Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XLII - n. 1 - I trimestre
Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia”
speciale “adozioni a distanza”
1/2009
ROSARIUM Pubblicazione trimestrale del Movimento Domenicano del Rosario Proprietà: Provincia Domenicana S. Domenico in Italia via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano Autorizzazione al Tribunale di Bologna n. 3309 del 5/12/1967 Direttore responsabile: fr. Mauro Persici o.p. Rivista fuori commercio
Le spese di stampa e spedizione sono sostenute dai benefattori Anno 42°- n. 1
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stampa: Tipolitografia Angelo Gazzaniga s.a.s. Milano - via P. della Francesca 38 Movimento Domenicano del Rosario Via IV Novembre 19/E 43012 Fontanellato (PR) Tel. 0521822899 Fax 0521824056 Cell. 3355938327 e-mail movrosar@tin.it
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Comitato di redazione: Ermanno Boggio Mauro Faverzani Angelo Gazzaniga Ilaria Giannarelli
Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. L’invio delle fotografie include il consenso per una eventuale pubblicazione.
Pag. 3 e seguenti: Madonna di S. Luca, Bologna Pag. 7 e seguenti: BERNARDINO LUINI, Affreschi (part.) della parete divisoria, chiesa claustrale, San Maurizio al Monastero Maggiore, Milano Pag. 9: MURILLO, Bambini che giocano ai dadi, Monaco, Alte Pinakothek.
SOMMARIO Alla scuola dell’Addolorata Card. Giacomo Biffi
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“Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me”
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speciale: “adozioni a distanza” Adozioni a distanza: un modo diverso di aiutare le missioni
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Pellegrinaggio nel regno della solidarietà P. Mariano Foralosso op
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Adozione a distanza, un’opportunità per benefattori e piccoli beneficiari Le adozioni a distanza e la... lana del Re Interviste a cura di Mauro Faverzani
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Catechismo per tutti: segni liturgici
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Pagina della riconoscenza
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In copertina: Foto del Monte Tabor di Paolo Gavina
C a rd i n a l e G i a c o m o B i ff i A rc i ve s c o vo e m e r i t o d i B o l o g n a
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Alla scuola dell’Addolorata
a Madonna di San Luca – che è la vera Signora della nostra città e di ogni cuore genuinamente bolognese – guarda questa assemblea con particolarissima tenerezza. In essa scorge i suoi figli più amati, quelli che sono a lei più vicini e più cari perché nelle loro membra sofferenti portano l’immagine più somigliante del Figlio suo crocifisso. Voi siete venuti davanti a lei sorretti da una speranza che non sarà delusa: di qui ripartirete con l’animo consolato, con la certezza di essere stati capiti, con la persuasione di un grande e sovrumano affetto che vi raggiunge, vi dà sollievo, vi rimette in pace. Siete venuti a presentare alla Madre di Dio il vostro carico di mali e di disagi: per le poche energie umane è un peso faticoso da reggere. Ma agli occhi della Vergine Maria – che vedono oltre la superficie delle cose – questo fardello è una ricchezza e un valore. Il mondo, certo, privilegia ed esalta i doni della salute, della forza, dell’efficienza, e tende a emarginare chi è debole; ma la Madonna, che conosce le preferenze di Dio, capisce il pregio inestimabile di un’anima purificata dal dolore, di una fede provata, di una lunga pazienza sostenuta dal desiderio di accogliere in obbedienza ciò che il Signore decide. E voi, che siete convenuti davanti a questa immagine benedetta e cara, dimostrate di sapere che Maria – la quale in tutto ci è maestra di vita – è
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in modo speciale qualificata a insegnarci come si possa soffrire senza disperazione e come si possa fare dei nostri malanni la scala per elevarci e per santificarci. La Madre di Dio è un’esperta nella difficile arte di patire senza smarrire la fede; ha percorso prima di noi la strada della croce; ha conosciuto più di noi l’acre sapore delle lacrime. «Tu pur, beata, un dì provasti il pianto», possiamo dirle con il poeta cristiano. Allora l’impegno più utile per tutti noi, in quest’ora di grazia, credo sia quello di meditare un poco sui dolori e sulle piaghe che hanno ferito il suo cuore. Così ci persuaderemo meglio della sua materna comprensione per noi e della sua volontà di aiutarci. Maria vive in anticipo la passione del Figlio Leggiamo il Vangelo di san Luca al secondo capitolo, nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio. Vi troviamo una giovane sposa felice che secondo le consuetudini si reca a Gerusalemme per l’offerta del suo primogenito. Ma la sua gioia è ben presto turbata: Dio vuole preavvisarla di quale vita l’aspetta e di quanto alti siano i costi della sua eccezionale missione. Come ogni madre, anche lei sognava per il frutto delle sue viscere un avvenire di gioia, di tranquillità, di universale riconoscimento; ma è subito disingannata. Le parole profetiche del vecchio Simeone le fanno assaporare in anticipo l’amarezza della passione: il tradimento, l’ostilità, il rifiuto della maggior parte del popolo, che pure è suo, attendono il Figlio di Dio. È una prospettiva che già comincia a stringerle il cuore: Egli è qui - si sente dire per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione… E anche a te una spada trafiggerà l’anima (Lc 2, 34-35). Sono poche parole, dette rapidamente. Ma si incidono per sempre nel suo cuore di Madre, e nel suo cuore, per così dire, sanguineranno ogni giorno. Da questo momento Maria non può guardare più al suo bambino, senza che nel suo interiore orizzonte sia evocata e si profili la croce. Ogni ora che passa – anche la più dolce e quieta – l’avvicina al momento spaventoso di quella preannunciata catastrofe, ed ella lo sa. Ogni ora dunque – anche la più dolce e quieta – è segnata per lei da una sottile e ineludibile angoscia. Il Signore di solito copre pietosamente i nostri occhi davanti ai guai che verranno; perché non ha tenuto nascosto anche a sua madre questo tremendo futuro? Perché per lei ha voluto sollevare il velo su un avvenire di pena, in modo che già negli anni sereni iniziasse a soffrire? È sempre arduo interrogare Dio e il suo mistero a proposito del dolore. Qui però ci sembra di capire qualcosa: era parte del disegno del Padre che tutta l’esistenza di Maria fosse impreziosita da una continua partecipazione al sacrificio di Cristo, quasi in un lungo e penoso travaglio materno dal quale era donata al mondo la Vittima del sacrificio rinnovatore. Così la Madre verginale del Figlio di Dio fatto uomo diventa, nella sofferenza, la madre della nostra redenzione.
