Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XL - n. 1 - I trimestre
Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia”
1/2007
ROSARIUM Pubblicazione trimestrale del Movimento Domenicano del Rosario Proprietà: Provincia Domenicana S. Domenico in Italia via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano
per la meta...
Autorizzazione al Tribunale di Bologna n. 3309 del 5/12/1967 Direttore responsabile: fr. Mauro Persici o.p.
quante orme
Rivista fuori commercio
Le spese di stampa e spedizione sono sostenute dai benefattori
da seguire
Anno 40°- n. 1 stampa: Tipolitografia Angelo Gazzaniga s.a.s. Milano - via P. della Francesca 38
Movimento Domenicano del Rosario Via IV Novembre 19/E 43012 Fontanellato (PR) Tel. 0521822899 Fax 0521824056 Cell. 3355938327 e-mail movrosar@tin.it
www.sulrosario.org CCP. 22977409 Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. L’invio delle fotografie include il consenso per una eventuale pubblicazione.
In copertina: Monte Tabor in una foto di Paolo Gavina Foto di pag. 4 e seguenti: RUBENS, Madonna della Vallicella, Roma, S. Maria in Vallicella detta Chiesa Nuova Foto di pag 10 e seguenti: LORENZO MONACO, Miniature, da un Graduale, Bologna, Museo Civico Medievale
SOMMARIO Mariologia (VII): Maria Santissima Madre di Dio fra Roberto Coggi op
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La Spiritualità di S. Domenico fra Marie-Humbert Vicaire op
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Il Santo Padre a Verona: ...è anche una lezione di stile Mauro Faverzani
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Furono nazismo e comunismo a orchestrare la campagna di calunnie contro Pio XII intervista a Patrick Gallo
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Una giornata con la Regina del Rosario
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Pellegrinaggi: sulle orme di Mosè
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Nuovi iscritti
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Pagina della riconoscenza
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Questa volta vorremmo suggerirti un altro modo per sostenere e diffondere questa “famiglia”.
Probabilmente fra le persone che conosci ve ne saranno molte a cui non arriva questa rivista e a cui, forse, potrebbe anche interessare entrare a far parte della “famiglia del rosario”. Perché non valuti la possibilità di coinvolgerle con molta discrezione regalando loro l’invio di ROSARIUM per tutto il 2007? Guardandoti attorno ci permettiamo di suggerirti:
i catechisti della tua parrocchia... valuta se qualcuno fra loro manifesta una sensibilità mariana; i sacerdoti che conosci ai quali forse nessuno ha mai presentato la “famiglia del rosario”; la persona che nel bisogno ti ha aiutato e a cui potrai manifestare la tua gratitudine; gli amici del cuore per confrontarsi e condividere più profondamente; i tuoi colleghi di ufficio per migliorare l’ambiente di lavoro; le tue amiche casalinghe per avere una “panoramica” diversa sulla vita; l’amico che sta cercando la sua vocazione perché si lasci trarre da questa dolce “catena”; i giovani del gruppo di preghiera affinché colgano la tua appartenenza; i tuoi vecchi compagni con i quali potrebbero aprirsi “prospettive” diverse; il tuo vicino con il quale potrai avere nuovi argomenti di cui parlare; ………………………… Sono veramente tante le persone che tramite la lettura potrebbero collegarsi alla nostra “famiglia del rosario”: vogliamo privarle di questa gioia?
Mariologia Pa r t e V I I
P. R o b e r t o C o g g i
Maria Santissima Madre di Dio
Mariologia e Cristologia La Vergine Maria è innanzitutto la Madre del Verbo Incarnato, la Madre di Dio. Questo è il suo titolo principale e il fondamento di tutti i suoi privilegi. Possiamo quindi dire che la mariologia, almeno nel suo aspetto essenziale, è una parte della cristologia. Già S. Tommaso infatti tratta di Maria Santissima nella parte della Somma Teologica dedicata al mistero di Cristo. Il fatto poi che la trattazione di Maria sia stata inserita dal Concilio nella Costituzione Lumen Gentium sulla Chiesa non deve trarre in inganno. Scrive G. Söll: «L’inserimento della dottrina mariana nello schema della Costituzione sulla Chiesa avvenne in conseguenza della volontà della maggioranza del Concilio di non elaborare alcuno schema proprio per Maria, e il fatto non può perciò essere inteso come un’assegnazione, confermata dal Magistero, della dottrina mariana all’ecclesiologia. Il luogo genuino della trattazione di questa parte della dogmatica, giustificato dalla storia dei dogmi, resta il trattato sulla persona e l’opera salvifica del Redentore». I fondamenti biblici del titolo «Madre di Dio» La formula «Madre di Dio» non appare esplicitamente nella Sacra Scrittura, ma in essa sono affermate nel modo più chiaro due verità: la prima è che Gesù è veramente Dio; la seconda è che Gesù è veramente figlio di Maria. A questo punto la logica ci obbliga a porre questo sillogismo: Gesù è Dio; Maria è la madre di Gesù: quindi Maria è la madre di Dio. Tuttavia possiamo trovare nella Scrittura anche delle formulazioni praticamente equivalenti a quella di «Madre di Dio». E procediamo secondo il probabile ordine cronologico dei testi scritturali. In S. Paolo leggiamo (Gal 4, 4): «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna». Ora, qui il termine “Figlio” è usato in senso forte. Gesù di Nazaret non è soltanto un uomo particolarmente caro a Dio, ma è il Figlio di Dio in senso vero e proprio. È l’Unigenito del Padre. Ora, questo Figlio è nato da una donna: quindi questa donna è sua madre. Quindi questa donna, madre del Figlio di Dio, che è Dio lui stesso, è la madre di Dio. In S. Paolo c’è anche un altro testo bellissimo (Rm 9, 5): «Da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli». Questo Dio benedetto nei secoli, che è Gesù, proviene dagli Israeliti secondo la carne, cioè secondo la generazione umana, e ciò avviene attraverso Maria, di cui egli è figlio. Quindi Maria è la Madre di colui che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. È quindi Madre di Dio.
