MoRE press review - June 2013

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6/4/2012 A Modena Nasce MoRE: Museum of Refused and Unrealised Art Projects Domenica 1° Aprile è nato MoRE, museo digitale che raccoglie, conserva ed espone on-line progetti non realizzati di artisti del XX e XXI secolo. Un'idea innovativa ma profondamente contestualizzata in un preciso percorso di ricerche, frutto della passione di due giovani curatori, Elisabetta Modena e Marco Scotti. "L'acronimo MoRE sta per Museum Of REfused and unrealised art projects dichiarano i due ideatori - La finalità è esplicita fin dalla scelta del nome; il museo raccoglie ed espone solo progetti che siano stati appositamente pensati per occasioni specifiche in precisi contesti e che non siano stati realizzati per motivazioni tecniche, logistiche, ideologiche, economiche, morali o etiche. Lo scopo è quello di valorizzare, conservare e studiare attraverso attività di ricerca, esposizioni e sfruttando al massimo tutte le potenzialità del digitale questi progetti mai realizzati. Vogliamo così dare loro visibilità e offrire la possibilità a chiunque di consultare materiali che solitamente non sono accessibili aprendo inoltre una riflessione sulle dinamiche dell’arte contemporanea e di chi vi opera". Tra i primi artisti che hanno donato la propria opera al museo verranno presentati in occasione dell’inaugurazione nomi di rilievo internazionale nel panorama dell'arte contemporanea: Ugo La Pietra, Jonathan Monk e Cesare Pietroiusti. Obiettivo principale del museo è la conservazione e la fruizione di materiali ritenuti finora marginali nel sistema dell'arte. L'archiviazione dei documenti digitali è resa possibile anche grazie alla collaborazione con il centro CAPAS dell’Università degli Studi di Parma che ha permesso l’utilizzo della piattaforma D-Space, deposito istituzionale dell’archivio, garantendo la conservazione dei documenti e la reversibilità dei formati. Una parte rilevante dell’attività di MoRE consiste anche nel promuovere la ricerca e lo sviluppo di un dibattito critico sul non realizzato e sulle modalità progettuali che caratterizzano il panorama della creatività contemporanea. A tale scopo il museo raccoglie contributi scritti e mostre in un’area di dibattito aperta a partecipazione esterne e alla collaborazione con enti e istituti nazionali e internazionali che verranno coinvolti nel progetto stesso.

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Il museo-sito è composto da: un archivio di progetti interamente in formato digitale; uno spazio riservato a esposizioni temporanee; una sezione destinata a ospitare interventi critici e approfondimenti. Intorno a MoRE si è costituito un network di professionisti provenienti dal mondo dell'arte contemporanea, storici dell’arte, critici, curatori e esperti del settore, che contribuiscono con le loro diverse professionalità alla crescita del progetto e che afferiscono all’associazione culturale Others che produce il progetto. MoRE www.moremuseum.org Dal 1 aprile 2012 Contatti: press@moremuseum.org info@moremuseum.org ARCHIVIO NEWS

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01 ottobre 2012 delle ore 13:10

La storia dell'arte non realizzata di Davide Mosconi, Silvio Wolf e Ivo Bonacorsi. Il MoRE Museum cresce oggi di altri tre "pezzi" online

Terza puntata per il MoRE Museum, il progetto virtuale a cura di Elisabetta Modena e Marco Scotti, che raduna sul web progetti di opere mai realizzate da diversi artisti del XX e XXI secolo. Oggi infatti, sotto il contributo della curatrice e critica Elisabetta Longari, il museo si arricchisce dei lavori del fotografo Davide Mosconi, milanese classe 1941, scomparso a seguito di un tragico incidente nel 2002, di Ivo Bonacorsi e Silvio Wolf. Diploma in pianoforte e composizione al conservatorio di Milano, Mosconi nel 1961 si era trasferito a Londra dove aveva studiato fotografia al London College of Printing, diventando in seguito assistente di Richard Avedon e Hiro, a New York, a partire dal 1963. MoRE oggi presenta Triton, progetto sonoro ideato come omaggio a Beethoven che avrebbe dovuto coinvolgere per sette giorni l’intera città di Bonn, e La luce del suono, concerto di luce e suoni che avrebbe dovuto avere luogo lungo il Danubio e territori limitrofi. Le altre novità nelle "sale” di MoRE -acronimo che sta per Museuom of Refuse and Unrealised Art Project- sono quelle di Ivo Bonacorsi, artista e scrittore bolognese di stanza a Parigi, che a MoRE entra con A Conceptual noise..., progetto nato dall’idea di realizzare un piccolo gadget composto da una molletta e una carta di credito da applicare all’opera più nota di Marcel Duchamp, Ruota di Bicicletta, il famoso ready-made presente in molti musei del mondo. Una proposta di "arricchimentoomaggio postumo” particolarmente in linea con lo spirito duchampiano con il quale anche l'artista è coinvolto: dal 2005 infatti Bonacorsi dichiara cessata ogni attività espositiva con la performance finale Announced Retirement, un vero incontro di box dedicato ad Arthur Cravan, il famoso dadaista scomparso nell'Atlantico durante una traversata, che trasforma Bonacorsi in artista da calendario e chef "di culto”. Terzo artista invece tra le pagine web è Silvio Wolf,

che propone un progetto irrealizzato composto da un'installazione in due parti, I nomi del tempo - Esterno/Interno, concepita nel 2009 per i bacini dell'Arsenale e il Teatro delle Vergini per la Biennale di Venezia, una proposta in linea con i temi di Wolf, che spesso predilige relazionarsi ad ambienti storici altamente connotati dal punto di vista stilistico e simbolico, immettendovi elementi evocativi e turbativi, consistenti per lo più in proiezioni luminose e interventi sonori. Una partitura dunque, forse più che una mostra, da oggi online sul sito di MoRE -www.moremuseum. wordpress.com, dove potrete scoprire perché questi progetti non sono mai stati realizzati. Volete saperlo subito? D'accordo, vi sveliamo il finale: Bonacorsi non realizzò A conceptual noise... perché non presentò mai il progetto; Mosconi non se ne fece nulla di Triton perché comportava un eccessivo dispendio di mezzi. Più emblematica invece la mancata messa in atto del progetto di Wolf: Quando Esterno era già concepito, i curatori del Padiglione Italia Beatrice Buscaroli e Luca Beatrice, hanno informato l’artista che i bacini delle Gaggiandre adiacenti al Padiglione Italia "erano già stati promessi” da Daniel Birnbaum, curatore generale della Biennale, a un altro artista. L'Interno invece avrebbe dovuto essere prodotto interamente dall'artista medesimo, con costi di realizzazione insostenibili. Anche in questo caso un bello specchio della recente "situazione italiana”. Buona navigazione!