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Maria sul Golgota con il Figlio Arriva alla fine l’ora temuta del Golgota, l’ora dello spasimo, l’ora in cui l’offerta si consuma. L’intima connessione tra Gesù confitto al legno e la Madre, che sta in piedi sotto il patibolo, la loro ineffabile comunione nel dolore, prefigura già e avvia la misteriosa ma reale solidarietà che lega ogni creatura che soffre nella speranza, ogni malato che continua a credere, ogni uomo che, pur tormentato, non cessa d’amare il Signore, al Redentore crocifisso, e lo rende partecipe della sua opera di salvezza. Prima e più che per ogni altro cristiano, si avvera sul Calvario l’espressione ardita e verissima di san Paolo: si completa nella carne verginale di Maria quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa (cf. Col 1, 24). Ogni ferita del Figlio si riverbera nelle sue viscere materne; ogni spina dell’orrida corona punge il suo tenero cuore. Alle tre del pomeriggio, la morte, misericordiosa, pone termine al lungo martirio del Crocifisso; ma non pone termine allo strazio della madre. La lancia del milite – che non può infierire più su Gesù ormai spirato – riesce ancora ad accrescere la passione di colei che davanti al figlio morto raggiunge il culmine del suo soffrire. Maria sul Calvario pativa per noi, perché avessimo la forza e la fiducia di affrontare tutte le prove della nostra tribolata esistenza. Soffriva, ma al tempo stesso ci mostrava come si possa, anche nel più acuto tormento, accettare la volontà del Padre, abbandonandosi nelle sue mani. Contro il cielo, in quel cupo tramonto del Venerdì Santo, la Vergine stava sul colle forte e serena; era come l’ultimo lembo azzurro di speranza mentre tutto sembrava inghiottito dalle tenebre; era già un gentile e consolante presagio della Pasqua. Dalla contemplazione dell’Addolorata sgorgano più fervide le nostre preghiere Adesso, dopo aver contemplato la Madonna nella fecondità della sua pena, possiamo, con più luce e con più coraggio, pregare per noi e per tutti. Preghiamo per ogni male del mondo; preghiamo perché i sani si facciano più attenti e interessati ai malati; preghiamo perché la nostra società capisca che ogni uomo che soffre è un tesoro e un pegno di grazia per tutti; preghiamo per coloro che assistono gli infermi, perché possano trovare aiuto e collaborazione; preghiamo perché la nostra città impari dalla Madonna a capire e ad avvalorare sempre più la dignità del dolore. Omelia in occasione del Pellegrinaggio degli ammalati alla Beata Vergine di San Luca, domenica 24 maggio 1987, Cattedrale Metropolitana di San Pietro. Pubblicata in BAB, LXXVIII, 5/1987, 143-145. Gli articoli sono tratti dal libro “La donna ideale” del Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo emerito di Bologna. Il libro è in vendita presso Edizioni Studio Domenicano via Dell’Osservanza, 72 40136 Bologna Tel. 051/582034 Fax 051/331583 - esd@esd-domenicani.it
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Giovanni Paolo II era un convinto fautore dell’adozione, definita dal Cardinale Caffarra “uno dei termini fondamentali del vocabolario cristiano”. Anche quando è “a distanza”…
“Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me”
Il Vangelo di Luca ci fa capire il valore di accogliere una vita, che irrompe nei nostri cuori.
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ueste parole risuonano nel Vangelo di Luca, con potenza grande: “Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me” (Lc 9, 48). Sono tanti, troppi i bambini, che oggi – nel mondo – attendono un papà ed una mamma, che li accolga. Non è questione d’avere un tetto sotto cui proteggersi e qualcosa, con cui saziarsi. Ciò ch’essi cercano, ciò cui essi hanno diritto, è molto di più: è l’amore che sgorga copioso in un contesto preciso e solo lì, quello del focolare domestico. E vi hanno diritto, proprio perché Cristo vive in ogni nostro piccolo fratello (Mt 25, 40). Giovanni Paolo II credeva nell’istituto dell’adozione. Con forza. Con convinzione. Così, il 24 maggio del 1986, incontrando un gruppo di famiglie, che avevano adottato dei bambini indiani, si rivolse loro con queste parole: “Voi avete cercato il volto di Cristo nel volto del vostro fratello povero e infelice; e avete saputo vederlo nei bambini, che all’inizio della loro vita erano rimasti senza casa e senza famiglia. Accogliendoli nella vostra casa, voi li avete come rigenerati nell’affetto del vostro cuore, e avete saputo riversare su di loro la vostra speranza, fino a riconoscere in essi il vostro futuro”. Il Card. Carlo Caffarra, durante l’incontro tenuto con le famiglie adottive il 17 settembre del 2006, presso il Seminario Arcivescovile di Bologna, definì senza esitazione l’adozione addirittura “uno dei termini fondamentali del vocabolario cristiano”, in quanto “denota il contenuto dell’atto d’amore divino verso l’uomo”, amore che consiste “nell’averci Egli predestinati, ancor prima della fondazione del mondo, ad essere Suoi figli adottivi”. È proprio così. Tanto ch’essa sia concreta, tangibile, palpabile. Tanto ch’essa sia a distanza. Una distanza geografica, che costituisce tuttavia un legame, quasi un ponte tra i cuori. Costituisce ancor più un segno di gratuità, una testimonianza di umanità grande, pensare che persone sconosciute, magari dall’altra parte del globo, abbiano pensato ad aiutare questo bambino, che
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neppure hanno incontrato, abbiano pensato ad aiutare la sua famiglia – se ce l’ha –, chiamata a confrontarsi ogni giorno con le ristrettezze economiche e sociali del momento. Qualcuno, di là, sull’altra faccia della Terra, in questo momento, sta pensando a te! Grandioso! È in questi gesti, in questi piccoli e ad un tempo grandi gesti, che – sempre – si rinnova il miracolo dell’amore. Anche il Pontificio Consiglio per la Famiglia, nell’anno 2000, in occasione del III Incontro Mondiale di Giovanni Paolo II con le Famiglie, ha elaborato un comunicato, in cui – tra l’altro – si legge: “L’adozione da parte di coppie di sposi può essere una testimonianza concreta di solidarietà e di amore. Nella sua gratuità e generosità,
l’adozione è un segno, che indica come il mondo dovrebbe saper accogliere i bambini”. Nessuno – ha specificato il Cardinal Caffarra – giunge “all’esistenza per caso. Ciascuno è stato pensato, voluto”, per “essere adottato dal Padre del Signore Nostro Gesù Cristo”, non in virtù dei propri meriti, bensì per grazia, per “amore assolutamente gratuito”. Con una certezza: che “il Padre divino non rinnega la Sua paternità, Egli permane fedele alla Sua decisione, per sempre”. Essere adottati significa allora conformarsi al Figlio, conformarsi a Gesù, esserne davvero l’”immagine” grazie alla “potenza trasformante dell’amore del Padre celeste”. Il che da un lato istituisce “un rapporto di intima familiarità”: noi “chiamiamo Dio
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Abbà, Padre”; dall’altro, ogni figlio – anche adottivo – “è erede, meglio coerede con Cristo del «patrimonio divino»”. Chi adotta un bambino, allora, spiega il Card. Caffarra, compie “un gesto, che ha in sé una vera e propria similitudine con quanto Dio fa nei confronti di ciascuno di noi”,
un gesto “rivelativo” di una “dignità ed una grandezza incomparabile”, un gesto di “amore”, possibile a condizione di “una profonda unione con Gesù mediante i Sacramenti” e mediante la preghiera: “la preghiera in famiglia è la vera forza costruttiva della sua unità, della sua pace”. Stava a cuore, questo tema, a Papa Wojtyla. Anche poco tempo prima di morire, in occasione dell’Angelus del 6 febbraio 2005, mentre si trovava ricoverato presso il Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma, scrisse queste parole: “Fiducia chiedono tanti bambini, che, rimasti senza famiglia per diversi motivi, possono trovare una casa, che li accolga attraverso l’adozione e l’affido temporaneo”. Non fu il Santo Padre, quella volta, a leggere il messaggio, fu il Sostituto della Segreteria di Stato, l’Arcivescovo Leonardo Sandri. La voce di Karol il Grande era muta. Ma il suo cuore, no. E quelle parole risuonarono comunque nell’intimo delle coscienze di quanti le ascoltarono. Erano e sono parole di verità. Erano e sono parole di speranza. Da raccogliere. Da accogliere. Da far proprie. Mauro Faverzani
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adozioni a distanza
UNO SGUARDO SULLE NOSTRE MISSIONI
SPECIALE ADOZIONI A DISTANZA
Adozioni a distanza: un modo diverso di aiutare le missioni Dal Centro San Giuseppe e Casa del Minore di Santa Cruz do Rio Pardo (San Paolo - Brasile) gestito dai missionari domenicani.
