E urgente tornare a maria per tornare a cristo

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Solo la Madonna è in grado di intervenire per ricondurre un mondo confuso sulla strada verso la salvezza

E’ urgente tornare a Maria per tornare a Cristo La devozione mariana non è fine a se stessa, né “melassa dolciastra”: è anzi “convinta e virile”, presenza “discreta ed essenziale”…

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ub Tuum praesidium”, “Sotto la Tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio”: è questa la prima invocazione mariana, di cui si abbia traccia. Risale al III secolo. Da allora, il culto mariano ha avuto uno sviluppo ininterrotto. Dal secolo XIV è l’Ave Maria la preghiera alla Vergine più comune tra i cristiani. Riprendendo le parole dell’Angelo a Maria, introduce i fedeli alla contemplazione del mistero dell’Incarnazione, quel mistero che anche la tradizionale preghiera dell’Angelus invita a meditare, esortando il cristiano a prendere proprio Maria quale punto di riferimento nei diversi momenti della propria giornata, per imitarLa nella Sua disponibilità totale a realizzare il piano divino di salvezza. Anche san Luigi Maria Grignion di Montfort (1673-1716), grande ed ardente missionario popolare ed apostolo soprattutto delle popolazioni rurali, nel Trattato della vera devozione a Maria, nella Lettera agli Amici della Croce e ne L’amore dell’eterna Sapienza, mostra l’altezza e, ad un tempo, la profondità in lui raggiunta dalla devozione alla Madonna, Madre di Misericordia, mediatrice necessaria – per divina decisione – fra Gesù Cristo e gli uomini. Attorno alla Mediazione Universale di Maria – oggi verità di fede –, il sacerdote bretone costruì tutta una mariologia di soavità indescrivibile. Così bella, da non passare inosservata. Infatti, gli procurò l’avversione di giansenisti, mondani e scettici, che fecero di lui un vero e proprio perseguitato della fede. Ma quale devozione mariana è, oggi, possibile? In tal senso, Vittorio Messori, noto giornalista e scrittore, nel suo libro Ipotesi su Maria, è alquanto esplicito e chiaro: non quella “fine a se stessa”, intrisa di un “clima zuccheroso e retorico”, immersa in una forma di “irrealismo sempre deluso”, sin troppo facile, proprio perché – aggiungiamo noi – incapace di un’adesione piena alla fattualità ed alla bellezza di una fede incarnata, di un Dio che, proprio grazie a Maria, si è fatto uomo. Bensì quella “convinta e virile, profonda e insieme allergica ad ogni retorica” fondata “sulla meditazione del mistero di quella Donna Forte che intonò il Magnificat”; quella derivante dall’“assillo per la situazione della fede nel Cristo, minacciata (come sempre, ma forse oggi più che mai) da errori, deviazioni, inquinamenti, per i quali la Madre ha il rimedio decisivo”. Errori, deviazioni, inquinamenti presenti anche nel nostro “cristianissimo” Occidente. Messori ha voluto lodevolmente mostrare con la sua opera come sia “possibile amare, venerare, lodare la Madonna per quanto merita (e che ha profondità insondabili), senza cadere in certo stile «madonnaro»”, fatto cioè di “toni soavi, voci impostate, cori di bimbi, mazzetti di fiori, languori, commossi fervori, appelli a quei sentimentalismi, che sono il contrario del sentimento”, sentimento

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che pure è doveroso quando si parli della Madre, purché con ciò non si cada “in una melassa dolciastra, che allontana piuttosto che avvicinare chi sia estraneo al circolo di certo devozionismo”. “La Madre – spiega Messori – la si scopre dopo, quando si è entrati in intimità col Figlio e questi fa accedere «dentro alla casa». Ci si accorge, allora, che quella presenza discreta è, in realtà, essenziale”, non è “una devozione da tollerare in anziani bigotti”, tutt’altro: “Senza la radice di carne, che è il corpo di quella Donna, tutto il mistero dell’Incarnazione finisce col perdere l’indispensabile materialità, per farsi evanescente spiritualismo, moralismo sermoneggiante o, peggio, pericolosa ideologia”.

