Cuore immacolato bv

È

doveroso dedicare proprio al Cuore Immacolato di Maria questo primo sabato del mese di luglio dell’anno mariano.

Cuore Immacolato, quello della Vergine... cuore che ha concepito il Figlio del Dio vivente prima ancora che lo concepisse nel suo grembo verginale con una fede perfetta, piena, soprannaturale. Questo, cari fratelli, è il mistero del Cuore Immacolato di Maria: il mistero di una fede integra e di una verginità illibata.

Vedete, cari fratelli, proprio in questi momenti difficili per la santa Chiesa di Dio è assolutamente necessario richiamare alla nostra mente Colei che è la nostra speranza, Colei che è l’Arca della Nuova Alleanza, Maria, il segno della nostra salvezza, Maria la portatrice di Cristo, Maria colei che ci benedice in Cristo, Maria che deve essere il nostro esempio sia per la verginità della nostra fede, sia per la pienezza della nostra carità. Entrambe queste disposizioni, che così perfettamente si realizzavano in quel Cuore Immacolato che Iddio ha scelto come tabernacolo per il suo Figlio – fede e carità – devono essere anche le disposizioni del nostro cuore per vivere pienamente e perfettamente il mistero di quella Chiesa che così splendidamente ci è posta dinanzi, la Chiesa Santa di Dio espressa nella figura di Maria, la Madre del Signore.

Leggiamo le letture: la prima è tratta dall’Ecclesiastico (cap. XXIV): qui l’autore sacro, ispirato dallo Spirito Santo di Dio, profeticamente riferendosi a Maria e nel contempo alla Chiesa (perché appunto Maria è il tipus ecclesiae, come dice anche il Concilio), dice: ego quasi vitis fructificavi fructus odoris et suavitatis: Come una vite ho portato il frutto. Quante volte il Signore sia nella scrittura dell’Antica Alleanza, sia nel santo Vangelo descrive la realtà del suo popolo eletto, sia quella dell’Antica Alleanza, sia quella secondo lo Spirito, cioè l’Israele nuovo che è la Chiesa della Nuova ed Eterna Alleanza. È molto bello vedere che anche per Maria valgono perfettamente le parole della mistica vigna: Maria è la mistica vigna. Non a caso quello stupendo inno della Chiesa di oriente che si chiama Akathistos dice: tu sei quel terreno ubertoso che coltivi il divino cultore. Vedete, cari fratelli, Maria è proprio quel terreno fecondo e verginale che germoglia come mistica vite. Chi è quella vite, miei cari fratelli? Ce lo dice san Giovanni nel suo Vangelo: Io sono la vite, voi i tralci. Quale è dunque la vite che nasce da quella mistica vigna se non il 1

Cristo? Il Cristo che è sia Gesù, vero Dio e vero uomo, sia quel mistero che si prolunga attraverso i secoli fino alla fine del mondo, cioè i tralci che nascono da quella vite e che da essa ricevono linfa vitale, cioè la grazia di Dio, la vita partecipata nella Trinità Santissima. Ecco, cari fratelli, come Maria tramite questa immagine della vigna e della vite appare a noi proprio come anche “imago Ecclesiae”, l’immagine della Chiesa. La Chiesa è una vigna, così anche Maria è una vigna, da Maria germoglia il Cristo, dalla Chiesa germoglia il Cristo nelle anime, madre è Maria, madre è la Chiesa, Vergine è Maria, vergine è la Chiesa. Ma, ahimè, Maria era vergine nell’anima e nel corpo, la Chiesa è vergine nell’anima, non sempre nel corpo, cioè nella sua vita travagliata su questa terra. San Pier Damiani, il grande riformatore della santa Chiesa, disse delle parole molto belle sulla Chiesa paragonandola ad una persona virtuosissima, buona, innocente, però innocente dopo aver fatto penitenza.

Anche sant’Agostino dice che la Chiesa durante la sua vita in questa terra è un corpus permixtum, un corpo misto. Dobbiamo chiedere allo Spirito Santo di Dio la grazia di illuminare le nostre menti per dare più tempo al mistero della Chiesa.