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TO CONSIDER JONATHAN MONK AS A CONCEPTUAL ARTIST IS NOT ENOUGH. In fact, his work is not only a simple appropriation of past methods, but benefits from a distinct, selfreferencing component. Processes of conceptual and minimal art are present in all of Monk’s work. He takes ideas from the vast artistic panorama of the past and uses the structural confines typical of 1990s artists to produce pieces with the same mental framework but =>

ALL IMAGES ARE FROM: JONATHAN MONK, SMALL PROPOSALS BOOK, 1990 COURTESY: MORE, MUSEUM OF REFUSED AND UNREALISED ART PROJECTS


a different conceptual indicator, with the support of certain variations provided by subjective indications. As a result, these procedures connect Monk’s work closely to the past with an industriousness full of personal and historical references that reflect the identity of the artist, inexorably tied as it is to the transformation of past devices in minimal and conceptual art. Similarly, he borrows works by Sol LeWitt, Ed Ruscha, Bruce Nauman and John Baldessari, but at the same time he ties them to his own personal experience, from family connections to his love of football. The gap between my mother and my sister (1998) describes the journey between his parents’ house and his sister’s, using photographs taken from a car during the journey, in a parallel to Baldessari’s photographs of the back of trucks between Los Angeles and Santa Barbara. Keep Still is a project which began in 2000 with the collection of old photographs found in family albums or at flea markets: he places white block letters atop the heads of the people in the pictures, representing the titles of works by other artists such as One Hundred Live and Die 1984, One and Three Boxes and Photo Piece, by Bruce Nauman, Joseph Kosuth and Gilbert & George respectively. !"


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Monk obviously does not limit himself to cultured, conceptual citations; he uses calibrated irony and sarcasm to take on the son of pop art, Jeff Koons, depicting the hypothetical demise of his famous Rabbit. As well as a series of stainless steel sculptures of the deflated bunny, the artist also presents pictures of the poor rabbit that portray it as a pale, greyish pop icon, almost as if it had been painted by Lucian Freud.

Monk’s work is made up of correspondences. He allows himself to become fascinated by such a charismatic person as Alighiero Boetti, and then begins to relate to the Italian artist so closely that he might be the letter “B� of his famous split personality, Alighiero & Boetti. Monk develops a heated debate with the Italian artist. He writes him a series of letters in 2006 (unfortunately Boetti had died 12 years previously), which were obviously returned to the sender. He appropriates his famous ball-pen drawings and reinterprets them. !!


He manages the Lira Hotel project in Turin, a real hotel based on the hypothetical name Boetti had thought of for his One Hotel in Kabul. There is also an undeveloped project composed of false letters donated to MoRE (the Museum of Refused and Unrealised Art Projects): a series of letters which highlight a game of correspondence between the artist and his hypothetical commissioner, i.e., his adopted city of Glasgow, which in 1990 became a European City of Culture. The content of the letters is nonsense, as defined by the artist himself. His suggestions include a proposal to move Disneyland to the St. Enochs Centre car park for a year; to place the Golden Gate above the River Clyde (the image was however of the Humber Bridge, and as such was refused); to start driving on the right, as people do on the Continent; to transplant a giant Redwood tree; and finally, to move Stonehenge in order to renovate the fountain in Kelvingrove Park. All the letters and pictures make up the Small Proposal Book, which is covered in a traditional Scottish tartan. An unfinished work, a double non-realization, letters that the addressee never receives, large-scale mobilizations that never happen. When we think of the non-realized we imagine “big� unrealized pieces, big in the sense of monumental, like public art. Monk, however, works paradoxically on both fronts, small and large scale, mental and physical.

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03 dicembre 2012 delle ore 09:03

Grazia Varisco, Luigi Presicce e un progetto di Roberto Pinto. Mai realizzati nella realtà, da oggi visibili al Museo MoRE

MoRE, Museum of refused and Unrealised art projects, allarga oggi di nuove due opere e di un progetto le sue sale virtuali. Ad entrare in collezione il catalogo virtuale della mostra "Salon des Refusés", curata da Roberto Pinto a Palazzetto Tito a Venezia quasi 10 anni fa. L'esposizione presenta progetti di arte pubblica non realizzati di Maria Thereza Alves, Minerva Cuevas, Carlos Garaicoa, Alberto Garutti, Kendell Geers, Eva Marisaldi, Callum Morton, Antoni Muntadas, Jorge Orta, Lucy Orta, Nedko Solakov, Bert Theis, Sislej Xhafa e per l'occasione venne realizzato un catalogo a schede immaginato come il primo di una serie in progress che alla fine non venne mai realizzata, ma che oggi trova spazio (corredata da una lunga intervista a Pinto di Elisabetta Modena), tra le pagine del museo virtuale. Che si arrichiscono anche di due opere, anzi, di due progetti firmati da Grazia Varisco e Luigi Presicce. L'artista milanese, classe 1937, e celebre per la sua appartenenza all'Arte Cinetica e Programmata, lascia alla collezione di MoRE Arciteatro, un progetto ideato nel 2000 in occasione del concorso indetto dal Comune di Milano per la realizzazione di una scultura destinata ad essere ubicata nella piazzetta del teatro Arcimboldi. La Varisco aveva pensato ad una nuova forma del luogo pubblico, inserendo nella piazza forme geometriche aperte, ricorrenti nelle sue opere, in una sorta di rapporto dialettico con l'ambiente circostante che fosse una metafora di un invito a teatro, in una dimensione partecipativa e condivisa quando la "condivisione" non era ancora la parola d'ordine dell'universo delle arti contemporanee. Presicce, pugliese classe 1976, ha invece donato al museo La Camera della Morte, performance mai realizzata che prende ispirazione dalla migrazione che i tonni compiono ogni anno verso l’Isola di Favignana allo scopo di riprodursi; un viaggio d’amore destinato a finire inevitabilmente con la mattanza: l’artista ha concepito una performance

basata su un surreale ribaltamento di ruoli, una visionaria allucinazione nella quale le vittime diventano carnefici. Un museo che, a pochi mesi dall'apertura, è riuscito a raccogliere pezzi "inediti" di Ugo La Pietra, Jonathan Monk, Cesare Pietroiusti, Davide Bertocchi, Deborah Hirsch e Paolo Scheggi, fino all'ultima acquisizione, lo scorso ottobre, dove sono entrati Davide Mosconi, Ivo Bonacorsi e Silvio Wolf. Mentre la realtà soffre e i progetti non vengono realizzati, le idee sono in espansione. Anche sotto il profilo museale.

