il pericolo per l’educazione dei nostri figli
si nasconde … nel tubo catodico
Media e new media propongono spesso veri e propri disvalori o contenuti immorali, all’insaputa dei genitori. Il Papa è molto chiaro: “I programmi che inculcano violenza e comportamenti anti-sociali o volgarizzano la sessualità umana sono inaccettabili, tanto più se proposti ai minori”. Eppure in molte case sono proprio papà e mamma ad affidare al piccolo schermo lo scomodo ruolo di “baby sitter elettronica”. Senza percepirne le possibili, pesanti conseguenze… Papa Benedetto XVI è stato chiaro: “Le mie preoccupazioni – ha detto nel marzo scorso, rivolgendosi ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali – non sono diverse da quelle di ogni padre o madre o cittadino responsabile”. In che senso? Nel senso che “la responsabilità di introdurre ed educare i bambini e i giovani nella via della bellezza, della verità e della bontà è seria” e può essere sostenuta dai mass-media “solo nella misura in cui promuovano la dignità umana fondamentale, il vero valore del matrimonio e della vita familiare, i successi e gli obiettivi dell’umanità”. Il che da una parte chiama in causa i “leader dell’industria dei media” ed “i produttori”, ma dall’altra chiama in causa direttamente le famiglie, invitate a non delegare, a non trasformare cioè il tubo catodico in una baby-sitter elettronica, cui affidare indiscriminatamente ed “a prescindere” i propri figli, per non farli crescere a telepromozioni e spot, anziché a biberon e coccole. Ma è proprio così? Papà e mamme percepiscono il problema nella sua reale portata ed in tutta la sua complessità? Hanno, essi stessi, le chiavi di lettura, gli strumenti interpretativi fondamentali, per assolvere tale compito? Quanti hanno piazzato i pargoli davanti alla serie “The Simpson” o li hanno portati a vedere il relativo film, alzino la mano! Molto bene, anzi no. Il perché, basta un minimo di passione educativa e d’interesse critico verso quanto venga propinato ai figli, per saperlo. Tuttavia, ricorriamo per autorevolezza e serietà scientifica di analisi agli esperti del settore. Il professor Armando Fumagalli è docente di Semiotica e direttore del Master Universitario in Scrittura e produzione per la fiction ed il cinema presso l’Uni-
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versità Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nonché consulente per lo sviluppo progetti presso la società di produzione televisiva Lux Vide. Un “addetto ai lavori”, insomma. Ha recentemente pubblicato presso l’editrice Ares il volume “Scegliere la tv” a quattro mani con un’altra esperta, Chiara Toffoletto, story analist per la stessa casa di produzione televisiva e collaboratrice per le attività didattiche presso lo stesso Master. Bene, sfogliando il loro libro ed andando alla voce “I Simpson” si fa una prima “scoperta” (che in realtà scoperta non è, perché i più avveduti già ne erano informati): la serie nacque vent’anni fa “per i grandi” (pag. 334 del testo). Quindi, non per i bambini. Non voleva sin dall’inizio essere una fiaba, bensì “una pungente satira sociale” di “inaudito cinismo” e “di inconcepibile cattivo gusto”. Basterebbe questo per spegnere il piccolo schermo. Ma andiamo avanti. Sin dalla sigla di apertura, i protagonisti si pre-
sentano con “la loro lista di pecche”. Lo stesso nome Simpson deriva da Son of a simpleton ovvero “figlio di un credulone, di un sempliciotto”. Il padre Homer “è disordinato, pigro, un po’ superficiale”, mentre il figlio Bart “ha fatto della scuola elementare di Springfield il proprio inferno personale”: i due “sono senz’altro i principali responsabili delle accuse mosse alla serie di cinismo, volgarità, feroce parodia”. È questo il modello di famiglia che vogliamo proporre ai nostri figli ed a noi stessi? Morale? Questo il giudizio espresso dagli autori del libro: “I Simpson è ideale per un pubblico adulto, in grado di recepirne le allusioni, i riferimenti, la portata ironica, che a volte sconfina in un compiacimento un po’ sadico; viceversa, i bambini potrebbero restare spiazzati”. Non solo: in alcuni casi “la forte carica sarcastica delle storie sembra in grado di intaccare ogni valore e per questo richiede allo spettatore adeguata maturità critica e discernimento”. Capito? Che, alla fine, sia “la famiglia a vincere, contro ogni pronostico”, ch’essa sia “al centro” e che non manchi “un inconsueto ottimismo di fondo”, non toglie che tale trasmissione non sia esattamente la “tata” ideale, cui abbandonare soli soletti i nostri figli. Se siete tra coloro che l’hanno fatto, comunque, non preoccupatevi: siete in buona compagnia! La serie trasmessa da “Italia 1” è stata seguita da 2.533.000 spettatori, pari al 17,81% dello share. Senza tener conto di quanti hanno continuato e continuano a sorbirsela sul canale satellitare “Fox”. Ma “The Simpson” non sono l’unico esempio. Potremmo citarne molti altri, anche tra i programmi più popolari e cosiddetti (dalle stesse emittenti) “per le famiglie”. Ciascuno