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I Santi Padri Le due verità che abbiamo enunciato, che cioè Gesù è veramente Dio e Maria è la sua vera madre sono presenti nei Santi Padri sin dagli inizi, anche se non compare subito l’espressione «Madre di Dio». Come abbiamo già accennato, forse questa formula compare in Origene, quindi nella prima metà del III secolo. Essa è attestata anche dalla più antica preghiera mariana che si conosca: «Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei genetrix...» (Sotto la tua protezione ci rifugiamo, o santa Madre di Dio...), che risale probabilmente al III secolo. Il Concilio di Efeso Il Concilio di Efeso (431) afferma innanzitutto il dogma dell’unità di Cristo e di conseguenza afferma che Maria deve essere detta «Madre di Dio» (Theotókos). Volendo a questo punto riassumere ed esprimere l’insegnamento della Chiesa in una formulazione semplice possiamo dire così: Che cosa significa che Maria è Madre di Dio? Non significa certamente che ha generato la divinità, cosa che sarebbe priva di senso, perché la creatura viene sempre dopo il Creatore. Significa invece che ha dato la natura umana al Verbo di Dio, cioè alla seconda Persona della Santissima Trinità, che è Dio. Ma dare la natura umana al Verbo significa generarlo secondo la natura umana, significa essergli Madre. Quindi Maria è Madre del Verbo, che è Dio, cioè è Madre di Dio. Più brevemente ancora: che Maria sia Madre di Dio significa semplicemente che gli ha dato la natura umana. Ricchezza della formula «Madre di Dio» La ricchezza e la profondità della formula «Madre di Dio» appare anche considerando le cose da un punto di vista positivo. Tutta la fede cristiana riguardo al Verbo Incarnato può essere sintetizzata così: Gesù è insieme vero Dio e vero uomo. Dicendo che Maria è Madre di Dio diciamo che Gesù è vero Dio; dicendo che Maria è Madre di Dio diciamo che Gesù è vero uomo; e diciamo anche che in lui la divinità e l’umanità sono unite nella stessa persona. Il fondamento della relazione di maternità Se Maria è Madre di Dio, ciò significa che vi è una relazione fra lei e Dio, più precisamente fra lei e la persona divina del Verbo. Qual è il fondamento di questa relazione? È l’atto generativo di Maria riguardo a Gesù, al Verbo incarnato. Vogliamo quindi considerare qual è l’apporto dato da Maria nella formazione dell’umanità di Cristo. Grazie a questo apporto ella è detta Madre di Cristo, e quindi Madre di Dio. Nel caso di Maria vi è il miracolo della concezione verginale. Con tale miracolo
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Dio fa sì che l’azione generatrice della donna, che per natura è parziale, incapace di produrre quell’effetto che è un nuovo vivente, produca da sola la cellula iniziale del nuovo organismo. Nell’istante stesso della formazione di questa cellula avviene la creazione dell’anima, cioè di tutta la natura umana, da parte del Verbo. Maria è così la Madre di questo nuovo essere vivente che è comparso nel mondo, di questo nuovo uomo: ella è quindi la Madre del Verbo, poiché quest’uomo è il Verbo. Non è necessario immaginare qualche sopraelevazione dell’azione generatrice di Maria: per il fatto stesso che il Verbo ha assunto una natura umana individuata e del tutto simile alla nostra, ne viene di conseguenza che questa umanità è stata formata da un’azione generatrice naturale (a parte il miracolo della concezione verginale). Questa generazione, anche se verginale, avrebbe prodotto un semplice uomo se non vi fosse stata l’assunzione della natura umana da parte del Verbo. La relazione di maternità in se stessa In base al fondamento che abbiamo visto (l’apporto di Maria nella formazione dell’umanità di Gesù), Maria è sua Madre, cioè ha con lui una relazione di maternità. Ma Gesù è Dio, quindi questa relazione rapporta Maria a Dio, o più precisamente al Verbo, alla seconda Persona della Santissima Trinità. Questa relazione è reale in Maria. Cioè il fatto di essere diventata la Madre del Verbo aggiunge in lei qualcosa, le dona una perfezione che prima non aveva. Viene a questo punto spontaneo chiedersi: nel Verbo sorge una relazione di figliolanza (o di filiazione, per usare un termine più filosofico) nei riguardi di Maria? E se sorge, è una relazione reale o soltanto di ragione? Dobbiamo rispondere che questa relazione sorge, ma è soltanto di ragione, poiché essendo il Verbo Dio, cioè l’Essere perfettissimo, Egli non può ricevere alcun perfezionamento dalle creature. Che cos’è dunque questa relazione di maternità che si trova in Maria? È qualcosa di straordinario e di unico, per cui il Cardinale Gaetano, il grande commentatore di S. Tommaso, arriva a dire che «Maria ha toccato con la sua operazione i confini stessi della divinità, quando ha concepito, dato alla luce e generato Dio». Così da una parte l’azione generatrice di Maria è «naturale» (a parte la concezione verginale), ma da un’altra la maternità che essa fonda è «soprannaturale», poiché raggiunge Dio stesso. Finora abbiamo considerato la maternità di Maria da un punto di vista puramente fisico e biologico. Ma una maternità che sia veramente umana non si ferma a questo aspetto. Innanzitutto essa comporta l’implicazione di una volontà mossa dall’amore. Una vera madre accoglie liberamente suo figlio con amore. Una madre degna di questo nome deve mettere tutta se stessa in questa maternità. Inoltre la maternità umana non comporta solo il concepimento, la gestazione e il parto. Essa comporta tutte le cure che il bambino richiede sin da quando viene alla luce, e in seguito la sua educazione da tutti i punti di vista.
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Nel caso di Maria poi tutto ciò risulta accentuato dal fatto che Maria è madre vergine, il che significa che l’umanità di Gesù viene unicamente da lei, è un dono esclusivo della madre al figlio. E questo dono è stato fatto nella più totale e perfetta libertà e nel più ardente amore. Da quando ha pronunciato il suo fiat, Maria è tutta e soltanto di Gesù, e Gesù, come uomo, è tutto e soltanto di Maria. Relazione mirabile! Scrive molto bene il Melotti: «La genetica moderna ha messo in luce la profondità di azione della madre su tutto l’essere del figlio. Questo influsso ha qui un’intensità eccezionale, poiché Maria è una madre resa feconda da Dio, perfettamente santa ed equilibrata, unica “genitrice”. Non si deve temere di dire che Maria ha fornito al Verbo, oltre alla sua carne (caro Christi, caro Mariae, dice S. Agostino) e oltre ai suoi lineamenti fisici, tutto ciò che nell’essere spirituale è condizionato dalla carne: abitudini mentali, una certa qualità di immaginazione, di sensibilità, un dato carattere e temperamento. A partire di qui Maria ha assunto in pienezza il compito materno che va molto più in là della concezione-gestazione-nascita: l’educazione di suo figlio, la formazione della sua anima, come pure quella del suo corpo. Educatrice perfetta di un figlio perfettamente docile (cf. Lc 2, 51), quantunque sottomesso innanzitutto al Padre trascendente, Maria lo ha fatto crescere “in statura e in sapienza”: iniziazione pratica all’obbedienza, alla sofferenza, il tutto nella luce dell’insegnamento biblico (Gesù è religiosamente istruito dall’Antico Testamento, cf. Lc 2, 46-47)». La coscienza di Maria Trattando della maternità di Maria nei riguardi di Gesù non si può evitare di porsi questo problema: la Vergine Maria era sin dall’inizio cosciente della divinità del bambino da lei concepito e da lei nato? Secondo alcuni autori Maria Santissima era cosciente che quel bambino era il Messia, e anche il Figlio di Dio, intendendo però l’espressione «Figlio di Dio» nel senso di una figliolanza secondo la grazia e l’elezione, com’era nell’uso abituale dell’Antico Testamento. Il motivo teologico è che una maternità che sia veramente umana esige di essere consapevole e cosciente. Se Maria non avesse saputo che il suo bambino era veramente Dio, essa sarebbe stata Madre di Dio in senso puramente biologico, non in senso pienamente umano. Si potrebbe anche aggiungere che in questo caso Dio l’avrebbe, in certo qual modo, ... ingannata, facendo sì che divenisse la Madre di Dio senza saperlo, in modo incosciente. Non sembra che questo sia un modo di comportarsi conveniente a Dio, e in particolare al Dio della Rivelazione cristiana, profondamente rispettoso della dignità della persona. Appurato questo punto, possiamo dire che Maria fu la donna unica in cui due sen-
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timenti, in qualche modo apparentati, troveranno la loro esatta coincidenza: l’amore di una madre nei riguardi di suo figlio, e l’amore di una creatura nei riguardi del suo Dio. L’amore materno talvolta diventa adorazione. La dignità della maternità divina Vogliamo adesso considerare l’aspetto per così dire «morale» della maternità divina, cioè quello riguardante la dignità che compete alla Beata Vergine per il fatto di essere la Madre di Dio. Dobbiamo dire che questa dignità è così grande che, dopo quella che compete all’umanità di Gesù, Dio non potrebbe crearne una maggiore. Perché infatti vi possa essere una madre più grande e più perfetta di Maria bisognerebbe che ci fosse un figlio più grande e più perfetto di Gesù, cosa impossibile, non potendovi essere nulla di più grande di Dio. Con la divina maternità Dio ha concesso alla creatura tutto ciò che ad essa si può concedere.
