Esiste una cina che guarda con fede a maria

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Esiste anche una Cina che guarda con fede a Maria

Convegno del Rosario

“M

aria, nata e vissuta in terra asiatica, comprende le aspirazioni più profonde di salvezza dei nostri popoli. Perciò, assunta in cielo nella gloria, ella non cessa di guidare i suoi figli dell’Asia sul cammino verso la pienezza della vita”. Così si esprimeva qualche anno fa una suora cinese di Maria Ausiliatrice, Maria Ko, partecipando al primo Forum internazionale di mariologia nel 2001. E centrava perfettamente il problema della devozione alla Vergine nel suo Paese, una Repubblica popolare sostanzialmente atea, che privilegia gli interessi economici della collettività restando indifferente verso qualsiasi anelito morale e religioso delle persone. La repressione in Tibet insegna. Non solo quella. Per quanto riguarda il mondo cattolico, le autorità politiche hanno espressamente vietato ogni pellegrinaggio verso i luoghi della fede dedicati a Maria per tutto il periodo delle Olimpiadi 2008 (ma nessun giornalista occidentale se ne è accorto); un anno prima, anzi, avevano cominciato addirittura con persecuzioni nei confronti di quanti andavano ai santuari di Tianjiajing e di Dong Lu. In questa ultima località il 23 maggio 1995 si era radunata una folla di trentamila persone per una celebrazione davanti a quattro vescovi e un centinaio di sacerdoti: all’improvviso sembrava che il sole cominciasse a ondeggiare facendo apparire una croce, la Sacra Famiglia, la Madonna con Gesù Bambino, e infine un’ostia; l’emozione si propagava e sul posto in pochi giorni affluivano centomila cinesi. La polizia interveniva in forze disperdendo la gente e bloccando ogni via di accesso. Silenzio assoluto da parte della stampa. Nonostante tante difficoltà, i cattolici cinesi restano assai devoti al culto di Maria e alla pratica del Rosario che coltivano in modo particolare nelle chiese intitolate alla Madonna. È rimasto vivo in molti il ricordo della triplice apparizione della Vergine durante la rivoluzione dei Boxers nel 1900 quando circa trentamila cattolici vennero trucidati, e 120 di questi martiri sono stati canonizzati da Giovanni Paolo II nel settembre 2000. Purtroppo oggigiorno sono ben limitati i ranghi dei fedeli (circa undici milioni, l’uno per cento della popolazione) mentre i neofiti tra gli adulti (ridottissima è la pratica di battezzare i neonati) continuano ad un ritmo di 150mila ogni anno. Il lavoro dei sacer-

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doti locali e missionari, presenti soprattutto nelle regioni autonome di Hong Kong e Macao, incontra ostacoli di ogni tipo. Anche i protestanti sono nel mirino delle autorità, e spesso subiscono arresti di pastori o semplici credenti, per non parlare del movimento Falun Gong, considerato addirittura eversivo. Nessuna meraviglia, dunque, se i centri mariani si contano sulle dita di due mani. Senza dubbio, il principale santuario è quello di Sheshan, che sorge a 35 chilometri da Shanghai per celebrare la “Nostra Signora della Cina, patrona dei cristiani”. La primitiva costruzione risale a metà Ottocento per opera di missionari francesi, ma soltanto dopo il 1925 veniva completata l’attuale chiesa in stile tardo gotico, disegnata da un sacerdote portoghese, proprio sulla cima di una collinetta cui si accede salendo un viottolo a gradinate che segna le quattordici stazioni della Via Crucis. Sul culmine una scritta avverte: “Sali ancora pochi scalini per implorare le grazie della Madre di Dio”. Viene considerata la più grande basilica mariana nell’Est asiatico. Alle falde della collina si trovano una casa di riposo per anziani e un seminario che ospita circa cento giovani aspiranti sacerdoti. Durante la rivoluzione culturale, le autorità comuniste hanno requisito uno spazio attiguo alla chiesa per porvi – quasi con spirito emulativo – un Osservatorio astronomico. Da oltre un secolo il santuario accoglie continui pellegrinaggi dalla vicina metropoli e da tutte le regioni della Cina centrale. Oltre alla “Madonna del Carmelo” di Tianjiajing – distretto di Linxuan, diocesi di Anyang – che risale al 1900 grazie all’iniziativa di monsignore Stefano Scarselli del Pime, appare rilevante il Santuario di Dong Lu, a quaranta chilometri da Baoding nell’Hebei, che è una delle regioni con maggiore densità di fedeli cattolici, sorto nel 1932 con la benedizione di Pio XI. Alla “Nostra Signora della Gioia” è dedicato un tempio cattolico a Guiyang nella provincia di Guizhou che si trova nella Cina sudorientale: forse è una delle più antiche istituzioni, visto che risale almeno a duecento anni fa. Recentissimi sono invece altri tre santuari: quello della “Regina della Cina” a