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Opera di frei Chico (Centro Social São José e Casa do Menor) continua a svolgere la sua missione di protezione, di promozione umana e di formazione cristiana dei bambini e adolescenti poveri di Santa Cruz do Rio Pardo. Il 23 luglio scorso abbiamo celebrato una Messa di ringraziamento per i 21 anni di vita dell’Opera. Per realizzare sempre meglio questa missione si sta realizzando un vasto programma di miglioramento delle strutture e di perfezionamento del progetto educativo. Il primo semestre di quest’anno (2008) è stato realmente molto ricco di realizzazioni e di novità, sia per il Centro, come per la Casa do Menor. Novità per quel che riguarda il miglioramento delle strutture e per il progetto educativo che stiamo portando avanti. INIZIATIVE VARIE PER L’AUTONOMIA ECONOMICA La filosofia che ispirò la fondazione del Centro è di insegnare e aiutare i nostri ragazzi a non aspettare il ‘pesce pronto’, ma di imparare a pescare, e pescarselo da soli, mettendo a frutto le loro capacità. Questa è una condizione indispensabile perché un essere umano sia realmente una persona realizzata e un cittadino valido. Tutto il programma pedagogico dell’Opera di frei Chico è ispirato a questo obiettivo fondamentale. Per questo, nei più di
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vent’anni di vita dell’Opera, si sono concretizzate diverse strutture e molte iniziative di lavorazione e vendita di prodotti, per poter raggiungere il grande traguardo dell’autosufficienza economica dell’Opera; e per aiutare i nostri ragazzi a scoprire e mettere a frutto il loro potenziale. È chiaro che un’Opera di questo genere avrà sempre bisogno sia dell’aiuto degli enti pubblici responsabili, sia della solidarietà di persone generose. Ma è importante mostrare e far vivere ai nostri ragazzi questo impegno del “pescare il proprio pesce”. Elenchiamo qui alcune iniziative di auto-sostentazione, portate a termine o perfezionate in questo primo semestre.
La cioccolateria durante la vendita delle uova di Pasqua: un invito ai peccati di gola
Inaugurazione della nuova fabbrica di dolci e cioccolato e panetteria Nel Centro São José durante questo semestre abbiamo potuto realizzare un antico sogno di frei Chico: la costruzione di una nuova struttura della “Chocolataria frei Chico”. È una piccola fabbrica in cui si confezionano uova di Pasqua, panettoni, cioccolatini e dolci vari e si prepara il pane, per l’uso interno e per la vendita. Poco prima di Pasqua abbiamo inaugurato la nuova sede, molto ampia e dotata di macchine moderne. La vendita di questi prodotti è di grande aiuto per sostenere le spese dell’Opera. I nostri adolescenti collaborano, insieme a molti volontari di Santa Cruz, nella preparazione e confezione dei prodotti, e questo permette loro di imparare una attività artigianale e anche di socializzare stringendo rapporti di amicizia con la gente di Santa Cruz. Feste di beneficenza Grazie alla collaborazione efficace di molti volontari di Santa Cruz è stato possibile realizzare una serie di eventi, con l’obiettivo di raccogliere fondi per l’Opera. Ricordiamo belle iniziative come la
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“5ª feijoada amiga”, la “Festa junina”, la “Festa do Chicolate frei Chico”. La gente di Santa Cruz partecipa sempre numerosa a queste iniziative, sapendo che così può aiutare la nostra Opera, che realmente è diventata l’opera sociale del “cuore”, per la nosta città e la nostra gente. Riorganizzazione dello spazio di accoglienza e dell’ufficio adozioni Un’altra bella novità realizzata in questo Dolci e caramelle vendute nella cioccolateria semestre per l’opera di frei Chico è la riorganizzazione e modernizzazione dello spazio Visita dei responsabili di Abbà nella Casa dei minori di accoglienza per la distribuzione di alimenti e aiuti diversi alle famiglie povere. Nello stesso ambiente è stato trasferito e riorganizzato l’ufficio di amministrazione delle adozioni a distanza, dotato di un nuovo computer e altri strumenti piú adeguati. Le adozioni a distanza rappresentano un contributo molto importante per la continuità dell’Opera di frei Chico. Attraverso la Caritas Children Onlus di Parma, il Movimento Domenicano del Rosario, l’Associazione Abbà di Milano, il Santuario di Fontanellato, l’Ufficio Missionario dei Domenicani del Nord Italia, molte persone generose ci aiutano, offrendo un contributo per le spese di mantenimento dei nostri bambini da loro adottati ‘a distanza’. Vogliamo esprimere qui il nostro più vivo ringraziamento a tutti per l’amore che viene riversato copiosamente su questi nostri bambini! Completamento delle nuove strutture del Centro La prima struttura edilizia del Centro realizzata da frei Chico, con il passare del tempo, è diventata sempre più piccola, perché il numero dei ragazzi accolti è andato aumentando sempre più. Grazie alla generosità degli amici dell’Opera, italiani e brasiliani, è stato possibile costruire nuove strutture, più ampie e luminose, e le ultime rifiniture degli ambienti sono state completate durante questo semestre.
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Artigianato educativo per i ragazzi Abbiamo portato avanti il progetto di ‘artigianato educativo’: una serie di attività in cui i ragazzi imparano a confezionare oggetti differenti, per essere venduti. Questa attività permette loro di scoprire e mettere a frutto il loro potenziale artistico e sperimentare la soddisfazione di esporre per la vendita oggetti prodotti dalle loro mani, aumentando così l’autostima e preparandosi meglio per il loro futuro. L’ingresso del Centro Parte del ricavato di questo lavoro è destinato a creare per ognuno dei nostri adolescenti Giochi di bambini nello spazio coperto del Centro della Casa do Menor un piccolo risparmio, che sarà consegnato quando, cresciuti, ci dovranno lasciare per seguire il cammino della loro vita. Tra le varie attivitá artigianali realizzate ricordiamo: la confezione di bambole, di tappeti di iuta, la scuola di ricamo, la confezione di tovaglie, di tende e oggetti vari per la casa, la produzione di sapone profumato, la continuazione del corso di pittura su tela, la produzione di sandali ricamati. In questo campo merita una particolare menzione il progetto: “bomboniera solidária” realizzato con l’appoggio di amici italiani: i nostri ragazzi preparano sacchettini di stoffa ricamati con molto buon gusto a punto croce, e i nostri amici italiani li vendono a persone che, in occasione di battesimi, prime comunioni o matrimoni, invece di spendere soldi per la tradizionale, costosa e inutile bomboniera, comprano questi sacchetti ricamati dai nostri ragazzi e li offrono come ‘bomboniera solidaria’, sapendo che cosí aiutano i ‘meninos’ di frei Chico. Un’altra novità in questo campo è stata la preparazione di pesi ferma-porta ricamati o dipinti. I nostri ragazzi, soprattutto gli adolescenti, partecipano con grande piacere a queste attività e imparano tante cose che saranno utili per la vita.
