A VENTICINQUE ANNI DALLA “MARIALIS CULTUS”
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ono passati venticinque anni da quell’ormai lontano 2 febbraio 1974, quando Paolo VI pubblicò l’Esortazione Apostolica “Marialis cultus”, dedicata al rinnovamento ed alla promozione del culto mariano secondo le indicazioni del Concilio Vaticano lI. Questo documento non si limitava a sviluppare i suggerimenti del Concilio, ma ne ampliava l’insegnamento con l’aggiunta di nuovi spunti di riflessione e di stimoli per l’azione. Il documento, dopo aver ricordato le ricorrenze mariane stabilite dalla riforma liturgica, fa ruotare la sua materia attorno a tre gruppi di temi: 1) “quattro modelli” di vita cristiana offerti da Maria; 2) “tre note del culto mariano”; 3) “quattro orientamenti per il culto mariano”, ai quali segue una raccomandazione delle pie pratiche dell’Angelus Domini e del S. Rosario. La ricorrenza di questo venticinquesimo ci sembra una buona occasione per tentare, modestamente, un bilancio della riforma del culto mariano promossa dal Concilio, così come questa riforma è stata portata avanti dagli insegnamenti pontifici da Paolo VI ai nostri giorni. Dico subito che il bilancio mi pare senz’altro positivo. Le indicazioni pontificie hanno trovato indubbiamente un riscontro positivo nelle convinzioni e nella prassi del popolo di Dio, anche se alcuni settori sembrano non aver recepito i messaggi pontifici per due motivi opposti: o per il persistere di una disaffezione al culto mariano provocata da un fraintendimento del messaggio conciliare per quanto concerne il rapporto coi protestanti; o viceversa per il persistere di un culto mariano connesso ad un’esagerata credulità e ad un indiscreto interesse per i fenomeni straordinari o per messaggi fatti passare come “rivelazioni mariane” improntati ad atteggiamenti esoterici o a dubbio catastrofismo. Nel complesso, tuttavia, come ho detto, ho l’impressione che i fedeli abbiano comunemente recepito gli insegnamenti papali sia quelli di Paolo VI come quelli dell’attuale Pontefice, che ha ulteriormente sviluppato ed articolato gli spunti offerti dal Papa precedente. Nel ricordare schematicamente, in questo articolo, il contenuto del documento di Paolo VI, penso che il lettore si renderà conto personalmente della verità di quanto dico circa l’influsso effettivo che l’insegnamento di quel grande Pontefice, seguito dall’attuale, ha causato nelle nostre comunità e nei singoli fedeli. Indubbiamente con questo non intendo dire che tutto sia stato messo in pratica, tutt’altro: e per questo intendo qui richiamare alla memoria brevemente l’insegnamento della ‘Marialis cultus”, anche per invitare a mettere in atto ciò che eventualmente fosse stato dimenticato, oltre che naturalmente per rendere omaggio al grande insegnamento montiniano circa il culto della Vergine Maria.
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Mi limiterò a citare i tre gruppi di temi cui ho accennato sopra, nonché il richiamo all’Angelus Domini e soprattutto il richiamo al Rosario, considerando la natura di questa rivista e la ben nota responsabilità che la Famiglia domenicana ha nel sostenere e divulgare la pratica rosariana. Per quanto dunque riguarda la proposta dei “quattro modelli” offerti dalla persona di Maria, essi sono: 1) il modello della “vergine in ascolto”; 2) “la vergine in preghiera”; 3) “la vergine madre”; 4) “la vergine offerente”. Secondo il primo punto, Maria ci è modello nella fede, ossia nell’ascolto fiducioso della parola di Dio, nella capacità di vedere le provvidenziali disposizioni di Dio anche nei momenti della prova e del dolore, la disponibilità e docilità nel lasciarsi illuminare dalla verità della fede, “meditandola nel cuore”, conciliandola senza presunzioni con le esigenze della ragione, e rendendola feconda di opere buone. Il secondo punto ci ricorda Maria come modello di persona orante. Pensiamo alla Madre del Signore in preghiera insieme con gli apostoli nel giorno di Pentecoste. Maria che prega in comunione con la Chiesa in attesa della venuta dello Spirito. L’ascolto e la preghiera in Maria sono indisgiungibilmente uniti, perché Maria chiede al Signore proprio ciò che essa avverte essere In lei la volontà del Signore: “Avvenga in me secondo la tua parola”: questa è la preghiera di Maria. Il terzo punto di per sé si riferisce ovviamente a un privilegio unico della Madre di Dio. Tuttavia Maria c’insegna che non è possibile una vera maternità spirituale e la stessa maternità fisica degna della persona umana, senza una certa purezza dell’animo, che vuol dire purezza d’intenzioni, disinteresse, vera e sincera volontà di servire il prossimo e non di servirsi del prossimo. Il quarto punto ci ricorda l’atto fondamentale dell’amore così come ce lo ha insegnato Gesù: l’offerta di sé per la salvezza dei fratelli. Dobbiamo offrire ciò che abbiamo di più prezioso: Maria aveva Gesù e non esita ad offrirlo per la nostra salvezza, accondiscendendo a ciò stesso che Gesù voleva, ed offrendo se stessa con Lui per la nostra salvezza. Le “tre note del culto mariano” sono date: 1) dal rapporto di Maria con la SS. Trinità; 2) dal particolare rapporto di Maria con Cristo; 3) dal rapporto di Maria con la Chiesa. Per quanto riguarda la prima nota, Maria si rapporta col mistero trinitario ad un livello ed in un modo assolutamente unici ed eccelso per una semplice creatura umana: Sposa
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del Padre, perché genera il medesimo Figlio del Padre; feconda di Spirito Santo, che è il Principio vitale nel quale e per il quale Maria genera il Figlio; ed infine, Madre dello stesso Verbo incarnato, per cui essa, giusta l’espressione dantesca, è “figlia del suo Figlio”, in quanto questi è Dio e Maria è la prima dei figli di Dio. La seconda nota, poi, sottolinea come Il culto mariano è ordinato e subordinato al culto di Cristo. Il Papa insiste a più riprese e in vari modi su questo punto importante, quasi a rassicurare i protestanti, giustamente preoccupati di salvaguardare l’unicità e sufficienza divine dell’opera di Cristo, e tuttavia in difetto per quanto riguarda il giusto onore e amore dovuto alla Beata Vergine, alla quale indubbiamente non mancano di rendere omaggio, ma in modo insufficiente, trascurando di considerare il fatto che Maria non è semplicemente una buona cristiana come tante altre, ma è la insostituibile mediatrice di tutte le grazie e collaboratrice all’opera della redenzione su di un piano superiore a quello di tutti gli altri santi; per cui, come dice il documento, “la pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto mariano” (n.56). Il dogma mariano è parte integrante del deposito della fede, per cui, poiché senza la fede non ci si salva, senza Maria è impossibile salvarsi, anche se essa svolge solo (ma niente di meno!) il compito di condurci a Cristo e di donarci Cristo. Onorare Maria dunque vuol dire onorare Cristo, mentre d’altra parte un culto a Cristo senza il dovuto onore alla sua Madre, vorrebbe dire disattendere la stessa volontà di Cristo, il quale ha voluto darci sua Madre precisamente come colei che più di ogni altra creatura a lui ci guida e con Lui e di Lui ci fa vivere. Non bisogna dunque esagerare il culto a Maria, ma non bisogna neppure valutarlo meno di quanto va valutato. Infine, per quanto riguarda la terza nota, il rapporto Maria-Chiesa, il Papa riprende l’abbondante insegnamento del Concilio al riguardo, insegnamento che sarà poi continuato dal Papa attuale nell’enciclica “Redemptoris Mater” del 1987. Paolo VI mette ulteriormente in evidenza questa meravigliosa corrispondenza fra Maria e la Chiesa, per cui è impossibile comprendere il mistero della Chiesa senza comprendere il mistero di Maria; e viceversa è impossibile comprendere questo senza comprendere quello: Maria è sposa di Dio come la Chiesa, è vergine come la Chiesa, è maestra di sapienza come la Chiesa, è madre dei cristiani - mediante il Battesimo - come la Chiesa, rivive in se stessa
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la missione, le sofferenze, la morte e la resurrezione del Verbo come la Chiesa, dona al mondo Cristo come la Chiesa, prega ed adora il suo sposo divino come la Chiesa, rende culto al Padre in Cristo come la Chiesa. E viceversa, la Chiesa, in tutte queste cose, imita Maria e la prende a modello. Gli “orientamenti per il culto mariano” sono poi indicazioni e criteri per una giusta pratica, conforme alle esigenze che emergono dalle moderne conoscenze concernenti la Sacra Scrittura, i problemi e i valori dei nostro tempo, e le moderne acquisizioni delle scienze umane, non escluse quelle relative all’incremento ed alla promozione della dignità della donna nella Chiesa e nella società di oggi. Degni di nota, fra questi quattro orientamenti - quello biblico, quello liturgico, quello ecumenico e quello antropologico, sono gli ultimi due: Paolo VI, con un abile accorgimento pastorale, capovolge la tradizionale (e superficiale) convinzione che il dogma e il culto mariani siano occasione di contrasto fra cattolici e protestanti. A tal riguardo il Papa si guarda bene dal minimizzare l’esistenza di tale contrasto, ma saggiamente egli punta soprattutto lo sguardo sulla missione propria di Maria, di chiamare ogni uomo a Cristo, e di essere fautrice di concordia e di unione fra i discepoli del Signore, così che possa veramente darsi “un solo gregge sotto un medesimo Pastore”: il Papa pertanto giustamente confida nella potente intercessione di Maria perché possa essere ricomposta l’unità fra i cristiani. Per quanto poi riguarda l’”orientamento antropologico” papa Montini intende riferirsi al fatto che Maria va intesa come modello della donna non in riferimento alla condizione della donna ai tempi di Maria stessa, condizione che certamente la Vergine avrà condiviso con tutte le donne del suo tempo, ma in riferimento ai valori, alle possibilità ed alle facoltà delle donne del nostro tempo, che registra una condizione della donna molto più avanzata di quella dei tempi della Madonna. Ma questa condizione più avanzata dev’essere precisamente intesa - anche se in parte portata avanti da movimenti femministi non-cattolici - come obbiettivamente fondata su quell’ideale assoluto e perenne di femminilità cristiana che ci è appunto offerto da Maria. Per questo, imitare Maria oggi non significa assolutamente assumere quelle condizioni di arretratezza che erano proprie della donna nel I° sec. d.C., ma assumere i valori conquistati nei tempi moderni, i quali, per quanto spesso non siano stati promossi in nome di un esplicito riferimento a Maria, non cessano, in se stessi, di trovare solo in lei la loro vera ragion d’essere e il senso autentico della loro dignità. Il documento del Papa si chiude poi, come ho accennato all’inizio, con un fervente e motivato appello a riprendere e a promuovere la pia pratica del Rosario, e si rivolge in modo particolare ai “figli di san Domenico, per tradizione custodi e propagatori di così salutare devozione” (n.43). Ovviamente il Papa non può imporre autoritativamente questa pratica a tutta la Chiesa, trattandosi pur sempre di una preghiera facoltativa, e tuttavia Paolo VI non rinuncia a raccomandarla caldamente, ponendosi così sul solco di un secolare indirizzo proprio dei Sommi Pontefici del passato, tra i quali emerge, come è noto, Leone XIII. Il Papa raccomanda in modo particolare il Rosario in famiglia; e questo richiamo del grande Pontefice non cessa di farmi andare con commozione al periodo della mia fanciullezza, allorché appunto recitavo questa bella preghiera insieme a mia madre e al mio fratellino, mentre Maria dolcemente imprimeva nel mio cuore un segno di lei che mai più si cancellerà. P. Giovanni Cavalcoli o.p.
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