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02 febbraio 2013 delle ore 17:03

Berruti, Deller e Galindo. Impossibile trio che dona una serie di nuovi lavori al Museo dei progetti irrealizzati o rifiutati l'artista torinese ha scelto di vivere: l’amministrazione comunale non avendo il soggetto dell’opera rimandi a elementi specifici quali il vino e l’uva, non ritenne di interesse portare a compimento il progetto dell'artista, che prevedeva un'opera pubblica. Per miopia o per strani fraintendimenti, un altro aspetto dell'arte non sottovalutabile.

Si apre con tre nuovi progetti refusée il 2013 del MoRE Museum, il progetto di Marco Scotti ed Elisabetta Modena, che da qualche tempo raccoglie lavori la cui produzione è stata rifiutata dalle committenze o non realizzata, per i più svariati motivi. Una collezione che cresce rizomatica, con nomi talvolta decisamente dissonanti tra loro, come era stato con il caso degli ingressi di Grazia Varisco e Luigi Presicce, ultime "acquisizioni” nello spazio virtuale del museo. Che si rinnova oggi con nuovi progetti di un trio decisamente impossibile: Valerio Berruti, Jeremy Deller che sarà alla prossima Biennale di Venezia, a rappresentanza del Padiglione del Regno Unito, e Regina José Galindo. Volete sapere quali sono le nuove acquisizioni e perché? Ovviamente trovate tutte le spiegazioni su www. moremuseum.wordpress.com, ma vi diamo qui qualche anticipazione: Galindo entra a MoRE con il progetto Coraza, presentato nell'ambito della manifestazione "Corpus. Arte in azione " al MADRE di Napoli, nel 2010. Ispirato alle leggi locali della camorra, l'azione prevedeva che l’artista, con addosso un giubbotto antiproiettile, si facesse sparare da un uomo con una calibro 22, dopo averle chiesto per tre volte in inglese "Hai paura?”. Il pubblico avrebbe assisto all'azione in una stanza adiacente, udendo solo gli spari. Dopo l'azione l’artista e l’uomo sarebbero usciti dalla stanza, facendola restare vuota e accessibile al pubblico. Rifiutato per la sicurezza, soprattutto della stessa artista. Il futuro Padiglione Inglese, Deller, ha invece ricevuto due di picche -nella foto che vi mostriamo- dall'azienda dei trasporti londinese nel 2007, quando chiese all'artista di realizzare l'annuale mappa rivisitata. Deller disegnò con i colori della tube una bicicletta: immaginate un po' perché fu scartato? In ultimo l'italiano Berruti, che vide gettata al vento un'installazione nel paese di Verduno, nelle Langhe, luogo dove

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ArtWireless - Tre nuovi progetti per il MoRE Museum

04/02/13 11:43

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Tre nuovi progetti per il MoRE Museum

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Si apre con tre nuovi progetti rifiutati il 2013 del MoRE Museum, il progetto di Marco Scotti ed Elisabetta Modena, che da qualche tempo raccoglie lavori la cui produzione è stata rifiutata dalle committenze o non realizzata. Una collezione che cresce a macchia d'olio, con nomi talvolta dissonanti tra loro, come era stato con il caso degli ingressi di Grazia Varisco e Luigi Presicce, ultime

03.02.2013 Visite guidate alla scoperta delle stazioni della metro napoletana

acquisizioni nello spazio virtuale del museo, che si rinnova oggi con nuovi progetti di un trio decisamente impossibile: Valerio Berruti, Jeremy Deller - che sarà alla prossima Biennale di Venezia, a rappresentanza del Padiglione del Regno Unito - e Regina José Galindo. Galindo entra a MoRE con il

Novità per il Museo Riso di Palermo

progetto Coraza, presentato nell'ambito della manifestazione "Corpus. Arte in azione" al MADRE di Napoli, nel 2010. Ispirato alle leggi locali della camorra, l'azione prevedeva che l’artista, con addosso un giubbotto antiproiettile, si facesse sparare da un uomo con una calibro 22, dopo averle chiesto per tre volte in inglese "Hai paura?”. Il pubblico avrebbe assisto all'azione in una stanza adiacente, udendo solo gli spari. Dopo l'azione l’artista e l’uomo sarebbero usciti dalla stanza, facendola restare vuota e accessibile al pubblico. Rifiutato per la sicurezza, soprattutto della stessa artista. Il futuro Padiglione Inglese, Deller, ha invece ricevuto due di picche dall'azienda dei trasporti londinese nel 2007, quando chiese all'artista di realizzare l'annuale mappa rivisitata. Deller disegnò con i colori della tube una bicicletta. In ultimo l'italiano Berruti, che vide gettata al vento un'installazione nel paese di Verduno, nelle Langhe, luogo dove l'artista torinese ha scelto di vivere: l’amministrazione comunale non avendo il soggetto dell’opera rimandi a elementi specifici quali il vino e l’uva, non ritenne di interesse portare a compimento il progetto dell'artista, che prevedeva un'opera pubblica. Tutti i progetti sono visibili sul sito www.moremuseum.wordpress.com.

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Dal 1995 a oggi sono 45 i passaggi in asta con il 55% di venduto. Dopo il diploma nel 1969 al Pomona College di Claremont (California), si perfeziona all'Università della California di Irvine e nel 1977 partecipa alla Biennale del Whitney Museum di New York, dove torna a esporre ...

