Focus Storia (206) (dicembre 2023)

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

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21 NOVEMBRE 2023 DICEMBRE 2023

Pensò e agì in grande, suscitando in eguale misura consensi e odio. Un attesissimo film riapre il dibattito.

NAPOLEONE FU VERA GLORIA? GIALLI & MISTERI

GENOCIDI CULTURALI

Deportati in collegio per farli convertire: così i figli dei nativi americani venivano “civilizzati”

NATALE IN TRINCEA

I biglietti d’auguri e le cartoline che soldati e famiglie si spedivano nella Grande guerra

FUGA DA ALCATRAZ Dalla famosa evasione del 1962, una domanda ritorna negli anni: che fine hanno fatto i tre fuggitivi?


206 Dicembre 2023

focusstoria.it

Storia Napoleone durante la cerimonia dell’incoronazione, nel 1804.

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Emanuela Cruciano caporedattrice

RUBRICHE 4 LA PAGINA DEI LETTORI 6 NOVITÀ & SCOPERTE 10 MICROSTORIA IMMAGINE COPERTINA: ADOBESTOCK

12 UNA GIORNATA DA... 14 NEL PIATTO 16 CHI L’HA INVENTATO? 64 COMPITO IN CLASSE 68 CURIOSO PER CASO 98 AGENDA

In copertina: Napoleone Bonaparte (1769-1821).

IN PIÙ...

QUOTIDIANA 18 VITA In memoria di me I testamenti e le ultime volontà di alcuni grandi personaggi.

BEAUTY CASE 24 Trucco e parrucco Le bizzarre toilette con cui l’aristocrazia dell’Ancien Régime si faceva “bella”.

©ERICH LESSING/K&K ARCHIVE/MONDADORI PORTFOLIO

on appena seppe della morte di Napoleone a Sant’Elena, Alessandro Manzoni scrisse Il cinque maggio per ricordarne le gesta e l’enorme figura storica – “l’uom fatale” lo definì – ma anche per lanciare la domanda “Fu vera gloria?”. Sono passati esattamente 200 anni da quando la famosa ode venne pubblicata in Italia, eppure due secoli non sono bastati a mettere d’accordo gli storici. I posteri che avrebbero dovuto emettere “l’ardua sentenza” sono ancora divisi, oggi come ieri, perché Bonaparte sconterà per sempre l’ambizione smisurata e la disinvoltura con cui trasformò l’Europa in un enorme campo di battaglia. Nel Primo piano di questo numero abbiamo soppesato i lati oscuri e riconosciuto quelli “buoni” di Napoleone: in fondo fu proprio lui, il dittatore che tradì con la sua incoronazione i valori della Rivoluzione francese, a diffonderli in tutto il mondo. Esportando l’idea – inaccettabile per le vecchie monarchie – dell’uguaglianza e della meritocrazia.

CI TROVI ANCHE SU:

28 INAZISMO falsari di Hitler

I nazisti costrinsero gli internati nei campi a stampare sterline. Obiettivo: danneggiare l’Inghilterra.

GIALLO STORICO 34 Fuga da Alcatraz

LE DUE ANIME DI NAPOLEONE

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L’imperatore bifronte

Napoleone mise a ferro e fuoco l’Europa e la cambiò. Ecco come regnò e poi “cadde, risorse e giacque”.

48 Amato e odiato

La figura di Napoleone vista dagli intellettuali del suo tempo: Foscolo, Goethe, Beethoven, Manzoni, Tolstoj...

52 Vincitore e sconfitto

Chi era il generale Bonaparte? Di certo, il suo istinto bellico ha fatto scuola.

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Come si conquista l’Europa

Le grandi battaglie di Napoleone, frutto del genio, della logistica e della leva obbligatoria.

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Quel che resta

Da legislatore Napoleone modernizzò lo Stato, lasciandoci con il suo Codice civile un’importante eredità.

La spettacolare evasione dal carcere sull’isola di Alcatraz.

GEOPOLITICA 70 Ritorno a Sion

La creazione di uno Stato ebraico in Palestina è un sogno che risale a fine ’800.

76 IARTETrionfi di Cesare Come sono finite a Londra le tele di Andrea Mantegna?

80 IlCULTURA tempo

delle scuse

Le scuole residenziali indiane, collegi-lager per i bambini nativi americani.

PRIMA GUERRA MONDIALE 88 Natale in trincea

Dio, patria e famiglia nelle cartoline natalizie della Grande guerra.