movrosar@tin.it
abbiamo ricevuto questa mail... Dal giungo 2005 sono iscritto al Rosario Vivente ed ho proseguito nell’impegno preso fino ad oggi. È incredibile come questo “impegno” morale sia diventato, col tempo, un’esigenza necessaria, un momento fisso di preghiera nel giorno al quale non posso e non riesco a rinunciare, che cerco come fosse un momento di ristoro dopo tanto lavoro. Voglio proprio ringraziarVi, e voglio ringraziare chi, senza saperlo, ha favorito il mio contatto col nostro Movimento, che non conoscevo. Ero e sono ancora in un momento di grande prova, in una situazione nella quale il dolore interiore è fortissimo, ma la recita del rosario, anche solo di un mistero, mi ha portato alla serenità, alla pace interiore, al pormi di fronte alla croce che devo portare con un moto di accoglienza della stessa, e non già di rifiuto. E portare quella croce, con l’aiuto di Maria e del suo Figliolo, è diventato più possibile. Quello che all’inizio sembrava un percorso disperato, ora è diventato un percorso di preghiera e di crescita. E col rosario è stato tutto più facile. Ricevo con regolarità la vostra pubblicazione, così bella e semplice, ricca di ogni spunto. Ora vi è anche la parte relativa ai piccoli: avendo due figli, di età di 5 e 7 anni, ho deciso di introdurre nelle nostre preghiere gli spunti di meditazione che voi avete offerto nei vostri testi. Vorrei anche lasciare, nella mia chiesa, a disposizione di chi crede, il materiale che possa servire per conoscere il Movimento (così com’è successo a me). Mi rendo disponibile a questo, quindi se vi è un poco di materiale da spedirmi, ecco il mio indirizzo. Ringrazio tutti voi, che vi impegnate nel Movimento, per il grande dono che mi avete fatto. Vi saluto di cuore.
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La spiritualità di S. Domenico
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utti i testimoni della vita di San Domenico hanno rilevato in lui un duplice orientamento nella sua attività: sempre rivolto verso le realtà interiori e divine, sempre rivolto verso il prossimo. Nessuno l’ha espresso meglio come Giordano di Sassonia che diceva di lui: “Domenico accoglieva tutti gli uomini nell’ampio seno della sua carità” (Libellus 107). Durante il giorno nessuno più di lui, si mostrava socievole con i frati o con i compagni di viaggio, nessuno era con loro più allegro di lui (Libellus 105). Faceva suo quel motto: gioire con chi gioisce, piangere con chi piange. Traboccante com’era di pietà, si spendeva tutto per aiutare il prossimo e sollevare le miserie. (Libellus, 107). Di notte, nessuno era più di lui assiduo nel vegliare in preghiera... Il giorno lo dedicava al prossimo, la notte a Dio (Libellus 104).
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La ricerca incessante di Dio Quando si rileggono le fonti primitive della storia di San Domenico, l’immagine che si impone principalmente è quella di un uomo di preghiera intensa e incessante. Egli prega dappertutto. Fa silenzio quando cammina. Mentre cammina se è in prossimità di qualche monastero e se sente suonare la campana che raduna i monaci per l’ufficio egli si unisce a loro per pregare. Evidentemente egli prega prima di tutto in convento, durante la messa dove il clero lo vede commuoversi e piangere; durante l’ufficio divino, nelle veglie mattutine, anche in refettorio mentre prende i suoi pasti. Ma è soprattutto nella solitudine notturna della cappella dove lui si abbandona pienamente alla sua vocazione di uomo orante. Qui, Domenico vi passa notti intere, al punto che a Bologna non si conosce la sua cella o il suo letto personale. La lampada che nel santuario vacilla permette al giovane frate che la scorge di edificarsi, di seguire tutte le fasi della sua preghiera. Uomo del meridione, Domenico accompagna la sua preghiera con i gesti del suo corpo, e con i suoi gemiti profondi. Vinto dal sonno, egli pone il suo capo sulla predella dell’altare. Poi comincia la sua preghiera. In colloquio con il Salvatore In effetti questa preghiera è un colloquio appena interrotto con il Maestro. “Andiamo, dice ai suoi compagni, sulla strada pensiamo al nostro Salvatore”. C’è una ragione dietro alla pittura di fra Angelico che raffigura Domenico che abbraccia la Croce... esprime la volontà di non separare mai il suo destino da quello del maestro crocifisso. Egli approfondisce il suo incontro con il Salvatore tramite la Sacra Scrittura, il Vangelo di Matteo e le lettere Paoline che porta sempre con sé, anche se li conosce a memoria. Non si tratta di una lettura spirituale qualunque. Egli vuole costantemente leggere, colloquiare, parlare di Dio o pregare (Processo di Bologna, n.29). Egli sa che i suoi studenti studiano la Sacra Pagina e, dagli inizi dell’Ordine, li invia all’Università di Parigi. La sua grande familiarità con la S. Scrittura è tanto grande, così diretto il confronto con le persone evangeliche che: Vir evangelicus dirà di lui il Beato Giordano. Come gli Apostoli, i predicatori che vivono lo spirito delle prime comunità apostoliche devono liberarsi di ogni bisogno per consacrarsi alla preghiera e alla predicazione. Come gli Apostoli essi si recano insieme al Tempio durante le ore di pre-
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ghiera e rendono al Padre, al centro e nel nome della Chiesa, l’adorazione, la lode, l’azione di grazia. Ma soprattutto essi intercedono. La preghiera di intercessione Questa è la nota caratteristica della preghiera di San Domenico, già fin dai tempi di Osma. Quando egli prega solo, durante le sue interminabili veglie, egli non si separa mai dagli uomini. Il dialogo con il Cristo ha sempre un orizzonte: le anime per le quali Cristo ha dato la sua vita. Gli smarriti sono l’oggetto privilegiato della sua preghiera. Durante la notte, il suo grido a momenti giunge fino ai dormitori e sveglia i frati e qualcuno di loro incomincia a piangere. Signore, ripete sovente Domenico, cosa ne sarà dei peccatori? (Processo di Tolosa, n. 18). L’incontro con il suo prossimo Un’altra immagine che si sovrappone alla prima è quella di Domenico che va alla ricerca del suo prossimo. Non dobbiamo immaginarlo, a causa delle sue lunghe veglie oranti e penitenti, come un eremita o un solitario abituato più alla società degli animali e delle rocce che agli uomini. Al contrario, nessuno più di lui ha gusto per la società fraterna. Egli ama incontrare i suoi compagni, i suoi fratelli, i vicini ai quali egli mendica il pane per la comunità, i pellegrini, i malati, le comunità o le folle alle quali egli predica il messaggio della Parola di Dio. Con ciascuno egli si sente a proprio agio e trova sempre la parola che bisogna dire. Di lui si ama l’apertura, la semplicità degli atteggiamenti. Il suo volto normalmente sempre sereno è pronto a commuoversi alla vista della miseria umana. La sua misericordia Non è prima di tutto misericordioso colui che giovane studente, durante la grande carestia del 11951198 vendette i suoi libri e anche la sua Bibbia di pergamena — tesoro della sua vita di studio — per costituire una casa di accoglienza? Che ha voluto vendersi come schiavo per riscattare un cristiano caduto in mano ai Saraceni...? Ma più grande è la sua compassione spirituale. Il solo pensiero che ci possano essere uomini e donne che rischiano la dannazione eterna a causa
