C a rd i n a l e G i a c o m o B i ff i A rc i ve s c o vo e m e r i t o d i B o l o g n a
Dio si è fatto l’Emmanuele il “Dio con noi”
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ono riconoscente e lieto per l’invito, che mi è stato cortesemente rivolto, di presiedere questa celebrazione in un luogo come questo: un luogo di eccezionale rilevanza umana e sociale. Oggi è innegabile che l’importanza di una città si misura anche dalle potenzialità e dalla funzionalità del suo aeroporto, dal volume di collegamenti rapidi che può assicurarsi quali solo le vie del cielo sono in grado di offrire, dalla sua «vicinanza», in termini non spaziali ma temporali, con le diverse aree e i grandi centri dell’Europa e del mondo. E poiché noi, che amiamo Bologna, auspichiamo tutti che essa abbia un avvenire degno della sua nobiltà e della sua storia, è facile capire come le vicende, le sorti, i successi di questo aeroporto
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siano seguiti con attenzione e con interesse dai veri petroniani; tra i quali c’è ovviamente anche l’arcivescovo che, come successore di san Petronio, è il bolognese per qualche aspetto più incontestabile e più antico. Verso una umanità sempre più unita La gratitudine e il piacere di questo incontro è in me accresciuto dal significato che assume l’iniziativa di questa celebrazione, presa concordemente da tutte le componenti della vostra complessa organizzazione. Il desiderio di avere qui, nel contesto del vostro quotidiano lavoro, il rito cristiano più alto e più sacro, e la vostra stessa partecipazione, lasciano trasparire il convincimento che il senso di Dio non può rimanere estraneo a nessuna realtà di fatica, di impegno, di relazione, né può venirne estromessa, se l’uomo vuole conservare chiara la visione dei fini ultimi del suo operare e se vuole essere adeguatamente sorretto nel loro laborioso e non sempre facile raggiungimento. Una struttura come quella dell’aeroporto è un microcosmo che coinvolge e connette una moltitudine di persone dalle qualifiche e dalle competenze più varie, in un lavoro organico che non può non avere come sua legge essenziale e come suo orientamento lo spirito di collaborazione sincera e fattiva, la volontà di raggiungere con gli apporti di tutti un unico scopo comune, la capacità di comporre i propri diritti con quelli altrui, l’abitudine ad accordare senza prevaricazioni il giusto soddisfacimento delle proprie esigenze con il dovere di rispettare gli utenti e di non deluderli nelle loro attese. Ciò che qui si fa è evidentemente al servizio di un ravvicinamento tra i singoli individui e tra le genti: è, si direbbe, finalizzato a costruire una umanità più ravvicinata, più interdipendente e, in definitiva, più fraterna. È allora naturale che quanti si adoperano a realizzare questi ideali siano essi stessi attenti alla reciproca «prossimità», sempre alla ricerca di più efficaci sinergie, sempre meglio disposti all’aiuto vicendevole e alla vicendevole comprensione. E appunto questa è la grazia che vogliamo particolarmente chiedere con questa suggestiva liturgia. Tanto più che il rito eucaristico porta iscritto nel suo stesso simbolismo, e dunque nella sua operatività spirituale, la vocazione a raccogliere tutti nella solidarietà, nella cooperazione, nell’unità. Come scrive san Paolo a proposito di questo ineffabile sacramento: Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane (1 Cor 10,17). Si riaccende la speranza per un’umanità sempre più smarrita La festa della Madonna di Loreto – patrona della gente dell’aria – col ricordo della Santa Casa dove il Figlio di Dio iniziò la sua avventura umana nel grembo della Vergine, ci richiama l’evento della Incarnazione. Comincia così provvidenzialmente a disporre i nostri animi alla solennità del Natale, alla quale oggi abbiamo la fortuna di prepararci meditando sulla pagina di Vangelo – quella dell’annunciazione – che qui è stata proclamata.
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Troviamo in questa scena un angelo che viene a dare all’umanità, personificata in Maria, una straordinaria notizia. La notizia è questa: abbiamo trovato grazia presso Dio (cf. Lc 1,30). Vale a dire: Dio ha pensato a noi e ha deciso di intervenire nella nostra storia. Agli uomini, deboli e disanimati di fronte alle forze del male, questo intervento dall’alto significa concreta possibilità di salvezza. Il tempo della paura e dello scoraggiamento è finito: non temere (ib.), sussurra alla fanciulla la voce della creatura celeste. Ha preso avvìo finalmente la stagione della gioia, perché il Signore è con noi: Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te (Lc 1,28). Quel Dio, che talvolta ci appare così remoto e quasi distratto di fronte alle nostre ansie e alle nostre pene, è invece saldamente insediato nel cuore della vicenda umana, per impreziosirla, per difenderla dagli sbandamenti, per illuminarla con le ragioni del suo amore, per guidarla al suo giusto fine. Dall’umile casa di Nazaret – oscura dimora di un borgo fin’allora sconosciuto – è dunque cominciato a sbocciare il fiore della speranza. L’uomo dei nostri tempi ha saputo dare all’uomo tante cose sorprendenti, più o meno utili, più o meno vantaggiose. Ha saputo dare per esempio la velocità degli spostamenti, la diffusione domiciliare delle notizie, nuove sorgenti di suoni e di frastuoni, nuove inesauste fabbriche di sogni. La sola cosa che l’uomo non ha saputo dare all’uomo è proprio la speranza, che anzi è andata affievolendosi nel mondo. La speranza è merce che si va facendo sempre più rara sul mercato dei valori umani. Ma per fortuna la speranza si attinge qui, da ciò che è avvenuto nella povera dimora di Nazaret. La speranza – cioè la fiduciosa certezza che c’è sempre per tutti noi, se non lo rifiutiamo, un aiuto contro tutte le difficoltà e tutte le insidie; che ci sarà per tutti noi, se lo vogliamo, un lieto fine e un approdo di pace dopo questa corsa inquieta che è l’esistenza – ci è data dall’annuncio che Dio si è fatto l’Emmanuele, cioè il «Dio con noi». La speranza si è riaccesa nell’umanità alla notizia che lo Spirito Santo è sceso a rendere feconda la nostra sterile vita, perché nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37). Come si vede, la Vergine Maria, contemplata nella sua annunciazione, ci fa oggi lei gli auguri di Natale più sostanziosi e più veri. Alla sua intercessione affidiamo la grande famiglia che vive e opera all’aeroporto, il suffragio per i compagni di lavoro che non sono più visibilmente tra noi, il nostro futuro perché sia sempre laborioso e concorde, il vero bene di quanti siamo qui oggi convenuti. L’intervento è stato tenuto durante la Festa della Madonna di Loreto, martedì 10 dicembre 1996, Aeroporto di Bologna. Pubblicata in BAB, LXXXVII, 11/1996, 312-314.
Gli articoli sono tratti dal libro “La donna ideale ” del Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo emerito di Bologna. Il libro è in vendita presso Edizioni Studio Domenicano via Dell’Osservanza, 72 40136 Bologna Tel. 051/582034 Fax 051/331583 - esd@esd-domenicani.it
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