ARCHEOLOGIA 92 Giovanni Belzoni Il pioniere dell’egittologia.

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SPECIALE

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ll’alba di sabato 7 ottobre 2023 i miliziani del movimento terroristico islamista Hamas si rendono protagonisti di un violento attacco contro Israele. Circa 1.300 vittime, tantissimi feriti e più di 250 ostaggi sono le cifre di un’ aggressione senza precedenti.

Su Storia in podcast, il ricercatore Gabriele Faggioni traccia un profilo di Hamas, il movimento fondamentalista sunnita palestinese fondato nel dicembre 1987 dallo sceicco Ahmed Yassin. Lo storico spiega come mai, da oltre trent’anni, Hamas ha ingaggiato una lotta armata

contro Israele. In particolare Faggioni racconta la storia della sua temuta ala militare: le Brigate Ezzedin al-Qassam. Buon ascolto! Per ascoltare i nostri podcast (le puntate online sono ormai più di 500): dalle biografie di personaggi agli approfondimenti sui grandi

Arte in bottiglia

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orrei condividere con i lettori di Focus Storia le immagini del mio hobby, entrato nel Guiness dei primati. I miei lavori documentano monumenti, castelli e progetti “Leonardeschi”. Aidano Dallafiora

MONDADORI PORTFOLIO

Il generale Armando Diaz (1861-1928).

Firmato, di nome

Riguardo all’articolo “Il motivatore in capo”, pubblicato su Focus Storia n°204, ricordo che ad alcuni neonati fu imposto il nome di battesimo “Firmato” perché i bollettini di guerra terminavano con Firmato Diaz e si pensava fosse il nome del generale. È così? Attilio Schelotti Il suo ricordo è corretto: “Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12. La guerra contro l’AustriaUngheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta”. Iniziava così il bollettino della vittoria della Prima guerra mondiale che terminava, anche nelle tante lapidi che lo riportavano a commemorazione, con “Firmato Diaz”. Da lì si diffuse la moda di scegliere “Firmato” come nome per i neonati di quegli anni.

eventi storici basta collegarsi al sito della nostra audioteca storiainpodcast.focus.it. Gli episodi, che sono disponibili gratuitamente anche sulle principali piattaforme online di podcast, sono a cura del giornalista Francesco De Leo.

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I NOSTRI ERRORI Focus Storia n° 202, pag. 40, la didascalia della foto contiene un’affermazione errata: la ragazza in divisa non è Elena Curti, che in quell’occasione si trovava in servizio presso la Direzione del Partito fascista repubblicano. 5

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Trucco e

BEAUTY CASE

di Erika Marin

parrucco

Le BIZZARRE TOILETTE e l’abuso di cosmetici con cui l’aristocrazia francese dell’Ancien Régime si faceva bella agli occhi del mondo, per ribadire il proprio status.

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è un’epoca che in quanto a stravaganze ed eccentricità non ha eguali nella storia europea. È quella della Francia prerivoluzionaria, dominata da un’aristocrazia dedita ai divertimenti, al lusso e con un’attenzione maniacale verso l’esteriorità e la forma. I nobili dei secoli XVII e XVIII erano assillati dalla necessità di distinguersi ed essere riconosciuti: da qui lo smodato utilizzo di cosmetici dagli ingredienti più bizzarri e l’ossessivo interesse per la moda opulenta e vistosa. Alcuni dei loro eccessi, però, si rivelarono persino pericolosi.

TRUCCO... MORTALE. L’incarnato perfetto ed eburneo rimase in voga fino al XVIII secolo. Si narra che Madame Yolande Marine Gabrielle

Sotto, Madame de Pompadour e Luigi XV, a lungo amanti. Nell’altra pagina, una nobildonna francese alla toilette, nell’era di Maria Antonietta (17551793): la cameriera con un piumino le incipria l’altissima acconciatura. 