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del loro peccato, del loro scisma o della loro eresia, non lo lascia tranquillo. C’era nel suo cuore, ci dice Giordano, “un’ambizione sorprendente e quasi incredibile per la salvezza di tutti gli uomini” (Libellus 34). Egli vorrebbe dare di più della sua vita per poter salvare il suo prossimo. La sua ambizione giunge al desiderio del martirio e, con la sua immaginazione medioevale, non esita a rappresentarsi concretamente la forma del suo corpo amputato lentamente, agonizzante in un bagno di sangue. La morte in croce non è il punto di partenza della salvezza? Un uomo di dialogo Domenico è uomo di dialogo e di comunicazione spirituale. Nulla è più doloroso per lui che restare estraneo a coloro che incontra per la strada. Ma non sopporta assolutamente il disaccordo umano che nasce dalla diversità di speranza e di credenze. Egli cerca il contatto, vuole sormontare le diversità, desidera ritrovare la comunione profonda che deve esistere in tutti gli uomini chiamati alla salvezza. Si raggiunge qui la fonte del suo ardore che gli fa cercare l’anima del suo prossimo: il desiderio appassionato della salvezza degli uomini e, quindi, l’amore di Cristo. Così Domenico cerca, al di là delle parole, il contatto del cuore e delle ispirazioni fondamentali della vita dove si gioca il destino dell’uomo. “Andate come uomini che cercano la loro salvezza e quella del prossimo” (1Pt 3,15 e Prime Costituzioni II, 31,7) dà come parola d’ordine ai suoi frati. Di passaggio a Tolosa, ospite di una locanda, parla con l’albergatore e non tarda a scoprire in lui un eretico. Tutta la notte discute, lo chiama, lo converte. L’imitazione perfetta degli apostoli È ancora per la sua volontà di andare sempre più lontano possibile ad incontrare i suoi interlocutori, che deve sperimentare fin dall’inizio del suo ministero di salvezza il tipo di imitazione degli apostoli... Non si tratta più, come ad Osma, di rinnovare l’unanimità fraterna, la povertà comunitaria e la preghiera degli apostoli al tempio e nel cenacolo, ma di seguirli andando a piedi, a due a due, senza oro né argento, senza nessuna sicurezza che l’ospitalità e l’elemosina quotidiana della Provvidenza;
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inviati dal Cristo ad annunciare il vangelo del regno di Dio. A partire dal 1206, Domenico adotta definitivamente, e con tutto il suo essere, questo modo di imitare “in tutto la forma di vita degli apostoli” e che più tardi metterà al centro dell’ispirazione del suo Ordine. Un consolatore Domenico non si accontenta di raggiungere o di convertire: egli nutre ed eleva. È questo quello che volevano dire coloro che avevano vissuto con lui quando lo chiamavano con insistenza e giustamente, un grande consolatore... Consolare per Domenico è esaltare le forze interiori rendendo a ciascuno il senso delle proprie responsabilità, soprattutto rianimando, mediante la presentazione della verità, la coscienza delle realtà divine. Per questo egli può essere molto esigente. Non si gioca con l’amore di Dio e con il proprio destino. I frati raccontano che faceva applicare con rigore la regola del suo Ordine, ma lo faceva in una maniera tale che nessuno poteva resistere... Egli aspettava il tempo per comprendere ed accettare. Egli imponeva allora la penitenza in maniera penetrante, e la accettavano con slancio, felici di ritrovare se stessi ritrovando la loro vocazione nel Signore... Alle anime chiamate a salire più in alto, egli, apre la strada del dono totale dell’unione divina... Ma ciò che caratterizza particolarmente l’ambizione per la salvezza delle anime in San Domenico è la sua «universalità» concepita da tutti i punti di vista. Egli si fa tutto a tutti: giovani o anziani, uomini o donne, infedeli, eretici o buoni cristiani, gente del luogo o popoli lontani. Egli si rivolge a tutte le condizioni: agli studenti, all’usuraio morente, ai bambini o ai Signori di Segovia che lo ascoltano sul loro cavallo, al cardinale Ugolino o alla reclusa... Egli non ha paura di annunciare il Cristo: egli si sforza di far crescere il Cristo, secondo la misura di ciascuno. Ma se il suo ministero è universale nei suoi destinatari e nel suo fine immediato, il suo mezzo d’azione è preciso: non è l’azione pastorale, è la predicazione. Egli riconduce, egli unisce a Dio coloro che evangelizza.
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Volontà di comunione fraterna Questa attenzione a far sgorgare dall’uomo il meglio di se stesso ci conduce a considerare un altro tratto dello spirito di san Domenico: la sua volontà di comunione fraterna... Nelle questioni di legislazione o di controllo, egli si mette da parte di fronte alla comunità fraterna. La fraternità dei predicatori, clericale e comunitaria, rimonta a sant’Agostino; essa è molto diversa da quella francescana: laica e penitenziale. Questo modo di vita si inscrive, fin dalle origini, nello stupendo equilibrio delle autorità collettive e personali, delle elezioni e delle conferme che si realizza ad ogni stadio di istituzioni nell’Ordine dei Predicatori. Ma questo dato istituzionale è esso stesso il frutto dell’attaccamento di San Domenico alla collegialità degli apostoli; della sua fiducia spontanea nei confronti della comunità dei suoi fratelli; della sua preoccupazione di dare a ciascuno il massimo d’iniziativa e di impegno verso l’opera comune; dalla sua gioia evidente — particolarmente splendente nei suoi ultimi giorni di vita nel convento di Bologna — di vivere, di pregare, di predicare, un giorno di morire in mezzo a dei fratelli, e anche di essere “sepolto sotto i loro piedi”. Domenico si è sforzato di inscrivere nelle prime costituzioni che egli chiamava “la sua regola”, dopo averla vissuta lui stesso, l’idea che egli si faceva della vita degli apostoli sui passi del loro maestro. I valori che il patriarca ci ha trasmesso mediante il suo spirito e mediante la fondazione dell’Ordine sono profondamente apostolici: la ricerca incessante di Dio, l’ambizione della salvezza di tutti gli uomini, l’abbandono alla provvidenza mediante la povertà, l’umiltà, l’unanimità fraterna, lo spirito collegiale, etc..., Noi non possiamo realizzare un rinnovamento efficace e duraturo nell’Ordine se non mettiamo in pratica questi valori, oggi più che mai. (tratto da MARIE-HUMBERT VICAIRE O.P., Dominiques et ses Prêcheurs, Fribourg 1997 - pp. 157-169).