Spazio Mazzotta Direttore: Leonardo RotatoriFondata nel: 2005Città: Milano

Raymond Pettibon

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More, museo delle opere mai finite | INSIDEART

08/05/13 13:00

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More, museo delle opere mai finite

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(http://www.insideart.eu/2013/04/15/more-museo-delle-opere-mai-finite/) redazione (http://www.insideart.eu/author/redazione/) 15/04/2013 (http://www.insideart.eu/2013/04/15/more-museo-delle-opere-mai-finite/) Immaginate un museo dove i pezzi esposti sono solo progetti di opere mai realizzate e avete capito cosa è il More (Museum of refused and unrealised art projects), insomma uno spazio che mette in mostra idee. Uno spazio online, per essere precisi, che raccoglie i disegni di opere che per motivi di soldi, che per l’utopia del pensiero o per questioni di tempo non sono mai state realizzate fisicamente. Di esempio More ne ha molti e si passa da Ugo La Pietra a Davide Bertocchi e poi Jeremy Deller, Debora Hirsch e molti altri. Ogni progetto rimasto sulla carta viene spiegato e a questo si aggiunge una biografia dell’artista che l’ha realizzato, per modo di dire ovviamente. Info: http://moremuseum.wordpress.com/ (ttp://moremuseum.wordpress.com/)

(http://www.insideart.eu/wp(http://www.insideart.eu/wp(http://www.insideart.eu/wp(http://www.insideart.eu/wp(http://www.insideart.eu/wpcontent/uploads/2013/04/1content/uploads/2013/04/2acontent/uploads/2013/04/2acontent/uploads/2013/04/2bcontent/uploads/2013/04/3aJonathan-Monk-smallUgo-La-Pietra-casaUgo-La-Pietra-casaUgo-La-Pietra-nodiCesare-Pietroiustiproposal-book.jpg) scultore_.jpg) scultore.jpg) urbani.jpg) finestre.jpg)

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(http://www.insideart.eu/wpcontent/uploads/2013/04/9Silvio-Wolf.jpg)

http://www.insideart.eu/2013/04/15/more-museo-delle-opere-mai-finite/

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E l'arte rifiutata dal museo finisce online - Repubblica.it

21/06/13 18:29

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indoona

E l'arte rifiutata dal museo finisce online Visibili le nuove acquisizioni del "Museum of refused and unrealised art projects", il museo digitale che raccoglie i lavori mai realizzati di artisti contemporanei di VALENTINA BERNABEI

Lo leggo dopo

Nessuna scusa. Gli artisti non potranno più dire che l'opera d'arte a cui stavano lavorando "poteva essere un capolavoro ma è stato impossibile realizzarlo". Da quando ha aperto il MoRe, Museum of refused and unrealised art projects, quei lavori artistici del XX e XXI secolo che non sono stati mai esposti possono vivere una seconda vita. Un nuova chance che, teoricamente, offre molta più visibilità di qualsiasi altra sede espositiva, perché il More è un museo virtuale e si può visitare stando ovunque, dato che è on line. La sua collezione, fatta esclusivamente di opere in rete, si è ingrandita, in poco più di un anno di vita, con nuove acquisizioni, che i due ideatori Elisabetta Modena e Marco Scotti hanno raccolto attingendo tra quei progetti "appositamente pensati per occasioni specifiche in precisi contesti e che non siano stati realizzati per motivazioni tecniche, logistiche, ideologiche, economiche, morali o etiche". Connettendosi al sito MoREmuseum, si trovano ora le nuove opere, quelle degli artisti che hanno donato al MoRE i loro progetti irrealizzati. Sono Erwin Wurm, goldiechiari (invitati dalla curatrice Valentina Rossi), e Massimo Uberti (invitato da Ilaria Bignotti). Uberti ha condiviso con MoRE due progetti. Uno risale al 2008 quando presentò al Maxxi l'opera luminosa "Esser Spazio", da collocare all'esterno del museo romano se avesse vinto il concorso Spazio Maxxi Due Per Cento. Progettata per l'outdoor anche l'altra opera di Uberti che non è stata mai realizzata. Si tratta di "Orbite", idea del 2009 per la facciata esterna del Palazzo della Regione Lombardia di Milano, dove Uberti avrebbe voluto installare il disegno luminoso di una porzione delle orbite del sistema solare. Di Erwin Wurm sono esposti sei progetti non venuti alla luce tra cui "Mind Bubbles", l'installazione pensata per la sede centrale della Volksbank di Vienna e "Big Suit Departing", progettata per l'aeroporto Schönefeld di Berlino. In entrambi i casi Wurm aveva pensato a lavori e sculture di dimensioni gigantesche, a metà gonfiabili e deformanti, da esporre in maniera sospesa e in bilico, come è tipico fare nel suo lavoro, in questo caso forse troppo "etereo" per essere considerato sufficentemente sicuro in posti pubblici come un aereoporto. Il duo artistico goldiechiari, invece, ha realizzato appositamente per il MoRE degli acquerelli per descrivere il progetto di video "Looking for the island", ideato per ricordare al mondo che esiste un luogo noto con il nome di "Garbage Patch", un'isola "discarica" di circa 2,500 km di diametro e un peso di 3.500.000 tonnellate, che si è formata "spontaneamente" nel 1950 circa nell'Oceano Pacifico. I lavori di Wurm, goldiechiari, Massimo Uberti vanno ad aggiungersi ora a quelli di Jonathan Monk, Ugo La Pietra, Cesare Pietroiusti, Deborah Hirsch, Paolo Scheggi, Davide Bertocchi, Davide Mosconi, Ivo Bonacorsi, Silvio Wolf, Grazia Varisco, Luigi Presicce, Valerio Berruti, Regina Josè Galindo, Jeremy Deller. Quest'ultimo, già famoso oltre che per la sua arte anche per aver vinto il prestigioso Turner Prize nel 2004, è recentemente al massimo della sua visibilità in quanto unico artista scelto per essere esposto dal Padiglione Britannico alla 55° Biennale di Venezia ora in corso. © RIPRODUZIONE RISERVATA

(21 giugno 2013)

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23 giugno 2013 delle ore 07:07

Erwin Wurm, goldiechieri e Massimo Uberti. E il Museum of Refused and unrealised project amplia la sua collezione