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MONDADORI PORTFOLIO

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CORTE PROFUMATA. È risaputo che le abitudini igieniche alla corte del Re Sole, Luigi XIV (1638-1715), lasciavano alquanto a desiderare. Eppure, a modo suo e coerentemente con le conoscenze mediche del tempo, che aborrivano l’uso dell’acqua, il sovrano aveva a cuore la cura personale. Ovviamente le sue abitudini non erano certo di gusto minimalista: una grande vasca ottagonale di marmo rosso trionfava nell’appartement des bains, in cui egli amava effettuare pediluvi in compagnia e, pare, immergere tutto il corpo... per ben due volte nel corso del suo lungo regno! Fra le attrazioni dell’appartamento reale, il lungo mobile in camera da letto con gli oggetti da toeletta. Immancabile una delle sue grandi passioni: il profumo. Lo usava in abbondanza per coprire i pungenti odori

À la mode

corporei: gelsomino, violetta e fiori d’arancio impregnavano l’aria e il re, soprannominato “dolce profumo”, ordinò di aggiungere queste essenze alle fontane di Versailles. Le dame barocche, intanto, impallidivano la carnagione con il trucco e levigavano le rughe con il sublimato di mercurio, soluzione abrasiva che attenuava i segni dell’età ma corrodeva la pelle.


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MONDADORI PORTFOLIO (4)

Bisognava avere colorito pallido, ma guance vermiglie: si doveva evitare di apparire ridicule, anche a costo di eruzioni cutanee Super parrucche

Sopra, in senso orario, un ritratto della regina Maria Antonietta, nota per le sue stravaganze in termini di moda, acconciature e trucchi, e due vignette satiriche di Samuel Hieronimous Grimm che prendono di mira l’ossessione per le grandi parrucche: “Ahimè! È mio figlio Tom” e Un’aristocratica francese in Inghilterra.

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de Polastron, duchessa di Polignac, favorita e grande amica di Maria Antonietta (1755-1793), si facesse addirittura praticare salassi con il fine di ottenere il pallore tanto agognato, simbolo di innocente voluttà. In alternativa, si ricorreva al caro (e vecchio) buon strato di cerussa. Si trattava di carbonato di piombo, utilizzato già in epoche precedenti e reperibile in natura grazie alla cerussite, un minerale rombico. Considerata tra i “fondotinta” più coprenti in circolazione, la biacca fu riconosciuta come tossica soltanto dopo il 1770, epoca in cui gli organi ufficiali cominciarono a denunciare la pericolosità di certi ingredienti e i cosmetici dovettero ottenere l’autorizzazione al commercio dalla Société Royale de Médicine. Le sostanze maggiormente incriminate erano quelle a base metallica. Alluminio e piombo, utilizzati per i cosmetici sbiancanti, erano, infatti, potenzialmente in grado di causare sfoghi

cutanei, malattie e, nei casi più estremi, morte da intossicazione.

IL ROSSO À LA VERSAILLES. Al pallore del volto si abbinava l’utilizzo smodato di rouge: una pasta rossa ottenuta dalla mescolanza di cera con l’estratto di un particolare insetto importato dal Messico: il Dactylopius coccus, anche detto “cocciniglia del carminio”. Sebbene il colore fosse ottenibile anche da sostanze vegetali, per esempio dalla radice dell’Alkanna tinctoria, l’estratto di cocciniglie donava al volto un’intensa e particolare sfumatura rosso-bluastra che ben si confaceva al candido incarnato. L’irrinunciabile rouge veniva spennellato su labbra e gote, a simulare turbamenti emotivi che di naturale avevano ben poco, considerando che più era acceso il colore, più riscuoteva successo. Fu così che nacque il trucco à la Versailles, richiesto a corte (al punto che senza si appariva


Léonard-Alexis Autié. I caricaturisti francesi non esageravano quando dipingevano i coiffeurs abbarbicati sulle opere monumentali, incipriate con una quantità di poudre (a base di polvere di marmo e farine vegetali) tale che rischiava di soffocare chi si sottoponeva al trattamento, oltre che favorire la proliferazione di parassiti. Tutto ciò per inseguire la moda dell’epoca: ottenere i capelli biondo cenere della regnante. Vera influencer ante litteram, Maria Antonietta a Parigi fece tendenza ben prima di diventare regina e le acconciature à la dauphine (la “delfina” era la moglie dell’erede al trono) vennero in seguito declinate nelle varianti più assurde. Panorami, giardini, velieri, comete, fatti di cronaca e poemi pastorali: tutto poteva spuntare sul capo e le allegorie impazzavano. La morte di Luigi XV, per esempio, fu compianta con in testa composizioni di cipressi e cornucopie. Anche le acconciature avevano però un prezzo in termini di salute: provocavano un afflusso di sangue al capo che sfociava in terribili emicranie e potevano causare un’ingente perdita di capelli di cui, si narra, Maria Antonietta soffriva.

ridicule) ed emulato in tutta Europa, pure dalle nobili veneziane. Il contrasto tra il pallore etereo e il rossore violento prometteva “furori incantatori” allo sguardo altrui, come ci informa il grande seduttore Giacomo Casanova nelle sue Memorie. Ciò che noi oggi chiamiamo blush fu tra i cosmetici prediletti anche di Maria Antonietta, che divenne fervida sostenitrice del trucco a guance vivide.