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Il Santo Padre a Verona … è una lezione anche di stile
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ella nostra società c’è una tentazione forte. È “trasversale” – come oggi si dice –, cioè agisce un po’ in tutti i settori. È quella di voler imporre il proprio punto di vista, minacciando, esplicitamente o implicitamente – in caso contrario – di mandar tutto a carte quarantotto. La questione è culturale. Prima ancora, è spirituale. Non di pancia, ma di testa. E di cuore. Il monito giunse chiaro anche da Papa Benedetto XVI a Verona, durante il IV Convegno Ecclesiale Nazionale. Anche da lui giunse l’invito a non sottovalutare “quella pericolosa fragilità della natura umana, che è una minaccia per il cammino dell’uomo in ogni contesto storico”, a non trascurare “le tensioni interiori e le contraddizioni della nostra epoca”. Ed individuò la soluzione in una parola sola: evangelizzazione. Intesa non come “un semplice adattarsi alle culture”, bensì come “purificazione”, come “taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento”, un’“apertura” che dimentica l’uomo vecchio per consentire di “nascere a quella creatura nuova, che è il frutto dello Spirito Santo”. Un discorso che ti spiazza. Perché ti costringe a stravolgere gli abitudinari criteri di ragionamento. Ti impone di abbandonare i tuoi soliti, logori schemi mentali, fatti di compromessi, di intrecci, a volte anche di connivenze. Ti porta a metterti in gioco per ciò che sei, nella tua umanità più profonda, più vera. È, insomma, un fatto di fede, non questione di strategie. Ben altra cosa. Ben più complessa, ben più completa. Occorre “fidarsi di” e “affidarsi a”, non “pretendere di” ed “obbligare a”. La via, richiamata dal Pontefice, è quella del “dono di sé” agli altri, non l’inverso. È quella della Croce, che “giustamente fa paura”, come scrive Benedetto XVI, ma che “non è negazione della vita, è invece il sì estremo di Dio all’uomo”, è “l’espressione suprema del Suo amore e la scaturigi-
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ne della vita piena e perfetta”. E sempre, sottolineo sempre, com’è scritto nella Prima Lettera di S. Pietro, dobbiamo essere “pronti a dare risposta a chiunque ci domandi ragione” della nostra speranza. Ciò che splendidamente il Santo Padre sintetizza in una parola sola, efficacissima: apologia. Quell’apologia a lungo emarginata, trascurata, quasi dileggiata, è uscita dalla porta, ma rientrata dalla finestra. I grandi proclami non servono a nulla. E nemmeno le migliori intenzioni. Lo dice ancora il Papa: «all’origine della nostra testimonianza di credenti, non c’è una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro con la Persona di Gesù Cristo, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». Capito? Un incontro! Non una teoria, seppur bella. Non un’ipotesi, per quanto suggestiva. Non un’astrazione, benché convincente. Un incontro. Quel legame stretto, richiamato dal Pontefice, “tra la fede e la vita quotidiana, tra la proposta del Vangelo e quelle preoccupazioni e aspirazioni, che stanno più a cuore alla gente”. Alla nostra gente. Perché “è importante l’azione pratica ma conta ancora di più la nostra partecipazione personale ai bisogni ed alle sofferenze del prossimo”. Il che significa “fronteggiare, con determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative, che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano”. Il Papa li evidenzia bene, questi valori: vita – “ in tutte le sue fasi”, altro che aborto ed eutanasia! –, famiglia “fondata sul matrimonio” – ovvero l’unica che possa davvero e legittimamente definirsi tale– , scuola – quindi autentica libertà educativa, contro quei “ritardi dannosi ed ormai non più giustificabili”, dovuti ad “antichi pregiudizi”. Ed un cenno, attenzione, il Pontefice lo rivolge anche alla Chiesa, invitandola a resistere a quella “secolarizzazione interna”, che la “insidia nel nostro tempo”. Non è la prima volta che giunge questo richiamo, fattosi anzi vieppiù insistente… È una lezione di contenuti. Ma è una lezione anche di stile. Benedetto XVI invita alla “dolcezza” ed al “rispetto, con una retta coscienza”, invita a quella “forza mite che viene dall’unione con Cristo”. Una forza, dunque, non molliccia, ma “maschia”, “a tutto campo”, come la definisce il Papa, “sul piano del pensiero e dell’azione, dei comportamenti personali e della testimonianza pubblica”. Non ci si scappa. Allora, certi scontri verbali puntualmente registrati anche dalle cronache trovano qui la loro risposta. Ferma dolcezza, costante rispetto, luminosa mitezza. La “retta coscienza” non ha bisogno di urlare, per farsi strada. Non deve sgomitare, per affermarsi. Tanto meno deve penare, per imporsi. Avanza e basta. Presto o tardi, di certo però è ineludibile. Mauro Faverzani
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Intervista al prof. Patrick Gallo, autore di “Pius XII, the Holocaust and the Revisionists”
Furono nazismo e comunismo a orchestrare la campagna di calunnie contro Pio XII
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OMA, giovedì, 15 giugno 2006. – In una intervista concessa a ZENIT il professor Patrick J. Gallo, professore aggiunto di Scienze Politiche all’Università di New York, ha spiegato che sono stati il nazismo prima ed il comunismo dopo a dare vita e a fomentare la campagna di calunnie contro il Pontefice Pio XII. Il professor Gallo, insegnante per il semestre primaverile all’Istituto Loyola di Roma e autore di una recente pubblicazione dal titolo “Pius XII, the Holocaust and the Revisionists” (Pio XII, l’Olocausto e i revisionisti), edita da McFalland & Company, ha sostenuto che “è odiosamente falsa l’idea che Pio XII fosse in sintonia con i nazisti e che non ponesse resistenza alle loro atrocità”. È plausibile l’ipotesi di alcuni storici secondo cui la campagna di calunnie contro il Pontefice Pio XII fu istigata negli anni Sessanta dal regime sovietico? La campagna contro Pio XII non fu istigata solo dall’Unione Sovietica. La campagna di calunnie era già stata iniziata dai nazisti ed era condivisa dai comunisti all’inizio della guerra. “Pio XII indicò nazismo e comunismo come le maggiori minacce per la Chiesa, per le democrazie, per la civilizzazione occidentale, per l’umanità tutta. Negli anni successivi alla fine della Seconda
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Guerra Mondiale, tutti hanno potuto constatare come i regimi di Hitler e di Stalin sono stati i più sanguinosi di tutta la storia dell’umanità”. Alcuni autori sostengono che Pio XII fosse debole e timoroso nei confronti dei nazisti, mentre altri lo definiscono il Papa di Hitler… Per i nazisti Pio XII era chiaramente un loro nemico. Lo storico ebreo Richard Breitman che ha investigato i documenti dell’OSS (Office Strategic Services, i servizi segreti statunitensi, ndr), recentemente declassificati, ha affermato che “i nazisti consideravano il Papa un nemico” essi avevano pianificato di arrestarlo e portarlo al Nord. La propaganda nazista non ha mostrato scrupoli nell’attaccare il Papa e la Chiesa. Berlino odiava il Papa e il Vaticano anche perché sapeva che nascondeva e proteggeva gli ebrei. Il Cardinale Pacelli come Segretario di Stato parlò contro il nazismo nel 1935 e nel 1937 e fu abbastanza chiaro nel manifestare che la Chiesa non avrebbe mai accettato la filosofia razzista dei nazisti. Fu Pacelli che contribuì in maniera determinante alla stesura dell’Enciclica Mit Brennender Sorge che condannò in forma chiara il regime e la filosofia del nazismo. Egli continuò a esporre le sue critiche con le Encicliche Summi Pontificus