Anche Paolo VI, nell’esortazione apostolica Marialis cultus, evidenziò come lo stesso Rosario sia una “preghiera evangelica” tutt’altro che evanescente, anzi “incentrata nel mistero dell’Incarnazione redentrice”, ribadendone l’orientamento nettamente cristologico. Leone XIII prima (il 1° settembre 1883 con l’enciclica Supremi apostolatus officio), poi Pio XII e Giovanni XXIII (con l’epistola apostolica Il religioso convegno del 29 settembre 1961) han sempre tenuto in grande considerazione la pratica del Rosario, auspicandone la diffusione nelle famiglie cristiane quale efficace e concreto strumento spirituale di fronte ai mali della società. I mali dell’oggi. Tra gli apostoli del Rosario, val la pena annoverare anche il Beato Bartolo Longo, che – con i “Quindici Sabati” – incessantemente assicura la salvezza per quanti propaghino il Rosario, nonché Padre Pio, canonizzato da Giovanni Paolo II, il quale volle addirittura un Anno, tutto dedicato al Rosario, Anno che si svolse dall’ottobre 2002 all’ottobre 2003. E, nella Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, individuò ancora nel santo Rosario, un “mezzo validissimo per favorire tra i fedeli quell’impegno di contemplazione del mistero cristiano”, proposto nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte quale forma di “pedagogia della santità”. Il Rosario è, insomma, secondo Papa Wojtyla, per il popolo cristiano, la modalità giusta attraverso cui porsi “alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo ed all’esperienza della profondità del Suo amore”. Del resto, in Giovanni Paolo II, la devozione mariana è evidente sino a partire dal Suo motto, “Totus Tuus”, nonché dal Suo stemma, con quella grande e maestosa “M” maiuscola, che richiama la presenza della Madonna sotto la Croce e la Sua eccezionale partecipazione alla Redenzione. Ecco allora che la “mariologia” non è – come evidenzia ancora Messori nel suo libro – “«il tumore del cattolicesimo», come ancor oggi sostengono certi professori protestanti, ma è lo sviluppo logico

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e organico dei postulati evangelici; non è una escrescenza abusiva della cristologia, ne è un capitolo fondamentale, senza il quale manca un sostegno alla sua stabilità”. Un sostegno concreto. E tangibile. Nell’oggi. Come? Proprio Papa Wojtyla, in occasione dell’udienza generale del 5 novembre 1997, evidenziò come, “avendo ricevuto da Cristo la salvezza e la grazia”, la Vergine sia “chiamata a svolgere un ruolo rilevante nella redenzione dell’umanità. Con la devozione mariana i cristiani riconoscono il valore della presenza di Maria nel cammino verso la salvezza”. Non qualcosa di etereo, dunque. Bensì capace di intervenire e di agire nelle vicende umane. Non solo: la devozione a Maria, ponendo in rilievo la dimensione umana dell’Incarnazione, “fa meglio scoprire il volto di un Dio, che condivide le gioie e le sofferenze dell’umanità, il “Dio con noi’”. Ed ancora, nella Lettera Rosarium Virginis Mariae, Giovanni Paolo II evidenzia come, nel corso dei secoli XIX e XX, la Madre di Cristo abbia “fatto in qualche modo sentire la Sua presenza e la Sua voce”, come a Lourdes ed a Fatima. Segni, che mostrano come “la Vergine Santa voglia anche oggi esercitare la premura materna alla quale il

Redentore moribondo affidò, nella persona del discepolo prediletto, tutti i figli della Chiesa”, la “Chiesa pellegrinante”, in cui Lei “continua a sviluppare la trama del Suo ‘racconto’ di evangelizzatrice”. Più chiaro di così… Scrive ancora Messori che la “funzione materna” di Maria, quella cioè “di proteggere il Figlio”, continua “e continuerà sino alla Parusìa”. Il prof. Plinio Correa de Oliveira, nella sua opera principale Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, prova – con successo – a tratteggiare il ruolo svolto dalla Madonna, da cui Dio, con un atto libero della Sua volontà, ha fatto dipendere la distribuzione delle grazie. Chi tentasse di ottenerle senza il Suo materno aiuto, non vi riuscirebbe. Il demonio comincia anzi a vincere, quando riesce a far diminuire la devozione alla Madonna. Lo fece notare molto bene anche il Card. John Henry Newman, scrivendo: “Se diamo uno sguardo all’Europa, troveremo che hanno smesso di adorare il suo Divin Figlio, per passare a un banale umanesimo, non i popoli che si sono distinti per la devozione a Maria, ma proprio quelli che hanno rifiutato una tale devozione. Si è estinto lo zelo per la gloria del Figlio là dove questo non era più congiunto all’ardore per l’esaltazione della Madre. I cattolici, ingiustamente accusati di adorare una creatura invece del Creatore, Lo adorano ancora. Mentre i loro accusatori, che avevano preteso di adorare Dio con maggior purezza e fedeltà alla Scrittura, hanno cessato di adorarLo”. Le recenti scelte compiute sullo scacchiere europeo dimostrano, invece, quanto sia necessario ed urgente, oggi, tornare a Maria. Per tornare a Cristo. Mauro Faverzani

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