Non solo i progetti rifiutati o non realizzati, ma anche lavori creati appositamente per le sale virtuali di MoRE Museum. Oltre alle nuove donazioni, da parte di Massimo Uberti ed Erwin Wurm, nell'istituzione online per l'arte "mancata” arrivano anche goldiechiari, con Cerchi d'Isola. A partire da un progetto video dedicato al Garbage Patch, l'isola "discarica” che si trova nell’Oceano Pacifico la cui estensione non è nota con precisione. Quello che si conosce è la sua composizione in polimeri sotto forma di bottiglie, imballaggi, reti e da altri generi di spazzatura, mossa costantemente dalle onde dell’oceano che logorano la materia riducendola a minuscole particelle disciolte in acqua. Per MoRE Goldsmith e Chiari hanno anche realizzato appositamente una serie di acquerelli che rimandano al Garbage Patch, mentre hanno donato due grafici – parte del progetto – che studiano le correnti e le acque oceaniche. I cinque disegni hanno tutti un motivo circolare che ricorda appunto l’isola o la nuvola di detriti, i segni tracciati con colori tenui sembrano rimandare ad un universo rarefatto e non materico. Arriva poi Erwin Wurm, che ha donato al museo sei progetti irrealizzati che ruotano intorno a figure distorte, sospese, ingigantite, rappresentative della poetica dell’autore , che ama alterare la realtà che ci circonda. Da segnalare Big Suit Departing, progetto per l’aeroporto Schönefeld di Berlino che prevedeva la realizzazione di una figura di dimensioni colossali – 10 metri di altezza e 3,5 metri in larghezza – che in posizione inclinata del 50 per cento pende nel vuoto in mezzo alla hall dell’aeroporto tedesco, nella maniera realistica che da sempre accompagna la poetica dell'artista. Massimo Uberti presenta invece due progetti non realizzati, coerenti con la sua ricerca artistica tesa a tracciare forme e segni simbolici nell'ambiente: Esser Spazio, che doveva essere collocata all’esterno del Museo MAXXI, inserendosi nel contesto architettonico con

discrezione e abitando la gradinata finale della piazza che precede l’ingresso al museo stesso per indicare al visitatore proprio la "fruizione” dell'ambiente dell'arte e Orbite, progetto site specific ideato per il Palazzo della Regione Lombardia di Milano: su due delle sue facciate (lato sud-est e lato nord-ovest) Uberti avrebbe voluto installare il disegno luminoso di una porzione delle orbite del sistema solare. Ma ora, il consiglio migliore, per scoprire ancora una volta il perché questi lavori hanno avuto degli stop e sono rimasti progetti, è di andare alla pagina moremuseum.wordpress.com. In attesa delle prossime new entry.

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15 giugno 2013

Erwin Wurm, goldiechiari e Massimo Uberti per MoRE di Redazione Arte (http://www.culturame.it/arte/) | Nessun commento Tagged: ERWIN WURM (http://www.culturame.it/tag/erwin-wurm/) , goldiechiari (http://www.culturame.it/tag/goldiechiari/) , Massimo Uberti (http://www.culturame.it/tag/massimo-uberti/) , Museum of refused and unrealised art projects (http://www.culturame.it/tag/museum-of-refused-andunrealised-art-projects/)

(http://www.culturame.it/wp-content/uploads/2013/06/5goldiechiari-Looking-for-the-island.jpg) A partire da Giovedì 20 giugno MoRE. Museum of refused and

unrealised art projects presenta le sue nuove acquisizioni: nove idee per altrettante opere d’arte che gli artisti Erwin Wurm, goldiechiari e Massimo Uberti hanno donato al museo digitale che dal 2012 colleziona ed espone i progetti non realizzati di artisti del XX e XXI secolo. Per i due ideatori Elisabetta Modena e Marco Scotti – il museo raccoglie ed espone progetti che siano stati appositamente pensati per occasioni specifiche in precisi contesti e che non siano stati realizzati per motivazioni tecniche, logistiche, ideologiche, economiche, morali o etiche. Lo scopo è quello di valorizzare, conservare e studiare attraverso attività di ricerca, esposizioni e sfruttando al massimo tutte le potenzialità del digitale questi progetti mai realizzati.

http://www.culturame.it/arte/erwin-wurm-goldiechiari-e-massimo-uberti-per-more/

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(http://www.culturame.it/wp-content/uploads/2013/06/1-ErwinWurm-Big-Suit-Departing.jpg) Nel suo primo anno di vita MoRE ha acquisito progetti di artisti di rilievo

internazionale nel panorama dell’arte contemporanea, come Jonathan Monk, Ugo La Pietra, Cesare Pietroiusti, Deborah Hirsch, Paolo Scheggi, Davide Bertocchi, Davide Mosconi, Ivo Bonacorsi, Silvio Wolf, Grazia Varisco, Luigi Presicce, Valerio Berruti, Regina Josè Galindo, Jeremy Deller. Gli artisti hanno aperto i propri archivi personali, e condiviso con il pubblico le loro idee che per qualche motivo non si sono materializzate. Ogni progetto di opera d’arte è accompagnato da una scheda che la racconta in riferimento al percorso artistico dell’autore.

(http://www.culturame.it/wp-content/uploads/2013/06/7Massimo-Uberti-esser-spazio-MAXXI.jpg) Il 20 giugno 2013 verranno presentate le nuove acquisizioni di

MoRE, donate da Erwin Wurm, goldiechiari, invitati dalla curatrice Valentina Rossi, e Massimo Uberti, invitato da Ilaria Bignotti. Erwin Wurm presenta ben sei progetti irrealizzati tra cui Mind Bubbles, progetto pensato per la sede centrale della Volksbank di Vienna progettatta dall’architetto tedesco Carsten Roth. Le sculture sembrano bloccate in aria, come in un incantesimo con il potere di gonfiare, distorcere, ingrandire o rimpicciolire, creando forme inaspettate e nuove realtà. Big Suit Departing, progettato da Wurm per l’aeroporto Schönefeld di Berlino, consiste invece nella realizzazione di una figura di dimensioni colossali che in posizione inclinata del 50% pende nel vuoto in mezzo alla hall dell’aeroporto tedesco. Il “manichino” non ha nè testa nè arti, è completamente cavo e consente ai passeggeri di vedere attraverso ad esso. Questo lavoro è rappresentativo di tutto l’operato di Erwin Wurm, il quale ama distorcere la realtà che ci circonda. moremuseum.wordpress.com/erwin-wurm Il duo artistico goldiechiari ha appositamente realizzato degli acquerelli per descrivere il progetto di video Looking for the island, che si propone di documentare l’ecosistema artificiale della Garbage Patch, un’isola “discarica” di circa 2,500 km di diametro e un peso di 3.500.000 tonnellate, che si è spontaneamente costituita a partire dal 1950 nell’Oceano Pacifico. Il contrasto tra naturale e artificiale, http://www.culturame.it/arte/erwin-wurm-goldiechiari-e-massimo-uberti-per-more/