Christi e Mystici Corporis Christi. I nazisti non si accontentarono di condurre una campagna di discredito contro il Papa e la Chiesa, ma iniziarono una vera e propria persecuzione contro i cattolici sia in Germania che nei territori occupati. I nazisti provarono in tutti i modi a demolire l’autorità morale di Pio XII e della Chiesa cattolica. E i comunisti come entrano in questa storia? Gli attacchi comunisti contro la Chiesa cattolica iniziarono negli anni Venti e aumentarono negli anni Trenta. Negli anni Trenta Pio XI e Pio XII mostrarono la loro opposizione al comunismo in maniera piuttosto chiara. I comunisti prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale accusarono Pio XII di essere stato silente mentre i nazisti commettevano atrocità. Ovviamente i comunisti non facevano nessuna menzione della brutalità del regime staliniano e degli orrori operati non solo nei confronti della popolazione russa ma anche della popolazione dei paesi dell’Est Europa sottomessi ai regimi comunisti. Sia i nazisti che i comunisti erano impegnati a eliminare la Chiesa cattolica ed il cristianesimo. Il Pontefice Pio XII indicò chiaramente entrambe le ideologie come antitetiche e irriconciliabili con la dottrina cattolica. Nell’immediato dopoguerra l’Unione Sovietica era assolutamente determinata a distruggere la presenza della Chiesa cattolica nei paesi dell’Est Europa. Solo distruggendo l’influenza della cultura cattolica e dell’insegnamento magisteriale del Papa i comunisti pensavano di dominare l’Europa dell’Est e di poter espandere il comunismo ovunque. La propaganda comunista in maniera sistematica accusò Pio XII di una varietà di crimini. Dalla metà degli anni Sessanta emerse la scuola revisionista che adottò moltissime delle accuse che i nazisti muovevano al Pontefice Pio XII. In questo contesto fu decisivo il lavoro di Rolf Hochhuth, che con il dramma teatrale Il Vicario tradotto in venti lingue, promosso massicciamente dai diversi
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mezzi di comunicazione, diffuse il luogo comune di Pio XII, silente, codardo, apatico e antisemita. Negli anni Sessanta anche il movimento della nuova sinistra, all’interno del conflitto con la Chiesa cattolica, inserì la critica velenosa contro Pio XII, cercando di utilizzarla come mezzo per attaccare la posizione della Chiesa sull’aborto, sul divorzio e su altri temi legati alla morale. Che cos’è che l’ha spinto a scrivere questo libro? Pio XII divenne Papa nel marzo del 1939 con il mondo alle soglie di una Guerra di inimmaginabili proporzioni. Le democrazie occidentali e la Chiesa vennero confrontate dalle sfide poste dai regimi totalitari del nazismo e del comunismo. L’Olocausto nazista, che il mondo conobbe nella sua mostruosa atrocità alla fine della guerra, pose un dilemma morale per nazioni, chiese, organizzazioni e individui. Durante questi anni turbolenti Pio XII rappresentò l’unica luce, e questa considerazione era universalmente condivisa da uomini di governo, storici, diplomatici, giornalisti, autori vari. Pio XII non solo si impegnò a fondo per prevenire la guerra ma, una volta che il massacro ebbe inizio, fornì aiuto e conforto ai perseguitati. Questa immane opera umanitaria è solidamente provata da documenti e testimoni. Poi però alla metà degli anni Sessanta questa interpretazione venne ribaltata dai revisionisti che accusarono il Pontefice di non aver parlato e agito per prevenire e fermare quell’orribile Olocausto. Nonostante la vasta documentazione storica vecchia e nuova, questa interpretazione è ancora abbastanza diffusa. Più recentemente un selezionato e radicale gruppo di revisionisti è venuto alla ribalta, rilanciando una quantità enorme di accuse contro Pio XII. Questi revisionisti hanno sostenuto tesi preconcette e fabbricato accuse. Non si sono preoccupati di verificare i fatti, ma hanno proceduto con l’unico scopo di rendere valide le tesi da loro precostituite. I revisionisti si sono comportati come accusatori e come giudici, eliminando dal dibattito tutte le voci che non erano d’accordo con le accuse. I libri scritti da questi revisionisti sono stati accettati acriticamente ed hanno ricevuto una grande pubblicità.Obiettivo del mio libro è quello di presentare un’altra prospettiva incoraggiando una ricerca storica vera e un ragionevole dialogo, cercando di comprendere le motivazioni, il comportamento e le azioni di Pio XII nel contesto degli eventi reali e non fuori dalla storia. Evitando la tentazione di applicare criteri moderni per fatti accaduti sessanta anni fa. La complessità storica manca totalmente nelle opere dei revisionisti e il mio libro è molto critico verso di loro.
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16 settembre 2006:
RAVENNA… I
una giornata con la Regina del Rosario
n una giornata che ha riservato molte sorprese alcuni rappresentanti dei gruppi dell’Emilia Romagna si sono ritrovati nel santuario di S. Maria in Porto a Ravenna. La celebrazione dell’Ora Mariana davanti all’altare della sacra immagine ha favorito l’apertura e la fusione dei cuori. Infatti, meditando i misteri del santo rosario, si è manifestata quell’unità che ci caratterizza come la «famiglia del rosario»… Questo sincero rapporto, unico fra tutti i presenti, si è evidenziato come il più forte nelle varie appartenenze. Cementando quest’unione familiare, la celebrazione eucaristica ha trovato la sua degna conclusione in un umile pranzo al sacco consumato nei locali gentilmente messi a disposizione dai Padri Paolini che hanno la cura di questo grande tesoro… in questo momento conviviale, in un comune interesse l’uno per l’altro, ognuno dava voce all’unione maturata e manifestata. Unione in cui non trovavano alcuno spazio i vari personalismi che, purtroppo, si erano manifestati nei primi tempi e che avevano inficiato la bellezza della nostra comunione. G.F.
23 settembre 2006:
FIASTRA U
na calda giornata di fine settembre ha accolto il gruppo della famiglia domenicana presso l’Abbazia cistercense di Fiastra. La mattinata si è aperta con il saluto e con una panoramica sui vari aspetti del vivere cristiano in un mondo preso fra i lacci di tante problematiche e contraddizioni alle quali si è chiamati a dare testimonianza di coerenza evangelica. Padre Mauro ha colto l’occasione di alcune domande che gli sono state poste per chiarire come andrebbe vissuto il percorso evangelico che
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il Rosario propone attraverso lo svolgersi dei misteri. Il tempo della preghiera è il tempo dell’incontro con Dio e ciò richiede distacco dagli affanni personali, calma e silenzio orante del cuore e della mente. Il Rosario è la Scuola di Maria che sa portarci a Gesù, tuttavia richiede in primo luogo il nostro personale impegno, un totale affidamento che ci riporta al “sì” che Lei per prima ha saputo offrire al Signore. Nel pomeriggio una visita guidata all’abbazia, con la guida di Padre Giovanni, ha riportato pagine di storia e di vita vissuta di questo luogo di profonda spiritualità dove il motto benedettino dell’Ora et labora si esprime come regola e riferimento costante dei monaci che vivono ed operano a Fiastra. Stefania
30 settembre 2006:
MURIS U