I pagani non lo capiscono – e voi sapete bene quanto il paganesimo stia dilagando in questi tristi tempi anche dentro alla Chiesa – e dicono: io credo in Dio e in nostro Signore Gesù Cristo, ma nei preti e nelle suore proprio non ci credo. Ora il sacerdote non è certo un dogma di fede, invece è dogma di fede il sacerdozio, la vita consacrata, la vita religiosa come istituto divino del nostro Signore e Salvatore.

Bisogna dunque distinguere fra la Chiesa nella santità della sua anima mistica e invisibile, ma così onnipotentemente e soavemente forte perché è lo stesso Spirito Santo increato di Dio, e la Chiesa terrena. E chi è più santo dello Spirito Santo del Signore che è amore, purezza, sapienza, che è Dio stesso? Perciò nella sua anima la Chiesa è tutta santa, proprio come una sposa immacolata, senza ruga e senza macchia. Ecco perché Maria con il suo Cuore Immacolato, pieno di fede e di carità, rappresenta così egregiamente la Chiesa. Ahimè, cari fratelli, mentre Maria è vergine ed illibata nell’anima e nel corpo, la Chiesa è vergine nell’anima, ma non sempre nel corpo. Sant’Agostino dice che la Chiesa è un misto di buoni e di cattivi. La fede cattolica ci insegna proprio questo, altrimenti saremmo luterani:

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che Dio ce ne guardi! Altre eresie insegnavano che la Chiesa non c’è ancora, che la Chiesa è la comunità futura. Questo dicono anche i nostri pseudoecumenici spavaldi ad oltranza. La Chiesa secondo questi signori è la comunità degli eletti che risplenderà alla fine. Ebbene no, la Chiesa è certo l’assemblea trionfante nei cieli dei Santi, degli Angeli nella gioia della Trinità Santissima, ma la Chiesa è anche quel corpus permixtum che cammina quaggiù sulla terra in un duro pellegrinaggio.

Allora vedete in questo suo corpo terreno, impastato da tante miserie, la Chiesa, cari fratelli, è di fatto esposta a tante debolezze, tante fragilità, tanti peccati. Non è certo un peccato il cattivo gusto dei modernisti che elencano tutte le colpe della Chiesa e dicono – a differenza di quanto diciamo davanti all’Altare del Signore mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa –: tua culpa, tua culpa. Ma capite, miei cari fratelli, le colpe sono nostre, se la Chiesa non è santa la colpa è innanzitutto nostra, cioè di ciascuno di noi.

Ebbene, è molto importante notare che il legame che unisce le anime alla Chiesa è duplice. La nostra fede poggia sulla immutabilità della Parola di Dio, su quel Cristo che è sempre lo stesso ieri, oggi e nei secoli, e sulla carità. Il nostro amato Papa, antimodernista per eccellenza, S. Pio X ha fulminato quella eresia che dice che ci può essere carità senza la fede. Pensateci bene, ci può essere purtroppo fede senza la carità, ma non ci può essere carità senza la fede. Perché? Perché la carità è molto più della fede, la carità è la perfezione della vita soprannaturale. Sarebbe assurdo avere il tutto senza avere la parte, e questo ce lo dice non solo la logica tomistica, il buon senso. Ebbene, i modernisti non la pensano così, pretendono che ci sia una carità senza la fede e dicono: io amo, sono in comunione con tutti, ma la mia fede vacilla. E no, se io sono in comunione di carità con la Chiesa, lo sono prima e innanzi tutto tramite la fede. Alla fede, cari fratelli, si oppone un peccato orrendo, quel peccato che san Tommaso chiama il peccato dell’eresia, che è proprio un peccato contro la fede. Infatti l’eretico che cosa fa? Crede a ciò che gli pare e piace, dei 12 o 14 articoli di fede l’eretico dice: il 50 % mi va, l’altro 50 % non mi va, o addirittura anche l’1 % non mi va. Ma non ci sono piccole verità di fede, sapete, tutte le verità sono uguali, la Trinità e l’Immacolata Concezione, sono tutte Parola di Dio. Quindi se nego anche un solo iota, ho negato tutto, cari fratelli, nella fede o si ha tutto o niente. Io penso a tutti quelli che incorrono in scomuniche mai tolte e ad alcune posizioni ereticali dove è scritto anatema sit. Quindi, se qualcuno dirà che la santa Messa non è vero sacrificio incruento del nostro Signore Gesù Cristo e via dicendo, anatema sit! Vedete, cari fratelli, quanti sono fuori della Chiesa! Il primo legame con la Chiesa è il legame della fede vera. Poi c’è l’altro legame importantissimo, quello della carità. E contro la carità si pecca sempre, perché ogni peccato è negazione della carità, virtù suprema. In particolare si pecca contro la carità ecclesiastica con il peccato dello scisma, che è gravissimo, dice san Tommaso, perché lacera la tunica inconsutile di Cristo. Vedete, cari fratelli,

