da molto tempo la

capitale era stata spostata da Menfi (nel Nord) a Tebe, cuore del potere religioso. Le mummie dei sovrani e i loro tesori adesso riposavano in grandiose tombe ipogee, nel ventre di una montagna – guarda caso a forma di piramide –che fiancheggia un wadi (il letto di un torrente effimero) a ovest del Nilo. In quella conca arida, annidata tra colline brulle, sorse il “villaggio degli artisti”, che crescerà durante tutto il Nuovo Regno (1539-1076 circa) a poca distanza dalla Valle dei Re.

Dèi locali

Statuetta di Tauret, dea protettrice delle partorienti e delle nascite, venerata in ambito domestico, del 1292-1190 a.C. Sotto, una paletta da scriba. Nell’altra pagina: il Sarcofago della signora della Casa Tariri, di epoca tarda (772- 655 a.C.).

MUSEO EGIZIO, TORINO
24 S
MUSEO EGIZIO, TORINO

Dall’alto, Deir el-Medina appare come un grande rettangolo, contornato a est e a ovest dalle necropoli degli abitanti e dei loro nuclei familiari. Circondato da una cinta di mura che si vede ancora, questo villaggio nascosto ai comuni mortali e protetto dalla dea serpente Meretseger ospitò circa 120 famiglie, che vissero in un centinaio di case,

passandosi il mestiere di padre in figlio, di generazione in generazione. Deir el-Medina contava circa 500 abitanti, distribuite nei quartieri “di destra” e “di sinistra”, divisi da una via principale che correva da nord a sud. Vi si incontravano le squadre degli operai specializzati, composte da scribi, pittori, incisori, scultori, disegnatori, affiancate

dalla forza lavoro composta invece da manovali, cavapietre, stuccatori e minatori, che si avvicendavano periodicamente nelle necropoli reali. Le abitazioni erano simili tra loro e messe una vicina all’altra, per esigenze di spazio, quasi fossero moderne case a schiera. Erano composte da quattro o cinque stanze e una scala portava

Scavi alla destra del tempio vicino al villaggio: qui nel 1905 l’archeologo Ernesto Schiaparelli rinvenne due giare con 33 rotoli di papiri in greco e in demotico, di contenuto amministrativo.

Primi scavi ARCHIVIO MUSEO EGIZIO MUSEO EGIZIO, TORINO

sul tetto, spesso usato per dormire all’aperto: il clima torrido del deserto, quando non soffiava la brezza, non era dei migliori!

CANTIERE INFINITO. «Operai, artigiani e scribi di Deir el-Medina si occuparono a 360 gradi delle tombe ipogee dei loro faraoni», spiega Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino. «Immaginatevi un cantiere in continua attività, dove gli scalpellini scavavano i cunicoli, i capidisegnatori stendevano una griglia rossa sulle pareti, altri scolpivano figure e geroglifici, che poi venivano dipinti dai pittori. In questo periodo le decorazioni consistevano in complessi testi cosmografici che descrivevano l’aldilà: venivano riprodotti soltanto nelle tombe. E pensate che tutto veniva realizzato alla sola luce di lucerne ad olio, nel buio più totale».

Un quadro che fa impressione, se si considera anche il gran caldo in cui questi artisti-artigiani operavano man mano che si addentravano nella pancia della montagna a forma di piramide. Ecco perché gli abitanti di Deir elMedina erano ben retribuiti: il loro lavoro era difficile, faticoso e per di più segreto, ma soprattutto serviva a perpetuare la grandezza dei faraoni.

Gli uomini operavano in squadre, lavorando per dieci giorni nella Valle dei Re. Poi avevano diritto a due giornate di riposo, nelle quali costruivano le tombe per sé e per la famiglia, nelle due necropoli fuori dalle mura. E che tombe! Lussuose, perché

Così mostrano vivide e colorate scene quotidiane

tutti a Deir el-Medina se le potevano permettere, e ricche di decorazioni. Del resto, era il loro mestiere.

SCIOPERO! Il villaggio nel deserto, però, dipendeva completamente dagli approvvigionamenti esterni, sia per il cibo sia per l’acqua, sia per gli strumenti di lavoro e il necessario per le case. Tutto doveva essere portato da Tebe ogni mese e i generi di prima necessità costituivano la paga delle maestranze, che non potevano continuare a lavorare senza riceverli. Così, sotto il regno di Ramses III, si verificò il primo sciopero della Storia. In effetti in quel periodo il faraone disponeva di risorse limitate, dato che il raccolto era stato scarso, ma soprattutto la corruzione dilagava tra i funzionari reali. Questa vicenda è raccontata nel “Papiro dello sciopero”, che descrive le proteste dei lavoratori, rimasti senza compenso: occuparono i templi funerari e gli uffici amministrativi. Racconta il papiro: “Sono trascorsi 18 giorni in questo mese e abbiamo fame”, “Siamo venuti fin qui a causa della fame e della sete. Non ci sono abiti, unguenti, pesci, verdura.

Avvertite il Faraone, il nostro Signore Perfetto, avvertite il visir, il nostro superiore, cosicché ci sia dato il nostro sostentamento”. A scrivere queste parole fu lo scriba Amemmakht, che tenne persino un registro per documentare la mancata o parziale consegna delle razioni.