na giornata tutta diversa... siamo stati con l’animo ed il pensiero verso Maria, la nostra Madre celeste. Siamo partiti in quattro da Aquileia: piccolo gruppetto ma ben affiatato. Franco – del gruppo del rosario – attento alla guida, cercava di dare risposte esaurienti sul Movimento del Rosario. Consideravamo come fossero arrivate solo poche macchine... ma ecco arrivare una corriera con i partecipanti al raduno che provenivano da Trieste e Gorizia: li guidava P. Mauro... ci siamo sentite come in famiglia. Andiamo a prendere posto in questo santuario ove tutto attorno, alle pareti, parla di Maria e la statua del Bambin Gesù sembra chiamarci per dirci «siate fiduciosi». Padre Mauro inizia a guidare il santo rosario meditando ogni mistero… meditazioni con fatti attinenti alla vita di Maria e al tempo attuale così cambiato! Ho subito pensato a quando da bambina durante il mese di maggio e di ottobre entravo timidamente in chiesa per partecipare al rosario giorna-
liero: quanta gente partecipava e quanto hanno influito quei momenti nella mia vita. La vita d’oggi è tutta una fretta che noi ci portiamo ovunque, ma perché? Perché non proviamo a sostare davanti all’altare dopo la fine della santa messa a parlare con Gesù e con sua Madre? Lì in quel piccolo santuario di Muris, ti trovi veramente a contatto con il divino, il tuo cuore si apre ad una speranza testimoniata da una lacrima che scende dagli occhi che scrutano amorosamente Maria. Dopo la pausa pranzo, siamo tornati al santuario per l’inizio della santa messa… L’omelia di padre Mauro ha attirato con gioia e fiducia ancora la nostra attenzione, i nostri pensieri e i nostri
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canti verso Maria… veramente ci affidiamo a te, Maria! Conclusa la celebrazione della santa messa, senza fretta, abbiamo sostato in adorazione davanti all’altare… in silenzio, ognuno assorto con le parole ascoltate durante la giornata nel suo dialogo con la Madre Celeste, con Gesù, con i nostri cari… Ed ecco che il “raduno del rosario” è terminato: il tempo è volato ma guardandoci attorno eravamo veramente una famiglia stretta attorno a Maria. Adriana
Fontanellato 25/26 novembre 2006: Raduno dei collaboratori
Come ricevere e donarsi un tempo per riflettere… Una famiglia allargata i cui membri, guidati da Padre Mauro Persici, tornano a riappropriarsi del calore rassicurante che le è proprio: saluti affettuosi, abbracci, gioiosa sistemazione in convento e preghiera in cappella. La preghiera è nei nostri incontri il respiro di Maria che consapevolmente ci conduce a Gesù. Siamo famiglie in cammino e come famiglie i vari componenti appartengono alle più svariate età: dai piccolissimi agli adulti. La nostra presenza assume il significato del farsi “dono” gli uni agli altri in una comunitaria condivisione esperienziale… ci si apre al confronto e all’ascolto partendo da ciascun partecipante, alla luce della Parola. Il responsabile poi accoglie e raccoglie le varie voci e proposte in una sintesi di approdo verso l’azione e il progetto comuni, nel rispetto dei vari carismi che ognuno di noi può esprimere. La condivisione delle personali esperienze ci aiuta nella reciproca conoscenza e ci accomuna in quelle che sono le gioie e le fragilità personali sperimentate ogni giorno. Gli argomenti che maggiormente ci hanno
coinvolti hanno riguardato il senso dell’attesa come preludio della gioia. Attesa del Signore che si fa garante di pace e d’amore. La pace che dà il mondo è momentanea e passeggera, come la bellezza caduca di una rosa. La pace e l’Amore di Dio, nonostante tutto ciò che potrebbe turbarci in questo mondo così confuso, hanno invece il sapore del Paradiso che ci attende e che già è tra noi. Nel pomeriggio ai collaboratori presenti si sono aggiunti i membri della Fraternita Laica Domenicana di Fontanellato… attorno al tavolo aprendosi, prima dei “lavori ufficiali”, alla lettura e alla recita del Salterio. Padre Mauro ha messo in evidenza il senso della laicità domenicana coniugata con la Regola dei Laici di San Domenico, come ricerca della verità, della preghiera comunitaria, della meditazione e della missionarietà. A sera le “rondinelle di San Domenico” hanno ripreso il cammino verso casa con il cuore carico di serenità e consapevolezza di trovarci e ritrovarci nel progetto che Dio indica a ciascuno. C.G.
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Pellegrinaggi: sulle orme di Mosè Da molto tempo desideravamo partecipare al pellegrinaggio in Egitto e Giordania, sulle orme di Mosè, ma per vari motivi non eravamo riusciti a farlo. Una copia di “Rosarium”, trovata in una chiesa di Udine dove eravamo entrati per caso, ci ha fatto conoscere il viaggio organizzato da Padre Mauro, e ben oltre i termini ultimi d’iscrizione abbiamo chiesto di parteciparvi. Abbiamo temuto quando per l’esiguità del gruppo si è rischiato di non farne niente, ma alla fine siamo riusciti a partire. Lasciato il Cairo il viaggio è entrato nel suo vivo, rivelando ancor di più la sua doppia valenza: non solo il ripercorrere le tappe del biblico esodo del popolo eletto nei luoghi ove esso si svolse, con la lettura dei brani della Bibbia che faceva da prologo ai misteri del Rosario recitati durante gli spostamenti, ma anche l’incontrare fedi e spiritualità diverse dalla nostra. Un incontro che è avvenuto anche nell’atmosfera mistica e raccolta dei monasteri copti del deserto, a S. Antonio e S. Paolo, dove un giovane monaco, ancora novizio, ci ha offerto il pane, e ci ha parlato con calore e serenità della sua esperienza di preghiera. Continuando nel percorso dell’Esodo siamo giunti nel Sinai, per provare l’emozione di vedere una splendida alba dalla cima del monte Oreb, dove Mosè ricevette le Tavole della
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Legge. Abbiamo raggiunto la cima dopo una alzataccia alle due di notte, e una dura marcia in salita di tre ore, illuminata dalla pallida luce della luna piena. Ma la fatica è stata ampiamente ripagata, alla fine, dallo spettacolo offerto dalla natura aspra e selvaggia di quei monti, bagnata dalla luce d’oro dei primi raggi del sole. Ridiscesi a valle, abbiamo potuto visitare lo splendido monastero fortificato di S. Caterina, con le sue reminiscenze bibliche, come la fonte di Mosè e il roveto ardente. Il viaggio si è concluso come era iniziato, con la visita di un luogo di grandissima importanza storica, Jerash, l’antica città romana di Gerasa, magnificamente conservata. Ma, finito il viaggio, sono rimasti per noi gli spunti di riflessione. Quelli offertici da Padre Mauro, nelle sue Messe. Ma non solo… In un momento di relax, a fine giornata, la nostra guida giordana, musulmana, ci disse “se andrò in paradiso, non sarà per i miei meriti, ma solo per la misericordia di Dio”. E ancora ripenso a una Messa, svolta non mi ricordo dove, in cui si sentiva arrivare la litania di un muezzin. Recitavamo il Padre Nostro, e la preghiera del nostro gruppo sembrava diventare un coro a due voci con quell’altra preghiera, così diversa dalla nostra, ma forse anche così simile. Fabio e Chiara
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arissimo Padre Mauro, al termine del bellissimo pellegrinaggio in Egitto desidero esprimerle solo alcune mie impressioni e riflessioni su un’esperienza così nuova per me: l’incontro con un’altra società! In questo viaggio ho cercato di “staccare la spina” dalla mia solita quotidianità e ho cercato di lasciarmi andare, vivendo giorno per giorno, secondo il ritmo che altri stabilivano, ed ecco che sono rimasta totalmente affascinata e colpita dalla popolazione egiziana! Sembrava di essere in un film sul dopoguerra: c’era ovunque povertà ma non misera, una semplicità disarmante: per strada c’erano capre
ovunque, i bambini che saltavano su e giù da asinelli (che belli che sono!), cavalli e cammelli… Abbiamo visto i beduini del deserto che non lascerebbero mai le loro capanne isolate per un appartamento in città e che si sposano fra di loro, rispettosi delle proprie usanze… Siamo capitati proprio nel periodo di una delle maggiori feste musulmane: quella in cui Abramo sacrifica il figlio Ismaele (e non Isacco!) e per onorarla le persone uccidono una capra o una mucca e la dividono fra i parenti e le famiglie povere… beh, per le strade si pote-