MADAME SCANDALE. Tra i rituali di skincare più singolari di Maria Antonietta ci fu poi l’eau de pigeon, che consisteva in un intruglio a base di frutta, vino bianco e, udite udite, ben otto piccioni in umido. Questi “succhi” di volatile sembravano detergere, ammorbidendo, la pelle sensibile e delicata dell’aristocratica austriaca. Soffocata dalle rigidità del protocollo di corte, l’esuberante consorte di Luigi XVI esigeva il miglior team di artisti e maestri del trucco, che l’affiancassero nel suo stile di vita dedito al frivolo divertissement. Celebri (e chiacchieratissime) furono le acconciature oversize, realizzate dal fidato parrucchiere

CICISBEI E MACARONI. Neppure gli uomini sfuggivano alle stravaganze del Rococò. I cicisbei, parola connessa con molta probabilità al “chiacchiericcio” di corte, accompagnavano le dame ad eventi mondani, agghindati e truccati di conseguenza. La moda del Grand Tour – il viaggio di formazione culturale che i rampolli della nobiltà intraprendevano attraverso l’Europa – di norma aveva l’Italia come ultima tappa. Da qui il vezzoso epiteto macaroni, derivato dai nostrani maccheroni, con cui si indicavano i cicisbei italiani, figure di damerini (eccessivamente) à la mode, con capigliature vertiginose e femminee movenze. PRIMO: APPARIRE. L’atto dell’imbellettarsi assunse, nel corso del Settecento, la funzione di distinzione e prestigio sociale e non era considerato un mero capriccio di vanità. La corsa allo sfarzo e all’esagerazione si rifletteva nei costumi, nei riti e nel maquillage quanto nell’arte, con il Barocco e il Rococò tutto fronzoli ed eccessi, tanto amato dall’Ancien Régime. Ha scritto in proposito la storica del costume e della moda Rosita Levi Pisetzky (1897-1985): “L’uso diffusissimo della maschera, il velo di cipria sulle acconciature, sottintendono il desiderio di evasione da un mondo che misteriosamente intuisce la sua prossima fine”. •

Chi è l’autrice

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rika Marin (@erikioba sui social) è docente alla MBA – Making Beauty Academy, dove insegna Storia del trucco e Makeup applicato. Laureata in Lettere e specializzanda in filologia, ha pubblicato Vi svelo il trucco (Gribaudo, 2022) e tiene seminari sulla storia della bellezza e il personal branding all’Università degli Studi di Ferrara. Sui social. Su YouTube fin dal 2009, il suo canale è ricco di tutorial seguiti da più di 103mila iscritti. Si occupa da anni anche di contenuti su Instagram, con più di 69.700 followers, e su Tik Tok.

Che effluvi!

In alto, Luigi XIV alla toilette in una vignetta satirica: vecchio e imbruttito, si rimira in uno specchio a forma di Sole. A sinistra, un flacone di profumo usato per coprire gli odori, dell’epoca di Luigi XV (1715-1774). 27

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*PRIMOPIANO PRIMO PIANO

GHIGO ROLI / BRIDGEMAN IMAGES/ MONDADORI PORTFOLIO

La figura di Napoleone vista dagli INTELLETTUALI del suo tempo.

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UGO FOSCOLO

AMATO


Italia sacrificata

A destra, la statua di Bonaparte all’Hôtel des Invalides, vista di spalle. Nell’altra pagina, il poeta autore dei Sepolcri, tra i delusi da Napoleone.