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Corso di falegnameria Tra le attività di formazione artigianale professionalizzante ricordiamo anche la continuazione del corso di falegnameria. Un gruppo di adolescenti di età superiore ai 14 anni, guidati da un istruttore, impara a produrre oggetti artigianali minori di legno, per essere poi ornati e venduti, e assistono alla produzione di mobili e altro. La falegnameria
Corso di informatica Si è svolto anche in questo semestre nelle due case un corso di informatica, per aiutare i ragazzi a realizzare il loro processo di ‘inclusione informatica’ diventando padroni di questo strumento tanto importante oggi per entrare nel mercato di lavoro.
Bambini del corso prescolastico in visita al supermercato della città
IL PROGRAMMA FORMATIVO PER I BAMBINI E GLI ADOLESCENTI E PER LE LORO FAMIGLIE L’obiettivo fondamentale dell’Opera di frei Chico è l’educazione dei ragazzi e delle loro famiglie. Ricordiamo alcune attività che ci sembrano più significative. Studio e formazione culturale Ci si preoccupa di garantire una formazione integrale del minore e la sua preparazione alla vita, accompagnando il processo di apprendimento scolastico, di formazione culturale, di sviluppo equilibrato della sua personalità e delle sue capacità. I nostri ragazzi stanno frequentando la scuola elementare e media. Essi sono accompagnati ogni giorno dai nostri educatori per fare i compiti di casa e arricchire il processo di apprendimento scolastico, seguendo il sistema ‘Anglo de Ensino’. Il processo formativo-scolastico è integrato da altre attività educative, di tipo culturale e di formazione morale e religiosa.
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Alimentazione Offriamo ogni giorno tre refezioni preparate nelle due case dalle nostre cuoche. Si ha cura di garantire ai ragazzi, in fase di crescita, un’alimentazione ricca e equilibrata, che garantisca il loro sviluppo. Per l’alimentazione contiamo su una vasta rete di solidarietà da parte della popolazione locale: produttori rurali e industrie di alimenti ci offrono generosamente verdure, frutta e prodotti alimentari lavorati. Nella Casa do Menor è stato creato Visita al Centro di depurazione della città un grande orto e un allevamento di pollame che garantiscono verdure fresche, uova e Adolescenti e volontari della Biblioteca del Centro carne di pollo per tutti i nostri ragazzi. . Igiene e salute In questo campo è molto importante formare e informare le famiglie su questioni di igiene e medicina preventiva, per evitare possibili malattie e altri problemi. Questo si fa con visite alle famiglie per analizzare la situazione, con riunioni periodiche dei familiari e iniziative di appoggio per garantire l’accesso ai servizi sanitari. Stiamo accompagnando alcuni casi più problematici, che hanno bisogno di un trattamento speciale. Questo è possibile grazie alla disponibilità di medici e altri professionisti volontari. Abbiamo anche la disponibilità di una psicologa per l’accompagnamento individuale dei ragazzi che presentano problemi, o hanno vissuto esperienze traumatiche. Sport e divertimento Nelle due case si garantisce ai ragazzi tempo sufficiente di ricreazione per giocare e fare sport con l’aiuto di educatori specializzati in questo campo. Si organizzano momenti di festa e programmi sportivi, realizzati soprattutto nei giorni festivi e nel periodo delle vacanze. Si sono comprati molti giocattoli e varie strutture e attrezzi per lo sport dei ragazzi. Particolarmente bella è stata quest’anno la celebrazione della ‘Festa junina’, tipica della tradizione popolare brasiliana. I ragazzi hanno
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realizzato con molta allegria le danze tipiche, come la ‘quadrilha’, e si sono divertiti molto! Gruppo di volontariato di ‘taglio e cucito’ Molti ragazzi delle nostre due case vengono da famiglie molto povere e spesso non hanno il necessario per vestirsi. I più piccoli della Casa do Menor hanno bisogno di pannolini e nelle due case c’è sempre necessità di tovaglie, lenzuola, panni da cucina, ecc. Un gruppo di volontarie, signore e mamme dei bambini, si riuniscono ogni settimana in una sala del Centro, appositamente attrezzata per questo, e riparano i vestiti dei ragazzi, confezionano pannolini per i più piccoli della Casa do Menor, raccolgono e riparano vestiti per ragazzi offerti dalla gente di Santa Cruz e confezionano molti articoli di panno per le necessità delle due case. In questo semestre tutti i nostri ragazzi hanno avuto in dono una camicetta, che è la divisa dell’Opera di frei Chico.
Le bambine danzano una quadriglia Bambini del gruppo dei 4-5 anni
Lavoro con le famiglie Abbiamo coscienza dell’importanza che ha l’ambiente familiare nella vita dei nostri ragazzi. L’Opera di frei Chico realizza, fin dalla sua fondazione, un intenso programma di attività sociali e formative, con l’obiettivo di aiutare le famiglie dei nostri ragazzi ad uscire dalla povertà e dall’emarginazione e a garantire una buona educazione dei figli. Spazio di accoglienza per famiglie bisognose Nel Centro, in questo semestre, è stato organizzato un nuovo spazio di accoglienza, dove si distribuiscono viveri e articoli di prima necessità alle famiglie bisognose e si aiutano le persone ad entrare in contatto con gli organi pubblici competenti, per risolvere questioni di tipo giuridico, per ricevere medicine e cure mediche, ecc. È stato fissato un accordo di collaborazione con un Centro di ‘alcoolicos anonimos’, per aiutare persone che tentano liberarsi dalla dipendenza dall’alcool e da
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altri problemi gravi. In questo spazio si realizzano anche vari programmi sociali promossi dal Comune o dallo Stato, come la distribuzione del latte per anziani e bambini, distribuzione di viveri e medicine alle famiglie bisognose, servizi vari di medicina preventiva, ecc. Grazie alla disponibilità di professionisti specializzati si sono organizzati vari incontri di formazione per le gestanti e i genitori dei nostri ragazzi, e si sono trattate questioni come: - L’importanza dei genitori nel processo di crescita dei figli (28 febbraio); - Il ruolo specifico della donna nella famiglia e nella società (8 marzo); - Chi ama educa! (9 marzo); - Vacanze: riposo e pericoli (18 luglio); - Le malattie del periodo invernale (22 luglio). Si sono organizzati anche vari corsi di artigianato per le mamme di famiglia, con l’obiettivo di offrire la possibilità di aumentare il reddito familiare con la vendita di oggetti di artigianato. Tra le varie iniziative in questo campo ricordiamo il corso di ‘decoupage’: ornamentazione di piccoli oggetti di legno per la casa, iniziato in questo semestre.