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in questo momento difficile il nostro amore per la Tradizione non è una opzione facoltativa, ma un nostro dovere. Noi ci sentiamo proprio servi inutili, la nostra fede ce l’ha data il Signore. Non ce la siamo meritata questa grazia. Ma che gioia, nonostante le persecuzioni e le sofferenze, rimanere uniti a tutto il Magistero della Chiesa, da san Pietro, anzi da Gesù stesso fino al nostro Papa che è il Pietro attuale, Dio tra noi. La pienezza della fede è nel contempo pienezza della carità. Guai se la fede si allontana dalla carità e la carità dalla fede, queste due cose si appartengono a vicenda, la pienezza della Tradizione appartiene a Pietro e Pietro appartiene alla pienezza della Tradizione. Il nostro compito, arduo e difficile, è quello di amare la Tradizione per godere della fede cattolica e di amare il Papa per godere della carità ecclesiastica. Che il Signore e il Cuore Immacolato della beata Vergine ci aiutino.

Torniamo, cari fratelli, alla mistica vigna. Ci sono nella scrittura due tipi di demolitori della mistica vigna. Dice infatti il salmo: un cinghiale del bosco ha devastato la vigna del Signore: queste sono le lacerazioni esterne. Poi il profeta Geremia dice: vulpes deambulaverunt, cioè le volpi camminarono per il monte santo del Signore.

Anche il Cantico dei Cantici (cap. 2 versetto 15) dice: “catturateci le piccole volpi che camminano per la vigna e la stanno devastando, perché produce frutti velenosi”. Vedete, cari fratelli, il singularis ferus, il cinghiale del bosco, devasta in modo appariscente, ma anche le piccole volpi che si aggirano per la vigna e che mordono le radici producono gravi devastazioni. Oggi c’è chi vuole operare questa modernistica separazione della fede dalle sue radici cristiche. Che cosa dobbiamo fare? Non permettere né al cinghiale del bosco, ma nemmeno alle piccole volpi, che non si vedono e che lavorano in maniera così nefasta, di devastare la mistica vigna del Signore. Maria Immacolata ci aiuti, cari fratelli, proprio quando la Chiesa è travagliata, quando la vigna è invasa e dai cinghiali e dalle volpi, volpi talvolta più pericolose degli stessi cinghiali. Così, cari fratelli, la Chiesa, cioè noi tutti che indegnamente facciamo parte della sposa di Cristo, dobbiamo guardare a Maria, perché ciò che la Chiesa deve essere e non è ancora, ciò che la Chiesa sarà solo nel trionfo escatologico in Cielo, questo la Chiesa lo vede già realizzato in Maria.

Sursum corda, fratelli cari, guardiamo al Cuore Immacolato, speranza nostra, sicurezza nostra in questi tempi burrascosi e chiediamo a Maria che ci implori da Dio il dono della fede piena, tradizionale, che crede tutto in tutti i tempi astraendo dai tempi, perché la Parola di Dio non conosce mutamenti. Ma chiediamo anche che la soave Madre del Signore ci dia la perfezione della sua materna carità, un cuore filiale che sappia amarla e stimarla come Madre nostra e sappia riconoscere il suo volto materno anche nella nostra Chiesa, nella santa Chiesa fondata sulla roccia di Pietro e così sia .

Testo liberamente tratto da un’omelia di p. Tyn

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