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di loro meriterebbe una riflessione a sé. Tanto per dare qualche riferimento: “I Griffin”, proposti sempre da “Italia 1” e dall’emittente satellitare “Fox”. Benché sia stata trasmessa anche in orari pomeridiani, alle ore 14.30 (intercettando circa 3 milioni di spettatori, pari al 15% dello share, tra cui - ahimé - tanti ragazzini), tale serie è “politicamente scorretta” e “per adulti” (quindi, “del tutto inadatta ai bambini per modalità narrativa e contenuti”): “qualsiasi tipo di credo – si legge sul volume di Fumagalli e Toffoletto – è deriso e banalizzato, in testa il Cristianesimo”. Anzi, i cristiani vengono definiti come “violenti, bigotti e stupidi. La figura di Dio è spesso ridicolizzata in modo blasfemo: Gesù, paragonato a Snoopy e ad altri personaggi per bambini, è un mago impostore, Dio Padre va a letto con le prostitute e vorrebbe fare sesso senza il profilattico, lo Spirito Santo viene sostituito da Fonzie di Happy Days in un nuovo culto creato da Chris”, che è uno dei figli dei protagonisti della serie, Lois e Peter, i quali, come genitori, “non sono esemplari e le loro capacità educative sono discutibili”. Vengono, inoltre, ridicolizzati “anche gli ebrei osservanti per il loro modo di comportarsi”. Spesso vengono presentate scene di sesso o comunque morbose, sebbene non del tutto visivamente esplicite. Frequenti le apparizioni di prostitute o di nudi maschili parziali, il tema dell’omosessualità viene guardato con compiacente benevolenza (nozze gay comprese), numerose sono le scene di violenza “con spargimento di sangue ed arti mozzati”. “Può valere come sintesi –affermano gli autori del libro- la filosofia di Peter di fronte ai difficili problemi familiari: ‘Questo è il tipo di problema che si risolve da solo, se lo ignori’. Non c’è nessun orizzonte valoriale su cui possa basarsi il rapporto educativo e i legami familiari, se non un reciproco, ma inverosimile, accettarsi”. Tra i personaggi pubblici messi in ridicolo, figurano il Presidente Bush, il Papa e Gandhi. In molte nazioni la diffusione dei “Griffin” è stata vietata. In Italia no, sebbene una multa inflitta
a “Italia 1” dall’Agcom, Autorità per le Garanzie sulle Comunicazioni, abbia indotto l’emittente a “depurare” semplicemente da alcune espressioni, ritenute più volgari, le puntate pomeridiane, inventando così - oltre tutto! - una fascia di seconda serata dal titolo “I Griffin VM”, cioè vietati ai minori, con la diffusione integrale della sit-com animata. Il che non tutela alcuno, ragazzini compresi, dato che – come giustamente evidenziano gli autori del libro, Fumagalli e Toffoletto – “le loro camere sono dei veri e propri media center privati in cui a ogni ora è possibile fruire qualsiasi tipo di programma” (e qui la responsabilità è ancora una volta dei genitori, che hanno acquistato
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loro le strumentazioni necessarie ed offerto sul piatto d’argento tale diseducativa “opportunità”…). Non si salvano nemmeno varietà nazional-popolari quali “Buona Domenica” (definito
come un programma privo di fisionomia, caratterizzato da uno “sconcertante relativismo”, “cinque ore di nulla” che pongono sullo stesso piano problemi etici, gossip, discussioni politiche e telepromozioni, il tutto farcito di liti ed insulti, ancheggiamenti e ragazzine scosciate in cerca di visibilità, affiancando starlette coinvolte nelle intercettazioni di Vallettopoli a “reduci” della casa del “Grande Fratello”; insomma, una Tv “autoreferenziale e claustrofobica”, oppure tv movie come “La Sacra Famiglia” (bollato come un “maldestro tentativo di rilettura della storia della nascita e dell’infanzia di Gesù”, debitore delle soap opera per temi, toni e moduli narrativi, nonché privo “di rispetto verso i dati più comuni ed accettati della storia sacra, ma anche di contestualizzazione storica e geografica di quello che si va a raccontare”, il tutto “a favore di un qualunquismo attualizzante che legge l’esperienza religiosa con linguaggio sentimentale”). Tutti programmi, insomma, di fronte ai quali tranquillamente vengono posti i nostri figli, spesso non sospettando i rischi in essi viceversa insiti. L’elenco potrebbe continuare davvero a lungo e non cesserebbe di riservare autentiche sorprese rispetto all’immaginario collettivo… Allora, non potendo più contare su di una seria censura, in grado non tanto di vietare o di proibire, quanto di tutelare e garantire il pubblico da contenuti immorali, scadenti e dia cattivo gusto, il problema è quello evidenziato dal Santo Padre in occasione della 41 Giornata Mondiale delle Comunicazioni: la chiave di tutto sta nella formazione, “essenziale” per un uso corretto dei media, nonché in un’autentica collaborazione tra genitori, professori e comunità ecclesiale, tra coloro cioè che sono preposti all’educazione delle nuove generazioni, al fine di renderli essi stessi “selettivi”, capaci di discernimento, così da far maturare in loro “un atteggiamento critico, coltivando il gusto per ciò che è esteticamente e moralmente valido”. Tutti “i programmi – ha detto Papa Benedetto XVI – che inculcano violenza e comportamenti anti-sociali o volgarizzano la sessualità umana sono inaccettabili, tanto più se proposti ai minori”. Papà e mamme lo tengano presente… Sempre. Mauro Faverzani
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