Bambini della Scuola Materna (1-3 anni) giocano nella “piscina do bolinhas” Presentazione teatrale alla “Fiera del libro” in città
LA SPECIFICA FUNZIONE DELLA CASA DO MENOR Quello che si è riferito sopra vale per i ragazzi delle due case della nostra Opera: Centro Social e Casa do Menor. Il programma di promozione e di formazione è realizzato in comune. Nella Casa do Menor però si sono realizzate altre iniziative, data la situazione particolare dei ragazzi che essa accoglie: sono bambini e adolescenti dai 0 ai 18 anni che il Tribunale dei Minori ci affida, perché senza famiglia o per sottrarli a situazioni di violenza e di abbandono. Questi minori sono accolti nella nostra casa a tempo pieno e la comunità della casa diventa la loro famiglia. Gli obiettivi del nostro lavoro sono essenzialmente due:
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- proteggere il minore da situazioni di violenza e abbandono e dargli l’opportunità di costruirsi un futuro migliore; - creare le condizioni perché, se possibile, sia accolto di nuovo nel suo ambiente familiare. Quando non è possibile la reintegrazione nell’ambiente familiare, il minore rimane con noi fino a quando raggiunge la sua autonomia ed ha la possibilità di affrontare da solo la vita. Spesso famiglie della nostra città e regione adottano un nostro minore, offrendogli il calore di una nuova famiglia. In questo semestre abbiamo accolto nella Casa do Menor 53 bambini e adolescenti.
I bambini durante una rappresentazione teatrale da loro realizzata
Tra le varie iniziative specifiche realizzate nella Casa do Menor ricordiamo le seguenti: Accompagnamento psicologico e inserimento sociale: quasi tutti i nostri ragazzi hanno vissuto situazioni traumatiche e di carenza affettiva, che possono avere riflessi nel loro sviluppo umano e psicologico. Con l’aiuto di una psicologa e di un’assistente sociale abbiamo realizzato un programma di accompagnamento personale dei ragazzi e attività varie per favorire il processo di integrazione di gruppo e di costruzione della propria identità. Contatto con l’ambiente familiare, quando esiste: è essenziale per noi conoscere l’ambiente dove il minore è nato ed ha vissuto le sue prime esperienze di vita, spesso traumatiche. Si cerca di intervenire in questo ambiente per migliorare la situazione e creare così le condizioni per un reinserimento familiare del minore. Si è svolto così un intenso programma di visite domiciliari, di incontri di formazione, iniziative di assistenza sociale ed economica. Collaborazione nella casa, per i bisogni comuni: è parte importante della pedagogia insegnare a ‘pescare il proprio pesce’. I ragazzi partecipano attivamente ai vari servizi di casa: pulizie, lavanderia, cucina, giardinaggio, orto, ecc. La casa do Menor è la loro famiglia. Queste attività sono anche occasione per insegnare vari ‘mestieri’ importanti per la loro vita. Per questo, oltre alle atti-
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vità formative comuni con i ragazzi del Centro, nella Casa do Menor si sono organizzati diversi corsi per insegnare ai ragazzi a cucinare, lavare, cucire e confezionare oggetti per la casa, coltivare l’orto e il giardino, allevare il pollame, riparare vestiti e confezionare oggetti necessari per la casa.
Un giorno di divertimento per bambini ed educatori
Per chi fosse interessato alle Adozioni a distanza
Sala del corso prescolastico per bambini di 6 anni
annuale può essere versata • Launaquota volta sola o tramite versamenti periodici (mensili, trimestrali o semestrali) usando il conto corrente postale del Centro del Rosario sul quale, nella causale, deve essere specificato “adozione di….”.
giungeranno notizie • Periodicamente dai bambini così “adottati” in modo da mantenere aperto un dialogo fra bambino e “padrino/madrina”...
fosse interessato è invitato a • Chi mettersi in contatto con padre Mauro: cell. 335 5938327 e-mail: movrosar@tin.it
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IL“MINISTRO DEGLI ESTERI” DEL CENTRO SPECIALE ADOZIONI A DISTANZA
Pellegrinaggio nel regno della solidarietà
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urante la mia permanenza in Italia ho potuto visitare, in compagnia di padre Mauro, diversi gruppi del Rosario nelle Marche, in Emilia e nel Friuli, per incontrare tante persone legate al Movimento del Rosario che si sono impegnate ad unire alla preghiera l'azione concreta di solidarietà verso chi ha bisogno. Sono decine di persone che aiutano con le “adozioni a distanza” i bambini e gli adolescenti poveri accolti dal Centro San Josè di Santa Cruz do Rio Pardo, nello Stato di San Paolo, in Brasile. L'Opera è stata fondata dal missionario domenicano Padre Francisco Pessuto per garantire ai ragazzi delle favelas di quella città accoglienza e protezione dai pericoli della strada, alimentazione sana, formazione umana e religiosa, e avviamento professionale. Padre Francisco ci ha lasciato da vari anni, ma l'Opera continua, grazie alla generosa collaborazione di tante persone di buona volontà, in Brasile e in Italia. Come missionario, me ne occupo in prima persona. La visita che, assieme a padre Mauro, ho potuto fare a molti di questi padrini e madrine è stata per me un’esperienza indimenticabile: un vero “pellegrinaggio” nel mondo della solidarietà! Ne sono uscito con il cuore gonfio di gioia, e con rinnovato coraggio per andare avanti nel cammino intrapreso. Oggi tutti noi siamo bombardati da mille notizie negative, da fatti di violenza e di odio che ogni giorno i giornali e la televisione ci sciorinano davanti agli occhi. Si ha la sensazione che nel mondo ci sia solo del male, solo persone cattive. La visita con padre Mauro mi ha fatto toccare con mano che, invece, nel nostro mondo ci sono anche tante persone buone, ci
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sono tante realtà e iniziative di bene di cui, purtroppo, i giornali e la televisione non danno notizia, perché è solo il male che fa notizia! In questo “pellegrinaggio” ho ricevuto tanta accoglienza amica, ho visto tanti sorrisi, ho constatato di persona con quanto amore tante persone legate al Movimento del Rosario offrono il frutto del loro sacrificio, della loro rinuncia, per condividere con i nostri ragazzi poveri quello che hanno ricevuto dal Signore. Sono convinto che questo è il modo migliore per essere devoto di Maria. E che Maria non mancherà di benedire e proteggere chi apre la mano al dono. Qual è la mamma che non è riconoscente verso chi sta facendo del bene ai suoi figli! E con certezza questi nostri ragazzi poveri, vittime della esclusione e dell’ingiustizia, sono i figli prediletti di Maria! Padre Mariano Foralosso OP missionario in Brasile
Padre Mariano nella sua missione di Santa Cruz do Rio Pardo
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INTERVISTE a missionari SPECIALE ADOZIONI A DISTANZA
Adozione a distanza: un’opportunità per benefattori e piccoli beneficiari L’esperienza “luminosa” del Centro Sao José e della Casa do Menor in Brasile.