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paesaggio e industria è centrale nel progetto delle artiste, che vogliono registrare il viaggio delle piccole particelle di plastica rilasciate dall’isola nell’oceano per poi diventare mangime dei pesci, alimento del nostro stesso cibo. moremuseum.wordpress.com/goldiechiari Massimo Uberti ha condiviso due progetti. L’opera luminosa Esser Spazio doveva essere collocata all’esterno del Museo MAXXI. Coerente con la sua ricerca artistica tesa a tracciare forme e segni simbolici nello spazio pubblico, Uberti propone una frase e un motto al contempo, per chiedere ai visitatori di partecipare attivamente alla costruzione del Museo. Orbite è invece un progetto site specific ideato per il Palazzo della Regione Lombardia di Milano: su due delle sue facciate Uberti avrebbe voluto installare il disegno luminoso di una porzione delle orbite del sistema solare. Il progetto si inserisce pienamente nella ricerca estetica di Massimo Uberti, volta a tracciare, frequentemente attraverso l’utilizzo del medium luminoso, immagini e segni all’interno dello spazio pubblico, ora per esaltarne le qualità storiche e geografiche, ora con effetti di spaesamento estetico. moremuseum.wordpress.com/massimo-uberti Il sito moremuseum.com è composto da un archivio di progetti interamente in formato digitale, reso possibile anche grazie alla collaborazione con il centro CAPAS dell’Università degli Studi di Parma, uno spazio riservato a esposizioni temporanee, e una sezione destinata a ospitare interventi critici e approfondimenti sul tema del “non realizzato”. Con questo obiettivo, intorno a MoRE si è costituito un network di professionisti provenienti dal mondo dell’arte contemporanea, storici dell’arte, critici, curatori e esperti del settore, che contribuiscono con le loro diverse professionalità alla crescita del progetto nell’ambito dell’associazione culturale Others. www.moremuseum.org Condividi questo:

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Recensioni > Arte > Cultura - Martedì 05 Giugno 2012, 20:30 www.lindro.it

MoRE, museo digitale del futuro L'analisi del neonato museo virtuale per riflettere sulle modalità divulgative del sistema dell'arte di oggi" Silvia Floreano

Una citazione che ben rappresenta lo stato dell’arte contemporanea proviene dalla penna di Nicolas Bourriaud, curatore e critico d’arte francese contemporaneo: «Bisogna apprendere tutti i codici culturali, tutte le forme della vita quotidiana e le opere del patrimonio universale, e cercare di farle funzionare» (’Postproduction’, 2004). Il lavoro del MoRE (acronimo di ’Museum of REfused and unrealised art projects’, ma anche traduzione dall’inglese ’più’) si muove tra questi confini, nell’impellente necessità di definire il ruolo dell’arte oggi, il valore della conservazione del patrimonio e quello della sua valorizzazione. L’aspirazione è di diventare un museo riconosciuto e una piattaforma di ricerca universitaria; è bello pensare che si schieri dalla parte degli ’svantaggiati’, artisti che hanno idee innovative ma pochi mezzi per esprimerle. Si può dire che MoRE nasca da un impedimento, e al tempo stesso da un problema critico, per diventare serbatoio democratico e indefesso di una fruizione, illimitata nel tempo e nello spazio, di documenti altrimenti non raggiungibili e conoscibili dal grande pubblico. Il vantaggio è quello di vivere nel web; il manifesto spiega che è «un museo digitale che raccoglie, conserva ed espone on-line progetti non realizzati di artisti del XX e XXI secolo». Nato da un’idea decisamente al passo coi tempi di Elisabetta Modena e Marco Scotti, giovani laureati in Conservazione dei Beni Culturali a Parma, ingloba una doppia identità: non solo si colloca nel panorama come nuovo museo digitale, ma ’in più’ si propone di documentare un tessuto progettuale e artistico semi-sconosciuto che ha comunque diritto di essere inserito nella storia del progetto in senso lato. Il non realizzato coinvolge documenti relativi ad opere d’arte inattuate per motivi logistici, economici, tecnici o etici, ma anche il panorama espositivo (mostre non realizzate, allestimenti rimasti sulla carta, occasioni non colte) che, letto dal punto di vista archivistico e documentaristico, offre materiale decisamente valido. Il progetto segue il profilo di molte idee sostenute in questo periodo: bassi costi, eccellenza nei contenuti, forte presenza tecnologica (un esempio ’involontario’: il nostro caro L’Indro!). «Tautologicamente -spiegano i curatori- MoRE sviluppa nel virtuale la virtualità del progetto inespresso e apre inoltre spazi di indagine sul cosiddetto 1/3 Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2012-06-05/9055-more-museo-digitale-del-futuro L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l. Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati


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sistema dell’arte contemporanea e sul ruolo della committenza oggi». Nuovo e possibile è l’approccio museologico e museografico adottato; prodotto dall’associazione culturale Others di cui fanno parte ricercatori, curatori, project manager ed esperti in comunicazione, MoRE ha stretto un legame con il centro CAPAS dell’Università di Parma che ha permesso l’utilizzo della piattaforma D-Space, garantendo la conservazione dei documenti e la reversibilità dei formati (un problema pressante se pensiamo al rapido invecchiamento dei sistemi informatici oggi). L’inaugurazione dello scorso aprile ha avuto come protagonisti Cesare Pietroiusti, Ugo La Pietra e Jonathan Monk, scelte certamente non casuali: il romano Cesare Pietroiusti, medico psichiatra, ha impostato tutta la sua poetica sulla marginalità al sistema stesso dell’arte e sulla realizzazione di progetti che sanno scardinare quei preconcetti rei di soffocare la riflessione e la produzione artistica. La sua indagine coinvolge per questo operazioni al limite (vedi il progetto ’Inviti’, 1991-92) e il non realizzato diventa parte integrante della sua progettualità. Il pescarese Ugo La Pietra, ricercatore nelle arti visive, è artista anomalo e scomodo, difficilmente classificabile; il suo taglio progettuale è più teorico e connesso ad un dibattito che negli anni ’60 arrivava a mettere in discussione il ruolo stesso del progettista e del progetto. Per l’inglese Jonathan Monk la riflessione è più legata all’utopia, pur non ponendosi come progetto fallimentare in quanto utopico, ma piuttosto in rapporto alla processualità e alle relazioni che il progetto stesso riesce a costruire. La difficoltà maggiore di un museo digitale non sta nell’archiviazione e catalogazione dei progetti, quanto nel concertare all’interno del sito mostre che riflettano adeguatamente le potenzialità declinabili del mezzo informatico e di un simile spazio espositivo, immenso e faticosamente gestibile (se la parole d’ordine vuole essere ’qualità’). Il museo-sito di MoRE è composto da un archivio di progetti interamente in formato digitale, uno spazio riservato a esposizioni temporanee (la conservazione del progetto nel museo non preclude all’artista la possibilità di realizzarlo in altro contesto o in altra forma, garantendo la tutela dei diritti di proprietà intellettuale) e una sezione destinata a ospitare interventi critici e approfondimenti (che aiutano ad indagare e delineare le modalità di rapporto con il sistema stesso e tutte le difficoltà con cui l’artista si confronta). Un caso che apre alla riflessione sulle contemporanee modalità divulgative del patrimonio: nella prima metà degli anni ‘90 sono pochi i siti del patrimonio culturale ad avere applicazioni di community e forum ma già si intuisce che l’orizzonte di una comunicazione partecipata ed estesa sarebbe stata una delle prospettive di sviluppo più promettenti del sistema-museo. La diffusione dei musei virtuali rappresenta un’importante fase di passaggio per due ragioni: la possibilità per le istituzioni grandi e piccole di promuoversi on-line attraverso bassi costi, con l’opportunità di raggiungere un’audience potenzialmente molto ampia, e lo stesso crescente fenomeno dell’aumento degli utenti on-line che usano sempre più la rete come strumento indispensabile di informazione e di svago. Il web rappresenta quindi sempre più il fulcro delle forme di divulgazione del cultural heritage (patrimonio culturale): lo testimoniano il crescente numero di istituzioni on-line e di progetti legati alla digitalizzazione del patrimonio e alla loro messa in rete secondo un’ottica di network. Tutti ormai familiarizziamo con gli ambienti digitali basati sempre più sul fare e sulla partecipazione attiva (nei blog o nei social networks), efficacemente sintetizzabile nella formula ’learning by doing’ (imparare facendo). I musei che ad esempio aprono un proprio canale su Facebook o avviano un blog sperimentano nuove soluzioni di visibilità e promozione ma allo stesso tempo creano dei ’laboratori viventi’ in grado di restituire impressioni, feedback e percezioni sull’istituzione in modo immediato e economico. 2/3 Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/cultura/2012-06-05/9055-more-museo-digitale-del-futuro L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l. Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati


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Erwin Wurm, goldiechiari e Massimo Uberti per MoRE A partire da Giovedì 20 giugno MoRE. Museum of refused and unrealised art projects presenta le sue nuove acquisizioni: nove idee per altrettante opere d’arte che gli artisti Erwin Wurm, goldiechiari e Massimo Uberti hanno donato al museo digitale che dal 2012 colleziona ed espone i progetti non realizzati di artisti del XX e XXI secolo...

A partire da Giovedì 20 giugno MoRE. Museum of refused and unrealised art projects presenta le sue nuove acquisizioni: nove idee per altrettante opere d’arte che gli artisti Erwin Wurm, goldiechiari e Massimo Uberti hanno donato al museo digitale che dal 2012 colleziona ed espone i progetti non realizzati di artisti del XX e XXI secolo. Per i due ideatori Elisabetta Modena e Marco Scotti - il museo raccoglie ed espone progetti che siano stati appositamente pensati per occasioni specifiche in precisi contesti e che non siano stati realizzati per motivazioni tecniche, logistiche, ideologiche, economiche, morali o etiche. Lo scopo è quello di valorizzare, conservare e studiare attraverso attività di ricerca, esposizioni e sfruttando al massimo tutte le potenzialità del digitale questi progetti mai realizzati. Nel suo primo anno di vita MoRE ha acquisito progetti di artisti di rilievo internazionale nel panorama dell''arte contemporanea, come Jonathan Monk, Ugo La Pietra, Cesare Pietroiusti, Deborah Hirsch, Paolo Scheggi, Davide Bertocchi, Davide Mosconi, Ivo Bonacorsi, Silvio Wolf, Grazia Varisco, Luigi Presicce, Valerio Berruti, Regina Josè Galindo, Jeremy Deller. Gli artisti hanno aperto i propri archivi personali, e condiviso con il pubblico le loro idee che per qualche motivo non si sono materializzate. Ogni progetto di opera d’arte è accompagnato da una scheda che la racconta in riferimento al percorso artistico dell’autore. Il 20 giugno 2013 verranno presentate le nuove acquisizioni di MoRE, donate da Erwin Wurm, goldiechiari, invitati dalla curatrice Valentina Rossi, e Massimo Uberti, invitato da Ilaria Bignotti. Erwin Wurm presenta ben sei progetti irrealizzati tra cui Mind Bubbles, progetto pensato per la sede centrale della Volksbank di Vienna progettatta dall’architetto tedesco Carsten Roth. Le sculture sembrano bloccate in aria, come in un incantesimo con il potere di gonfiare, distorcere, ingrandire o rimpicciolire, creando forme inaspettate e nuove realtà. Big Suit Departing, progettato da Wurm per l’aeroporto Schönefeld di Berlino, consiste invece nella http://www.larepubblicaveneta.it/funzioni/news/stampa_news.asp?contenuto=15716&print=out