GLI SCAVI. Ma come sono arrivati fino a noi tutti questi dettagli sulla vita a Deir el-Medina? Nel 1922, mentre Howard Carter stupiva il mondo con le meraviglie della tomba di Tutankhamon, che si trova anch’essa nella zona della Valle dei Re, l’archeologo francese Bernand Bruyère scoprì come vivevano gli uomini che l’avevano costruita. Ma prima di lui a scavare a Deir elMedina era stato Ernesto Schiaparelli, direttore del Museo Egizio di Torino dal 1905 al 1908, che riuscì a portare in Italia quasi tutto quello che trovò. E ciò che scoprirono Schiaparelli e Bruyère setacciando abitazioni, tombe, cappelle, colline ricoperte di detriti e rifiuti fu un vero tesoro, anche se di un altro genere rispetto a quello delle tombe reali. Deir el-Medina negli anni si è rivelato una miniera di informazioni sulla vita quotidiana che quelle 120 famiglie di uomini e donne lasciarono dietro di loro su papiri, graffiti sulle rocce, ostraka (trovati a centinaia in un grande pozzo), cioè frammenti di vasi o schegge di pietra usati per annotazioni rapide, disegni, lettere personali, ordinazioni

Vita e morte

A lato, frammento di mobile (1539-1076 a.C.) che rappresenta il faraone e la regina. Sopra, ushabti (statuetta parte del corredo funerario) dello Scriba Reale del Signore delle Due Terre Amennakht (1190-1076 a.C.).

Nelle loro tombe, gli artisti erano più liberi e creativi.
MUSEO EGIZIO, TORINO MUSEO EGIZIO, TORINO

Scoperte

Gli scavi di Schiaparelli lungo il pendio della montagna, sul lato destro del tempio: la fotografia mostra il ritrovamento della statua di Pendua e della moglie Nefertari, nel 1905.

Impara!

Papiro con esercizi di disegno (13001050 a.C.). Di solito il costoso papiro era usato per documenti ufficiali, qui si tratta invece di un modello per gli apprendisti.

di oggetti per la casa, esempi di scritte o raffigurazioni di artigiani al lavoro, proteste per ritardi, richieste di divorzi e matrimoni. Negli scavi furono ritrovati anche oggetti comuni conservati nelle abitazioni o nelle tombe degli operai, come spatole, ceste, giare, scopette, attrezzi da lavoro, statuette votive. Verso la fine del Nuovo Regno la situazione di crisi generale dell’Egitto si riverberò anche su Deir el-Medina.

LA MOSTRA

Siintitola I creatori dell’Egitto Eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del Faraone la mostra alla Basilica Palladiana di Vicenza che racconta la straordinaria storia di Deir el-Medina, dove il “villaggio degli artisti” rivive grazie a 180 reperti, 160 dal Museo Egizio di Torino e 20 dal Louvre. I visitatori potranno ammirare statue, sarcofagi, papiri, stele , bassorilievi, amuleti, ma anche ceste, spatole, scalpelli, lumi a olio, pennelli, palette, oggetti usati ogni giorno dalla comunità che costruiva le tombe dei faraoni della Valle dei Re.  Quattro temi, quattro sezioni. La sezione “Deir elMedina e l’occidente di Tebe” illustra la più importante città d’Egitto all’inizio del Nuovo Regno e il piccolo villaggio degli operai sulla sponda opposta del Nilo. “La creazione del microcosmo” si concentra sulla costruzione delle tombe, sulla loro struttura e decorazione, mostrando strumenti, attrezzi e papiri

L’amministrazione dello Stato tardava sempre più i rifornimenti. Negli ultimi anni gli approvvigionamenti alla “Sede della Verità” si fecero sempre più scarsi e la manodopera qualificata finì per abbandonare il villaggio, che rimase deserto. Solo nel IV secolo d.C. alcuni monaci copti tornarono ad abitarlo. Furono loro a dargli il nome con il quale è noto ancora oggi: Deir el-Medina, Monastero della città. •

con piante di edifici e studi di disegno. “Lo splendore della vita” si sofferma sulla realtà quotidiana della comunità, mostrandone le attività e i credo religiosi, tra scene dipinte sulle pareti di ricche tombe, stele e ostraka, oggetti di lusso e rari strumenti musicali. L’ultima parte dell’itinerario illustra infine la rappresentazione dell’aldilà attraverso corredi delle tombe e sarcofagi, tra cui spicca la mummia con sarcofago di Tariri. I reperti originali sono affiancati da contenuti multimediali. Tra essi, l’installazione creata dal Museo Egizio, che svela per la prima volta i segreti del “Papiro della tomba di Ramesse IV”, non trasportabile per la sua estrema fragilità. La riproduzione virtuale rende visibili dettagli difficili da apprezzare a occhio nudo, presentando la pianta della tomba in maniera “aumentata”.

Info: www.mostreinbasilica.it Fino al 7/5

ARCHIVIO MUSEO EGIZIO
MUSEO EGIZIO, TORINO
27 S

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