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GRANDE DELUSIONE. Tra gli intellettuali del XIX secolo che più di tutti hanno avuto un rapporto tormentato e ambivalente con Napoleone vi è Ugo Foscolo (17781827), poeta, patriota e fiero sostenitore dell’indipendenza italiana. In un primo momento egli vide nel condottiero còrso l’eroe capace di portare in Italia gli ideali di libertà e di uguaglianza promossi dalla Rivoluzione francese, tanto da comporre l’ode celebrativa A Bonaparte liberatore. Ma le sue speranze vennero deluse quando, con la firma del Trattato di Campoformio (17 ottobre 1797), Napoleone cedette Venezia e i suoi domini all’Austria, ottenendo in cambio il riconoscimento della Repubblica Cisalpina come potenza indipendente. Amareggiato, ecco come Foscolo si espresse a questo proposito nel romanzo Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802): “Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre

ADOBESTOCK0,

igura emblematica della storia moderna, Napoleone Bonaparte è stato senza dubbio il leader politico che ha maggiormente suggestionato il pensiero di poeti, artisti e intellettuali del suo tempo, suscitando emozioni profonde e contrastanti, dalla cieca ammirazione alla critica più feroce. Amato e odiato tanto in patria quanto all’estero, il suo nome riecheggia ancora oggi come superba icona di ambizione e genio militare, di libertà e al tempo stesso tirannide, riflettendo la complessità del suo regno e l’ampio impatto che le sue gesta, nel bene e nel male, ebbero sul destino d’Europa in un periodo di mutamenti straordinari.

sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch’io per salvarmi da chi m’opprime mi commetta a chi mi ha tradito?”. La critica di Foscolo è evidente anche nel famoso carme Dei sepolcri (1807). Lo scrisse a seguito dell’editto di Saint-Cloud (1804), che imponeva la sepoltura dei defunti fuori dalle mura cittadine, sotto lapidi di uguali dimensioni e aspetto a prescindere dall’identità e dal valore civile della persona scomparsa. Sebbene fondato sul principio dell’eguaglianza, per Foscolo il decreto napoleonico relegava all’oblio la memoria degli uomini illustri, svalutando i sepolcri, considerati dal poeta un mezzo tangibile di dialogo tra viventi e defunti. Per lui, infatti, le tombe dei grandi personaggi erano una fonte d’ispirazione.

INSIGNIFICANTE. Nell’immaginario storico-politico dei russi, il mito napoleonico subisce un’evoluzione non meno radicale. Uno dei protagonisti del romanzo Guerra e pace di Lev Tolstoj (scritto nel 1863-69), il principe Andrej Bolkonskij, guarda a Bonaparte – che pure è suo nemico – come a un eroe militare degno di essere ammirato. E infatti, quando si prepara ad andare in guerra per combatterlo, si domanda: “Che sorte avrà la mia Tolone?”. Il principe si riferisce alla prima importante impresa bellica di Napoleone, l’azione che segnò l’inizio della sua brillante carriera politicomilitare, ossia l’assedio di Tolone (1793). Tuttavia, dall’attimo in cui Andrej rimane ferito nella battaglia di Austerlitz (lo scontro del 1805 in cui la Grande Armée riportò una vittoria schiacciante sulle truppe dello zar Alessandro I e di 

E ODIATO

di Federica Campanelli 49

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UN GENIO “COLPEVOLE”. Anche in patria, tra i suoi contemporanei, Napoleone raccolse giudizi contrastanti e di segno opposto. Significativo è il pensiero di François-René de Chateaubriand (1768-1848), il “padre” del Romanticismo francese, che fu ministro degli Esteri e ambasciatore negli anni Venti del XIX secolo. Fiero antagonista e al tempo stesso estimatore del primo imperatore di Francia, nelle sue Memorie d’oltretomba (pubblicate postume) ne restituisce un ritratto “doppio”, definendolo un “un genio immenso nella guerra, una mente instancabilmente abile e sensata nell’amministrazione, un legislatore laborioso e ragionevole”, ma anche “un politico che lascerà sempre a desiderare”. Un’altra opera intensamente avversa a Napoleone è il pamphlet Di Buonaparte, dei Borboni e della necessità di schierarci intorno ai nostri prìncipi legittimi per la felicità della Francia e dell’Europa (1814), in cui Chateaubriand dichiara: “Tutti 50

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“Ei fu”

Sopra, feriti francesi dopo la battaglia di Borodino (1812), descritta da Tolstoj (in alto a sinistra). Le guerre napoleoniche fecero 3 milioni di morti. Qui a lato, l’autore del Cinque maggio (1821).

ALESSANDRO MANZONI

BRIDGEMAN IMAGES

Francesco II imperatore d’Austria), la gigantesca figura dell’imperatore dei francesi viene drasticamente ridimensionata e demitizzata. Di fronte agli orrori della guerra, la sua gloria si manifesta in tutt’altra veste, rivelandosi vuota e illusoria: “Egli [Andrej, n.d.r.] sapeva che quell’uomo era LEV Napoleone, il suo eroe, TOLSTOJ ma in quel momento gli pareva un uomo così piccolo e insignificante a paragone di ciò che ora accadeva fra la sua anima e quell’alto cielo infinito su cui correvano le nuvole!”. E ancora: “Guardando Napoleone negli occhi, il principe Andrej pensava alla vanità della potenza, alla vanità della vita, di cui nessuno poteva capire il significato, e alla vanità ancor più grande della morte, di cui nessuno fra i vivi poteva capire né spiegare il senso”.

CORBIS VIA GETTY IMAGES

Davanti agli ORRORI della guerra la figura del


Còrso appare a quasi tutti demitizzata o ridimensionata I ripensamenti di Beethoven

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speravano in lui. Strepitose vittorie dovute alla bravura de’ Francesi lo circondarono di gloria. Si ubbriacò egli allora di sue felici venture, e cominciò a palesarsi la sua inclinazione al male. I posteri metteranno in dubbio se cotest’uomo sia stato più colpevole pel male che ha fatto, o pel bene che avrebbe potuto fare e non ha fatto [...]. Con un po’ di moderazione poteva stabilire se stesso e la sua razza sul primo trono dell’Universo”. Bonaparte, insomma, peccò di hybris, l’arroganza del potere.

L’ARDUA SENTENZA. La figura di Napoleone suscitò dunque un dibattito infuocato tra gli intellettuali del suo tempo. Ognuno di loro, influenzato dalla propria prospettiva politica, sociale e culturale, ne colse la dimensione variegata e complessa, ora esaltandone la gloria, ora condannandone senza mezzi termini le gesta guidate dall’ambizione. E così come in vita, anche dopo la morte, avvenuta il

5 maggio 1821 sulla remota isola di Sant’Elena, Napoleone Bonaparte continuò a polarizzare l’opinione pubblica. La notizia della sua scomparsa giunse in Italia due mesi più tardi, generando reazioni talmente intense da spingere un grande autore come Alessandro Manzoni (1785-1873), che fino a quel momento non aveva scritto alcuna parola di lode o di condanna su Bonaparte, a produrre in suo onore un’ode destinata a immediata fortuna, e che in Germania fu tradotta nientemeno che da Wolfgang Goethe: Il Cinque maggio. Se prima di allora Manzoni aveva taciuto sul mito napoleonico (come egli stesso dichiara nei versi “Lui folgorante in solio / vide il mio genio e tacque”), ora gli si rivolge definendolo “uom fatale” e ne rievoca le vicende terrene, dall’ascesa al declino, dalla conquista del potere alla morte solitaria. Ma si astiene dall’esprimere un giudizio, lasciando il difficile compito alle future generazioni: “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”. A distanza di due secoli, una risposta ancora non è stata data: Napoleone, che tenne in pugno le sorti dell’Europa per circa un ventennio, continua a far discutere e a dividere. •

Grandioso e folle

Il padre del Romanticismo francese sperò in lui e poi finì per giudicarlo accecato da arroganza e ambizione.

BRIDGEMAN IMAGES

BRIDGEMAN IMAGES

ttorno al 1803, il compositore tedesco Ludwig van Beethoven lavorò a una delle opere più potenti e significative nella storia della musica, la Sinfonia n. 3 in Mi bemolle maggiore, op. 55, anche nota con il titolo di Sinfonia grande intitolata a Bonaparte, che poi diventerà Sinfonia Eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo. La monumentale partitura, di straordinario impeto, fu concepita in origine come un omaggio al condottiero còrso, all’epoca primo console di Francia, che il musicista ammirava. Ma quell’infatuazione politica sarebbe durata poco. Un comune tiranno. Quando Napoleone si autoincoronò imperatore dei francesi, l’8 dicembre 1804, il passionale Beethoven non la prese bene, si infuriò e rinnegò la dedica della sinfonia. Il suo biografo e collega Ferdinand Ries descrive così l’episodio nel suo libro Beethoven. Appunti biografici dal vivo (1838): “Egli montò su tutte le furie, gridando: ‘Anche lui non è altro che un uomo comune! Ora calpesterà anche lui tutti i diritti umani, si porrà più in alto di tutti, diverrà un tiranno!’”. Dopo la sfuriata, Beethoven strappò il frontespizio della sua composizione e ne cancellò il titolo sulla prima pagina, dedicandola infine al principe boemo Lobkowicz.

FRANÇOIS-RENÉ DE CHATEAUBRIAND


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