E’
un Padre Domenicano, Padre Francisco Laurentino Pessutto, da tutti conosciuto come frei Chico, il fondatore del Centro Sociale Sao José, Centro che non solo attua un vasto programma di azione sociale ed umanitaria nell’ambito delle favelas di Santa Cruz do Rio Pardo, ma promuove ed amministra anche un orfanotrofio, la “Casa do Menor”, organizzato come piccolo villaggio “a tempo pieno” con abitazioni separate e servizi centralizzati. Tale struttura ha ricevuto nel 2007 il riconoscimento di miglior opera sociale dello Stato di San Paolo da parte delle Autorità pubbliche. “Oggi il Centro Sociale conta 360 ospiti di età compresa tra zero e 18 anni, mentre la Casa do Menor ne ha 60 tra zero e massimo vent’anni, cioè fin quando non sono in grado di inserirsi nella società – ci spiega Padre Mariano Foralosso, che oggi segue l’attività del Centro – Qui vi sono due tipi di «orfano»: quelli i cui genitori sono sconosciuti o abbandonati dalle proprie madri e quelli che vengono tolti da un ambiente familiare considerato «a rischio»”. Molti i nuclei familiari, che vivono situazioni di miseria, di squilibrio affettivo, di analfabetismo e di emarginazione sociale, specialmente dopo il compiersi di un vasto processo di industrializzazione dell’agricoltura. Ciò che ha determinato la
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migrazione di questi sventurati verso la periferia della città di Santa Cruz do Rio Pardo: 50 mila abitanti circa, all’interno dello Stato di San Paolo verso il Mato Grosso. Inevitabile, qui, la costituzione di favelas con inevitabili problemi sociali e morali. A farne le spese, in questi casi, sono soprattutto e prima di tutti i bambiGli adolescenti che, durante le feste pasquali, lavorano alla confezione del cioccolato, ni e gli adolescenti, che vivono in condiassieme ad una educatrice zioni spesso di abbandono, in grado di compromettere il loro sviluppo fisico e morale: “C’è tutto un lavoro di accoglienza da fare – spiega Padre Mariano – nei confronti dei nuclei familiari, offrendo opportunità di lavoro, strappando dalla piaga dell’alcoolismo, aiutando ad uscire dalla miseria. In Brasile il 60% della popolazione è, per così dire, «di troppo»”. Una sorta di «esubero», insomma… “Sì, si creano nuovi latifondi con soldi che giungono dal governo e si riempiono le periferie con chi deve lasciare i campi. Nella sola San Paolo, 5/6 milioni di persone vivono in questi «inferni». È una strage di innocenti vera e propria, quella che si compie. I piccoli cadono vittima della fame, della droga o della prostituzione infantile”. Nella struttura di frei Chico, gli interventi sono concreti: si distribuiscono periodicamente alimenti, vestiti, medicine e materiale scolastico; si promuovono incontri di informazione e di formazione per i genitori dei ragazzi assistiti; si garantisce sostegno per abbattere le barriere del preconcetto e della diffidenza, con cui l’ambiente sociale spesso isola, emargina il povero, il “favelado” in cerca solo di un lavoro. La giornata al Centro Sao José inizia alle 7.30 del mattino e termina alle 17. Durante l’anno scolastico, i ragazzi sono accolti in due turni, nel periodo che precede o segue l’orario delle lezioni. Nei giorni di vacanza, invece, la permanenza si estende lungo l’arco dell’intera giornata. A tutti è assicurata accoglienza, alimentazione, attività formative in tutti i campi (religioso con preghiera, riflessione, catechesi, preparazione ai Sacramenti; e poi ancora educazione morale, civica, sportiva, ricreativa, igienica). Si svolge anche un vasto programma di promozione professionale con corsi di informatica (con due laboratori), produzione ortofrutticola e varie attività artigianali (una fabbrica di cioccolato, peraltro spazio di collaborazione per molti volontari, particolarmente attiva per Natale e Pasqua): “Si vogliono valorizzare le qualità, che ciascun ragazzo possiede – ci dice
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Padre Mariano – Così è stata predisposta una rete molto bella di solidarietà”. Padre Mariano, poi, ha un sogno: “Non abbiamo ancora una scuola professionale, al momento possiamo solo cogliere le occasioni e le opportunità, che l’ambiente offre. Il mio sogno sarebbe quello di avviare dei corsi universitari”. Vogliamo aiutarlo, prima o poi, a realizzarlo? Per sostenere tale opera, si fa appello ai Inaugurazione della nuova cioccolateria cuori delle persone di buona volontà, che nell’aprile 2008 possono offrire il proprio aiuto tramite l’istituto dell’adozione a distanza. Non v’è retorica, nel dire questo. V’è la certezza di parlare al buon cuore ed alle coscienze della gente per bene, che ancora esiste ed è tanta, sebbene spesso i mezzi di comunicazioni vogliano farci credere il contrario. La quota annuale per l’adozione a distanza può essere versata in un’unica soluzione o tramite versamenti periodici (mensili, trimestrali o semestrali), usando il conto corrente postale del Centro del Rosario, su cui – nella causale – va specificato “adozione di…” col nome del bambino. Il Centro del Rosario si impegna poi a trasmettere ai Padri Domenicani in Brasile le somme ricevute, affinché ne dispongano secondo le intenzioni dei benefattori, ai quali viene spedita una letterina di ringraziamento con la foto del piccolo, affidato al loro sostegno. “Per chi non può andare in missione, questa dell’adozione a distanza è un’esperienza concreta di solidarietà – spiega Padre Mariano – Significa smetterla di guardare il proprio ombelico, significa assumere in pieno la propria dignità e la propria forma umana e cristiana. Per il bambino è il segno che esistono nel mondo anche persone buone, sebbene lontane e ignote: è uno «choc» positivissimo! Aiuta a costruire la personalità del piccolo, aprirlo ad una dimensione nuova, internazionale”. L’impegno non è assolutamente “impossibile”, è alla portata di tutti... Chi fosse interessato, può contattare Padre Mauro, cell. 335/5938327. Mauro Faverzani
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Le adozioni a distanza e la... lana del Re Padre Claudio Truzzi, missionario carmelitano, racconta la sua esperienza