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va inciampare nelle varie carcasse e il sangue formava dei rivoli… in barba a tante Asl o a tante storie, non era uno spettacolo raccapricciante ma era naturale… come quando la mia nonna ammazzava un coniglio o una gallina! Sui volti delle persone c’erano dei sorrisi che incantavano, ci salutavano con gioia, quando si incontravano fra di loro erano baci e abbracci… ho pensato a che disagio devono provare i cosiddetti “vu cumprà” quando si ritrovano nel gelo, ordinato e pulito della nostra società! Mi ha colpito anche un’altra cosa: sia gli uomini che le donne che i bambini sono di una bellezza straordinaria, che rapidamente sfiorisce con l’avanzare dell’età: è come se fossero dei fiori che danno il meglio di sé fino ad esplodere, che vivono con intensità senza sottrarsi al passare del tempo… che differenza con certe mummie occidentali che sembrano vivere in nicchie di cristallo per la paura di consumarsi e di sfiorire! Però a qualunque età conservano l’intensità dello sguardo: che occhi vivi che hanno, il loro sguardo è come se avesse un peso… quando si incontrava con il mio mi sentivo “guardata” veramente e non soltanto “vista” per qualche frazione di secondo indifferente. Ho camminato da sola per le strade affollatissime del loro mercato e non ho avuto paura… non sono borseggiatori e hanno rispetto per la
donna.Chissà quanto ancora riusciranno a difendere il loro mondo dalle influenze occidentali… io ho pensato che sia stato l’Islam a proteggerli, ma se anche lì si diffondesse il cancro dell’ateismo, anche per loro il denaro verrebbe prima della gioia e purtroppo fra i giovani la Tv satellitare comincia a sortire i primi effetti… Grazie a Lei per l’opportunità che ci ha offerto con questo pellegrinaggio e grazie alla disponibilità e alla gentilezza della guida, che con delicatezza ci ha mostrato un volto autentico, e per me sconosciuto, dell’Egitto moderno. Ilaria
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Ho pensato… non ho soltanto visto! È da diversi anni che partecipo ai pellegrinaggi organizzati da Padre Mauro e ogni volta attendo con gioia e con un po’ di trepidazione il momento della partenza… trepidazione, sì, ma certamente non per quello che riguarda gli aspetti organizzativi, sempre curati e rassicuranti: il pensiero che mi anima nasce dalla consapevolezza che ogni volta sarò chiamata a riflettere su un aspetto del mio rapporto con il Signore… a seconda della meta del pellegrinaggio! Quest’anno ho partecipato al viaggio sulle orme di Mosè e ripercorrendo le tappe dell’Esodo abbiamo potuto meditare sul significato di un’azione così esplicita di Dio, sull’educazione “viscerale” che il Signore ha causato nell’animo di Mosè e del suo popolo. Abbiamo riflettuto sul mistero della Legge scolpita sulla roccia dal dito di Dio, cercando di comprendere perché questa si sia resa necessaria… poi, in particolare nei monasteri copti di Sant’Antonio e San Paolo, abbiamo assaporato il clima e il silenzio in cui i Padri del deserto hanno conosciuto ed amato Colui che li ha resi Santi… infine, meditando sul significato della Legge nella nostra vita e sull’unione indissolubile che lega noi Cristiani come fratelli e… come figli di Dio abbiamo rinnovato le promesse battesimali proprio nel luogo dove Gesù si è piegato dinnanzi a Giovanni e dove Dio ha fatto udire la sua voce. Questi sono solo una minima parte
degli spunti su cui ho potuto riflettere in questo pellegrinaggio… solitamente pensando ad un viaggio il primo verbo che si utilizza è: “Ho visto” e non “ho pensato” ed è proprio per questo motivo che ringrazio Padre Mauro per la cura con cui organizza le varie tappe, ponendo la massima attenzione all’animo di colui che parteciperà. Infatti non mi sono mai sentita soffocare dall’ansia del dover vedere una quantità di luoghi a discapito del desiderio di assaporare la particolare gioia che certi posti possono esprimere solo se sono visitati in un clima sereno e lasciando il dovuto tempo che richiedono… penso ad esempio e non solo alle due giornate stupende trascorse all’interno dei monasteri o alla giornata di riposo trascorsa ai piedi del Sinai, dopo che tutti avevamo partecipato alla “scalata” notturna. In questo clima, così diverso dalla frenesia che mi ha “schiacciato” in pellegrinaggi promossi da altre organizzazioni e in cui, purtroppo, sono immersa ogni giorno, alcuni appuntamenti fissi danno il ritmo a tutta la giornata ed aiutano l’animo a riflettere su qual è il messaggio che ci attende: la Santa Messa, quotidiana, partecipata, intimamente condivisa fra noi partecipanti, animata dall’omelia di padre Mauro; l’Adorazione al termine della Santa Messa… abbiamo ancora un po’ di tempo per chiedere a Gesù di parlarci della sua storia; il Santo Rosario, quella preghiera meravigliosa che docilmente si presta ad ogni utilizzo… in compagnia di Maria possiamo meditare i passi biblici che scandiscono le mete del nostro viaggio. Ecco perché, da diversi anni, attendo come un appuntamento il pellegrinaggio organizzato da Padre Mauro: desidero vedere e conoscere i luoghi della mia fede e non vorrei mai sprecare una tale opportunità nel partecipare come una semplice turista animata solo da una curiosità culturale… e credo che anche il Signore ci attenda in un momento in cui, lontani dalla quotidianità, siamo più “vulnerabili” e disponibili ad aprire il cuore al Suo messaggio! I.G.M.
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pellegrinaggi 22 aprile 2007
all’abbazia di Pomposa (Fe) in pullman; termine iscrizioni: 5/4/2007
4/7 luglio 2007
a Loreto, Lanciano, da Padre Pio e Pompei in pullman; termine iscrizioni: 6/5/2007
12/15 luglio 2007
in Portogallo a Fatima in aereo; termine iscrizioni: 15/4/2007
20/28 luglio 2007
in Grecia “sulle orme di san Paolo” in aereo; termine iscrizioni: 10/5/2007
7/13 agosto 2007
in Polonia a Varsavia, Czestochowa e Cracovia in aereo; termine iscrizioni: 30/4/2007
17/26 agosto 2007
in Turchia a Patmos e chiese dell’Apocalisse in aereo; termine iscrizioni: 15/5/2007
29 agosto / 2 settembre 2007
a Malta “sulle orme di san Paolo” in aereo; termine iscrizioni: 25/5/2007
6/9 settembre 2007
in Francia a La Salette e Ars in pullman; termine iscrizioni: 15/7/2007
del rosario 13/15 settembre 2007
in Francia a Lourdes in aereo; termine iscrizioni: 25/8/2007
22 settembre 2007
ad Aquileia (Ud) in pullman; termine iscrizioni: 31/8/2007
29 settembre 2007
al santuario del Piratello (Bo) in pullman; termine iscrizioni: 5/9/2007
6 ottobre 2007
al santuario di Campocavallo (An) in pullman; termine iscrizioni: 15/9/2007
27 dicembre 2007 / 6 gennaio 2008
in Terrasanta “con Maria e Gesù da Nazareth al Calvario” in aereo; termine iscrizioni: 1/9/2007
per ogni informazione rivolgersi a Padre Mauro tel. 335 5938327 o consultare il sito internet “www.sulrosario.org” alla voce “Pellegrinaggi”
organizzazione: Eteria Viaggi
Movimento Domenicano del Rosario 3355938327 - www.sulrosario.org
Programma ore 9,30 Ritrovo nel piazzale antistante l’Abbazia ore 9,45 S. Rosario meditato in Abbazia ore 11,00 Celebrazione della s. Messa in Abbazia ore 12,30 Pranzo al sacco ore 14,00 Visita al Museo Pomposiano ore 15,30 Meditazione del P. Battista Cortinovis, “dalla Devozione alla spiritualità mariana” ore 16,30 Interventi e adorazione conclusiva
Venite... vi aspettiamo!!!
convegno del Rosario 22 aprile 2007 all’Abbazia di Pomposa
In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa