All’inizio non riuscivo a comprendere la devozione a Maria. Anzi, in realtà credevo fosse debitrice più alla pietà popolare che alla Grazia di Dio, e che - per certi aspetti - velasse in parte la Gloria del Risorto. Poi, sommerso dai peccati, è arrivato il momento più buio, quello senza speranza e senza via d’uscita. Mi è stata allora concessa la Grazia di tenere tra le mani il rosario e di recitare quell’ eterno saluto con le mia labbra impure, più degne di piaghe che di pronunciare il Sacro Nome della Madre di Dio. Eppure mi è stato concesso, così come mi è stato concesso di risollevare il capo. Allora ho capito il significato della parola Grazia: ricevere qualcosa che non si merita, e non solo: ricevere qualcosa il cui valore non sono nemmeno in grado di immaginare. Allora mi è sembrato anche più chiaro perché il Signore avesse ispirato la devozione a Maria e perché invitasse i propri figli a guardare a Lei come alla propria Madre. Immaginavo infatti, per come era venuta prontamente in mio soccorso, che non avesse mai staccato nemmeno un attimo lo sguardo da me, nemmeno quando mi dirigevo a grandi passi, allegramente, verso l’inferno, e che avesse continuamente sperato in un mio cenno di pentimento. Proprio come una Madre. Una Madre Perfetta. Ero stupito, infine, che il mio balbettante supplicare, dopo anni di indifferenza, venisse accolto (dicevo tra me e me: “ma chi vuoi prendere in giro: hai fatto il furbo per tutta la vita ed ora chiedi aiuto? Ma chi ti credi di essere, un cristiano”?); mi immaginai quindi l’intercessione di Maria, mentre raccoglieva il mio farfugliare sconnesso, per trasformarlo in preghiera: ecco perché era stata accolta. Il mio peccato mi sta sempre dinanzi: mi viene manifestato un poco alla volta, poiché di più non sarei in grado di sopportare, ma ora so dove guardare e soprattutto cosa dire: “Benedetta sei tu fra tutte le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.” Ave, Maria. Stefano