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realizzazione di una figura di dimensioni colossali che in posizione inclinata del 50% pende nel vuoto in mezzo alla hall dell’aeroporto tedesco. Il “manichino” non ha nè testa nè arti, è completamente cavo e consente ai passeggeri di vedere attraverso ad esso. Questo lavoro è rappresentativo di tutto l’operato di Erwin Wurm, il quale ama distorcere la realtà che ci circonda. moremuseum.wordpress.com/erwin-wurm Il duo artistico goldiechiari ha appositamente realizzato degli acquerelli per descrivere il progetto di video Looking for the island, che si propone di documentare l''ecosistema artificiale della Garbage Patch, un’isola “discarica” di circa 2,500 km di diametro e un peso di 3.500.000 tonnellate, che si è spontaneamente costituita a partire dal 1950 nell’Oceano Pacifico. Il contrasto tra naturale e artificiale, paesaggio e industria è centrale nel progetto delle artiste, che vogliono registrare il viaggio delle piccole particelle di plastica rilasciate dall’isola nell’oceano per poi diventare mangime dei pesci, alimento del nostro stesso cibo. moremuseum.wordpress.com/goldiechiari Massimo Uberti ha condiviso due progetti. L’opera luminosa Esser Spazio doveva essere collocata all’esterno del Museo MAXXI. Coerente con la sua ricerca artistica tesa a tracciare forme e segni simbolici nello spazio pubblico, Uberti propone una frase e un motto al contempo, per chiedere ai visitatori di partecipare attivamente alla costruzione del Museo. Orbite è invece un progetto site specific ideato per il Palazzo della Regione Lombardia di Milano: su due delle sue facciate Uberti avrebbe voluto installare il disegno luminoso di una porzione delle orbite del sistema solare. Il progetto si inserisce pienamente nella ricerca estetica di Massimo Uberti, volta a tracciare, frequentemente attraverso l’utilizzo del medium luminoso, immagini e segni all’interno dello spazio pubblico, ora per esaltarne le qualità storiche e geografiche, ora con effetti di spaesamento estetico. moremuseum.wordpress.com/massimo-uberti Il sito moremuseum.com è composto da un archivio di progetti interamente in formato digitale, reso possibile anche grazie alla collaborazione con il centro CAPAS dell’Università degli Studi di Parma, uno spazio riservato a esposizioni temporanee, e una sezione destinata a ospitare interventi critici e approfondimenti sul tema del “non realizzato”. Con questo obiettivo, intorno a MoRE si è costituito un network di professionisti provenienti dal mondo dell''arte contemporanea, storici dell’arte, critici, curatori e esperti del settore, che contribuiscono con le loro diverse professionalità alla crescita del progetto nell’ambito dell’associazione culturale Others. * CONTATTI press@moremuseum.org info@moremuseum.org www.moremuseum.org 17/06/2013 | 11.34

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A partire da Giovedì 20 giugno MoRE. Museum of refused and unrealised art projects presenta le sue nuove acquisizioni: nove idee per altrettante opere d’arte che gli artisti Erwin Wurm, goldiechiari e Massimo Uberti hanno donato al museo digitale che dal 2012 colleziona ed espone i progetti non realizzati di artisti del XX e XXI secolo. Per i due ideatori Elisabetta Modena e Marco Scotti – il museo raccoglie ed espone progetti che siano stati appositamente pensati per occasioni specifiche in precisi contesti e che non siano stati realizzati per motivazioni tecniche, logistiche, ideologiche, economiche, morali o etiche. Lo scopo è quello di valorizzare, conservare e studiare attraverso attività di ricerca, esposizioni e sfruttando al massimo tutte le potenzialità del digitale questi progetti mai realizzati. Nel suo primo anno di vita MoRE ha acquisito progetti di artisti di rilievo internazionale nel panorama dell’arte contemporanea, come Jonathan Monk, Ugo La Pietra, Cesare Pietroiusti, Deborah Hirsch, Paolo Scheggi, Davide Bertocchi, Davide Mosconi, Ivo Bonacorsi, Silvio Wolf, Grazia Varisco, Luigi

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Ogni progetto di opera d’arte è accompagnato da una scheda che la racconta in riferimento al percorso artistico dell’autore. Il 20 giugno 2013 verranno presentate le nuove acquisizioni di MoRE, donate da Erwin Wurm, goldiechiari, invitati dalla curatrice Valentina Rossi, e Massimo Uberti, invitato da Ilaria Bignotti. Erwin Wurm presenta ben sei progetti irrealizzati tra cui Mind Bubbles, progetto pensato per la sede centrale della Volksbank di Vienna progettatta dall’architetto tedesco Carsten Roth. Le sculture sembrano bloccate in aria, come in un incantesimo con il potere di gonfiare, distorcere, ingrandire o rimpicciolire, creando forme inaspettate e nuove realtà Big Suit Departing, progettato da Wurm per l’aeroporto Schönefeld di Berlino, consiste invece nella realizzazione di una figura di dimensioni colossali che in posizione inclinata del 50% pende nel vuoto in mezzo alla hall dell’aeroporto tedesco. Il “manichino” non ha nè testa nè arti, è completamente cavo e consente ai passeggeri di vedere attraverso ad esso. Questo lavoro è rappresentativo di tutto l’operato di Erwin Wurm, il quale ama distorcere la realtà che ci circonda. moremuseum.wordpress.com/erwin-wurm Il duo artistico goldiechiari ha appositamente realizzato degli acquerelli per descrivere il progetto di video Looking for the island, che si propone di documentare l’ecosistema artificiale della Garbage Patch, un’isola “discarica” di circa 2,500 km di diametro e un peso di 3.500.000 tonnellate, che si è spontaneamente costituita a partire dal 1950 nell’Oceano Pacifico.

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Il progetto si inserisce pienamente nella ricerca estetica di Massimo Uberti, volta a tracciare, frequentemente attraverso l’utilizzo del medium luminoso, immagini e segni all’interno dello spazio pubblico, ora per esaltarne le qualità storiche e geografiche, ora con effetti di spaesamento estetico. moremuseum.wordpress.com/massimo-uberti Il sito moremuseum.com è composto da un archivio di progetti interamente in formato digitale, reso possibile anche grazie alla collaborazione con il centro CAPAS dell’Università degli Studi di Parma, uno spazio riservato a esposizioni temporanee, e una sezione destinata a ospitare interventi critici e approfondimenti sul tema del “non realizzato”. Con questo obiettivo, intorno a MoRE si è costituito un network di professionisti provenienti dal mondo dell’arte contemporanea, storici dell’arte, critici, curatori e esperti del settore, che contribuiscono con le loro diverse professionalità alla crescita del progetto nell’ambito dell’associazione culturale Others.

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