Padre Claudio Truzzi, amico e collaboratore di “Rosarium”, è stato a lungo Promotore delle Missioni nella propria Provincia Carmelitana. Che realtà incontrò? Soprattutto, quale umanità incontrò? Quali esigenze, quali priorità, quali urgenze e quali differenze rispetto alla nostra società? “I primi anni di vita religiosa-sacerdotale sono stati fortemente segnati da un’esperienza missionaria “particolare”. Giovane Padre, sono partito missionario per il Giappone. Una domanda che mi rivolgevano frequentemente era: “Perché vuoi andare là? Il Giappone è un po’ come l’Italia: che aiuto si può dare; non c’è nessuno che muoia di fame”. Era sottesa l’idea che il missionario dovesse fare qualcosa per il bene (materiale) delle popolazioni fra cui si reca. Se esse non ne hanno bisogno, che ci va a fare? Non è meglio, per esempio, l’Africa? Non è certo questo il luogo per parlare del “Paese del Sol Levante”. Ma vorrei premettere una nota basilare sul significato della missione in generale: significato che dà senso anche alle “adozioni a distanza”. Esempio. Chi è figlio, ma non sa chi siano i propri genitori, può vivere, certo; ma perché tanto desiderio di conoscere papà e mamma? è esigenza del cuore per una completa conoscenza di se stessi. Credete che non sia così anche per chi non conosce chi sia veramente il proprio Padre, che cosa ci dona, qui e per sempre? Essere oggetto di un amore? Il nostro destino vero? Un religioso giapponese mi confidava: “Non immagini che cosa sia essere pagano! La solitudine che senti in certi momenti! Come ricambiare Gesù Cristo per quello che ha fatto per noi? Forse non abbiamo molto tempo; non sappiamo esprimerlo a parole. Non ci rendiamo conto di quanto abbiamo ricevuto – come nella vita –: non si apprezza se non ciò che si perde. La prova più vera del nostro apprezzamento per ciò che ci è dato, del fatto di essere i suoi fratelli e figli di Dio-Padre è cercare, nel nostro piccolo, di venire incontro al Suo desiderio, che cioè altri conoscano la sua Buona Notizia. L’amore del Padre, il nostro destino di felicità e la maggior serenità anche in questa vita, per noi e per quelli che sono intorno a noi: ecco la lieta Novella! Questa è la “missione” in Giappone: quella fondamentale. Si parla tanto di dialogo; si
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arriccia il naso alla parola conversione (non è politicamente corretto!). Il Signore non ha costretto nessuno a seguirlo, a credere in Lui. Non l’ha fatto (“Volete andarvene anche voi?” – disse rivolto agli Apostoli) e certamente non ci ha dato quest’imperativo: obbligate tutti a credere in Dio Padre, a seguire Sala dei bambini da 4 a 5 anni Me. Gli sta, però, tanto a cuore il fatto che tutte le genti conoscano ciò che per noi Dio ha fatto ed è pronto a donarci! è venuto per questo! Ed ha lasciato quest’impegno ai Suoi discepoli. E noi siamo o non siamo Suoi discepoli? “La Chiesa, i cristiani o sono missionari o non sono cristiani” – è stato autorevolmente affermato. Anche queste mie righe tendono a risvegliare la coscienza del fatto che il Signore chiama noi (e la sua Chiesa) a spargere nel mondo il Vangelo”. Che ruolo possono giocare in tutto questo le adozioni ed, in particolare, le adozioni “a distanza”? La tentazione per molti potrebbe essere quella di ritenere che servano a poco o addirittura a nulla...! “Strettamente legato è l’altro atteggiamento di un “vero“ cristiano: la manifestazione dell’amore di Dio verso tutto l’uomo; ciò che noi indichiamo come “amore verso il prossimo”. Ci commuoviamo per i casi di bisogno e – nel caso delle missioni– fanno impressione tutte le opere di bene per il sollievo di tanta gente. Ebbene, da dove proviene quest’amore per il prossimo? Dall’amore per Dio? Dal fatto che siamo coscienti che gli altri sono nostri fratelli: vogliamo che il bene, l’aiuto materiale a tanti poveracci si diffonda, che le sofferenze diminuiscano. Facciamo in modo che tanti altri conoscano il vero Dio, Gesù Cristo! Il mondo si cambia con il cambiamento del cuore di ognuno! Non c’è altra via! Vorrei premettere che i missionari non sono “assistenti sociali”... Prima di tutto sono annunciatori di Dio! Non possono, però, stare con le mani in mano dinanzi ai bisogni delle popolazioni che il Signore ha posto loro vicino. Forse noi non sappiamo, nella pratica come e che cosa fare. Loro ci possono aiutare su un punto, fondamentale per un cristiano: aprirsi agli altri. Dice il Signore: “Ciò che fate ad uno di questi piccoli”, e “Nell’ultimo giorno sarete giudicati dalle opere: Avevo fame, avevo sete, ero carcerato, ignudo”. Saremo giudicati su questo! E attraverso il nostro aiuto – anche materiale – riusciremo a dimostrare nella pratica di apprezzare il dono che Gesù ha fatto a noi e in che misura lo apprezziamo. Simili convinzioni devono ispirare anche chi sceglie di aiutare –
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in questo caso i più deboli e fragili: i bambini – con le “adozioni a distanza”. Si potrebbe dire che: non servono per alimentare un sano spirito di auto-elevazione, fanno crescere gli “estero-dipendenti”, distolgono dalle loro responsabilità le competenti autorità, possono creare caste di “privilegiati” (chi ha trovato uno Biblioteca del Centro “sponsor” straniero) contrapposti ai tanti che ne sono privi. Si potrebbe continuare. Ma le obiezioni non sono tali da annullare i benefici di tale “istituzione”: le obiezioni servono ad eliminare eventuali pecche ed a stimolare la fantasia di chi è sul campo. Ad esempio, noi in Camerun, gestiamo nella capitale Yaoundé scuole primarie ed ora anche secondarie frequentate da alcune centinaia di alunni. È la parrocchia che se ne fa carico. I maestri dovrebbero essere pagati dallo Stato (ma spesso tocca alla parrocchia). Le famiglie, che possono dare qualcosa, sono invitate a contribuire; ma la maggior parte delle spese è a carico dei missionari e delle offerte che giungono dall’Italia. Un grande aiuto alla scolarizzazione di questi ragazzi viene proprio dalle “adozioni a distanza”. Quale appello si sente di lanciare ai nostri lettori, affinché percepiscano l’urgenza di sentirsi investiti del problema e sensibilizzati in merito? “È un modo veramente efficace e mirato per “far del bene”: oltre all’aiuto materiale, è una dimostrazione pratica che l’amore di Dio apre all’amore verso gli altri, e tanto più meritoria in quanto “personalmente” non ci si guadagna nulla. La carità di Cristo dimostrata verso queste creature, farà nascere nel loro cuore un atteggiamento corrispondente. Vorrei fare una raccomandazione: che il nostro obolo non sia un’elemosina! Che non sia una maniera per sentirci l’“anima in pace”. Se così fosse: non diamo nulla, è meglio! Nessuno vuole la vostra elemosina. Anche i fratelli nel bisogno hanno la loro dignità. Essi sono riconoscenti per il vostro aiuto, ma non facciamo l’“elemosina”: sarebbe come farla a Dio! Se desideriamo aiutare le missioni, se abbiamo capito che può essere un modo per ringraziare Dio ed aiutare chi ne ha bisogno… bene. Non sarebbe, in fondo, altro che “sdebitarci” un po’. Un’ultima nota: ricordiamo che ciò che vale è il cuore! Non tutti hanno le possibilità economiche adeguate al loro desiderio: “Se potessi…!”. Ricordo una specie di parabola letta tempo fa. “Si fece una gran festa alla corte del Re, per celebrare il suo ingresso nella capitale. Il Re riceveva nel