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Pudong, un’area di nuova urbanizzazione all’interno del territorio di Shanghai; quello della “Nostra Signora di Lourdes” a Qinyang (provincia di Jiangsu, diocesi di Nanchino) riaperto nel 1994 dopo 55 anni di chiusura; e quello della “Nostra Signora del Rosario” a Longtian, presso la città di Fuzhou nella provincia di Fujian, ove si ammira una statua della Vergine costruita in Italia e donata dai nostri connazionali. I problemi di maggiore attrito tra il Vaticano e la Repubblica popolare sono sostanzialmente due: il primo riguarda i rapporti diplomatici con Taiwan ove continua a risiedere la Nunziatura, mentre a Pechino soggiorna soltanto un incaricato d’affari; il secondo si collega all’esistenza di un’Associazione dei Cattolici patriottici, strettamente sottoposta al controllo delle autorità, in antitesi alla Chiesa che guarda al Pontefice romano. Tale associazione è stata creata nel 1955 (dietro istigazione di un ex-prete, Li Wei-kuang, scomunicato da Pio XII) in chiave strettamente politica; quindi non costituisce una Chiesa, essendo legata all’Ufficio per gli affari religiosi di Pechino; essa è nata per gestire la gerarchia e l’intera istituzione ecclesiale: sostiene di guidare oltre 12 milioni di fedeli, 97 diocesi e 67 pastori episcopali, attraverso funzionari governativi spesso dichiaratamente atei, e si arroga la facoltà di ordinare preti e vescovi. Nel frattempo centinaia e centinaia di membri della gerarchia ecclesiastica cinese sono stati arrestati, patendo lungamente il carcere (nel 1996 moriva il vescovo di Baoding, monsignore Zhimuin Su, dopo trenta anni di prigione). Per la Santa Sede l’Associazione è un organismo inesistente, mentre si riconoscono e si incoraggiano i cattolici rimasti fedeli al Papa che si riuniscono in chiese clandestine (ma non troppo) vivendo una fede diversa da quelli iscritti alla struttura governativa. Il 30 giugno 2007, scrivendo a tutti i cattolici cinesi, Benedetto XVI affermava che la quasi totalità dei cattolici “patriottici” “sono ormai in comunione piena con la Santa Sede” che può contare su almeno 90 vescovi da essa consacrati. Secondo

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Cartolina postale cinese raffigurante il Santuario di Sheshan

l’Annuario pontificio la Cina è suddivisa in 20 province ecclesiastiche con 150 tra diocesi, prefetture e arcidiocesi, ufficialmente vacanti salvo quelle di Hong Kong e Macao. Nella storia religiosa cinese l’Italia ha contato molto. A cominciare dai primi missionari come il francescano Giovanni da Montecorvino che nel 1294 riportava a Cambaluc (l’odierna Pechino) quel cattolicesimo che il monaco nestoriano Alopen aveva diffuso nel settimo secolo, per non parlare del gesuita e scienziato Matteo Ricci nel Seicento, dei Domenicani e dei Francescani contrari alla liturgia secondo i “riti cinesi” ben visti dai Gesuiti, di padre Matteo Ripa fondatore del Collegio dei cinesi in Napoli a metà Settecento. E di tanti e tanti martiri, tra cui molti seguaci di San Domenico, che offersero il loro sangue per l’esaltazione del Vangelo. Quali sono le prospettive per la Chiesa cattolica? Un quotidiano Usa (Chicago Tribune, 12 febbraio 2002) ha scritto che in Cina, paese dei paradossi, convivono due fenomeni paralleli: uno di maggiore libertà religiosa ed uno di maggiore persecuzione. Situazione che fa dire al vescovo Antonio Li Du’an, che opera a Xi’an: “Io sono ottimista. Posso personalmente testimoniare che negli ultimi venti anni ci sono stati cambiamenti positivi. In Cina questo è il tempo migliore per l’evangelizzazione. Mai la gente è stata così aperta e favorevole alla fede cristiana”. Giacomo de Antonellis

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