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salone delle feste i doni e gli omaggi. Erano tutti doni preziosi: armi cesellate, coppe d’argento, tessuti di broccato ricamato d’oro. Il corteo dei donatori stava esaurendosi, quando apparve, zoppicando ed appoggiandosi pesantemente ad un bastone, una vecchia contadina con i pesanti zoccoli di legno. In silenzio Adolescenti ed educatrici intente trasse dalla gerla un pacchetto accuraalla lavorazione di sandali da spiaggia tamente avvolto in un telo. Uno scoppio di risate accompagnò il movimento della donna, che depose ai piedi del trono una matassa di lana bianca, ricavata dalle due pecore che erano tutta la sua fortuna e filata nelle lunghe sere d’inverno. Senza una parola, il Re s’inchinò dignitosamente, poi diede il segnale d’iniziare la festa, mentre l’anziana contadina attraversava lentamente la sala, scorticata dalle occhiate beffarde dei cortigiani. Lei riprese penosamente il suo lungo cammino, di notte, per tornare alla sua baita costruita nella foresta reale dove fino a quel momento la sua presenza era stata tollerata. Ma quando arrivò in vista della sua casa, si fermò invasa dal panico. La baita era circondata dai soldati del Re. Stavano piantando dei picchetti tutto intorno alla povera abitazione e sui paletti stendevano il filo di lana bianca. «Mio Dio – pensò la povera donna, con il cuore piccolo piccolo – il Re s’è offeso per il mio dono... Le guardie mi arresteranno e mi porteranno in prigione...». Quando la vide, il comandante delle guardie s’inchinò cortesemente e disse: «Signora, per ordine del nostro buon Re, tutta la terra che può essere circondata dal vostro filo di lana, d’ora in poi vi appartiene». Aveva ricevuto con la stessa misura con cui aveva donato. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare a qualunque essere umano, facciamolo subito! Non rimandiamo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte. Nella vita si riceve sempre con la medesima misura con cui si è donato”. Mauro Faverzani
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uando andiamo a far una visita a qualcuno, o siamo invitati a partecipare a qualche incontro, è cosa buona e talvolta indispensabile conoscere o apprendere il valore di ogni cosa che ci sia in quel posto; che significato dare ai singoli gesti o come sintonizzarsi con tutti. E questo, non per questione di protocollo e d’etichetta, ma affinché si possa più pienamente condividere e fruire del fine dell’incontro, e persino per risultare più graditi gli uni agli altri. Perché non pensare la medesima cosa quando andiamo in chiesa, quando “andiamo alla santa Messa”? Cioè: Chi siamo? Che ruolo e che atteggiamenti dobbiamo assumere? Che senso hanno i gesti che siamo chiamati a compiere? Che significato hanno tutte quelle “cose” che vediamo “usare” durante la Messa? Come si svolge il rito cui andiamo a partecipare (non ad “assistere”!)? Il fine di questa rubrica è richiamare alla nostra memoria tutto questo: una specie di dizionario del significato delle “cose” che ci circondano quando entriamo in una chiesa, specialmente per “fare” la preghiera per eccellenza: la celebrazione eucaristica. Fedeltà nell’adattamento Il nucleo della Messa odierna permane identico a quello dei tempi apostolici, e riproduce la Cena di Gesù compiuta nell’ambito della cena pasquale ebraica. Quando i primi discepoli, ebrei, vollero eseguire il desiderio di Gesù che al termine dell’Ultima Cena aveva ordinato: “Fate questo in memoria di me!”, e – come narrano gli Atti degli Apostoli – “partecipavano assiduamente alle istruzioni degli apostoli... allo spezzare il pane e alle preghiere” (Atti, 2,42), si rifacevano naturalmente alle proprie usanze religiose. Le loro riunioni, anche se con significati nuovi, ricalcavano i riti religiosi ebraici. Al tempo di Gesù, una cena rituale si celebrava ogni giorno, e si chiamava “berakah” (equivalente di “preghiera eucaristica” = azione di grazie). Con essa s’intendeva benedire e ringraziare Dio per averli liberati dalla schiavitù in Egitto e per le “meraviglie” compiute a favore del suo popolo. Al sabato, poi, loro giorno festivo, le comunità ebraiche si riunivano nella sina-
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catechismo per tutti: segni liturgici
Segni liturgici
catechismo per tutti: segni liturgici
goga (luogo pubblico di preghiera) per lodare il Signore con i Salmi ed ascoltare la parola di Dio, contenuta nella S. Scrittura, a sua volta commentata da uno scriba o dottore. A questa liturgia ebraica si ricollega la “Liturgia della Parola” della nostra Messa, e si comprende pure come anche le prime Messe cristiane venissero celebrate presso le famiglie nel “giorno del Signore”, giorno di festa . La seconda parte della Messa – la Liturgia propriamente “eucaristica” – trova invece riscontro nelle offerte portate al Tempio dai fedeli e deposte sull’altare dal sacerdote. Di esse, una parte veniva offerta a Dio e bruciata; mentre un’altra parte, benedetta, veniva restituita agli offerenti come dono di Dio, affinché santamente e festosamente se ne cibassero. A nome del popolo, inoltre, al mattino e alla sera, nel tempio di Gerusalemme, veniva compiuto il sacrificio di un agnello. Questi aspetti del rito ebraico li troviamo nell’Offertorio, nella Consacrazione e nella Comunione della nostra Messa. Nel corso della storia, nella varietà dei mutamenti delle culture, i gesti fondamentali dell’Ultima Cena – che inizialmente ricalcavano i riti ebraici – si vennero ben presto arricchendo e adattando con altri gesti, altri segni espressivi di nuove esigenze. La Chiesa, che ha un culto per le tradizioni dei Padri – in quanto crede all’intervento dello Spirito Santo nella Liturgia, che è il cuore della Chiesa – si è sempre preoccupata di mantenere gli elementi della Tradizione. Ma ciò ha portato con sé anche ripetizioni ed inserimenti nella Liturgia non sempre pienamente convincenti. Il che spiega come la S. Messa subisca ritocchi dettati dalla fede e dalla sensibilità delle varie epoche. Ritocchi marginali, di dettaglio; sempre utili, purché non eccessivi e troppo frequenti. La Messa è come il volto della propria madre; lo si desidera immutato; o meglio, che le trasformazioni avvengano lentamente, senza renderla irriconoscibile. A tale criterio, sapientemente, si è sempre ispirata la Chiesa. Così si è rispettata le legge della fedeltà e della continuità, che consente di comprendere le liturgie eucaristiche delle varie epoche e di avvalersene. Nel medesimo tempo emerge l’urgenza di un approfondimento di segni e simboli che, ricchi di storia, sono veicoli di autentiche ricchezze.
Con questo primo articolo padre Claudio Truzzi ocd presenta un “dizionario” di termini liturgici e religiosi che potrete leggere nei prossimi numeri.
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luogo
Movimento Domenicano del Rosario 3355938327 - e-mail: movrosar@tin.it
convegno del rosario
data
programma
sabato 25 aprile 2009 Santuario Madonna di S. Luca - Bologna
ore 09,30 Ritrovo nella Cripta del Santuario ore 09,45 Celebrazione di una Ora Mariana ore 11,00 Tavola rotonda sul tema “Rosario e martirio, oggi� ore 13,00 Pranzo al sacco (Sala S. Clelia) ore 14,30 Visita guidata al Santuario ore 16,00 Testimonianze ore 17,00 Santa Messa in Cripta e momento di adorazione
tutti sono invitati a partecipare
Prego vivamente coloro che organizzano dei gruppi di contattarmi preventivamente. Per informazioni: P. Mauro Persici tel 335 5938327, e-mail: movrosar@tin.it In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa